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Ministero  la parola deriva dal latino MINISTERIUM, ed è traduzione dal greco,

DIACONIA. La sua radice etimologica ci richiama al tema del servizio: è la realtà del
servizio ecclesiale, la funzione che si esercita per l’edificazione della comunità.
Nel nuovo testamento il termine è spesso riferito agli apostoli (ATTI 1, 25, 20, 24;
Col 1) e in particolare viene accostato al ministero della parola.
Ma il fondamento del ministero, anzi ancora di più il ministero stesso è CRISTO: egli
è il diacono, il servo di tutti; è venuto per servire (Mt 20, 28); tutta la sua vita è
servizio; questa vita di servizio viene dipinta in maniera eccellente da Giovanni nella
scena dell’ultima cena. Giovanni è l’unico degli evangelisti a non raccontarci il
momento dell’istituzione dell’eucarestia, ma lo sostituisce con l’immagine della
lavanda dei piedi: Gesù si veste da servo cingendosi i fianchi e fa il gesto più umile
che si possa pensare, lava i piedi ai suoi discepoli (Gv 13, 12-15); il senso autentico
del suo ministero è quello di essere una forma di servizio per tutti ed in particolare
per gli ultimi (Eb 5,1): assumendo la natura umana e facendosi del tutto simile a noi,
Cristo ha dato la sua vita per la nostra salvezza. Il suo servizio è quello di consegnarsi
fiduciosamente al padre. In questa consegna vediamo che Cristo è un nuovo
sacerdote, diverso da quelli che lo hanno preceduto: innanzitutto Cristo non deriva da
stirpe sacerdotale, ma viene insignito del titolo di sommo Sacerdote dal padre stesso
(Eb 5, 5); con questa investitura Cristo soppianta il vecchio culto per sostituirlo con
l’offerta della sua vita, in compimento della volontà del padre.
Ciò che prima di questo atto i credenti cercavano nel tempio, nei sacrifici o nel culto,
lo trovano ora in Cristo stesso, nella sua vita, nella sua morte e nella sua resurrezione.
Continuano a sperimentarlo dopo l’ascesa al cielo nella vita comunitaria, dando
nuova linfa alla chiesa nascente. Infatti la chiesa, corpo di Cristo e sua sposa,
partecipa della ministerialità di Cristo, accogliendolo, celebrando i sacramenti e
imitandolo come servo. Lo fa all’interno di una comunità costituita, quindi fra i
propri membri, ma anche in apertura verso il mondo che ancora non conosce Cristo e
il suo messaggio di salvezza universale.
Coloro che sono chiamati a collaborare nella chiesa attraverso un ministero devono
compiere una libera scelta di coscienza, interiore e personale: posti davanti alla loro
vocazione, devono scegliere di abbracciarla, facendosi servi per gli altri, accettando
di essere fedeli alla propria essenza e aprendosi ad una vita d’amore, di dono e di
relazione.
La differenziazione presente oggi tra i ministeri non è stata subito chiara all’interno
della chiesa nascente: nella chiesa apostolica non vi è una terminologia chiara per
indicare i diversi ministeri. Erano considerati ministri i diaconi, gli esorcisti, gli
anziani e tutti coloro che rendevano un servizio, anche e soprattutto materiale nella
comunità; è dunque impresa ardua costituire un elenco di questi ministeri. Vi era
comunque una diversificazione, che possiamo chiamare gerarchica in senso lato:
alcuni ministeri, infatti, venivano impartiti con l’imposizione delle mani, segno di
uno speciale dono dello spirito.
In atti vediamo la presenza di presbiteri o episcopi con funzione pastorale, cioè di
guida e di custodia delle giovani comunità cristiane.
Quando gli apostoli scompaiono dalla scena, alcuni ministri, che sono stati scelti
dagli apostoli stessi e designati con l’imposizione delle mani, continuano a custodire
e tramandare quella fede che gli era stata affidata dagli apostoli stessi: il loro compito
principale è quella di trasmetterla intatta ai posteri. Si sviluppa, così, l’idea della
successione: la continuità del ministero, incentrata in questa epoca sul singolo
episcopo, capo della singola chiesa, appare come garanzia di fedeltà al messaggio
originario: è come se ci fosse una catena che lega i vescovi ai loro predecessori fino a
giungere agli apostoli. L’importanza di questa successione ci è testimoniata da Ireneo
che, per primo, compilerà una lista di successione episcopale nella sua opera
Adversus Hereses, contro le eresie del montanismo e dello gnosticismo.
Nal V sec ci vengono presentati dal documento Statuta Ecclesiae Antique 5 ordini
minori di ministero (1. Suddiaconato, 2. Accolito, 3. Lettore, 4. Ostiario, 5 Esorcista)
che erano considerati come tappe di passaggio per gli aspiranti sacerdoti. La
situazione rimarrà più o meno invariata fino al 1972 quando Paolo VI, con il motu
proprio Ministeria Quedam rinnova gli ordini minori: ne abolisce alcuni e rende
Lettorato e Accolitato ministeri istituiti, quindi non più tappe di passaggio per gli
aspiranti saceredoti, ma ministeri della chiesa che possono essere ricevuti dai laici.
Questo motu proprio fa sua la gramnde spinta all’apertura verso il laicato promossa
dal Concilio Vaticano 2, dove un intero capitolo è dedicato alla missione del laico
nella chiesa contemporanea. I ministri laici che esercitano questi ministeri istituiti
non lo fanno assumendo una funzione di supplenza rispetto ai chierici, ma esercitano
un diritto che si fonda sul SACERDOZIO COMUNE, la cui fonte è il Sacerdozio di
Cristo.
Il lavoro cominciato dal concilio vaticano secondo continua ancora oggi a portare i
suoi frutti nella chiesa: ne è prova il motu proprio di papa Francesco Antiquum
Ministerium, del 2021, in cui viene aggiunto ai ministeri istituiti quello del catechista.
Dunque oggi, accanto ai ministri ordinati, la chiesa si avvale di ministri laici istituiti,
che possono continuare a testimoniare la bellezza del vangelo con la loro vita in tutti i
luoghi e in tutte quelle circostanze in cui la chiesa, senza il loro ausilio, farebbe più
difficoltà a portare frutto; devono farlo sempre in comunione e sotto la guida dei loro
pastori. Il laico, infatti, vivendo nel secolo, ne può seguire i veloci sconvolgimenti e
ne diventa parte attiva.
È chiamato ad essere servitore che dedichi la vita a Cristo, comunicando la sua
propria esperienza del Vangelo nella vita di tutti giorni. È chiamato ad essere dono
per i suoi fratelli e ad aiutarli a fargli incontrare il Signore.

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