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Impero di Carlo V
Nel 1519 sale al trono imperiale Carlo V d’Asburgo. Per ottenere il voto
dei grandi elettori tedeschi, Carlo V ricorre a molti prestiti dalla banca dei
Fugger. Era figlio di Filippo d’Asburgo, dal quale ottenne i territori
imperiali, e di Giovanna di Castiglia, dalla quale gli arrivano la Spagna e
i possedimenti nel Nuovo Mondo. Alla guida di un impero immenso,
Carlo V si trova ad affrontare i rapporti con le colonie americane, il
conflitto con la Francia per il predominio in Europa, e soprattutto la
riforma protestante, che porterà alla definitiva frattura dell’unità cattolica.
Tra il 1521 e il 1559, l’Europa è sconvolta dallo scontro tra l’impero di
Carlo V e la Francia di Francesco I, che dopo l’elezione di Carlo è
circondata dai suoi possedimenti imperiali. Il conflitto si intreccia alle
vicende della riforma protestante, e può essere diviso in 2 fasi: la prima
fase dal 1521 al 1530, in cui si combatte prevalentemente in Italia; la
seconda fase, dal 1530 al 1559, vede la guerra estesa all’intera Europa.
Nel 1521 Carlo V dichiara guerra alla Francia, e nel 1525 sconfigge la
Francia nella battaglia di Pavia, l’imperatore occupa Milano e libera il
sovrano di Francia dopo il trattato di Madrid del 1526, con cui Francesco
I rinuncia ad ogni pretesa sull’Italia. Tuttavia, preoccupato dal potere
dell’impero, il papa Clemente VII organizza la lega di Cognac, a cui
partecipano la Francia e gli stati italiani. Ma nel maggio 1527, i
lanzichenecchi imperiali entrano a Roma, e, animati da un forte
sentimento anticattolico, iniziano a saccheggiarla per quasi 8 mesi. Il
papa riesce a salvarsi rifugiandosi a castel Santangelo, ma l’evento ha
una risonanza incredibile in Europa, e provoca alcuni sconvolgimenti in
Italia, per esempio a Firenze viene rovesciato il governo dei medici e
proclamata la repubblica, mentre Genova rompe l’alleanza con il papato
e si schiera con Carlo V. L’imperatore e il papa arrivano ad un accordo:
Carlo V restituisce al papato i suoi possedimenti e ripristina la signoria
dei Medici a Firenze, e Clemente VII proclama imperatore Carlo V a
Bologna nel 1530. Il sacco di Roma presenta idealmente la fine dell’Italia
rinascimentale, e la definitiva decadenza degli stati italiani, ormai
incapaci di fronteggiare le grandi potenze Europee, inizia così la lunga
egemonia spagnola in Italia. Con il trattato di Cambrai del 1530, Milano
va a Carlo V, e la Borgogna a Francesco I. Nella seconda fase del
conflitto, Carlo V è ormai logorato dalla guerra contro i protestanti, e
dall’avanzata dell’impero ottomano nell’est Europa. Francesco I si allea
con i nemici dell’impero, e nel 1536 rivendica ancora una volta il ducato
di Milano. Dopo alcuni anni di guerra, la pace di Crepy del 1544,
mantiene Milano nelle mani della Spagna, ma assegna alla Francia la
savoia e parte del Piemonte. Il nuovo re di Francia Enrico II porta la
guerra in Germania, alleandosi nel 1552 con i principi luterani, ma
questa fase del conflitto viene conclusa con la Pace di Augusta del
1555, essa segna la fine dello scontro tra cattolici e protestanti in
Germania. In essa si riconobbe la divisione tra cattolici e luterani in
Germania, e fu regolamentata la confisca dei beni della chiesa da parte
dei protestanti. Il nuovo principio politico religioso dichiarò l’obbligo di
seguire il credo religioso del proprio sovrano, attraverso il Cuius Regio
Eius Religio, la religione corrispondente a chi governa il paese, sia la
religione cattolica che luterana ottengono il pari riconoscimento legale.
Nel 1556 Carlo V abdica, dividendo il suo impero tra suo figlio Filippo II,
a cui vanno la Spagna, i domini Italiani e quelli coloniali, il fratello
Ferdinando I che ottiene il titolo imperiale e i domini asburgici in Austria
e in Europa Orientale. Successivamente, nel 1559, la pace di Cateau
Cambresi mette fine alla guerra, certificando la perdita dei possedimenti
francesi in italia, e l'egemonia spagnola in italia, destinata a durare fino
al 1713; alla Francia vengono riconosciuti la Borgogna, mentre il
Piemonte e la Savoia vengono assegnati a Emanuele Filiberto di Savoia,
e in Italia l’unico stato che riesce a mantenersi autonomo è Venezia,
poiché anche i piccoli stati formalmente indipendenti sono di fatto
nell’orbita della potenza spagnola.
Il conflitto tra le due parti inizia dalla diffusione dei disordini provocata da
una rottura ai vertici della classe dei principi tedeschi, alla quale Carlo V
aveva chiesto aiuto riguardo ai provvedimenti contro Lutero, emanati nel
1521 alla dieta di Worms. Così, nella successiva dieta di Spira del 1529,
Carlo V permise il culto di Lutero dove si era diffuso, imponendo però
agli stati cattolici di restare tali, e a quelli luterani di tollerare il
cattolicesimo. Questo però provocò la protesta di alcuni principi e,
quando nel 1530 Carlo V riunì la dieta di Augusta, i principi protestanti
presentarono a loro volta la confessione di Augusta, ossia la
dichiarazione delle verità del credo luterano, il cui redattore fu Filippo
Melantone, che distinse le differenze tra fede cattolica e luterana. Oltre a
questa fede si presentò anche quella di Zwingli, arciprete della
cattedrale do Zurigo, in Svizzera. Carlo V voleva comunque conciliare le
due fedi, e cercò di restituire alla chiese cattolica i beni che gli erano
stati tolti dai protestanti. Questo provocò però la reazione dei principi,
che, sentendosi sminuiti nel proprio potere, si riuniscono nella lega di
Smalcalda nel 1531. A questa si oppose la lega di Norimberga, formata
dai principi cattolici tedeschi e l’aiuto di Carlo V, ne derivò la successiva
battaglia di Muhlberg del 1547, tra Carlo V e la lega di Smalcalda. Per
evitare la perdita del suo potere, Carlo V accettò di accordarsi con i
protestanti nella pace di Augusta del 1555, dove furono poste le basi dei
rapporti tra cattolici e protestanti, seguendo queste disposizioni: - il cuius
regio elios religio, ognuno seguiva la religione del proprio stato decisa
dal proprio sovrano, oppure i credenti dovevano emigrare vendendo i
propri beni e i propri possedimenti territoriali - Il reservatum
ecclesiasticum, ossia la riserva sua beni ecclesiastici, che imponeva ai
componenti del clero che erano passati alla chiesa protestante dal 1553
di rinunciare ai beni derivati dai benefici ecclesiastici, in questo modo
essi non potevano conservare ciò che, durante la conversione, avevano
avuto come beneficio dalla chiesa, tuttavia fu riconosciuta la
secolarizzazione, avvenuta prima del 1553. In definitiva furono proprio i
principi a trarre vantaggio dalla pace di Augusta, visto che veniva
confermata l’autorità dei principi nel loro stati, l’impero perdeva ogni
sacralità, come invece avrebbe desiderato Carlo V, divenendo così un
impero solo formale, e provocando l’abdicazione di Carlo V nel 1556.