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Storia Della Musica
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Lo stile di Corelli è il risultato di una secolare elaborazione di tre grandi modelli di organizzazione
sonora: polifonia vocale (che lascia in eredità lo stile imitativo), la musica per danza (che
caratterizza alcuni tempi delle sonate che si ispirano proprio ai movimenti di danza), e il canto
solistico (che attribuisce caratteri di espressività, di implicite emozioni o gesti).
Tratto caratteristico dello stile di sonata e di concerto è la semplice e e razionale distinzione dei
piani tonali, tra gli episodi iniziali e finali in tonica, e il centro in dominante. Gli episodi sono
delineati da una cadenza che gode di certa fluidità e libertà: l’allegro presenta una proposta
melodica iniziale che viene ripresa contrappuntisticamente dalle voci, e scaturiscono idee, questo il
cosiddetto gioco motivico.
Variante significativa del concerto grosso è senza la sua divisione in gruppi, di cui abbiamo esempi
bolognesi, Torelli nell’Opera V 1692. Nei primi anni del secolo compaiono i primi concerti per
violino e orchestra, dello stesso Torelli o di Albinoni.
Antonio Vivaldi (Venezia 1678 - Vienna 1742) solo nel 1704 viene assunto come maestro di violino
all’Ospedale della Pietà, un orfanotrofio in cui Vivaldi prestò molta parte della sua opera: più di 400
concerti circa metà per violino, a cui è legata la sua fama. Oltre a sonate musica sacra e
melodrammi. Novità rispetto ai modelli precedenti di concerto sono un calore nuovo e più
disinvolto, geniale semplicità di struttura, di cui ci si accorse subito in Europa (prima raccolta
pubblicata ad Amsterdam nel 1711. Lo stile vivacchiano è legato alla gestione di elementi base
come timbro, con una gamma ampia di sfumature dinamiche, effetti di densità o rarefazione
sonora di accenti, colpi d’arco, tremoli. Altrettanta inventiva nel ritmo, per cui le velocità cambiano
quando serve in tempi veloci e tempi più lenti, e nella melodia, varia e fantasiosa, piacevole a cui
l’aveva abituato la tradizione melodrammatica. La sua musica acquista quindi capacità descrittive
e drammatiche del melodramma non ancora di casa nel più austero concerto: lo dimostrano
Quattro stagioni 1725, o altri concerti a programma come La Notte, La tempesta di mare, La
caccia, Il gardellino ecc. Queste innovazioni sono inserite in uno schema ancora più semplificato
rispetto al concerto seicentesco, assumendo definitivamente forma in 3 tempi (già caratteristici
della sinfonia d’opera), allegro adagio allegro, col primo di solito fatto di alternanza tra un ritornello
dell’orchestra ed episodi cantabili o virtuosistici del solista. I ritornelli stabiliscono i pilastri tonali,
nella tonalità d’impianto al primo e ultimo movimento. Uno schema non rigido ma ricco di varianti,
utile alla velocità di composizione al lui richiesta. La fortuna dei suoi concerti è sintomo dei nuovi
gusti più mondani del pubblico settecentesco.
Per quanto riguarda le composizione per strumenti da tasto, organo e clavicembalo, ricordiamo
oltre i limiti cronologici del periodo trattato, Frescobaldi e Domenico Scarlatti.
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tedesca è però sicuramente il corale: la melodia nota delle celebrazioni veniva trattata in modi
diversi, utilizzandone frammenti con tempi di fuga, presentandoli con cantus firmus, variandoli.
La musica per clavicembalo non era diversa inizialmente, alcune composizioni per la liturgia altre
più ambivalenti. Più specifiche le musiche di danza. Più tardi verranno trascritte per clavicembalo
composizioni orchestrali molto diffuse, es di Kuhnau (sue le Sonate bibliche).
Nella musica per strumenti ad arco si ricordano George Muffat, Heinrich Bieber fu invece
importante violinista.
Un ultimo genere di carattere domestico di fortuna in Germania fu quello del Lied con basso
continuo, almeno fino a quando il gusto per la vocalità operistica all’italiana non sopravvenne.
L’unico luogo dove si creò una tradizione operistica locale fu Amburgo, con il primo teatro pubblico
tedesco nel 1678, dove si produssero spettacoli in lingua tedesca ma ricchi di influssi francesi e
italiani. In gusto teatro inizierà la carriera di Händel.
6. Bach
Le esperienze in atto nei paesi di lingua tedesca rappresentano la premessa e base della
produzione di Bach, che dimostrò un’attitudine curiosa e intellettuale a 360 gradi.
La capacità di sintesi e assimilazione dimostrata in tutta la sua carriera si ricollega ad una visione
personale della musica, con una radice nel luteranesimo e la musica come strumento precipuo di
lode al Signore, e con la sua personale opinione di musica come ars, dottrina, sapere immutabile.
È evidente una sapienza compositiva non solo degli strumenti tecnici ma anche espressivi,
codificati nella teoria degli affetti. Considerando le austere premesse morali della sua arte, si
spiega il suo progressivo isolamento e l’oblio in cui cadde per cinquant’anni col diffondersi in
Europa a partire da metà 700 del “buon gusto”, la moda, il bel canto, modernità della società.
Eisenach 1685 - Lipsia 1750, fino al 1708 fu organista ad Arnstadt e a Mülhausen, studiando libri di
musica francese italiana e tedesca e compiendo viaggi. Di questo periodo le fughe,preludi,
toccate, corali per organo e composizioni per clavicembalo (fra cui Capriccio sopra la lontananza
del fratello dilettissimo) e fra le prime cantate per liturgia, Actus Tragicus. A 23 è prima organista e
poi direttore d’orchestra a corte di Weimer. A contatto con lavori di Vivaldi e altri compositori italiani
troviamo queste tracce nelle fughe sui loro temi e aspetti dello stile di concerto (alternanza dei
tempi, essenzialità dei temi) nelle opere di questo periodo. La nomina nel 1714 a direttore lo
obbligò anche a scrivere numerose cantate per il servizio liturgico (rintracciamo influssi di
Neuemeister nei testi e forme con impiego di arie e recitativi).
Nel 1717 è maestro di cappella a Köthen e lavora su musica strumentale e cameristica (Sonata
per flauto e violino con cembalo obbligato, le Suites per violoncello solo, le Sonate per violino
solo). Il più noto del periodo sono i 6 Concerti branderughesi (definizione di Spitta). È Bach a dire
concerto e ne utilizza il principio ma rielabora con inventiva, in alcuni soli di timbro policromo e in
generale con combinazioni e intrecci strumentali più ricchi degli esempi italiani. Al periodo di
Kothen risalgono anche testi didattici per i figli, Clavier Büchlein, di pezzi suoi e di altri autori (15
preambula raccolti come Invenzioni a 2 voci, 15 fantasie poi Sinfonie a 3 voci, 11 Preludia presenti
nel Clavicembalo ben temperato).
Raccolta più ambiziosa è di gran lunga il Wholtemperierte Clavier, dimostrazione scientifica della
possibilità di comporre in 24 diverse tonalità dividendo con l’accordatura l'ottava in 12 semitoni
uguali. Sistema studiato da Werkmeister. Non si tratta solo di comodità di accordatura ma anche
della varietà di possibilità compositive che vengono permesse.
Dal 23 fino alla morte visse a Lipsia, come Kantor della Chiesa di San Tommaso, con molti compiti
non compositivi, tra cui scgliere le musiche per le cantate di rito ogni domenica. Scrisse lui stesso
5 cicli, ognuna di 60 cantate (quante le feste annuali) ma ce ne sono pervenute 200 circa (in molti
casi per accelerare usò la tecnica di parodia, riutilizzazione di musiche.
Una cantata bachiana comprende un brano iniziale, quasi sempre grandioso coro polifonico, con
unità garantita dalla ripetitività degli spunti tematici. Il testo è la Bibbia. Arie, duetti, terzetti, alternati
con passi in recitativo, sono su testi poetici liberi ma attinenti alla festa. Si conclude con un canto
corale a 4 voci. Commenta i testi con sottile e attento ricorso alla teoria degli affetti.
