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La Mano Nera venne fondata dai primi membri come una società semiclandestina

battezzata Narodna Odbrana (Difesa del popolo) che aveva lo scopo di dedicarsi al compimento


del Panslavismo e con forti componenti nazionalistiche, scopi da ottenere tramite azioni
terroristiche e l'assassinio. Lo scopo del gruppo era reclutare e addestrare partigiani per
provocare lo scoppio del conflitto tra la Serbia e l'Austria. In nome della loro propaganda anti-
austriaca essi organizzarono una rete di spie e di sabotatori per operare all'interno delle province
dell'Impero Austro Ungarico. Gruppi satellite vennero formati
in Slovenia, Bosnia, Erzegovina ed Austria. Nel 1909, l'Austria fece pressioni sul governo serbo
affinché ponesse termine alle insurrezioni anti-Austriache. A quel tempo la Russia era priva di
forza militare sufficiente ad affiancare la Serbia in caso di guerra, così l'organizzazione segreta
fu costretta ad interrompere la sua attività. Da allora in poi, Narodna Odbrana cercò di
mascherare le proprie attività dietro la facciata di una organizzazione culturale concentrandosi
nell'educazione e la propaganda all'interno della Serbia. Nel 1911, le differenze tra i due
principali gruppi del movimento—i leader politici del Partito Radicale e i militari—iniziarono ad
emergere in tutto il loro potenziale. I primi privilegiavano un approccio più passivo per il
conseguimento del loro obiettivo, e per questo predicavano la via delle trattative pacifiche con
l'Austria e la concentrazione del potere militare della Serbia per un futuro conflitto, ma gran parte
degli esponenti militari divennero impazienti ed intolleranti di questa politica moderata. In
conseguenza di ciò i membri più zelanti dell'organizzazione iniziarono a dare vita ad una nuova
organizzazione segreta battezzandola Mano Nera. Il nuovo gruppo annoverava una vasta
gamma di ideologie, dagli ufficiali militari favorevoli alla cospirazione fino agli studenti idealisti
tendenti ad ideali repubblicani, a dispetto dell'ideologia fortemente nazionalistica del movimento
vicina ai circoli fedeli alla corona (il leader del movimento, il Colonnello Dragutin
Dimitrijević detto "Apis", era stato un responsabile diretto nel colpo di Stato del giugno
del 1903 che aveva portato al potere il re Petar Karađorđević). Soldato serbo e guida del gruppo
nazionalista Crna Ruka (Mano Nera), nel 1903 assassinò il re serbo Alessandro Obrenovich e
sua moglie Draga, nel 1914 ordinò l'assassinio dell'arciduca d'Austria Francesco
Ferdinando all'organizzazione segreta panslava Giovane Bosnia, innescando la scintilla
diplomatica che portò alla prima guerra mondiale. Contro di lui fu istituito il processo di
Salonicco, nel quale fu condannato a morte per fucilazione. Gavrilo Princip nacque il 25
luglio 1894 in Bosnia ed Erzegovina, all'epoca territorio amministrato dall'Austria-Ungheria, ma
soggetto alla sovranità formale della Sublime Porta. Era il sesto di nove fratelli e fu uno dei soli
tre a sopravvivere durante l'infanzia. Figlio di un postino, la sua gioventù fu segnata dalla povertà
e dalle precarie condizioni di salute: contrasse la tubercolosi da bambino (come quasi tutti gli
attentatori del 28 giugno). Studiò presso la Scuola Commerciale a Sarajevo e in seguito si
iscrisse alla Scuola superiore. Durante la sua infanzia presso la Scuola Commerciale si distaccò
apertamente dai movimenti radicali serbi delle organizzazioni giovanili private. Questa sua scelta
fu molto probabilmente dovuta anche alla sua amicizia con il croato Ivo Kranjčević, con il quale si
trovò spesso d'accordo nonostante la diversa nazionalità. Divenuto adolescente, nel 1912 fu
mandato a Belgrado per continuare la sua istruzione. Abbandonò gli studi quando venne
coinvolto nel movimento ultra-nazionalistico serbo, unendosi a un'associazione politico-
rivoluzionaria, la Giovane Bosnia (Mlada Bosna), il cui obiettivo era liberare la Bosnia ed
Erzegovina dal dominio dell'Impero austro-ungarico e annetterla al regno di Serbia.
L'attentato vide la partecipazione, oltre a Princip, anche di altri cinque membri della Giovane
Bosnia, un movimento che univa idee anarco-socialiste e irredentismo nazionale ]. Il gruppo era
armato di pistole e bombe, fornite da una società segreta, la Mano Nera (Crna Ruka), che aveva
anche molti sostenitori tra gli ufficiali serbi e i funzionari del governo. L'obiettivo della Mano Nera
era quello di creare uno Stato indipendente slavo guidato dalla Serbia, il quale riunisse anche i
