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Quali sono le strategie editoriali elaborate da Ettore Barnabei.

Ettore Barnabei dirige la RAI dal 1961 al 1975, segnandone un periodo d’oro. Infatti guida la RAI in
un’epoca di enormi cambiamenti, sul piano sia tecnologico che delle strategie di rete: nell’autunno
dell’anno del suo insediamento lancia infatti un secondo canale, denominato “Secondo
programma”. Più in generale, il nuovo direttore opta per un’interessante sintesi tra le ragioni
dell’intrattenimento e una sperimentazione di nuove forme e contenuti che permettano di
distinguere tra differenti fasce di pubblico. Sono anni in cui il pubblico cambia e di conseguenza
anche il palinsesto della RAI deve adeguarsi. Il progetto iniziale che stava dietro al lancio del
Secondo canale era quello di farne una rete di élite, improntata a un consumo culturale di alto
livello, tuttavia Bernabei si oppone fortemente a questa idea rivendicando l’idea diversa che aveva
per il secondo programma. La pedagogia e la filosofia utilizzata per la realizzazione dei programmi
negli anni precedenti rimarranno e diventeranno il centro degli spettacoli del primo canale,
mentre il secondo canale sarà più improntato alla visione di programmi di intrattenimento leggero.

Illustra a grandi linee la programmazione della televisione italiana negli anni Sessanta.
Durante gli anni sessanta la programmazione Rai è sotto la direzione di Ettore Barnabei, il quale,
nel 1961 apre un secondo canale. Da questo momento il primo canale viene dedicato alla
programmazione a carattere pedagogico filosofico mentre al secondo canale viene attribuita una
programmazione più leggera e di intrattenimento. Gli spettacoli quindi assumono diverse
caratteristiche, infatti vengono trasmessi spettacoli di informazione come Tribuna Elettorale, nato
del 1960 che per la prima volta permette la partecipazione di rappresentanti politici o segretari
di partito ad una trasmissione televisiva condotta da un giornalista con funzioni di mediatore. A
partire dagli anni cinquanta nascono poi diverse trasmissioni che fungono da settimanali
d’informazioni e sicuramente la più famosa è TV7 del 1963. A queste si aggiungono poi i
telegiornali. Oltre a queste trasmissioni vengono prodotti gli spettacoli di varietà come
“Canzonissima” diretto da Dario Fo e Franca Rame o il successivo Studio condotto da Walter Chiari
e Mina, o ancora il “Cantagiro”, ispirato al Giro d’Italia per finire al Festival di Sanremo.; da
ricordare le trasmissioni sportive o le trasmissioni culturali, come “Avventura della scienza” e “Arti
e scienze” o “Albori del progresso scientifico e “Orizzonti della scienza e della terra”.

Fornire informazioni sulla produzione cinematografica della RAI.


La televisione italiana instaura un rapporto intenso con il cinema. A partire dalla seconda metà degli
anni sessanta infatti, la Rai non si limita ad acquistare i film ma inizia anche a produrli, al fine di dare
prodotti di qualità al pubblico e accrescere il suo prestigio in Italia e nel resto dell’Europa. Tra le prima
produzioni della Rai possiamo ricordare “San Francesco d’Assisi” o “La strategia del ragno” o anche
“I Clowns”, un ibrido tra documentario e cinema di finzione dedicato al circo; tra i film finanziati dalla
Rai troviamo anche opere complesse legate al movimento della Nouvelle Vague, realizzate da
registi di grande successo come Rocha, esponente del cinema brasiliano. L’aspetto ancora più
interessante è che la Rai produce in questo periodo film in netto contrasto con le idee politiche della DC
(Democrazia Cristiana). Esempio fra tutti sono i due film realizzati dal francese Godard nel 1970 e nel
1971, insieme ad un gruppo di collaboratori denominato “collettiva Dziga Vertov”. Le ragioni di questa
scelta sono da collegare alla volontà dell’emittente di aumentare il suo prestigio a livello
internazionale.

Quando e come avviene la comparsa delle televisioni private nell’Europa Occidentale?


