Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
L’ONOMASTICA
DELL’ITALIA ANTICA
ASPETTI LINGUISTICI, STORICI, CULTURALI,
TIPOLOGICI E CLASSIFICATORI
.
I testi qui raccolti costituiscono gli atti del convegno organizzato
a Roma, il 13-16 novembre 2002, dall’École française de Rome,
l’Università di Roma 2 «Tor Vergata» e l’Institutum Romanum
Finlandiae
.
PAOLO POCCETTI
INTRODUZIONE
.
2 PAOLO POCCETTI
.
INTRODUZIONE 3
Paolo POCCETTI
.
MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
NOTE DI TOPONOMASTICA
DEGLI INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA*
.
8 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
1. «Isola» e «Capo»
5
Lipiński 1992, s.v. Toponymie, p. 465-466 (Sources phéniciennes).
6
Ultime trattazioni : Ahlström 1991, p. 41-50; Zuckermann 1991, p. 269-302;
Shea 1991, p. 241-245; Frendo 1996-1997, p. 8-11.
7
Cf. in particolare Poccetti 1996, p. 37-73.
8
Lipiński 1992, s.v. Baal-râsh/rôsh, p. 60, con citazione di Lipiński 1971;
Elayi 1981, p. 331-341.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 9
gliari (KAI 64 = ICO Sard. 23) e più volte analizzato. Corrisponde al-
l’attuale «Isola di S. Pietro» nella Sardegna di Sud-Ovest e significa
«isola degli sparvieri»; il toponimo è trascritto come Enosim da Pli-
nio (Nat. Hist. III, 7, 84), mentre è tradotto alla lettera da Tolomeo
come Hierakōn nēsos (III, 3), mostrando così che il suo significato
era ben chiaro ancora al tempo del geografo. Ciò dimostra un con-
tatto saldamente stabilito tra elemento greco ed elemento fenicio, al-
meno per quanto concerne questo insediamento e almeno dal perio-
do ellenistico.
È formato sullo stesso schema }YRNM, il nome fenicio – di si-
gnificato discusso – dell’attuale Pantelleria, chiamata in greco Cos-
sura. }YRNM ci è tramandato da legende di monete 9 dell’isola non
precedenti il III secolo a.C. ; inoltre, dall’iscrizione CIS I, 265, una
dedica dal tofet di Cartagine (III-prima metà II secolo a.C.) dove il
dedicante «appartiene al ‘popolo’ di YRNM» [sic! grafia tarda]10).
Mentre l’elemento }Y significa certo «isola», sul significato del
complemento di specificazione non c’è piena concordia. M. Sznycer,
in base a un passo di Giobbe, dove si tratta di renānı̄m (39 : 13)11,
suppone che il nome significhi «isola degli struzzi»; tuttavia è diffi-
cile pensare che a Pantelleria vivessero questi uccelli, tanto da carat-
terizzarla. In maniera più verosimile, G. Levi Della Vida ha suppo-
sto che questi RNM di Pantelleria fossero degli uccelli «starnazzato-
ri»12, in base al significato della radice ebraica RNH/RNN.
b) «Inarim» (= Aenaria = Pithekoussa) è in rapporto con un no-
me semitico? Accenno qui brevemente – perché si è proposto un le-
game possibile tra Inarim/Aenaria/Pithekoussa e un toponimo o gen-
ti semitiche nord-occidentali – all’intricata questione del nome anti-
co di Ischia13, «isola delle scimmie» («isola dei pithoi» secondo Plin.
Nat. Hist. III, 6, 8)14, sulla base anche di un eventuale nome etrusco
arimos che, secondo alcune glosse, avrebbe designato appunto le
scimmie15. Le due varianti del nome latino, Inarim e Aenaria, sono
state poi connesse, secondo punti di vista diversi, con l’Oriente semi-
tico : Inarim, usato in fonti poetiche, è messo in rapporto con l’even-
tuale localizzazione ad Ischia del paese degli Arimoi citato da Omero
(Iliade II, 783) e da Esiodo (Teogonia, 304-305), genti che – a loro
9
Cf. Manfredi 1995, p. 108-109; 205; 326.
10
Sulla caduta di alef, cf. Friedrich – Röllig – Amadasi Guzzo 1999, § 29b, d.
11
Cf. Sznycer 1977, p. 173.
12
Levi Della Vida 1963, p. 467, nota 8; cf. anche Manfredi 1995, p. 108.
13
Cf., da ultimo, Poccetti 1996, p. 55 (con bibliografia precedente), inoltre,
in particolare, il lavoro dello stesso Poccetti 1995.
14
Cito di nuovo i lavori fondamentali : Bonfante 1992, p. 283-284. Peruzzi
1992, p. 115-126; Gras 1994, p. 127-133.
15
Strabone XIII, 4, 6; Servio, Aen. IX, 712; Esichio, s.v. (v. Gras 1994, p. 128
e nota 10).
.
10 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
16
Su tutto il problema, cf. Poccetti 1995, p. 79-103 (sul nome «etrusco»,
p. 84-85).
17
Berthier – Charlier 1955, no 102, l. 5 = KAI 116. Cf. forse anche, con caduta
di alef e {ain, YRM in Berthier – Charlier 1955, no 113, 1 : il dedicante è B{L YRM
«cittadino di YRM».
18
Nel commento di Berthier – Charlier 1955, p. 84 si osserva che MQRML
deve essere formato dalla preposizione MN che indica la provenienza seguita da
un nome geografico. }Y{RM è messo in via di ipotesi in rapporto con il vocabolo
ebraico che significa «foresta», y{r (}Y{RM sarebbe «mis pour Y{RM»).
19
Cf. la nota 18 e Krahmalkov 2000, p. 212, s.v. Y{R I, che interpreta il nome
come «isola degli alberi, delle foreste» (}y+y{RM . }y{RM).
20
Pseudo Scilace descrive : «Dopo Utica si trova il promontorio Ippo e la cit-
tà omonima e presso la città c’è una palude e nella palude delle isole, e sulla costa
(e nelle isole) queste città : ... Pitecusa con un porto e dirimpetto ancora un’isola
e sull’isola la città di Eubea». Pitecussa sarebbe attualmente situata a Tabarka
(Tunisia), non quindi su un’isola (il testo di Scilace mi sembra tuttavia ambiguo),
mentre Euboia viene identificata con un’isoletta di fronte a Tabarka; cf. Pseudo-
Scilace 111, in Cordano 1992, p. 56.
21
Il nome sarebbe stranamente quello etrusco. Il nome delle «scimmie», non
noto in fenicio, è qōp in ebraico.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 11
c) R}Š «capo». Come per }Y-, anche i nomi di luogo formati con
R}Š «capo» sono seguiti da un complemento di specificazione di va-
rio tipo. L’unico toponimo eventuale formato da questo sostantivo è
R(})ŠMLQRT, noto da una serie di monete in argento dalla Sicilia e
da due dediche cartaginesi (CIS I, 264 e CIS I 3707), nelle quali i de-
dicanti si dicono «appartenenti al ‘popolo’ di Rōšmelqart» (}Š B{M
R}ŠMLQRT). Sulle monete R}Š è scritto spesso senza alef, una pro-
va, non la più antica, della caduta abbastanza precoce di questa la-
ringale nella pronuncia (v. nota 10). Non è il caso di riferire ancora
sul dibattito che vede opporre ai sostenitori (generalmente numi-
smatici) di una spiegazione di R(})ŠMLQRT come il nome di una
zecca cartaginese 23, a quelli che riferiscono l’espressione a un topo-
nimo di Sicilia, identificato con varie località, tra le quali, più di re-
cente, sembra prevalere Selinunte 24. Da parte mia, ho sempre soste-
nuto l’interpretazione toponomastica : di recente tuttavia, le consi-
derazioni numismatiche di L. Mildenberg, mi hanno indotto a
riconsiderare il problema e a domandarmi se – sulle monete – il so-
stantivo R(})Š «capo» non possa designare uno specifico «corpo» di
truppe scelte, che avrebbe preso il nome dal dio Melqart (l’espressio-
ne potrebbe tradursi «corpo (= compagnia o simili) di Melqart» 25.
2. «Luogo» e «Città»
22
Il paese di Aram (}RM) darebbe l’etnico Aramı̄ (}RMY; enfatico. }RMY}).
Inarim o Aenaria non possono cosi essere legati al nome «indigeno» degli Ara-
mei. Sulla ridimensionata presenza a Ischia di viaggiatori dalla Siria del Nord v.
Boardman 1994, p. 95-100.
23
Cf. Mildenberg 1993, p. 7-8; Mildenberg 1996, p. 259-272; Manfredi 1995,
p. 114-118.
24
Cf. Cutroni Tusa 1995, p. 235-239; inoltre Amadasi Guzzo 1997, p. 81-85.
25
Cf. Hoftijzer – Jongeling 1995, p. 1044, s. v. r}s1, n. 4 (moabitico).
26
Cf. Zucca 1985, p. 185-195; Garbini 1992, p. 181-187.
.
12 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
Tuttavia la piazza del mercato, cioè il foro, si chiama a Leptis Magna (cf;
28
Levi Della Vida – Amadasi Guzzo 1987, n. 26 (31), 2, p. 63) MHZ, un termine che
˙
è usato una volta in ebraico con il senso di «porto», che significa già «porto» in
ugaritico, e che invece, più tardi, in aramaico medio, significa «città», piazzafor-
te, «luogo di commercio». J. Teixidor ha proposto che questo stesso termine pos-
sa designare in origine, almeno in occidente, un tipo di insediamento paragona-
bile all’emporio greco. Non sappiamo peraltro se il concetto di emporio esistesse
in ambito fenicio.
29
Cf. quanto notato da Lo Schiavo 1997 (introduzione alla mostra, senza
n. di pagina); cf. inoltre, per un insediamento con sbocco sul mare, Bafico – Og-
giano – Ridgway – Garbini 1997, p. 45-53. Il più importante nuraghe della zona, il
Nuraghe Palmavera, sembra aver cessato di essere attivo nell’VIII secolo a.C.
(ibid., 45). Il nuraghe di S. Imbenia sembra aver avuto, invece, da questo periodo,
una funzione di emporion.
30
Oltre alla nota 3, cf. Swiggers 1989, p. 25-36 (soprattutto p. 32).
31
Solo a titolo di esempio, cf. Basoli 1997, p. 66-69; Maddau 1997, p. 70-75.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 13
plicato non solo alla più famosa Cartagine, la capitale africana, ma,
almeno dall’VIII secolo, a una città di Cipro (Limassol o Kition), ret-
ta da un governatore (SKN) di «Hiram re di Sidone» (CIS I 5 =
KAI 31), e, verosimilmente, ad almeno una città della Sardegna (ol-
tre alla Cartagena di Spagna).
In Sardegna QRTHDŠT è nominata su due iscrizioni, una da Ol-
bia (KAI 68 = ICO Sard. ˙ 34), l’altra da Tharros (ICO Sard. 32).
A quale centro spettasse il nome di Cartagine è una questione
aperta. A Olbia, nonostante una lacuna che precede l’espressione do-
ve è nominata QRTHDŠT, mi sembra verosimile che il dedicante
˙
fosse designato dall’espressione }Š B{M QRTHDŠT «che appartiene
al popolo, cioè alla cittadinanza, di Cartagine» ˙ 32 : si tratta di uno
straniero rispetto a Olbia, che dunque si chiamava diversamente 33.
Nell’iscrizione di Tharros, invece, la città nuova è nominata nella
formula di datazione, che ricorda i sufeti : «essendo sufeti in
QRTHDŠT X e Y». Tharros – che è il nome della città sul Capo
˙
S. Marco usato in iscrizioni latine, da autori classici e, infine, da
geografi antichi 34 – poteva quindi, nel III secolo a.C., chiamarsi Car-
tagine. Contro questa interpretazione, già sostenuta da G. Chiera 35,
E. Lipiński 36 ha contrapposto l’ipotesi che la datazione sopra citata
fosse effettuata riferendosi all’anno dei sufeti della capitale africa-
na : non ci sarebbe stato altrimenti bisogno di specificare che questi
magistrati erano in QRTHDŠT. Un confronto per la formula nota a
Tharros proviene, come già ˙ osservato 37, da Leptis Magna, dove l’uni-
ca iscrizione punica pervenuta ha la formula «essendo sufeti in Lep-
ci» (ŠPTM B}LPQY) 38. Proprio dalla Sardegna, inoltre – da Sulci –
proviene˙ una coppa in argento iscritta, che si conclude, ancora una
volta, con una formula di datazione : «essendo sufeti in Sulci»
(ŠPTM BSLKY) 39. La formula dell’iscrizione tharrense si può dun-
que,˙ con buona probabilità, applicare al centro dove il testo è stato
inciso, cioè alla città che ora chiamiamo Tharros.
32
Cf. Amadasi Guzzo 1992, p. 441. Diverse sono le integrazioni proposte da
Lipiński 1989, p. 67-73.
33
Per un’identificazione Olbia = QRTHDŠT cf. Chiera 1983, p. 177-181.
QRTHDŠT dell’iscrizione è invece da identificare ˙ con la città africana secondo
˙
Lipiński 1989, p. 67-73
34
Le attestazioni del toponimo Tharros (nelle varie ortografie) – il cui nume-
ro sempre plurale è sottolineato – e dell’aggettivo «tarrense» sono citate da Zucca
1984, p. 31-32; v. in particolare : Sall, Hist. II, 12, Ptol. III, 3, 2; Rav. IV, 411. (o V,
26), It. Ant. 84; CIL X, 7591, 8009.
35
Chiera 1982, p. 197-202.
36
Lipiński 1989, p. 67-73.
37
Amadasi Guzzo 1992, p. 444-445 : anche a Cartagine si poteva datare
usando la formula «essendo sufeti a Cartagine» (CIS I, 5632, l. 3).
38
Levi Della Vida – Amadasi Guzzo 1987, n. 31 [37], p. 74 (II secolo a.C.).
39
Garbini, in Bartoloni – Garbini 1999, p. 82-91.
.
14 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
Accettando l’ipotesi che nel III secolo a.C. questo abitato venisse
designato come QRTHDŠT, rimangono aperte altre due questioni. A
Sud di Tharros, sul ˙ golfo di Oristano, l’antico insediamento di
S. Maria de Nabui sembra aver conservato l’antico nome di Neapo-
lis 40, considerato come la possibile trasposizione greca di un origina-
rio QRTHDŠT 41. Vi erano allora forse due QRTHDŠT in Sardegna?
A questa ˙domanda non so rispondere, se non supponendo˙ uno slitta-
mento del nome antico verso Sud. In secondo luogo, come mai la
città detta Tharros (con varie ortografie) in età romana e poi tar-
doantica. è stata chiamata, in precedenza, con un nome del tutto di-
verso? è stata forse (in parte?) in periodo ancora punico rinnovata e
per questo chiamata «città nuova»?
c) QRTHDŠT e SR. La questione dell’identificazione Tharros =
QRTHDŠT induce˙ ˙ domanda di quale fosse il nome originario
alla
˙
del centro fenicio. A Tharros, sulla base della testimonianza di un’i-
scrizione, vi era un importante santuario del dio Melqart che riceve
l’appellativo di MLQRT {L SR «Melqart su SR/Tiro (?)» 42 ; lo stesso
˙
titolo il dio lo riceve in un’iscrizione ˙
da Cagliari 43
e su una lamina
di bronzo iscritta da Antas : nessuno dei tre documenti precede il
44
IV secolo. Il titolo che ha Melqart, {al hassūr, non trova ora un con-
˙ ˙ SR potrebbe intendersi
fronto in un’iscrizione da Ibiza 45. Il termine
come un nome comune «roccia» e il dio sarebbe ˙ chiamato «Mel-
qart che è sulla roccia», come pensa G. Garbini 46. Può essere, altri-
menti, un vero e proprio toponimo.
SR, nell’espressione analizzata qui, è sempre preceduto dall’arti-
colo,˙ il che farebbe ritenere che il vocabolo sia un nome comune.
Toponimi con l’articolo sono peraltro ben documentati in fenicio,
specialmente se provvisti di un significato, e sono presenti in Sarde-
40
Datole forse non in contrapposizione a Othoca (che potrebbe significare
«(città) vecchia»), ma in opposizione all’antico centro nuragico qui ora docu-
mentato; cf. Zucca 1997, p. 131-135.
41
Amadasi Guzzo 1968, p. 19-21. In seguito v. ad es. Zucca 1987; Moscati –
Zucca 1989.
42
ICO Sard. 32, linea 1 e Amadasi Guzzo 1992 a, p. 205-214. L’iscrizione, rot-
ta in alto a sinistra, non è stata letta completamente; vi si menzionano importanti
lavori di costruzione dedicati a questo dio.
43
Amadasi Guzzo 2002, p. 173-179.
44
Garbini 1997, p. 65 (Antas no 25).
45
Su due cippi bilingui considerati maltesi Melqart è detto B{L SR «Signore
˙
di Tiro» (cf. ICO Malta 1 e 1 bis; da ultime, con la storia del ritrovamento,
M. G. Amadasi Guzzo – M. P. Rossignani, in Amadasi Guzzo – Liverani – Mat-
thiae 2002, p. 20; altrimenti BSR «in Tiro», su uno scarabeo del V-IV secolo a.C.;
cf. da ultimi, Avigad – Sass 1997,˙ p. 268, n. 719 (con lettura MLQ/RT RSP) e bi-
bliografia precedente. Per l’iscrizione da Ibiza, v. Amadasi Guzzo 2007 ˙(con bi-
bliografia precedente).
46
Cit. alla nota 44.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 15
47
Cf. Friedrich – Röllig – Amadasi Guzzo 1999, § 297 I.
48
M. L. Wagner 1997, p. 154 e in maniera più dettagliata in Wagner 1954-55,
p. 79-82.
49
Frau 2002, 615-642.
50
Cf. Friedrich-Röllig-Amadasi Guzzo 1999, § 11, nota 4.
51
La questione è trattata in maniera rapida da Zucca 1984, p. 32, che conclu-
de «Il nome della città fenicia sarebbe derivato dal toponimo mediterraneo (sic!),
imposto dai Sardi al promontorio meridionale del Sinis».
52
R. Zucca indica due nuclei primitivi dell’insediamento fenicio, uno ad oc-
cidente della collina di S. Giovanni e l’altro sulla collina di Su Muru Mannu; cf.
Zucca 1997 a, p. 120.
.
16 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
53
Già M. L. Uberti nella voce Tharros, in Lipiński 1992, p. 447-449 suppone
l’esistenza di due nuclei fenici.
54
Non ho le competenze per spiegare il latino Sarra e l’etnico Sarranus.
55
Per Antas, cf. Fantar 1969, n. I, 2, p. 51; n. II, 1, p. 61; n. III, 4, p. 65; il no-
me di Sulci è nell’iscrizione cit. a nota 39 e, sempre in Sardegna, in ICO Sard.
Np. 5, l. 2. Sul nome Caralis cf. di recente Swiggers 1989, p. 31, con la nota 19.
56
Cf. Friedrich-Röllig-Amadasi Guzzo 1999, § 297, 1.
57
Bernardini 1997, p. 59; cf. già Bernardini 1995, p. 193-201.
58
Lipiński 1992, s.v. Toponymie, p. 466 (questa etimologia è accettata anche
da G. Tore, ibid., s. v. Bitia, p. 73).
59
Cf. Bartoloni 1997, p. 82.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 17
4. «Motya»
Le legende monetali della Sicilia fanno conoscere alcuni toponi-
mi di attribuzione linguistica non sempre sicurissima e di interpre-
tazione spesso incerta.
L’insediamento di Mozia (che ha ripreso il suo nome antico –
volgarizzato – dopo essere stato chiamato S. Pantaleo), Motyh in
greco, è noto dalle legende di monete che si datano tra il 480 a.C. e il
413/397 a.C. 60. Esse presentano le seguenti grafie : MW}, }MTW,
}MTW}, HMTW} 61. ˙
˙ La discussione
˙ è tuttora viva sull’origine linguistica del nome.
La più antica spiegazione, lo considerava fenicio e gli attribuiva il si-
gnificato di «filanda» : si sarebbe trattato di un sostantivo a prefisso
M- (con significato locativo), di una radice TWY che vuol dire, tra
l’altro, «filare» 62. ˙
In seguito è prevalsa l’ipotesi, sostenuta in particolare da
M. Sznycer, che il nome non fosse fenicio, a causa dell’ortografia
che pareva contrastare con le regole note per la lingua di Tiro e Si-
done 63. Anche il significato del nome «filanda» non sembrava accor-
darsi con quello di un centro commerciale, dove certo esistevano fi-
lande, ma che non sembra caratterizzato in particolare da questo ti-
po di attività. Per questo M. Nenci ha avanzato una proposta
diversa, connettendo il nome con l’accadico. Il confronto con questa
lingua si è dimostrato però poco persuasivo 64.
La conoscenza più approfondita delle regole ortografiche del fe-
nicio d’occidente sembra dimostrare che la spiegazione grammati-
cale data fin dai tempi di P. Schröder è corretta : il toponimo appare
solo in un caso privo di H- o }- iniziale, da spiegare come l’articolo,
scritto di rado in maniera «corretta» (H), o, più frequentemente, se-
condo una grafia recente dovuta a indebolimento (o caduta della
consonante H). Ma, le monete di Mozia sono sembrate troppo anti-
che perché, nella grafia, }- potesse essersi già sostituita all’originaria
H-; per questa ragione si è pensato all’uso di queste due consonanti
per indicare la vocale iniziale di un nome non semitico.
L’articolo scritto } si trova però già su una stele iscritta della
stessa Mozia – nel vocabolo }MTNT, «il dono» 65 – databile tra la me-
tà e la fine del VI secolo; inoltre su una stele di Cartagine che si può
attribuire al 405 a.C. (CIS I, 5510) 66.
60
V. Amadasi Guzzo 2005.
61
Cf. Manfredi 1995, p. 347-351.
62
Cf. Schröder 1869, p. 135; RE XVI, 1933, p. 387, s.v. Motya
63
Sznycer 1977, p. 170.
64
Nenci 1993, p. 143-146.
65
Amadasi Guzzo 1986, n. 39, p. 41.
66
Cf. Krahmalkov 1974 (CIS I, 5510.9-11), p. 171-177.
.
18 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
5. Palermo e Solunto
a) Palermo = SYS. Sempre le monete attestano che, molto vero-
similmente, il nome˙ fenicio
˙ di Palermo (Panormos) era SYS. Il topo-
nimo è inciso su monete in bronzo e in argento datate tra ˙ il
˙ 430 e la
fine del IV secolo a.C. In un solo caso è attestata la grafia senza Y,
cioè SS. Il significato del termine è ancora una volta dibattuto :
˙˙
un’etimologia fenicia soddisfacente non si riesce a trovare, né con-
fronti con altri toponimi di formazione analoga nel semitico di
Nord-Ovest. L’ipotesi dell’equivalenza di significato tra SYS e Panor-
˙ ˙
mos, proposta da L.-I. Manfredi, non sembra affatto dimostrata 69
. E,
’couvert’ du côté de la haute mer par le cordon littoral, à supposer que le mot se
rattache à la même racine que l’arabe tawā».
69
Su questa e altre interpretazioni,˙ cf. Manfredi 1995, p. 112-113.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 19
6. Erice e Agrigento
70
Cf. Manfredi 1992, p. 25-31.
71
Cf. Manfredi 1995, p. 111-112; p. 336-337.
.
20 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
72
Krahmalkov 1974, p. 171-177.
73
Schmitz 1994, p. 1-13.
74
Cf., contro, Garbini 1984, p. 24-25.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 21
.
22 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 23
.
24 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
.
CORINNE BONNET
OSSERVAZIONI COMPARATIVE
SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA
DELLA SICILIA E DELLA SARDEGNA
1
Per una messa a punto del quadro storico, cf. Falsone 1995, p. 674-697;
Tronchetti 1995, p. 712-742.
2
Ringrazio Paolo Xella, ISCIMA C.N.R., per avermi dato accesso alla banca-
dati epigrafica fenicio-punica, di cui prepara la pubblicazione in collaborazione
con il C.S.I.C. (Spagna), un progetto al quale, del resto, presi parte nelle sue fasi
iniziali.
.
26 CORINNE BONNET
3
Su questa problematica, rimando a vari contributi nel volume collettaneo
menzionato alla nota 1, in particolare sul tema «Expansion et colonisation», al
contributo di Niemeyer 1995, p. 247-267.
4
Bunnens 1979
5
Cf. Ribichini 1995, p. 73-83.
6
Cf. Krings 1995, p. 31-38.
7
Cf. Amadasi Guzzo 1967, (d’ora in poi : ICO), Sardegna 1.
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 27
gli attori, sui momenti e sui luoghi di questo decisivo fenomeno sto-
rico. Una simile situazione ci spinge a prendere in considerazione
l’antroponimia come una possibile fonte di informazione sull’espan-
sione nel Mediterraneo : possono i nomi degli abitanti dei siti feni-
cio-punici di Sicilia e di Sardegna dirci qualcosa dell’origine dei loro
antenati giunti per primi in quei luoghi? Sono in grado di delineare
un quadro della religiosità locale o regionale da confrontare con
quello della madrepatria? Tradiscono qualcosa dei fenomeni e delle
modalità dell’interazione con le popolazioni indigene? Queste sono
le domande che tenterò di affrontare, ricorrendo a un approccio
comparativo nella speranza che faccia emergere delle similitudini e
delle differenze significative da interpretare in termini storici 8.
Dopo aver precisato la parte programmatica del mio intervento,
passiamo ora alla parte operativa dell’indagine, con la consapevolez-
za, però, che la distanza può essere tanta fra l’una e l’altra. In questo
caso, è proprio lo stato della documentazione a determinare uno ia-
to fra le domande formulate e le risposte possibili. Prima di adden-
trarmi nel dossier delle epigrafi, sarà forse opportuno spendere
qualche parola introduttiva sull’onomastica semitica. Sin dall’inizio
degli studi di semitistica, l’onomastica è apparsa come un settore di
primaria importanza 9, in particolare per studiare le concezioni e le
pratiche religiose. I nomi semitici sono in effetti spesso dei brevi
enunciati che associano una divinità a una qualità espressa sotto
forma di un epiteto, un sostantivo o un verbo, del tipo «Baal è gra-
zioso», o «Baal è mio fratello», o ancora «Baal ha concesso». Questi
enunciati costituiscono una finestra aperta su ciò che la storiografia
tedesca chiama la persönliche Frömmigkeit, cioè la religiosità priva-
ta, personale, in opposizione alla religione ufficiale, pubblica, che si
manifesta piuttosto in altre fonti (testi rituali, dediche pubbliche,
iscrizioni di fondazioni, ecc.). In altre parole, i nomi, proprio perché
personali, associati a una persona per tutta la durata della sua vita,
tradiscono le preoccupazioni esistenziali, spesso legate alla famiglia,
alla discendenza, alla salute. Alla divinità che funge da patrono, il
Schutzgott o personal god, attorno al quale si è sviluppato un dibatti-
to approfondito in campo orientalistico10, si chiede sostanzialmente
protezione, benessere e intercessione presso gli altri dei. In questa
prospettiva, va sottolineato il fatto che, negli ultimi anni, senza ne-
gare una specificità della religiosità privata, così come traspare fra
l’altro dall’antroponimia, si tende a sottolineare il fatto che questa
religiosità non è in nessun modo autonoma rispetto a quella ufficia-
8
Sulla stessa linea, cf. Xella 1978, p. 71-77.
9
Cf. da ultimo, Di Vito 1986.
10
Cf. in particolare, Rainer Albertz 1978.
.
28 CORINNE BONNET
gione pubblica, in ambito orientale, si è anche nutrito dal delicato dossier delle
iscrizioni di Kuntillet-‘Ajrud, nel Sinai, dove Yhwh è venerato insieme ad una pa-
redra femminile, il che sembra tradire una notevole distanza fra culto ufficiale e
pratiche quotidiane. Cf. Müller 1992, p. 15-51.
12
Cf. le voci Nom et Nom divin, in Dictionnaire encyclopédique de la Bible,
Turnhout 1987, p. 903-905; DBS VI, p. 514-541; ThWAT VIII, p. 122-176; K. van
der Toorn – B. Becking – P. van der Horst (edd.), Dictionary of Deities and De-
mons in the Bible, 2a ed., Leiden 1999 (d’ora in poi : DDD), p. 763-764. Cf. anche
Lubetski 1987, p. 1-14.
13
Genesi 2,18-23.
14
L’iscrizione è CIS I, 115. Cf. Bonnet 1988 (= Mélanges en l’honneur de
M. Sznycer, Paris 1990), p. 39-47.
15
Cf. Pomponio – Xella 1997, p. 503-505.
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 29
16
Il repertorio di riferimento è tuttora Benz 1972, ormai seriamente supera-
to, anche se sempre molto utile come punto di partenza.
17
Amadasi Guzzo 1986 (d’ora in poi Mozia).
.
30 CORINNE BONNET
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 31
20
Il carattere approssimativo dei conteggi è legato al fatto che varie iscrizio-
ni sono frammentarie o di lettura incerta (com’è il caso per molti dei graffiti della
Grotta Regina, presso Palermo).
21
Cf. Di Vito 1986, (n. 8).
22
Cf. Xella 1984.
23
Cf. Mozia 10. Il lamed finale è restituito.
.
32 CORINNE BONNET
24
Cf. Xella 1984, e la voce Rephaïm; in DDD, p. 692-700, per citare solo qual-
che titolo rappresentativo di una bibliografia davvero sterminata. Il nome ipoco-
ristico RP} è attestato anche una volta a Cartagine.
25
Rimando a Bonnet 1988 a. Cf. anche DDD, p. 563-565.
26
Su Eshmun, DDD, p. 306-308.
27
Bonnet 1996; DDD; p. 109-114.
28
Su Tanit, cf. la voce relativa nel Dictionnaire de la civilisation, p. 438-439
(E. Lipinski).
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 33
29
Cf. Lipinski 1995, p. 332-350. Questo volume è molto utile per individuare
le fonti relative ad ogni divinità, anche la più infima, ma va usato con grande cir-
cospezione per quel che riguarda le interpretazioni proposte.
30
ICO Sardegna 34.
31
ICO Sardegna 39.
32
Cf. Lipinski 1995, p. 176-179.
33
ICO Sardegna 32.
34
Cf. Bartoloni 1986, no 1529, p. 240. La lettura è leggermente incerta : il
kaph si legge parzialmente e il nun è restituito.
35
Cf. DDD, p. 216-219; Cf. anche Lipinski 1995, p. 170-174 (segnala anche l’e-
sistenza di toponimi in ambito semitico dell’ovest, ma ignora il sigillo di Thar-
ros).
36
Cf. Vattioni 1981, no 14. Cf. Xella 1992, p. 92; Garbini 1993, p. 221 (che lo
considera filisteo per la presenza dell’elemento Dagon, un’ipotesi che non è del
tutto obbligatoria, visto che questo dio è diffuso nell’intera area siro-palestinese).
37
Cf. DDD, p. 760-762; cf. Lipinski 1995, p. 351-355.
38
Cf. ICO Sardegna 32.
.
34 CORINNE BONNET
41
Cf. DDD, p. 759-760; cf. Lipinski 1995, p. 414-415, che considera che non si
tratta di un antroponimo – «c’est de l’inhabileté à porter un jugement sur des don-
nées connues qu’est née l’hypothèse de l’existence d’une divinité Šbn...» : p. 414 – e
propone quindi una diversa cesura del testo, che, tuttavia, convince poco.
42
ICO Sardegna Neopunica 6, 4.
43
Cf. DDD, p. 577-578 (s.v. Misharu); Lipinski 1995, p. 112-114.
44
ICO Sardegna Neopunica 1.
45
Cf. DDD, p. 755-757; Lipinski 1995, p. 283; 536.
46
Mozia, 22,2.
47
Mozia, 23,2. La radice kwn, associata all’elemento teoforo, significa «esse-
re», «esistere».
48
Sul loro mito, Xella 1973.
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 35
49
Cf. DDD, p. 754-755; cf. Lipinski 1995, p. 355-356.
50
Mozia, 28,2.
51
Cf. Lipinski 1995, p. 174-176 (con l’alternanza di vocalizzazione Miskar/
Maskir).
52
Mozia, 24,3-4.
53
Fantar 1969, IV, 3.
54
Xella 1978, p. 73; DDD, p. 375-376.
55
ICO Sardegna 34.
56
ICO, p. 114.
.
36 CORINNE BONNET
stesso nome non figura mai due volte nella genealogia e che ben
quattro di questi nomi sono in pratica degli hapax. Esaminiamoli :
– il nome {BDTYWN 57, quindi «servo di TYWN», contiene, in
posizione di teoforo, un nome divino assolutamente sconosciuto. Di-
vinità locale? Oppure eventuale trascrizione del greco uewn per ren-
dere il semitico }LM, «dei», come supponeva Ch. Clermont-Gan-
neau? A meno di pensare a un confronto con l’antroponimo ugariti-
co twyn, mediante una metatesi, una soluzione che però risulta poco
credibile per il carattere dubbio della decifrazione del nome 58 ;
– alla generazione successiva, troviamo un PT, che potrebbe
eventualmente aver a che fare con il dio egiziano Ptah ˙ 59 ;
– tre generazioni dopo, compare un certo YM}, che alcuni ana-
lizzano come un ipocoristico di Ytnmlqrt o Ytnmlk, ma che potreb-
be anche ricollegarsi al dio del mare yam, ben attestato a Ugarit co-
me avversario di Baal, dio caotico e primordiale delle acque 60 ;
– infine il padre di costui e nipote del capostipite porta in nome
di HLBN, unica attestazione nel corpus fenicio-punico, da mettere
˙
in rapporto con il semitico h/hlb «colle», «collina», da cui il toponi-
mo Aleppo e l’antroponimo ˙ebraico
˘ Khaleb. Sin dall’onomastica del
III millennio a.C., non è raro attribuire al personal god la qualità di
«montagna», «collina», come simbolo della sua potenza cosmica.
L’iscrizione di Olbia contiene quindi un catalogo veramente sin-
golare di nomi, di cui alcuni risultano ad oggi senza paralleli, a con-
ferma del fatto che questa lunga genealogia è stata elaborata in cir-
costanze e con scopi che ci sfuggono.
Va ancora segnalata un’iscrizione neopunica di provenienza
sconosciuta in Sicilia 61, contenente i nomi }HYY}QL e YT}. Il primo
presuppone un teoforo Y}QL, per altro sconosciuto, da mettere forse
in relazione con il teonimo mauro Iocolon attestato in un’iscrizione
latina : CIL VIII 16809 (Iocoloni deo patrio). Secondo F. Vattioni 62,
questo teonimo avrebbe un’etimologia semitica – yhw’ln, ossia «Fac-
cia vivere dio» – e una notevole posterità poiché ne avrebbe trovato
le tracce persino negli elenchi telefonici della Sardegna, nei nomi
moderni di Iuculano e Culmone, (ipocoristico di [Iu]culmone). Se-
condo Vattioni, il dio all’origine del nome di Iocolon, colui che «fa
vivere», sarebbe Baal Hammon. Se questa ipotesi fosse valida, con-
Cf. Coacci Polselli 1975, p. 67-72, in part. p. 71, con i dubbi di Xella 1978,
58
p. 75, n. 20.
59
Cf. Lipinski 1995, p. 323-325.
60
Cf. DDD, p. 737-742; Lipinski 1995, p. 80, 122 (si tratta del Pontos di Filo-
ne di Biblo). Un tale ipocoristico di Ytnmlqrt o di Ytnmlk è senza parallelo.
61
ICO Sicilia Neopunica 1.
62
Vattioni 1995, p. 422-425.
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 37
63
Mozia, 27 A, 3.
64
ICO Sardegna Neopunica 9.
65
Garbini 1993, p. 219-230, spec. p. 225-229, no 30. Garbini ipotizza un im-
probabile pellegrinaggio di questo Yafi a Kition.
66
ICO Sardegna 24,4.
67
Su questo titolo, cf. Bonnet 1988 a, p. 174-179 e, più recentemente, Müller
1996, p. 111-126.
68
Cf. Mozia 1,3; 4,3; 35,3.
69
Cf. Mozia 32,2.
70
ICO Sardegna 7,2.
.
38 CORINNE BONNET
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 39
Corinne BONNET
.
40 CORINNE BONNET
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 41
.
FEDERICA CORDANO
Premessa
Il rapporto fra toponomastica ed onomastica personale appar-
tiene alla lingua greca, ed è testimoniato ovunque essa venga parla-
ta; ma in un ambiente coloniale, qual’é quello della Sicilia, vanno
presi in considerazione vari meccanismi che hanno generato l’uso
preferenziale o addirittura esclusivo di alcune categorie di nomi per-
sonali.
Il rapporto stesso con la toponomastica ha un valore speciale e
duplice, perché i nomi geografici possono essere greci o non greci e,
se la denominazione greca può significare appropriazione del terri-
torio, anche la liberalità nell’uso di parole indigene nella toponoma-
stica delle città greche appartiene alla logica coloniale.
1. Nomi personali che sono in serie con toponimi greci o non greci, e
nomi connessi con l’isola
Inizio dalle categorie più note, cioè da quei gruppi di antroponi-
mi che sono in serie con toponimi – di preferenza idronimi – caratte-
ristici delle città di appartenenza e la cui diffusione è limitato allo
stesso ambito geografico, questo aspetto è importante perché diffe-
renzia questo gruppo da quei nomi personali che ricordano toponi-
mi remoti, è tema su cui tornerò1.
Gli esempi più noti dei gruppi ai quali mi riferisco ora, sono
Ge¥lwn, Gelw¥iov e Gelw¥i rispetto al fiume Ge¥lav e alla città di Ge¥la :
significativamente l’uso di tali nomi si estende a Camarina nel V sec.
a.C., dopo le due fondazioni geloe della città 2 ; allo stesso modo al to-
ponimo Selinoỹv, identico per fiume e città, salvo nel genere (m. e
f.), e non esclusivo della Sicilia (sono noti quelli del Peloponneso e
dell’Asia Minore), si accompagnano i nomi personali Se¥liniv, Se-
linw¥ntiov e Selinw¥i, naturalmente in questo caso le omonimie non
1
Per tutti i nomi rimando a P. M. Fraser – E. Matthews 1997.
2
In generale Robert 1938, cap. V; e in particolare F. Cordano 1985, 2, p. 158-
162.
.
44 FEDERICA CORDANO
3
F. Cordano 1990, p. 63-66.
4
Robert 1938 e F. Cordano 1985, 2, p. 158-162.
5
F. Cordano 1992, no 23.
6
Ibid. no 79.
.
ONOMASTICA PERSONALE E GEOGRAFIA 45
7
F. Cordano 1990 a, p. 443-446.
8
F. Cordano 1988, p. 18-22.
.
46 FEDERICA CORDANO
poggio nella omonima fonte presso la quale i Cirenei vinsero gli Egi-
ziani di Apries (Hdt IV 159) 9.
Fra le serie predilette si può senz’altro contare quella dei nomi
maschili in –iv (gen. –iov) che Olivier Masson ha studiato per Cire-
ne : in Sicilia abbiamo già notato questa desinenza in alcuni nomi
derivati dai toponimi; ma altri numerosi si troverebbero scorrendo
gli elenchi delle singole città; vorrei segnalare che questa propensio-
ne è così forte da esser applicata anche a nomi non greci, per esem-
pio a Selinunte (Sariv, Kadosiv) e anche Caỹmiv a Camarina.
D’altra parte, con Creta si possono indicare dei confronti pun-
tuali con i nomi preferiti nella Camarina ‘geloa’, quali la serie dei no-
mi di Ejaxestı¥dav, Eja¥xwn ed appunto ¶Ejaxiv.