territori della Bosnia ed Erzegovina, assorbiti nella sfera austriaca a seguito del Congresso di
Berlino nel giugno del 1878 (dopo la Pace di Santo Stefano, conclusa nel marzo 1878), e quelli
croati, assoggettati da tempo. Il progetto dell'organizzazione terroristica panslavista vedeva un
ostacolo nel disegno "trialistico" di cui l'arciduca Francesco Ferdinando era il più autorevole
sostenitore, che prevedeva la creazione all'interno dell'impero asburgico di un terzo polo
nazionale slavo accanto a quelli tedesco e magiaro. Quello del 28 giugno 1914, a Sarajevo, fu
senza dubbio un attentato fuori dal comune. All'inizio sembrava destinato al fallimento, ma poi le
cose andarono diversamente. Le due illustri vittime, l'Arciduca Francesco Ferdinando d'Este,
principe ereditario al trono dell'Impero d'Austria-Ungheria, e la moglie, la contessa Sophie
Chotek von Chotkowa, furono veramente sfortunati nell'occasione. A Sarajevo, verso le ore
09:50, il commando di attentatori si era recato all'angolo delcorso Voivoda, attendendo il
passaggio dell'automobile dell'Arciduca per portare a termine la propria missione di morte. Alle
ore 10:00 in punto, lo studente Gavrilo Princip uscì da una locanda unendosi alla folla e
posizionandosi in prima fila. Con la mano che teneva in tasca, stringeva la pistola con la quale
avrebbe dovuto sparare all'Arciduca, quando la sua auto fosse passata davanti a lui.
Improvvisamente, in fondo al corso, s'udì un'esplosione e, poco dopo, l'auto con a bordo la
coppia reale passò a tutta velocità davanti al luogo dove si trovava appostato Princip, dirigendosi
verso il municipio. Il primo attentatore aveva infatti sbagliato il lancio di una bomba a mano,
riuscendo solo a ferire l'aiutante di campo di Francesco Ferdinando. A questo punto la missione
di Princip sembrava fallita ed egli si incamminò verso via Re Pietro. Nel frattempo, l'automobile
dell'Arciduca, raggiunto il municipio, vi si fermò solo il tempo necessario a Francesco Ferdinando
per redarguire il sindaco di Sarajevo per l'accoglienza ricevuta. Quindi ripercorse a ritroso la
strada fatta in precedenza per andare a recuperare l'aiutante dell'erede al trono, che nel
frattempo era stato medicato per le leggere ferite riportate in precedenza. L'auto percorse
l'itinerario a passo d'uomo, a causa della massa di gente che, sfollando, aveva invaso la sede
stradale. Princip, che deluso stava ritornando alla taverna, si trovò proprio di fronte alla coppia
reale ed esplose due colpi di pistola all'indirizzo delle sue vittime, questa volta colpendole a
morte. Princip venne immediatamente tratto in arresto dalle guardie presenti. L'arma utilizzata
per l'assassinio da parte di Gavrilo Princip era una pistola semi-automatica Browning M
1910 calibro 7,65 x 17mm (.32 ACP). I proiettili esplosi da Princip colpirono l'arciduca Francesco
Ferdinando al collo, mentre la moglie fu ferita allo stomaco, causando la morte dei due in breve
tempo. Dei sei attentatori, la polizia riuscì ad arrestare soltanto Gavrilo Princip e l'amico Nedeljko
Čabrinović. Gli altri, a causa della grande folla di persone, non ebbero l'opportunità di entrare in
azione, e riuscirono a dileguarsi. Una volta arrestato, Princip tentò di suicidarsi. Prima provò a
farlo ingerendo del cianuro, la seconda volta sparandosi con la sua pistola. Nessuno dei due
tentativi andò a buon fine: nel primo caso vomitò il veleno, come successe anche a Čabrinović,
mentre nel secondo caso la pistola venne allontanata prima che potesse sparare un altro colpo.
All'epoca dell'attentato Princip, ancora diciannovenne, era troppo giovane per poter subire la
condanna a morte (min 20 anni in Austria Ungheria). L'assassino venne pertanto condannato a
vent'anni di prigione. Ma in cella trascorse soltanto quattro anni, vivendo in pessime condizioni
nella prigione di Terezín, finché morì di tubercolosi il 28 aprile 1918, all'età di 23 anni; oggi la sua
tomba è locata nel cimitero di San Marco, a Sarajevo. Le opinioni storiche su Princip sono state
a lungo discordanti. Nella storia serba, egli viene considerato un eroe nazionale, avendo
combattuto per liberare il suo popolo dalla dominazione asburgica. Ancora oggi viene ricordata
una frase che pronunciò durante il processo: «Noi amavamo il nostro popolo». Al contrario,
in Austria la sua figura viene considerata alla stregua di un terrorista.L'opinione maggiormente
valida, comunque, è che egli fosse soltanto un mero esecutore, una pedina, piuttosto che il vero
ideatore e diretto responsabile della morte dell'arciduca austriaco

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