In Europa la televisione riprende le sue trasmissioni dopo la guerra, nel 1946 in Gran Bretagna. Proprio
qui però stenta ad affermarsi a causa della popolarità della radio. Nel 1955 nasce la ITV, Indipendent Tv
un network formato da 15 reti locali che trasmettevano qualche ora al giorno. Queste tv non operano
liberamente ma devono sottostare a delle precise regole emanate dall’ITV con lo scopo di rilasciare le
licenze ai network controllandone la qualità. Dagli anni cinquanta agli anni ottanta prende vita quindi un
duopolio BBC e ITV. Successivamente ai due network si affiancheranno un secondo canale della BBC e
un canale nazionale Channel Four nato nel 1982. In Germania Ovest le trasmissioni riprendono nel
1952. la televisione privata diviene possibile solo dopo una sentenza della Corte costituzionale del 1981.
In Francia le trasmissioni riprendono nel 1948 con un canale monopolista chiamato RDF legato al
Ministero dell’Informazione, la decisione di aprire il mercato ai privati arriva nel 1982 e la prima
concessione verrà rilasciata nell’anno successivo, a Canal +, una rete a pagamento dedicata al cinema.
Infine in Spagna la tv riprende le trasmissioni nel 1956 e verrà gestita dallo Stato e sponsorizzata dai
programmi. Dal 1980, dopo la fine della dittatura, la tv diventerà TVE, pubblica e gestirà due canali.

Quando e come avviene la comparsa delle televisioni private in Italia?


La situazione italiana, durante gli anni settanta, è caratterizzata dall’assenza di regolamentazioni.
Infatti le leggi emanate in tal senso risalgono al 1936 quando ancora la tecnologia via cavo non
esisteva. E questo buco normativo viene sfruttato dall’imprenditore Giuseppe Sacchi che, nel 1971
aprirà, in concorrenza con la rete di Stato, un suo canale a Biella, denominato Telebiella, il cui
direttore artistico sarà Enzo Tortora, che in questo periodo era stato estromesso dalla Rai. Questa
assenza di regole, favorirà la nascita di numerose reti private, anche se lo Stato interverrà facendo
chiudere Telebiella nel 1973. Il ministero delle poste e comunicazioni vieterà il diffondersi dei
canali via cavo, ma la Corte costituzionale ne annullerà la riforma, anche se la tecnologia via cavo,
nel frattempo, inizia ad avere un rapido declino. La definitiva liberazione dell’etere arriva poi nel
1976 sempre per opera della corte Costituzionale, e l’avvento delle televisioni private in Italia si
divide in due fasi: dal 1976 al 1979 si assiste all’espansione degli emittenti privati PIN, Italia 1 e
Rete 4, e dal 1980 al 1984 vedranno la luce i canali di Fininvest dell’imprenditore Silvio Berlusconi
e cioè TeleMilano eCanale 5.

Offrire informazioni riguardo ai programmi della neotelevisione in Italia.


Con l’affermazione delle televisioni commerciali si assiste ad una trasformazione che investe tra le
altre, anche la tv italiana Questa trasformazione indica la voglia di cambiare la programmazione
televisiva, dal ruolo della pubblicità al modo in cui il pubblico fruisce della televisione, e questa
trasformazione avviene grazie alle nuove tecnologie, come l’arrivo del telecomando nel 1977, che
permette alo spettatore di saltellare tra un canale e l’altro, inaugurando quello che verrà
denominato zapping; oppure la nascita del videoregistratore che permette di vedere i film in
qualunque momento nonché di registrare su videocassette film o eventi sportivi; e per finire, la
nascita dei canali a pagamento. A questi cambiamenti si aggiungono fattori di tipo industriale,
infatti la televisione commerciale instaura dei rapporti forti con inserzionisti pubblicitari portando
alche la televisione pubblica ad adattarsi a questo nuovo stato di cose.
Infine, la neotelevisione porta trasformazioni anche a livello sociale: infatti, mentre nei primi anni
di diffusione il mezzo televisivo era uno strumento che permetteva di socializzare perché fruito in
gruppo, in luoghi come latterie o bar, ora la tv viene usata singolarmente durante il tempo libero,
fattore che si rafforza con il benessere economico delle famiglie e con l’aumento del livello
culturale del pubblico.