I tipi di cantata variano anche a seconda dei testi (non solo per fantasia di autore) e di motivi
pratici. Talvolta definisce Oratorium le evocazioni di avvenimenti in cui son presenti episodi
narrativi, descrittivi o a dialogo. Diverse le Passioni: poteva essere Passione in forma di cantata,
Passione-Oratorio all’italiana, o Passione che mette in musica direttamente il vangelo alternando
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corali luterani. Di questi scrive Secondo San Matteo, e Secondo San Giovanni, di monumentalità e
intensa drammaticità (recuperate da Mendelssohn che inizia la bach Renaissance). Specialmente
nella passione secondo Matteo l’uso di due orchestre e due cori, e le strutture drammatico musicali
così suggestive contribuisce a una spettacolarità e a una potenza d’immagine che comunica
l’immediatezza e il coinvolgimento della fede.
Fra i riti sacri c’era anche la Messa su testo latino, che comprendeva nell’ordinaria il Kirie, il Gloria
e il Sanctus. Compose anche una messa cattolica.
Interessante fu la sua attività di direzione del Collegium Musicum (gruppi musicali riorganizzati da
Georg Telemann) per cui compose cantate profane, musiche da camera e per orchestra, concerti
per clavicembali.
Ultimo grande ciclo a scopo didattico il Klavier Ubung I volume 6 Suites o Partite, II Concerto
italiano e L’ouverture alla maniera francese. Esce poi il III volume con una ventina di corali.
Il II volume del Clav. ben temperato e le variazioni Goldberg (IV volume del KU) completano la
produzione matura di Bach.
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La musica dall’Illuminismo al Romanticismo
1. Cultura, musica e società nel Settecento
Li pensiero illuministico subisce il fascino di due poli opposti, da un lato la razionalità e
l’esaltazione della scienza, dall’altro i valori dell’emotività della sensibilità. Questi aspetti si
ritrovano nel mondo della musica e nei dibattiti dell’Europa settecentesca: i teorici distinguono tra
l’armonia e melodia una apportatrice di razionalità l’altra di emozioni e sentimenti, una universale
l’altra sempre diversa. Stessa dicotomia nei dibattiti sul melodramma e la musica strumentale:
parola, trama, azione scenica l’elemento identificabile chiaramente, l’elemento musicale invece il
trionfo dell’irrazionale. All’elaborazione dell’illuminismo non arriva esclusivamente la Francia, ma
contribuirono anche Italia e Germani, quest’ultima in particolare negli anni 70 con lo Sturm und
Drang che accentua i caratteri antitetanici e l’irrazionale. Da non assolutizzare nemmeno la
centralità della classe borghese, per l’apporto dei “principi illuminati” e l’aristocrazia. Ma nelle
abitudini aristocratiche le nuove idee non sempre vengono accettate con tanta serietà, forse
nell’incapacità di vedere un futuro all’interno della nuova società, e trova forme di
autoidentificazione in eleganze estreme e squisitezze fini a se stesse.
Anche la musica rispecchia le tensioni sociali e i paradossi del secolo ma rimane ancora
fedelmente ancorata ll’aristocrazia che la finanza.
Il genere dominante è il melodramma, che è anche curioso fenomeno di costume. Nelle differenze
tra teatro pubblico e di corte però ritroviamo differenze riconducibili alle modalità di sostentamento
economico dei due teatri che riguardano lo stile e repertorio. Se a corte si accettavano più
cautamente novità tuttavia il livello degli spettacoli era superiore rispetto ala media dei teatri
pubblici, che dovevano affrontare il problema dei costi, nelle persone degli impresari, che ora
intervengono sul numero dei cantanti (con ingaggi altissimi) premendo su musicisti e librettisti a
ridurre il numero di personaggi. I castrati diventano di moda. L’assodata indisciplinatezza del
pubblico si spiega nel rapporto con le rappresentazioni, l’assistere a tutte le repliche, le abitudini.
Abbondano gli scritti polemici, tra i trattati “Il teatro alla moda” di Benedetto Marcello (Arianna).
La musica strumentale non ha in questo periodo luoghi d’ascolto precisi ma rappresenta il tessuto
di fondo dell’esperienza musicale. Palazzi nobiliari (orchestre private, es eclatante Esterhazy). Le
occasioni del comporre variavano, danze feste, fini didattici. Alla musica domestica si collega il
mercato editoriale e i primi guadagni diretti per i compositori. È vero che negli ambienti nobili la
musica poteva acquisire funzioni oltre l’intrattenimento puro, ma la vera novità del secolo è il
diffondersi delle sale da concerto: organizzate con modalità diverse, solitamente il musicista non
era stipendiato, e il pubblico era vario; queste strutture si sviluppano e danno vita a un repertorio
specifico che esula dall’ascolto fine a se stesso. Mutano le attese e le abitudini di ascolto.
Esempi parigini tra il 69 e il 72 le associazioni Concert des amateurs, C. de associeés, C. d’amis.
Anche a Londra erano nate, ben prima, sotto Cromwell, mentre in Italia la mancanza di borghesia
colta rallentò moltissimo queste iniziative. A fine secolo la concorrenza dell’impresario e i suoi
lavori occasionali rispetto al salario fisso presso una cappella, i vantaggi di una libera professione
erano tali da convincere i migliori musicisti a rischiare giorno per giorno. Si chiude così dopo 4
secoli il mecenatismo aristocratico, aveva esaurito la sua funzione storica.
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concerto, di cui fece Haydn Kepellmeister, con la responsabilità di tutti gli eventi musicali. Inoltre il
principe, dilettante del baryton (sorta di viola da gamba) si fece comporre 120 trii per baryton.
In quella solitudine Haydn era al centro della situazione musicale europea, può arricchirsi, studiare
e rielaborare (come fa con le proposte di C. P. E. Bach) e il suo padrone gli lascia libertà di tentare.
Nelle 60 sinfonie del periodo si passa da composizioni ancora piene di passi solistici (per
l’incertezza dei confini con la forma concerto) o con forme-sonate appena abbozzate, a
suggestioni sentimentali nonché di carattere drammaturgico gluckiano, fino a uno stile classico
pieno con l’individualità tematica, il contrasto fra episodi, e sinfonia come avventura narrativa.
Merkur, Sinfonia degli addii, Maria Theresa, Il maestro di Scuola, Laudon, opere prontamente
famose, così nel quartetto, fino ai 6 opera 20 del 72 (non usa il termine moderno ma divertimenti).
Altro campo ricco di aperture, le musiche per strumento a tastiera: sonatine, sonate, divertimenti
per clavicembalo abbondano ma a fine anni 60, affermandosi il fortepiano con le sue possibilità, è
tra i primi a dedicargli attenzioni particolari (sonate opera 13 14).
Opere sacre del periodo sono Grosse Orgelmesse e Cäcilienmesse. Ritiene che la tradizione
liturgica debba adattarsi alle novità se vuole ancora sfruttare la musica come richiamo, e così
davanti alla schiera di sostenitori dello stile antico contrappone larga liberalità di gusto moderno.
Queste tendenze in Italia si rispecchiano in Bologna G.B. Martini (Esemplare, ossia Saggio
fondamentale di contrappunto, ’75, stile severo), e Napoli, con Leo, Vinci, Pergolesi, lo stesso
Hasse, che diffondevano un modello appetibile per cui si divideva il testo sacro in parti, musicate
come arie, duetti; il coro, imprescindibile, in forme omoritmiche o fugate. Quando l’orchestra
comincerà ad aver maggior per grazie alla sinfonica, la messa si adatterà, Haydn fa transizione.
Dal 75 al 85 a Hesterházy inizia la moda del melodramma e H. adatta o compone e mette in
scena. L’orecchio del pubblico è esperto ed esigente, ed H. non era di natura un drammaturgo
come Mozart o Gluck. Predilette dal principe le opere comiche: la Cantarina, Lo speziale,
L’infedeltà delusa, Il mondo della luna, sono esempi nobili della tradizione buffa italiana.
