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Calabria ribelle.

Tommaso Campanella e la rivolta politica del 1599


di Giovanni Brancaccio

PREMESSA

La rivolta di Campanella fu la prima congiura politica di rilievo, avutasi nel sud Italia
all’inizio del 1600. Si oppose alla politica liberticida e repressiva di Filippo III.
Ribellione: atto di resistenza violenta contro l’autorità, che si vuole sottrarre dal suo
dominio.
Rivolta: è alimentata dalla presenza trascinatrice di un capo e dall’idea di combattere
il potere con la forza fino a sovvertirlo. Quella di Campanella è una rivolta.
Congiura: è frutto di un accordo segreto teso al rovesciamento violento dello stato e
dei suoi rappresentanti.

CAPITOLO 1

Tommaso Campanella nacque a Stilo, in Calabria, in una modesta casa fuori il


centro abitato. Appartiene ad una famiglia umile, il padre è un calzolaio e la madre è
casalinga. Trascorse la sua infanzia in miseria ma si aggravò quando morì la madre.
Seguiva le lezioni da fuori la scuola perché non poteva permettersi di andarci. Studiò
con il maestro Agazio grammatica e catechismo. Si iniziò a dedicare allo studio
dell’occulto dopo una miracolosa guarigione. Entra nel convento di Placanica come
chierico, anche se il padre voleva mandarlo a Napoli a studiare legge.
Successivamente andò nel convento di Stilo dove ottenne l’abito monacale nel 1583.
Dopo un anno prese i voti e cambiò nome in Tommaso. Solitamente usciva dal
convento per seguire alcune lezioni di filosofia. Conobbe alcuni rappresentanti della
famiglia Del Tufo. Diede vita ad un cenacolo con nobili e medici che gli fornivano
libri. Si introdusse così all’arte medica. Nel 1586 Campanella fu spostato a
Placanica, due anni dopo a Cosenza. Trovò in Telesio ciò che cercava nella filosofia
e volle incontrarlo ma morì nel 1558. Campanella partecipò però al funerale a
Cosenza. Per alcuni contrasti con i confratelli fu trasferito al convento di Altomonte.
Lì fu invitato a scrivere un’apologia su Telesio. Stanco della vita semi-isolata da
monaco decide di trasferirsi a Napoli nel 1589 con il rabbino Abramo. Il loro rapporto
lo fece aprire all’astrologia. Nel monastero di San Domenico c’era una grande
biblioteca e alcune aule dell'università. Le autorità voleva cacciare i domenicani dai
monasteri ma il popolo stesso si oppose. I seggi dei nobili volevano cacciarli e
mettere al loro posto dei “padri riformati”. L’atteggiamento di Campanella cambiò,
iniziò ad assumere posizioni più radicali, nonostante fosse sempre stato un
moderato. Fuori dalle chiese, ogni domenica pomeriggio, si tenevano dibattiti
riguardo qualsiasi ramo del sapere e potevano partecipare tutti. Strinse amicizia con
Mario Del Tufo e Campanella divenne precettore dei suoi figli e fu ospitato nella loro
casa. Diventò amico con il marchese Lavello che chiese di accompagnarlo nei suoi
viaggi nei possedimenti feudali. Nell’agosto del 1592 Campanella concluse il suo
primo processo di eresia, fu prosciolto ma fu invitato a tornare in Calabria. Tornando
in Calabria si sarebbe isolato e avrebbe rinunciato al mondo ricco e stimolante dal
punto di vista culturale. Molti dei suoi scritti furono persi ma lo fecero conoscere in
tutta Italia. Campanella fece parte dell’accademia degli svegliati.
Napoli alla fine del ‘500 era uno dei principali centri del Naturalismo. Aveva anche
avuto uno slancio economico e demografico. Si erano costruite nuove abitazioni
grazie al Vicerè Don Pedro De Toledo. C’è una varietà della produzione artigiana; la
burocrazia è ampliata e c’è l’ascesa di nuovi ceti. Il mercato è attivissimo e c’è un
dinamismo del commercio marittimo. In questo periodo c’è una ripresa dell’attività