05. Quando e perché compaiono e si diffondono le serie animate giapponesi nella


televisione italiana?
L'Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad importare anime e soprattutto tra la fine degli
anni settanta e l'inizio degli anni ottanta furono oltre un centinaio le serie acquistate,
probabilmente come in nessun altro paese occidentale, sia ad opera della Rai, sia delle emittenti
private liberalizzate per quella che è stata definita una pacifica "invasione". Dalla fine degli anni
Settanta, infatti vengono importate in Italia un numero considerevole di serie giapponesi a disegni
animati. Negli anni ottanta vi sarà una forte critica verso questo tipo di prodotti a causa della
dubbia funzione pedagogica e i canoni stilistici che le serie animate nipponiche dovevano rispettare. I
primi anime ad arrivare in Italia sono stati alcuni lungometraggi distribuiti nei cinema tra il 1959 e
il 1975, tra i quali, “La leggenda del serpente bianco o “La grande avventura del piccolo principe
Valiant”. Si trattava di lungometraggi proiettati nell'ambito di matinée domenicali o distribuiti
spacciandoli per prodotti americani. Tuttavia la vera svolta nella diffusione degli anime in Italia si è
avuta nella seconda metà degli anni settanta, con l'importazione di serie televisive da parte,
inizialmente, della televisione di Stato. La Rete 2 (oggi Rai 2) diede infatti il via alla messa in onda
nel gennaio 1977 di Vicky il vichingo, e nel 1978 da Heidi e Atlas UFO Robot.

Cos’è la “televisione verità” elaborata da Angelo Guglielmi?


Il terzo canale Rai voluto dal direttore Rai Angelo Guglielmi era una TV definita a vocazione
popolare. Dagli inizi degli anni ’90 infatti trasforma Canale 3 in un canale dinamico ed innovativo,
introducendo per primo in Italia il concetto di TV-verità. Guglielmi non punta a una televisione
culturale ma concepisce il terzo canale all’insegna di una TV verità a vocazione popolare. Una
televisione cioè che ha alla base il modello dell’inchiesta su vari aspetti del vivere sociale, ma che al
tempo stesso li affronta con i moduli della neotelevisione, con la partecipazione diretta del pubblico via
telefono o nelle piazze, con un atteggiamento, per quanto aggressivo e spesso fazioso, sicuramente
innovativo. La filosofia è quella dell’apertura al pubblico di spazi che finora gli erano preclusi:
per esempio le aule di tribunale di “Un giorno in pretura”. Il modello di Guglielmi contraddistingue poi
due dei più importanti programmi di Raitre. Il primo, “Chi l’ha visto?”, ininterrottamente in onda dal
1989, incentrato sulla ricerca di persone scomparse, che viene effettuata dai familiari con l’aiuto dei
conduttori e del pubblico, e “Samarcanda”, la prima di una lunga serie di trasmissioni politiche
condotte da Michele Santoro.

Quando e per quali ragioni si tenta di costituire un “terzo polo” televisivo in Italia?
A partire dagli anni Duemila due emittenti hanno cercato di diventare quel
fantomatico terzo polo che avrebbe potuto riportare equilibrio nell’imperfetto dualismo Rai-
Mediaset. La prima di esse è Videomusic, primo canale tematico italiano nato nel 1984 dal gruppo
Marcucci. Ispirato al network americano MTV, aveva una programmazione formata da videoclip
musicali, introdotti dalla voce fuoricampo di uno speaker. La seconda è Telemontecarlo, la cui
programmazione è incentrata su serie tv e film, alternata a programmi di propria produzione. Nel
1995 i canali Telemontecarlo e Videomusic vengono entrambi acquistati dal gruppo “Cecchi Gori”
e vengono rinominate TMC e TMC2, divenendo entrambe a programmazione generalista, e nel caso
di TMC2, mantenendo una forte componente musicale. Nel 2000 entrambi i canali vengono
acquistati dal gruppo Seat-Pagine Gialle che li ristruttura per trasformarli: TMC diventa La7, a
programmazione generalista orientata verso un target giovanile, mentre TMC2 diventa l’emittente
italiana di MTV, che abbandona sempre più la componente musicale per concentrarsi sulla
trasmissione di reality show di matrice americana, riferendosi ad un target fortemente giovanili;
La7, al contrario, viene trasformata da Telecom in un canale di nicchia orientato verso il
giornalismo, con occasionali puntate nel settore dell’intrattenimento.
Definisci il termine “palinsesto” e fornisci degli esempi a riguardo.
Il palinsesto, nel settore della televisione e della radio, è l'insieme delle trasmissioni programmate
da una emittente per un certo periodo, che può variare da un giorno, a una settimana, fino a un anno
intero. Solitamente il palinsesto indica l'ora di messa in onda, il titolo e il tipo di ogni singolo
programma, più eventuali informazioni accessorie. In Italia tipicamente il palinsesto è ideato dal
direttore di rete e permette di creare l’identità dell’emittente, attraverso scelte editoriali e di
individuare in anticipo il target di riferimento. La parola “Palinsesto” è un termine che viene dal
greco e si riferisce alle pergamene che venivano raschiate e riscritte più volte, dunque ha la
peculiarità di essere un programma temporaneo e soggetto a modifiche che variano a seconda di
fattori come le variazioni di ritmo del consumo televisivo, le preferenze del pubblico o strategie di
concorrenza. Durante gli anni del monopolio Rai, il palinsesto veniva concepito come una serie di
caselle nelle quali inserire diversi generi di programmazione, a prescindere dalle preferenze di un
pubblico che doveva ancora formarsi delle abitudini in relazione al nuovo mezzo televisivo. A
partire dalla metà degli anni ’70 l’intera televisione italiana inizia a costruire i propri palinsesti
secondo la logica di una competizione tra diversi gruppi concorrenti, principalmente tra Rai e
Fininvest, ma anche tra le reti di uno stesso editore.