Nell’ 80 si lamentava di essere in campagna, in realtà era tra i più famosi d’Europa. Scrivevano la
sua biografia, editori si contendevano i diritti delle sue stampe, arrivano anche lucrose
commissioni: Loggia Olimpica massonica di Parigi con 11 Sinfonie (memorabili L’ours e La poule),
Ferdinando IV di Napoli, che amava la lira accompagnata, a cui manda 5 concerti.
Nel 90 muore Miklós ed è così libero di trasferirsi a Vienna (fa due viaggi a Londra, uno gli vale
una laurea ad Oxford honoris causa più 6 sinfonie, l’alta per altre 6 sinfonie, sempre per la società
concertistica dell’impresario Johan Peter Salomon, e la sua orchestra di più di 60 elementi.
Risalgono anche gli ultimi 20 quartetti, e le ultime 4 sonate per pianoforte. Si distingue per la
duttilità e la sottigliezza con cui maneggia le forme classiche (che ha quasi creato lui); esprime
atteggiamenti, stati d’animo, dialoghi che la forma classica permette.
Gli ultimi anni viennesi gli aprono prospettive nuove, il mondo culturale è ricco, attento e meno
esclusivo di Hesterhazy. Entra nella cerchia intellettuale del barone Gottfried van Swieten che gli
suggerisce di comporre un grande oratorio sulla scia händeliana, e nascono Die Schöpfung (la
creazione 98) Die Jahreszeiten (le stagioni, 1801): nuove tematiche, recupero storico, rapporto
uomo natura, e i nuovi poteri descrittivi della musica.
Wolfgang Amadeus Mozart (Salisburgo 1756- Vienna 1791) contemporaneo di Hydn considerando
che già a 10 anni aveva già un idea per conoscenza diretta di tutto quello che si faceva in Europa.
Nel 1769 a Salisburgo si esegue la sua Finta Semplice, segue un altro viaggio europeo ma per
iniziare la carriera compositiva : Londra conosce Johann Christian Bach, a Bologna fa pratica con
padre Martini, Roma, Napoli, e poi Milano dove impara la tradizione sinfonica e cameristica e
vengono eseguite Mitridate 1770, e Ascanio in Alba 71. Con la morte dell’arcivescovo di
Salisburgo, finanziatore dei viaggi, deve trovare uno stipendio come Konzertmeister per il nuovo
vescovo Colloredo. Manifesta i primi disagi per l’attività poco artistica; nel 73 è a Vienna e conosce
le opere di Haydn maturo. L’incontro con lo stile classico porta a compimento il suo apprendistato,
e a 18 anni è nella fase artistica matura lui stesso, conoscendo tutti gli stili e avendoli messi in atto.
K sta per Ludwig von Köchel. Fra 73 e 74 scrive 5 sinfonie (fra cui Sol- k183) di forma concisa,
qualità e ricchezza di idee, scioltezza nelle tecniche del linguaggio classico, già mozartiane.
Altrettanto per 5 sonate per pianoforte, esempi per cui il pianoforte non è più intercambiabile col
clavicembalo. Scrive anche una decine di messe per la cattedrale. Di questo periodo lascia più di
tutte il segno, in un genere musicale ancora privo di qualità, i 3 concerti per pianoforte e orchestra
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’76 ’77, in particolare l’ultimo K271 in Mi bemolle. Drammatizzazione e dialogo fra parti mai sentite
prima.
77 il primo incidente col Colloredo, che non gli concede un viaggio: lui rinuncia al posto fisso e
parte, ma senza appoggio paterno. Tragicamente la madre con lui muore, nel frattempo il viaggio
gli aveva mostrato una scomoda verità, successo pur non eccessivo e poche entrate economiche,
il che decide di tornare a Salisburgo e accetta il posto di organista dal Colloredo. Continua a
scrivere, Idomoneo va in scena a Monaco nel 1781(opera seria metastasiana con suggestioni di
drammaturgia francese e gluckiana). Non aveva vocazioni programmatiche ma seguiva il suo estro
che lo portava a risultati nuovi senza proporselo precisamente. Nel 81 è a Vienna col Colloredo ed
entra in contatto con certi ambienti aristocratici, sempre più allettato dall’idea di mettersi in proprio,
e così fa. Negli ultimi dieci anni è evidente il suo cambio di status: diminuisce la musica sacra
(ultimi brani il Kyrie in re- eil frammento di Messa in do- , mentre negli ultimi anni di vita l’Ave
verum del 91 e il Requiem incompiuto). Si intensifica la produzione di concerti per piano e
orchestra, e si riducono divertimenti, serenate e musiche di corte (Serenata Haffner e Eine kleine
Nachtmusik). Per i primi cinque anni i rapporti sono ottimi con gli imprenditori e la vita viennese,
suona in molte case e sale, pubblica opere, ha allievi, incontra Haydn, Lorenzo Da Ponte, e
frequenta il barone van Swieden. Nel 85 diventa massone. Il successo gli era stato favorito dalla
fortuna del Ratto dal Serraglio, 1782 nel Burg Theater consacrato al Singspiel dall’imperatore:
racconto in lingua tedesca intermezzato da brani di musica; durante la composizione chiese
modifiche al libretto che gli furono concesse, così i personaggi acquistano la consueta nettezza di
profilo voluta da lui. Nel 86 sono Le nozze di Figaro, pur con radicale autocensura quindi ridotto nei
termini dell’opera comica: qui stravolge l’equilibrio della tradizione la forza della musica nel
trasformare i tipi in persone, a rendere eventi prevedibili come irripetibili. Probabilmente il gusto di
Vienna faticava a cogliere le sottigliezze della sua musica, che vennero invece colte a Praga per la
quale ancora con Da Ponte scrive Don Giovanni: un’opera buffa dove si trovano anche elementi
del serio, sia pure a livelli diversi, come la contrapposizione doveri e affetti, o con le immagini di
apertura e chiusura originali per un palcoscenico di quegli anni.
Scrive Mozart: “le passioni non devono mai essere espresse in modo tale da suscitare disgusto, e
la musica anche nelle situazioni più terribili non deve mai offendere l’orecchio, non deve mai
cessare di essere musica”. Ideale estetico chiarissmo, equilibrio singolare considerando la
sfrenatezza dei personaggi e delle vicende, in un contenuto controllo formale dei mezzi espressivi.
Questo è il suo stile classico. Negli ultimi anni scema il successo ma non la sua fantasia: sonate,
concerti, quartetti. Le ultime tre sinfonie non usciranno mai dai repertori: Jupiter (Sinfonia Do k551)
nemmeno tanto semplice in cui strutture di fuga a più soggetti si inseriscono nella forma sonata.
Avverte minori sicurezze e pensa a qualche viaggio; scrive ancora: Così fan tutte, opera comica
con libretto su un gioco astratto di simmetrie provocatoriamente razionalistiche; La clemenza di
Tito opera seria di stampo metastasianoma con superbe invenzioni musicali; e Il flauto magico, un
Singspiel ricco di riferimenti simbolici su testo di Schikaneder. Il Zauberflöte riflette nella trama il
genere magico fiabesco coltivato dal Singspiel, e anche principi intelletuali e morali alla base del
pensiero massonico. (Tamino Pamina, regno di Sarastro, Regina della Notte, Papageno/a). Le fonti
stilistiche sonodiverse, i virtuosismi dell’opera seria, il Lied popolare, i modi dell’opera comica nei
dialoghi brillanti, le tensioni drammatiche dell’opera riformata. Clima musicale fiabesco, evocato
perfettamente ma con ironia distaccata verso la potenza del fantastico.
2. Le grandi figure del Romanticismo in Austria e in Germania: Franz Schubert, Carl Maria von
Weber, Felix Mendelssohn e Robert Schumann
I caratteri generali del romanticismo valgono particolarmente in zona tedesco-austriaca, in musica
per la presenza fondamentale di Beethoven, e di Schubert.