Non si creda però che in una città dorica venissero usati solo no-
mi di consuetudine dorica : accanto ai numerosi Heraclidas e affini,
si possono trovare dei nomi di tradizione ionica, come Ura¥syv10,
Fa¥ÿllov, ben attestato ad Atene e Delfi e che sembra aver avuto par-
ticolare fortuna in ambito coloniale11.
Conclusioni
Federica CORDANO
11
Cordano 1994.
12
O. Masson, La grande imprécation de Selinonte (SEG XVI 573), in BCH
1972 p. 377-388.
13
G. Pugliese Carratelli, Comiso. Epigramma sepolcrale greco del VI sec. a.C.,
in N.Sc. 1942, p. 321-324.
.
ONOMASTICA PERSONALE E GEOGRAFIA 47
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
LUCIANO AGOSTINIANI
1
L’etichetta è tradizionalmente attribuita al complesso delle testimonianze
anelleniche di Sicilia dell’area centro-orientale, che storicamente ai Siculi viene
assegnata. Sulla cautela imposta in proposito dalle cattive condizioni dell’erme-
neutica di una parte di esse, e non le meno importanti, si veda Agostiniani 2006,
p. 114.
2
Ritenute, cioè, essere destinate per tombe cosiddette “alla cappuccina”. In
realtà, è più che probabile che si tratti, invece, di elementi per il rivestimento pa-
rietale di un edificio o di altra struttura, comunque a destinazione non funeraria
(vedi ora Cultraro 2004 e Agostiniani 2006, p. 117 nota 13).
3
Agostiniani 2006, p. 117 : cfr. Whatmough 1933, p. 442-443, n. 576; Paglia-
ro 1935, p. 157-158; Pisani 1964, p. 296-297, n. 127.
4
Da ultimo, Agostiniani 2006, p. 117, nota 14.
5
Ribezzo 1923, 1928 e 1932.
6
Prosdocimi, in Prosdocimi-Agostiniani 1976-77, p. 246.
.
50 LUCIANO AGOSTINIANI
quenza im si identifica senza incertezze (non fosse altro per la presenza di inter-
punzione tra parola e parola). Il conguaglio con im del Mendolito è proposto sia
dal primo editore del testo, Alessandro Morandi, sia da Anna Marinetti (1985,
p. 149 nota 101).
8
Naturalmente, questo implica che si interpreti l’iscrizione come testo di
dono, il che mi è sempre parso poco congruente con il supposto carattere funera-
rio delle “tegole”. A giustificazione, richiamavo in passato le condizioni che si ri-
scontrano in Etruria, dove l’istituto del dono può correlarsi agli ambiti funerari, e
tracce di tale correlazione possono riscontrarsi in iscrizioni tombali (Agostiniani
1980-81, p. 516-517). Lo studio di Cultraro (2004) appena citato, che dimostra la
destinazione non funeraria dei due manufatti, rimuove evidentemente (ed ele-
gantemente) la difficoltà.
9
Agostiniani 2006, p. 115.
10
Ciò è confermato, per kykyiev, dalla possibilità di confronto con la sequen-
za kykyov che, seguita da una forma dalla prima persona del verbo «essere» in
greco, hßmı¥, compare su un peso fittile dal centro indigeno di Terravecchia di Cuti
(Dubois 1989, 175a).
11
Agostiniani 2006, p. 115-116.
.
FORMULE ONOMASTICHE BINOMIE 51
12
Agostiniani 1980-81, p. 514-517; 1984-85, p. 204-207; 1992, p. 139-140;
2006, p. 113-115. Ne allineo qui alcuni dei più evidenti (e meno controvertibili).
L’iscrizione della porta urbica ha corrispondenze con il lessico istituzionale itali-
co nei termini toyto e Perega- (nonché, per designazione anche se non per etimo-
logia, in akara-) e presenta una probabilissima forma verbale in -ed, geped ; la
stessa uscita verbale in -ed è presente in due occorrenze nella citata iscrizione
dell’anfora di Montagna di Marzo e in quella, anch’essa già citata, di della kotyle
di Grammichele; l’iscrizione sulla stele di Sciri (Agostiniani 1992, 7) ha un Pide
che richiama il videtas dell’iscrizione sudpicena della stele di Bellante (TE 2),
massime se optiamo per una delle ipotesi interpretative di Adiego Lajara (1995,
p. 136-137), che cioè la sequenza vada segmentata /wide : ta :s/ ‘velas, míralas’;
nella stessa iscrizione di Sciri si legge tebeg, sovrapponibile al tefeí ‘a te’ del-
l’iscrizione sudpicena ST Sp TE 7 e al tefeh di ST Sp CH 2 e solidale, sotto il profi-
lo pragmatico, con il Pide appena considerato.
.
52 LUCIANO AGOSTINIANI
13
Incidentalmente, si dirà che la sicura finale in -v del secondo elemento
onomastico motiva sufficientemente l’integrazione in hazsyie[v.
14
Agostiniani 1984-85, p. 205.
15
Cristofani 1993 vi vede piuttosto un patronimico.
16
Agostiniani 2006, p. 122-125. Si aggiunga l’*apaes pumpúnies che si ricava
dal confronto della stele di Loro Piceno (ST Sp MC 1 : apaes) con il cippo di Mo-
gliano (ST Sp MC 2 : esmín apais po[m]pú[n]ies uepetín) e il *tites alies di Bellan-
te (se si accoglie l’emendamento, assai suggestivo, di Meiser 1997, p. 118). Le due
formule mamerces huśinies e cnaives flaviies presenti nelle iscrizioni su due kyli-
kes, sempre da Nola (rispettivamente, ST Ps 11 e Ps 14) mostrano di avere la stes-
sa configurazione strutturale, ma la loro attribuzione linguistica è incerta (Ago-
stiniani 2006, p. 122-124).
17
Buck 1928, p. 35, 60-61; Lejeune 1976, p. 76. Un po’ grossolanamente, ma
con una certa efficacia descrittiva, per il fenomeno in questione viene talvolta im-
piegata l’etichetta di «samprasārana».
18 ˙
Sulla variazione areale che tocca gli esiti di *-iyos (ma non quelli di *-yos),
per cui si ha -iis al centro dell’area linguisticamente italica, -ies/-iev a nord e a sud
di questa, vedi Agostiniani 2006, p. 133.
.
FORMULE ONOMASTICHE BINOMIE 53
.
54 LUCIANO AGOSTINIANI
19
Agostiniani 1980-81, p. 517.
20
Agostiniani 1984-85, p. 200-201.
.
FORMULE ONOMASTICHE BINOMIE 55
21
Paino 1958, p. l63-168.
22
Lejeune 1970, p. 21-22.
23
Agostiniani 1999, p. 439-442.
.
56 LUCIANO AGOSTINIANI
raccomanda sia per fatti interni (atai : tykai), sia per la possibilità di
richiamare l’antroponimo Atov documentato a Selinunte : la comu-
nanza onomastica tra Segesta e Selinunte è ben nota 24, e nello speci-
fico Ata starebbe a Atov come Иotyla* (Segesta, IAS I 289 e 317) a
Иotylov (attestato nella “grande defixio di Selinunte”, Dubois 1989,
38 : 475-450 a.C.). La seconda formula onomastica bimembre del-
l’area elima – questa, accertata – è IAS I 322 : titelai metiaai, il cui
primo elemento trova, di nuovo, confronti nell’epigrafia selinuntina
coeva (Titelov, sempre nella “grande defixio di Selinunte”), con lo
stesso rapporto formale (Titela* elimo : Titelov selinuntino) che le-
ga Ata* e Иotyla* ai corrispondenti nomi selinuntini. Il nome Tite-
lov compare anche nell’onomastica greca di Segesta di II-I secolo
a.C. : IG XIV 291 : ... Tı¥ttelov Artemidw¥roy ... e 287 : Diw¥dorov Ti-
te¥lov Appeiraı̃ov ..., qui con accertata funzione di nome personale :
il che può sostenere l’ipotesi che la stessa funzione vada attribuita al
Titela della formula elima, e che di conseguenza per il secondo ele-
mento della formula si possa proporre la funzione di specificatore,
che l’accordo configura come aggettivale (formante *-yo-?).
Luciano AGOSTINIANI
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
24
Agostiniani 1977, p. 170-171.
.
FORMULE ONOMASTICHE BINOMIE 57
.
DOMENICO SILVESTRI
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA
IDRONIMI E ISTANZE DI DESIGNAZIONE IDRONIMICA
NELL’ITALIA ANTICA
1
Cfr. D. Silvestri, Storia delle lingue e storia delle culture, in R. Lazzeroni (a
.
62 DOMENICO SILVESTRI
PERCORSI COGNITIVI
cura di), Linguistica storica, Roma, 1987, p. 55-85; La lingua come istanza di rap-
presentazione : designazioni, significazioni, comunicazioni, in E. Fava (a cura di),
Teorie del significato e della conoscenza del significato, Milano, 2001, p. 15-39.
2
Cfr. D. Silvestri, I «nomi nazionali» nell’Italia antica : morfoanalisi e proto-
storia onomastica, in Incontri Linguistici, 18, 1995, p. 105-120.
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 63
1.CVC (-VC, CV-, C-C). + 2.V (-). + 3.C. + 4.V./C. + [morfologia derivativa
e/o flessionale delle lingue di arrivo]
3
Cfr. Recueil des publications scientifiques, Genève, 1922, p. 595-599 (già ap-
parso nella Festschrift für Vilhelm Thomsen, Lipsia, 1912, p. 202 s.).
.
64 DOMENICO SILVESTRI
«Nero, scuro»
Ottimi rappresentanti di una più ampia serie idrocromonimica
sono Aesontius (Venetia et Istria), Aesar (Etruria), Aesis (Umbria),
Aesarus (Bruttium). L’impostazione etimologica del problema è
4
Per una designazione congruente cfr. sanscrito loká- m. «spazio libero,
mondo (in quanto «luogo della luce»)», lituano laũkas «campo» e il francese clai-
rière «radura», che è replica neolatina dell’appellativo gallico belsa «radura» atte-
stato da Virgilio grammatico (4, 20), a sua volta connesso con *belos «chiaro» (v.
sopra).
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 65
5
Cfr. G. Devoto, AIS- etrusco e AIS- mediterraneo, in SE, 5, 1931, p. 299-316,
sp. p. 303.
6
Cfr. H. Rix, op. cit., p. 190, che affronta anche il problema della derivazio-
ne in -r- nel caso di alcuni di questi idronimi.
7
Su queste tematiche rinvio ai miei lavori Per un’etimologia del nome Italia,
in AIWN, 22, 2000, p. 215-254, apparso anche in M. Bugno e C. Masseria (a cura
di), Il mondo enotrio tra VI e V secolo a.C. Atti dei seminari napoletani (1996-1998,
Napoli, 2001, p. 207-238, e Origine e fortuna del nome Africa, in Giornata di studio
con Ida Baldassarre (= Annali di Archeologia e Storia Antica, n.s. 8, 2001, p. 21-24).
8
L’aggettivo latino si applica con una certa ricorsività al colore della pelle
umana, cfr. Svetonio, Aug. 79 : colorem inter aquilum candidumque («il suo colo-
rito stava tra il bruno e il bianco» tr. di Felice Dessì).
.
66 DOMENICO SILVESTRI
9
Sul carattere equifunzionale dei due nomi cfr. C. de Simone, Etrusco Ac-
vilna – latino Aquilius. Un problema di intercambio onomastico, in La Parola del
Passato, 247, 1989, p. 263-280.
10
Cfr. Acerrae e Volturnum : due istanze toponomastiche nella protostoria lin-
guistica della Campania in D. Silvestri (a cura di), Lineamenti di storia linguistica
della Campania antica. I. I dati etnotoponomastici, Napoli, 1986, p. 65-80.
11
Con riscontri documentari italici di area sabina : cfr. ...(?)/ mesene / flusa-
re/ poimunien/ atrno/ aunom/ hiretum (Ve. 227).
12
Cfr. il mio lavoro sull’etimologia del nome Africa citato alla nota 7.
13
Cfr. per una sommaria rassegna C. Battisti, Sostrati e parastrati nell’Italia
preistorica, Firenze, 1959, p. 340-341, che opportunamente segnala che «nel caso
della formante di -rn- è probabile la composizione di due elementi». Su questa
modalità di risegmentazione derivativa, di quota decisamene protostorica, rinvio
alle mie considerazioni svolte nel lavoro citato alla nota 2.
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 67
«Rosso»
Il fiume Rubico (Aemilia) è a tutti noto per il suo epocale attra-
versamento. Il confronto con lat. ruber sembra scontato con eviden-
14
Cfr. V. Bertoldi, Plurale mediterraneo in residui fossili in Mélanges de lingui-
stique offerts à Jacques Van Ginneken à l’occasion du soixantième anniversaire de
sa naissance, Parigi, 1937, p. 157-169.
15
Cfr. a¶nurwpov : un’etimologia (im)possibile? in R. Ambrosini et al. (a cura
di), Scríbthair a ainm n-ogaim. Scritti in memoria di Enrico Campanile, Pisa,
1997, p. 929-986 (sp. p. 970-971).
16
Nella sfera «religiosa» rientrano invece le formazioni del tipo Mefitis, noto
teonimo italico che presenta lo stesso nucleo designativo di base. Se ci si ricorda
dell’esistenza di un toponimo Mifinum, anch’esso di sfera «laica» (come Mefula!),
si può ulteriormente rintracciare questo rapporto tra «sacro» e «profano» nella
coppia Curitis, teonimo, e Curinus, etnico, poi epiteto di Marte ed Ercole. L’origi-
naria valenza di etnico (ma con la stessa morfologia del toponimo Mifinum!) è
confermata dall’odierno agiotoponimo Sant’Arcangelo dei Coreni, identificato da
A. La Regina in area vestina. Per Mefitis rinvio alla mia nota su AIWN, 4, 1982,
p. 261-266.
.
68 DOMENICO SILVESTRI
«Bianco, biancastro»
In questa sfera cromatica rientra l’idronimo Albula (Picenum,
Latium), cfr. lat. albus. Per il problema delle acque sulfuree, notoria-
mente biancastre, e della loro denominazione «laica» contrapposta
a quella «sacra» si vedano i già trattati Mefula (toponimo della Sabi-
na) e il teonimo Mefitis.
«Bianco, grigiastro»
Assai interessante è Casuentus (fiume della Lucania, forma con-
corrente : Ka¥sav), cfr. lat. cascus «vecchio (sc. con i capelli bian-
chi)» e canus «bianco, dai capelli bianchi, canuto», inoltre con lo
stesso significato pel. casnar «vecchio, testa grigia) con ricomparsa
dell’elemento derivativo -r-. Nel confronto rientrano anche i Casuen-
tini dell’alto corso dell’Arno, che indiziano un corrispondente idroni-
mo per questo fiume e forse anche Casilinus (Campania), che indica
il corso mediano del Volturno. Cfr. pure en urbid Casontonia del-
l’iscrizione di Caso Cantovius, secondo la proporzione Casuentus :
Casontonia = Aquilius : Aquilonia. L’idea di fondo è sempre quella di
un colore «grigiastro» dell’acqua.
«Giallo, giallastro»
Gli idronimi Helvinus (Picenum), forse anche Helurus (Umbria),
di tradizione incerta, trovano un’immediata connessione con lat.
helvus e forme connesse (in particolare helvinus!). il valore semanti-
co è «giallo», più esattamente «giallastro», come si evince dal fatto
che la forma indeuropea ricostruibile è *ghelswo- : a questo proposi-
to il dizionario etimologico di Ernout e Meillet segnala : «en litua-
nien, les adjectifs en -swas indiquent l’idée de ‘tirant sur’ : gelsvas ‘ti-
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 69
rant sur le jaune’, žalsvas ‘tirant sur le vert’». Siamo di nuovo, in vir-
tù di accertati procedimenti derivativi, non tanto sul piano del
«colore», quanto su quello di un’«approssimazione di colore», che è
appunto la condizione cromonimica delle acque naturali.
17
Cfr. Il nome «Chianti» e la documentazione dell’Italia antica in Chianti. Sto-
ria e origine di un nome, Centro di Studi Storici Chiantigiani, Quaderno IX (Set-
tembre 1988), Radda in Chianti-Fattoria Vignale, p. 33-40.
.
70 DOMENICO SILVESTRI
do» (cfr. Virgilio, Ecloga II, v. 58-59 : heu heu, quid volui misero mi-
hi? Floribus Austrum / perditus et liquidis immisi fontibus apros).
18
Con «normale» deaspirazione ligure dell’occlusiva sonora aspirata indeu-
ropea!
19
L’assordimento dell’occlusiva deaspirata sembra rispecchiare condizioni
protolatine.
20
In questo cs l’esito -f- del fono in questione è normalmente italico.
21
Cfr. Ancora a proposito di elementi «non indeuropei» nelle lingue germani-
che, in AION -Filologia Germanica, 28-29, 1985-86, p. 589-604.
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 71
22
Cfr. J. Knobloch, Sprache und Religion, I, 1 : Der älteste Mythos der
Menschheit, 1. Farbbezeichnungen in geographischen Namen. 2. Farbnamengebung
bei den Himmelsrichtungen, Heidelberg, 1979, p. 9-22 (con importanti annotazio-
ni su diverse alternative cromatiche).
23
Cfr. a questo proposito D. Silvestri, A proposito di alcuni idronimi del Bru-
zio in P. Poccetti (a cura di), Per un’identità culturale dei Brettii, Napoli, 1988,
p. 211-222, che ora va corretto in questa particolare prospettiva (a proposito della
coppia idronimica Ne¥aiuov-Tene¥aiuov). Per il problema di un presumibile artico-
lo «mediterraneo» nel quadro di possibili contatti preistorici e protostorici tra
area libico-berbera e Sardegna rinvio all’equilibrato e condivisibile inquadramen-
to di I. Putzu nel suo bel libro Quantificazione totale/universale e determinatezza
nelle lingue del Mediterraneo, Pisa, 2001, in particolare p. 167-169. A questo propo-
sito faccio notare che dagli esempi ivi riportati sembra evincersi un fenomeno di
armonizzazione vocalica tra elemento prefissato e nucleo designativo di base, nel
senso che il primo si conforma al secondo, secondo una modalità ben accertata
nelle lingue agglutinanti dello spazio eurasiatico e che è garanzia della profondi-
tà cronologica del fenomeno. Questa circostanza sembra essere sfuggita al Wa-
gner nel suo libro epocale sulla fonetica storica del sardo, per la cui traduzione
(con introduzione e appendice) rinvio al testo curato da Giulio Paulis (Cagliari,
1984, sp. p. 188-191, con abbondante esemplificazione che conferma il fenomeno
di armonizzazione vocalica sopra individuato).
.
72 DOMENICO SILVESTRI
2. SINTESI
Domenico SILVESTRI
24
Per una trattazione approfondita del problema rinvio al mio Per un’etimo-
logia del nome Italia, in AIWN, 22, 2000, p. 215-254, uscito anche in M. Bugno e
C. Masseria (a cura di), Il mondo enotrio tra VI e V secolo a.C., Atti dei seminari
napoletani (1996-1998), Napoli, 2001, p. 207-238.
.
ALDO PROSDOCIMI
Premessa
Quando sono stato invitato al Convegno avevo una ragione di
gratitudine per gli organizzatori; ora ne ho una seconda per avermi
permesso di presentare con ritardo un testo che è un sommario, o
indice di alcuni temi da rivisitare (v. Appendici 2008). Vicende mi
hanno portato, oltre che al ritaglio, all’assetto ‘retorico’, abibliografi-
co e in parte biografico1 come col passare del tempo mi è vizio cre-
scente. La non-bibliografia è in parte dovuta al tempo, o a non-
letture adeguate (o meno), ma anche al fatto che alcune letture e/o
conoscenze sono (o dovrebbero essere) patrimonio comune : si può
vivere di ricordi bibliografici ma non si deve annegare e fare annega-
re nella bibliografia. L’aspetto biografico è stato sollecitato di recen-
te (2001 → 2004) 2 dalla raccolta di alcuni miei lavori; qui è richiama-
to il fatto che per essermi occupato, da oltre quarant’anni, di lingue
di frammentaria attestazione, a partire dal venetico, l’onomastica ha
sempre occupato un posto centrale perché il grosso della documen-
tazione era ed è onomastica. Per altre aree linguistiche concomitanti
l’onomastica era di fatto tutta la documentazione : è il caso del-
l’‘illirico’ con referente d’obbligo H. Krahe (con l’arrivo poi all’‘Alteu-
ropäisch’) : Krahe era un ‘morfologista’ e, poi, un fonetista ma i suoi
1
E anche per questo, però, riprendo alcuni miei frammenti da scritti prece-
denti; può configurarsi forse come un centone, ma la motivazione è nel fatto che
sono disiecta membra, in qualche caso comparse in sedi non facilmente raggiun-
gibili o in collocazione impropria quali paragrafi di articoli comprendenti più te-
mi. In questa prospettiva ‘centonaria’ riprendo buona parte di un articolo di An-
na Marinetti (1982), in quanto ha dato lo spunto ad una sezione di queste Note.
Parimenti riporto un frammento di una recentissima memoria di Emilio Peruzzi,
in quanto mi ha dato occasione di focalizzare alcuni punti del mio discorso; al
proposito non vorrei essere frainteso : la memoria di Peruzzi ha importanza, for-
se capitale, per altre ragioni (decifrazione del protoindiano), ma in un paio di
punti tocca anche la tematica di questa relazione.
2
A. L. Prosdocimi, Scritti inediti e sparsi. Lingua, Testi, Storia I-III, Padova,
2004 (abbr. SIES).
.
74 ALDO PROSDOCIMI
3
In numerosi lavori a partire dal 1950, culminati nella monografia Ateste à
l’heure de la romanisation (Étude anthroponymique), Firenze 1978; cfr. al proposi-
to quanto scrivo in Michel Lejeune et L’Italie antique, in CRAI, 2001, p. 175-183 (=
Hommage rendu a Michel Lejeune, Academie des Inscriptions et Belles Lettres,
Parigi, 19 gennaio 2001, p. 33-41).
4
Zur Ursprung der römisch-mittelitalischen Gentilnamensystem, in Aufstieg
und Niedergang der römischen Welt I, 2, Berlino, 1972, p. 700-758.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 75
5
A. L. Prosdocimi in G. Fogolari – A. L. Prosdocimi, I Veneti Antichi. Lingua
e cultura, Padova 1988, spec. p. 367-388; Appunti per una teoria del nome proprio,
in Problemi di onomastica semitica meridionale, a cura di A. Avanzini, Pisa 1989,
p. 15-70 [ora in SIES vol. I]; Note sul celtico in Italia, in St. Etr., LVII, 1991,
p. 139-177.
6
Lascio senza indicazione di quantità -i- prima di -l- per i motivi che si ve-
dranno appresso.
.
76 ALDO PROSDOCIMI
ma in -l- è diversa nelle varie funzioni e/o tradizioni per cui una ir-
radiazione per prestito, o solo influenza, è esclusa. Queste esclusio-
ni riportano a ciò che precede la funzionalizzazione onomastica del
morfema derivazionale in -l- e cioè alla sua semicità morfologica
nella lingua (nel caso ‘indeuropeo’ ricostruito) che è la precondizio-
ne della sua funzionalizzazione nell’onomastica; alla tipologia è da
aggiungere il tipo Messalla < *messan(ă)la e Hispallus < *hispanĕ/
ŏlo-, Romulus (Appendice). Discorso analogo vale per la morfologia
di cognomina in -a in concorrenza con -ō(n) : la constatazione della
morfologia onomastica tradizionale è la conseguenza di una causa-
lità che è nella precedente e fondatrice funzionalità nella lingua. In
alcuni casi l’antica funzionalità può essere andata perduta e/o mar-
ginalizzata nella lingua, mentre può essere conservata nell’onoma-
stica, o resa più riconoscibile nella funzionalità assunta nell’ono-
mastica, a patto però che la prassi inveterata della constatazione di
una fenomenologia (spesso contrabbandata per spiegazione) si in-
verta in una spiegazione della fenomenologia stessa, qui nell’ono-
mastica; tuttavia l’onomastica costituisce un settore di una casisti-
ca ben più ampia nella morfologia della lingua e che, come lingua,
investe buona parte della grammatica latina di cui è esemplare
quella di Leumann (1977) : la fenomenologia ha una causalità,
complessa quanto si vuole nella genesi, nelle espansioni e nelle re-
strizioni, nelle rifunzionalizzazioni etc. etc. – ma la sua fondazione
causale nella morfologia della lingua resta, precede e spiega; di
contro la fenomenologia fondata sull’uso, da cui una conseguente
classificazione, è un effetto e non una causa. Ciò detto, in una
corretta prospettiva euristica, la fenomenologia, e la base per la
spiegazione, per certi aspetti è già una spiegazione quale classifica-
zione, ma non ha la dimensione della/e sequenza/e causale/i che
possono essere ormai irriconoscibili ma che sono esistite per impli-
cazione logica e fattuale; in questi casi il pericolo è di scambiare la
classificazione della fenomenologia, corredata da attribuzioni di
valore ingiustificate, con la spiegazione propria (causale) ut sic; in
questi casi l’esposizione della fenomenologia con pretese di spiega-
zione e, come detto sopra, una assenza di spiegazione.
Un altro aspetto che toccheremo concerne la formula onomasti-
ca quale contenuti dei componenti nel loro essere ‘lessico semantico’
entro la formula quale sistema per cui la formula onomastica non
consiste solo di sequenze formali ma di possibili, spesso evidenti,
contenuti ideologici, in buona parte permessi dalla trasparenza les-
sicale degli elementi costituenti. Nella formula antroponimica ro-
mana il nucleo è il gentilizio : senza questo, almeno per l’ambito cui
ci riferiamo, non ci sarebbe formula o il termine ‘formula’ avrebbe
un altro senso, legittimo iuxta propria principia ma diverso. Malgra-
do sia stato trattato da innumerevoli studiosi e da molte angolazioni
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 77
credo che ci sia ancora da dire sulla posizione dell’appositivo fra pa-
tronimico e gentilizio e precisamente quale conseguenza del rappor-
to tra familia e gens (2008 : su questo tema v. ora 2007/2008 ‘Roma’;
Appendice n. 1).
7
Questo paragrafo è tratto da Filoni indeuropei in Italia. Riflessioni e appun-
ti, in L’Italia e il Mediterraneo antico, Atti del Convegno SIG, vol. II, Pisa, 1995,
p. 7-163 (ora in SIES, vol. III). I rimandi seguono la numerazione della bibliogra-
fia pure data in SIES, vol. I, p. IX-XXX.
8
E. Peruzzi, Onomastica e società nella Roma delle origini, parte I, in Maia,
21, 1969, 126-158, e Origini di Roma, I Firenze 1970, focalizza l’aspetto istituziona-
le. Indipendentemente dalla validità della sua tesi sulla sabinità della formula bi-
nomia a Roma e sulla fase patronimica come intermezzo storico e cronologico e
non solo logico come tramite alla fase gentilizia, la posizione di Peruzzi segna,
nella questione, un caposaldo e un giro di boa.
9
La nozione di Individuo Culturale (IC) è centrale per la teoria del nome
proprio (Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit. spec. p. 27 sg.).
L’individuo culturale è ciò che la cultura identifica come individuo e che esprime
linguisticamente con un sistema linguistico appropriato e specifico; non è l’indi-
viduazione tipo ‘quest’uomo’ ‘il romano ucciso alle idi di marzo...’ ma C. Julius
Caesar.
.
78 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 79
sequenza a 3 sequenza a 2
1. indeuropeo patronimico opzionale 1. indeuropeo
2. Italia A patronimico istituzionale 2. Italia
3. Italia B patronimico = gentilizio fase unica
La sequenza a 3 ammette, al limite, una istituzionalità in qual-
che misura già ‘indeuropea’, e lo iato tra le fasi ne risulterebbe mino-
re; la sequenza a 2 è per lo iato totale, e noi la preferiremmo con una
precisazione : le due sequenze non si escludono, ma possono essere
un modo diverso di porre la stessa realtà, a seconda che nel mecca-
nismo di formazione si accentui l’aspetto logico come anche crono-
logico e realizzato per lungo tempo, oppure si annulli di fatto lo spa-
zio logico mediano non come non esistito, ma come non rilevante (e
in ciò la durata non conta). In ogni caso la ‘italianità’ della formula
onomastica binomia istituzionale è confermata dal fatto che fin dal-
l’inizio – a prescindere da dove sia generata – pertiene sia ad ambito
‘indeuropeo’ sia ad ambito non indeuropeo come è l’etrusco10. Quel-
lo che è pertinente non è la genesi linguistica né i mezzi morfologici
correlati, ma la natura istituzionale per cui si ha un nome individua-
le seguito da un appositivo, normalmente con morfema aggettivo –
indeuropeo -jo-, etrusco -na- – in ciò manifestamente indipendente
da genesi linguistica remota ma rispondente a condizioni sociologi-
che della realtà italiana.
Se la formula binomia è una innovazione nata in Italia da esi-
genze istituzionali ‘italiane’, la sua espansione è un fenomeno di
arealità ‘italiana’. Nel Nord, venetico e leponzio11, la formula bino-
mia arriva con la scrittura come portato della cultura etrusca a par-
tire dal ± 600 a.C. : i mezzi formali possono essere gli stessi di quelli
all’origine della formula latina (e) italica, ma qui la genesi non è ‘ita-
lica’ bensì ‘italiana’, perché il modello è etrusco. Abbiamo formule
binomie anche morfonologicamente congruenti che collegano l’itali-
co, dall’italico del nord (umbro e dialetti ‘minori’) al brettio; si tratta
del fatto che il morfema -jo- assume aspetto diverso a seconda che si
trovi nel primo o nel secondo elemento della formula binomia, tipo
10
Rix, Zur Ursprung der römisch-mittelitalischen Gentilnamensystem, cit.
11
Sulla formula venetica Prosdocimi, Veneti Antichi, cit, p. 367-383; sulla
formula leponzia A. L. Prosdocimi, Sull’etruschità linguistica e culturale, in Etrus-
ker nördlich von Etrurien (Akten des Symposions von Wien-Schloss Neuwaldegg,
2.-5. Oktober 1989), a cura di L. Aigner Foresti, Vienna, 1992, p. 443-471 e Note
sul celtico in Italia, cit.
.
80 ALDO PROSDOCIMI
12
-es/-es non risponde a -is/-ies e richiede un discorso anche in rapporto alla
eventuale sincope; su quelli come su miei precedenti cenni sarà da ritornare ap-
profonditamente anche per l’importanza areale della Sicilia e la correlata proie-
zione cronologica e storica per l’italico, se vi sono collegamenti con esso.
13
Ho ravvisato il motivo nel fatto che solo in questa occasione, generata da
ragioni extralinguistiche la lingua ha occasione di avere un aggettivo in -jo- (pa-
tronimico-gentilizio) che ridetermina una forma che è già in -jo- come forma ag-
gettiva, da cui è tratto l’antico nome individuale. Su ciò A. L. Prosdocimi, Studi
sull’italico, «St. Etr.» XLVIII, 1980, p. 187-249; ‘Sabinità e (pan)italicità linguisti-
ca, «Dialoghi di Archeologia» 5, 1987, p. 53-64; Note su ‘Italico’ e ‘Sannita’, in La
Campania fra il VI e il III secolo a.C., Atti del XIV convegno di Studi Etruschi e
Italici (Benevento 24-28 giugno 1981), Galatina 1992, p. 119-148; Filoni indeuropei
in Italia. Riflessioni e appunti, in L’Italia e il Mediterraneo antico, Atti del conve-
gno SIG (Fisciano-Amalfi-Raito 4-6 novembre 1993, vol. II Pisa 1995, p. 7-163; Il
genitivo singolare dei nomi in -o- nelle varietà italiche (osco, sannita, umbro, sud-
piceno etc.), «Incontri Linguistici» 25, 2002, p. 65-76.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 81
A favore della prima trafila è il fatto che in diversi sistemi indeuropei (d’Ita-
lia) la formula binomia si forma in modalità del tutto diverse; ne consegue che vi
è -jo- come potenziale caratterizzatore con funzionalità onomastica specifica – in
quanto di appositivo – di forme già in -jo- ma – in quanto nome individuale – sen-
za funzione onomastica specifica; oltre che in italico (sopra) ho individuato in
ciò la motivazione dell’utilizzazione di -(i)ko- come alternativo a -jo- negli apposi-
tivi del venetico (A. L. Prosdocimi, Venetico. Due nuovi ciottoloni patavini (*Pa
27, *Pa 28). Morfologia e sistema onomastico. Nuovi dati da *Pa 28, in St. Etr. L,
1982 [1984], p. 199-224, e Veneti Antichi, cit. ); per la stessa motivazione -ilio- è al-
ternativo di -jo- in latino : Pompilius : Pompius; Hostilius : Hostius; Servilius :
Servius etc. : appresso.
.
82 ALDO PROSDOCIMI
14
È un modo di vedere maturato negli ultimi decenni : A. L. Prosdocimi,
Cultura etrusca transpadana, in Gli Etruschi a nord del Po II, Mantova 1987,
p. 110-117; Venetico. Due nuovi ciottoloni patavini; Note sul celtico in Italia; Sull’e-
truschità linguistica e culturale, citt.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 83
15
Si vedano PID II; M. Lejeune, Lepontica, Parigi 1971; M. G. Tibiletti Bru-
no, Ligure leponzio gallico in Lingue e dialetti dell’Italia antica, a cura di A. L. Pro-
sdocimi, Roma, 1978, p. 130-208; M. G. Tibiletti Bruno, Le iscrizioni celtiche d’I-
talia in I Celti d’Italia, a cura di E. Campanile, Pisa, 1981, p. 157-207; A. L. Pro-
sdocimi, I più antichi documenti del celtico in Italia, in Atti del 2o Convegno
Archeologico Regionale (Como 13-15 aprile 1984), Como, 1987, p. 67-92; Note sul
celtico in Italia, cit.
.
84 ALDO PROSDOCIMI
16
Ritorneremo brevemente dopo aver proposto quello che, nel mio iter, è
stato l’avvio ad identificare la tematica di cui trattiamo qui; l’avvio ad una ricon-
siderazione dei dati romani e più in generale latini (in questi il falisco che è una
varietà di latino) è venuta dagli appositivi in -alo- del leponzio, il tutto entro il
quadro del celtico in Italia (cfr. i lavori cit. a nota precedente). La riproposizione
del mio iter sarebbe insignificante o ridicola come autobiografica, ma ritengo
che sia istruttivo perché – bene o male argomentato, corretto o errato – lo spunto
è venuto là ove non c’è una dottrina assestata come istituzionalità e come morfo-
logia che la manifesta; in particolare si sono evidenziate la funzione derivativa di
-lo- e la isofunzionalità di -ō(n) e -a, in termini di cui il latino ha evidenza nella
cognominazione, ma che conserva, sia pure marginalizzato, nelle coppie tipo
scriba : Scribonius.
17
Oltre la manualistica meno recente (Brugmann 1916, II 1, p. 360 sg.; [Wac-
kernagel-]Debrunner 1954, II 2, p. 849 sg.) Più specifici gli studi di B. Zucchelli,
sull’origine della funzione diminutiva del suffisso -lo- in latino, in Studi linguistici
in onore di Vittore Pisani, Brescia, 1969, p. 1075-1100 e nella monografia Studi
sulle formazioni latine in «-lo-» non diminutive e sui loro rapporti coi diminutivi,
Parma 1970; qui ampia bibliografia; concentrato di esempi e bibliografia in Leu-
mann, Lat. Gr. 19775, p. 311-312 : avanti e passim [e qui Appendice n. 1 sul nome
Romulus; v. ‘Roma’ 2007/8 ove il tema è trattato più ampiamente].
18
-io- > -ı̄- e -o- > -ı̆- in derivazione è associata in latino al nome di W. Schul-
ze e per i nostri fini è sufficiente la constatazione della fenomenologia. Va però
aggiunto che la ‘regola’ affonda le radici in una morfologia che si situa nel più an-
tico fondo indeuropeo : *-jo- > -ı̄- via *-jH2 >- iH2 come derivatore (non ancora
femminile) e -ŏ- sostituito da -ı̆- verisimilmente da una antica allomorfia -o-/-i- in
qualche misura parallela alla legge di Caland-Henry(-Wackernagel), per cui -rŏ- è
sostituito da -ı̆- in composizione (v. ad nota 52).
19
Cfr. anche Prosdocimi, Note sul celtico in Italia, cit.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 85
20
J. Untermann, Die venetischen Personennamen, Wiesbaden, 1961, per tou-
peio e moldonkeo, seguito con qualche esitazione da A. L. Prosdocimi, La lingua ve-
netica II, Padova-Firenze, 1967; da cassare invece l’idea di un dativo toupeio propo-
sto da A. L. Prosdocimi, Una iscrizione inedita dal territorio atestino. Nuovi aspetti
epigrafici linguistici culturali dell’area paeloveneta, in Atti Ist. Veneto SS.LL.AA.,
CXXVII, 1968-69, p. 123-183. Per Moldonkeo in formula trinomia (Es 24) Vants
Moldonkeo Karamns guadagna punti l’eventualità da lungo tempo affacciata su ba-
se etimologica che moldonkeo sia un epiteto corrispondente ad ant. sl. mladenı̆cı̆, a.
pruss. maldenikis ‘ragazzo’ (Lingua venetica II cit., p. 152). Se non è direttamente un
epiteto, è da ventilare la possibilità che sia un appositivo da epiteto per un ius o una
fictio iuris della Namengebung di cui ci sono preclusi gli estremi, ma che in qualche
modo doveva essere in atto per le formule trinomie e per alcune binomie.
21
Prosdocimi, Note sul celtico in Italia, cit., § 3. 4.
22
Questo per una concezione vulgata – ma che condivido solo in parte, e per
certi aspetti affatto – dovrebbe essere convincente anche per chi, nel caso di lin-
gue di frammentaria attestazione, ha il ‘complesso giustificativo’ per una forma
nuova o (spesso apparentemente) isolata. Per il ‘complesso giustificativo’ v.
A. L. Prosdocimi, Il Venetico, in Le lingue indeuropee di frammentaria attestazio-
ne-Die indogermanischen Restsprachen, Atti del Convegno SIG-Idg-Gesellschaft
(Udine, settembre 1981), Pisa, 1983, p. 153-209, passim; Riflessioni sulle lingue di
frammentaria attestazione, in Quaderni dell’Istituto di Linguistica dell’Università di
Urbino, 6, 1989, p. 131-163.
.
86 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 87
25
Questa classe di formanti per il maschile meriterebbe in sé e per l’onoma-
stica più attenzione e approfondimento di quanto non abbia mai avuto; per i no-
stri fini è sufficiente la presenza di nomi celtici in -a, tipo le cognominazioni in
formula latina citate in testo; resta la questione dei nomi in -a nei nomi indivi-
duali celtici, specificamente leponzi (per il tipo koimila di PID 301 v. i cenni in
Prosdocimi, Sull’etruschità linguistica e culturale, cit).
26
Lascio senza notazione la quantità della vocale -o- nella derivazione e nel
paradigma, in quanto qui non pertinente; tuttavia la eventualità di una estensio-
ne della quantità lunga fuori dal nominativo (tipo latino -ō, -ōnis) e una quantità
breve fuori dal nominativo (tipo greco -wn, -onov), il leponzio dovrebbe avere la
breve perché vi è -o- e non -u- < *-ō- (per questo fenomeno e la sua antichità cenni
in Note sul celtico in Italia, cit. § 5.3.).
.
88 ALDO PROSDOCIMI
27
Queste eventualità di realizzazione potrebbero essere alla base di forme in
-ullo- < -ŏn-lo- o in -ūlo- < -ō-lo-; credo che vadano esperite come possibili matrici
genetiche per suffissi celtici, il loro proliferare a partire da alcune basi e una pos-
sibile motivazione parziale in alcune isofunzionalità genetiche in derivazione.