teatrale. A Campanella non sfuggiva però l’alto tasso di delinquenza, la diffusa
povertà e la disoccupazione. Ci furono anche frequenti carestie e terremoti. Nel 1585
ci fu un tumulto che terminò con l’uccisione dell’eletto. Dopo la carestia del 1591 c’è
un panorama denso di tensioni. Il domenicano Giovanni Battista chiese a
Ferdinando I di Toscana di accogliere Tommaso, che si recò lì dopo la sentenza del
processo e rimase lì 2 settimane. Lì conobbe Don Lelio Orsini, colui che lo avrebbe
sempre sostenuto. Trovò alloggio nel convento di San Marco. Visitò la biblioteca dei
Medici e si intrattenne con alcuni letterati. Nel 1593 arriva a Bologna con dei suoi
scritti che vennero però ritirati da spie mandate dal Santo Uffizio. Decise quindi di
riscriverli per non creare scompiglio e si dirige a Padova dato che la Repubblica non
era oligarchica ed assolutistica come nel resto dell’Italia. Le persone potevano
esprimersi anche se c’erano delle norme per la censura preventiva, dal rogo dei libri,
dopo l’esecuzione di un tipografo accusato di smerciare libri con idee protestanti. A
Padova tra il 1591 e 1593 si trovano Galileo e Giordano Bruno, spinti dalla certezza
della Repubblica di Venezia, certi che garantisse un equilibrato assetto sociale
interni e un primato civile fondato sulla cultura delle numerose istituzioni.
Campanella a Padova fu ospitato nel convento di Sant’Agostino. Pochi giorni dopo fu
accusato di aver perpetrato danno del generale dell’ordine un tentativo di sodomia
insieme ad altri confratelli. Era un’accusa per due distinti crimini, la sodomia e la
violenza, per cui erano previste pene come la decapitazione. Fu però dichiarato
innocente.
Si iscrisse a medicina affermando di essere uno studente spagnolo per aver alcuni
privilegi. Lì conobbe Galileo e fu ospite di Gian Vincenzo Pirelli. Il periodo padovano
fu segnato segnato da una serie di incontri proficui incontri con scienziati. Inoltre si
dedicò alla stesura di molti scritti.
Durante un terzo processo fu torturato e alcune persone provarono ad assalire il
carcere per il liberarlo aggravando la sua posizione. Il Santo Uffizio decise di
estradare clandestinamente Campanella. Fu rinchiuso, insieme ad altre due
persone, nel carcere dell’Inquisizione Romana, dove si trovava anche Giordano
Bruno. Importante fu l’omicidio di un astrologo tedesco perchè gli fece capire che
l’astrologia non è in gradi di evitare determinate cose. L’Inquisizione lo accusava di
aver negato la natura divina di Cristo e di aver definito Gesù un “facchino”. Nel 1595
Campanella abiurò e l’indice proibì la circolazione dell’opera pubblicata a Napoli.
Parlò con Pocci, sostenitore di lutero, che fu decapitato. Fu accusato di essere
sostenitore di Democrito ma si scagionò. Campanella affrontò i punti scottanti delle
dottrine riformate. Campanella ribadì che per formare un governo politico stabile era
fondamentale l’unità degli animi sostenuta da un’unica fede. Nel Papa c’era
l’elemento di coesione e di garanzia più alto. Criticava il protestantesimo, visto che lo
definiva una forma parziale di fede, e la predestinazione, dato che vanificava il libero
arbitrio. Dio con la predestinazione sarebbe sembrato un tiranno così, Cristo invece
aveva salvato gli uomini.
Ripartì per Napoli nel 1597. Fu nuovamente arrestato dopo essere stato dichiarato
eretico da un calabrese. Venne liberato su cauzione giuratoria e fu relegato ad un
convento domenicano. Successivamente fu esortato a tornare in Calabria. Quando
gli fu detto di tornare però si fermò per alcuni mesi a Napoli dove incontrò dei suoi
amici. Andò dai Del Tufo in Puglia e nel 1598 andò in un convento.