Franz Schubert (Vienna 1797 - 1828) ha avuto rapporti difficili con la vita musicale ufficiale, per il
successo dell’opera italiana e le chiusure della concertistica a Vienna. Molti suoi capolavori furono
scoperti postumi (Schumann ci fa scoprire la Sinfonia in do maggiore 25-27, e quella in si minore
rimase sconosciuta fino al 65). Di moltissimo materiale diede alle stampe solo un centinaio di
opere. Maggiore diffusione ebbero i suoi Lieder, in cui trasforma il genere e vi inserisce ogni
elemento romantico, diventa da genere minore a un frammento lirico di mobile drammaturgia. Il
Lied schubertiano è di per sé inclassificabile, senza un centro o un senso univoco. LE scelte
poetiche sono da Goethe (Margherita all’arcolaio 1814) con un unità di tono di effetto inquietante,
fino a Heine. Una certo rilievo assume la figura del viandante, la cui condizione esistenziale è
definita nel Der Wanderer, ma che è anche protagonista nel Die Schöne Mullerin, e Die
Winterreise. Secondo Adorno il viandante è anche chiave per interpretare il rapporto di S. con le
forme classiche, su quei lunghi percorsi formali liberi e aperti; lo stesso Schumann parla di “divina
lunghezza” e “indipendenza da Beet.”Il tempo si dilata e la musica non conduce ad una meta, non
c’è una dialettica ma le modulazioni vagano. Nelle altre forme non giunse a una coerente
definizione della propria originalità come nei Lieder. Sinfonie, sonate pianistiche, i primi quartetti,
hanno tutti freschezza, ma è il 1820 il momento della maturità stilistica, di svolta, dopo la Sinfonia
in la maggiore, e il Quintetto il la maggiore per piano e archi (la trota), e con Tempo di quartetto in
do minore.
Nella produzione sacra spiccano due grandi messe D. 678 e D. 950, e il frammento dell’oratorio
Lazarus; per il teatro musiche di scena per Die Zauberharfe 1820 e Rosamunde 1823, e opere
come Alfonso und Estrella (finita mentre spopolava Zelmira di Rossini, che un po’ lo influenza) di
matrice italiana malgrado la lingua tedesca e l’aspetto esteriore romantico.
Primato in campo operistico spetta a Carl Maria von Weber (Eutin, Lubecca 1786 - Londra 1826)
Nel 1821 Schubert finiva A und E, e andava in scena il Freischütz, capolavoro subito considerato il
prototipo dell’opera romantica tedesca, rivelazione originaria. W. dice che è stato preceduto da
opere per lui rilevanti: il Faust di Spohr, e Undine di Hoffman (del mondo degli spiriti, con
suggestioni dell’orrido e del fiabesco), entrambi alla ricerca del teatro nazionale tedesco da
contrapporre all’egemonia italiana. Weber viaggiando con la compagni itinerante del padre
violinista ha modo di conoscere varie esperienze, studia con Haydn, e con Vogler (teorico ed
improvvisatore). Come Kapellmeister del T. di Praga, e poi di Dresda, diede spazio al teatro
francese, inteso come via per sviluppare l’opera tedesca a scapito del successo italiano. Riteneva
già lui che l’opera tedesca dovesse essere organismo unitario. Non c’è da stupirsi che il suo
capolavoro abbia forti influenze francesi. Intanto aveva scritto musiche di scena per la Preciosa e
iniziava un progetto, Die drei Pintos concluso da Mahler di evidente sapore esotico. Questo
interesse è evidente nella sua poetica romantica, oltre al caratteristico, il fantastico fiabesco il
bizzarro, e il carattere nazionale (Wagner dirà di W. essere il più tedesco). Dimostra però un
impostazione formale vicina alla tradizione dell’Opera comique, messa in rapporto però con tutte
quelle tematiche e suggestioni romantiche di fiabesco soprannaturale ecc.
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Nelle scelte tonali e coloristiche è originalissimo e individua soluzioni funzionali: i corni sono
valorizzati fin dall’ouverture ed evocano i cacciatori e la foresta boema, per Samiel (cacciatore
nero con cui Max fa il patto per amore di Agatha) combina timbricamente il clarinetto nel registro
basso e tremolo di archi e timpano, legando anche spesso l’accordo di 7ma diminuita.
In Euryanthe mette in luce altri aspetti già citati, in un tentativo di fare un’opera tedesca musicata
interamente, senza recitativi, danda continuità grazie a richiami. Scarso successo, ma enorme
merito storico così come credito nei confronti di Wagner e il Lohengrin. Ritorna quindi
all’alternanza tra musica e parlato con Oberon, Londra 1825. Per quanto riguarda altri generi
ricordiamo 4 geniali sonate, e altre fresche pagine per piano come rondò Invito alla danza.
Accanto a Weber nella vicenda dell’opera romantica ricordiamo ancora Spohr con Jessonda,
Merschnere con Hans Heiling Berlino 1833. L’isolata Genoveva di Schumann e le opere di Lortzing
e di Carl Otto Nicolai.
Felix Mendelssohn (Amburgo 1809 - Lipsia 1847) visse una vita breve ma molto intensa tra Berlino
Lipsia Düsseldorf e Londra, come compositore, direttore d’orchestra, pianista e organizzatore. Si
educò a Berlino dove fu consigliere musicale di Goethe, collaborò con Federico Guglielmo IV ai
progetti di rinnovazione musicale della città, fondò il conservatorio, e organizzò molti concerti, in
cui tra gli altri recuperi storici fece apprezzare la Passione secondo Matteo di Bach, “concerti
storici” quindi. Questa prospettiva interessa anche la sua composizione. In questa luce si
comprende il rapporto con Händel negli oratori Paulus, 1836, e Elijah, 1846, stilisticamente di
controllata eleganza ed equilibrio risolto. Sono infatti estranei a M. gli aspetti più inquietanti ed
eversivi del romanticismo. Lo sforzo costruttivo è immenso ma non ce ne lascia tracce, alcuni
capolavori sono stati scritti di getto, altri sembra soltanto ma di genesi lunga come sinf scozzese.
In opere come i Quartetti, maggiore capolavori cameristici si vede come l’eleganza ed equilibrio
non siano realmente classiche ma sapiente stilizzazione.
13 sinfonie per archi; nel 24 la prima sinfonia, quartetti con pianoforte il primo capolavoro è del 25,
l’Ottetto in mi bemolle maggiore op. 20 per archi. Fama ebbe lo Scherzo.
Si comprende M. guardando a Sogno di una notte di mezz’estate 1826 e come venga trattato il
fiabesco e fantastico, in cui esclude ogni inquietudine demoniaca. (Scrive un ouverture, e poi la
usa per le musiche di scena dello spettacolo a Berlino nel ’42.
Dal 27 al 29 spiccano quartetti in cui si confronta con l’ultimo Beethoven (Q. la-, Q. mi bemolle
magg.) L’ultimo capolavoro il Q. in fa - op 80, del 1847 (inconsuetamente aspro).
Delle cinque sinfonie ricordiamo Re + Riforma, La + Italiana.
Schumann elogia la sua capacità di intendere “poeticamente” ma M intende lo scrivere poetico più
cautamente, riteneva che la musica a programma di Berlioz (il quale ammirava) corresse il rischio
di caduta nel descrittivo e si sentiva estraneo all’evidenza gestuale francese. Teneva ben distinto il
poetico dalla categoria della musica a programma.
Schumann (Zwickau, Sassonia 1810 - Endenich, Bonn 1856).
Schumann immagina di sdoppiarsi in due personalità (così ci dice lui nei suoi scritti critici, parlando
della sua confraternita immaginaria dei Davidbündler in lotta contro la meschinità e il cattivo gusto)
due aspetti artistici opposti che deve riconciliare. Il dualismo è massimamente presente nel
Davidsbünlertänze op 6, 18 miniature per pianoforte, 1837 pezzi caratteristici firmati di volta in
volta da Eusebio (malinconico introverso incline al lirismo tenero) e Florestano (ardente
appassionato).