28
L’iscrizione è stata segnalata da M. Tombolani, Materiali di tipo La Tène da
Altino (Venezia), in Celti ed Etruschi nell’Italia centro-settentrionale dal V secolo
a.C. alla romanizzazione, Atti del Colloquio internazionale (Bologna 12-14 aprile
1985), Bologna, 1987, p. 171-189; la lettura ivi data, verkvaloi, pare da correggere
in verkvanoi (A. Marinetti, lettura inedita), pertanto quanto già detto in altre sedi
riguardo alla presenza della formante -alo- in questo nome è da cassare.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 89
Ritornando al leponzio :
29
Cfr. K. H. Schmidt, Komposition in gallischen Personennamen, Tubinga,
1957, p. 257-258; qui è citato pure il lemma ‘Ressi- etc. ’, teoricamente possibile
come primo elemento di composto, rispetto cui la base di Retalos potrebbe essere
un ipocoristico in *-ō(n) > -u.
30
A. L. Prosdocimi-A. Marinetti, Venetico e dintorni, in Atti Ist. Veneto
SS.LL.AA., CXLIX, 1990-1991, p. 401-450.
31
Lejeune, Lepontica, cit., p. 68; cfr. p. 63 : «un adjectif patronimique à suf-
fixe -alo-. Il faut donc que le nom du père ait été quelque chose comme *kuo-. Or
la probabilité d’un nom individual monosyllabique est pratiquement nulle. On
posera donc, comme nom du père, un dissyllabe *KuSo- (ou *GuSo-) seconde S
con segno di semivocale sans notation (§ 10b) de la consonne S u con segno di se-
mivocale de transition».
32
È possibile che qui ci sia il nome del cane (= lupo per eufemismo) nella
forma kuō(n) come nel celtico insulare goidelico e brittonico (Pokorny IEW,
s. v.), forse non (ancora) nella morfologia cuno (cun- + -o- ‘tematico’?) dei com-
posti nel gallico (Schmidt, Komposition, cit., p. 186) : ma non è necessario perché
un Kurzname avrebbe potuto partire da ku(no)- + -ōn; oppure un *kunon- avreb-
be potuto dissimilarsi in *kuon-. Per il nome del cane come eufemismo del nome
del lupo v. H. Birkhan, Germanen und Kelten bis zum Anfang der Römerzeit, Vien-
na, 1970, p. 345 sg.
33
Uso questa dizione per segnalare una fase morfonologica precedente alla
morfologizzazione della distinzione e/o/Ø quale è nelle descrizioni ‘classiche’ del-
l’apofonia indeuropea (altri usa å/ä o simili); per questo cenni in A. L. Prosdoci-
mi, Latino (e) italico e indeuropeo : appunti sul fonetismo, parte I in Messana, 12,
.
90 ALDO PROSDOCIMI
-ō(n)-
+ -lo- > -alo-
-a
potrebbe esserci una motivazione funzionale : -ō(n) è già un deriva-
tivo tale da funzionare anche da appositivo il che non pare compete-
re ad -a (che pure condivide con *-ŏn- alcune funzioni onomastiche :
cfr. 1991 cit.); l’allotropo di langue -ā- sarebbe un mezzo per evitare
un accumulo morfologico isofunzionale 34. Di una possibile ragione
morfonologica si è detto sopra; si è anche visto che sono da prevede-
re alternative morfologiche che prescindano dalla fonetica o che se-
guano una diversa via nella forma della base in derivazione : in ciò
può essere campione l’onomastica di base kat- 35 dove si hanno tutte
le derivazioni possibili, buona parte da considerare, almeno geneti-
camente 36, derivate da ipocoristici da composti di katu- (v. nota 35).
In questa prospettiva una forma come Catullus, cognomen del poeta
cisalpino, potrebbe essere da *kate/ol-lo- quindi con tutt’altra strut-
tura morfematica; ma se si tiene presente la frequenza della base
cat- nella Cisalpina, normalmente ascritta al gallico anche nella do-
cumentazione indiretta, per esempio venetica; se si tiene poi conto
che questa base compare come antroponimo nella variante kata 37 –
in cui -a è certamente di maschile come base di appositivi (-a-ko-, -a-
kna- etc.) – si può avanzare l’ipotesi di lavoro che -ullo- sia da -ŏn- +
-lo- o da -ō- > -ū- + -lo- (e resa romana con -ŭllo-/-ūlo-), ove -ō(n)/-ŏn-
1992 [1994], p. 93-160; parte II in Messana, 18, 1993, p. 117-184 [ora in SIES
vol. III].
34
Si noterà al proposito che -io- di appositivo non si aggiunge a -on- : komo-
neos di PID 276 non è una eccezione perché compare anche come prenome (PID
275), quindi, quale sia la base di partenza, -eo- (< -io-) non è in funzione di deriva-
zione appositiva.
35
Schmidt, Komposition, cit., distingue due lemmi, Cata- (p. 166-167) e Catu-
(p. 167-168), in omaggio a una certa tradizione, ma in cata «Wir würden dann in
allen Beispielen ein catu- ansetzen, wie es in Vendryes BSL 38, 1937, 113 ff. für
den Cata-mantaloedis u. Hubschmid, Praeromanica 83 für Cata-manus ja schon
getan haben». Il discorso fatto in testo porta una ulteriore ragione : sia cata- che
caton- potrebbero essere forme di ipocoristico (o assimilabili) di composti in «ca-
tu- : ir. cath, cy. cad ‘combat’ (Dottin 244; cfr. Pedersen 1, 132)...»; cfr. anche
D. Ellis Evans, Gaulish Personal Names, 1967, p. 171-173.
36
Sottolineo ‘geneticamente’ in quanto diverso da ‘diacronicamente’ ed ete-
rogeneo rispetto a’sincronicamente’, termine questo che, quale etichetta e conte-
nuto – quando posso e a differenza di altri – evito come la peste, in quanto non
dice niente più di ‘sistemicamente’ ma, rispetto a questo, maschera la dinamicità
dei progressi. Nel nostro caso la eteromorfia derivazionale indica che il sistema –
tra langue ed onomastica – ha assunto una propria configurazione, anche lonta-
na dai fondamenti genetici; ma questi non si pssono né debbono annullare; even-
tualente si tratta si riconoscerne la posizione nel sistema onomastico.
37
Questo kata nella documentazione indiretta del venetico non è da confon-
dere con kanta (ibid. ), in quanto il venetico, di norma, nota la n anteconsonanti-
ca.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 91
38
Su katulstos A. Marinetti, Venetico in Studi Etruschi, LI, 1983 [1985],
p. 283-302 e Prosdocimi, Veneti antichi, cit., p. 258-259.
39
L’alternanza Camalus/Camulus in area iberica (su cui Birkhan, Germanen
und Kelten, cit., p. 336 sg. ) ha forse a che fare con la nostra questione, ma è biva-
lente per la non sicura quantità di -u- : -ŭ- o -ū-?
40
A. L. Prosdocimi, Sull’accento latino e italico, in Festschrift für Ernst Risch
zum 75. Geburtstag (a cura di A. Etter), Berlino-New York, 1986, p. 601-618.
41
G. R. Solta, Venetische Personennamen und indogermanische Femininbil-
dung, in «Die Sprache» V, 1959, p. 187-208.
42
Su pecu e correlati v. ora A. L. Prosdocimi, Sul lessico istituzionale indeu-
ropeo, in Scritti inediti e sparsi. Lingua, Testi, Storia, I-III, Padova, 2004, vol. III,
p. 1247-1357.
.
92 ALDO PROSDOCIMI
ner-va < *menes-wa con -va < -wH2 che è ‘femminile’ residuale in lati-
no mentre in messapico, nella grafia -o-a (foneticamente [-ua]), è
normale ed alterna con C’a < -Cija e -Ca 43 ; etc., fino alle motivazioni
della cosiddetta ‘legge di Sievers’ e, con essa alle radici della morfo-
nologia nominale dell’indeuropeo antico 44. Qui mi arresto per la se-
de e per l’opportunità ma, spero mi sia fatto credito, le posizioni non
sono fondate sul nulla anche se, in parte, si inquadrano in orizzonti
non contemplati da alcune vulgate correnti.
Come si vedrà meglio avanti, la morfonologia di -ı̄lius è com-
plessa ma ben spiegabile nella genesi, evoluzione, funzione; alla ba-
se c’è il derivativo -lo-, di cui abbiamo parlato sopra perché propon-
go delle alternanze di -i- precedente tra lunga e breve (cosiddetta ‘re-
gola di Schulze’), individuato in -lio- un modello per distinguere
formalmente il (patronimico?) gentilizio di basi già in -io- (-ı̄-), o co-
me alternativo a -io- per basi in -o- (-ı̆-). La funzionalità di -ı̄lio- (con
la lunga perché da base in -io-) è potente, mentre la funzionalità di
-ı̆lio- è meno evidente, ma è verosimile che funzionasse per segnala-
re che il derivato da un tema in -ŏ- non era nome individuale → pre-
nome in formula binomia ma (patronimico? →) gentilizio : un Ma-
nius rispetto a manus o mane è il nome individuale romano per ec-
cellenza 45 pur avendo forma in -io-. Tuttavia -lo- compare come -lio-
evidentemente per la sua posizione-funzione nella formula binomia.
Lo stesso -lo- compare come -ŏ- od -a nelle cognominazione tipo Hi-
spallus e Messalla, il che, da una parte riporta a -lo- e dall’altra alla
alternanza/isofunzionalità di -os, e -a come si vedrà (§ 3) per i pre-
nomi tipo Atta, Mama, etc. : è una riprova della funzione di -l(o)- ri-
determinato da -io- per il (patronimico →) gentilizio, ma ripropone
nella cognominazione un’altra isofunzionalità e cioè tra -ō(n) e -a,
che non va semplicemente constatata dicendo che i cognomina sen-
za altri morfemi designativi tipo -lo, -na etc. sono di norma in -ō(n)
ed -a per cui questi sarebbero ‘marcatori’ della funzione cognomina-
le ma, invertendo la sequenza causale, si dovrà individuare perché
queste forme di lingua sono utilizzate come morfemi per cognomi-
na. Anticipo un a priori e cioè che - ō(n) e -ă < *-ā sono indicatori di
appartenenza ad una classe tramite un valore (generico) di ‘relazio-
ne con = appartenenza a’ quale applicazione pragmatica.
43
A. L. Prosdocimi, Sulla flessione nominale messapica, parte I in Arch.
Glott. It., LXXIV, 1989, p. 137-174; parte II in Arch. Glott. It., LXXV, 1990, p. 32-
66 (v. anche Appendice n. 4).
44
A. L. Prosdocimi, Syllabicity as a genus, Sievers’ Law as a species, in Papers
from the 7th International Conference on Historical Linguistics, Amsterdam-Phila-
delphia 1987, p. 483-505 [ora in SIES vol. III].
45
Su Manios della Fibula prenestina v. A. L. Prosdocimi, Helbig med fefaked?
Sull’autenticità della fibula prenestina : riflessioni angolate dall’epigrafe, in LEFI.
Linguistica Epigrafia Filologia Italica, 2, 1984, p. 77-112.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 93
[p. 454] Dagegen beobachten wir sehr häufig grade ein Ausei-
nanderstreben der Form, zB. bei Mettius und Metilius, Siccius und Si-
cilius, also dasselbe Auseinanderstreben, das wir Accoleius : Acilius
soeben constatirt haben.
Es ist aber zunächst nothig, diese Formen auf -ilius einmal ge-
nauer zu verhören : sie sehen harmloser und einförmiger aus, als sie
in Wirklichkeit sind. Die dringlichste Aufgabe ist, ihre Quantitätsver-
hältnisse festzustellen1). Nur für einen Theil ist das bereits geschehen,
für Acilius Atilius Catilius Lucilius Manilius Metilius Pacilius Rutilius
Statilius Venilius, die sicher, Magilius Utilius, die wahrscheinlich lan-
ges i vor dem l haben, dann für Basilius Rupilius Tutilius, die sicher,
Mamilius Vetilius, die wahrscheinlich kurzen Vocal in gleicher Stel-
lung zeigen. Ausserdem ist der Vocal lang in Agrilius oben S. 115 Coe-
silius 2) Caltilius 139 Campilius 3) Caprilius 145. 353 4) Carvilius 5) Divi-
lius 90 Egrilius 6) Etrilius 268 Laetilius 178 Luxilius 7) Qpsilius 335
Anm. 1 Pantilius 8) Publilius 9) Servilius 10) Voltilius 260 (CIL VI s.
30906) 11), kurz dagegen in Aemilius 12) Caecilius 13) Gargilius 172 Her-
sislius 174 Orbilius 1) Otācilius 131 Pompilius 2) Pontilius 3) Quinc-
tilius 4) Romilius 5) Sentilius 6) Sextilius 7) Tongilius 8) Turpilius
246 9) Tutilius 248 Vergilius 10) und Numilius 10). Die Zeugnisse habe
ich unter dem Texte zusammengestellt und dadurch den Leser in den
46
A quanto appare vi è giustapposizione fenomenologica ma non correlazio-
ne eziologica così come, anche per l’epoca, non vi è questione di geminazione
consonantica / quantità vocalica tra segmentalità e sopra segmentalità.
.
94 ALDO PROSDOCIMI
[p. 456] Chase Harvard Studies 8, 125 hat schon das Richtige,
Solmsen’s Versuch Lucı̄lius Manı̄lius an lucı̄ manı̄ anzuknüpfen (Stud.
zur lat. Lautgesch. 117), wird sich schwerlich dagegen behaupten kön-
nen. S. auch die oben S. 243 sq. angeführte Aeusserung Borghesi’s.
5) Falsche I longae S. 455 Anm. 7. Publicius hat I longa vor c CIL
V 3022, obwohl Ovid Fast. 5, 294 die Messung Pūblı̆cius verbürgt.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 95
47
Rix, Zur Ursprung der römisch-mittelitalischen Gentilnamensystem, cit.
48
Ma v. Peruzzi, Origini di Roma I, cit., cap. XI p. 146-165.
.
96 ALDO PROSDOCIMI
49
Qui dovrebbe intervenire anche -i/ele/io- che nel latino falisco indica la fi-
liazione (?) ma mi attengo alla segnalazione per il solo latino di Roma. Tuttavia
ricordo che il latino falisco rende evidente un fatto, e cioè che -ı̆lio- non è da
*-ĕlio- come nel latino di Roma perché in falisco *-elio- resta -elio- come -ilio-. Un
fenomeno fonetico falisco, relativamente seriore, porta la sequenza -ilio- a (grafi-
co) -io-. Sui dati del latino falisco su queste ed altre questioni, in sé e attinenti al
latino di Roma e ad altri ‘latini’ (Latinisch nella convenzione tedesca) sarà da ri-
tornare. Su -ı̆-/-ı̆- + -l- v. anche appresso.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 97
50
A. L. Prosdocimi, Curia, Quirites e il ‘sistema di Quirinus’ (Populus Quiri-
tes Quiritium II), in Ostraka, V, 1996, p. 243-319; anche Etnici e strutture sociali
nella Sabina : Cums, in Identità e civiltà dei Sabini, Atti del XVIII Convegno di
studi Etruschi e Italici (Rieti-Magliano Sabina 30 maggio-3 giugno 1993) Firenze,
1996, p. 227-255.
51
J. Untermann, Wörterbuch der Oskisch-Umbrischen, Heidelberg 2000;
A. L. Prosdocimi, Tavole Iguvine, vol. III in stampa.
.
98 ALDO PROSDOCIMI
2.3. -ō(n)
2.3.1. Premessa
Per -ō(n) siamo partiti da una retrospettiva minima sull’onoma-
stica leponzia e vi abbiamo derivato un’ipotesi di lavoro sulla isofun-
zionalità di -ō(n) e -a < *-eH2 fondata su morfologia derivazionale
‘indeuropea’, geneticamente comune ma diversamente sistemata e
funzionalizzata nelle singole lingue; anche per il tema della relazio-
ne nell’ambito del convegno ci siamo limitati al richiamo più imme-
diato, il latino e, per documentazione meno immediata, l’italico.
Avremmo potuto richiamare le forme in -n- della flessione germani-
ca o venetica, celtica o indiana antica o greca, etc. 53 Il latino, salvo
52
La legge è stata identificata da Caland e poi comunemente accettata per
-ro-/-i- : bibliografia in Schwyzer, Gr. Gr. I p. 447-448. Fr. Bader in vari luoghi ha
riportato l’allomorfia già riconosciuta in -Cro-/-Cri- ad una più elementare (e logi-
camente primaria) in -Co-/Ci-.
53
Sulla fenomenologia della dialettalità greca dirò qualcosa più avanti in
quanto, rivisitata di recente, è suscettibile di ulteriori aggiustamenti da una ango-
lazione diversa e, a quanto mi sembra, solidale con le formanti in -ō(n) del latino
e, più immediatamente, del leponzio (e con esso di altra dialettalità celtica) per
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 99
.
100 ALDO PROSDOCIMI
56
B. Terracini, Spigolature liguri, in Arch. Glott. It., 20, 1926, p. 122-160.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 101
57
Ne ho trattato a proposito dell’iscrizione con vetusia : A. L. Prosdocimi,
Vetusia di Preneste : etrusco o latino, in St. Etr., XLVII, 1979, p. 379-385.
.
102 ALDO PROSDOCIMI
della parola di base, nel caso nome proprio, può significare tanto de-
dica (funzione dativo) quanto possesso (funzione genitivo), quanto
entrambi.
2) Una forma (onomastica) al nominativo può esprimere la
funzione di possesso tramite la morfologia derivazionale della for-
ma stessa, tipo Ulpia, Iulia di una basilica 58. Pertanto un morfema
in -ō(n) con funzione ‘aggettiva’ di ‘pertinente a...’ può benissimo
esprimere il possesso, così come può funzionare in una formula
onomastica al secondo elemento, appositivo da altra base nominale
come allomorfo del derivatore -jo- : dovrebbe essere il casos di plia-
leuu nella forma onomastica uvamokozis plialeuu dell’iscrizione di
Prestino 59.
3) (1+2) La duplice funzionalità di -ō(n) spiegherebbe un feno-
meno constatato ma non spiegato negli appositivi dell’onomastica
venetica e celtica-cisalpina : J.Untermann (1961) poneva l’esistenza
= evidenza di allomorfi in -ion- negli appositivi ‘patronimici’ del
venetico in -io- (cfr. nota 20). Tra l’altro veniva così eliminato un
presunto – e non impossibile – genitivo in -eio 60 il che riproduce
l’iter argomentativo per un presunto genitivo in -u in leponzio.
Untermann desumeva la sua interpretazione da un’analisi formale-
strutturale delle formule, ma non ne dava una spiegazione se non
come selezione di un allomorfo su una possibilità di langue. Ora
c’è una motivazione non generica : un derivatore, -ō(n), caratteriz-
za ulteriormente un derivatore in -jo- : se si tratti di ipercaratteriz-
zazione funzionale o di caratterizzazione funzionale a una marca
morfologica che era, o era sentita, come non sufficientemente ca-
ratterizzante come derivazione con sema di ‘appartenenza’ : e que-
sto è sufficiente come contorno, non come prova, del nostro di-
scorso.
58
Il fatto che la formula onomastica romana per la ‘donna’ non abbia il no-
me individuale ma solo il gentilizio potrebbe indicare la che donna nello status
giuridico ‘normale’ era assimilabile alle res della gens, almeno secondo certi pa-
rametri di giuridicità, da verificare tra realtà fattuale del tempo e nella codifica-
zione formale di una realtà formale recepita dal passato; sia realtà effettuale, sia
eredità formale, la differentia specifica con lo status onomastico del filius fami-
lias è una evidenza.
59
A. L. Prosdocimi, L’iscrizione leponzia di Prestino : vent’anni dopo, in Zeit-
schrift für celtiche Philologie 41, 1986, p. 225-250; Celti in Italia prima e dopo il V
secolo a.C., in Celti ed Etruschi nell’Italia centro-settentrionale dal V secolo a.C. alla
romanizzazione, Atti del Colloquio Intarnazionale (Bologna 12-14 aprile 1985),
Bologna, 1987, p. 561-581; I più antichi documenti del celtico in Italia, in Atti del 2o
Convegno Archeologico Regionale (Como 13-15 aprile 1984), Como, 1987, p. 67-92.
60
Ipotizzato per toupeio (Pa 7) nella formula hostihavos toupeio. Per un pre-
sunto genitivo in -u nel leponzio v. Note sul celtico in Italia, «St. Etr.» LVII, 1991,
p. 139-177.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 103
Premessa
Si è vista una isofunzionalità di -a con -ō(n) in alcune posizioni
dell’onomastica, e si è contemplata l’esigenza di un approfondimen-
to di tale isofunzionalità nella langue quale fondamento e causalità
(v. Appendice n. 5-6). Nel nostro caso la langue è una (ri)costruzione
nominata ‘indeuropeo’; la sua unitarietà consiste in (non molti)
principi struttivi distribuiti e/o evoluti in varietà e/o filoni, poi andati
a costituire le lingue storiche non documentate per vari motivi,
estrinseci quali casualità del pervenire documentale, o intrinseci
quali status di consistenza di lingue cosiddette ‘indeuropee’, che so-
no espressione di diverse realtà socioculturali : nello spazio, nel
tempo, nei contesti storici 61. Questo richiamo dovrebbe essere una
costante sempre presente quale principio nell’operare; qui lo esplici-
tiamo perché quanto diremo sull’onomastica e sui suoi fondamenti
morfologici nella langue consiste in terminali di processi ed evolu-
zioni complesse e specializzate, a volte cristallizzate in modo tale da
conservare tratti e strutture arcaiche che nelle langues hanno diver-
samente evoluto, tra marginalizzioni, ristrutturazioni, risistemazio-
ni, (ri)categorizzazioni : è il caso delle forme in -ā < *-eH2 che affon-
da le radici nella consistenza della categoria stessa del femminile e
nel suo essere come formarsi tra semantica e la creazione di una sua
morfologia; è il caso di forme derivazionali quali i morfemi in *-je/o-
e *-je/oH- con indistinzione vs. distinzione tra basi in -e/o-s e basi in
-e/o-H1, queste seconde con le due opzioni *-Ce/oH2 + -jo- > -CØjo- o
-Ce/oH2 + -jo- > -Ce/oHjo- > -Cajo- 62.
Si aggiunga che queste premesse sono inferibili da frammenti in
parte fossilizzati nella funzionalità onomastica, e qui ulteriormente
dissociati dalla prospettiva, dalle finalità e interessi, non ultimi dalle
competenze dello studioso che ne tratta – in termini brutali con di-
cotomie di visuali dal basso (onomastica) o dall’alto (morfonologia),
entrambe legittime, entrambe parziali, entrambe di difficile giunzio-
ne in sé e nelle premesse delle compartimentazioni disciplinari che,
volenti o nolenti, ci condizionano. Con la coscienza delle difficoltà
mi avventuro in alcuni assaggi e proposte su aspetti marginali e/o
marginalizzati di forme onomastiche e/o di lessico (o da lessico deri-
61
Cenni in Prosdocimi, Filoni indeuropei in Italia, cit., e in altri lavori [ora ri-
presi in 2004 SIES, cit.].
62
A. L. Prosdocimi, Syllabicity as a genus, Sievers’ Law as a species, in Papers
from the 7th International Conference on Historical Linguistics, Amsterdam-Phila-
delphia 1987, p. 483-505, e Latino (e) italico e indeuropeo : appunti sul fonetismo,
parte I in in Messana, 12, 1992 [1994], p. 93-160; parte II in Messana, 18, 1993,
p. 117-184 (entrambi ora in SIES, cit. vol. III). (Cfr. anche Appendice n. 4).
.
104 ALDO PROSDOCIMI
vate), quali atta- : Attius; *tata : Tatius; *appa : Appius e *papa : Pa-
pius; amma : Ammius; mama : Mamius etc. Un tema che qui accen-
no ma che andrebbe approfondito sia sul lato formale che sostanzia-
le sono le coppie tipo atta-tata etc. e loro derivati in -Øio- tipo Attius,
Tatius; la lista si potrebbe allungare anche se non di molto; quello
che si può segnalare è che le coppie, specialmente nella serie gemi-
nata, per lo più sono di occlusive sorde e non di sonore, il che po-
trebbe essere significativo per la cosiddetta ‘teoria glottalica’ o, me-
glio, per la ricostruzione di un consonantismo nel senso di Gam-
krelidze (-Ivanov) e Hopper (1973 ‘New Look’) : non è questa la sede
per approfondire ma per accennare all’apertura morfonologica con
esiti fonologici; parimenti non è la sede per evidenziare un aspetto
morfonologico, cioè di lingua, che appare secondario per l’onoma-
stica – tuttavia vedremo che non lo è per alcune implicazioni ono-
mastiche – ma che non lo è per fasi antichissime del farsi della mor-
fonologia tra maschile e femminile e, di riflesso, per la formazione
stessa del femminile quale categoria morfo-semantica di genus e
non di sexus : è un grosso tema della ricostruzione indeuropea da
sempre ma che negli ultimi tempi è stato incentrato sui dati delle
lingue anatoliche; di converso la questione va posta su tutte le lingue
indeuropee e nella loro ricostruzione interna : nel nostro caso una -ā
< *-eH2 che ha la stessa morfonologia di -os < -o-s presuppone una
equivalenza morfonologica della ‘vocale apofonica’ 63 e/o + s e e/o +
H2, per cui ci si riporterebbe ad una fase ‘preflessionale’ con -e/o-
senza -s e -H2, meglio con -s e -H2 non ancora funzionalizzati catego-
rialmente tra maschile e femminile e, da inserire, la categoria di ‘no-
minativo’ nel senso della grammatica tradizionale. Alle coppie date
sopra si possono aggiungere forme latine e italiche quali amma (Ve
147) : falisco mama (Ve 241); mamius/maamies (Ve 32); Acca
(Ve 215 f) e Acca (Larentia); Caca : Cacius/us; oltre le coppie il tipo
Fabius da faba etc. : questo per quanto concerne la morfonologia
*-eH2 > -ā > ă 64 + -io- > -Øio- (nei termini dati sopra e avanti). Soprat-
tutto vi è la simmetria, meglio specularità, dei tipi atta : tata, amma :
mama etc.; questi sono normalmente liquidati come nomi infantili,
nella terminologia tradizionale ‘Lallwörter’, poi rivisitati in chiave di
apprendimento della lingua da Jakobson (avanti), con ulteriori re-
centi ‘scoperte’ (dell’acqua calda) di alcuni psicologi-linguisti su ‘pa-
pa’ e ‘mama’ : ed altro ancora tra storia, preistoria ‘canonica’ e prei-
storia che affonda nella esecuzione e/o facultas loquendi quale an-
tropizzazione. Quello che interessa nella fenomenologia che
63
Cfr. i lavori citati a nota precedente.
64
Per lat. -ā > -ă v. Prosdocimi, Sull’accento latino e italico (1986), cit.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 105
3.1.1. La forma
Nell’articolo del 1982 di Anna Marinetti (v. nota 65), la ripresa
della questione di Atta/ius/us e Appius tra sabinità e romanità del-
l’uno o dell’altro aveva – come appare anche dal titolo – motivo
prossimo nella revisione, quasi rifondazione, della interpretazione
delle iscrizioni sudpicene dovuta, in primis, alla attribuzione di va-
lore ad alcuni segni che cambiavano la fisionomia di non poche for-
me 67. Nella ripresa del corpus (poi offerto dalla stessa nel 1985 : no-
ta precedente) si evidenziava la frequenza di apaiús (pl.) e apaes
65
A. Marinetti, Atta/us : Appius; lat. atta, sabino *appa e sudpiceno apaio-.
Sabini a Roma e ‘Safini’ nelle iscrizioni sudpicene, in Res Publica Litterarum, V, 1,
1982, p. 169-181.
66
Si riprendono alcune pagine dell’articolo del 1982, con aggiornamenti per
quanto concerne la posizione delle iscrizioni sudpicene : qui sono identificate se-
condo l’edizione Marinetti 1985.
67
A. Marinetti, Il sudpiceno come italico (e sabino?). Note preliminari, in in
St. Etr. XLIX, 1981, p. 113-158; Le iscrizioni sudpicene. I. Testi, Firenze, 1985.
.
106 ALDO PROSDOCIMI
68
Il riferimento è alla menzione di Poplio- Valesio- nell’iscrizione da Satri-
cum, pubblicata in Lapis Satricanus. Archaeological, epigraphical, linguistic and
historical aspects of the new inscription from Satricum, Archeologische Studiën
van het Nederlands Instituut te Rome, Scripta Minora V, ‘s-Gravenhage 1980,
p. 71-94; cfr. A. L. Prosdocimi, Sull’iscrizione di Satricum, in Giorn. It. Filol., XV
[XXXVI] 2, 1984, p. 183-230; Satricum. I sodales del Publicola steterai a Mater
(Matuta?), in La parola del passato, XLIX, 1994, p. 365-377.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 107
69
Cfr. Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit.
70
Mantengo qui le note dell’articolo originale, segnalandole con inserimento
tra parentesi quadra.
71
[Cioè con radici storiche come Charles-Carlo, Guillaume-Wilhelm etc. Sul-
la trasposizione onomastica v. E. Coseriu, Falsche und richtige Fragestellungen in
der Übersetzungstheorie, in L. Grähle – G. Korlén – B. Malmberg (a cura di), Theo-
ry and practice of translation, Nobel Symposium 39 (Stockholm 1976), (Bern-
Frankfurt a. M. : Las Vegas 1978), 17-32; ma è da approfondire la realizzazione
storica e istituzionale in particolare per ciò che concerne la ‘traduzione’ grazie al-
la trasparenza].
.
108 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 109
Appius Atta
↓ ↑
base lessicale −−➝ base lessicale
sabina latina
72
[E. Benveniste, Le vocabulaire des institutions indo-européennes 1 (Parigi,
1969), 209-215].
73
[L. Zgusta, Kleinasiatische Personennamen, (Praga, 1964), p. 70 sg.;
W. Fauth, «Adamma Kubaba», Glotta 45 (1967), 129-148, spec. p. 141-144].
74
[Una possibile conferma, anche se da prendere con qualche cautela per l’e-
straneità all’ambito indoeuropeo (pure se non è da escludere la possibilità di un
‘prestito’ dall’italico circostante), è data dall’etrusco apa (e varianti), per cui il si-
gnificato ‘padre’ è altamente probabile (v. anche nota 42) : apa TLE 318 436 634
883 928, apas CIE 4115 etc.].
75
[Le righe seguenti dedicate ad atta quale termine della parentela mirano a
rivendicarne l’importanza, almeno per una certa fase del latino che ha corrispon-
denza di spazio semantico istituzionale dell’italico : il tema, qui brevemente e
sbrigativamente accennato, sarà da sviluppare nel quadro istituzionale (fino a
quota indeuropeo)].
.
110 ALDO PROSDOCIMI
76
[Ittita attaš, antico slavo otı̆cı̌(< *at(t)ikos), gotico atta (fadar è qui hapax :
Galati 4. 6). Per la possibilità di funzionalizzazione di questi nomi ricordiamo ad
esempio che nel gotico atta tende ad assumere il significato di ‘padre della fratria’
piuttosto che ‘padre della famiglia (in senso ristretto)’ con l’evoluzione delle strut-
ture della famiglia stessa (J. Trumper, Filologia germanica [Padova, 1976],
p. 101)].
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 111
77
[Da *atta e *ap(p)a derivano forme onomastiche in diversi ambiti; oltre
che nell’Asia Minore, nel gotico, in cui da atta è derivato il nome del re degli Unni
Attila : v. S. Feist, Etymologisches Wörterbuch der Gotischen Sprachen (Halle,
1923), s. v. atta. Per l’etrusco apa l’attribuzione è oscillante. Secondo A. J. Pfiffig
(Etruskisch apa ‘Vater’ und Name, in BzNF, n.s. 6, 1971, 35-39) ricorrerebbero en-
trambe le possibilità : nella maggioranza dei casi si tratterebbe di un nome pro-
prio, in altri di ‘padre’; quest’ultimo pare fuor di dubbio nella sequenza apac atic
’padre e madre.’ Per la questione v. spec. M. Pallottino, «Il culto degli antenati in
Etruria e una probabile equivalenza lessicale etrusco-latina; Studi Etruschi 26
(1958) 49-83].
78
[Le iscrizioni sudpicene (o protosabelliche, o medio-adriatiche) sono state
negli ultimi anni rivalutate all’interno del corpus italico; l’edizione offerta da
A. Morandi (Le iscrizioni medio-adriatiche [Firenze, 1974]) ha avuto il merito di
riproporre questo settore di studi, ma si è dimostrata carente sotto diversi aspet-
ti. Una nuova edizione, con rilettura e commento delle iscrizioni, ha costituito la
mia tesi di laurea (A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene [Univ. di Padova, a. a.
1978-79] ora in corso di rielaborazione per la stampa); una anticipazione di temi
generali, con trattazioni esemplificative di singoli punti in A. Marinetti, Il sud-
piceno come italico (e sabino?). Note preliminari, in Studi Etruschi, 49, 1981, 113-
158; per ragioni contingenti le iscrizioni sono citate in testo secondo la numera-
zione di Morandi, anche se talvolta le letture differiscono radicalmente].
79
[Si tratta di tre stele monumentali, rinvenute da A. La Regina a Penna
S. Andrea (Teramo) nel 1973; queste iscrizioni, di imminente pubblicazione a cu-
ra dello stesso La Regina (che ringrazio per avermi permesso di utilizzare i mate-
riali ancora inediti), riportano l’etnico safino- ‘sabino’, confermando così a pieno
titolo le fonti antiche che indicano i Piceni discendenti dai Sabini, e rivestono
quindi la massima importanza per l’inquadramento etnico, a quota VI-V secolo,
di queste zone dell’Italia antica. Anticipazioni sui contenuti di queste iscrizioni
sono offerte da A. La Regina, Centri fortificati preromani nei territori sabellici del-
l’Italia centrale adriatica, in Posebna Izdanja, 1975, p. 271-282 e A. L. Prosdocimi,
Le iscrizioni italiche, in Le iscrizioni pre-latine in Italia, Atti dei Convegni Lincei 39,
Roma, 1979, 119-204. A proposito dell’onomastica, un problema che qui non vie-
ne toccato, ma che contiamo di approfondire in futuro, è costituito da quanto il
sudpiceno può apportare (anche in negativo) per la formula onomastica sabina
canonica, cioè binomia, che E. Peruzzi fa risalire ai Sabini dell’VIII secolo (Origi-
ni di Roma I, cit.)].
.
112 ALDO PROSDOCIMI
80
[Una sicura cronologia è possibile solo per le iscrizioni da Penna S. An-
drea, rinvenute in contesto archeologico, che A. La Regina pone al V secolo; per
il resto del corpus si deve comunque supporre una datazione approssimativa-
mente alla stessa epoca e, per alcune iscrizioni, anche più antica, specialmente in
base a fatti grafici (esempi sporadici di conservazione fino al IV secolo compaio-
no in iscrizioni su elmi; presentano comunque peculiarità tali da costituire un
problema a parte). Per ragioni di metodo, è necessaria una precisazione : l’etnico
safino- compare esclusivamente nelle iscrizioni da Penna S. Andrea; non sarebbe
quindi, a rigore, applicabile anche ai produttori delle altre iscrizioni, nel senso
che solo per Penna S. Andrea si può parlare con certezza di ‘Sabini :’ ma i carat-
teri interni delle iscrizioni (lingua, grafia, etc. ) e molte caratteristiche culturali e
sociali si ritrovano perfettamente uguali anche nel resto del mondo sudpiceno,
che si deve considerare quindi globalmente omogeneo].
81
[Non interessa qui discutere la forma di base, ma -aio- da una base -a pare
la corretta morfologia, anche per il latino secondo la morfologia (ereditaria) per
cui -io- si sostituisce a -o-, ma si aggiunge ad -a-].
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 113
82
[A. La Regina ha avanzato oralmente (da ultimo in un seminario interdi-
sciplinare sulle Tavole Iguvine, Gubbio 2-3 maggio 1980) l’ipotesi che púpún- cor-
risponda al tipo piceno- (possibile, anche se la spiegazione fonetica non è del tut-
to lineare : v. A. L. Prosdocimi, Le iscrizioni italiche, cit., p. 141); secondo La Re-
gina avremmo quindi due forme, Piceni/Sabini, con diversa distribuzione areale,
ad indicare lo stesso ethnos].
83
[Le altre iscrizioni presentano difficoltà di lettura : Mor. 4 è in buona par-
te illeggibile e in Mor. 16 pare di dover leggere apais pomp[]púnes. É importante
comunque, come si vedrà, rilevare la presenza dell’attributo nír ‘princeps’ in que-
ste formule : oltre che nell’iscr. Mor. 1, cit. in testo, compare anche in Mor. 4 rife-
rito ad apúnis. In Mor. 8 è riferito sempre ad un púpún- : in questo caso però la
formula onomastica non è *apaio- bensì petroh : petroh púpún[is/um (...) ní] r; in
una delle iscrizioni da Penna S. Andrea compare il sintagma safinúm nerf’i prin-
cipi dei Sabini’].
84
[‘Prenome’ è tra virgolette in quanto ha uno status particolare non identifi-
cabile con un autentico praenomen; ciò, come si vedrà, vale anche per Appius e
Atta/-o-].
85
[E. Peruzzi, Onomastica e società nella Roma delle origini, parte prima, in
Maia 21 (1969), 126-158, p. 140].
86
[Auct. de praenom. § 1. Su Ferter Resius v. E. Peruzzi, «Ferter Resius»,
Maia 18 (1966), 277-278 e C. Ampolo, Fertor Resius Rex Aequicolus, Par. Pass 27
(1972), 409- 412; in particolare Ampolo mette in luce, oltre al confronto di Ferter/
Fertor con l’umbro ařfertur, termine che designa l’officiante nelle cerimonie, il
possibile legame di Resius con una voce sicula indicante il re con funzioni augu-
rali; questo sulla base di un frammento di Epicarmo : rhso¥v . aßrxo¥v o©v aıßre¥sei taù
uey¥mata su cui S. Mazzarino, Dalla monarchia allo stato repubblicano, (Catania,
.
114 ALDO PROSDOCIMI
1946), p. 27 sg. Ampolo così conclude : «Pur non potendo affermare nulla di sicu-
ro, ci si chiede se il nome di questo re degli Equi sia in realtà una titolatura, inter-
pretata poi come nome proprio» (p. 412). Lascio da parte la (buona) possibilità
che umbro reh. nuvkri di un elmo di Bologna (Studi Etruschi 44 (1976), 267) sia
una menzione tipologicamente prossima secondo la proposta di J. Heurgon
(REL, 1972, p. 99-102) di riconoscere un *rehtur ‘rector’ dei Nocerini (evidente-
mente di *Nuvkria umbra)].
87
[Pare legittimo domandarsi – e si riprenderà questo tema – se il tipo di fi-
gure quali Claudio ed Erdonio rispetto alla massa di persone cui sono a capo e se
l’incerta qualificazione (dal punto di vista romano) della posizione di Erdonio e
della gente al suo seguito (su ciò cfr. Noé cit. ) non corrispondano a una struttura
istituzionale per cui nelle iscrizioni sudpicene uno è detto púpúnum/is nír ‘princi-
pe dei...’ (come detto in un inedito da Penna S. Andrea si ha safinúm nerf ‘princi-
pi dei Sabini’)].
88
[Per la definizione della koiné italica, sia dal versante storico che da quello
linguistico, v. S. Mazzarino, Dalla monarchia allo stato repubblicano (Messina,
1946); G. Devoto, Storia della lingua di Roma, (Bologna, 1940). La tematica è stata
ripresa di recente, anche alla luce di nuovi dati : v. A. L. Prosdocimi, Le iscrizioni
italiche, cit., p. 183-186 e Le lingue italiche, in Lingue e dialetti dell’Italia antica,
(A. L. Prosdocimi ed. ), (Roma, 1978), p. 543-558].