Quali sono le logiche di natura professionale alla base della costruzione di un palinsesto?

Il palinsesto viene preparato con molto anticipo rispetto all’effettivo periodo di programmazione, e
viene aggiornato più volte in base agli input provenienti dagli indici di ascolto e della concorrenza.
Quando viene steso, si succedono varie fasi: si passa per un palinsesto annuale, per uno stagionale e
per un palinsesto mensile, per arrivare infine a quello settimanale, che viene comunicato agli organi
di stampa. Il palinsesto settimanale, ormai definitivo, è organizzato in senso verticale e orizzontale.
In senso verticale troviamo le fasce quotidiane nelle quali è suddivisa la giornata televisiva, e che
corrispondono grossomodo a diversi target, per esempio le fasce mattutine e quelle pomeridiane
contengono una programmazione dedicata alle persone che rimangono a casa nel corso delle
giornate
feriali, come i bambini, i pensionati o le casalinghe, e le fasce sarali dedicate invece al pubblico
generale; in senso orizzontale, troviamo una struttura relativa alla programmazione degli stessi
prodotti all’interno della settimana, per esempio, nella fascia meridiana troviamo spesso delle soap
opera che si ripetono in tutti i giorni della settimana feriale; in quella pomeridiana ci sono i talk
show del pomeriggio; in quella preserale i quiz, In prima serata, invece, troviamo più spesso eventi
unici, film, oppure programmi ad appuntamento settimanale, come i reality show o i talent show
A quale scopo e con quali strumenti viene effettuata la rilevazione dei dati d’ascolto?
Per l’industria televisiva essere in grado di conoscere l’opinione degli spettatori è un’esigenza
fondamentale e al tempo stesso assai problematica, ma per la televisione commerciale, questo dato è
ancora più importante, perché costituisce la base stessa sulla quale vengono contrattati i costi degli
spazi pubblicitari. La modalità prevalente prevede una forma molto sofisticata di indagine statistica
a campione, Le prime forme di indagine risalgono all’epoca della radio e inizialmente prendono la
forma di indagini sul gradimento mediante sondaggi da sottoporre agli ascoltatori.
Successivamente, si sviluppano anche delle tecnologie relative alla rilevazione elettronica degli
ascolti, attraverso particolari congegni, detti audience meter, che vengono collegati agli apparecchi,
registrando l’utilizzo del mezzo e i cambiamenti di stazione. Il primo di questi congegni viene
creato in ambito radiofonico nel 1929, e viene poi adattato alla televisione negli anni Cinquanta A
partire dagli anni Ottanta viene lanciato un nuovo strumento chiamato people meter: mentre
l’audience meter si limita a registrare i canali che vengono visti sul televisore di casa, con il people
Meter ciascun componente del nucleo familiare deve segnalare in quale momento sta iniziando o
smettendo di guardare la televisione, così che i dati registrati dal
sistema possono essere attribuiti a determinate fasce di spettatori.

Quali principi regolano l’acquisto e la vendita degli spazi pubblicitari?