CAPITOLO 2

La Calabria nel corso del XVII secolo aveva avuto un progresso economico, sociale
e demografico notevole. Si modificarono le classi e i loro rapporti verso la fine del
secolo. Le province però sfiorirono e ci fu un isolamento provinciale. La struttura
economica rimase rurale. All'emergere di un nuovo ceto, quello dei mercanti, ci fu
una crisi che rafforzò la feudalità e la pressione fiscale, da parte dei feudi e dello
stato. Era una situazione così grave che favorì la nascita di un moto politico guidato
da Campanella. Si applicarono le norme Tridentine: il clero rivendicava territori e
imponeva tasse. Per gli esegui redditi il numero di preti poveri aumentò e molti
furono autorizzati a lavorare. Ciò fece lievitare la massa di preti-contadini calabresi.
Anche i futuri sacerdoti erano colpiti da questa crisi. Molti seguaci della rivolta
facevano parte del clero. Il brigantaggio e il fuoriuscitismo destabilizzavano gli
equilibri precari, da lì vennero reclutati i ribelli. L'incremento della popolazione cessò.
La sericultura, settore dinamico dell'economia, subì la concorrenza italiana. Tra il
1585 e il 1592 una crisi investì il sud, ci furgoni cattivi raccolti e carestie. Le
università si indebitarono. Si volle passare alle imposte indirette sui generi di largo
consumo. La feudalità fece un compromesso con la monarchia e si iniziava ad
intensificare lo sfruttamento delle campagne. La società di fine '500 era disgregata e
segnata da gravi fenomeni sociali. Il banditismo si prolungó, il suo scopo era
esprimere le idee della società contadina e la sua lotta condotta attraverso forme
radicali. I banditi diventarono sostenitori della rivolta apolitica di Campanella che
avrebbe tolto i privilegi e gli abusi. Nel 1553 ci fu una congiura antispagnola e tutti i
congiurati speravano in un intervento turco o francese. Campanella a Nicastro fu
mandato a ripristinare la pace tra l'università e il vescovo della città. Trovò come
avversario un avvocato fiscale della Reggia Udienza di Catanzaro, che odiava i Del
Tufo dato che lo scomunicarono. Si coinvolse anche il Papa. Nel convento a Stilo,
Campanella pose le basi della rivolta. I vescovi chiedevano l'esenzione dalle tasse.
Nel 1598 la flotta turca arrivò a Stilo e i corsari distrussero molte cose. Cicala, il
capitano, chiese di vedere sua madre a Messina, in cambio di ciò non avrebbero
saccheggiato altro e così avenne. Anche alcune persone che seguivano con lui un
corso di filosofia parteciparono alla congiura. A Campanella gli fu permesso di
predicare e con le sue omelie diffondeva le sue tesi rivoluzionarie. Con un decreto
del 1599 fu impedito a Campanella di tenere sermoni. Alla base della sua
propaganda c'era la profezia della fine del mondo. Molti avvenimenti catastrofici
fecero abbandonare la prudenza che utilizzava Campanella, passando ad un'azione
politica. Si fece accreditare come agente messianico di un disegno voluto dalla
provvidenza. Le autorità erano inizialmente indifferenti ma dopo attuato o una
controffensiva politica per reprimere il movimento. Campanella voleva fondare una
repubblica, che avrebbe fatto da stadio preliminare alla fine del mondo. Esponenti di
tutte le categorie sociali si strinsero intorno alla figura di Tommaso. Un magistrato
della Reggia Udienza partecipò ad una predica e Tommaso, a conoscenza del fatto,
fu cauto. A sostenere Campanella c'erano i vescovi delle diocesi vicine. Anche due
uomini d'armi gli si affiancarono. Lui disse che gli astri lo mettevano a capo della
congiura; diventò capo della repubblica e i suoi seguaci fecero propaganda.
Parteciparono anche figli di famiglie in vista a Stilo. Campanella sosteneva che la
sua città natale potesse essere ben difesa dagli attacchi del Re e che dopo una
vittoria altre persone si sarebbero unite. Lello Orsini sosteneva economicamente la
congiura. Il frate Dioniso Ponzio aveva stretto alleanza con Cicala, facendo così
partecipare i turchi alla congiura. Campanella si espose con Soldaniero, che non
partecipò, con l'invio di una lettera. I turchi avrebbero occupato la costa e Catanzaro.
Parteciparono cittadini di Tropea, Montesanto e Nicotera. Campanella girò alcune
città per trovare supporto per la congiura. La congiura stava per partire quando due
ribelli se ne pentirono e svelarono tutto. Il 10 settembre i turchi arrivarono ma
desisterono perché non avevano ricevuto segnali da terra. Fabio Di Lauro e
Giovanni Battista Biblia si erano rifugiati nel convento e si finsero sostenitori della
rivolta per l'avvocato fiscale Luis. Ad agosto fu mandata una denuncia all'avvocato e
una al Viceré, venne poi inoltrata a Filippo III. Inizialmente si pensava fosse coinvolta
la Francia e il Papa. Carlo Spinelli su invito della Spagna comandò due squadre di
soldati per reprimere sul nascere la sommossa, catturare i ribelli e procurarsi le carte
della rivolta. Il 31 agosto Spinelli aprì un procedimento contro Campanella e il giorno
successivo si istituì il processo per eresia e ribellione. Il Viceré voleva i nomi dei
rivoltosi e scongiurare la presenza del Papa nella rivolta. Tommaso scappò
sperando di arrivare a Firenze o in Turchia ma fu tradito da un suo amico che gli offrì
rifugio. Campanella fu catturato il 6 settembre. I due soldati che si erano uniti alla
rivolta furono uccisi il 27 settembre. Vedendo un possibile attacco turco Spinelli fece
presidiare le torri costiere da soldati armati. Il Cicala non abbandonò il Mar Ionio e
fece sbarcare 500 uomini armati per fare una ricognizione. I soldati spagnoli fecero
però naufragare il piano turco, quindi i soldati turchi tornarono alle navi dopo il
fallimento della congiura. La corrispondenza tra il Viceré e Filippo III evidenzia la
paura di un'invasione turca in Calabria. Il Viceré tolse il processo alla chiesa; le
decisioni prese dal tribunale furono discusse nel consiglio collaterale. Il Papa chiese
che i sospettati fossero portati a Roma e costituì un apposito tribunale. Il Viceré
scrisse al Papa che molti partecipanti erano frati e si ricorse quindi ad un duplice
provvedimento: un tribunale laico per la lesa maestà e un tribunale ecclesiastico per
l'accusa di lesa maestà. Il 18 gennaio iniziò l'interrogatorio di Campanella. Lo stesso
giorno ci fu anche l'ultima lettera del Viceré a Madrid. I giudici del tribunale fecero
incontrare Campanella e un congiurato, per errore Tommaso nominò alcuni nomi di
altri ribelli. In Calabria il malcontento aumentava. In una deposizione un frate affermò
che c'era anche un aiuto da parte della Repubblica di Venezia. Le dichiarazioni
acquisite durante gli interrogatori facevano luce sulla figura di Campanella, il suo
ruolo all'interno della congiura, il suo piano politico. Nella sua rivolta non c'era il
valore di fedeltà al Re, a far pensare ciò è l'idea che Campanella voleva fondare un
suo stato.