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 115
Per quale motivo le fonti mostrano una attribuzione ‘sabino Atta - latino
Appius’ che, se la nostra ipotesi è corretta, va invertita? Come detto sopra,
non si può escludere a priori che il sabino avesse conosciuto anche atta in
fase diversa da quella di appa; in questo caso si giustificherebbe l’attribuzio-
ne delle fonti : ma appare ipotesi ad hoc e non è comunque probabile. In ca-
so contrario la spiegazione va ricercata all’interno di Roma stessa; possiamo
avanzare un’ipotesi : la continuità del prenome Appius nella gens dei Claudii
(v. sopra) e il ruolo fondamentale giocato dalla gens stessa nelle vicende di
Roma possono aver determinato la completa assimilazione di Appius nel si-
stema onomastico latino; da ciò, in fonti relativamente tarde, il rigetto del-
l’alternativo Atta, non altrimenti utilizzato nell’onomastica, sentito ormai
‘meno latino’ di Appius e allora attribuito, in dipendenza dall’origine stranie-
ra dei Claudii, al sabino. Non è escluso che in ciò abbia giocato anche la po-
co comune morfologia in -a del nome, per cui Roma aveva un parallelo in un
ben noto nome sabino, Numa.
Riassumendo i termini della questione, Appius si qualifica come auten-
ticamente sabino, già sulla base dei soli dati che ci vengono dalla tradizione
romana. Il sudpiceno conferma e rafforza l’ipotesi di attribuzione linguistica
al sabino, e testimonia una parallela applicazione dello stesso modulo pa-
raonomastico (o nome ‘parlante’ o appellativo) nelle forme * apaio-. Appius
viene accolto nel latino, inteso nel suo valore appellativo e reso con una for-
ma di traduzione ricavata dalle possibilità del lessico latino, cioè Atta.
89
[Ogilvie, A Commentary, cit., p. 274].
.
116 ALDO PROSDOCIMI
90
[Il numero di 5000 è tramandato da Servio, Appiano e Plutarco; altri si li-
mitano a rilevare il gran numero : «magna clientium manu» secondo Livio e Sve-
tonio. Per Erdonio si tratterebbe di 4000 (Dionigi) o di 2500 (Livio : secondo
Ogilvie, A Commentary, cit., p. 424, questo numero è forse da correggere in 450;
v. Noé, Il tentativo di Appio Erdonio, cit., p. 648).
91
[Sulla composizione del seguito di Erdonio v. le discussioni in Capozza,
Movimenti servili, cit., p. 62-63 e Noé, Il tentativo di Appio Erdonio, cit., p. 645-
648].
92
[Entità sociali di questo tipo non sono comunque del tutto sconosciute a
Roma; basti pensare all’episodio che vede protagonista la gens Fabia, ai cui oltre
trecento membri si debbono aggiungere gli schiavi e i clienti : «Fabii ... trecenti
sex fuerunt de una familia. Qui cum coniuratu cum servis et clientibus suis contra
Veientes dimicarent...» (Servio, ad Aen., 6. 845)].
93
[W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, (Gottinga, 1904)
p. 197; v. anche Navius in PW16 (1935), cc. 1933-1936 (W. Kroll)].
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 117
gli auspicia 94 come tutti i sovrani etruschi), non si accorda infatti con la sua
presunta origine. Nel contrasto con Tarquinio, Atto Navio si pone quale «as-
sertore della tradizione augurale romana,» nel senso che «nel momento del-
l’influenza della divinazione straniera sentiva il bisogno di salvare i principi
fondamentali del diritto augurale» 95.
Da ciò si verrebbe a delineare una figura pienamente inserita nella tra-
dizione romana; il nome Attus è dunque coerente con la ‘romanità’ del per-
sonaggio e adeguato, nel suo probabile valore appellativo, alla posizione e
all’importanza dello stesso 96.
Meno evidente è l’interpretazione di Navius : il nome Navius non ha ri-
scontri nell’onomastica romana, con l’unica eccezione di un Quintus Navius,
autore di una riforma tattica nel 221 a.C.; accanto alla forma Navius un’altra
tradizione menziona però questo personaggio come Naevius 97. In ogni caso la
forma Navius appare isolata a Roma; come forma onomastica in senso stret-
to, dopo il rifiuto dell’interpretazione etrusca, appare priva di spiegazione e
attribuzione ad un ambito noto; il negativo di questa conclusione non avreb-
be comunque peso nell’inquadramento del personaggio in ambito romano.
In mancanza di meglio, avanziamo la possibilità che anche Navius si
possa intendere come nome ‘parlante’ o comunque si possa vedervi la pre-
gnanza del significato; questo non per voler dilatare più del necessario la ca-
tegoria, ma perché le possibilità sembrano notevoli, concorrendo condizioni
favorevoli per riconoscervi un nome di questo tipo : la fase arcaica in cui si
svolgono i fatti e la sfera sacrale in cui agisce Atto Navio (per un parallelo v.
Ferter Resius, nota 51); inoltre, se Attus è qui appellativo, la necessità di spe-
cificarlo non con il nome di una gens o simili (come è il caso dei sabini Ap-
pii, entrambi in funzione di guida politica e militare), ma con l’ambito in cui
il personaggio opera o con la funzione che riveste.
Per il valore di Navius azzardiamo un’ipotesi (che non vuol essere in al-
cun modo un’etimologia, del tutto prematura), richiamando il greco na¥ov,
*naPov¥ ‘tempio’; un possibile parallelo è nel miceneo (ka-ko) na-wi-jo, una
cui interpretazione può essere ‘(aes) templare’ 98. Se così si dovesse intendere
anche navius, per il nome di un personaggio la cui attività si svolge nel cam-
po religioso, un’interpretazione di questo tipo (‘addetto, nella sfera del na¥ov)
non apparirebbe del tutto fuor di luogo.
94
[È appunto l’assenza di tale aspetto che spiega il potere esercitato su Tar-
quinio da Atto Navio. Infatti con la monarchia etrusca viene a scindersi il potere
regale da quello augurale, in quanto l’augurium resta di competenza del collegio
degli auguri. Sulla questione v. P. Catalano, Contributi allo studio del diritto augu-
rale 1 (Torino, 1960), p. 567 sg.].
95
[Catalano, Contributi, cit., p. 572].
96
[In questo caso è evidente che l’eventuale valore di appellativo di Attus
avrebbe connotazioni diverse dal tipo Appius/Atta riferito a Claudio, in cui entra
anche l’aspetto politico-militare; ma, come si è detto, nomi di questo tipo posso-
no venir funzionalizzati diversamente a seconda delle circostanze].
97
[V. anche Navius (2) In PW cit.].
98
[G. Pugliese Carratelli, Documenta Mycenaea (Milano-Varese, 1964),
nr. 459 e p. 160. Sulla penetrazione di miceneismi nel Lazio v. i molti lavori di
E. Peruzzi; da ultimi : Aspetti culturali del Lazio primitivo (Firenze, 1978), e Myce-
naeans in Early Latium (Roma, 1980)].
.
118 ALDO PROSDOCIMI
Sabino Romano
*Appa −| ➝ Atta −➝ Attius/Attus ‘traduzione’
| |
(Appaio?) −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−➝ Appius ‘morfologizzazione’
99
Ho trattato, in parte, di questi temi : A. L. Prosdocimi, Populus Quiritium
Quirites. I, «Eutopia» 1995-IV,1 (= Atti del Convegno «Nomen Latinum. Latini e
Romani prima di Annibale», Roma 24-26 ottobre 1995), p. 15-71 (ora 2008 v. ‘Ro-
ma 2007/8’; cfr. qui, alla fine, Appendice n. 1).
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 119
100
Cfr. sopra in testo, e Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio,
cit.
101
Una forma titiúí compare nell’iscrizione sul ‘bracciale’ conservato a Chie-
ti, in un contesto non immediatamente perspicuo, ma che comunque inquadra
l’iscrizione come dedica; cfr. Marinetti, Iscrizioni sudpicene, cit., p. 233 e, con
una revisione di lettura e interpretazione, A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in
Piceni popolo d’Europa, Roma 1999, p. 134-139, spec. 138.
102
Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, cit., p. 117-130.
103
Cfr. gli indizi di un culto degli antenati nell’iscrizione sudpicena Marinetti
AP 2, con dedica ‘alla madre (e) al padre’.
.
120 ALDO PROSDOCIMI
104
Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit.
105
C. Lévi-Strauss, La penséè sauvage, 1962.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 121
106
Cfr. P. Solinas, Sulla terminologia della parentela nell’indeuropeo. Le radici
ottocentesche della questione. Parte I, in Atti dell’Istituto Veneto di SS.LL.AA.,
CLVI, 1997-98, p. 783-866.
.
122 ALDO PROSDOCIMI
russ-ksl.teta usw. ‘Tante’, aksl. tet6–ka ds.; nhd. Tate, ostfries. tatte ‘Va-
ter’; norw. taate ‘Lutschbeutel’, isl. táta ds., norw.schwed. tātte
‘Frauenbrust, Zitze’.
Daneben germ. Formen mit i und u : ags. titt ‘Brustwarze, Kuhzitze’,
mhd. zitze ‘Zitze’, schwed. titta ‘Tante, alte unveirhatete Frau’; mdh.
zutzel ‘Sauglappen’, schwed. tytta ‘alte Frau, Muhme’, ahd. tutta, tuta
‘Brustwarze’ u.dgl.; ähnlich gr. tytuo¥v, -on ‘klein, noch ganz jung’, ty-
tuo¥n ‘ein bisschen’, inschr. auch ‘bre¥fov, paidı¥on’; tynno¥v ‘klein gering’;
eine auch ausserhalb der idg. Sprachen verbreitete Lallwortgruppe.
WP.I 704, WH.II 650, Trautmann 320, Vasmer 3, 81.
La lemmatizzazione dell’IEW che associa tata a teta è dovuta al
preconcetto di ‘Lallwort’ per questa classe di forme; per questo, a
causa della forma, tutto pare permesso, anche se la distribuzione se-
mantica è ben precisa : tata è per lo più (se non esclusivamente) ‘pa-
dre’ e teta per lo più non lo è. Si tratta di specificare quale tipo di ‘pa-
ternità’ : l’esplicito o l’implicito porta ad una ‘paternità’ di tipo ‘fami-
liare e/o infantile’ ma, credo, ci sia anche un’altra paternità,
istituzionale anche se marginalizzata (specificherò e inquadrerò più
avanti il senso di ‘marginalizzazione’). Nella voce del IEW sono rias-
sunte, ma non specificate, le valenze semiche di tata, ma una parte
di questo può essere, o è, causato dalla genesi formale, ma non im-
plica la semicità e, specificamente la funzionalità nella terminologia
della parentela o, come preferirei, nella terminologia delle relazioni
sociali107 ; da questo punto di vita, che è il solo pertinente per l’uso
del termine, è certamente ‘istituzionale’ nel senso che lo è il tipo lat.
pater, gr. path¥r, sscr. pitā etc.; è però da ribadire che i termini di ti-
po tata sono comunque istituzionali perché rientrano in un sistema
di lingua che significa una struttura sociale, quindi istituzionale; ne
consegue che sarà da individuarne posizione e funzione nel sistema,
e non sarà da escluderle dal sistema perché non appartengono a un
nucleo sottosistemico quale, dal punto formale, la terminologia -ter
o, dal punto contenutistico, la terminologia della parentela ‘centrale’
(sopra ad nota 106). Al proposito va ancora una volta sottolineato il
grosso equivoco, vero ‘peccato originale’, del modo in cui è stata
considerata la terminologia del tipo tata liquidata all’insegna della
genesi della forma di Lallform o di nursery rime, etc. e non della fun-
zionalità semantica nel sistema della/e lingua/e, e ciò anche con ri-
flessi nella parentela genetica di tali forme : se è un a priori che un
tata dell’antico indiano non può di per sé essere esposto qui all’inse-
gna di parentela genetica con un lat. tata o con un celtico *tata, una
volta dimostrata prima la parentela genetica tra dette lingue e che,
entro tale parentela, vi sia una isomorfia di funzionalità nel signifi-
care – in ciò, differenziata tra ‘voce elementare’ e ‘lessico istituziona-
107
Cfr. Solinas, cit. a nota precedente.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 123
.
124 ALDO PROSDOCIMI
108
Cfr. sopra in testo e Prosdocimi, PQQ I e PQQ II citt.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 125
109
Ma vedi Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit.
.
126 ALDO PROSDOCIMI
110
Su ciò Prosdocimi, Tavole Iguvine II § 4, e III § ‘Tassonomie’, in stampa;
cfr. (anche se sorpassato da TI cit.) A. L. Prosdocimi, Catone (a. c. 134, 139-141) e
le Tavole Iguvine. ‘Archetipo’ produzione e diacronia di testi nei rituali dell’Italia an-
tica, in Testi e monumenti. Studi storico-linguistici in onore di Francesco Ribezzo,
Mesagne, 1978, p. 129-203.
111
Prosdocimi, PQQ I e PQQ II citt.
112
E. Peruzzi, Indeuropei ad Harappa, in La Parola del Passato, LVII, 2002,
p. 401-466. Per difficoltà grafiche si omettono le riproduzioni di segni ‘decifrandi’
e vi si rimanda all’originale (in Peruzzi 2002) con le convenzioni [orig.] : per i no-
stri fini – non per la decifrazione! – il discorso resta sufficientemente intelligibile.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 127
«§ 4.3. Tornando al segno ---, il fatto che esso, in quanto suffisso per gli
ordinali, abbia valore fonetico (§ 11) porta a non condividere l’identificazio-
ne sostenuta da Parpola, che invece presuppone per --- un valore ideografi-
co : ‘le sequenze [v. originali p. 451 Peruzzi] formano tutta l’iscrizione di due
bastoncini d’avorio (2795 e 2803) ma un terzo bastoncino d’avorio (2792) re-
ca l’iscrizione - -- ----’.
I due gruppi [v. originali p. 451 Peruzzi], proprio perché sono due scrit-
ture diverse, corrisponderanno a due distinte espressioni (cf. § 41), e a mag-
gior motivo se si tratti di nomi propri (un individuo non scrive il suo nome
in due modi completamente diversi nel medesimo ambiente e su oggetti
identici).
113
Malgrado libri e/o lavori sulle decifrazioni resta, a mio avviso, da fare un
lavoro generale sulla decifrazione in sé e poi articolata nelle varie decifrazioni.
.
128 ALDO PROSDOCIMI
§ 46. Come suffisso degli ordinali, [v. originali p. 453 Peruzzi] ha valore
fonetico (§ 11). Nel gruppo [v. originali p. 453 Peruzzi], esclusa una grafia
rebus, la quadruplicazione implica che il segno rappresenti una sillaba
(§ 39), ed è evidente che questa non può consistere soltanto in una vocale.
Qui giunti, è appena necessario avvertire che, procedendo oltre questa
ovvia constatazione, il ragionamento non potrà essere che probabilistico.
Poiché si riferisce ad un uomo (§ 44), [v. originali p. 453 Peruzzi] è una
parola o un nome proprio (eventualmente un ‘nome parlante’, ossia un voca-
bolo con funzione onomastica), non una pura onomatopea. Perciò la sillaba
rappresentata da [----] non avrà la struttura cons. + cons. + voc. (cioè per es.
[v. originali p. 454 Peruzzi] tra-tra-tra-tra) né cons. + voc. + cons. (per es. tar-
tar-tar-tar); del resto, avendosi la quadruplicazione della medesima sillaba, ne
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 129
§ 48. Come avvertito fin dall’inizio (§ 6), in questo studio sulle epigrafi
della Valle dell’Indo ci si è valsi finora di forme indiane solo per chiarire il
ragionamento con esempi attestati in una lingua antica della medesima area
geografica, dove per altro si sono già ravvisati elementi di continuità cultu-
rale dall’età protoindiana fino ai giorni nostri.
Ora, sta di fatto che l’indiano ha una formazione con t (e nessuna con p)
che presenta tutti i caratteri indicati ai §§ 45-46 : tata-tata ‘padre dei padri’,
duplicazione di tata (familiare rispetto a pitr, cf. ved. tatā-maha letteralmen-
te ‘grand-papa, grand-dad’ = pitā-maha lett. ˙‘grand-père, grandfather’), e tata
è ‘forma lessicale specificamente vedica che ha trovato posto anche nelle for-
mule cultuali di preghiera’ e ‘ricorre già all’inizio di tutta la tradizione come
un vero e proprio appellativo’. Il ved. tata è irrilevante perché essendo una
nursery form (§ 47) non è in alcun rapporto con identiche parole di altri idio-
mi che hanno la stessa origine, come per es. gr. ta¥ta e lat. tata, e quindi
eventualmente nemmeno con un’analoga voce protoindiana (e trattandosi di
nursery forms, un protoind. tata non offrirebbe alcun indizio circa il vocali-
.
130 ALDO PROSDOCIMI
smo della lingua e la sua parentela), Non è invece privo di interesse, e non
soltanto a fini di pura esemplificazione, il raddoppiamento di tata nell’ind.
tata-tata, dato che il protoindiano presenta nel gruppo [v. originali p. 456
Peruzzi] che si riferisce ad un uomo (§ 44) la medesima quadruplicazione,
cioè ottenuta ripetendo una parola costituita da due sillabe identiche, e che,
appunto riferendosi ad un uomo, è probabilmente un termine parentale
(§ 45). In quanto nursery form, indipendentemente da qualsiasi rapporto ge-
netico, tale voce protoindiana potrebbe coincidere per origine, significante e
significato con quella indiana.
In qualunque modo si voglia giudicare tale accostamento, va sottolinea-
to che esso non si fonda indebitamente a fini ermeneutici, come è d’uso, su
presunti rapporti con altri idiomi, in questo caso con l’indiano antico. Alla
sua base vi è un dato intrinseco alla lingua : la cosiddetta ‘legge di Jakobson’
(§ 45) enuncia un fatto che si osserva nella maggior parte degli idiomi e
quindi è statisticamente probabile che si verificasse anche in quello della
Valle dell’Indo, così come si constata in innumerevoli sistemi linguistici di
ogni tempo e luogo; anzi, a rigore, la ‘legge di Jakobson’ si manifesta sempre,
se pur con diversa valenza : cioè per es. il tipo tata, di solito termine parenta-
le, compare come voce infantile tanto nelle lingue antiche quanto nelle mo-
derne, ma come nome del padre non in tutte è uscito dall’ambiente della
nursery e si è imposto nell’uso corrente (talvolta anche di registro elevato, ad
es. ittita gerogl. tata e romeno tată. Ne consegue che la nostra valutazione
del gruppo [v. originali p. 456 Peruzzi] resta statisticamente verosimile an-
che a prescindere da qualsiasi riferimento all’indiano antico».
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 131
114
Se Peruzzi ha ragione di riconoscere in tatatata il ‘padre dei padri’; se vi si
può applicare che questa è una paternità di tipo carismatico per cui un ‘padre’ è
assimilabile alla posizione di un (piccolo) ‘rex’ – allora si pone la questione se il
modello non sia il tipo LU.GAL.GAL del sumerico (poi sumerogramma in accadi-
co) ‘re dei re’, meglio ‘principe dei principi’. Non sta qui, né a me, proseguire sulle
implicazioni di un eventuale rapporto tra la grafia protoindiana e quella sumeri-
ca.
115
E. Peruzzi, Ferter Resius, in «Maia» 18, 1966, p. 227-278.
.
132 ALDO PROSDOCIMI
116
Cfr. Solinas, Sul lessico indeuropeo della parentela, cit. a nota 106.
117
La voce ařfertur/arsfertur < *ad-bhertōr- nelle Tavole Iguvine è una testimo-
nianza incontestabile (v. ora Untermann, WOU cit. s. v., con alcune riserve sul
modo di proporre il termine tra latino, italico e precedenti ‘indeuropei’ : su ciò
Prosdocimi, Tavole Iguvine II in stampa, cit., § 10). Si aggiunga che l’idronimo
Fortóre è così definito nel Dizionario di Toponomastica (UTET, Torino 1990,
p. 282 s. v.) : «È l’antico Fertor nominato da Plinio Nat. Hist. III 103, di origine
prelatina ed affine all’etnico Frentani (...). L’idronimo è omofono di un altro no-
me di fiume della Liguria anch’esso menzionato da Plinio, Nat. Hist. III, 5 (que-
sto forse di origine latina; v. Petracco Sicardi-Caprini 1981, 50)». A parte l’assen-
za di accento e di indicazione del colorito vocalico per il Fortore meridionale se-
condo -o- (-tor-) che indica una originaria [ō] o una [ŭ] breve ad orecchio latino
se si tratta di una u italica; a parte l’accostamento con i Frentani che non possono
avere niente a che fare con Fertor come morfologia; a parte l’affermazione che
Fertor in Liguria è «forse» latino (anche perché un *bh- non latino sarebbe stato
probabilisticamente rappresentato da b-); a parte di domandarsi se Fertor del
Fortóre da (accus.) *Fertōre(m) sia un latinismo o la trasposizione in latino di un
italico *fertur- – a parte tutto ciò, si conferma che, italico trasposto in latino o la-
tino e basta (a mio avviso improbabile), -o- è di quantità lunga e non apofonica
come è invece il morfema -ter –.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 133
118
Prosdocimi, Tavole Iguvine III, in stampa.
119
Cfr. i miei lavori citati a nota 68.
120
Tratto di questo aspetto a proposito del Marce Camitlnas della Tomba
François di Vulci, in un lavoro tuttora inedito (cfr. nota 134).
121
Prosdocimi, Sull’iscrizione di Satricum, cit.
.
134 ALDO PROSDOCIMI
122
Prosdocimi, Tavole Iguvine III, in stampa. Nelle TI non c’è il termine ve-
reia, che è dell’italico meridionale, ma c’è poplo che, almeno nelle radici, ne è il
corrispondente, qualcosa come ‘gioventù di leva’ (= in armi). Sui giovani di leva
in epoca arcaica v. Torelli, Lavinium, Roma, 1984, passim.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 135
123
Peruzzi, Onomastica e società e Origini di Roma I, citt., passim.
124
Astrattamente anche + -ŏ- ancora in funzione di derivazione da basi nomi-
nali, ancora vitale nell’antico indiano e con tracce a Roma : cfr. la proposta di ri-
conoscere una derivazione in -o- in mamartei dell’iscrizione di Satricum = ‘ma-
martioi’ da parte di E. Campanile, ripresa da A. L. Prosdocimi, Satricum. I soda-
les del Publicola steterai a Mater (Matuta?), in La parola del passato, XLIX, 1994,
p. 365-377
.
136 ALDO PROSDOCIMI
hosticapas e hostis127
hosticapas è glossato da Paolo (91 L) ‘hostium captor’. Morfologica-
125
V. sopra § 2.2.1 a proposito di Schulze 1904 che, dando la priorità ad Ho-
stus, inverte i termini della questione ed elimina, come scomoda, la lunga di Ho-
stı̄lius perché, secondo la sua regola (peraltro corretta) un -ı̄lius non può derivare
da Hostus e, infatti, non ne deriva, perché deriva da Hostius; analoga oscillazione
in prenomi quali Attus/Attius (v. anche sopra § 3, Marinetti 1982 cit.) e Mettus/
Mettius (Fufetius).
126
Prosdocimi, PQQ I e PQQ II citt.; da quest’ultimo riprendo qui le p. 286-
288. Il tema Quirites, Quirinum, curia < *co-uirı̄tes, *co-uirı̄no-, *co-uiria è stato
ripreso per morfonologia in altri lavori tra cui Etnici e strutture sociali nella Sabi-
na : Cures, in Identità e civiltà dei Sabini, Atti del XVIII Convegno di Studi Etru-
schi e Italici (Rieti-Magliano Sabina, 30 maggio-3 giugno 1993), Firenze, 1996,
p. 227-255. L’aspetto storico-istituzionale sarà completato in un lavoro d’insieme
attualmente in manoscritto; in PQQ II, come detto in testo, era ripreso per parici-
das della nota lex Numae da me inserita nel contesto della Roma dei Quirites <
*co-uirı̄tes.
127
La sproporzione fra l’attenzione volta a paricidas e, in misura minore, a
damnas, ha relegato hosticapas ‘hostium captor’ a semplice notazione aggiuntiva
con l’effetto di non considerare la serie come omogenea e attribuibile a un deter-
minato ambiente giuridico in quanto la serie va posta tra i nomi maschili in -a ti-
po popa, Proca (e Procas), Numa. Per il valore giuridico di hostis cfr. Varrone, l. l.
V 33 «Ut nostri augures publici disserunt, agrorum sunt genera quinque : Roma-
nus, Gabinus, peregrinus, hosticus, incertus. Romanus dictus unde Roma ab
Rom<ul>o; Gabinus ab oppido Gabi<i>s; peregrinus ager pacatus, qui extra Roma-
num et Gabinum, quod uno modo in his serv<a>ntur auspicia; dictus peregrinus a
pergendo, id est a progrediendo : eo enim ex agro Romano primum progredieban-
tur : quocirca Gabinus quoque peregrinus, sed quod auspicia habet singularia, ab
reliquo discretus; hosticus dictus ab hostibus; incertus is, qui de his quattuor qui
sit ignoratur».
Questo passo di Varrone sembra smentire l’assimilazione dello hostis al pe-
regrinus; non è così o, meglio, è la riprova che il valore attuale di hostis ‘nemico’
rendeva disagevole una spiegazione : la riprova è nel modo di spiegare le partico-
larità dell’ager Gabinus che è peregrinus ma ha una sua specificità rimasta nel di-
ritto augurale ma che Varrone constata e non spiega. La specificità dell’ager Gabi-
nus costituisce un punto fondamentale per i rapporti Gabii – Roma (tematica Pe-
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 137
Gli ambiti indeuropei ivi dati sono ora da ampliare, tramite l’onomasti-
ca, al venetico (nel composto Hostihavos di un ciottolone patavino : cfr.
G. B. Pellegrini-A. L. Prosdocimi, La lingua venetica, Padova-Firenze 1967,
voI I ad Pa 7 e vol. II s.v.) e a una sezione del gallico, il leponzio (Uvamoko-
ruzzi) e di ciò tratto in altra sede; qui è pertinente il fatto che peregrinus copre
varie realtà come ‘generico’ : da una parte l’ager Gabinus, detto esplicitamente,
dall’altra l’ager hosticus non detto esplicitamente ma implicito in quanto si dice
altrove sul valore di hostis come ‘straniero’ e ‘peregrinus’. Su hostis v. A. L. Pro-
sdocimi Etnici e ‘nome’ nelle Tavole Iguvine, in Gli Umbri del Tevere, Annali della
fondazione per il Museo «Claudio Faina» VIII, Orvieto 2001, p. 31-77 ora ripreso
in TI II cap. 7. Per il frammento augurale TI III cap. ‘Auspicio’ e IV ‘Auspicio ro-
mano’.
128
La correptio si applica su accento fisso sulla penultima prima del suo ar-
retramento sulla prima. Una prima formulazione è in Prosdocimi 1986 Accento; il
nucleo resta ma, insieme a correzioni, ho individuato espansioni ed implicazioni;
non ho ancora avuto il tempo di stendere la nuova versione; ne ho anticipato al-
cuni punti in 1992-94 Latino (e) italico; 1996 Cures; 1995 Filoni indeuropei.
.
138 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 139
129
perduellis ‘nemico’ è un bahuvrihi in -ı̆- da *per-duello- con duellum antico
per bellum (Walde-Hofmann I 100 s. v.; Ernout-Meillet s. v.) fatto come inermis <
*en-arm(a)-i-; perduellion- femminile ne è derivato tramite -ōn ed è l’unico vitale
nel crimine perduellio; è però attestato perduellion- come equivalente di perduellis
(citazioni in Lindsay, Glossaria IV 176 ad Paolo 58). L’omomorfia tra perduellion-
= perduellis o perduellio astratto pone dei problemi a mia conoscenza non solo
non risolti ma, prima, non correttamente inquadrati; a monte va riconsiderata
l’etimologia di bellum < duellum tra forma e contenuto (con evoluzione!). Ai no-
stri fini è sufficiente il valore di ‘contendente > nemico’ precedente ‘hostis’.
.
140 ALDO PROSDOCIMI
130
Peruzzi, Origini di Roma I, cit., p. 52-54.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 141
Segue (Liv. I 24) la ‘storia’ degli Horatii e Curiatii che, a mio avviso, è
una storia interna a Roma perché solo così si spiega (Liv. I, 24, 1-2) «Forte in
duobus tum exercitibus eran trigemini fratres, nec aetate nec uiribus dispares.
Horatios Curiatiosque fuisse satis constat, nec ferme res antiqua alia est nobi-
lior; tamen in re tam clara nominum error manet, utrius populi Horatii, utrius
Curiatii fuerint».
Vi sono altre ragioni per pensare che gli Horatii e i Curiatii fossero en-
trambi all’interno di Roma131 così come all’interno di Roma si era svolta la
battaglia fra Romulus e Hostius Hostilius da una parte e, dall’altra, Titus Ta-
tius e Mettius Curtius; tuttavia lasciamo questo fatto come una constatazio-
ne che si aggiunge ad altro che vedremo, qui segnaliamo che sono da ripren-
dere : la dimorfia Mettius e Mettus corrispondente alla dimorfia Hostius e
Hostus (qui con la priorità certa di Hostius : < * hosti-jo- : sopra; la geminata
di Mettius che potrebbe essere un tratto italico visto che (più tardivamente)
in osco-sannita c’è -CCiV- il che confermerebbe la priorità di -tius- su -tus.
La grafia e la morfonologia del genit. Metioeo Fufetioeo in Ennio meritereb-
bero un discorso a parte, specialmente per la morfonologia del genitivo dei
temi -o-/-(e)jo-.
131
Di ciò tratto in A. L. Prosdocimi, Populus Quiritium Quirites III, in stam-
pa; v. anche TI II-III, pure in stampa.
132
Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit., ora in 2004
SIES I.
.
142 ALDO PROSDOCIMI
dalla ‘descrizione finita’ invece che dal prenomen, sia un mezzo (di
Livio o di sua fonte) per conciliare una fonte che portava solo Ho-
stius? Può essere un elemento del dossier, aperto sopra, tra Romulus
e Hostius Hostilius? Qui mi arresto, perché si entra troppo nella sto-
ria-Geschichte che non mi pertiene, mentre ha qualche pertinenza
con le mie competenze sulla storia-Erzählung, e il nome proprio è in-
dicatore di storia-Geschichte divenuta storia-Erzählung; in questa il
nome proprio, oltre che essere parte della storia o di una storia, quale
contenuto ha più, o esclusivamente, la storia divenuta Erzählung che
la storia già stata Geschichte : è una tematica che andrebbe appro-
fondita in generale, ma che si ripresenta ogni volta per casi specifici
come è la ‘storicità’ dei personaggi della Tomba François133.
133
Su ciò ho trattato in una relazione (A. L. Prosdocimi, Icone e nomi propri
come segni. Note sulla Tomba François) al XXIII Convegno di Studi Etruschi ed
Italici «Dinamiche di sviluppo delle città nell’Etruria meridionale : Veio, Caere,
Tarquinia, Vulci» (1-6 ottobre 2001); per varie ragioni – non ultima le dimensioni
assunte dal testo scritto – la relazione non entra negli Atti del Convegno, ma sarà
pubblicata come volume a parte. Avevo trattato della ‘Geschichte-Erzählung’ nel-
la tomba François a Perugia nel corso di Etruscologia dell’Università per stranie-
ri, luglio 1995; ho ripreso il tema nella stessa sede, per le lezioni di luglio 2007.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 143
134
TI IV ‘Grammatica’, in stampa. Ivi anche la sequenzialità onomastica
vol. II § 7, anticipato in Etnici e ‘nome’ nelle Tavole Iguvine, in Gli Umbri del Teve-
re, Annali della fondazione per il Museo «Claudio Faina» VIII, Orvieto 2001,
p. 31-77.
135
Riprendo qui quanto detto in A. L. Prosdocimi, Gli etnici, in Piceni popolo
d’Europa (Catalogo della Mostra), Roma, 1999, p. 13-18.
.
144 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 145
Aldo PROSDOCIMI
.
146 ALDO PROSDOCIMI
APPENDICE – 2008
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 147
su Roma quale toponimo avevo già scritto, tra una semplice (micro)toponi-
mia e una toponimia giuridica (A. L. Prosdocimi, Populus Quiritium Quiri-
tes. I, «Eutopia» 1995-IV,1 (= Atti del Convegno «Nomen Latinum. Latini e
Romani prima di Annibale», Roma 24-26 ottobre 1995), p. 15-71).
Nella relazione del 2002 avevo considerato «-lo- quale formante di ono-
mastica» (§ 2 p. 84 sgg.), -lo- (e -la) quale derivativo non diminutivo (§ 2.2.3
p. 97-98) e il rapporto con un personaggio ‘storico’ sottostante. (§ 3.1.2
p. 118-119 e § 4.3 alla fine p. 140-141). Non avevo trattato direttamente il
nome Romulus per non appesantire ulteriormente il testo, e perché non c’e-
rano motivazioni adeguate alle trattazioni più recenti dovute all’operosità di
C. De Simone : in particolare Il nome di Romolo in Roma 2000, p. 31-37, in
contesto con A. Carandini, Variazioni sul tema di Romolo. Riflessioni dopo
La nascita di Roma (1998-1999), in Roma 2000 p. 95-150 [Roma 2000 corri-
sponde alla curatela (A. Carandini-R. Cappelli) di Roma, Romolo, Remo e la
fondazione della città, Catalogo della Mostra, Milano, 2000.] Non avevo preso
sul serio il discorso di De Simone (sparso anche in altri lavori), fino a che
A.Carandini non l’ha accolto in un articolo derivato dai lavori precedenti nel
volume La leggenda di Roma I, 2006 (Fondazione Lorenzo Valla).
Il titolo del contributo («Appendice I», p. 455-468) è I nomi di Romolo e
Remo come etruschi. La sede di prestigio e, soprattutto, la funzione che do-
veva avere nell’economia di un’opera inserita in una serie di fonti mi portava
a riprendere la problematica del nome Romulus : l’avrei proposta in questa
Appendice, se nel frattempo nel Convegno del 2007 (sopra) De Simone non
avesse riproposto lo stesso tema. Di conseguenza ho ritenuto opportuno di
rimandare alla relazione del 2007 quanto, per cortesia ed ospitalità, avevo
pretermesso nell’occasione; ivi peraltro avevo avanzato le mie riserve – me-
glio, dissenso totale – sull’interpretazione ‘storica’ e, prima, sull’attribuzione
linguistica di De Simone. Poiché non posso prevedere la circolazione che
avrà il testo del Convegno del 2007 (Roma 2007/8), anticipo qui alcuni punti
che sono ivi svolti molto più ampiamente. Detti punti sono implicati e/o in
sintonia con quanto già detto e scritto nel 2002 (→ 2003/4 e prima) per -lo- di
latino-romano Romulus e di quanto vi afferisce.
1) -lo- è latino-romano. L’attribuzione primaria all’etrusco di Orvieto
(De Simone) è un hysteron proteron per il ‘fondatore’ di Roma; più ancora :
per quel che se ne sa della morfologia derivazionale etrusca, tra forma e se-
micità in sé e rispetto al latino-romano, è un obscurum per obscurius (v. an-
che punto 4).
2) Il nome di Romolo in sé e rispetto a Roma è un problema già per gli
antichi, ma è un problema centrale come prova la voce di Festo «Romam...»
(326-330L), epitomata dall’originale (perduto) del de significatione (/signifi-
cationibus) verborum di Verrio Flacco. A mia conoscenza, è la voce in asso-
luto più lunga (e tormentata) del compendio di Festo, il che riflette verosi-
milmente lo status della voce in Verrio (ridotta, come si addirebbe ad un’epi-
tome?).
3) Un *Rumele etrusco (De Simone) trasposto in latino-romano come
*Romelos > Romulus, quindi con etrusco ru- > romano ro- puramente foneti-
co, oltre ad un preteso ma indebito hysteron proteron fra etrusco e romano,
-mele > *-melos > mulus morfonologico pare escluso dalla voce immediata-
mente precedente nell’epitome di Festo (e in Verrio? o forse era conglobata
.
148 ALDO PROSDOCIMI
in una grande ‘voce’ onnicomprensiva? ciò non toglie valore alla testimo-
nianza, a maggior ragione se era entro la voce «Roma» nell’originale verria-
no) : (326L) «Romulum quidam <a> fico Ruminali, ali quod lupae ruma nu-
tritus est, appellatum esse ineptissime [sottolineatura mia] dixerunt». Quanto
segue è di non facile interpretazione ma ineptissime detto di una derivazione
da Rum- è chiarissimo.
4) Ma c’è di più su -lo- che in latino-romano non è diminutivo, ma indi-
ca ‘appartenenza a...’, da cui una eventuale funzionalizzazione ANCHE per i
diminutivi : v. sopra gli esempi su Hispallus, Messalla, etc. Al proposito, per
il latino ma anche per l’etrusco, secondo l’iter esposto da De Simone per -le
‘diminutivo’ da un toponimo etrusco *ruma da cui Roma, ne conseguirebbe
che *romelos in latino-romano e *rumele in etrusco sarebbe un diminutivo,
qualcosa come il ‘Romanino’ pittore, così come il ‘Perugino’ è il pittore che
viene da Perugia, ma non è il ‘piccolo Perugio’ (?!). Qui la morfonologia ‘fi-
nale’ è dirimente : SE Romulus è da Roma + -lo- - quale sia il valore di -lo-
(ma non un banale diminutivo bensì un derivativo) – la morfonologia è
(latina-)romana, così come per Hispallus < *Hispană-lo-/a, Messalla < Messa-
nă-lo-. La questione di -lo-/-la nei cognomina si pone sul piano proprio della
cognominazione in -a e non sulla sequenza morfonologica -a+lV- che in ro-
mano – e per principio ci restringiamo rispetto alle altre varietà indeuropee
d’Italia – dà -e-lV- > -ulus/-a.
La questione è complessa ma chiara : -ā (genetico > lat. -ă; A. L. Pro-
sdocimi, Sull’accento latino e italico, in Festschrift für Ernst Risch zum 75.
Geburtstag (hrsg. A. Etter), Berlino-New York, 1986, p. 601-618) si comporta
qui come -os e non, come sarebbe normale, conservando -ā in derivazione,
come è altrimenti la normalità anche contro -ă al nominativo : tipo multă
ma multāre, multātus. La motivazione è morfonologica ed esclusivamente
dell’indeuropeicità, in Italia nel nostro caso (A. L. Prosdocimi, Filoni indeu-
ropei in Italia. Riflessioni e appunti, in L’Italia e il Mediterraneo antico, Atti
del Convegno SIG (Fisciano-Amalfi-Raito 4-6 novembre 1993), vol. I, Pisa,
1995; ora in Scritti inediti e sparsi, Padova, 2004, vol. III, p. 1359-1531) : di
questo, qui pertinente al latino-romano, si ha analogo comportamento an-
che, mutatis mutandis, in italico, col tipo *nowa > *nowela > [noula] sannita
(grafico) núvla.
Motivazioni più approfondite sono nel testo scritto della relazione del
2007 (‘Roma 2007/8’). Qui interessa anticipare l’esclusione di un etrusco
*Ruma+ -le- > latino-romano *Romelo, per a priori storico (Roma!) e per a
priori di lingua : ci sarebbe stato *Ruma-lo-, non avendo l’etrusco la regola
morfonologica per cui -a- in derivazione avanti -lV- passa a -lo-; viceversa è
da porre l’inverso, e cioè che etrusco *Rumele sia da un latino-romano *Ro-
melo-. Advocatus diaboli pro etrusco : ricorrere ad una trasposizione sincro-
nica di un (fantomatico) etrusco -a-le- in latino -e-le secondo la morfonologia
romana sarebbe un obscurius, ma, più ancora, se etrusco Rumel(e)- rispon-
desse a Romulus < *Romelos sarebbe, comunque, un romanismo in etrusco,
per cui si confermerebbe la ‘romanità’ di Romulus < *Romelos.
