ISBN: 9788874528738
su Libreria Nottetempo
I nodi al pettine
Chi se ne cura?
La forza dell’evento
Nella crisi pandemica, e in particolare durante i mesi del lockdown, è però
successo anche qualcos’altro. Se, come sostiene Joan Tronto, la cura non è
piú “di casa” nelle nostre società, si può dire che in questi mesi sia tornata
“a casa”4. Nessuno ha potuto chiamarsi interamente fuori da una situazione
che ha richiesto a tutti di assumersi una responsabilità, per se stessi e per le
persone con cui si condivide un’abitazione, un condominio, un quartiere, una
città. La cura si è affacciata alla coscienza come problema collettivo, non
piú questione residuale e pratica invisibile e svalutata – come problema che
riguarda ogni essere umano, per quanto adulto e privo di patologie
invalidanti, e non solo categorie di soggetti “dipendenti” o “fragili”.
Nella pandemia siamo tutte e tutti vulnerabili, perché in relazione con gli
altri e dipendenti dagli altri. E siamo tutte e tutti responsabili. Responsabili
per gli altri. Ma questo apprendimento apre a una possibile consapevolezza
che va al di là della situazione eccezionale che stiamo vivendo.
“Pensare la responsabilità (responsabilità per)”, scrive Elena Pulcini,
richiede
[…] di pensare un soggetto in grado di correggere le patologie prometeiche e narcisistiche in
quanto consapevole della propria vulnerabilità e dipendenza; capace di farsi carico dell’altro
proprio in quanto è egli stesso esposto all’altro ed è incapace di dare pienamente e sovranamente
conto di sé: un soggetto che si riconosce come parte di una rete di vincoli e di reciproche
connessioni che lo costituiscono, appunto, come soggetto in relazione5.
Abbiamo parlato fin qui di cura senza soffermarci sul significato di una
parola che in italiano è gravata da non poche ambivalenze. Quando si parla
di lavoro di cura si intende normalmente, in senso stretto, il lavoro che
risponde ai bisogni delle persone non autosufficienti: bambini, anziani,
disabili, malati. Spesso, inoltre, la parola cura rimanda all’idea
dell’accudimento, innanzitutto materno. Tanto che proporre la cura come
categoria per ripensare la politica porta con sé un rischio non banale di
fraintendimento: si sta forse facendo appello a un modello di Stato che si
comporti verso i cittadini come una madre verso i suoi figli?
In inglese la parola care contiene i significati di cui stiamo parlando –
quelli che rimandano alle cure prestate dal sistema sanitario, dai servizi
sociali o dalle famiglie – ma si presta a una pluralità di altre traduzioni
possibili, che includono l’attenzione e la preoccupazione per gli altri, e
l’avere qualcosa a cuore, tenere a qualcosa o qualcuno. Questa maggiore
ampiezza semantica – che induce alcune autrici a non tradurre la parola in
italiano, per non rischiare la sua riduzione al solo significato medico e
sociale – è ben espressa da Joan Tronto, studiosa di riferimento per la teoria
politica della cura.
Quali attività comprende il care? Di chi e che cosa dobbiamo prenderci
cura? “Nel senso piú generale”, scrive Tronto,
[…] la cura è un’attività della specie che comprende tutto ciò che facciamo per mantenere,
perpetuare e riparare il nostro mondo in modo da poterci vivere al meglio. Questo mondo include
il nostro corpo, il nostro io e il nostro ambiente, che cerchiamo di intrecciare in una rete
complessa e vitale12.
Curare la democrazia
1
Ida Dominijanni, “L’io alterato”, su #ViaDogana3, 25/5/2020:
http://www.libreriadelledonne.it/puntodivista/lio-alterato
2
Nancy Fraser, La fine della cura. Le contraddizioni sociali del capitalismo contemporaneo, trad.
it. di L. Mazzone, Mimesis, Milano 2017.
3
Brunella Casalini, “Care e riproduzione sociale. Il rimosso della politica e dell’economia”, su Bollettino
telematico di filosofia politica, 2016: https://archiviomarini.sp.unipi.it/676/
4
Joan C. Tronto, Caring Democracy: Markets, Equality, and Justice, New York University Press,
New York 2013.
5
Elena Pulcini, La cura del mondo. Paura e responsabilità nell’età globale, Bollati Boringhieri,
Torino 2009, p. 251.
6
Martha Fineman, Autonomy Myth: A Theory of Dependency, The New Press, New York 2005.
7
Wendy Brown, Undoing the Demos: Neoliberalism’s Stealth Revolution, Zone Books, Cambridge
MA 2015.
8
Judith Butler, Vite precarie. I poteri del lutto e della violenza, a cura di O. Guaraldo, Postmedia
Books, Milano 2013.
9
Elena Pulcini, La cura del mondo, cit., p. 248.
10
Ivi, p. 19.
11
Roberto Esposito, “Che cosa vuole davvero dire la parola ‘immunità’”, in la Repubblica, 24/5/2020.
Di Esposito si veda: Immunitas. Protezione e negazione della vita, Einaudi, Torino 2015.
12
Joan C. Tronto, Who Cares?: How to Reshape a Democratic Politics, Cornell University Press,
Ithaca NY 2015, p. 3.
13
In un significato simile, sufficientemente ampio da abbracciare l’intera “dimensione del buon vivere”,
la cura è stata pensata in Italia dalle femministe del Gruppo del mercoledí in La cura del vivere,
supplemento a Leggendaria, nº 89, settembre 2011. Si veda anche l’uso della nozione di cura nel senso
piú ampio come chiave di trasformazione dell’economia in Ina Praetorius, L’economia è cura, trad. it.
di A. Maestro, Altreconomia, Milano 2019.
14
Nancy Fraser, “La lotta sui bisogni: traccia per una teoria critica socialista e femminista della cultura
politica del tardo capitalismo”, in Ead., Fortune del femminismo, trad. it. di A. Curcio, Ombre Corte,
Verona 2014.
15
Joan C. Tronto, Caring Democracy, cit.
16
Joan C. Tronto, Who Cares?, cit., p. 8.
17
“Verso una democrazia della cura”, su inGenere, 2/4/2020: http://www.ingenere.it/articoli/verso-una-
democrazia-della-cura
18
“Covid-19 presents stark choices between life, death and the economy”, su The Economist, 2/4/2020:
https://www.economist.com/leaders/2020/04/02/covid-19-presents-stark-choices-between-lifedeath-and-
the-economy
19
Wendy Brown, Undoing the Demos, cit.
20
Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, trad. it. di A. Guadagnin, Einaudi, Torino 2004.
21
Paul B. Preciado, “Le lezioni del virus”, su Internazionale, 9/5/2020:
https://www.internazionale.it/opinione/paul-preciado/2020/05/09/lezioni-virus