CAPITOLO 3

Campanella fu mandato nel carcere di Casteltevere, lì scrisse la sua strategia. Puntò


sul carattere profetico del messaggio ed essendo un messaggio di ispirazione divina
non poteva essere un concreto disegno politico. Nella realtà ciò che aveva reso
possibile la confluenza politica eterogenea non era l'obiettivo politico, ma l'ideologia
che si basava sull'astronomia: l'idea della mutazione di stato. La rivolta era estesa e
ramificata proprio per il diffuso malcontento economico-sociale. La dichiarazione fu
scritta il 10 settembre e consegnata all'avvocato fiscale Luis Xavara de Castillo.
Campanella per la dichiarazione prese come ispirazione la lettera di San Paolo in cui
disse che tutti i cristiani potevano profetare. Inoltre si soffermò sui disastri naturali
che avvennero (terremoti e alluvioni) e anche sulla lotta, che c'era a Stilo, tra
Carnevali e Contestabile e sull'azione di pace che lui ha svolto. Si concentrò sul
malcontento del governo di Filippo III perché giovane e inesperto. Sostenne che se i
turchi avessero invaso Stilo si sarebbero ben difesi. Ammise inoltre di aver saputo
dell'accordo con i turchi ma aveva ribadito che l'evento sarebbe avvenuto solo con la
volontà divina. Campanella parlò dei dubbi che aveva su questo intervento data la
non fede dei turchi. Per concludere Campanella affermò che non si sarebbe unito
alla congiura per non dare dispiacere al padre e giurò di non pensare che le sue
prediche potessero diventare così pericolose in mano ai ribelli.
Quella che ha scritto Tommaso era una difesa disperata.
Fu trasferito a Squillace e il 13 settembre settembre iniziò il processo. I giudici
facevano leva sui contenuti della confessione. Campanella fu poi portato a Napoli
insieme ad altri prigionieri. Fu rinchiuso a Castel Nuovo. A novembre fu respinta la
richiesta di portare i carcerati a Roma. Il 31 gennaio Campanella fu rinchiuso in una
cella e torturato e stremato confessò di aver pensato ad una repubblica continuando
però a confermare di non aver mai pensato ad una ribellione che potesse assumere
forme politiche contro la Spagna. Campanella riuscì a scrivere un'autodifesa mentre
il suo avvocato pensava alla difesa tecnica. L'avvocato chiese il carcere perpetuo e
non la condanna a morte. I giudici rifiutarono confermando la pena capitale.
Campanella non vedendo scelta decise, il giorno di Pasqua, di fingersi pazzo
facendosi trovare in mezzo al fumo di un fuoco acceso in cella. Un'apposita norma
vietava la pena capitale ai pazzi perché non potendosi pentire delle loro colpe, la
responsabilità della condanna sarebbe ricaduta sui carcerieri. Per Campanella ciò fu
frutto di riflessione, anche personaggi biblici si finsero pazzi per salvarsi. Essendo
considerato pazzo la sua prigionia fu più dura ed era sorvegliato sempre; affermò di
non essersi fatto ammazzare per poter salvare le sue profezie. Finì di scrivere la sua
difesa e la consegnò a degli amici che la riscrissero. In queste dichiarazioni osservò
che nell'antichità coloro che furono accusati di lesa maestà non furono uccisi e
perciò si discolpava. Affermò che non poteva sottrarre il regno dato che né la
Turchia né la Francia ci riuscirono. Anche la sua condizione fisica (era quasi cieco e
paralizzato), non gli permetteva di partecipare a queste imprese. Disse che era in
favore degli Asburgo da sempre e che se si combattevano gli eccessi non era per
colpa del Re, ma dei funzionari. Affermò che alla chiese toccava il compito di dar vita
ad una nuova età d'oro.
La seconda defensione si divideva in 15 punti. Lì, menzionava testi profetici e i fatti
naturali che avevano ispirato la sua predicazione. Disse che ogni antica civiltà si
affidava ai profeti. Nel vecchio e nel nuovo testamento le profezie erano il dono
spirituale più alto. La nascita di uno stato ecumenico avrebbe eliminato tutte le
signorie e fondato uno stato sacerdotale sottoposto all'autorità del Papa. Vedeva la
chiesa come una moderna Babilonia che aspettava un cambiamento e vedeva nel