L’aspetto più importante della pubblicità televisiva è quello relativo alla contrattazione degli
spazi pubblicitari. Prevede infatti l’interazione di tre soggetti: l’editore, ovvero l’emittente,
la concessionaria pubblicitaria, e gli inserzionisti. L’emittente prepara con molto anticipo un
palinsesto all’interno del quale è previsto un certo numero di spazi pubblicitari, che la
concessionaria cerca di vendere agli inserzionisti sulla base delle previsioni di ascolto.
I periodi dell’anno che corrispondono grossomodo all’autunno e all’inverno e alla primavera
vengono chiamati “periodi di garanzia”, perché le emittenti si impegnano a raggiungere uno share
minimo, al di sotto del quale saranno costrette a pagare una penale, che prende spesso la forma non
di un rimborso monetario, ma della concessione di spazi pubblicitari a titolo gratuito nella stagione
successiva.

Illustrare a grandi linee il processo di vendita degli spazi pubblicitari.


L’aspetto più importante della pubblicità televisiva è quello relativo alla contrattazione degli spazi
pubblicitari. Prevede infatti l’interazione di tre soggetti: l’editore (ovvero l’emittente), la
concessionaria pubblicitaria e gli inserzionisti. L’emittente prepara con molto anticipo un
palinsesto all’interno del quale è previsto un certo numero di spazi pubblicitari, che la
concessionaria cerca di vendere agli inserzionisti sulla base delle previsioni di ascolto. Queste
ultime possono essere relativamente affidabili nei periodi dell’anno in cui il pubblico
trascorre molto tempo a casa, ma non lo saranno nei periodi in cui gli spettatori potrebbero
andare in ferie per via delle festività natalizie o dell’arrivo della bella stagione. Invece i due
periodi che corrispondono grossomodo all’autunno (da metà settembre fino quasi a Natale) e
all’inverno e alla primavera (da gennaio a giugno) vengono chiamati “periodi di garanzia”,
proprio perché le emittenti si impegnano a raggiungere uno share minimo, al di sotto del
quale saranno costrette a pagare una penale, che prende spesso la forma non di un rimborso
monetario, ma della concessione di spazi pubblicitari a titolo gratuito nella stagione
successiva. È per questa ragione che i programmi di maggior impegno produttivo sono tutti
concentrati nei due periodi di garanzia: perché sono quelli su cui puntano le reti per ottenere
ascolti sempre più alti e per poter contrattare di conseguenza prezzi sempre più vantaggiosi
per la vendita degli spazi corrispondenti. Tuttavia, a causa di questo meccanismo, una
trasmissione che si rivela un flop si può tradurre in un danno economico per l’azienda, che
sarà costretta a cedere spazi gratuiti perdendo opportunità di guadagno.

Illustrare a grandi linee il processo di vendita degli spazi pubblicitari.


L’aspetto più importante della pubblicità televisiva è quello relativo alla contrattazione degli spazi
pubblicitari. Prevede infatti l’interazione di tre soggetti: l’editore (ovvero l’emittente), la
concessionaria pubblicitaria e gli inserzionisti. L’emittente prepara con molto anticipo un
palinsesto all’interno del quale è previsto un certo numero di spazi pubblicitari, che la
concessionaria cerca di vendere agli inserzionisti sulla base delle previsioni di ascolto. Queste
ultime possono essere relativamente affidabili nei periodi dell’anno in cui il pubblico
trascorre molto tempo a casa, ma non lo saranno nei periodi in cui gli spettatori potrebbero
andare in ferie per via delle festività natalizie o dell’arrivo della bella stagione. Invece i due
periodi che corrispondono grossomodo all’autunno (da metà settembre fino quasi a Natale) e
all’inverno e alla primavera (da gennaio a giugno) vengono chiamati “periodi di garanzia”,
proprio perché le emittenti si impegnano a raggiungere uno share minimo, al di sotto del
quale saranno costrette a pagare una penale, che prende spesso la forma non di un rimborso
monetario, ma della concessione di spazi pubblicitari a titolo gratuito nella stagione
successiva. È per questa ragione che i programmi di maggior impegno produttivo sono tutti
concentrati nei due periodi di garanzia: perché sono quelli su cui puntano le reti per ottenere
ascolti sempre più alti e per poter contrattare di conseguenza prezzi sempre più vantaggiosi
per la vendita degli spazi corrispondenti. Tuttavia, a causa di questo meccanismo, una
trasmissione che si rivela un flop si può tradurre in un danno economico per l’azienda, che
sarà costretta a cedere spazi gratuiti perdendo opportunità di guadagno

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