Musicalmente il motto non è un tema di variazioni qui ma partenza per percorsi fantastici.
Il ciclo di pezzi"caratteristici" legati da una rete di più o meno palese relazioni, rimandi segreti,
predominano la produzione pianistica cui Schumann dedica la prima fase di attività, la ricerca di
un'alternativa di vasto respiro alla forma sonata è trovata nell’ organizzazione ciclica.
Rispetto ai compositori dell’epoca S. non sembra far nascere la sua musica dalle mani alla tastiera
(voleva diventare virtuoso ma un incidente alla mano glielo impedisce),ma piuttosto da riflessioni
costanti, specialmente sul contrappunto bachiano. Gli studi sinfonici op. 13 si svolgono sulla
variazione su un tema, sinfonici per la strumentazione pianistica.
Si accosta alla sonata con la consueta originalità in Fantasia op 17.
Nel 40 si muove vero altri generi, Lieder in cui rispetto alle vastità schubertiane l’orizzonte si
stringe all’autobiografia visionaria e trasfigurata. Ha raggiunto la felicità amoroso con Clara e
sembra voler espandere le esperienze e prospettive. Del 41 è la prima delle Sinfonie. Poi attività
cameristica febbrile.
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3. La musica strumentale in Francia
In Francia lo spettacolo teatrale era principalmente legato ai limiti culturali e alle richieste di
divertimento della borghesia. Esisteva tuttavia una larga fascia di pubblico con esigenze di
pensiero più profonde, e i modelli musicali di questa minoranza erano la produzione sinfonica e
cameristica, in particolare beethoveniana. Gli eventi della Rivoluzione avevano messo in ombra la
grande esperienza di musica strumentale del secondo 700, e solo negli anni 30 si recupera con
decisione. Punto di continuità fra i due secoli il Conservatorio di Parigi, diretto da Luigi Cherubini
fino al 42, con altissima severità venata anche da critiche di accademicità eccessiva.
Fu Hector Berlioz (1803 - Parigi 1869) il musicista caposcuola della musica strumentale francese
ottocentesca; le difficoltà che ebbe a fare conoscere e apprezzare le sue musiche dicono molto
della situazione culturale parigina (anche se il suo carattere non era d’aiuto).
La sua musica era lontana dall’adeguarsi ai canoni e alle attese del pubblico, e aveva due punti di
riferimento:da un lato la tradizione francese di Gluck e Spontini, e oltre la rivoluzione con Mehùl e
Le Sueur; dall’altro i modelli del romanticismo, a parte Beethoven anche Weber Schumann e
Mendelsshon, e non solo musicisti ma anche Hoffman e Goethe. Nonrimase legato ai modelli ma
intervenne con trasformazioni dirompenti. La sua prima opera Symphonie fantastique, 1830,
assume toni profetici Beethoveniani ma senza la rigorosa eticità: i movimenti diventano 5, ciascuno
con caratteri descrittivi, e l’organizzazione tematica è stravolta da un tema che con procedimento
ciclico (come direbbero i sinfonisti di allora) passa per tutta la composizione, Leitmotiv. La
tentazione di stravolgere i piani prestabiliti è costante in tutte le composizioni di Berlioz: Harold en
Italie, sorta dipoema sinfonico, Romeo e t Juliette, 1839 sinfonia in forma di dramma con cantanti,
al melologo Lélio ou Le retour à la vie (seconda parte delle vicende biografiche della Symph.
Fant.). L’originalità non è riducibile all’imprevedibilità, ma va notata anche nelle invenzioni
melodiche e nell’uso dell’orchestra. Importantissimo anche il suo Trattato di strumentazione.
La sua invenzione melodica è molto francese, tende al disegno ampio, ma sa anche essere
allusiva, e fisserò i modelli del canto da camera francese, detto melodìe.
Pur non diventando famoso molto si impegno per farsi conoscere, con tournèe europee che gli
valsero almeno il titolo di inventore della figura di Direttore d’orchestra di prestigio.
Nonostante queste resistenze Parigi restava un centro culturale fondamentale, tanto da attrarre
Niccolò Paganini (Genova 1782 - Nizza 1840) che nel suo grand tour vi si esibì in diverse
occasioni. La sua figura appartiene al mondo europeo, con la vertiginosa bravura esecutiva e la
sua fama diabolica che si impose nel mito del virtuosismo trascendentale. Trasformò il concerto in
rito spettacolare, ma anche sul piano musicale e linguistico, aprendo la strada alle sperimentazioni
strumentali ed espressive, forzando lo strumento in una lotta. Oltre alla produzione concertistica
son giunti anche molti lavori cameristici (anche per chitarra di cui era virtuoso), di brillante gusto da
salotto. Fu però il virtuosimo a muovere gli animi romantici, tanto che i grandi compositori pianisti
rivolsero ai 24 Capricci (summa dell’arte di P.) elaborazioni e trascrizioni pianistiche.
Negli anni ’30 Parigi era il centro del pianismo internazionale, con i suoi atleti della tastiera e i loro
agoni. Il pubblico seguiva le vicende come i moderni fans, facendo confronti e tenendo preferenze
per questi virtuosi che improvvisavano e sviluppavano i temi vastamente noti. Per loro le case
produttrici di pianoforti perfezionavano gli strumenti (apporto del doppio scappamento).
Primo fra tutti fu Liszt, a cui Paganini mise un tale fuoco addosso da portarlo alla Grande Fantasia
di bravura sulla Campanella (1831 - 1832) , fuoco d’artificio di virtuosismo.
Esternamente era esibizionismo, internamente sperimentalismo sonoro, amplificazione violenta
delle possibilità espressive. Liszt aveva una tale varietà di tocco che si diceva riuscisse a trasferire
sulla tastiera le sonorità e volumetrie di tutti gli strumenti dell’orchestra. L’intensa attività di
trascrizione di opere sinfoniche del passato e del presente, unita al visibilio del pubblico, condusse
un importante funzione di divulgazione culturale, inaugurando il concerto storico dei nostri giorni.
Degli atleti della tastiera, KAlkbrenner, Herz, Hiller, Alkan, Pixis, si deve escludere un grandissimo
pianista le cui doti erano di natura molto diverse: Frydryck Chopin (Varsavia 1810 - Parigi 1849).
In accordo col suo mondo poetico e creativo, il suo suonare era scioltezza e leggerezza,
sensibilissimo e sottilmente graduabile. Emigrè come Liszt, a differenza dell’Ungherese si formo a
Varsavia in un clima ben più provinciale. Aveva iniziato coi due Concerti per pianoforte e orchestra
(i generi che andava per la maggiore) , variazioni su temi celebri (su La ci darem la mano) la
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Sonata. Quando costretto dalle vicende politiche dovette trasferirsi a Parigi, svolta nella sua
carriera, poiché invece di tuffarsi negli agoni e nel grande pubblico scelse di entrare nella stretta
cerchia di intellettuali dei salotti parigini in cui al riparo dai condizionamenti del grande pubblico
poté liberamente concentrarsi sui suoi generi prediletti e sulla ricerca della sua idea di sonorità e
linguaggio pianistico: Polacche, Mazurche, Notturni ed Improvvisi, Preludi Scherzi, Ballate.
Il genere salottiero, la romanza sentimentale, la didattica, sono i generi che riplasma con il suo
genio in sfumatissime risonanze e atmosfere sonore. La sua arte suona come esito naturale e
spontaneo ma è in realtà frutto di un tremendo travaglio creativo.
Sperimenterà anche percorsi più inquietanti ed ermetici, esempio la Polacca-fantasia op 61 del 46.
Da un lato quindi le immagini sonore e le fantasie poetiche evocate da Liszt, dall’altro la ricerca
creativa pura, assoluta, avulsa da contenuti extramusicali espliciti.