5) L’argomento per Rumele etrusco e non Romanus (o varianti) ripreso
da Carandini (2006 Leggenda p. XXXVII) è semplicemente insussistente per-
ché, in *Romulos, -lo- ha una funzione derivativa assimilabile a un (etnico-)
poleonimo, ma significa l’origine (poleonimia) in modo diverso da Romano-,
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 149
[2]
[3]
[4]
.
150 ALDO PROSDOCIMI
Come detto al § 3, i maschili in -a quali appa, atta, mama, etc. hanno con -(i)
jo- la stessa morfologia derivazionale dei nomi ‘maschili’ in -os, il che si può
spiegare solo con una morfonologia -e/o-s per cui -ā (poi > -a) è parallela
quale -e/o-H2 : la vocale ‘apofonica’ -e-/-o- ha -s come (agentivo →) nominati-
vo e -H2 come derivativo non (ancora) polarizzato a fornire morfologia per il
‘femminile’, ma un derivativo (a valore di collettivo?). In questa prospettiva
rientra anche il ‘femminile’ in -iă /-jā, -i di sscr. devı̄ e vrki, e latino nutrı̄- in
nutrı̄-re, entrambi derivativi in *-j(V)H2. ˙
Riprenderò il tema ora sparso in diverse sedi (A. L. Prosdocimi, Syllabi-
city as a genus, Sievers’ Law as a species, in Papers from the 7th International
Conference on Historical Linguistics, Amsterdam-Philadelphia 1987, p. 483-
505 su -Ce/o-i/ie/o- > -CØ(e/o)-; Latino (e) italico e indeuropeo : appunti sul fo-
netismo, parte I in Messana, 12, 1992 [1994], p. 93-160; parte II in Messana,
18, 1993, p. 117-184, cap. 1.3, 2 e aggiunte-appendici; entrambi ora in Scritti
inediti e sparsi. Lingua, Testi, Storia I-III, Padova 2004; Umbro furfa- vs. lat.
forfex : -eH2 > -a vs. -eH2s > -eks, in Arch.Glott.It., LXX, 1985, p. 51-61; L’iscri-
zione gallica del Larzac e la flessione dei temi in -a, -i, -ja. Con un ‘excursus’
sulla morfologia del lusitano : acc.crougin, dat.crougeai, in Idg. Forschungen,
1989, p. 190-206; Sulla flessione nominale messapica, parte I in Arch.Glot-
t.It., LXXIV, 1989, p. 137-174; parte II, in Arch.Glott.It., LXXV, 1990, p. 32-
66; Il genitivo messapico in -ihi, in Studi linguistici in onore di Roberto Gu-
smani, Alessandria, 2006, p. 1421-1434.
[5]
[6]
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 151
mite; più ancora : la ‘filologia’ come accertamento delle res e, poi, come di-
sposizione ordinata delle res, è una necessità, ma è un primo livello; un ulte-
riore livello è la spiegazione (causa) che può non essere individuata ma che
non va eliminata come esistenza per implicazione logica e materiale; soprat-
tutto, la causalità non va scambiata con la disposizione ordinata delle res
(effetto), da cui una possibile, anzi frequente, inversione della sequenza tra
causalità ed effetto.
[7]
[8]
.
PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
Premessa
Per identificare le varietà del celtico parlate in territori dell’Italia
antica è necessario dare innanzitutto una panoramica dell’onoma-
stica italiana di tale matrice 2 ; partendo dai nomi di luogo (cap. I) 3,
passeremo quindi agli etnonimi antichi (cap. II) 4, ai pochi teonimi
(cap. III) 5 e infine ai nomi di persona (cap. IV) 6, ai quali è dedicato
anche il contributo dell’amico Motta in questo stesso volume 7. Si
noterà che i quattro capitoli in questione, che impiegano tutti
1
Nel presentare il testo della conferenza tenuta il 14 novembre 2002 all’Insti-
tutum Romanum Finlandiae desidero innanzitutto ringraziare della generosa
ospitalità gli organizzatori di tanto piacevole e istruttivo congresso. Ringrazio
inoltre altrettanto cordialmente i colleghi J. A. Arenas (Lampeter), G. Borghi
(Genova), C. García Castillero (Vitoria), M. P. Marchese (Firenze) e J. Zeidler
(Treviri) di avermi gentilmente procurato alcuni lavori di difficile reperimento.
2
Ragioni di spazio impediscono di specificare ogni volta le fonti relative agli
esempi : i più cospicui si potranno facilmente verificare nella bibliografia basila-
re attinente alle lingue celtiche; si rimanda inoltre complessivamente a lavori
precedenti dell’autrice, quali Sonanten e NWÄI, nonché gli articoli 1994, 1995,
1995-96, 1999/2000, 2002.
3
Qualora non si specifichi diversamente, la documentazione storica dei no-
mi di luogo italiani citati (i) compare nel DT e (ii) è compatibile con le spiegazio-
ni proposte nel presente testo; i nomi in alfabeto greco sono tratti dalla ‘Guida
geografica’ di Tolomeo e sono stati per lo più già commentati estesamente in
DBSt 1999/2000 con le aggiunte 2002/2005.
4
Si rimanda per questi, oltre che alla ‘Guida geografica’ di Tolomeo, alle car-
te del GHW e del Barrington; cf. inoltre Grzega 2001, p. 6 e ora DBSt 2006/2008,
nonché nel LKA s.v. «Stammesnamen».
5
I dati vengono raccolti nell’ambito del progetto F(ontes) E(pigraphici)
R(eligionum) C(elticarum) AN(tiquarum) della Österreichische Akademie der
Wissenschaften, cf. per un primo bilancio Zaccaria 2000/2001-02, nonché prossi-
mamente in Sartori.
6
Molti di essi si trovano, anche se differentemente raggruppati, in Unter-
mann 1959-1961; altri sono stati estratti dall’OPEL o ancora da Mercando/Paci
1998.
7
Vedi il contributo di F. Motta in questo volume, p. 295ss.
.
154 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
I. I NOMI DI LUOGO
8
Invece i materiali onomastici di altra provenienza – utilizzati per eventuali
raffronti – vengono sempre espressamente individuati come tali (i.a. per mezzo
di abbreviazioni indicanti la provincia romana : GES = Germania superior, HIS =
Hispania etc.).
9
Cf. anche DBSt 2000, p. 407s.
10
Cf. Blažek 2001 sulla connessione tra airl. airne ‘pietra’ e itt. per, parn-
‘casa’.
11
Legenda monetale A. 81 con il gen. plur. di un etnico. V. però anche più ol-
tre alla n. 179.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 155
12
NWÄI, p. 26. Sulle continuazioni romanze Pellegrini 1990, p. 123, e Grzega
2001, p. 110 s.v.; per l’ispanico Brieva (Briviesca è solo moderno), cf. Nieto Balle-
ster 1997, p. 94. V. anche il LKA alla voce «Briva».
13
Diversamente da quanto si dice nel DT, p. 534.
14
Nome precedente all’antica Industria : Plinio N.H. 3, 122.
15
Il toponimo, etichettato come «ligure» solo in virtù del contesto in cui ap-
pare (Pellegrini 1981, p. 38; Petracco Sicardi 1981, p. 75), riflette in realtà un cel-
tico arcaico, pertanto con il significato di ‘lucente collina’.
16
Rivet/Smith, p. 345. Cf. anche Durnomagos ‘kiesfeld’ oggi DormagenD. Di-
versamente il DT, p. 253.
17
Cf. Pellegrini 1990, p. 120.
18
Cf. Petracco Sicardi 1981, p. 73, nonché ora Crawford 2003 e Pansardi
2004.
.
156 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 157
Italia sembra essere questo il caso del nome più antico del fiume Po,
chiamato «Ligurum lingua» 28 Bodincus, se lo segmentiamo come
*bhodh-enko-s e vi ravvisiamo una base affine al gall. bedo- ‘fossa, ca-
nale’ ( cimr. bedd); potrebbe però trattarsi piuttosto di uno dei ‘deri-
vati limite’ da cui ebbe origine il suffisso stesso se risalisse a un anti-
co *bhudhmen-ko-s formato sulla base indoeuropea corrispondente
tra l’altro al gr. pyumh¥n 29 ;
– i derivati in *-ŏnā, tra cui Kremwna/ Kremwnia, vale a dire Cre-
mona (← kremu-, continuato anche nell’irl. crim ‘aglio selvatico’), e
probabilmente Cetona dalla base celtica kaito– / keton ‘bosco’ ( cimr.
coed), con importanti equivalenti toponomastici tanto sul continen-
te (CetobrigaHIS) quanto nelle isole britanniche 30.
27
Tutti discussi tra l’altro da Petracco Sicardi 1982, p. 111.
28
Plinio N.H. III, 121, che ne dà anche «Gallice» il nome Padus, l’unico atte-
stato invece da Tolomeo (< *kwā-do-s «the Bulging/Swelling (river)»? DBSt 1999/
2000, p. 96).
29
Cf. Pellegrini 1990, risp. p. 118 e 103; IEW, p. 174; EWA II, p. 228s. s.v.
bhudhná- ‘Boden, Grund, Tiefe’.
30
Watson 1909-1910, p. 237s.; diversamente il DT s.vv. Si noterà che l’etimo-
logia qui proposta è avallata da dati archeobotanici.
31
A differenza di quanto sembrano pensare alcuni studiosi, tra cui Petracco
Sicardi 1983, p. 1018s., e Pellegrini 1990, p. 109.
32
Si tratta dello stesso fenomeno osservato da Villar 1995, p. 101, a proposito
del nome dell’antica città di Lutia HIS, dove la forma toponimica che si affermerà
(Luzaga E) è proprio quella originaria dell’aggettivo (cib. *lutiaka).
.
158 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
Diversamente il DT s.vv.
33
In questo senso già Trumper e Vigolo 1997, p. 224 (analisi non ancora ac-
34
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 159
41
Diversamente il DT s.v.
42
Essendo una forma in -ya associata di regola al tipo aggettivale (v. sopra al
§ I.a.b con le note 31 e 32).
43
Cf., sempre con il grado normale della radice verbale *wer- ‘difendere’, an-
che gli airl. ferenn ‘cinta’ e fertae ‘argine, tumulo’.
44
Questa seconda ipotesi etimologica, che io stessa proponevo nel 1999/
2000, p. 94, mi sembra ora meno probabile per ragioni strutturali, essendo i deri-
vati in *-ŏnā solitamente formati da basi nominali (NWÄI, p. 452s., Hamp 1990,
p. 193, e qui sopra al § I.a.b). In ogni caso, anche la particolare ricchezza di celti-
smi preservatisi nella zona (Grzega 2001, p. 289s.) sembra parlare a favore di una
etimologia celtica del toponimo.
45
Tol. III, 1, § 48; cf. Cuntz 1923, p. 160, e DBSt 1999/2000, p. 92.
46
L’etimologia, da me presentata nel 1995, p. 24, è stata ripresa – anche se
non del tutto correttamente – da Trumper e Vigolo 1996, p. 229, e si trova ora ac-
colta in Delamarre, p. 84, s.v. bouno > bounonia ‘durable, prospère’.
.
160 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
47
Che presenta inoltre indizi di celticità del tipo (a) nel determinatum del
composto : -lānom < ie. *p/H-no-m ‘piano’.
48
Cf. la bibliografia in DBSt 1995-96, p. 135 n. 236, e per la Soana in partico-
lare Pellegrini 1981, p. 57.
49
Cf. Trumper e Vigolo 1997, p. 223 : «sembra essenzialmente provato il
quadro di un Friuli a forte base toponomastica celtica, man mano che si procede
dalla pianura verso la Carnia»; cf. anche ibid. p. 226, dove si arriva a calcolare un
15% di toponimi celtici per il Friuli, mentre per il Veneto (p. 231) si raggiunge un
35%.
50
Bologna e altri toponimi celtici riscontrabili per queste due zone nel cor-
pus tolemaico (DBSt 1999/2000 e 2002/2005) già permettono di correggere Grze-
ga 2001, p. 285.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 161
51
Barrington, carta 44 : H.4.
52
Cf. la carta di Kruta-Poppi in Frey l.c.
53
Si constata inoltre la presenza di toponimi – anch’essi antichi – conosciuti
da altre zone del mondo celta quali Albiana e Kloynion, Palanta.
54
Cf. Schmid-Sikimic¥ 2001, p. 60 : «Bemerkenswert an südschweizerischen
Bestattungsplätzen der älteren Eisenzeit ist [...] auch das Vorkommen von Bern-
stein und vor allem Edelkorallen, die reichlich Eingang in die Schmuckproduk-
tion gefunden haben, selbst aber nur im Fernhandel zu bekommen waren.» E a
p. 125 : «[Die Kelten] verwendeten die Koralle weit mehr als die vorangehenden
Kulturen».
55
Semplici coincidenze parrebbero invece Oyßsel(l)iv, oggi Usèllus (prov. Ori-
stano), e *litana (nei moderni Lìdana e Rio Lìdana; v. però al § IV.a), normalmente
classificati come «paleosardi» (cf. Wolf 1998, p. 38 e 64, 58, 93, 263, 267, 299).
56
«Die Münzlegenden, vor allem die Bilinguen, zeigen eindeutig, daß die
epichorische Form das S- erhalten hatte» (Schmoll 1958, p. 8); sul tipo onomasti-
co v. sopra al § I.a.g con la nota 40.
.
162 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
no (dal celt. sentu- ‘sentiero’, cf. airl. sét), cf. Sentı¥khE, mentre il
gruppo è passato a int nel Sintoion galata 57 ;
– la sopravvivenza di resti del nome-radice *bh.gh-s ‘rocca’ (i.e. di
contro alla forma modernizzata briga- del gallico e del britannico)
cf. Arebrigium, Seprio e forse Vaprio, Cadore 58 ;
– l’utilizzazione di cotto- nel significato originario di «bucklig»
(così nel nome delle Alpes Cottiae), laddove in britannico assumerà
poi il significato di ‘curvo’ e quindi ‘vecchio’ riferito a persone (come
nel cimr. cot bret. coz, DBSt 1999/2000, p. 93).
57
Falileyev 2002, p. 87, nel mettere in dubbio l’arcaicità delle forme con -ent-
non tiene conto né dei vari tipi di mutamenti fonetici documentati in gallico in
sillaba pretonica (cf. gli studi di DBSt 1994 e 1995), né del fatto che i fautori da lui
citati di una alternanza libera ent / int (postura normale prima del ’94) provengo-
no da una corrente che rifiuta a priori la parossitonia del gallico in quanto iso-
glossa di innovazione propria di una fase gallo-britannica.
58
Rispettivamente con are- (nell’Itin.provinc.Ant.Aug. 345.4 e 347.7), sego-,
u(p)o- e catu- in funzione di determinante. – Nello stesso contesto ricorderemo
anche il briś di Montmorot (Verger 1998/2001), casomai non si trattasse di una
abbreviatura.
59
Cf. Eska [1989 e 1995] citato in DBSt 2002, p. 98, dove tale labializzazione
si annovera tra le innovazioni del celtiberico.
60
V. sopra al § I.a.b e – risp. – in basso al § I.d; il fenomeno di labializzazione
ligure appare già tra le isoglosse elencate da Lejeune 1972, p. 266, che al no 3 ne
risalta l’assenza nell’idronimo Porcobera, peraltro così arcaico da conservare ad-
dirittura la #p- (v. al § I.d).
61
Documentata nell’iscrizione di Fuentes de Ropel (cf. la bibliografia citata
in DBSt 1999/2000, p. 95 n. 22) e nell’airl. benn (ibid. n. 23).
62
«Loch Beannach, horned loch, is a common name, usually mistranslated»
(Watson 1908-09, p. 339s.).
63
Tibiletti Bruno 1986, p. 99s.; sulla affricazione celtiberica DBSt 1999/2001,
p. 328s., nonché 1998/2007.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 163
sca; Airolo, Airole. Incontrandosi tale isoglossa, oltre che nelle lingue
celtiche cosiddette insulari, anche nel corpus paleoispanico prove-
niente dalla Celtiberia e dalla zona occidentale 64, mi pare lecito pen-
sare che rappresenti nelle parlate romanze un influsso del sostrato;
– la palatalizzazione ye < yo, che si osserva in area cosiddetta li-
gure 65 e si confronterà con quanto avviene regolarmente in goidelico
in sillaba atona 66 : cf. montem Berigiemam, che non è un composto 67,
bensì un derivato, probabilmente elativo, in -mā da una base *bhergh-
yo- formata a partire dalla ben nota radice *bherĝh ; iugo Blustiemelo
e, sempre nella SeM, fontem Lebriemelum, ai quali fa eco nella TaAV
Nitielium ← celt. nitio- ‘interno > del luogo’ 68 ;
– l’epentesi nel contesto #(C)VRVCV, documentata nel succitato
oronimo Berigiema, da un originario *Bhérĝh-yo-mā e di cui si cono-
scono paralleli nella Penisola Iberica 69 ;
– la fissazione dell’accento sulla penultima sillaba nella fase gal-
lica la rivelano p.es. *Berg-ál(l)-is > Bergalli, Bargali = Bargagli e Bar-
rolius = Barolo, nonché Arlate, Blenio, Bologna, Briona, Cadore, Cre-
mona, Issiglio, Ivrea, Milano, Soana, Susa, Vendoglio, Vicetia = Vi-
cenza 70 ;
– lo sviluppo di suffissi del tipo VCxCxV < VCxV, vale a dire
con geminazione consonantica riconducibile all’allungamento fone-
tico della sillaba tonica aperta. Si tratta dello stesso fenomeno 6 VCV
> 6 VCCV che in tedesco ha condotto a Wetter dall’aated. wetar. Esem-
pi italiani ne sono l’-éllo- di Birakellon e Brijellon e l’-énno-/ā di
Ardenno, Val Brevenna, che non rappresentano quindi suffissi del
tutto nuovi, bensì varianti dei morfemi ie. e celt. -lo- e -no- (cf. anche
DBSt 2005a, p. 91).
64
DBSt 2002, p. 98s., 116, 121. Cf. ora anche ead. 2005/2007.
65
Come rileva Lejeune 1972, p. 266, sulla scia del Devoto. Cf. ora DBSt 2006.
66
In Spagna il tipo Nemaiecanum è latinizzato rispetto al gen. plur. indigeno
Nemaioq( ) (sul r. e v. della tessera di Herrera de Pisuerga, cf. Marco Simón 2002,
p. 169s.).
67
Si noti che l’etimologia che si suole citare in proposito – riferita tra l’altro
dalla stessa Petracco Sicardi (1981, p. 73, e 1982, p. 111), che pur propone alterna-
tivamente una analisi, benché rudimentale, come derivato – va contro la struttu-
ra di tutti gli altri nomi del nostro corpus, regolarmente del tipo SOV.
68
La sicura attestazione del lessema in più di un composto celtico continen-
tale (cf. ora Delamarre, p. 235 s.v. gall. nitio ‘d’ici, propre’) fa apparire superata la
vecchia interpretazione (riferita i.a. da Petracco Sicardi 1981, p. 76).
69
V. oltre al § IV.a.d e IV.c.b con la nota 160. Cf. ora DBSt 2005/2007.
70
Come risulta dai lavori del 1994, 1995 e 1995/6. Si aggiungerà ora che non
tutte le peraltro assai poche eccezioni (Bèrgamo, Polcèvera, Vendévolo) saranno
necessariamente dovute ad interferenze con l’accentuazione latina, potendo per-
fettamente riflettere il sistema celtico anteriore (2002, p. 118s.), che traspare an-
che dagli sporadici fenomei di epentesi e di restrizione di -yo- in -ye-. Cf. ora an-
che DBSt 2005/2007 e 2066.
.
164 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
71
Come discusso più ampiamente in DBSt 1993/96, p. 227s. n. 72, e in Are-
nas/DBSt 2005.
72
NWÄI, p. 539. Cf. anche l’airl. sochrait ‘having good or many friends’
< *su-karant-i-s (Uhlich 2002, p. 415).
73
Da un precedente < *vindu-pal-o-s : Marchese 1979, p. 175s.
74
Come sottolinea la Prósper 1998, p. 148s., anche se, vincolando l’etichetta
linguistica ‘ligure’ specificamente all’attuale regione ligure, rifiuta curiosamente
l’etimologia tradizionale; metodologicamente corretta è piuttosto la posizione
della Marchese 1979, p. 177, che sottolinea come «un *vindupala era, come strut-
tura di langue, di tutto il leponzio [recte : di tutto il celtico arcaico] e che solo per
un fortunato fatto, cioè la fissazione in un toponimo, ce ne è conservata l’attesta-
zione unicamente in Liguria [e altri pochi territori]».
75
Si noti che Breeze 2002, p. 263s., preferisce il significato di «middle part»
alla classica interpretazione del tipo ‘rocca’.
76
Con Ingauni < *ping-a-mn-o-i, participio presente mediopassivo del verbo
corrispondente al lat. pingō, v. oltre al § II.a.b.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 165
ver)» < * tjkw-ino-s (cf. airl. techid ‘corre’) 77, si affiancano quelli di
epoca posteriore con labializzazione della labiovelare in questione,
come Eporedia = Ivrea 78, nonché il montem Prenicum ‘coperto di al-
beri’ nella stessa Liguria 79.
– Alla base Taur-, non ancora metatizzata in Augusta Taurino-
rum = Torino 80, si affianca la forma con la metatesi caratteristica del
celta seriore come in Tarvisium = Treviso e in Tarvisio.
– I vari tipi di continuazione della base vindo- riflettono diffe-
renti strati onomastici, cf. Vindupalis (il più arcaico e specificamen-
te ligure 81) vs. Vinelasca (con l’assimilazione consonantica regolare
in lepontico) vs. villa Vendoni (con il gruppo nd preservato e l’assi-
milazione vocalica in sillaba pretonica tipicamente gallici), oggi Vin-
done, tutti attestati in Liguria.
77
Che pare rappresentare un caso di semplice dissimilazione della compo-
nente labiale w davanti alla i iniziale del suffisso.
78
Da *ekwo-reid(a)-yā, con il significato originario di ‘the (town) of the hor-
se-carts’, cf. la bibliografia in DBSt 1999/2000, p. 93 (il toponimo e la discussione
relativa vanno aggiunti a Uhlich 2002, p. 417 e 423s.).
79
Attestato nella SeM : dalla base prenne gl. arborem grandem (: cimr.
prenn), laddove il goidelico ha crann come in airl. ‘albero, legna’ < *kw.snó-. Im-
motivata e poco economica la ricostruzione della Petracco Sicardi 1981, p. 75.
80
Dall’etnonimo Taurini ‘(forti) come tori’, di cui si conosce un parallelo
onomastico – fuori d’Italia – nel nome dei Celti Taurisci NOR, nonché in quello, leg-
germente modernizzato, dei Teurísci vicini alla Dacia (cf. Falileyev 2007,
p. 25 s.).
81
Per via della labializzazione della -o- in -u- (sconosciuta p. es. al lepontico,
che forma dat. plur. in -iobos, -ebos).
82
Tipica delle formazioni participiali modernizzate del celtico continentale
(DBSt 1995a, p. 433), si osserva anche nell’etnonimo gen.plOyßediantı¥wn (Vediantio-
rum in Plinio) «either ‘the Leaders’ or ‘the Sages’» (DBSt 1999/2000, p. 91).
.
166 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
83
Cf. Prosdocimi 1984/87, p. 75; inoltre DBSt 1995-96, p. 135f., e 1999/2000,
p. 91. Si ricorderà con Lejeune 1972, p. 263, che «à l’exception de Strabon, qui
donne Como comme leur limite méridionale, les Anciens s’accordent à localiser
les Lepontii nettement plus au nord, vers les sources du Rhin (César) ou du Rhô-
ne (Pline); leur nom survit dans celui de Val Leventina (haute vallée du Ticino en
amont de Biasca)».
84
Tratti così moderni contrasterebbero infatti con un eventuale residuo di
impiego passivo dell’aggettivo verbale in -nt- a meno che non si tratti della mo-
dernizzazione di una designazione più antica.
85
Per l’analisi come composto si rimanda a NWÄI, p. 429s., per la forma ir-
landese a DBSt 1999/2000, p. 100s. con ulteriore bibliografia; cf. ora anche ead.
2004/2007, p. 149.
86
V. anche quanto si dice più avanti al § II.c.a sul passaggio fonetico di -iks a
-is e la conseguente reinterpretazione morfologica che si incontra in vari tipi ono-
mastici.
87
Discusso in DBSt 1995-96, p. 116.
88
Vale a dire come il tipo con -enses rispetto a -ates, la cui alternanza è ana-
loga a quella osservabile tra il classico tipo in -i/e tani e i vari -ites, -uli etc.
89
Il nome è evidentemente contenuto anche nell’idronimo Meduacos della
Cisalpina citato da Lambert, LG p. 60, mentre più complessa è la connessione
con Malamocco nella laguna di Venezia proposta da Trumper e Vigolo 1997,
p. 228s.
90
LEIA-M-27 : «aussi nom propre».
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 167
91
Per uno studio sistematico cf. DBSt 1994a.
92
Ovvero quella per cui in contesto sonoro le occlusive sonore passano a fri-
cative sonore e la nasale labiale m passa alla fricativa bilabiale sonora [m].
93
DBSt 1999/2000, p. 91 con bibliografia. Si aggiungerà che Anaunia è il
«Nome di tradizione dotta della Val di Non» (DT, p. 27).
94
In una gentile lettera del 26-2-2002. Cf. ora id. 2004.
95
LIV, p. 418.
96
L’ultimo, entrato in uso solo molto tardi, potrebbe essere stato in origine
semplicemente una resa latina dell’etichetta celtica ‘Britanni’, cf. N.K. Chadwick
1958.
97
Sulla ricostruzione in dettaglio NWÄI, p. 358; sulla varia lectio DBSt 1999/
2000, p. 90.
.
168 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
orientale;
– dei Cēnomani (/ gen.plKenomanw̃n) ‘quelli che vanno lontano’ ←
{*keino- ‘lontano’ (airl. cían) + m;H-o-s (radice contenuta nel gall.
mantalon ‘cammino’, nel verbo cimr. myned etc.)}, attestati anche in
Francia, risp. iuxta Massiliam ...in Volcis e nella Lugdunense (NL Le
Mans)103 ;
– dei Lingones «the Springers» < *lengwh-on-es (cf. il verbo airl.
98
Per la palatalizzazione vocalica in sillaba atona e l’allungamento fonetico
della consonante in sillaba tonica v. anche quanto detto ai § I.c.a, II.c.a, III.c.a e
IV.c.a.
99
Resti di questa arcaica accentuazione sull’antepenultima affiorano ora in
parte del materiale ispanico, cf. DBSt 2002, p. 118s. al no 19, e 2005/2007, p. 156-
159.
100
LEIA-B-113; cf. l’interpretazione di questi ultimi data da DBSt 2008,
§ 5.1.2, avallata anche dalla più moderna variante Bodiocasses, con assimilazione
della -a- iniziale che si trovava in posizione pretonica.
101
Barrington, carta 17 : H4.
102
Cf. rispettivamente DBSt 2008, § 2.2 con bibliografia alla nota 42, e
KGPN, p. 153.
103
Plinio NH III, 130 e – con nn – IV, 107. – Si noteranno le reinterpretazioni
ipercorrette quali Genoma¥noi per il gruppo italiano (Strabone, Geogr. V, 1 § 9) e
Cenimanni, diventato addirittura Cenimagni, per il gruppo britannico (Cesare pa-
ce Rivet e Smith, p. 374s.). L’etimologia, presentata con più dettagli in DBSt
1999/2000, p. 91, si aggiungerà a Uhlich 2002, p. 423s.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 169
104
Ricollegato invece direttamente con l’etnonimo dalla Tibiletti Bruno 1986,
p. 108.
105
E in particolare il personale cib. Likinos, documentato sul continente co-
me Licnos Contextos (RIG-L-10; il cognomen credo sia di tipo etnico e corri-
sponda all’etnonimo Contestani, sicuramente esogeno; cf. 2002, p. 117 al no 13);
l’etnonimo Tarbelli in Aquitania (un derivato analogo anche nel NL Tarbonia
della TaAV, Petracco Sicardi 1983); gli etnici dei Tittoi e dei Bhrwnev nella Cel-
tiberia.
106
Schmoll 1958, p. 57.
.
170 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
107
Hogan, p. 653.
108
Si noti però che il popolo così designato viene ritenuto irlandese da alcuni
autori (Freeman 2002), fino al punto di essere considerato «a Latin rendering of
the Old Irish aithechthúatha» (Rance 2001, qui p. 249).
109
Strabone Geogr. V, 1 § 9 (2x) e 12. – Tra i nomi derivati da *ı̄s/ı̄ssu- (1995-
96, p. 119) potrebbe essere da annoverare anche la città britannica di Isoy¥rion,
ovvero Isu(r(i)um)-Brigantum BRI (diversamente Rivet e Smith, p. 379s.).
110
Cf., a parte il graffito Priś < *briks( ) a Montmorot nella seconda metà del VI
s. a.C. (Verger 1998/2001), la moneta insubre Natoris ‘re delle battaglie’ (< *n;to-rēg
s); il nome di zecche come N.e.r.to.bi.s e SEGOBRIS nella Penisola Iberica (sull’iso-
glossa e le sue conseguenze DBSt 2002, p. 102, 106s., 117); dativi come Bedorei e so-
prattutto Bwdorei formato sul personale galatico Bwdoriv (Falileyev 2001).
111
V. sopra ai § I.c.a e II.a.g.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 171
112
Vale a dire analogo agli esempi illustrati sopra al § I.d.
113
Ossia ereditario di matrice indoeuropea. Sulla voce romanza «*lanka
(gall.?) ‘Vertiefung im Gelände; Flußbett; lange, steile Wiese’ cf. la recente discus-
sione di Grzega 2001, p. 192, che però non parla delle varianti con velare sonora
(DT, p. 343 s.v. Langhe; su quelle spagnole cf. Nieto Ballester 1997, p. 208 s.v. Lan-
ga de DueroE), né tantomeno dell’apparente esistenza di un aggettivo *langā ‘lunga
(?)’ nel cib. l.a.Ka.z (Sonanten, p. 165, e MLH V/1, p. 215s.), attributo della Segontia
non Paramica nella legenda monetale A.77 (si noterà che l’avvenuta sonorizzazio-
ne a -z# della -s# del genitivo sing. celtiberico comprova la sonorità della conso-
nante, velare, con cui inizia la sillaba finale : DBSt 1999/2001 : p. 328s. con alcune
correzioni in ead. 2004/2005).
114
Cf. risp. Solinas 1993-94, p. 927, e Vitali e Kaenel 2000, p. 119.
115
La cronologia relativa dei due tipi di designazione fu individuata corretta-
mente dal Tovar 1977; da correggere è invece DBSt 1998 : § 1, a cui si rimanda so-
lo per le attestazioni del tipo seriore (Galli) in Britannia e in Irlanda.
116
Degno di nota è anche lo sviluppo fonetico kk > x di tipo gallo-britannico,
cf. DBSt 1999/2000, p. 90.
.
172 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
III. I TEONIMI
117
Per maggiori dettagli sulla nuova etimologia – recepita da Šašel Kos 2001,
p. 13 – cf. DBSt 2000/2003, p. 56s.
118
DBSt 1995, p. 292s. con bibliografia, e ora 2008, § 8.1 con la nota 93.
119
DBSt 1995-96, p. 120, con bibliografia; per le continuazioni in territorio
romanzo cf. Wolf 1997, p. 102s. (con una carta della distribuzione lessicale in
Francia).
120
Rémy 2000, p. 918.
121
A DBSt 2002/2005b si aggiunga ora Garcia Quintela e DBSt 2008.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 173
122
*Padova 25 : l’appositivo della «formula onomastica bimembre» viene in-
terpretato come derivato del gall. Bello- dal Prosdocimi, che però non ne spiega la
peculiare formazione di parola (i.a. 1985, p. 575s.).
123
Se però non si trovasse nessuna traccia del culto di GRANNOS, sarà da cor-
reggere quanto da me detto 1995-1996, p. 112, sul NL Grana in Piemonte.
124
DBSt 2000/2003, p. 62; il passaggio semantico a ‘dio’ trova confronti tanto
nel celtico stesso (Ucuetis) quanto nel germanico (got. guþ : ingl. god e affini).
125
Oltre ai Boi Lemetor Boios e Moldo Boiknos (Este 28 [con Boios come in-
dividuale con datLemetorei vhraterei secondo Lejeune 1974, p. 202] e 66) ricordere-
mo Voltiomnos Iuvants Ariuns e Vants Moldonkeo Karanmns (Este 25 e 24), non-
ché donne come Verkondarna e Katakna (Este 43 e 52).
126
Si confronterà quanto diceva lo stesso Prosdocimi nel 1967 (p. 157-161),
dato soprattutto che le «ragioni cronologiche» che lo inducevano allora a scarta-
re l’ipotesi di celticità – vale a dire il fatto che il culto di REITIA sia attestato già
per il V sec. – non costituiscono più un argomento a sfavore.
127
Ossia ven. hvagsto, vhagsto, segtio, ktulistoi etc., cf. Lejeune 1974 § 142s.
128
OPEL s.v. Si aggiungerà in margine che una parte del celta ispano cono-
sce una semplificazione *VKt > V:t (in Ambatos e nel cib. R.e.tu.Ke.n.o.s : DBSt
2002, p. 102 e 117) paragonabile a quella dei dialetti veneti, emiliano orientali e
romagnoli (Grzega 2001, p. 287).
129
DNP s.v.
.
174 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
Tacito, Hist. II, 61, con riferimento al 69 d.C.; cf. DNP s.v.
130
Rémy 2000, p. 914. Sui Salues > Salui > Salluvii cf. ora DBSt 2006, p. 46.
131
132
CIL V, 5534 : cf. Duval 1953-54, p. 224.
133
< *bhel-isamā ‘la più forte’, translatio Celtica dell’epiteto di Minerva Victrix.
134
Trattati sopra risp. ai § III.b.g e III.a.g; si noti che in Bras(s)ennos anche
la semplificazione di *st è indice di modernità.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 175
135
Da cui il persiano med. e mod. framādār ‘visir’.
136
OPEL, p. 47. A sfavore della lettura **-ritos proposta dal Gambari 2001,
p. 35, parlano invece i seguenti argomenti linguistici : 1) la maggiore opacità; 2)
l’assenza di paralleli; 3) il tema in -o- invece che in **-u- come ci si aspetterebbe
tanto a partire dal lessema celt. ‘córso’ quanto dal celt. ‘guado’ (risp. < ie. *.tu- e <
ie. *p.tu-: NWÄI, p. 95 e 290).
137
Attestato nel Norico nonché, in qualità di Adgónnetus, nella Narbonense
(OPEL s.vv.).
138
Da aggiungere a Uhlich 2002, p. 417.
139
V. oltre al § V con le note 190s.
140
Markey 2000.
.
176 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
141
Cf. i.a. airl. nemed gl. sacellum : NWÄI, p. 150, e De Simone 1980, p. 199s.
L’evidenza del lepontico e del celtiberico (v. oltre al § IV.c.b) fa apparire superata
l’interpretazione come «Kurzform» di De Simone, ibid. p. 200.
142
Presentata nel 1999 a Bonn come lezione inaugurale.
143
de Hoz 1995.
144
La stesssa base derivazionale è presente anche nel teonimo airl. Banba (<
*gw;(H)-w-yā, cf. DBSt [1997] in 2000/03, p. 42).
145
Zaccaria 2001-2002, p. 132.
146
La forma soggiacente *Segedya sarà sorta come forma aggettivale in -yā
da Ségeda HIS.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 177
che di nomi di persona basati su etnonimi celtici : nel III s. a.C. in-
contriamo in ambito etrusco Keltie (< *Kelt-yo-s ‘Il celta’) a Spina,
Eluveitie (< *(H)eluet-yo-s ‘L’elvetico’) a Mantova e il gentilizio Ruta-
nie (< *Rúten-yo-s ‘Il rutenico’) su un cippo a Bolsena, nonché Boios,
Boiknos e *Boialos in ambito venetico147.
147
Tutti discussi da Vitali e Kaenel 2000; v. anche sopra al § II.d per Celuestra
e alla nota 125 per il secondo gruppo.
148
Schmoll 1958, p. 36, no 29 in alfabeto greco : «Steinfragment [...] Ein-
heimischer P(ersonen)N(ame)?». – Si ricordino i.a. la ricerca di mercenari tra le
tribù celtiche da parte di Dionisio di Siracusa all’inizio del IV sec. a.C. (cf. la bi-
bliografia citata da Maier 1996 [1997], p. 87) e i nuovi ritrovamenti archeologici
del V sec. a.C. (Rapin 2001). Cf. ora anche Cordano 2003, p. 43 e fig. 6 : «genitivo
[...] di un nome personale non greco, che è stato giustamente avvicinato al lat.
hostis».
.
178 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
151
La fotografia del gradino inclusa nel recente studio di Markey e Mees
2003, in cui si legge chiaramente dat.plUvltiauioPos, con inversione grafica da cor-
reggere in {Vu}ltiauiobos, mi obbliga a ritrattare quanto detto nel 1990, dove mi
rifacevo a una lettura della Tibiletti Bruno.
152
Cf. anche Grzega 2001, p. 220, su un pendant continuato nella Cisalpina.
153
Cf. la bibliografia in Bromwich/Evans, 1992, p. 52s.
154
Ancora una volta si tratta di una isoglossa, lo sviluppo dyV > dz > z, già ri-
scontrata per il celtiberico (DBSt 1999/2001, p. 328-331).
155
Suffissati risp. in *-dya e *-dyō(n), cf. Prosdocimi 1984/87 p. 77s. Una in-
terpretazione leggermente differente ora in DBSt 2006, p. 47.
156
Dai materiali di Zaccaria al workshop F.E.R.C.AN. di Osnabrück (2002).
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 179
157
Cf. la discussione in Solinas 1993-94, p. 914s. – Si noti che in entrambi i
casi la regola del celtiberico, e di altre zone del celta ispano, con *VCyV > ViCV
vs. VCCyV preservato per via della consonante doppia (DBSt 1999/2001, p. 324-
328, e 2002, p. 98-102 e 116s.) spiega perfettamente l’apparente asimmetria della
forma lepontica.
158
Cf. Motta 2000, p. 211.
159
A differenza di quanto succede nella Penisola Iberica. Noterò comunque
che prima della convincente analisi di Vitali e Kaenel 2000 (v. sopra al § IV.a.d)
pensavo che l’idionimo continuasse un originario *pelu-weid-yo-s ‘*multi-sciente’
corrispondente all’idionimo cimr. Elwydd.
160
Cf. la discussione della bibliografia relativa al fenomeno in DBSt 1999/
2001, p. 321s.
161
Mercando/Paci 1998, no 90 con bibliografia.
162
Citato da Rémy 2000, p. 923. Sul determinante Nitio – v. sopra al § I.c.b;
obsoleto ora Maier 1997 [1998] su gall. *genā ‘ragazza’, cf. DBSt 2007 [2008].
163
Rémy 2000, p. 911, e OPEL s.v.; v. inoltre quanto detto sopra al § IV.a.b
con la nota 138.
164
Esatto corrispondente di cimr. gwas : airl. foss ‘servitore’ < *upo-sth2-o-s.
165
Della anticipazione di palatalità si è detto sopra.
.
180 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
166
Non è necessario vedervi un più antico *Quadros; si noti comunque l’assi-
bilazione – di tipo celtico – della dentale davanti a r.
167
Non c’è quindi nessuna ragione di ricostruire ad hoc allomorfi supposta-
mente celtici di *d;ghwāt- con grado pieno e senza dentale, riduzioni di *kwet-
wores e labiovelari labializzate già per il celta del VII/ VI secolo a.C. come hanno
fatto di recente vari studiosi solo e unicamente per spiegare il testo di Oderzo.
