La Sardegna è un’isola nota per la bellezza della costa
e dei mari, un posto preso d’assalto da orde di vacanzieri che, nelle calde estati, affollano ogni spiaggia a disposizione. Ma l’Isola è anche quel luogo misterioso che affonda le sue radici nella preistoria, una terra magica che affascina e cattura visitatori curiosi, disposti a inoltrarsi negli altopiani desertici che l’attraversano.
Un viaggiatore dell’altro secolo, David Herbert
Lawrence, la dipinge poeticamente così: “La Sardegna è un’altra cosa: più ampia, molto più consueta, nient’affatto irregolare, ma che svanisce in lontananza. Creste di colline come brughiera, irrilevanti, che si vanno perdendo, forse, verso un gruppetto di cime… Incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. È come la libertà stessa”.
La Sardegna è di certo tutto questo, ma è anche molto
altro. Se si vuole realmente conoscere questa terra – cosa difficile anche per chi ci è nato – la si deve guardare dal di dentro, dagli occhi di quell’anima collettiva che la pervade e che ne guida ogni sospiro. La si deve osservare negli sguardi magnetici delle donne che, come schegge d’ossidiana, trafiggono i passanti narrando di un potere mai estinto, oppure dalle rughe che solcano i volti degli anziani che, seduti sulle sedie e sugli scalini del paese, raccontano i saperi di un’antica civiltà, o ancora dai guizzi selvaggi dei ragazzini che saltano i muretti in pietra delle Tanche mentre in lontananza ragliano gli asinelli.