È arduo definire Chopin romantico se lo si spoglia della sua biografia, il decorso fatale della tisi, la
trasgressione nel legame con Georg Sand. La sua vita ricorda i rapporti di un tempo con le
aristocrazie, con la differenza di essere in un mercato musicale. Così poco romantico è il suo
ostinato rifiuto di compromissioni tra musica e immagini o programmi poetici.
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Gli inizi con Tancredi mostrano attenzione alla bellezza neoclassica, all’equilibrio misurato e l’aura
arcadica pastorale. Ci sono soluzioni formali che avrebbe seguito e sviluppato: complesse
articolazioni dei pezzi di insieme, finali d’atto.
Tappe essenziali della ricerca sul genere serio sono l’Otello ’16 (per l’originalità e la compattezza
del terzo atto) Armida ‘17, Mosè in Egitto ’18, Ermione ’19, La donna del Lago ’19, Maometto ’20,
Zelmira ’22. Queste opere sono scomparse dal repertorio a cause della trasformazione del gusto
operistico e della vocalità. Il belcanto non fu mai messo in discussione da R. e i melodrammi
napoletani rilevano una scrittura ricca di coloriture.
La sua ricerca non punta su un’originalità radicale: da Gluck il superamento dell’aria solistica e la
continuità drammatico musicale è passata attraverso forme variegate, ma Rossini non mette in
discussione le forme chiuse e non cerca mai soluzioni estreme, di opera in opera cerca soluzioni
diverse in equilibrio con le scelte più tradizionali.
Nel La donna del Lago ad esempio le suggestioni della natura e del paesaggio scozzese sono
accennate e non ancora sottolineate come sarà in Guglielmo Tell.
La febbrile intensità compositiva degli anni di Napoli è seguita da una sosta e dai viaggi trionfali a
Parigi e a Londra. Nel 1824 si stabilisce a Parigi, direttore del Teatro Italiano. Per l’incoronazione di
Carlo X scrive la cantata scenica celebrativa Il viaggio di Reims, parte della quale verrà trasferita
nel Comte Ory. ’28 (ultimo ritorno al comico, con accento di O.C., più riflessivo e meno slanciato.
Precedentemente c’era stato L’assedio di Corinto ’26, un rifacimento di Maometto II e un
rifacimento di Mosè in Egitto: due opere napoletane erano state trasformate in grand opera. I tempi
meno frenetici rispetto a Napoli gli permettono di fare ricerca approfondita, che lo conducono al
coronamento stilistico in Guglielmo Tell.
La grandiosa architettura, il soggetto attuale patriottico e libertario, e le intense suggestioni del
paesaggio locale. L’ultimo capolavoro ebbe un ruolo in Francia e in Italia dove offrì un modello di
costruzione drammatico musicale, e segnò il ritiro dalle scene.
Memorabili pagine vocali da camera, ricordiamo le raccolte Soirèes musicales(1830-35), e lo
Stabat Mater 1832. Capolavoro degli ultimi anni è la Petite messe solennelle.
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La Sonnambula deriva dal genere Larmoyante semiserio, d’ambientazione svizzera, tono idilliaco,
e una suggestione notturna del sonnambulismo che la immerge in un atmosfera tutta romantica.
La Norma è ispirata invece alla tragedia greca: qui la purezza della musica emana classicità,
lirismo e un intimità ancora pienamente romantica.
Infine nei Puritani accenna a contenuti più esplicitamente romantici, nella cura delle armonie e
strumentazioni, e nella forza espressiva dell’orchestra.
La mentalità sociale riflessa nelle opere belliniane si ritrova anche in Gaetano Donizzetti (Bergamo
1797-1848) dove le stesse eredità di tradizione, Rossini e romanticismo, trovano vie diverse. Non
ci sono dilatazioni liriche ma forza del canto pur fedelmente alla maniera. La norma e l’esuberanza
trovano equilibrio, liberalità con moderazione. Molto fecondo, 74 opere teatrali: ricordiamo tra le
opere comiche L’elisir d’amore 1832, L’ajo nell’imbarazzo 1824 e Don Pasquale 1843. tra le opere
serie Lucia di Lammermoor, Anna Bolena, La favorita.
L’impalcatura delle opere buffe è sostanzialmente quella rossiniana, anche se la musica infonde
una certa verità ai personaggi che li sottrae alla farsa e li rende quotidiani. Lucia di Lammermoor è
espressione dell’immaginazione romantica, con personaggi psicologicamente investigati e un
ambiente musicale evocativo. Mistero, passione, notte.
3. Il valzer e l’operetta
Accanto alla produzione musicale impegnata generi più leggeri allietavano la vita sociale viennese:
l’operetta viennese viene dal Singspiel come l’opera buffa dall’opera comique: entrambe le radici
hanno origine nell’elemento popolare, in un caso le fiere parigine nell’altro le farse. Se però la
cultura parigina era di carattere nazionale, in Germania e così a Vienna si cerca di spogliarsi dei
caratteri locali dei particolarismi verso un identità superiore. Così i Singspiel viennesi si
spoglieranno dei temi romantici e si avvicineranno alle loro radici popolari.
L’esito più eclatante della commistione fra il cosmopolitismo viennese e la sua musica popolare è
la nascita del valzer viennese ad opera di Lanner e Strauss senior, derivato dal vecchio Ländler.
Alla pesante scansione ternaria della vecchia danza contadina avevano sostituito una pulsazione
veloce e briosa: introduzione in tempo binario seguita da cinque o sei sezioni di valzer e da una
coda. Questa danza avrebbe raggiunto massimi risultati con Johann Strauss figlio (Al bel Danubio
blu 1867, Storielle del bosco viennese, Vino donne e canto, Sangue viennese ecc.
La vitalità di questa musica era perfetta per accogliere l’effervescenza dell’operetta offenbachiana.
Franz von Suppé fu il primo a imitarla con La Bella Galate (1865) e con Cavalleria leggera, ma si
accorse che la musicalità viennese era poco adatta alla vena parodistica francese, briosa ma di
indole sempre languida e sentimentale. Questo non impedì a Strauss di comporre le sue operette -
Il pipistrello 1874, Una notte a Venezia, Lo zingaro barone - le quali foggiarono il nuovo spirito
viennese assieme ai suoi valzer, che caratterizzeranno l’operetta locale fino alla fine dell’Impero,
passando da Millöcker, Carl Johann Adam Zeller e Franz Lehár il quale accentuò ancora quei tratti
sentimentali e nel 1905 produsse la popolarissima Vedova allegra.
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4. L’emergere dei particolarismi e dei nazionalismi
Fino a metà 800 la mitizzazione del passato, del primitivo e primigenio, era stata assorbita nel
linguaggio moderno, ma no veniva utilizzata in quanto musica popolare di per sé, quanto come
citazione, impronta popolare; la struttura portante di una marcia alla turca o di un finale
all’ungherese potevano arrivare addirittura a essere considerati tratti tipici viennesi.
Man mano che ci si inoltra nell’800 la musica popolare incomincia ad apparire diversa. Si ritrova
genuinamente vecchie melodie e ritmi, modelli armonici in cui si scopre il potere di rinnovare le
tradizioni classiche. È una vera irruzione del popolare che assume diversi caratteri da regione a
regione, e che trova esiti più fecondi nei paesi che fino alla rivoluzione erano stati esclusi dal
discorso europeo: paesi slavi, la Russia, Ungheria, Polonia, ma anche la Spagna e i paesi nordici
scandinavi, rappresentano un immenso serbatoio melodico che era sopravvissuto al di fuori della
tradizione accademica. Perché si trovasse il contatto tra tradizione accademica e musica popolare
fu necessario attendere il decadere del predominio assoluto della piccola Europa e la nascita del
senso di identità nazionale. Le nascite di scuole nazionale sono infatti parallele ai movimenti
risorgimentali (tuttavia il movimento non avrebbe avuto luogo senza la riscoperta illuministica e
romantica del primitivo e dell’autoctono). Gli effetti della ventata di novità sono stati enormi e
duraturi.