168
Resta implicito il patronimico **Metelala ‘figlia-di-Metelo’. Si noti che
un’interpretazione in questo senso apporta al tempo stesso un ordine più logico
dei nomi delle due dedicanti.
169
Innovazione affermatasi anche tra i personali specificamente celtiberici :
DBSt 2000, p. 112s. con bibliografia.
170
Risp. Morandi 2000, p. 10, e Crevatin 1996, p. 23.
171
V. quanto detto sopra alla nota 151 e cf. Prosdocimi, i.a. 1985 p. 564s., ed
Eska 1998.
172
Che si incontra risuffissato in nasale nel cib. Usizu ‘Massimo’.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 181
V. CONCLUSIONI
173
Il Tokua del IV / III sec. a Verona (Morandi 2000, p. 19) parrebbe invece
rappresentare /Tongwa/, vale a dire il femminile del NP Tongus che si documenta
fuori d’Italia (Delamarre, p. 298 con bibliografia).
174
Una volta anche nella variante ipercorretta Veiquasius.
175
Mercando/Paci 1998, p. 113.
176
Cf. la bibliografia citata in NWÄI, p. 349.
177
Per l’iscrizione cf. Motta 1995.
178
Che servirà anche a spiegare la u di Blustiemelo (no 3 e no 1 nel catalogo di
Lejeune 1972, p. 266).
179
Privi di fondamento sono i no 6 e 7 del catalogo di Lejeune 1972, p. 266; la
vecchia connessione di bormo- e derivati con l’ie. *gwher- ‘caldo’ (ibid. al no 9 e in
.
182 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
Anche il gruppo dei nomi riconoscibili come celtici tra quelli del-
la zona considerata ligure appare più numeroso, cf. pago Ambitrebio,
Bagienno, Medutio; saltum Canianum, Catucianum, Helvonum; fund
(um) Bivelium, Cumallianum, Maticianum, Nitielium, Roudelium
etc. nella TaAV180. In particolare, uno dei gruppi stanziatisi sulla co-
sta ligure risponde al nome celtico di ‘Picti’; si tratta degli Ingauni, il
cui etnonimo sussiste nel nome dell’odierna Albenga e – come abbia-
mo mostrato al § II.a.b – vuol dire proprio ‘Picti’ in celtico.
Si può poi constatare che dal complesso dei materiali onomasti-
ci a disposizione traspare una facies linguistica particolarmente ar-
caica, caratterizzata dalle isoglosse di conservazione presentate nei
rispettivi § (C) e (D) dei cap. I-IV. Si tratta di una facies che non solo
non comparte le innovazioni caratteristiche dell’area ligure, ma che
– come rivela il confronto con Hercynia o con Equos ed evtl. Qu-
tios 181 a Coligny – non è neppure specificamente italiana. Propongo
pertanto di distinguerla con il nome di ‘hercyno-sequano-ticinese’ o
più semplicemente di ‘sequano-ticinese’. Ricorderemo infatti che di
«Sequanian» – utilizzando un termine geografico motivato allo stes-
so tempo linguisticamente e archeologicamente – parlava già nel
1898 il Nicholson per indicare una fase assai arcaica del celta conti-
nentale182 ; e ugualmente duplice è la motivazione dell’aggiunta ‘tici-
nese’, dato che l’alta valle del Ticino corrisponde al territorio degli
insediamenti più antichi e che l’idronimo Ticinos – come abbiamo
visto al § I.D – rappresenta proprio una delle forme in cui una labio-
velare sorda si sottrasse per tempo a quella che in seguito sarebbe
stata una labializzazione generale183.
Chiameremo poi ‘liguri’ tanto il dialetto celtico con innovazioni
Pellegrini 1981, p. 38) invece che con l’ie. *bher- ‘ribollire’ (Prosdocimi 1985,
p. 568; v. anche sopra al § 1.a.a con la nota 11) ritorna a essere un’alternativa pos-
sibile per via del nuovo ciottolo di Briona (Rubat Borel 2005/2006).
180
Dalle note basi derivazionali celtiche ambi+treb-, badyo-, medu-t-, kanyo-,
katu-k- (cf. anche la base celt. katak- nel gentilizio etrusco Katacina a Orvieto,
agli inizi del VI s. a.C. [De Simone : i.a. 1982, p. 201]), (p)elu-, bivo- (< ie.
*gwiwo-), kámulo-, mati-k-, nityo-, roudo-.
181
La proposta di Nicholson 1898 (p. 12 : «is doubtless connected with Lat.
quatio and -cutio, Irish cáith ‘chaff’ [LEIA-C-23 ‘balle (des grains)’] and means
‘Threshing-month’») è tuttora più che valida : la aggiungeremo pertanto a Dela-
marre, p. 133s. nonché a RIG-III, p. 267 e 423, ricostruendo dalla radice verbale
*(s)kweh2t ‘durchschütteln’ (LIV, p. 510) un nom. sing. con grado zero *kūt-yo-s >
qutios/cutios; si noterà inoltre l’arcaismo costituito dal gen. sing. in *-yo di tipo
ablativale preservato nel qutio/cutio e in altri nomi di mesi dello stesso calenda-
rio.
182
Quella appunto che conosceva tanto la *p che le *kw e *kw indoeuropee e
che il Nicholson intuiva presente nel calendario di Coligny, di cui fu primo e bril-
lante commentatore.
183
Propria del celta continentale di tipo gallico.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 183
proprie che traspare dal corpus onomastico della zona ligure, quanto
quegli elementi che, incapsulati non solo nelle stele della Lunigiana
del 500 a.C. ca., ma anche in altri documenti celtici arcaici, non con-
dividono però il fascio di isoglosse caratteristiche del lepontico vero e
proprio – né tantomeno del gallico –, mostrando invece assibilazione
del nesso dy+Voc, anticipazione della palatalità o/aCyV > o/aiCV o an-
che – come nel nome di Latumaros a Ornavasso – la labializzazione
vocalica di cui sopra. Si può così circoscrivere un dialetto sviluppato-
si in un secondo momento – e soprattutto in un territorio delimitato,
anche se più ampio della Liguria attuale – dalla primissima fase lin-
guistica celtica, qui battezzata ‘sequano-ticinese’, il quale intrattiene
con quella più o meno la stessa relazione che passa tra il dialetto della
regione celtiberica e il celta ispanico184. In vari casi abbiamo potuto
addirittura constatare che le isoglosse fonetiche che si conoscono dal
celtiberico (epentesi, labializzazione di o+Lab in u+Lab, assibilazio-
ne del nesso dy+Voc, anticipazione della palatalità o/aCyV > o/aiCV) si
trovano in nuce già in questo celta ligure185 di più ampia definizione;
ciò concorda con l’evidenza archeologica, dato che le ricerche più re-
centi indicano che proprio gli stimoli procedenti dai territori setten-
trionali dell’Italia antica furono tra i catalizzatori più importanti im-
plicati nella configurazione della cultura celtiberica186 ; nello stesso
senso si può inoltre interpretare la ripetizione, oltre che del suffisso
-asko-/ā, di alcuni elementi onomastici nei due territori187.
A differenza delle due prime fasi linguistiche riscontrate nella
celticità italiana, che ci appaiono pressoché esclusivamente fossiliz-
zate nell’onomastica, il lepontico delle iscrizioni, che Lejeune 1972,
p. 269, proponeva di chiamare «luganien», ci si rivela con un profilo
di innovazioni non tanto fonetiche (nd > n(n) e -ks > -s¥ , anch’esse pro-
prie in parte del celtiberico se non del celta ispano; dg > śg, st > z)
quanto soprattutto morfologiche. Sono queste ultime (l’acc. plur.
consonantico in -eś188 ; il nom. plur. tematico in -oi; il gen. sing. tema-
tico di origine pronominale e valore possessivo in -oiso189, che già dal
184
Sul celtiberico come dialetto centrale rispetto alle rimanenti varietà celti-
che individuabili nella Penisola Iberica cf. DBSt 2002.
185
Si potrà anche parlare di ‘celtoligure’, a condizione però di intenderlo co-
me semplice etichetta geografica, mentre la vecchia etichetta presuppone l’esi-
stenza di lingue ‘geneticamente pure’, laddove tutte le lingue che conosciamo si
sono invece innestate su uno strato linguistico differente.
186
Arenas-Esteban & DBSt 2003/c.s.
187
Alcune di tali ripetizioni sono evidenziate nel contributo di Motta a que-
sto stesso volume. Cf. ora anche DBSt 2005/2006, p. 50.
188
Rifatto cioè dal regolare *-aś (< celt. *-ans < ie. *-;-s) sul nom. plur. -es per
ragioni di economia linguistica, come spiegato da J. Eska nel 1998.
189
Normalmente in scritte che indicano la proprietà dell’oggetto (Solinas
1993-94, p. 916).
.
184 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
190
Riconosciuto nel corpus lepontico da J. de Hoz, viene spiegato da DBSt
2001/03 come isoglossa di conservazione dell’ie. più arcaico.
191
Parallelamente a quanto accade con airl. maccu e corcu, utilizzati nell’e-
spressione del propatronimico (DBSt 1991).
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 185
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
192
Forme galliche con assimilazione come Anokombogios a Briona (v.sopra
al § IV.a.g) e il genVini a Lamboglia (sec. II a.C., Morandi 2000, p. 13) saranno do-
vute al sostrato lepontico della zona, v. anche quanto si dice alla nota seguente.
193
In particolare, il fatto che «The large territorial extension can only be ex-
plained [...] by the fact that the indigenous peoples adapted themselves or were
absorbed» (Frey 1996 [1997], p. 65) dava evidentemente adito a svariati fenomeni
locali di sostrato.
.
186 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 187
– Grafemica e fonologia del celtiberico : 1. Nuovi dati sulle vocali mute; 2. Una
nuova legge fonetica che genera dittonghi; 3. Fonti e fasi di sviluppo della
sibilante sonora, in Religión, lengua y cultura prerromanas de Hispania
(Actas del 8o Coloquio sobre lenguas y culturas prerromanas de la Penín-
sula Ibérica, Salamanca, mayo de 1999), a cura di F. Villar e M. P. Fer-
nández Álvarez, Salamanca, 2001, p. 319-334.
– Keltische Ortsnamen, in HOOPS’ Reallexikon der Germanischen Altertums-
kunde, vol. 16, Berlino-New York, 2000, p. 407-413.
– Centro y áreas laterales : la formación del celtibérico sobre el fondo del celta
peninsular hispano, in Palaeohispanica 2, 2002, p. 89-132.
– Die sprachliche Analyse keltischer Theonyme (Projekt F.E.R.C.AN, Vitoria
2000), in Zeitschrift für celtische Philologie 53, 2003, p. 41-69 [ristampa-
to in J. Gorrochategui e P. de Bernardo Stempel (a cura di), Die Kelten
und ihre Religion im Spiegel der epigraphischen Quellen/Los Celtas y su
religión a través de la epigrafía, Anejos de Veleia, Series maior no 11,
2004, p. 197-225].
– Der Beitrag des Keltischen zur Rekonstruktion des indogermanischen No-
mens, in Indogermanisches Nomen (Akten der Arbeitstagung der Indoger-
manischen. Gesellschaft, Freiburg/Br. 2001), a cura di E. Tichy et al., Bre-
ma, 2003, p. 31-50.
– From Indo-European to the individual Celtic languages, Cork 1999 : XIth
ICCS, in corso di stampa per la 3a FS G. Mac Eoin, a cura di D. Ó hAod-
ha e D. P. Ó Baoill, Dublino.
– Sull’origine delle sibilanti in celtiberico : una modifica alla teoria di Franci-
sco Villar, in Gaulois et Celtique continental [Atti del Colloquio di Cler-
mont-Ferrand, 13-16 maggio 1998], a cura di P.-Y. Lambert e G.-J. Pi-
nault, Ginevra, 2007, p. 181-188 (Hautes études du monde gréco-ro-
main, 39).
– Additions to Ptolemy’s Evidence for Celtic Italy, in New approaches to Celtic
place-names in Ptolemy’s Geography [Terzo Colloquio internazionale,
Madrid 2002], a cura di J. de Hoz, E. R. Luján e P. Sims-Williams, Ma-
drid, 2005, p. 105-106.
– Ptolemy’s Evidence for Germania Superior, in New approaches to Celtic pla-
ce-names in Ptolemy’s Geography [Terzo Colloquio internazionale, Ma-
drid 2002], a cura di J. de Hoz, E. R. Luján e P. Sims-Williams, Madrid,
2005a, p. 71-94.
– Die in Noricum belegten Gottheiten und die römisch-keltische Widmung
aus Schloß Seggau, in Keltische Götter im Römischen Reich : Akten
des 4. internationalen F.E.R.C.AN-Workshops (Osnabrück, Oktober
2002), a cura di W. Spickermann e R. Wiegels, Möhnesee, 2005b,
p. 15-27 (Osnabrücker Forschungen zu Altertum und Antike-Rezep-
tion, 9).
– Tratamiento y notación de las silbantes en celtibérico : cronología relativa del
desarrollo paulatino visible en inscripciones y monedas, in Acta Palaeohi-
spanica IX : Actas del IX Coloquio sobre lenguas y culturas paleohispáni-
cas (Barcelona, octubre de 2004), a cura di J. Velaza Frías, F. Beltrán
Lloris e C. Jordán Cólera, Saragozza e Barcellona, 2005 = Palaeohispa-
nica 5, p. 539-563.
.
188 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 189
.
190 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 191
.
192 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
JEAN HADAS-LEBEL
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES
ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES
LIENS ENTRE LIEUX ET PERSONNES
DANS L’ONOMASTIQUE ÉTRUSQUE
1
Cf. Schulze 1904, p. 564 s.
2
Pallottino 1937, p. 341-358; cf. aussi, plus récemment, Pallottino 1984,
p. 401-405.
3
Rix 1963, surtout p. 230-236 et 306-312; et plus récemment Rix 1972,
p. 733-736.
4
Pfiffig 1969, p. 189-190.
5
De Simone 1975, surtout p. 145-149.
6
Colonna 1977, surtout p. 181-183.
.
196 JEAN HADAS-LEBEL
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 197
7
Cette référence épigraphique et toutes celles qui suivront sont tirées du
corpus réalisé sous la direction de H. Rix, Etruskische Texte (titre abrégé en ET).
8
Cf. Heurgon 1961, p. 292.
9
Cf. Denys d’Halicarnasse, Antiquités I, 30, 3. D’après H. Rix, rasna a d’a-
bord signifié «peuple»; cf. Rix 1984. Néanmoins, rien ne permet de confirmer
avec certitude l’hypothèse d’H. Rix. Qui plus est, même si cette dernière était cor-
recte, on peut estimer que le mot rasna avait fini par désigner plus précisément le
peuple étrusque.
10
Cf. omb. turskum : T. Ig. I b 17; tuscom VI b 58; VII a 47; gén. sg. tuscer VI
b 54, 59; VII a 12; 48; dat. sg. tursce VII a 12. Cf. sur la question, l’article de De Si-
mone 1972, p. 153-181.
.
198 JEAN HADAS-LEBEL
11
H. Rix est parvenu à la même conclusion; voir Rix 1963, p. 310, et Rix
1972, p. 733 : «das dritte (s.e. Suffix) (= -te/ -ue) (s.e. dürfte) im Etruskischen zu-
hause sein»; cf. aussi Rix 1995, p. 85 s.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 199
.
200 JEAN HADAS-LEBEL
12
Cf. Ernout 1953, p. 99, note 2; cf. aussi Leumann 1977, p. 98, § 106 et sur-
tout p. 345s, § 309.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 201
supposé, mais très probable, *xerite. Mais que dire lorsque la forme
étrusque est dérivée, cette fois, d’un toponyme italique et qu’elle pos-
sède un remarquable équivalent dans les langues italiques? Or c’est le
cas d’au moins six de nos ethniques en -te / -ue : atinate, mefanate, peti-
nate, sentinate, *sasnate et *felcinate, qui semblent procéder respec-
tivement de Atinās, Mevānās, Pitinās, Sentinās, Sassinās et Fulginās.
Ici, la priorité des formes italiques sur les formes étrusques nous pa-
raît indubitable, du fait de la présence du a devant le suffixe -te. Nor-
malement, en effet, l’étrusque, dans ses dérivés ethniques en -te / -ue,
se contente de coller directement le suffixe au thème du toponyme,
sans ajouter aucun morphème tampon (cf. velurite du toponyme veluri
‘Volterra’, manuva-te de manuva ‘Mantoue’ etc.). Si ce a peut se justi-
fier dans la formation de atinate, mefanate, *sasnate et *felcinate, le
¯
toponyme de départ (Atina, Mevānia, ¯
Sassina ¯
et Fulginia) ¯
reposant à
chaque fois sur un thème en -a, l’argument n’est pas valable pour les
deux autres noms, car le toponyme dont chacun est dérivé ne
comporte pas de -a, si du moins l’on en croit la forme latine. Peut-être
les formes ombriennes correspondant à lat. Sentinum et Pitinum
avaient-elle un thème en -a? La chose n’est du reste pas invraisem-
blable car, comme on le reverra, il n’est pas impossible que les six
villes, pour la plupart ombriennes, d’où ces ethniques ont été tirés,
aient été à l’origine des formations étrusques en -na. Néanmoins, et
jusqu’à preuve du contraire, mieux vaut considérer les noms petinate
et sentinate, mais aussi les quatre autres, comme des emprunts à
l’ombrien. On admirera, à cette occasion, l’étrange cheminement du
suffixe -te / -ue : parti d’Étrurie, il est allé à la conquête de l’Ombrie et
du Latium, avant de revenir en pays étrusque dans un petit nombre
d’anthroponymes ethniques, désormais augmenté de la voyelle a qu’il
avait acquise au cours de ses pérégrinations italiques.
.
202 JEAN HADAS-LEBEL
tuels (Alfina, Cécina, Carpegna). Ont été inclus dans la liste dix-neuf
noms se rapportant à des sites situés en dehors de l’Étrurie propre.
Sept de ces sites sont campaniens (Atina, Celemna, Volturnum, Mar-
cina, Mefānus pagus, Urina et Flāvina), neuf appartiennent à la zone
ombro-picénienne (*Carpina < cf. mod. Carpegna, Cutina, *Helvi-
num, Mēvānia, Pitinum, Ricina, Sassina, Sentinum et Fulginia) et
trois sont en Padane (Mutina, Caesēna et Felsina). Étant donné les
liens très étroits que les Étrusques ont entretenus avec ces trois ré-
gions et les nombreuses colonies qu’ils y ont fondées, l’idée qu’au
moins certains de ces toponymes puissent être de souche étrusque
nous semble très tentante. Néanmoins, comme la question reste très
controversée, nous avons préféré mettre à l’écart de notre étude tous
ces toponymes allogènes, exceptés Felsina et Marcina dont l’étrus-
quité est hors de doute. Nous laisserons également de côté trois to-
ponymes hypothétiques dont on ignore jusqu’à l’emplacement et qui
ne disposent d’aucun équivalent latin connu (pelna, sauxna, felzum-
na). Au bout du compte restent quatorze toponymes – nous tenons à
le souligner – supposés car, encore une fois, aucun (mis à part pu-
pluna) n’est attesté en étrusque. Or ces quatorze noms de villes sup-
posés en -na, auxquels on rajoutera le nom étrusque de Volterra, vel-
uri, se trouvent avoir des sosies quasi parfaits dans la catégorie des
gentilices. Cette similitude est telle que certains savants ont été ten-
tés d’établir des passerelles entre les uns et les autres. La question
est de savoir s’il existe un lien entre ces toponymes et ces anthropo-
nymes, et si oui, lesquels sont issus des autres.
Une idée couramment admise veut que les deux formes soient
liées, et que ce soient les toponymes en -na qui découlent des anthro-
ponymes en -na13 ; d’où l’appellation de «toponymes anthropony-
miques» par laquelle nous avons choisi de les désigner. L’origine de la
coïncidence entre les deux formes serait à chercher dans la nature
grammaticale des gentilices en -na. Comme les gentilices latins, les
gentilices étrusques étaient d’abord des adjectifs patronymiques indi-
quant l’appartenance d’un fils à son père; plus tard, ils se figèrent et
devinrent héréditaires. Qui plus est, nul n’ignore que les gentilices la-
tins pouvaient au départ avoir un usage adjectival (comme dans les
groupes Curia Hostilia, via Flaminia...). Forts de ces exemples latins,
certains savants ont émis l’hypothèse selon laquelle les gentilices
étrusques auraient connu un destin similaire. Ainsi, d’après eux, le to-
ponyme Cécina proviendrait d’un groupe supposé du type *spur ceic-
na (c’est-à-dire grosso modo «urbs caecinia»); puis, par simplification
et abréviation, seul l’élément gentilice ceicna serait resté. En résumé,
les toponymes étrusques en -na seraient d’anciens adjectifs gentilices
13
Cf. notamment De Simone 1975, p. 147 s.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 203
14
Cf. De Simone 1975, p. 147 s.
15
Cf. Colonna 1977, p. 182.
16
Cf. Colonna 1977, p. 182.
17
Cf. Dauzat 1945, p. 135 s.
.
204 JEAN HADAS-LEBEL
18
La forme archaïque du prénom (puplie) n’est attestée qu’une fois, à Volsi-
nies (Vs 1.29 : VIe s.). La forme récente pupli connaît trois occurrences à Clusium
(Cl 1.2079, 2080 et 2344) – dont deux renvoient à la même personne, un lautni (Cl
1.2079 s) – et une dans une inscription bilingue de Pérouse (Pe 1.313). À noter
également à Clusium, à côté du prénom pupli(e), le Vornamengentilicium iden-
tique pupli (Cl 1.750, 2177-79 et peut-être 2296, avec i d’anaptyxe); cf. Watmough
1997, p. 92).
19
Sur les liens probables existant entre le toponyme et le théonyme, cf.
Walde-Hoffmann, LEW, II, p 340, M. Cristofani, LIMC III, 1, p. 531 et Grant
1986, p. 518. Sur l’origine controversée (mais sûrement ombrienne) du théo-
nyme, voir Meiser 1986, p. 215 s.; cf. aussi Rix 1998, p. 215; à noter que, pour
H. Rix, le toponyme pupluna n’est pas issu du théonyme fufluns mais d’un théo-
nyme italique *Poplōno-. Voir sur la question la bonne mise au point de Wat-
mough 1997, p. 95 s.
20
Le lien entre l’ethnique tarxnte et le toponyme *tarxna est problématique. En
effet, on attendrait comme ethnique tiré de *tarxna la forme *tarxnate. La dispari-
tion du a à l’intérieur de l’ethnique ne laisse pas de surprendre car, dans tous les
autres ethniques dérivés de toponymes en -na, le a du suffixe se conserve (cf. *cape-
nate, carpnate, venate, mefanate, petinate, s¥entinate etc.). Le seul autre exemple
d’ethnique dans lequel s’observe pareil phénomène est seiante, à condition qu’il s’a-
gisse bien d’un ethnique formé sur le nom étrusque supposé de Sienne, *sei(a)na.
21
Le nom étrusque de Tarchon, *tarxu(n), figure peut-être sur un miroir de
Tuscania (AT S.11) sous la forme tarxunus. Cette forme est d’ailleurs probléma-
tique. S’agit-il d’un génitif? d’un nominatif en -us comme fuflunus à côté de fu-
fluns? auquel cas il faudrait considérer que le nom étrusque de Tarchon était plu-
tôt *tarxun(u)s que *tarxu. Cf. sur la question Pallottino 1930, p. 49 s.; id., 1936,
p. 462.
22
Cf. Sur la tradition faisant de Tarchon le fondateur de Tarquinies, cf. Bri-
quel 1984, p. 225 s. Selon G. Colonna, le gentilice tarxna pourrait lui aussi venir
du nom étrusque de Tarchon, *tarxu : «Abbiamo motivo di ritenere che Tar-
chonte (tarxu) sia stato il capostipite e della città e della gente dei tarxna∼Tarqui-
tii.» (cf. Colonna 1977, p. 183).
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 205
nyme en -na, tiré du vieux prénom étrusque *tarxe, non attesté mais
que l’on peut reconstruire à partir de son féminin tarxa, dont on pos-
sède une unique occurrence à Vulci 23. Si cette hypothèse est cor-
recte, le gentilice devait donc être à l’origine *tarxe-na 24 et le topo-
nyme, *tarxu(n)-na 25. Puis, quand au Ve siècle est intervenue en
étrusque la syncope des voyelles en syllabe intérieure, les deux noms
se seraient trouvés confondus sous la forme tarxna. Ici, l’homonymie
entre le toponyme et l’anthroponyme (*tarxna ∼ tarxna) serait donc
le résultat d’une plus ancienne paronymie (*tarxuna ∼ *tarxena).
Pour Volsinies, la même explication semble pouvoir être avan-
cée : au gentilice velzina – dont le thème était en -i comme le prouve
une forme peut-être archaïsante de Pérouse (Pe 1.1017) – faisait pen-
dant un toponyme *velzuna, avec voyelle médiane u comme le sug-
gère la légende velzu qu’on peut lire sur une pièce retrouvée à Orvie-
to (NU N.7) 26. Puis, sous l’effet de la syncope, les deux noms auraient
fini par se confondre, donnant l’un et l’autre velzna.
À supposer que les noms étrusques de Vetulonia, Cortone et
Sienne aient aussi été des dérivés déterminatifs en -na – ce qui est
probable –, on ne peut exclure que la similitude qu’ils présentent
avec certains gentilices soit fortuite. Ainsi, pour Cortone, la ressem-
blance entre le gentilice kurtina et le toponyme supposé *curtuna est
paronymique; pour Vetulonia, on pourrait également parler de pa-
23
Cf. Vc 1.10 : eca suui tarxas levial... Notons qu’il existait également en
étrusque un prénom masc. tarxi attesté seulement à Pérouse, que ce soit sous sa
forme pleine (Pe 1.305sq, 1206sq) ou sous la forme abrégée tx : Pe 1.461 et 789.
Toutes les autres occurrences du nom – notamment les occurrences clusiniennes
– semblent indiquer que le prénom était aussi utilisé comme gentilice (Vor-
namengentilicium selon la théorie de H. Rix). Le prénom tarxi représente selon
toute vraisemblance la forme récente du nom tarxie gravé (au génitif, tarxies) sur
le miroir de Tuscania AT S.11. Il n’est d’ailleurs pas impossible que tarxie et *tarxe
ne soient que deux variantes graphiques du même prénom (voir note suivante).
24
Comme nous l’a très justement fait remarquer H. Rix, que nous remer-
cions, le prénom dont le gentilice patronymique tarxna est dérivé ne saurait être
tarxi(e). De fait, un gentilice tiré de tarxi(e) aurait donné étr. arc. *tarxiena > étr.
réc. *tarxina, avec un i long intérieur qui ne peut tomber (cf. étr. réc. puplina <
étr. arc. pupliana < puplie + -na). Mais le i de tarxie n’est peut-être qu’un artifice
graphique destiné à exprimer le caractère palatal du x étrusque. Auquel cas, tarxie
(> étr. réc. tarxi) ne serait qu’une variante du prénom *tarxe (fém. tarxa).
25
Si le gentilice cérite tarxna est très vraisemblablement une formation pa-
tronymique tirée du prénom supposé *tarxe, il n’en va pas de même du gentilice
étrusque des Tarquins tel qu’il apparaît du moins dans la tombe François de Vul-
ci, à savoir tarxunies (Vc 7.33). Cette forme a des chances d’être un dérivé en -ie
du nom étrusque de Tarquinies : *tarxuna-ie >tarxunie(s); auquel cas on serait en
droit de parler ici d’anthroponyme toponymique. Toutefois, la forme vulcienne
tarxunies n’est peut-être rien d’autre qu’une transcription étrusque du nom latin
Tarquinius.
26
Le toponyme velzu serait donc à *velz(u)na ce que *tarxu était à *tarx(u)na.
.
206 JEAN HADAS-LEBEL
27
La forme *vatluna serait une variante en -na du toponyme vatlu(i) attesté
sur des pièces de monnaie (NU N.2 et 3). On notera au passage le parallélisme
saisissant entre les trois doublets toponymiques vatlu ∼ *vetluna, velzu ∼ *velz(u)
na et *tarxu ∼ *tarx(u)na.
28
Le thème s¥eie de *seiena est du reste attesté isolément en fonction de gen-
tilice à Volterra (cf. Vt 1.140).
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 207
*aunate a u n a t i ( A S ) ∼ Cl, AS ?
aunt(a)nal (Cl) 30
(à suivre)
29
Il semble cependant que les plus anciens anthroponymes toponymiques
(VIe siècle) aient été systématiquement pourvus du suffixe d’appartenance -na.
C’est le cas de silqetena, tarxvetena (tableau 1), ahvricina, kalaprena, tursikina (ta-
bleau 3). Nous tenons à remercier Enrico Benelli pour cette très judicieuse re-
marque dont il nous a fait part oralement. En étrusque plus récent, la nécessité
de recaractériser l’ethnique au moyen du suffixe -na (ou -ni) s’estompe mais ne
disparaît pas pour autant (cf. velxatini, xeritna, lecstini, umrana).
30
Pour aunati, cf. AS 1.98; pour aunt(a)nal, cf. Cl 1.844-45.
.
208 JEAN HADAS-LEBEL
cluate(sa) 34
Ar 1.85 ?
cus¥iue(ś) cus¥iui Pe Cosa (Etr)
curuute(ś) Cl Cortona (Etr)
1.1976
harpite harpiti Cl ?
(à suivre)
Ta 1.221.
31
Cl 1.1656.
32
33
Peut-être s’agit-il d’une erreur pour cisuitia, féminin attendu de cisuite à
Pérouse.
34
Peut-être s’agit-il d’une faute d’orthographe pour clautesa.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 209
uupite(s) Cl ?
1.1851
latiue latiui (Cl, Pe) ∼ Cl, Pe, Ta lauite (Cl, Latium
latiuia (Cl) Vs, Pe)
latiteś (Cl)
lemnite(ś) Fe 7.2 Lemnos
macute(ś) macutia Cl Mago
(Hispania)??
manuvate manuvatnei (Cl) Cl, Pe Mantua (Etr)
masate(ś) Cl 1.1309 ?
mehnate(ś) mehnati Pe mef(a)na- cf. infra
te?
seiate 35 Cl 1.29 ?
seiante seianti Cl Saena (Etr)?
senate senatia (Pe) Pe, Cl Sena (Um)?
sentinate sentinati Cl, Pe, AS Sentinum (Um) ∼
Sentinas
siate Pe 1.782 ?
rumate Cl, Co r u m au e s Roma (La)
(Cl 1.723)
(à suivre)
35
Peut-être s’agit-il d’une faute d’orthographe pour seiante.
.
210 JEAN HADAS-LEBEL
*starniue starniui Pe ?
N.B. 1 : Sont soulignés tous les anthroponymes qui ne sont attestés que sous forme de
Patronusgentilicia.
N.B. 2 : N’ont pas été pris en compte dans cette liste :
– les gentilices minate et ecnate, issus très probablement non d’un toponyme,
mais d’un prénom sabellique (respectivement osq. Minaz et *Ecnaz)
– les mots esati (Vc 0.55), canzate (Ta 3.9) et herati (Vs 0.34) dont la nature (nom
propre? autre?) est incertaine
N.B. 3 : Sont en grisé les anthroponymes dont l’origine est très incertaine ou in-
connue.
36
Cf. Rix 1995, p. 85.
37
Cf. Colonna, dans Gli Etruschi e Roma, Rome, 1981, p. 202 s.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 211
Gentilices Correspondants
masc. féminins Diffusion Variantes Dériv. Origine géographique
arnzlane(ś) Cl 1.1486 ?
astes¥ine Pe 1.929 ?
capatine Cl 1.1845 ?
capine AS 1.5 ?
carpiane Cl 1.583 ?
vaipane(s) Ta 1.120 ?
(à suivre)
38
À vrai dire, le codex de la bibliothèque vaticane dans lequel l’inscription a
été recopiée présente la forme bien problématique aritin.ai et c’est A. Maggiani
qui corrige la lecture en aritinial; cf. Maggiani 1989, III, p. 1627. D. Steinbauer ré-
sout le problème différemment en lisant aritim.{ai} aritim étant selon lui le nom
étrusque de la cité d’Arretium; cf. Steinbauer 1998, p. 264.
39
Cf. Atrani (peuple d’Apulie), Pline NH III,52; cf. aussi l’actuel Atrano (situé
dans l’antique territoire des Marses) et Atrani (Amalfi).
40
Sur l’existence probable en latin d’une forme *Veiānus, parallèle aux
formes officielles comme Veiens et Veientanus, cf. Rix 1963, p. 308, note 14. Mais
il n’est pas non plus impossible que veiane soit la transposition d’une forme sa-
bellique (ombrienne? osque?) *veiano-.
.
212 JEAN HADAS-LEBEL
munane(ś) AS 1.50 ?
plaicane Cl 1.1043 ?
tafane Cl 1.2387 ? 42
N.B. 1 : Sont soulignés tous les anthroponymes qui ne sont attestés que sous forme de
Patronusgentilicia.
N.B. 2 : N’ont pas été pris en compte dans ce tableau :
– le GE herine issu très vraisemblablement du prénom sabellique heírens.
– les formes de nature très obscure, à savoir avines (AV 2.6), meine (AT 1.101), pe-
tineś (Sp 2.80), piianes (Cm 2.52), renine (AS 1.320) et tenine (Pe 3.3).
N.B. 3 : Sont en grisé les anthroponymes dont on ne peut dire si ce sont de véritables
dérivés toponymiques en -ane/-ine.
Certains ont cherché à rapprocher tafane de lat. vulg. *tafanus (> italien
42
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 213
Toponymes Équivalents
Gentilices Variantes du
masc. Féminins Diffusion étr. en -na toponyme latins
correspondants ou modernes
(à suivre)
AT 3.2.
44
Vs 1.59.
45
46
Selon H. Rix, la forme cale, à Clusium, pourrait également procéder de lat.
calvus. Cf. Rix 1962, p. 29-45.
47
Pe 1.573 : lecusti . caspres . latni. Sur l’ethnique supposé *Ligustius, cf. Rix
1963, p. 312; Rix 1994, p. 100.
48
Pe 1.1094 : uana : lecusta : lautni(ua).
49
AH 1.74.
50
Cette ville est située dans la région de l’ancienne Volsinies. Voir ce que dit
à ce sujet De Simone 1970, p. 87, et De Simone 1975, p. 146.
51
Ville située entre Véies et Caeré; cf. Tite Live IV, 61 et Schulze 1904, p. 568.
.
214 JEAN HADAS-LEBEL
*carpna? mod.
(cf. ethn. carpnate) Carpegna
(Um)
velzina/ velznal/ Cl, Pe, Ta *velzna ? (cf. velznax velsu (NU N.6) / Volsinii
veltsna veltsnei et loc. velznalui) velzu (NU N.7)
*mehna? Mevania
(cf. ethn. mehnate) (Um)?
*mefana? Mefanus
(cf. ethn. mefanate) pagus?
(à suivre)
52
Cf. Colonna 1974, p. 19.
53
Cf. De Simone 1975, p. 144 s.
54
Cf. Strabon V, 251, Schulze 1904, p. 568 et De Simone 1975, p. 146.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 215
N.B. : Sont en grisé les toponymes dont on n’a conservé aucune trace en étrusque, en
latin ou en italien, et ceux dont l’origine étrusque est controversée.
Jean HADAS-LEBEL
55
Sur l’origine très vraisemblablement étrusque de Mutina (Modène), cf.
Tite Live XXXIX, 55, et Schulze 1904, p. 569.
56
Cf. Silius Italicus, VIII, 490 et Schulze 1904, p. 568.
.
216 JEAN HADAS-LEBEL
ABRÉVIATIONS BIBLIOGRAPHIQUES
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 217
Rix 1994 = H. Rix, Die Termini der Unfreiheit in den Sprachen Alt-Italiens,
Stuttgart, 1994.
Rix 1995 = H. Rix, Il latino e l’etrusco, dans Atti del convegno internazionale
Nomen Latinum, Latini e Romani prima di Annibale, Eutopia 4, 1, 1995,
p. 73-88.
Rix 1998 = H. Rix, Teonimi etruschi e teonimi italici, dans Annali della Fonda-
zione per il Museo ‘Claudio Faina’, 8, 1998, p. 207-229.
Schulze 1904 = W. Schulze, Zur Geschichte der lateinischen Eigennamen,
Göttingen, 1904 [1991].
Steinbauer 1998 = D. Steinbauer, Zur Grabinschrift der Larthi Cilnei aus Ari-
tim / Arretium / Arezzo, Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, 121,
1998, p. 263-281.
Walde-Hofmann = A. Walde – J. B. Hofmann, Lateinisches etymologisches
Wörterbuch, Heidelberg, 1930-1955.
Watmough 1997 = M. Watmough, Studies in the Etruscan Loanwords in La-
tin, Florence, 1997 (Biblioteca di «Studi Etruschi», 33).
.
PAOLO POCCETTI
.
220 PAOLO POCCETTI
1
Su ciò cfr. Sassi 1982, p. 70 ss.
2
Cfr. Usener 1929, p. 76.
3
Cfr. Wissowa 1904, p. 304.
4
Sugli indigitamenta e sulla prospettiva useneriana dei ‘Sondergötter’ cfr.
ora Pierfigli 2004, p. 201 ss.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 221
5
Cfr. Wissowa 1912, p. 18 ss.
6
La definizione è di Latte 1927, p. 257.
.
222 PAOLO POCCETTI
7
Cfr. Latte 1927, Altheim 1932, Kerenyi 1933, Devoto 1967.
8
Cfr. Usener 1929, p. 349 ss.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 223
9
Cfr. Schulze 1904, p. 467 ss.
10
Cfr. Kajanto 1965, p. 53.
11
Cfr. Aebischer 1934.
.
224 PAOLO POCCETTI
12
Cfr. Ve 236 = Rocca 1996, Ass.1.
13
Cfr. Schulze 1904, p. 469.
14
Cfr. Schulze 1904, p. 474.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 225
divina del mondo italico quel rapporto rigido ed inderogabile che as-
sume sempre il teonimo come prioritario rispetto all’antroponimo.
È il procedimento soggiacente alla formazione di antroponimi ‘teo-
forici’ greci (tipo Apollw¥niov) e alla derivazione di gentilizi e di co-
gnomina plebei di età imperiale da nomi di divinità (tipo Venerius,
Martialis, ecc.).
Tale modello esplicativo lascia, tuttavia, insolute almeno due
questioni nodali. La prima riguarda il rapporto morfologico, che
non rende sempre evidente la derivazione di un antroponimo da un
teonimo attraverso una marca suffissale che esprime l’appartenenza
o la pertinenza; la seconda concerne, invece, la struttura sintattica
che compone la denominazione divina rappresentata da un sintag-
ma costituito da «determinato + determinante» consistente nel nu-
cleo nome+aggettivo o nome+genitivo.
Nel primo rango si iscrivono nomi divini che presentano una
piena coincidenza morfologica con designazioni personali inseren-
dosi perfettamente nelle due classi in cui si incardina il sistema desi-
gnativo personale comune alle diverse tradizioni linguistiche del-
l’Italia antica, cioè la classe dei prenomi e quella dei gentilizi. Ed è
appunto attraverso queste stesse tradizioni linguistiche che presen-
tano la formula binomia dell’onomastica personale che si possono
rintracciare designazioni divine che coincidono, ora nella struttura
morfologica, ora nella base onomastica, ora in entrambe, tanto con
prenomi quanto con gentilizi dei rispettivi repertori onomastici. Ac-
cenneremo ad alcuni dati già noti da tempo per entrare più nello
specifico di alcune acquisizioni più recenti.
