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Kant distingue i "principi pratici " che regolano la nostra condotta in "massime" e "imperativi".
La massima è di valore puramente soggettivo, valida solamente per l'individuo che l'adotta, senza
pretese di universalità (ad esempio, può essere una massima quella di alzarsi presto al mattino per
fare ginnastica).
L'imperativo è di valore oggettivo ed universale, in quanto si pone nei termini di un comando
valido per chiunque. Gli imperativi si scindono a loro volta in ipotetici e categorici.
Gli imperativi ipotetici prescrivono dei mezzi in vista di fini ipoteticamente accettati ed hanno la
forma del "se ... devi" (ad esempio: se vuoi conseguire buoni risultati scolastici devi impegnarti in
modo costante). Questo tipo di imperativi si specificano a loro volta in "regole", che espongono le
norme tecniche per raggiungere un determinato scopo (ad esempio le varie procedure per
divenire un buon medico), e in consigli della prudenza, che forniscono i mezzi per ottenere ciò a
cui tutti gli uomini per necessità tendono: il benessere fisico ed esistenziale (ad esempio, i vari
"manuali" della salute e della felicità).
Gli imperativi categorici ordinano invece il dovere in modo incondizionato e hanno la forma del
del "devi" puro e semplice. Ora, essendo la morale strutturalmente incondizionata, e quindi
universale e necessaria, risulta evidente che gli imperativi ipotetici non potranno certo essere,
loro, la legge etica. Inoltre, essi non sono veramente universali e necessari, in quanto subordinati
all'accettazione di scopi particolari, che variano a seconda delle persone e dei tempi. Per cui, solo
gli imperativi categorici, che ordinano un "devi" assoluto, e quindi universale, hanno in sé i
contrassegni della moralità.
Ma se la legge etica prende la forma di un imperativo categorico, che cosa comanda, in concreto,
quest'ultimo? Kant risponde che la ragione morale comanda se stessa, e presenta tre formulazioni
interconnesse dell'imperativo categorico. La prima formula: quando agisci tieni sempre presente
gli altri e ricordati che un comportamento risulta morale solo se, la sua massima appare
universalizzabile. Ad esempio, chi mente compie sempre un atto immorale, poiché qualora venisse
universalizzata la massima dell'inganno i rapporti umani diventerebbero impossibili.
"Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te". La seconda formula: rispetta la dignità
umana che è in te e negli altri, evitando di strumentalizzare il prossimo o di ridurre te medesimo a
oggetto del tuo egoismo e delle tue passioni. La terza formula ripete, in parte, la prima. Tuttavia,
quest'ultima sottolinea particolarmente la volontà, chiarendo come il comando morale fa sì che
noi, sottomettendoci alla volontà, non facciamo che obbedire a noi stessi, tant'è vero che nel
"regno dei fini", precisa Kant, ognuno è suddito e legislatore al tempo stesso.
Idealismo
Idealismo
I contemporanei e i successori
di Kant lo accusano di
dualismo , ciò la
contrapposizione di fenomeno
e
noumeno .
Il noumeno viene considerato da
Kant come cosa in sé che
costituisce il fondamento del
fenomeno e realtà
trascendente a cui la ragione
aspira , oggetto di fede e non
di conoscenza . Il noumeno
tuttavia è
inconoscibile , la conclusione
di Kant è l’agnosticismo che
si rileva contraddittorio perché
: Non si può
affermare che la cosa in sé non
sia conoscibile e che è allo stesso
tempo il fondamento del
fenomeno . Non
si può negare la conoscenza della
realtà trascendente e realizzare
con essa la vita morale
dell’uomo.
Gli idealisti sono , quindi , quei
filosofi che vogliono superare il
dualismo kantiano e inserire il
noumeno
all’interno dell’attività
conoscitiva.
Con il termine idealismo si
possono intendere tutte quelle
dottrine come il platonismo e il
cristianesimo che
privilegiano la dimensione ideale
rispetto a quella materiale. In
realtà in filosofia il termine viene
utilizzato
principalmente per indicare:
I contemporanei e i successori di Kant lo accusano di dualismo, ciò la contrapposizione di
fenomeno e noumeno. Il noumeno viene considerato da Kant come cosa in sé che costituisce il
fondamento del fenomeno e realtà a cui la ragione aspira. Il noumeno tuttavia è
inconoscibile, la conclusione di Kant è l'agnosticismo che si rileva contraddittorio perché: Non si
può affermare che la cosa in sé non sia conoscibile e che è allo stesso tempo il fondamento del
fenomeno. Gli idealisti sono, quindi, quei filosofi che vogliono superare il dualismo kantiano e
inserire il noumeno all'interno dell'attività conoscitiva.
Con il termine idealismo, in filosofia il termine viene utilizzato per indicare:
- L'idealismo gnoseologico: quelle posizioni di pensiero che riducono l'oggetto della
conoscenza a idea
- L'idealismo assoluto: corrente filosofica fondata da Fichte e Schelling che viene chiamato
"trascendentale" perché Io penso è il principio fondamentale della conoscenza,
"soggettivo" e "assoluto", nel senso che al di fuori di esso non c'è nulla. Tutto è Io, tutto è
pensiero