Re di Spagna il liberatore scelto da Dio. C'era una profezia dell'impero Ottomano
diviso in due; la formazione di una repubblica sacerdotale avrebbe spinto gli islamici
a convertirsi. Campanella quindi difendeva la sua azione di predicatore sostenendo
di essersi ispirato da ciò che disse San Paolo.
Negli ultimi tre articoli Campanella riprendeva il tema della fine del mondo,
avvalorata dalla presenza di molti anticristi come Lutero. Inoltre ricordava che nei
settenari e i novenari si verificasse eventi straordinari e poiché il 1600 era composto
da settimo e nono centenario doveva quindi esserci una mutazione di stato.
Nell'aprile del 1600 Papa Clemente VIII nominò la commissione preposta a giudicare
i congiurati. Il 17 maggio iniziò a Napoli il processo per eresia, sotto la direzione del
tribunale del Santo Uffizio di Roma. Dato che Campanella continuava a fingersi
pazzo fu chiesto di torturarlo per vedere se mentiva. Quando fu torturato continuò a
fingere e lo stesso giorno furono interrogati suo padre e suo fratello. Tutti e due
dissero di non aver mai sentito Tommaso dire eresie e che hanno assistito ad
incontri trai frati domenicani. Cercarono quindi di salvare Tommaso dalle accuse di
venalità. Due giorni dopo Campanella fu nuovamente torturato. Il procuratore fiscale
della curia arcivescovile di Napoli presentò al tribunale venti articoli contro Tommaso
dove sottolineò l'ateismo e le eresie sostenute dal frate. Campanella fu anche
accusato di negromanzia. Ad accusarlo pesantemente fu un domenicano, parlando
di una discussione sull'esistenza di Dio.
La follia di Campanella fu sostenuta da due medici. Il 31 maggio del 1601 però,
venne richiesta un nuovo accertamento della sua pazzia.
Dopo la consegna della prima e seconda difenzione venne privato dal sonno per 40
ore e torturato. Tommaso superò queste torture e per via delle ossa rotte rimase
fermo per sei mesi. Campanella passò questi mesi confortato da una possibile
libertà. Colpirlo significava colpire il settore di studi originale e il pensiero scientifico
meridionale. Il Sant'Uffizio aveva inserito la previsione di Tommaso nello schema
demoniaco. Molti contadini venuti a Napoli avevano queste credenze magiche e per
questo fu difficile questa opera "purificatrice" da parte della chiesa. Solo dopo alcuni
processi contro contadini, vagabondi, preti ci riuscì. Anche un vescovo fu
condannato per aver mandato dei suoi familiari da un mago.
Il 2 agosto fu perquisita la cella di Campanella e fu sequestrato un piccolo codice.
Nonostante aver superato le torture a Roma ancora si pensava fingesse.
Il conflitto giurisdizionale tra giustizia civile e ecclesiastica continuò per tutto il
periodo dopo l'ultima tortura. Secondo il Re la lesa maestà era più grave dell’eresia.
Il Papa, ritenendo finta la pazzia di Tommaso, volle interrogatori più stringenti di
alcuni testimoni e che si valutassero con molta attenzione i risultati dell'indagine
condotta in Spagna che aveva istituito il processo ecclesiastico contro i ribelli,
celebrato in Calabria. Tutto ciò rallentò l'iter del processo, la cui sentenza nel 1602
ancora non era stata emessa. Alla fine di novembre 1602 si comunicava alla
presenza del Papa che: Campanella doveva essere condannato alle carceri del
Santo Uffizio senza speranza di essere liberato. All'inizio del 1603 le disposizioni
romane ancora non furono eseguite, solo nel marzo 1603 si attuarono. Si concluse
dopo tre anni il processo per eresia, tutti gli interrogatori vedevano in Campanella il
vero artefice della riforma religiosa. Le cause contro gli altri frati si arrestarono. Il
processo di sedizione del tribunale regio continuò per altri anni. Numerose pene
prevedevano lunghi anni di carcere. Il processo si concentrò sulla sentenza di
condanna emessa a carico di Tommaso, perché capo della rivolta. Si confermava
che questa rivolta avvenne veramente e che aveva assunto precisi connotati politici
e antispagnoli. Non furono emesse nuove condanne a morte. Il desiderio di togliere il
malgoverno spagnolo rimase comunque vivo in tutte le persone.