In etrusco coincidenza formale tra teonimo e gentilizio è rap-
presentato dal caso ben noto di *Veluim(e)na /Veluum(e)na, forma in-
digena presupposta dal teonimo attestato in fonti latine ora Voltum-
na ora Vertumnus (quest’ultimo consacrato da Properzio alla cele-
brità letteraria). La totale coincidenza formale del teonimo di filtro
latino con i gentilizi etruschi, già da tempo segnalata15, viene messa
in evidenza non solo dall’elemento morfologico -m(e)na, noto for-
mante di gentilizi tipo Tetumina, Ritumena, Malamena, Taruumena
(arcaici) Restumnei, Felzumna (recenti)16, ma anche dalla condivi-
sione della stessa base individuabile nel gentilizio Veluina, Velunei e
nel soggiacente prenome *Velua/Velue restituito da Volta in un’iscri-
zione falisca17. A tale condizione di *Veluim(e)na/Veluum(e)na è stata
attribuita la possibile origine da un culto gentilizio come designa-
15
Cfr. Schulze 1904, p. 252.
16
Cfr. De Simone 1975, p. 139 ss.; Cristofani 1985, p. 77 ss.
17
CIL I2 364 : cfr. De Simone 1975; Cristofani 1985.
.
226 PAOLO POCCETTI
18
Tale spiegazione è stata formulata da Cristofani 1985.
19
Per le attestazioni cfr. Cristofani 1985, p. 79 e De Simone 1997.
20
Cfr. Cristofani 1997, p. 211.
21
Cfr. Cristofani 1993, p. 11 ss.
22
Se ne vedano altri esempi in Maras 2001, p. 186 ss.
23
Su ciò, più diffusamente, cfr. De Simone 1965.
24
Rix ET Cl 2.8 : cfr. De Simone 1975, p. 138 ss.
25
Rix ET Cr 7.1.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 227
compare in designazioni binomie (es. Uesan Tinś) 26. Non è certo ca-
suale la circostanza che le attestazioni del nome appaiono come de-
signazioni muliebri al cospetto del fatto che come designazione di
divinità corrisponde ad un’ipostasi femminile 27. Analogo fenomeno
compare – come si vedrà tra poco – anche per denominazioni in
ambiente italico.
L’impiego di un elemento del lessico sia come nome individuale
sia come nome divino non appartiene solo all’etrusco. Altre tradizio-
ni dell’Italia antica ci offrono altri esempi in tal senso, anche se il di-
fetto di attestazioni rende non sempre possibile verificare la con-
gruenza delle attestazioni all’interno di uno stesso ambiente lingui-
stico.
L’ambito italico ci offre l’esempio di Cupra che ha una sua speci-
fica arealità (Umbria e Piceno) come denominazione divina (con e
senza appellativo per ‘madre’ : Cubrar Matrer), intrattenendo un rap-
porto sincronico con l’aggettivo cupro- ‘buono’ attestato nel lessico
paleo-italico 28. Tuttavia, lo stesso nome (nelle diverse varianti anap-
tittiche Kypara, Kypyra) 29 compare in ambiente siculo sia in funzio-
ne di teonimo, in quanto appellazione locale della fonte Arethusa
(ipostatizzata in una ninfa) 30 sia come nome individuale femminile.
Di quest’ultimo impiego ci dà certezza – messe a parte le occorrenze
ove è meno certa l’identificazione del designatum 31 – la sua menzio-
ne in una laminetta di piombo in riferimento ad un gruppo di perso-
ne che hanno accumulato debiti, ove è fuori di ogni dubbio che si
tratti della designazione di una donna 32.
Nel caso di Cupra è da sottolineare la coincidenza nell’impiego
al femminile del nome sia come teonimo sia come antroponimo : è
sconosciuto, infatti, l’uso del corrispettivo al maschile sia tra i nomi
di persone sia tra quelli di divinità. Un ulteriore esempio si trova, co-
me si è già accennato prima, nel teonimo etrusco Uesan usato anche
come antroponimo femminile. La circostanza che risultano scono-
26
Cfr. De Simone 1997, p. 195.
27
Cfr. Cristofani 1997, p. 211.
28
Sulla questione e sul dossier documentario relativo alla divinità Cupra, cfr.
Calderini 2001.
29
Per altro compatibili entrambe con l’anaptissi di quota paleoitalica, essen-
do i due tipi registrati entrambi nelle iscrizioni sud-picene.
30
Per il dossier e la sua analisi cfr. Durante 1960 : Cfr., inoltre, Agostiniani
1985, p. 212 e Calderini 2001, p. 60 ss.
31
Come nell’iscrizione su peso da telaio da Terravecchia di Cuti (Dubois
1989, no 175b) e nel graffito su cratere da Morgantina (Antonaccio-Neils 1995), at-
testazioni nelle quali è possibile l’interpretazione tanto come antroponimo quan-
to come teonimo.
32
Cfr. Dubois 1989, no 177.
.
228 PAOLO POCCETTI
33
Cfr. Prosdocimi 1989, p. 497.
34
Cfr. Cristofani 1993; 1997; per l’ambito etrusco, cfr. anche Maras 2001.
35
CIL X 5046.
36
CIL XI 5740. Cfr. Schulze 1904, p. 200.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 229
Ursmnei (in etrusco), di Totor Dazinnes (in messapico), nei quali l’e-
piclesi è rappresentata da un gentilizio (Hostilii, Ursmnei, Dazinnes)
o da un suo derivato (Pettiano- < Pettio- + -āno-). A duplice interpre-
tazione si presta, invece, la designazione etrusca binomia Selvans
Sanxuneta, nel cui secondo membro è stato identificato ora un deri-
vato da un gentilizio non attestato (Sanxuna+ta) 37, da omologarsi,
pertanto, al tipo osco Mamertei Pettiannúı́, latino Lares Hostilii, ecc.,
ora il derivato (sia pure non esente da qualche difficoltà morfologi-
ca) da un altro teonimo (equivalente all’umbro Sankio-) 38.
Le denominazioni Numisius Martius e Mars sive Numiternus ci
pongono, invece, di fronte a condizioni strutturali ben diverse. Nella
formula Numisius Martius si inverte il rapporto tra determinante e
determinato (l’antroponimo Numisius viene determinato dal teoni-
mo Mars), mentre nel caso di Mars sive Numiternus la struttura,
ispirandosi al principio di equivalenza, riproduce un modello
espressivo usato per indicare i soprannomi in ambito personale, do-
ve sive/seu viene impiegato in concorrenza con il più comune qui/
quae (et) 39. In termini più generali, la prima designazione risponde
al principio di una struttura sintagmatica, mentre la seconda è di
natura paradigmatica. Entrambe rispecchiano strutture formali del-
l’onomastica personale.
Il rapporto con la base onomastica a cui si rapportano tanto
Numisius quanto Numiternus chiama in causa un fenomeno analo-
go riscontrabile nella struttura di un teonimo attestato in un’iscri-
zione votiva osca da Rossano di Vaglio. La lettura del nome ne è
controversa : Nymyloi (Lejeune), Nymydo-, Nymcdo- (Del Tutto Pal-
ma) 40. Certo è che il teonimo, ripetuto due volte nella stessa dedica,
è accompagnato, in un caso, dall’epiclesi che lo collega al culto della
divinità del santuario, cioè Mefitis (Mefitanoi) e nell’altro, dall’epi-
clesi che lo collega al culto di Marte (Mamertioi). Non è forse casua-
le che un teonimo, così specifico e isolato nell’epigrafia religiosa
osca, si riferisca al culto di Marte a cui si raccordano le attestazioni
latine dei nomi tratti dalla stessa base onomastica di Numisius e di
Numiternus.
Merita rilevare che le tre alternative di lettura proposte (Numu-
lo-, Numudo-, Numpsdo-) convergono sulla condivisione sincronica
della stessa base onomastica di un antroponimo osco (Niumsis).
Inoltre, almeno due alternative di lettura consentono una sovrappo-
sizione con nomi individuali sporadicamente attestati. Si tratta di
Numulo- (lettura Lejeune), perfettamente sovrapponibile al nome
37
Cfr. De Simone 1997.
38
Cfr. Maras 2001, p. 197.
39
Cfr. Kajanto 1966, p. 6.
40
Rix ST Lu 28.
.
230 PAOLO POCCETTI
41
Landi 1979, no 160; Lejeune 1968 p. 210 ss.
42
Rix ST Lu 4.
43
Cfr. De Simone 1997.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 231
44
Su ciò cfr. De Simone 1999, p. 400.
45
Sulla quetione della pertinenza dell’iscrizione al latino o all’etrusco cfr.
Prosdocimi 1983, p. LIX e De Simone 1999, p. 390.
46
Cfr. Dubois 1989, no 175c.
47
Cfr, Agostiniani 1985, p. 212.
.
232 PAOLO POCCETTI
48
Cfr. Giacomelli 1963, no 15.
49
CIL XI 5740.
50
Schulze 1904, p. 200.
51
La proposta, già formulata da Altheim, è stata ripresa in Prosdocimi 1989,
p. 530.
52
Cfr. De Simone 1999, p. 397.
53
Cfr. Peruzzi 1995, p. 84.
54
Cfr. De Simone 1997, p. 197.
55
Cfr. Rix ET Vs 1.88 (Volsinii : arcaico).
56
Cfr. Rix ET Cl 1 103; 1106 (Chiusi : recente).
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 233
57
Cfr. Lazzeroni 1985.
58
Cfr. De Simone 1997, p. 206; Maras 2001, p. 192 ss.
.
234 PAOLO POCCETTI
Lucetius
Tra le più recenti acquisizioni dell’epigrafia osca dal santuario
lucano di Rossano di Vaglio c’è un nome personale, LwPktihiv, geni-
tivo singolare in funzione di patronimico inserito in una formula
onomastica 59. Questa attestazione, oltre ad accrescere di un ulterio-
re elemento il repertorio antroponimico osco, assume un particolare
interesse per le questioni linguistiche e filologiche connesse al latino
Lucetius con cui il dato osco è perfettamente sovrapponibile. Infatti,
l’attestazione osca presuppone la caduta per sincope di una vocale
breve Louk(vŏc.)tio-, circostanza congruente con la quantità accer-
tata metricamente dall’attestazione virgiliana di Lucĕtius. Inoltre, la
probabilità che tale vocale sincopata fosse di timbro palatale e che,
pertanto, alla base del nome osco possa postularsi una forma equi-
valente a quella latina è resa elevata dal raffronto morfologico con
un altro nome di probabile ascendenza italica formato con lo stesso
procedimento derivativo da un’altra base verbale, quello di Ducetius
(< *Douketio-) capo della rivolta dei Siculi. Il parallelismo morfolo-
gico con Lucetius ha sostenuto l’analisi di Ducetius come nome ‘par-
lante’ nel senso, appunto di ‘condottiero’ (dalla radice *deuk-) 60. Del
valore di Lucetius come ‘portatore di luce’ per la trasparenza del rap-
porto sincronico con i derivati della radice *leuk- (lux, luceo, ecc.)
era ben consapevole la tradizione antica confluita nelle glosse che
accompagnano le occorrenze letterarie di questo nome in latino. Ta-
le valore ben si adatta come appellativo di Giove in quanto ribadisce
lo stretto rapporto con la luce implicato dalla radice indoeuropea
del nome stesso della divinità 61.
59
Cfr. Nava-Poccetti 2001. Rix ST Lu 64.
60
Cfr. Agostiniani 1988-1989, p. 192.
61
Si tratta della nota radice i.e. *dyeu- «luce celeste» su cui cfr. Seebold 1991.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 235
Serv., Ad Aen. IX 567 : Lucetium solum hoc nomen est, quod dic-
tum a Virgilio in nullo alio reperitur auctore. Sane lingua Osca Luce-
tius est Iuppiter dictus a luce, quam praestare hominibus dicitur. Ipse
est nostra lingua Diespiter, id est diei pater : Horatius namque Diespiter
plerumque per purum.
.
236 PAOLO POCCETTI
62
Secondo la dottrina corrente, il dittongo eu originario sarebbe confluito in
ou condividendone le sorti «frühzeitig» secondo Pfister-Sommer 1977, p. 69;
«uritalisch» secondo Meiser 1998, 59. Diversamente, Campanile 1968, p. 128 ri-
tiene che il passaggio eu > ou sia «fenomeno assai tardo», ritrovandosi ancora in
iscrizioni latine di III sec. a.C. da Lavinio. In realtà, le forme che attestano eu so-
no accomunate dal fatto di appartenere a teonimi o comunque a testi di ambito
religioso che si caratterizzano per la conservazione di tratti arcaici o arcaizzanti.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 237
63
Cfr. Pisani 1971, 37 : «Leucesie è, come vide il Cocchia in RIGI I, 2, p. 15,
forma sabina assibilata di Lucetius». Cfr. anche Bruno 1969, 71.
64
Cfr., per esempio, le attestazioni arcaiche da Volsinii mi Lauxusies Lati-
nies (Rix ET Vs 1.81) e da Volterra mi Lauxusies¥ kurtes¥ ma (Rix, ET Vt 1.71).
65
È, pertanto, da escludere che esistessero due forme con diverso suffisso
(rispettivamente -tio- e -sio-), l’una, Lucetius, pertinente all’osco, e, l’altra, Luce-
sius, pertinente al latino, come aveva postulato Von Grienberger 1910, p. 230. Se
così fosse, infatti, suscita stupore che di quest’ultima con l’esito del rotacismo
(> Lucerius) non vi sia alcuna traccia.
.
238 PAOLO POCCETTI
Serv., ad Aen. VII 706 : nam Clausus, Sabinorum dux, post exac-
tos reges, ut quidam dicunt, cum quinque milibus clientum et amico-
rum Romam venit, et susceptus habitandam partem urbis accepit : ex
quo Claudia et tribus est et familia nominata.
Etr. Lauxusies + + – – –
Lat.arc. Leucesie + – + + +
Lat. Lūcetius – – – + +
Osco LwPktihiv – + – – –
66
Tale parallelismo è già stato rilevato da Sapienza 1918 e da Agostiniani
1989, p. 192.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 239
.
240 PAOLO POCCETTI
Messapico U aotor
Il corpus epigrafico messapico della Grotta della Poesia ha fatto
definitivamente acquisire il teonimo Taotor (e varianti), il cui ruolo
precipuo nel culto della grotta è messo in evidenza dalla sua ricorsi-
vità sia nelle iscrizioni messapiche sia in quelle latine presenti nello
stesso contesto. Il nome, sempre in funzione di designazione divina,
era già noto nell’epigrafia messapica. E la sua posizione di rilievo in
altri documenti religiosi di ambiente messapico mostra che la divi-
nità non era ristretta ad un culto particolare della Grotta della Poe-
sia, che ci riserva più grande dovizia di documentazione, ma appar-
teneva al pantheon comune dei Messapi.
Il teonimo, infatti, ha una posizione di rilievo su un’ara da Vale-
sio, dove compare insieme ad altre due divinità encoriche 67. Oltre
che da solo, il nome della divinità si trova accompagnato da due epi-
clesi, Caol(n)e, in un’epigrafe da Vaste 68, e andi/orah(h)a-, che è ri-
corrente nel culto della Grotta della Poesia 69. Quest’ultima epiclesi
viene trasposta in Andraios, Andreus, Andreios nelle dediche in lati-
no dalla stessa grotta, mentre il teonimo appare latinizzato nella for-
ma Tutor 70. Inoltre, il confronto con il formulario della stessa Grotta
ha permesso di accertare la sua presenza come destinatario di una
dedica nella lunga iscrizione da Carovigno 71 che si apre con l’invoca-
zione alle due massime divinità Zis Venas.
L’epigrafia della Grotta della Poesia accresce il numero della va-
rianti attraverso le quali il teonimo era già noto, varianti che rispon-
dono in parte a variazioni scrittorie, in parte a variazioni linguisti-
che. Per esempio, la Grotta di S. Maria di Agnano presso Ostuni mo-
stra l’incrocio di varie tradizioni grafiche e linguistiche nella
registrazione di un altro nome divino che era evidentemente la divi-
nità precipua del culto della grotta 72. Tale condizione documentaria,
apparentemente sorprendente nella registrazione di un teonimo, che
di solito tende ad essere conservativo almeno nella grafia, trova altri
confronti in ambiente messapico. Ciò mette in evidenza una specifi-
cità della cultura messapica relativamente all’epigrafia dei santuari,
nei quali sembra che l’offerta votiva fosse registrata non in ossequio
67
MLM 9 Bal.
68
MLM 22 Bas.
69
Su tale epiclesi, oltre all’interpretazioni proposte in De Simone 1988,
p. 360 ss., si veda anche la possibile spiegazione di Poetto 1997.
70
Cfr. Pagliara 1991.
71
MLM 3 Car.; De Simone 1991.
72
Sul corpus epigrafico proveniente da questa grotta ci siamo soffermati nel-
la comunicazione al convegno ‘Saturnia Tellus’ (Roma novembre 2004), i cui atti
sono in corso di stampa.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 241
73
Cfr. De Simone 1988.
74
In specifico proprio dalla registrazione del nome nell’epigrafia messapica
ha fornito un interessante dossier per la distribuzione e l’uso di questi segni : cfr.
De Simone 1971, p. 173 e Lejeune 1991, p. 213 ss.
75
Cfr. De Simone 1965, p. 21 ss.
76
Per le attestazioni cfr. De Simone 1965 p. 27 ss.
77
Così De Simone 1964, p. 32; De Simone 1972, p. 150 ss.
78
De Simone 1964, p. 32; De Simone 1972, p. 150 ss.
.
242 PAOLO POCCETTI
acquista più forza nell’impiego teonimico del nome, forse per ren-
derne immediatamente trasparente in un contesto bilingue la valen-
za designativa. Come si vedrà appresso, questo stesso artificio grafi-
co è applicato anche alla funzione antroponimica dello stesso nome,
perfino all’interno dello stesso contesto, come quello del luogo di
culto della Grotta della Poesia, circostanza che ne rivela – a livello di
coscienza linguistica – la consapevolezza dell’identità formale dei
due nomi.
Del teonimo è attestato un derivato aggettivale (Taotorres <
*Taotor-ya-s) nel sintagma tabaras Taotorres su una lastra sepolcrale
da Mesagne 79, che si riferisce alla designazione di una carica sacer-
dotale definita dal culto divino di pertinenza (come Tabara Dama-
tria, latino sacerdos cereria, peligno sacracrix Herentatia, ecc.) 80. In
questo caso, il parallelo testuale con le altre formule relative a sacer-
dotesse nell’Italia antica invita ad interpretare il derivato da Taotor
come aggettivo riferibile al teonimo (e non, invece, all’antroponi-
mo), in quanto indica il culto di pertinenza del sacerdozio 81, mentre
l’assenza del nome personale si giustifica nella cornice dell’anoni-
mato a cui si collega questo tipo di istituzione religiosa 82.
In funzione antroponimica lo stesso elemento onomastico, ac-
certato anche come teonimo, è ampiamente documentato in quasi
tutto il territorio messapico. È largamente diffuso come nome indi-
viduale, dal quale si sono generati i gentilizi U eotorras (Ceglie), gen.
Caotorrihi (Otranto) < *U eotor-ya-s < U eotor-yo-s e U eotoridda <
*U eotor-idyā- (Ceglie).
Nella funzione di nome personale la documentazione messapica
presenta un numero di varianti pressoché equivalente a quello del
teonimo che investono sia il grafo consonantico sia il vocalismo del-
la sillaba iniziale :
U eotor, U aotor (Grotta della Poesia), U otor (Ceglie), Caotor (Ale-
zio), Cotor (Lecce).
Anche nella distribuzione delle varianti scrittorie dell’antropo-
nimo vale quanto osservato a proposito di quelle del teonimo, an-
che nella combinazione tra grafo consonantico e grafi vocalici 83. In-
tervengono sicuramente fattori diacronici, per quanto riguarda l’e-
79
MLM 25 Me.
80
Su ciò cfr. De Simone 1984; per le formule corrispondenti e le relative isti-
tuzioni sacerdotali in altre culture dell’Italia antica, cfr. Poccetti 2000.
81
Cfr. Santoro 1989, p. 32. Diversamente De Simone 1984, p. 189.
82
De Simone 1984; Poccetti 2000, p. 105.
83
Per esempio nel particolare, rilevato da Lejeune 1991, p. 218, che l’ortogra-
fia con il segno ‘a tridente’, che appare quasi sempre distribuito davanti alla voca-
le /a/, si conserva per tradizione anche dopo che la mottongazione ao > o aveva
posto fine a ogni contatto tra la consonante medesima e la vocale /a/.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 243
84
Si veda la classificazione fatta da Parlangeli 1960, p. 370 ss.
85
Per le attestazioni cfr. De Simone 1964, p. 28.
86
Per i riferimento cfr. De Simone 1964, p. 28.
87
Cfr. Kajanto 1965, p. 96.
.
244 PAOLO POCCETTI
D’altra parte, non si può neppure escludere del tutto che il nome
messapico abbia alla sua origine proprio una formazione di nomen
agentis dal corradicale di lat. tueor < *teuH-, sebbene questa radice
non sembri rappresentata in altre lingue fuori del latino 88. In tal ca-
so, la restituzione del teonimo U eotor (e varianti) con Tutor nelle de-
diche latine non sarebbe altro che la traduzione letterale del nome.
Su questo punto, però, si apre la questione della morfostruttura
del nome messapico che ha ovviamente ricadute dirette sulla sua eti-
mologia. Da tempo, infatti, per U eotor (e varianti) è stata proposta
una connessione della base onomastica con il termine indoeuropeo
teutā-, ricorrente in antroponimi di tradizioni diverse, come, per es.
in area balcanica antica, Teytı¥aplov, Teutimeitis, in ambiente galli-
co, Teutobuduus, Teutodivicus, ecc. 89.
Sotto tale profilo, U eotor (e varianti) non è isolato neppure al-
l’interno del repertorio antroponimico messapico, il quale alberga
altri nomi riconducibili alla stessa base onomastica teutā- 90, come
Teotinihi, Taotinahiaihi, Taoteuues, che sono, però, formati mediante
i più comuni suffissi derivazionali -ı̄no- e -yo-, rispettivamente da
*Teot-in-yas < *Teot-in-yo-s e da *Taotet-ya-s < *Taotet-yo-s. Ma an-
che la veste morfologica di U eotor non è isolata nell’onomastica
messapica, poiché si affianca a quella di altri nomi personali uscenti
in -or, attestati come prenomi o ricostruiti come idionimi soggiacen-
ti a gentilizi, tipo Otor, Artor, Idor. Queste formazioni, a loro volta,
condividono la stessa base onomastica di altri nomi marcati da altri
suffissi, mettendo, per esempio, in evidenza un rapporto morfologi-
co tra nomi personali come Otu es < *Ot-ya-s e Otor, Artas e Artor,
Idor e Iddes 91 (quest’ultimo attestato come teonimo) 92.
Pertanto anche la morfologia di U eotor può benissimo inserirsi
in questa serie e mettersi in relazione ad un nome a base teutā- spie-
gandosi – come è stato plausibilmente proposto – come Kurzname
oppure nel quadro di una diffusa allomorfia tra l’uscita -or e altre
marche morfologiche. Comunque, quanto preme qui rilevare è il fat-
to che il nome messapico, sia in funzione di antroponimo quanto in
quella di teonimo, condivide totalmente il trattamento dei nomi per-
sonali messapici lasciando intravedere, anche su questo versante,
quanto sia difficilmente dipanabile la matassa del prius designativo
tra uomini e divinità.
Inoltre, questa serie di dati relativi al nome messapico mette in
evidenza un singolare parallelismo con la condizione segnalata per
88
Cfr. LIV p. 581 s.v. *teuH-
89
Cfr. De Simone 1988, p. 379.
90
Cfr. De Simone 1964, p. 30.
91
Cfr. De Simone 1988, p. 357 e 378.
92
Cfr. Santoro 1989, p. 15.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 245
Paolo POCCETTI
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
246 PAOLO POCCETTI
studi sulla Magna Grecia (Taranto 10-15 ottobre 1971), Napoli 1972,
p. 125-201.
De Simone 1975 = C. De Simone, Etruskischer Literaturbericht : neuveröffen-
tlichte Inschriften 1970-1973, in Glotta 53, 1975, p. 125-181.
De Simone 1983 = C. De Simone, Onomasticon Aletinum : considerazioni ge-
nerali, Atti dell’VIII Convegno dei comuni Messapici, Peuceti e Dauni
(Alezio 14-15 novembre 1981), Bari, 1983, p. 215-263.
De Simone 1984 = C. De Simone, Su tabaras (femm. -a) e la diffusione dei
culti misteriosofici nella Messapia, in SE 50, 1984, p. 177-197.
De Simone 1988 = C. De Simone, Iscrizioni messapiche della Grotta della Poe-
sia, in ASNP s. III, 18, 2, 1988, p. 325-415.
De Simone 1991a = C. De Simone, La lingua messapica oggi : un bilancio cri-
tico, in I Messapi, Atti del XXX Convegno di studi sulla Magna Grecia (Ta-
ranto-Lecce 4-9 ottobre 1990), Taranto, 1991, p. 297-322.
De Simone 1991b = C. De Simone, Totor Dazinnes : culti gentilizi presso i
Messapi?, in AIWN 13, 1991, p. 203-210.
De Simone 1997 = C. De Simone, Dénominations divines étrusques binaires :
considérations préliminaires, in Les Étrusques, les plus religieux des hom-
mes, Parigi, 1997, p. 185-207.
De Simone 1999 = C. De Simone, Lat. Mercurius < *Mercu-sio-s e gli aggetti-
vi di classificazione in -(ā)rius < (ā)sio-s, in RFIC 127, 1999, p. 385-425.
Del Tutto Palma 1990 = L. Del Tutto Palma, Due voces ‘nihili’ : Lucani *udo
e *Numulo, in SE 57, 1990, p. 1-8.
Devoto 1967 = G. Devoto, Il pantheon di Agnone, in SE 35, 1967, p. 179-197.
Dubois 1989 = L. Dubois, Inscriptions grecques dialectales de Sicile, Roma,
1989.
Durante 1960 = M. Durante, Il nome siculo della fonte Aretusa, in BSFLS 8,
1960, p. 1-11.
Giacomelli 1963 = G. Giacomelli, La lingua falisca, Firenze, 1963.
Graf 1996 = F. Graf, Namen von Götter im klassischen Altertum, in Namen-
forschung, Ein internationales Handbuch zur Onomastik, 2, 2, Berlino-
New York, 1996, p. 1823-1846.
Grassmann 1867 = H. Grassmann, Die italischen Götternamen, in KZ 16,
1867, p. 101-119, 161-196.
Latte 1927 = K. Latte, Ueber eine Eigentümlichkeit der italischen Göttervor-
stellung, in Archiv für Religionswiss, 24, 1926-27, p. 244-258.
Kerényi 1933 = K. Kerényi, Altitalische Götterverbindungen, in Studi e Mate-
riali di Storia delle religioni 9, 1933, p. 17-28.
Landi 1979 = A. Landi, Dialetti e interazione sociale in Magna Grecia, Napoli,
1979.
Lazzeroni 1985 = R. Lazzeroni, Appunti di onomastica italica. Una soprav-
vivenza indoeuropea nell’onomastica osca, in Studi Linguistici e filologici
per C. A. Mastrelli, Pisa, 1985, p. 225-232.
Lejeune 1968 = M. Lejeune, Notes de linguistique italique : XII Caprotina;
XXIII le culte de Méfitis à Rossano di Vaglio : XXIV Répertoire théonymi-
que de l’épigraphie osque, in REL 45, 1968, p. 194-231.
Lejeune 1991 = M. Lejeune, Sur la translitération du messapien, in AIWN 13,
1991, p. 211-231. LIV = Lexikon der indogermanischen Verben, a cura di
H. Rix, Wiesbaden, 2001.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 247
.
248 PAOLO POCCETTI
.
HEIKKI SOLIN
.
252 HEIKKI SOLIN
libri, ma non continuò più l’opera) scriveva i nomi dei consoli sulle tavole dealba-
te. Per altri dettagli, cf. infra nel testo.
2
Cf., tra l’altro, Cichorius, De fastis, cit.; A. Degrassi, Fasti Capitolini, cit.,
p. 18-20, con altra bibliografia; vale la pena di ricordare in particolare le idee
molto originali di K. J. Beloch, Römische Geschichte, Lipsia, 1926 (anche se le
sue asserzioni sono spesso assai discutibili). Per i più recenti cf. per es. H. Bengt-
son, Römische Geschichte, Monaco, 1967, p. 42-46; A. Drummond, CAH VII 2,
1989, p. 173-177; J. Bleicken, Geschichte der römischen Republik, Monaco, 19883,
p. 109 (tutti e tre attribuiscono ai fasti nelle grandi linee un alto grado di attendi-
bilità, il primo più chiaramente dell’ultimo). Così anche E. Gabba, Considerazio-
ni sulla tradizione letteraria, citato nella nota 4. Ma non tutti si esprimono esplici-
tamente nei riguardi dei cognomi. Una storia degli studi offre R. T. Ridley, Fas-
tenkritik : A Stocktaking, in Athenaeum 58, 1980, p. 264-298.
3
Prescindendo da alcuni studi della prima metà del secolo scorso (per es.
E. Kornemann, Der Priestercodex in der Regia und die Entstehung der altrömis-
chen Pseudogeschichte, Tubinga, 1912 o A. Rosenberg, Einleitung und Quellen-
kunde zur römischen Geschichte, Berlino, 1921), o da tentativi, in sé e per sé note-
voli, di posticipare l’inizio della repubblica proposti da K. Hanell, Das altrö-
mische eponyme Amt, Lund, 1946, e R. Werner, Der Beginn der römischen
Republik. Historisch-chronologische Untersuchungen über die Anfangszeit der libe-
ra res publica, Monaco, 1963 (secondo il quale si dovrebbe porre l’inizio della re-
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 253
.
254 HEIKKI SOLIN
ma la lista sarebbe interpolata (p. 12). Beloch si mostra quindi un po’ ambiguo.
Un altro sostenitore dell’età alta dei cognomi è I. Kajanto, On the chronology of
the cognomen in the Republican period, in L’onomastique latine, Paris 1977, p. 64
sg. (ricalca il ragionamento del Beloch). Ho toccato il problema molto breve-
mente e in modo preliminare in Ancient Onomastics : Perspectives and problems,
in A. Rizakis (a cura di), Roman Onomastics in the Greek East. Social and Politi-
cal Aspects. Proceedings of the International Colloquium organized by the Finnish
Institute and the Centre for Greek and Roman Antiquity, Athens 7-9 September
1993, Atene, 1996 (Meleth¥mata, 21), p. 6 sg.. Così sembra pensare anche
L. R. Ménager, Systèmes onomastiques, structures familiales et classes sociales
dans le monde gréco-romain, in SDHI 46, 1980, p. 182, ma il suo ragionamento
non mi è chiaro. Ora anche H. Etcheto, Cognomen et appartenance familiale dans
l’aristocratie médio-républicaine : à propos de l’identité du consul patricien de 328
av. J.-C., in Athenaeum 91, 2003, p. 445-468 (ho preso conoscenza di questo im-
portante articolo soltanto dopo aver finito la stesura del presente contributo; vi
riferisco di seguito per alcune questioni, soprattutto quando non si può essere
d’accordo con l’autore).
7
Ma in un coperchio di sarcofago ritrovato nello stesso posto si legge l’iscri-
zione, che sembra essere alquanto più antica, L. Cornelio(s) Cn. f. senza cognome
(CIL I2 2834). Ora : su Scapola Rieger, Tribus und Stadt, p. 516, 559-561.
8
Potrebbe trattarsi del console del 328, riportato da Livio con questo co-
gnome (gli studiosi ritengono il console di quell’anno di solito un Barbatus), o un
di un suo parente. Cf. H. Solin, Arctos 6, 1970, p. 110-112 = Analecta epigraphica,
Roma 1998, p. 8-10.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 255
9
Cf. per es. R. Wachter, Altlateinische Inschriften, Berna, 1987, p. 301 sgg., il
quale opta per la possibilità che tutte e due le iscrizioni siano state scritte
contemporaneamente; ma cf. H. Solin, Gnomon 67, 1995, p. 613.
10
Questo capoverso è stato aggiunto al presente contributo solo in una fase
secondaria, dopo la lettura dell’articolo di H. Etcheto (vedi la nota successiva).
Prego il lettore di notare che non ho modificato i dettagli del paragrafo prece-
dente.
11
H. Etcheto, Cognomen et appartenance familiale, cit. nt. 6, p. 447-454.
.
256 HEIKKI SOLIN
12
Già prima G. J. Szemler, The Priests of the Roman Republic. A Study of In-
teractions Between Priesthoods and Magistracies Bruxelles 1972 (Coll. Latomus
127), p. 205 e RE Suppl. XV, col. 372 aveva parlato di un P. Cornelius Scipio Sca-
pula, senza spiegarsi meglio e riferendosi a C. Bardt Die Priester der vier grossen
Collegien aus römisch-republikanischer Zeit, in Jahresbericht, K. Wilhelms-Gymna-
sium in Berlin XI, Berlino, 1871, il quale tuttavia non ha creato uno Scipio Scapu-
la. Szemler si rivela assai confuso; a p. 62 nt. 1, riferendosi a Bardt, dubita del-
l’identità del pontefice massimo del 304 con il console del 328, il quale invece sa-
rebbe un P. Cornelius Scipio Scapula!
13
Ma il ragionamento dell’Etcheto (p. 459) non è molto felice.
14
Etcheto ha senza dubbio ragione quando afferma che Scapula dovette es-
sere cognome individuale. Male H. I. Flower, Ancestor Masks and Aristocratic Po-
wer in Roman Culture, Oxford, 1996, p. 166, 176 lo ritiene il cognome ereditario.
(Anch’io ho parlato dei Cornelii Scapulae, per una mera svista, di cui mi ver-
gogno, in OCD p. 1024).
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 257
15
Sulle circostanze del ritrovamento cf. G. Pisani Sartorio e S. Quilici Gigli,
Bull. com. 92, 1987-1988, p. 247 sgg.
16
Secondo Etcheto (p. 456) questo avrebbe posseduto un cognome sì, ma
che non sarebbe stato inciso nell’iscrizione, a causa della posizione ancora de-
bole del cognome nel nome romano. Anche così si potrebbe spiegare la mancan-
za del cognome, ma io m’inclinerei alla prima alternativa, espressa nel testo.
17
Cf. gli elenchi in C. Bardt, Die Priester der vier grossen Collegien, cit. nt. 12,
p. 3-8 e in Fr. Münzer, Römische Adelsparteien und Adelsfamilien, Stoccarda,
1920, p. 414; in generale G. J. Szemler, The Priests of the Roman Republic, cit. nt.
12, p. 64 sgg.; Id., RE Suppl. XV col. 342-392.
18
Nonostante un’opinione comune ancora all’inizio del ’900 secondo cui i
pontefici avessero a Roma nell’età proto- e medio repubblicana un potere molto
centrale. Cf. tuttavia, per es. G. De Sanctis, Storia dei Romani IV 2, 1, Firenze,
1957, p. 354 sgg.; J. Bleicken, Oberpontifex und Pontifikalkollegium. Eine Studie
zur römischen Sakralverfassung, in Hermes 85, 1957, p. 345-366 (contributo im-
portante in cui si demolisce l’opinione diffusa risalente al Mommsen sul grande
peso politico dei pontefici); G. Szemler, The Priests, cit. nt. 12, p. 62 sg.
.
258 HEIKKI SOLIN
non implica che i pontefici massimi della parte finale del IV secolo
dovessero essere necessariamente consolari. Potrebbe destare mera-
viglia avere due Cornelii pontefici massimi eletti più o meno conse-
cutivamente alla carica (e inoltre un poco prima, un terzo Cornelio,
il misterioso Calussa). Ma i Cornelii erano una prestigiosa gens pa-
trizia (e in quel periodo i pontefici dovevano essere patrizii), per cui
non sarebbe strano se fossero stati eletti entro c. 30 anni tre Cornelii
a questa carica priva di grande potere politico, ma tanto più riguar-
devole. Per quanto riguarda il dittatore, la maggior parte dei dittato-
ri conosciuti dal periodo medio repubblicano sono consolari (e se-
condo Livio 2, 18,5 uno dei requisiti per poter essere nominati ditta-
tori era la consolarità)19. Tirando le somme, se siamo autorizzati a
dare fede alla tradizione, e non dobbiamo ritenere confuse le forme
offerte dalle fonti, vedrei nello Scapula del sarcofago un pontefice
massimo diverso da quello del 304; quest’ultimo sarebbe invece
identico al console del 328 (anche se piacerebbe seguire la tradizio-
ne liviana) e al dittatore del 306 e avrebbe portato due cognomi,
quello ereditario Scipio e quello individuale Barbatus. Così avremmo
superato la difficoltà di trovare per la carica di dittatore un consola-
re. – Colpisce ancora la mancanza, nell’iscrizione di Scapula, di
qualsiasi altra menzione delle sue cariche, il che potrebbe dipendere
dal fatto che non avesse rivestito una magistratura così importante
che si fosse sentito il bisogno di scolpirne il ricordo nell’iscrizione.
Ma la sola menzione, sul sarcofago, del pontificato massimo può
spiegarsi con il suo alto prestigio e con la generale brevità e sobrietà
del testo epigrafico 20 ; si noti anche che il defunto poteva essere iden-
tificato come patrizio con il ricordo di questa sola carica. – Il risulta-
to di questa digressione si può sintetizzare come segue : non si trat-
ta, come pensa l’Etcheto, di confusioni nell’uso dei cognomi variabi-
li di un solo personaggio, bensì di qualche lieve errore nella
trasmissione nelle diverse fonti dei cognomi di un personaggio di
rango elevato da parte delle diverse fonti.
19
Cf. per es. Etcheto p. 449, con qualche riferimento bibliografico. Si può
aggiungere B. Bruno, Diz. epigr. II, p. 1759-1778 con buone osservazioni e l’elen-
co dei dittatori conosciuti.
20
Così pensano G. Pisani Sartorio e S. Quilici Gigli, Bull.com. 92, 1987-1988,
p. 260, e Etcheto p. 451. – Va qui notato ancora che un ulteriore argomento per
l’identità dello Scapula del sarcofago con gli altri tre di cui si serve l’Etcheto
(p. 452 sg.), e cioè la vicinanza del luogo di ritrovamento del sarcofago di Scapu-
la con il sepolcro degli Scipioni, non conta molto. Con 500 metri di distanza non
si tratta ancora di una vicinanza ’immediata’. Non dovrebbe destare alcuna mera-
viglia di trovare sepolcri di due rami corneliani in questa prediletta zona per se-
polture dell’aristocrazia romana. I due complessi di sepolture dimostrano solo
che c’erano nella zona possedimenti terrieri della gens Cornelia in generale, non
solo del ramo degli Scipioni.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 259
21
Cf. tuttavia il suddetto L. Cornelio(s) Cn. f., ricordato senza cognome nel
suo epitaffio CIL I2 2834, ritrovato insieme con il sarcofago di Scapula e alcuni
decenni più antico (di solito viene datato alla metà circa del IV secolo).
22
Mommsen ad CIL III 6627; B. Galsterer-Kröll, Die Graffiti auf der römis-
chen Gefässkeramik aus Haltern (Bodenaltertümer Westfalens 20), Münster, 1983,
p. 21.
.
260 HEIKKI SOLIN
sarcofagi della gens Cornelia, e non è escluso che con futuri ritrova-
menti si possa ancora retrodatare la documentazione contempora-
nea. Ma nei Fasti Capitolini il cognome compare fin dall’inizio, e
quasi senza eccezione.
