Caro collega,
mi permetto di scriverTi a seguito di tue dichiarazioni sulla stampa nazionale, per chiarezza
e non per polemica, in attesa di un possibile contraddittorio. Premetto che da clinico sono convinto che la scienza
è democratica, l’evoluzione delle conoscenze ci ha spesso indotto a modificare i nostri paradigmi, ma che scienza
e ricerca non sono riducibili a un atteggiamento di “tifoseria”. Richiedono impegno, lavoro, cautela, modelli e la
possibilità di processi riproducibili per divenire gold standard e riconosciute indicazioni terapeutiche, sempre e
comunque possibili di revisione.
Nello specifico, la terapia con plasma iperimmune è una pratica nota da oltre cent’anni usata recentemente anche
per altre infezioni emergenti ma, come tale, si è verificato non poter essere responsiva a tutte le esigenze e
condizioni cliniche e richiede di essere affinata. Ha un suo valore nell’emergenzialità, in mancanza di altre strategie
o in attesa di studi ed evoluzioni della ricerca. Pertanto, non mi sono mai opposto, né avanzato critiche all’utilizzo
di tale metodica “sperimentale” per il trattamento di pazienti affetti da grave sindrome ARDS in infezione da SARS
COV 2 né alla conservazione del plasma, ma continuo a considerarla una terapia temporanea e non definitiva.
Semmai pongo il tema di renderla fruibile ora e in futuro per i pazienti, tutti i pazienti. Indipendentemente dalla
compatibilità di gruppo, o dai tempi di conservazione del plasma e dell’eventuale ricomparsa dell’epidemia. Con
una finalità terapeutica, ma anche come profilassi o terapia di supporto, ad esempio in pazienti con
immunodeficienze primitive od acquisite, trapiantati, pazienti oncologici. Pensi sia possibile somministrare plasma
iperimmune a tutti questi pazienti? O non sia più utile e clinicamente corretto, ricercare quale tra le
immunoglobuline o proteine infiammatorie presenti nel plasma dei soggetti convalescenti risultino terapeutiche,
purificarle e renderle somministrabili in forma farmaceutica e standardizzabile come per le altre immunoglobuline?
Ad oggi, risulta ancora non completamente efficiente il test per la titolazione comunemente usato in laboratorio, le
condizioni cliniche e gli standard richiesti a chi dona stringenti e non tutti i convalescenti hanno un titolo adeguato
di anticorpi neutralizzanti per essere arruolati.
Parimenti per quanto riguarda l’AVIS, la raccolta e i donatori. La generosità e disponibilità dei nostri associati è
massima e il tema della donazione di plasma e la produzione di plasmaderivati continua a rimanere strategico per
il Sistema Sanitario e il Sistema Italia verso quella che da tanto tempo auspichiamo e riteniamo raggiungibile:
l’autosufficienza. Con una produzione etica, in conto lavorazione a proprietà pubblica che possa estrarre dal
plasma dei donatori tutte le proteine e le sostanze farmacologicamente utili ai pazienti. Ma per fare questo, a
Ma come ben sai non tutti i Centri sono organizzati alla titolazione e al trattamento di inattivazione del plasma
prima della trasfusione e fortunatamente l’incidenza in Italia della malattia è rimasta circoscritta ad alcune
regioni e provincie in particolare. Inoltre l’AVIS si occupa della raccolta secondo indicazioni di Legge e non di
strategie o indicazioni terapeutiche.
In conclusione, reciproco rispetto per l’impegno di ciascuno nella propria responsabilità, cautela nell’attesa degli
esiti della ricerca e nelle possibilità di applicazione clinica, massima attenzione ai messaggi che offriamo per
non anticipare aspettative o forvianti promesse nella pubblica opinione e su temi emozionali.
A disposizione.
Cordialmente