5. Le scuole nazionali
La scuola russa nasce da Glinka, Dargomyzskij e Serov nella prima metà dell’800 dopo un secolo
di predominio del melodramma. Ancora i primi autori di melodramma in russo avevano studiato in
Italia, Fomin e Matinskij. Solo con Michail Ivanovic Glinka si arriva a uno stile nazionalmente
contraddistinto: gli ingredienti musicali sono la grand operà fr, il canto italiano, la sapienza
contrappuntistica tedesca, ma vi immette una componente russa. Nella Vita per lo Zar 1836 c’è la
tipica coralità russa; In Russlan e Ludmilla 1842 prevale invece l’esotismo orientaleggiante.
Ad un recitativo propriamente russo, e un’ espressione libera da moduli occidentali si applicò
Aleksandr Sergeevic Dargomyzskij (Tula 1813 - Pietroburgo1869), in Rusalka 1848, e Il convitato
di Pietra (incompiuto).
Venivano a formarsi nel frattempo due movimenti opposti: chi accoglieva gli apporti della musica
occidentale e chi li respingeva. Nei i due partiti (meno divisi di quanto mostrassero) si impegnarono
i critici Serov (sostenitore di Wagner e Liszt) e Stasov, il quale era fautore del realismo estetico dei
giovani compositori slavofili, in particolare di un gruppo, il “Gruppo dei Cinque”.
Questo gruppo si proponeva di creare una musica di carattere nazionale senza obblighi
accademici e libera dalle tendenze occidentali. Nacque dall’incontro di Balakirev e Cui, ai quali si
unirono Musorgskij, Rimskij Korsakov e Borodin. La breve vita del gruppo da idea
dell’estremizzazione che fu fatta della polemica filoslavi filoccidentali.
Kalakeriv (1837 - 1910) fu più promotore ed ideologo che compositore. Scrisse poemi sinfonici e
fantasie pianistiche. Cezar Antonovic Cui (1835 - 1918) si dedicò al teatro musicale, da Il
prigioniero del Caucaso, del 57 ma rappresentata nel ’83, sua prima opera notiamo influenze
russe, tuttavia nei lavori successivi predominano influenze francesi.
Aleksandr Porfir’evic Borodin (Pietroburgo 1834-87) fu quello che rimase più fedele
all’antiaccademismo musicale (punto estetico forte del gruppo). Scrive non tanto ma lavori
importanti come la Sinfonia n.3 A- Il principe Igor (incompiuto e completato da colleghi), la n.2 in B-
del 1869 -76, e i due Quartetti del 75-79 e 81-85, sintesi perfetta di ispirazione popolare, chiarezza
del disegno e unità espressiva. Emerge l’anima russa nello schizzo sinfonico Nelle steppe dell’Asia
centrale 1880, assieme a una lucidità razionale e certa tendenza romantica (Mendelssohn).
Della personalità di Modest Petrovic Musorgskij (1839 - 1881) si rivela il realismo e lo
sperimentalismo: quattro opere teatrali, Il matrimonio, Borid Godunov tra il 69-74, Chovanscina
72-81 e La fiera di Sorocincy. Tale l’arditezza formale e la primordialità da indurre diversi
compositori, tra cui Rimskij Korsakov a rielaborarne le partiture. Mirava a cogliere le verità
dell’essere umano, le fisionomie del contadino russo, con realismo, venendo meno alle regole
della tradizione: restio a sviluppare i temi secondo il modello sonatistico romantico, o collegare
tonalità contrastanti attraverso modulazioni, sonorità suadenti; al contrario fa scontrare tonalità e
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contrappone rudemente i motivi. In Boris e Chovanscina riesce a scolpire le situazioni, i
personaggi e le atmosfere con una tale forza da suscitare entusiasmo o più spesso scandalo.
Boris Godunov dopo il rifiuto del 71 venne rappresentata 5 anni dopo ed ebbe un tale successo da
mettere il musicista al centro dell’attenzione, ma solo per poco; i suoi stessi amici del gruppo
avanzarono perplessità sugli estremismi e la sua incuria per le raffinatezze tecniche gli valse
l’etichetta di dilettante. Incominciò a isolarsi negli ultimi anni e morì nella miseria lasciando
incompiute le ultime partiture tra cui Chovanscina, altro grande affresco di storia russa. Ancora
anticonvenzionale, fa scomparire la figura del protagonista, e si accentua la strutturazione
drammaturgica a pannelli.
Nikolaj Andreevic Rimskij Korsakov (1844-1908) fin da subito aveva mostrato una predilezione per
il fiabesco che lo allontanerà da certe istanze realistiche del grupo, specialmente in campo
operistico, genere dal lui prediletto. Rispetto alla prima opera La fanciulla di Pskov, approda subito
a una dimensione specifica di ritualità fantastica e fiabesca, con personaggi simbolo e atmosfere
naturalistiche, e con un colore orchestrale, di cui divenne maestro assoluto, varipointo e cangiante:
La notte di Natale 1895, Il gallo d’oro 1906-07; così nei lavori strumentali che divennero celebri
come Sherezade 1888, o La Grande Pasqua russa 1888). Fu proprio l’aspetto coloristico che
influenzò i suoi successori.
Per quanto riguarda la scuola filooccidentale questa fu sostenuta da Anton Rubinstein ma fu
l’allievo Pëtr Il'ič Čajkovskij (1840 - 1893) l’espressione massima dello spirito e psicologia della
borghesia russa permeata dalla cultura occidentale. Il suo dramma personale, una tormentata
omosessualità , è evocato in un senso tragico sotto forme convenzionali e anche salottiere della
sua musica, come: la romanza da salon, con la stessa struttura delle opere liriche - Eugenio
Onegin 1879, Dama di picche 1890 entrambe da Puskin - nei pezzi di carattere in forma di balletti -
Il lago dei cigni 1876, La bella addormentata 1889, Schiaccianoci 1892- la forma sonata classica
mantenuta come modello malgrado gli impulsi ad evaderne - in particolare la Quarta, la Quinta e la
Sesta detta patetica. Il sentimento tragico in uno stile levigato e brillante fa oscillare la musica tra
superba eleganza e momenti di trasporto passionale in cui le componenti si squilibrano; la bellezza
dei suoi temi, la mobilissima orchestrazione, i rapimenti melodici e le esplosioni foniche sono
caratteri di C. che entrano presto in circolo in tutta la musica russa.
Si comprende come nell’affrontare argomenti storici popolari con grandi cori e scene in stile grand
opera (La pulzella d’Orleans, Mazeppa, L’ufficiale della guardia, 81 84 e 74) il compositore fosse
meno a suo agio rispetto a opere di tematiche più sue, passioni infelici e fatalità tragiche come
Eugenio o La dama.
In Cecoslovacchia fino a metà 800 il clima musicale sembra assorbito dall’impero asburgico. Solo
con la comparsa di due grandi, Bedrich Smetana e Antonin Dvorak la grande ricchezza popolare
trova una via, e si può parlare propriamente di scuola.
Per Smetana (1824 - Praga 1884) fu determinante l’incontro con Liszt, dopo di che partecipò ai
moti nazionalistici e compose l’Ouverture trionfale. Le melodie e i vivaci ritmi popolari dei contadini
sono uno dei poli della sua musica, sia per teatro che strumentale. Nel 1863 va in scena la sua
prima opera, I Brandeburghesi in Boemia; nel 66 raggiunge piena originalità col capolavoro La
sposa venduta opera comica dove le danze se situazioni non scadono mai nel semplice folklore.
Seguirono altre opere, alcune romantiche, altre di comiche. Forte è l’influenza di Liszt nel ciclo dei
poemi sinfonici La mia patria, del suo stile originale fatto di melodie slave, echi leggendari.
Ricordiamo ancora il famoso quartetto Della mia vita, 1879.