CAPITOLO 4

Segregato nel torrione, la monaca di casa gli procurava manoscritti e libri. Riprese a
scrivere solo dopo che capì che la prigionia era un segno divino perché anche ad
altre grandi persone accadde lo stesso dopo aver detto eresie. Richiamò il caso di
Socrate, disse che queste punizioni portano gli altri uomini ad amarli ma a farsi
odiare dai potenti. Campanella disse che la libertà era il valore assoluto della ricerca
filosofica, è qualcosa che l'uomo ha per natura. Tommaso scrisse nel 1598
Monarchia di Spagna anche se poteva essere stata scritta nella seconda metà del
1600. Questo libro ottenne molta fama in Europa soprattutto nei Paesi Bassi dove
c'era una lotta per l'indipendenza contro la Spagna. Sembrava realistico il tema della
realizzazione di un impero universale. A Venezia e a Padova dopo la battaglia di
Lepanto nacque una corrente politico-culturale filoispanica. Campanella evidenzia
come la supremazia spagnola in Italia è possibile perché gli stati italiani sono deboli
e non possono mettere fine al potere spagnolo nella penisola. Gli stati italiani
accettavano gli spagnoli solo per paura dell'Impero Ottomano. Il Papa per realizzare
un impero universale aveva bisogno degli spagnoli. I francesi erano appoggiati dagli
italiani ma ultimamente avevano poca importanza. Le guerre tra Spagna e Francia
per l'Italia avevano portato ad un'espansione dei turchi nei Balcani, in Asia e in
Africa. Secondo Campanella il ruole della Spagna doveva essere controllato dal
Papa. In questo periodo si inizia a pensare che la congiura sia stata inventata e
Tommaso lo afferma in un libro. Fu scritto successivamente alla perdita di alcune
carte processuali del 1599, proprio per questo Campanella scrisse ciò. Nella
"Monarchia" mise a confronto l'impero spagnolo e quello ottomano. Quello ottomano
era definito da Campanella un impero continentale e quindi non abbastanza forte per
sovrastare la Spagna sul mare. Gli ottomani avevano un solo signore al potere e gli
altri erano servi. Una possibile antagonista spagnola era la Gran Bretagna. Secondo
Tommaso nel sud andava rafforzato il sistema doganale, investire nell'agricoltura e
consolidare la flotta militare. Per Campanella il politico saggio doveva consolidare la
trama dei legami su tre livello: animo, corpo e fortuna. Nell'ultima parte del libro
prendeva in esame la guerra contro l'Olanda, affermava che la sua perdita è per
l'errata politica spagnola. Campanella riteneva inscindibile il legame politica e
religione; non capiva perché era accusato di duplice delitto se secondo lui, Re e
Papa lavoravano insieme. La monarchia diventava una prova della sua innocenza.
Campanella criticava Machiavelli nonostante riproponesse i suoi più estremi
suggerimenti, inoltre erano molti i rimandi nella "Monarchia" alle opere del fiorentino,
per quanto riguarda la conquista e il mantenimento dello stato, ai principii di
prudenza ed anche alcuni termini erano gli stessi. Il re doveva diventare amico del
popolo, doveva regnare per il bene della comunità. Per Machiavelli e Campanella la
politica, che è volontà di potenza, riveste un ruolo centrale.
In un libro Campanella fece ricorso ad una serie di testi per provare la legittimità dei
suoi riferimenti all'avvento di una nuova epoca. Scrisse gli "Aforismi politici" dove si
avvertivano le idee machiavelliane e anche quelle profetiche. Affermava che la
comunità più naturale è ispirata dal principio del bene comune. La migliore
repubblica invece è fondata sulla ragione. Nella "Città del Sole" si trasferiva il suo
disegno rivoluzionario in chiave filosofica. Lo scrive perché è insoddisfatto nei
confronti della società. Campanella mette come sfondo la Calabria del XVI e XVII
secolo. Era un dialogo tra Colombo (Nuovo Mondo) e un cavaliere dell'ordine di
Malta (Vecchio Mondo). Nella "Città del Sole" il potere era retto dai filosofi e c'era un
regime piramidale. Sole esercitava il potere religioso e civile con l'aiuto di tre principi:
Pon, Sin, Mor. Il governo poggiava sui consigli, non c'era la famiglia e si apparteneva
alle comunità. Il cristianesimo era la più piena manifestazione della religione
naturale. L'uomo aveva il libero arbitrio.
Con questo libro Campanella voleva continuare a dare nuova linfa all'ispirazione di
un rinnovamento politico e religioso, alla base della rivolta.
Campanella riprese a scrivere poesie per dare forza agli altri congiurati, esaltando le
loro imprese. Il tema prediletto di Campanella era la liberazione dell'Italia, mostrava
lo strapotere del sovrano e la follia del mondo. Tommaso si riferiva ai congiurati
definendoli spiriti eletti. L'accusa più spietata Campanella la fece all'avvocato fiscale.
Affermava che andava eliminata la tirannia di Filippo III e non l'impero asburgico.
Nei primi tre decenni del 1600 in Calabria ci furono episodi di banditismo e lotta
contro il malgoverno. Ci fu l'imposizione di nuove gabelle. Iniziò l'instaurazione di un
equilibrio tra corona e feudalità, ma venne successivamente messo in crisi dai moti
di Masaniello. La Calabria venne "rifeudalizzata" diventando una regione
sottopopolata. Ci fu un impoverimento delle università e il fenomeno del banditismo
peggiorò. Nel 1638 ci fu un'alleanza con i turchi e la popolazione fu sottoposta a
gravose imposizioni. Ci furono molti contrasti tra diocesi e università ed inoltre anche
crisi nelle campagne. Il Viceré fece delle proibizioni ma non furono sufficienti, aveva
anche comunicato a Madrid di aver risolto la situazione. Secondo Campanella fu la
pressione fiscale a far spopolare le campagne. Per i problemi finanziari le università
avevano iniziato a conservare i cereali e a vendere il pane. Le speculazioni dei
mercanti e usurai, che avevano come obiettivo l'arricchimento, erano le cause della
carestia per Campanella. Inoltre sempre per Tommaso anche i falsari di monete
dovevano ricevere severe punizioni.
Quando Tommaso iniziò a parlare con il segretario del Viceré, le sue speranze per
un'imminente libertà aumentarono. Nel 1608 finirono data la morte del segretario.
Campanella provò a mostrare al Papa come, dopo un'analisi introspettiva, avesse
cambiato idea, rinnegando il programma e l'impegno rivoluzionario. Però, fu
accusato da un compagno di cella di essere un negromante e che negasse la trinità.
Quando Campanella venne trasferito nel carcere di Castel dell'Ovo, pensava di
essere scarcerato da lì a poco ma fu controllato maggiormente. Gli furono ritirati tutti
gli scritti presenti nella cella.
Secondo lo stilese il pontefici ideale doveva essere un uomo di lettere, di costumi e
di santità. Ma soprattutto doveva essere indipendente dalla politica francese e
spagnola. I vescovi, invece, dovevano essere dotti in tutte le scienze. Campanella
vedeva nella chiesa l'unica istituzione in grado di unificare il genere umano e poteva
impedire lo scoppio di una guerra tra le potenze europee.
Tommaso conobbe Adami, un luterano tedesco che pubblicò alcuni suoi scritti.
Inoltre provò ad aiutarlo nella scarcerazione ma non ci riuscì perché Tommaso
Costo in un'opera accusava Campanella.
Nel 1610 salì al potere un nuovo Viceré, il suo scopo era quello di risanare
l'economia. Ciò che fece fu eliminare alcune tasse e non impone altre. Grazie ad
alcuni scritti sull'economia, Campanella ebbe molta rilevanza nel dibattito economico
e commerciale. Con il Viceré successivo ci fu una riforma monetaria e convocò
Campanella dato che le loro idee politiche coincidevano.
Campanella fu nuovamente trasferito nel carcere di Castelnovo e lì riuscì a
comunicare con il suo amico Galileo. Di Galileo Campanella ne lesse le opere ma
non si convertì mai alla nuova astronomia; scrisse anche un'opera in difesa
dell'amico.
Tommaso scrisse molte lettere al Papa, poco dopo Ambrogio Cordova divenne
Vescovo di Tropea e Campanella chiese nuovamente la scarcerazione. Il 15 maggio
si deliberò la scarcerazione con una cauzione di due mila ducati che vennero pagati
dal padre e alcuni suoi sostenitori. Una settimana dopo, nel 1625, uscì di prigione e
ciò venne comunicato a Roma. L'inquisizione quindi lo incarcerò.