Sulla stessa strada ma con esiti diversi si muove Dvorak (1841- Praga 1904), più legato alla scuola
Brahmsiana cercò un difficile compromesso tra questa e la freschezza e genuinità popolare. In
sostanza cerca il folklore slavo in una cornice di classicità. La sua fama è soprattutto legata a
composizioni strumentali e in particolare alle nove sinfonie. Conobbe la notorietà già con le
giovanili Danze slave e con lo Stabat Mater, 1877. Tra le produzioni operistiche ebbe un certo
successo l’opera Rusaka 1901, ma più aderenti alla sua personalità sono le opere sinfoniche e
cameristiche. Anche nella famosa sinfonia Dal nuovo mondo, l’ultima che compose, scritta da New
York dove dirigeva il conservatorio, si sentono spunti musicali del folklore americano.
Per quanto riguarda la scuola polacca invece, essa appare aperta alla cultura francese oltre che
tedesca. Si muove ovviamente da Chopin, passando da Wienawski e Paderewski, fino a Stanislaw
Moniuszko, autore dell’opera Halka, 1848.
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Debitrice del romanticismo e tardo romanticismo è la scuola scandinava, che trova nell’immissione
di elemento popolare autoctono una certa autonomia di procedimenti.
Franz Adolf Berwald svedese, NIels Wilhelm Gade danese, Johan Severin Svendsen norvegese,
fino al massimo rappresentante, il norvegese Edvard Hagerup Grieg (Bergen 1843 - 1907):
la sua musica è di grande effetto impressionistico e suggestione, spesso per accostamento di
accordi senza legami funzionali, e più che nelle forme sonatistiche (Concerto il A- per piano e
orchestra del ’68; Quartetto per archi in G-) risaltano nelle piccole forme (10 quaderni di Pezzi lirici
per pianoforte, i 150 ca. Lieder e le celebri musiche di scena del Peer Gynt di Ibsen, 1874-75.
Di questa inclinazione gli ultimi maggiori rappresentati di questa scuola, Carl August Nielsen,
August Sinding, e soprattutto il finlandese Jean Sibelius (1865 - 1957). Quest’ultimo, pur legato al
tardo romanticismo tedesco, contribuisce alla scuola finlandese: si ricorda il poema sinfonico Una
saga, 1892, oppure Finlandia ’99; tra 99 e 24 scrisse le sue 7 sinfonie con tante influenze europee.
Ebbe spesso a polemizzare col gigantismo, infatti le sue sinfonie conservano concisione che
deriva dall’attinenza allo schema sinfonico classico senza cedere alle proliferazioni tematiche.
In Spagna la civiltà musicale aveva conosciuto sviluppi indigeni secolari. Per la scuola spagnola
non si trattava di dare dignità ad un patrimonio locale prima negletto bensì rilevare la sua stessa
tradizione illustre. A questo compito si dedicò il compositore il musicologo Felipe Pedrell (I Pirenei
1902) sul modello wagneriano. Le sue idee furono accolte dagli allievi Albeniz Granados e Falla,
tutti e tre pianisti di fama internazionale. I primi due composero principalmente per pianoforte,
pezzi brevi spesso di carattere estemporaneo brillante. Isaac Albeniz (Catalogna 1860 - Bassi
Pirenei 1909) sensibile al preziosismo armonico francese, e Granados y Campina (1967 1916) si
conservò legato alla tradizione romantica di Schumann Chopin e Liszt. Falla appartiene
all'avanguardia del novecento.
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raggiunsero più fama Giovanni Sgambati, Giuseppe Martucci, Marco Enrico Bossi e Leone
Sinigagli.
In entrambi i paesi il contesto operistico era ancora ben saldo.
In Francia dopo Bizet verrà coltivato intensamente quel rapporto tra vena drammatica e colore
locale insediato nell’opera lyrique, dall’esempio di Carmen: esempi sono Lakmè di Léo Debiles, o
Sansone e Dalila di Saint-Saëns.
L’introspezione dei personaggi e la realtà esterna quotidiana verranno raffinate ulteriormente in
autori come Jules Massenet, nella Manon e nel Wether, dove converge naturalismo e simbolismo.
Il naturalismo non avrebbe tardato a diventare verismo, di fronte a tematiche sociali conseguenti al
processo di industrializzazione.
Analoghe integrazioni tra letteratura verista, spunti wagneriani, tratti della grand opera e gusto
esotico in chiave estetica decadente caratterizzeranno il melodramma italiano tra 800 e 900.
Dopo Verdi in Italia guarderanno al Grand Operà Filippo Marchetti, Carlos Antonio Gomes, e
soprattutto Amilcare Ponchielli il quale scrisse Gioconda, 1876 (effetti spettacolari e forti tinte
passionali e drammatiche, celebre è la Danza delle Ore). Più sensibile fu Alfredo Catalani.
A Wagner pretese di rifarsi Arrigo Boito che compose Mefistofele, più librettista che compositore,
non assunse quasi nulla della poetica e della tecnica wagneriana. Procedimenti più propriamente
wagneriani adottò Antonio Smareglia, Nozze istriane, La Falena …
Sotto l’attacco di grand operà, influssi wagneriani e opera lirique il melodramma romantico italiano
giunge al suo compimento alla fine del secolo.
Come spesso accade quando un movimento culturale viene assorbito con notevole ritardo, la
retorica romantica degli ultimi decenni risulta ben poco coerente al nuovo mondo culturale. Il
melodramma è percepito diversamente dalla critica che lo chiama verista o naturalista (verista
perché Mascagni inizia con Cavalleria rusticana). Il melodramma romantico così omogeneo nelle
sue parti, viene quindi spezzettato nelle sue componenti che vengono ingigantite e pescate senza
la coerenza e congruità originale. In sostanza l’opera naturalistica è definita dalla critica come un
fluttuare dei relitti tematici e tecnici del sistema del melodramma romantico all’interno delle
innovazioni tedesche e francesi.
I compositori furono riuniti dalla critica nel gruppo dell “giovane scuola”: Mascagni, Leoncavallo,
Puccini Cilea e Franchetti.
Pietro Mascagni (Livorno 1863 - Roma 1945)(Guglielmo Ratcliff, Amico Fritz 1891, MAschere
Isabeau, Parisina. I suoi caratteri specifici sono la virulenza ed esaltazione espressiva sfogata
nella vocalità, il senso di sopraffazione emotiva.
Ruggero Leoncavallo (Napoli 1857 - Montecatini Terme, Pistoia 1919) nel Pagliacci espone un
soggetto passionale e sanguigno ma con i mezzi dell’operetta e della romanza da Salon.
Umberto Giordano (Foggia 1867 - Milano 1948) fa invece perno sull’intrigo del dramma con un
rapido incalzare degli avvenimenti che svuota ogni liricità (Fedora 1898).
Cilea scrisse l’Arlesiane , Adriana Lecouvreur ecc.
Alberto Franchetti nel dramma storico Germania mostra l’uso del Leitmotiv ma accoglie tutti gli
influssi dell’epoca.
Tutti costoro non alterano la concezione del melodramma tradizionale, se pur involucro di vecchi e
nuovi ingredienti. Invece Puccini mette in crisi questa concezione individuando nelle sue opere una
diversa percezione e rappresentazione del tempo. Allo scadere della tradizione melodrammatica,
Puccini (Lucca 1858 - Bruxelles 1924) comprende ed esprime il disfarsi del vecchio tempo
rappresentativo in un tempo discontinuo, relativo multidirezionale; fino ad allora il tempo delle
azioni aveva una traiettoria unica, quella percorsa dallo spettatore, questo non è il tempo della
quotidianità scoperto dal romanzo moderno e individuato musicalmente da Puccini.
Esempio la temporalità della Boheme come consumo irrevocabile di ogni attimo. Madama Butterfly
come attesa vana.
Manon Lescaut 1893, Boheme 1896, Tosca 1900, Madama Butterfly 1904, Fanciulla del West ’10,
Trittico 1918, Turandot 1926.
Riccardo Zandoni ed Ermanno Wolf-Ferrari rappresentano la generazione dopo Puccini quando
l’opera naturalistica perdurerà fino agli anni ’30.
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