CAPITOLO 5

Il Papa Urbano VIII riformò il clero e venne dato un nuovo slancio ai seminari. Venne
anche potenziato il tribunale dell'Inquisizione. Urbano VIII era un amante delle lettere
e un colto umanista; grazie a lui Roma diventò cosmopolita. Il Papa permise a
Campanella un cambio di cella ed inoltre gli fu concesso di celebrare le messe. Solo
nel 1629 venne scarcerato e gli furono restituiti tutti i libri sequestrati.
Iniziò un'amicizia tra Urbano e Campanella dato che il Papa frequentava indovini e
aveva grande fiducia nella lettura degli astri di Tommaso. Però, dopo la
pubblicazione di alcuni scritti di Campanella riferiti al Papa, Urbano gli tolse la
nomina di Consultore del Santo Uffizio. Il rapporto si aggravò ancora di più dopo che
Campanella difese il suo amico Galileo nel suo secondo processo.
Campanella, dopo aver iniziato a frequentare le ambasciate francesi a Roma, passò
al partito filofrancese. Quando salì il cardinale Richelieu la Francia divenne una
potenza e Tommaso iniziò a militare nel partito francese attivo a Roma.
Ci fu una pubblicazione tardia di un'opera di Campanella nel quale parlava
dell'azione politica spagnola in America. Campanella difendeva la conquista
spagnola perché la vedeva giusta da un punto di vista biblico. Criticò però la
violenza usata dallo stato spagnolo.
Nel Regno di Napoli un frate, discepolo di Campanella, organizzò una congiura
contro il Viceré e i suoi ministri. Il frate fu torturato e condannato a morte, ma per
questa congiura Campanella divenne un ricercato dagli spagnoli. Campanella quindi
scappò, sotto falso nome e con dei passaporti forniti dal Papa, in Francia. Fuggì a
Livorno e da lì si imbarcò per la Francia nel 1634. Raggiunse Marsiglia,
successivamente Lione e poi arrivò a Parigi.

CAPITOLO 6

Campanella trovò rifugio nel convento domenicano dell'Annunziata e fu ricevuto da


Richelieu. In una lettera, Mazzarino scrisse che Campanella era sottoposto ad una
stretta sorveglianza. Luigi XIII gli assegnò una pensione, ma non gli fu mai data per
via la crisi economica. Campanella scrisse un libro sulla decadenza Spagnola
dicendo che una delle cause della crisi sono i troppi abitanti della Castilla, ma anche
la concessione all'Olanda di spingersi verso l'America e la pesante politica fiscale.
Campanella fu invitato alla Sorbonne e scrisse, nel periodo francese, alcuni opuscoli
che sollecitavano i francesi a combattere contro gli spagnoli. Scrisse "Monarchia di
Francia" dove mise a confronto la Francia con la Spagna. Mandò anche lettere a
Genova, nel ducato di Savoia e in Toscana per invitarli ad allontanarsi dalla Spagna.
Il 21 maggio 1639 Campanella morì e fu sepolto nel convento dell'Annunziata, che
venne successivamente abbattuto con la restaurazione.

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