Per molte ragioni sembra poco probabile che tutti i cognomi as-
segnati ai magistrati dei primi tempi della repubblica possano esse-
re autentici. Senz’altro parecchi – o almeno alcuni – di essi sono ag-
giunte posteriori, invenzioni degli annalisti o della tradizione fami-
liare; si consideri che qualsiasi cittadino romano poteva avere
accesso alle tabulae dealbatae dei pontefici esposte al pubblico e così
raccogliere notizie riguardanti la propria gens. Ma non tutti i cogno-
mi atttestati per il V e IV secolo possono essere liquidati in questo
modo. Su ciò torneremo più avanti. Del resto, anche la presenza dei
patronimici nei fasti più antichi può ritenersi qualche volta interpo-
lazione del redattore, perché gli intervalli cronologici tra le cariche
del padre e del figlio sono qualche volta o più lunghi o più brevi ri-
spetto all’intervallo medio tra due generazioni dell’età tardorepub-
blicana. 23 Invece l’inserimento degli avonimici nelle parti antiche dei
fasti è certamente opera dei redattori posteriori 24.
L’idea che le originali liste dei magistrati non avrebbero conte-
nuto dei cognomi deriva da molti fattori. Si è fatto ricorso alle con-
dizioni semplici del V secolo, il che non permetterebbe l’introduzio-
ne, almeno non in maniera rilevante, dei cognomi; ma questo non è
argomento convincente. Convince di più l’accenno al fatto che in al-
tri documenti quali leggi e senatoconsulti i nomi dei consoli e di al-
tri magistrati vengono resi ancora nel II secolo senza cognomi e avo-
nimici che invece appaiono sempre nei Fasti Capitolini; negli indici
più antichi sarebbero stati ammessi solo il prenome, gentilizio e pa-
tronimico (ma la presenza nei fasti dei patronimici pone, come ab-
biamo visto, qualche problema). Ma ciò è una sbagliata proiezione
di un usus a documenti di tutt’altro genere. Nelle leggi e nei senato-
consulti bastava mettere solo il patronimico, perché i consoli e i te-
stimoni erano di solito facilmente riconoscibili ai fini della prova
dell’autenticazione del documento, mentre i fasti non sono solo liste
di magistrati eponimi fatti per scopi pratici, ma hanno piuttosto as-
sunto il carattere di cronache; nelle categorie storiografiche i fasti
costituiscono la forma della memoria collettiva, non un mezzo prati-
co per datazioni, bensì tavola onoraria 25. Questo carattere dei fasti
23
Cf. Cichorius, De fastis consularibus, cit. p. 237-240, il quale tuttavia esa-
gera quando vuole attribuire tutti i patronimici ai redattori posteriori. Cf. invece
Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 52-61.
24
Questo per molte ragioni. Cf. per es. Beloch, Römische Geschichte, cit.,
p. 60.
25
Questa categoria storiografica è stata bene elaborata da J. Rüpke, Ges-
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 261
.
262 HEIKKI SOLIN
29
Su ciò cf., in via preliminare, H. Solin, Un aspetto dell’onomastica plebea e
municipale. La ripresa di nomi illustri da parte di comuni cittadini, in G. Angeli
Bertinelli e A. Donati (a cura di), Varia epigraphica. Atti del colloquio inter-
nazionale di epigrafia, Bertinoro, 8-10 giugno 2000, Faenza, 2001 (Epigrafia e Anti-
chità 17), 411-427. Un bell’esempio nell’onomastica aristocratica della ripresa di
vecchi cognomi orgogliosi, dopo un lungo iato, nell’età imperiale costituisce la fi-
danzata di Claudio Medullina Camilli f. (CIL X 6561), su cui cf. M. Kajava, Arctos
20, 1986, p. 59-71.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 263
lia dimostrano che il cognome poteva essere in uso effettivo nelle fa-
miglie aristocratiche già nella seconda metà del IV secolo, e quello
di P. Cornelius Scapula fa vedere l’importanza di questi casi, in
quanto sembra confermare la tradizione annalistica relativa al co-
gnome del console corneliano del 328 (nei Fasti Capitolini quest’an-
no non è conservato).
Al lettore sarà diventato chiaro che personalmente non posso
condividere completamente il giudizio negativo riguardo all’autenti-
cità dei cognomi traditi per i magistrati del V e IV secolo 30. Si può
falsificare per vanità aristocratica qualche albero genealogico, ma
non si falsificano decine se non centinaia di nomi, gentilizi e cogno-
mi, di magistrati. Come ho già sottolineato, una parte dei cognomi
traditi per il V e IV secolo rappresenta aggiunte posteriori (e quelli
dei primi anni della repubblica saranno per lo più interpolazioni).
Visto il carattere facoltativo del cognome nella nomenclatura il suo
affermarsi nell’uso romano deve essere stato un processo piuttosto
lungo, e non si creda che in tutte le famiglie patrizie dell’età protore-
pubblicana il cognome sia diventato un elemento per così dire stabi-
30
Argomenti per l’autenticità di una buona parte dei cognomi della media
repubblica e anche di alcuni della parte più antica dei fasti sono molti. È mia in-
tenzione di trattare la questione nel libro dedicato all’onomastica senatoria, da
tempo in preparazione. Qui solo un paio di osservazioni oltre a quelle che figura-
no altrove in questo saggio : 1) L’inclusione di cognomi nei fasti si spiega con il
bisogno di escludere il sospetto sull’identità delle persone portanti lo stesso genti-
lizio, e questo bisogno non nacque soltanto verso la fine del IV secolo con la pre-
sunta redazione dei Fasti di Gneo Flavio, bensì molto prima; già il patriziato più
antico ha posseduto dei cognomi e li ha anche fatti mettere nei fasti più antichi
(bene su questo punto Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 46 contro Momm-
sen). Del resto il giudizio del Mommsen è stato spesso frainteso su questo punto :
per es. in RF I, p. 48 non dice affatto che i cognomi del patriziato sarebbero delle
falsificazioni (così hanno capito le parole del Mommsen molti studiosi, per es.
A. Alföldi, Early Rome and the Latins, Ann Arbor, 1964, p. 82 sg.), egli parla solo
della «Schriftmässigkeit der Cognomina, die wenigstens bis in das fünfte Jh.
Roms zurückreicht». – 2) Il fatto che in Diodoro manchino spesso i cognomi dei
magistrati, non può essere usato come argomento per la supposizione che egli
avrebbe utilizzato una buona fonte antica, in cui i cognomi non erano segnalati,
come spesso affermato. G. Perl, Kritische Untersuchungen zu Diodors römischer
Jahreszählung, Berlino, 1957, ha dimostrato che i cognomi dei magistrati sono
sempre da postulare nella fonte di Diodoro (che era una lista di eponimi, la quale
dunque registrava i cognomi ed era scritta in latino); ma nella lunga serie dei tri-
buni consolari i cognomi furono omessi a causa dell’alto numero dei nomi e in
conseguenza anche i collegi consolari precedenti e successivi venivano da Diodo-
ro offerti senza cognomi. Perciò non si può tirare con A. Alföldi, Römische Früh-
geschichte, Heidelberg, 1976, p. 109 sg. la conclusione che Diodoro avrebbe chia-
mato in causa, per i tribuni consolari, un’altra, antica fonte. In ogni caso, l’usus
diodoriano non dice niente della mancanza del cognome nella nomenclatura dei
magistrati della prima età repubblicana.
.
264 HEIKKI SOLIN
31
O. Salomies, Die römischen Vornamen. Studien zur römischen Namenge-
bung, Helsinki, 1987, 19-60 ha raccolto in tutto 31 nomi attestati con certezza
come prenomi della nobiltà repubblicana. E anche di questi, alcuni sono attestati
solo raramente, cadendo con l’andar del tempo più e più in disuso.
32
In enciclopedie e manuali prosopografici si sceglie di solito la forma Inre-
gillensis, mentre Degrassi nella sua edizione in Inscr. It. XIII tende a scrivere Inri-
gillensis, quando il cognome (o almeno non la vocale della sua seconda sillaba)
non è conservato nella lapide; e in effetti nell’unico passo in cui questo cognome
è conservato, sotto 450 nell’elenco dei decemviri consulari imperio legibus scri-
bundis, è scritto Inrigill(ensis).
33
Sono il console del 495, il cui nome si crede suonasse nei Fasti Capitolini
(dove non è conservato) nella forma Ap. Claudius M. f. – n. Crassus(?) Inregillen-
sis (o Inrigillensis) Sabinus (il secondo cognome è tramandato solo nel Cronogra-
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 265
fo dell’anno 354 come l’unico nome nella forma Inregiliensis; e il terzo cognome
Sabinus nei Fasti Idaziani e nel Chronicon Paschale come nome unico, nonché in
Dion. Hal. 6, 23 come unico cognome dopo ¶Appiov Klay¥diov); suo omonimo,
console nel 471 e 451, i cui nomi sono stati tramandati grosso modo in maniera
uguale (solo che il suo nome intero è conservato sotto 451 nei Fasti Capitolini, i
cognomi nella forma Crass. Inr[-]gill. Sabin. e che sotto 451 mancano le testimo-
nianze delle fonti letterarie); nello stesso modo viene trattato anche il nome del
console nel 460, solo che ha il prenome Gaius. Del IV secolo il console del 349
porta nei Fasti Capitolini due cognomi nella forma [Crass. I]nrigil[lens.], nel Cro-
nografo del 354, nei Fasti Idaziani, nel Chronicon Paschale e in Livio solo Cras-
sus, mentre in Cassiodoro compare solo con prenome e gentilizio; lo stesso viene
ricordato come dittatore nel 362 nei Fasti Capitolini con i due cognomi nella for-
ma [Cr]assus Inregillensis. E infine il cognome del dittatore nella guerra contro i
Sidicini nel 337 appare nella tradizione manoscritta di Liv. 8, 15, 5 in varie
forme : Inregillensis (adottata dagli editori), Regillensis, Regiliensis).
34
L’antenato dei Claudii, il sabino Att(i)us Clausus, migrò secondo la tradi-
zione a Roma nel 504. Sulla sua persona e sui suoi nomi da ultimo cf. B. J. Kava-
nagh, AHB 4, 1990, p. 129-132; su Clausus, che indubbiamente rappresenta un
elemento sabino, A. M. Keaney, Three Sabine nomina : Clausus, Consus, *Fisus,
Glotta 69, 1991, p. 202-214. – A. W. J. Holleman, The first Claudian at Rome, in
Historia 35, 1986, p. 377 sg. ritiene i Claudii una gens etrusca, ma il suo ragiona-
mento è debole.
35
La tradizione manoscritta è confusa (i codici dei Simmachi hanno avuto
cnregillo o simili), Inregillo è emendazione del Weissenborn, e così stava probabil-
mente nel testo di Livio. Ma il toponimo Inregillum potrebbe essere nato da una
sbagliata identificazione dei due cognomi di un Claudius da parte di uno studio-
so, dovuta forse a un malinteso di sciogliere CRASSIN zREGILL con Crass. Inre-
gill. nei fasti del 451 e 450 (Livio ha quindi usato questa fonte non molto antica).
Questa idea risale al Mommsen, CIL I2 p. 32 su 392 a.u.c., idea geniale, anche se il
cognome Crassinus è altrimenti ignoto nell’onomastica senatoria (e anche per il
resto rarissimo), ma cf., dell’età protorepubblicana, per es. Mamercus > Mamerci-
nus. E poi cognomi molto brevi non venivano abbreviati. In ogni caso un toponi-
mo Inregillum e un etnico Inregillensis sarebbero quanto mai sorprendenti e mol-
to poco plausibili. Troppo fiducioso H. Gähwiler, Das lateinische Suffix -ensis,
Diss. Zurigo 1962, p. 27.
.
266 HEIKKI SOLIN
36
Anche C. Minucius Augurinus, tribuno della plebe nel 184, forse loro
padre o nonno, portava lo stesso cognome.
37
Per i discendenti dell’augure C. Genucius il cognome non è attestato, forse
perché la famiglia si è estinta presto.
38
Cn. Genucius Augurinus, tribuno militare nel 399 (Augurinus compare nei
Fasti Capitolini e nel Cronografo del 354); M. Genucius Augurinus, console nel
445 (l’anno manca nei Fasti Capitolini; Augurinus compare solo nel Cronografo
del 354); T. Genucius Augurinus, console nel 451 (Augurinus compare nei Fasti
Capitolini e nel Cronografo del 354); M. Minucius Augurinus, console nel 497 e
491 (i due anni mancano nei Fasti Capitolini; Augurinus compare nel Cronografo
del 354, nei Fasti Idaziani e nel Chronicon Paschale); P. Minucius Augurinus,
console nel 492 (parimenti); Ti. Minucius Augurinus, console nel 305 (Augurinus
integrato nei Fasti Capitolini; compare nel Cronografo del 354). Per quanto ri-
guarda gli storiografi romani, Augurinus manca sempre per es. in Livio.
39
Per primo notato da Th. Mommsen nel suo classico saggio Die römischen
Eigennamen der republikanischen und augusteischen Zeit, in Römische Forschun-
gen, I, Berlino, 1864, p. 65-68 (d’ora in poi abbreviato come RF).
40
Questa possibilità è stata considerata da C. Cichorius, De fastis consulari-
bus, cit. p. 229-232, e Fr. Cornelius, Untersuchungen zur frühen römischen Ges-
chichte, Monaco, 1940, p. 9-11.
41
Ma W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, Berlino, 1904
(d’ora in poi abbreviato ZGLE), p. 259 ritiene Amintinus etrusco. Cf. anche
H. Rix, Das etruskische Cognomen, Wiesbaden 1963, p. 176.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 267
42
A parte sta un peculiare sosia plebeo del primo console L. Iunius Brutus,
tribuno della plebe nel 493 (RE 47), introdotto ed elaborato da Dion. Hal. 6, 70, 1.
43
L’origine dei Iunii Bruti dal fondatore della repubblica, propagata soprat-
tutto dagli assassini di Cesare Marco e Decimo Bruto (Cic. Att. 13, 40, 1), era mol-
to discussa già nell’antichità, come emerge da Plut. Brut. 1, 6-8. Marco divenne
del resto tramite adozione patrizio prendendo il nome Q. Caepio Brutus (su ciò
da ultimo R. Syme, JRS 34, 1944, p. 101 sg. = Roman Papers I 167 sg. e Historia 7,
1958, p. 176 = Roman Papers I p. 365).
44
In effetti, questa è la spiegazione corrente a partire da B. G. Niebuhr, Rö-
mische Geschichte I, Berlino, 1811, p. 541; così, tra gli altri, Th. Mommsen, Rö-
mische Geschichte, I, Berlino, 1854, p. 246; De Sanctis, Storia dei Romani, cit. I2,
p. 402; W. Schur, RE Suppl. V, 1931, col. 369; Alföldi, Early Rome, cit., p. 83; Id.,
Les cognomina, cit. p. 721; K.-W. Welwei, Lucius Iunius Brutus – ein fiktiver Re-
volutionsheld, in J. Hölkeskamp und E. Stein-Hölkeskamp (a cura di), Von Ro-
mulus zu Augustus. Grosse Gestalten der römischen Republik, Monaco, 2000,
p. 50 sg.
.
268 HEIKKI SOLIN
In ogni caso mi sembra che Brutus sia fin dalle sue prime attestazioni
45
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 269
47
Questo viene sottolineato da Etcheto.
48
Questo aspetto è stato bene elaborato da Etcheto, solo che lui arriva, in
questo particolare caso, a un risultato opposto.
49
Così anche Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 49.
50
Sui plebei in generale da ultimo J. von Ungern-Sternberg, KlP 9, 2000,
col. 1124-1127 (nella sua bibliografia aggiungi R. E. Mitchell, Patricians and Ple-
beians. The origin of the Roman State, Ithaca-London, 1990, un libro peraltro as-
sai discusso).
51
Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 50 voleva impugnare i cognomi delle
.
270 HEIKKI SOLIN
famiglie con gentilizi plebei che sarebbero senza eccezione interpolati. Ma egli
stesso deve ammettere (p. 51) che i cognomi traditi per i tribuni militari plebei
degli anni 400, 399 e 396 possono essere autentici. – Un caso sicuro di un co-
gnome interpolato in una gens plebea è Longus, aggiunto nei Fasti Capitolini al
nome di C. Duilius K. f. K. n., tribuno militare nel 399 (Longus viene inoltre inte-
grato negli stessi Fasti Capitolini nel nome del decemviro 450 K. Duilius, ma cf.
supra nt. 28). Che Longus sia interpolato, risulta già dal fatto che i Duilii erano
una gens priva dei cognomi.
52
Questa datazione è propugnata da Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 48
(ma a p. 46 si esprime in modo un po’ ambiguo).
53
Quel poco che si sa della produzione di Gneo Flavio è stato ultimamente
analizzato da J. G. Wolf, Die literarische Überlieferung der Publikation der Fasten
und Legisaktionen durch Gnaeus Flavius, in Nachrichten Akad. Göttingen, Philol.-
hist. Klasse 1980, 2, p. 9-29, il quale tuttavia non tocca la questione del carattere
dei suoi fasti, che non risulta dalle testimonianze pervenute fino a noi, ma non è
escluso che egli abbia elencato, accanto al calendario, anche nomi dei consoli.
Mommsen, Römische Chronologie, Berlino, 18592, p. 208-211 mette la prima reda-
zione dei fasti alla fine, se non alla metà del IV secolo. A Gneo Flavio come il pri-
mo redattore dei Fasti consolari pensano anche per es. De Sanctis, Storia dei Ro-
mani I2, cit. p. 3 sg.; Alföldi, Early Rome and the Latins, cit., p. 167, 217; Id., Les
cognomina, cit., p. 721; Id., Römische Frühgeschichte. Kritik und Forschung seit
1964, Heidelberg, 1976, p. 101; K. Hanell, Probleme der römischen Fasti, in Les ori-
gines de la République romaine, 1967, cit., p. 188; L. Loreto, La censura di Appio
Claudio, l’edilità di Cn. Flavio e la razionalizzazione delle strutture interne dello sta-
to romano, in A & R n.s. 36, 1991, p. 199.
54
Ai Fasti di Gneo Flavio pensa, come abbiamo visto, Alföldi, Les cognomi-
na, cit., p. 721 sg; alla fine del III secolo Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 48 e
Kajanto, On the Chronology of the Cognomen, cit., p. 65. Una datazione tardore-
pubblicana viene propugnata da Cichorius, De fastis consularibus, cit., p. 258 e
passim.
55
Ma la forma di questo nome, attestato solo come cognome del console del
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 271
riodo prima del 460. Diversamente va giudicato il tipo Vulso 56, atte-
stato sì solo nella gens Manlia a partire dal 474, ma poiché l’uso del
cognome si protrae fino al console del 178, è possibile che i redattori
dei fasti l’abbiano aggiunto al nome dei Manlii del V secolo in base
al cognome del console del 178, naturalmente autentico. Ma questi
cognomi come vanno giudicati nel quadro generale dell’onomastica
aristocratica del V e IV secolo? Come si sa, la storia della prima me-
tà del V secolo contiene materiale leggendario, comprese le interpo-
lazioni dei fasti. Già per questo ci si potrebbe chiedere come stia la
situazione riguardo all’attendibilità dei nomi, in questo specifico ca-
so dei cognomi dei magistrati, se la critica tende a ritenere le notizie
tramandate sulla loro vita una mescolanza di tratti leggendari e sto-
rici. Prendiamo come esempio P. Valerius Poplicola e M. Horatius
Pulvillus, tramandati come consoli negli stessi anni 509 e 508. An-
che se la cronologia tradizionale della repubblica è, a mio parere, in
sostanza sana, gli ultimi anni del VI secolo e i primi del V sono tutta-
502, del 493 e del 485 Sp. Cassius, non è certa; Degrassi integra nell’edizione dei
fasti, in cui non è conservato in alcun luogo, sempre Vicellinus, mentre per es.
Münzer, RE III, col. 1749, n. 9 esita fra Vecellinus e Vicellinus (così anche Degras-
si, Inscr. It. XIII 1, p. 536 nel commento dei Fasti trionfali su 502; ma nell’edi-
zione scrive constantemente Vic-); Broughton, MRR I, p. 8 e W. Eder, KlP 2, col.
1011 da parte loro preferiscono la forma Vecellinus (ma in KlP 12, 2, col. 182 si
scrive Vicellinus!). Ma negli autori antichi il cognome riceve tutt’altre forme, Ve-
cellinus o Vicellinus non essendo tradite da nessuna parte. Non ho fatto ricerche
per chiarire da dove provengano queste due forme preferite (ma il primo a vedere
che le forme tradite nelle fonti letterarie sono corrotte, sembra essere stato
Mommsen, RF I p. 107, 82. II p. 153, 2). A mio parere la forma originaria del co-
gnome non può essere stabilita con definitiva certezza, anche perché la sua deri-
vazione non è certa. Kajanto, The Latin Cognomina, cit., p. 163 lo fa derivare dal
gentilizio Vicellius. Ma se la forma del suo nome rappresenta una tradizione anti-
ca (come sembra essere il caso della sua persona), non lo deriverei in prima is-
tanza da un gentilizio, poiché cognomi derivati da gentilizi vengono in uso note-
volmente più tardi (fatta eccezione di Aquilinus, cognome di T. Herminius o Her-
menius, console nel 506, un caso problematico [a causa dell’origine etrusca
potrebbe avere qualche rapporto con gli Aquillii etruschi, sui quali vedi nt. 99], i
primi cognomi derivati da gentilizi con il suffisso -inus sono Caesoninus e Spuri-
nus nel II secolo). Perché non potrebbe celarsi dietro questo cognome un toponi-
mo non attestato? Questo è anche il parere di J. Reichmuth, Die lateinischen Gen-
tilicia, cit., p. 51. Ma quale toponimo? L’unico punto di riferimento anche un po’
plausibile sarebbe il monte Vecilius, attestato solo in Liv. 3, 50, 1, che dovrebbe
essere, giudicando dal contesto di Livio, una sommità del monte Algidus, odierno
Artemisio a nord di Velletri (cf. R. M. Ogilvie, A Commentary on Livy. Books 1-5,
Oxford, 1965, p. 489 il quale tuttavia dubita dell’attribuzione alla zona di Algidus,
perché il gentilizio Vecilius sarebbe etrusco!). Se questo accostamento coglie nel
segno, allora la forma giusta suonerebbe più o meno Vecellinus o Vecil(l)inus.
56
Non importa per il nostro argomento se di origine etrusca o no (manca in
Latin Cognomina del Kajanto). Un Volso in Sil. It. 10, 142, ma si tratta di una per-
sona fittizia. Cf. inoltre de Volsonibus nei Fasti trionfali del 294 invece di de Vulsi-
niensibus nei Fasti trionfali del 280 e del 264.
.
272 HEIKKI SOLIN
57
Ma Münzer, RE VIII, 1913, col. 2404 n. 15 sembra ritenere attendibili i loro
consolati.
58
Secondo F. Cornelius, Untersuchungen zur frühen römischen Geschichte,
cit. nt. 40, p. 123 sarebbe stato dato per la prima volta al console del 460 come co-
gnomen ex virtute, e posticipatamente al console del 509.
59
Su quest’ultimo aspetto J. von Ungern-Sternberg, Überlegungen zur frühen
römischen Überlieferung im Lichte der Oral-Tradition-Forschung, in J. von Un-
gern-Sternberg e H. Reinau (a cura di), Vergangenheit in mündlicher Überliefe-
rung, Stoccarda, 1988 (Colloquium Rauricum 1), p. 237-265; U. W. Scholz, WJA
24, 2000, p. 145.
60
Invece il console nel 476 porta nei Fasti Capitolini il solo cognome Struc-
tus (la fine della riga è conservata).
61
Degrassi, Inscr. It. XIII 1, p. 356 omette per mera svista Ahala, che sta nella
lapide; Münzer in RE da parte sua, oltre a omettere anch’egli Ahala, scambia i
prenomi C. e Sp. tra i consoli del 478 e 476; anche qui si tratterà di una mera
svista.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 273
417) e del capo della cavalleria nel 418 62, ma probabilmente lo stesso,
una persona energica del tempo, è il console del 427, il cui nome,
Livio (4, 30, 12) rende nella forma C. Servilius Ahala (il suo anno
manca nei Fasti Capitolini; ma poiché è chiamato dal Cronografo
del 354 Structus, Degrassi lo ritiene un Servilius Structus Ahala) 63.
Ora io vorrei spiegare lo stato delle cose in modo diverso da quanto
è accaduto finora. Prendo le mosse dall’osservazione che Axilla sia
una forma secondaria e invenzione dell’annalistica, mentre Ahala
rappresenterebbe una tradizione sana (questa grafia si trova, oltre
che nei Fasti Capitolini, nelle monete di Marco Bruto del 54 a.C.,
sotto la testa di C. Servilius Ahala, capo della cavalleria nel 439 :
Crawford, RRC p. 455 n. 433) 64 ; così potrebbe essere chiamato uno
dei Servilii Ahalae del IV secolo. Ahala è un nome che non si conosce
nell’onomastica romana dopo il suddetto Q. Servilius Ahala, console
la prima volta nel 365. Queste due forme vengono di solito ritenute
varianti dello stesso nome 65. Ahala, viene considerato in base a Cic.
or. 153 (quo enim vester 66 Axilla Ala factus est nisi fuga litterae vastio-
ris?) più recente 67 ; ma dal punto di vista della storia della lingua l’os-
servazione è senza valore. Sembra che si tratti di due nomi diversi e
che quindi Ahala e Axilla vadano tenuti distinti. Quest’ultimo è for-
mato da axilla ‘ascella’. È vero che in Ahala è stata vista una grafia
con h intervocalica di ala 68, di cui axilla è diminutivo. Ciò non è
escluso, ma può trattarsi anche di un vecchio nome forse con una
grafia di apparenza dialettale (cf. il prenome umbro Ahal Vetter 230
= Rix Um 16). Si potrebbe vedere la storia del cognome serviliano in
questo modo : Ahala era un antico cognome della gens Servilia, men-
62
Il cronografo del 354 ha invece Structus. Cf. ancora Liv. 4, 45, 5 C. Servi-
lium Prisci filium nella lista dei tribuni militari; e 4, 46, 10-12 Q. Servilius Priscus
... magistro equitum creato, a quo ipse tribuno militum dictator erat dictus, filio –
ut tradidere quidam; nam alii Ahalam Servilium magistrum equitum eo anno
fuisse scribunt –. Münzer (vedi la nota seguente) ha cercato di chiarire le varie
forme del nome del tribuno e del console del 427 che lui – a ragione – ritiene una
stessa persona pensando che la giusta forma del suo nome nella tradizione fosse
C. Servilius Axilla (naturalmente ritiene tutti i cognomi interpolazioni).
63
Cf. Fr. Münzer, RE II A, col. 1773-1775 n. 37 il quale ha visto che console e
tribuno sono lo stesso personaggio influente. D’accordo Broughton, MRR I, p. 66,
71-73.
64
Sulle monete M. Gutgesell, Die Münzpropaganda des Brutus im Jahre 54
v.Chr., in Numismatisches Nachrichtenblatt 46, 1997, p. 223-228.
65
Con la lodevole eccezione dei commentatori dell’Orator ciceroniano quali
Sandys e Kroll.
66
Vester perché la madre di Bruto, Servilia contava nei suoi antenati il capo
della cavalleria del 439 C. Servilius Ahala.
67
Così Fr. Münzer, RE II A, 1923, col. 1768.
68
Leumann, Lateinische Laut- und Formenlehre, Monaco, 19772, p. 174.
.
274 HEIKKI SOLIN
69
Si suole scrivere nelle edizioni, enciclopedie e dizionari ¶Alan, ma non sa-
rebbe preferibile accentuare ¶Alan, o piuttosto lasciar perdere l’accento?
70
Così G. De Sanctis, Storia dei Romani, II2, Firenze, 1960, p. 14 sg.
71
Senza cognome ancora 6, 6, 14. 9, 6.
72
Alföldi, Les cognomina, cit., p. 718 lo spiega come «oreiller, qualification
pour efféminé», ma nei racconti traditi degli Horatii Pulvilli non c’è niente di ef-
feminato.
73
Cf. Fr. Münzer, RE VI, 1909, col. 1750.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 275
74
Di lettura non del tutto certa; è tramandato RO.IVS che può essere inte-
grato in vari modi : Rogius, Ronius, anche Roius.
75
Cf. H. Rix, Etruskische Personennamen, in Namenforschung. Ein interna-
tionales Handbuch zur Onomastik, 1, Berlino-New York, 1995, p. 722. Rix non
prende chiaramente posizione sull’interrelazione del cognome etrusco e romano.
Invece ne tratta nella sua monografia Das etruskische Cognomen, Wiesbaden,
1963, p. 379-383.
76
Questo è il risultato delle analisi condotte da H. Rix nella sua monografia
ricordata nella nota precedente.
77
Il primato degli Italici sugli Etruschi nell’introduzione del sistema gentili-
zio dovrebbe essere ormai, passati i tempi schulzeiani, opinio communis; cf. da
ultimo H. Rix, Römische Personennamen, in Namenforschung. Ein internationales
Handbuch zur Onomastik, 1, Berlino-New York 1995, p. 728.
.
276 HEIKKI SOLIN
78
Secondo la tradizione, era figlio o nipote di Egerius figlio di Arruns, per cui
nell’edizione dei Fasti Capitolini si suole integrare sotto 509 [L. Tarquinius Egerii
f. Collatinus].
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 277
79
Così per es. RE XXII, col. 892; KlP 10, p. 830; I. Kajanto, The Latin Cogno-
mina, cit., p. 183. Ma A. Postumius Albus, che come dittatore comandò i Romani
al Regillo e che quindi avrebbe avuto Regillensis in memoria della vittoria, può
essere inventato, come pure la leggendaria battaglia. Anche la formazione sa-
rebbe, dal punto di vista morfologico, unica tra i cognomina ex virtute, che del
resto venivano in uso molto più tardi (vedi le brevi osservazioni di H. Solin, Epi-
grafia e ordine senatorio, I, Roma 1982 (ma 1984) p. 426 sg.). Perciò vedrei con
Mommsen, RF II p. 291 in Regillensis piuttosto un cognome indicante l’origine
(ma non da confondere con quello dei Claudii, su cui vedi supra). I Postumii
Albi(ni) erano più tardi, una famiglia potente e si sono dati la pena – lo sappiamo
– di ricostruzioni posteriori per aumentare la gloria della famiglia, per cui hanno
potuto favorire l’inclusione di un loro antenato tra grandi generali del passato,
secondo un procedimento riferito sopra nel testo.
80
Certamente il carattere cognominale di Vaticanus deve essere posteriore,
anche perché non c’era alcun bisogno di imporre a Romilius due cognomi per
distiguerlo da altri omonimi che non esistono.
81
Cf. anche Vicellinus o simili, ricordato sopra nt. 55.
.
278 HEIKKI SOLIN
stato tra 509 e 393) come cognome tratto dall’indicazione del domi-
cilio; il nome sarebbe derivato da un toponimo *Tricipitium, non
attestato, ma formato come Septimontium 82. Cn. Marcius Coriola-
nus va ricordato solo di passaggio 83. I cognomi derivati dai nomi di
quartieri di Roma sono molto comuni; uno dei molti è il popolare
Capitolinus, spesso attestato durante il V e IV secolo nella gens Man-
lia e nella gens Quinctia 84, addirittura come cognome del tribuno
militare plebeo nel 400 e nel 396 P. Maelius Sp. f. Capitolinus, che
avrà avuto il suo cognome in base alla casa della famiglia alle pendi-
ci del Campidoglio 85. Interessante è il caso dei Manlii Capitolini. Si è
pensato che secondo Livio 6, 17, 5 (seguito da Plut. Cam. 36, 2) 86 il
console del 392 avrebbe avuto il cognome Capitolinus a causa del
suo ruolo nella difesa del Campidoglio 87. Tuttavia non è certo che Li-
vio abbia inteso così 88. Inoltre Capitolinus è attestato nella gens
Manlia fin dal 434, per cui sarà preferibile derivare il cognome dalla
residenza della famiglia o sul Campidoglio o alle sue pendici. Quel
che colpisce nelle abitudini onomastiche dei discendenti del console
del 392 è che, come conseguenza della condanna del console, un ac-
82
Cf. J. Reichmuth, Die lateinischen Gentilicia, cit., p. 51. Ivi anche ulteriori
esempi di questo usus.
83
La persona sembra leggendaria. Se dietro la figura ci fosse anche un bri-
ciolo di verità, allora Coriolanus dovrebbe essere un cognome geografico indi-
cante l’origine dalla parte meridionale del Lazio antico; non cercherei la città di
Corioli nell’area volsca come si fa spesso, perché i Marcii erano certamente una
famiglia latina, non volsca.
84
Capitolinus è stato cognome popolare in tutti i tempi. Ma una parte delle
attestazioni nell’età imperiale è stata associata con Capito (a causa delle mancate
attestazioni di un derivato regolare *Capitoninus); cf. M. Niedermann, Notes sur
le cognomen latin, in Mélanges de philologie, de littérature et d’histoire anciennes
offerts à A. Ernout, Parigi, 1940, p. 267-276. Il suddetto Capitoninus non sembra
attestato da nessuna parte, ma si trova la forma feminina Kapitwnı̃na CIL XIII
10024, 555 e il derivato Capitonianus (vedi Kajanto, Latin Cognomina, cit., p. 235,
dove aggiungi I.Ephesos 929 e I. Pisid. Cen. [IK 57] 34-41) con il femminile Ka-
pitwnianh¥ : Anat.Stud. 12, 1962, p. 206 n. 208 da Corycus.
85
Così Fr. Münzer, RE XIV, col. 244 n. 4.
86
Vir. ill. 24, 8 va spiegato diversamente; cf. nt. 89.
87
Cf. Etcheto p. 459, nt. 44.
88
Il passo liviano suona quem (cioè Manlio) prope caelestem, cognomine certe
Capitolino Iovi parem fecerint, «E colui che avevano reso quasi divino, pari a
Giove almeno nel cognome di Capitolino». Ora è importante tener presente che
Livio conosceva benissimo il cognome Capitolinus già molto prima del console
del 392 (dice 4, 42, 2 del tribuno militare del 422 creati sunt L. Manlius Capitoli-
nus), per cui si deve intendere cognomine – parem quale apposizione di quem cae-
lestem : avevano reso Manlio quasi divino, Manlio che era pari a Giove nel co-
gnome di Capitolino. Del resto la congettura Capitolini per Capitolino della tradi-
zione manoscritta, introdotta dal Madvig e accolta recentemente da Oakley, non è
necessaria, anzi meglio dimenticare, in quanto offusca il vero senso di Capitolino.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 279
cordo della gens Manlia stabilì, nel 385 che nessun Manlio doveva
più assumere il prenome Marcus (un accordo che rimase valido per
tutta l’antichità) 89, e il cognome Capitolinus cadde gradualmente in
disuso; l’ultimo Manlio a portarlo era Cn. Manlius Capitolinus Im-
periossus, console nel 359 e nel 357, censore nel 351 e capo della ca-
valleria nel 345. Ma non si deve vedere niente di drammatico nell’ab-
bandono di Capitolinus e connetterlo con la condanna del console
del 392 e con la rinuncia dei Manlii alla residenza sul Campidoglio 90.
Piuttosto si tratta di un usuale fenomeno dei cambiamenti di cogno-
mi in una gens – anche la gens Quinctia ha abbandonato presto Ca-
pitolinus; il primo a portarlo era, secondo la tradizione, il console
nel 471, e l’ultimo il dittatore nel 331. A causa delle nostre esigue co-
noscenze delle famiglie aristocratiche nel V e IV secolo è molto diffi-
cile afferrare gli ultimi movimenti della scomparsa di certi cognomi
e della loro sostituzione con altri (ma è notevole che il fratello mino-
re del console del 359 e del 357 non portava più il cognome Capitoli-
nus, si chiamava Imperiossus Torquatus, avendo avuto quest’ultimo
dal monile strappato al nemico (chi sa se Capitolinus fu deposto per
evitare una seguenza di ben tre cognomi). Tuttavia si può notare che
sono proprio i cognomi geografici che possono cadere in disuso (ma
ciò non avviene sempre!), quando non viene più percepito il rappor-
to diretto con la località in questione. Un altro esempio della scom-
parsa di un cognome geografico è il suddetto Mugillanus dei Papirii,
che non compare più con certezza dopo il tribuno militare nel 380 91.
– Invece nel caso di Sp. Tarpeius Montanus Capitolinus, console nel
454, si tratta chiaramente di un’interpolazione, da ricondurre al
monte Tarpeio.
89
Cic. Phil. 1, 32; Liv. 6, 20, 14; Dio 7 frg. 26, 1 (probabilmente da Livio);
Paul. Fest. p. 112, 135 Lindsay; anche Quint. inst. 3, 7, 20; Plut. Aet. Rom. 91;
inoltre Vir. ill. 24, 8 contiene un accenno allo stesso decreto (nel testo è entrata
una confusione, quando l’autore dice gentilitas eius Manli cognomen eiuravit, ne-
quis postea Capitolinus vocaretur). Cf. H. Solin, Namensgebung und Politik. Zur
Namenswechslung und besonderen Vornamen römischer Senatoren, in Tyche 10,
1995, p. 186-188.
90
A questa possibilità accenna Etcheto, Cognomen et appartenance familiale,
cit., p. 459.
91
A mio parere, non c’à alcuna necessità di pensare che il famoso L. Papirius
Cursor, console ben cinque volte tra 326 e 313, sarebbe stato in origine un Mugil-
lanus e avrebbe avuto il nuovo cognome Cursor in base alle sue eccezionali quali-
tà fisiche, come affermano Münzer, RE XVIII, col. 1040 sg. n. 52; col. 1069 n. 67
ed Etcheto p. 461 sg. Cursor può benissimo essere stato suo cognome originario,
perché è attestato già per L. Papirius Cursor, tribuno militare nel 387 e 385 e cen-
sore nel 393 e che inoltre non poteva essere padre del famoso console, il che di-
mostra che Cursor si era imposto in questo ramo. Secondo Etcheto, Cursor sa-
rebbe stato attribuito al censore del 390 furtivamente dai suoi posteriori, ma non
vedo perché i Papirii avrebbero, proprio in questo caso, inventato un precursore
come titolare di questo cognome; meglio ritenere anche questo Cursor autentico.
.
280 HEIKKI SOLIN
92
Anche Caeliomontanus, cognome di parecchi Verginii nel V e uno nel IV
secolo, si spiega come cognome derivato dal domicilio. Nella gens Verginia vige-
va dunque un’abitudine di imporre cognomi di questo genere per distinguere i
membri della gens gli uni dagli altri.
93
Così Ogilvie, A commentary on Livy, Books 1-5, cit., p. 560.
94
Così Fr. Münzer, RE II A, col. 1789 sg.
95
Cf. inoltre 4, 21, 9. – D’accordo con Livio Mommsen, RF II, p. 239; Reich-
muth, Die lateinischen Gentilicia, cit., p. 55; Kajanto, Latin Cognomina, cit.,
p. 181.
96
Se Post. Cominius Auruncus è un personaggio storico, il suo cognome può
essere spiegato nel quadro generale di quello che possiamo supporre dell’ono-
mastica senatoria della prima età repubblicana. Prima dobbiamo tener presente
che Cominio era un patrizio e non plebeo come spesso supposto (così per es. Be-
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 281
cognome dei Cloelii, attestato tra il console del 498 e il rex sacro-
rum entrato in carica nel 180 (Liv. 40, 42, 8-10; Val. Max. 1, 1, 4 lo
ricorda come flamen), anche se non del tutto privi di problemi.
Per quanto riguarda Siculus, si è pensato che potrebbe essere sta-
to assunto da un ramo dei Cloelii che esercitava nel III secolo il
commercio con la Sicilia e che sarebbe stato posticipatamente ag-
giunto nei fasti al nome di Cloelii più antichi, un’asserzione di per
sé possibile, anche se non molto plausibile 97. Forse – anche se ciò
rimane ipotetico – il cognome Siculus dei Cloelii si potrebbe spie-
gare con il fatto che una volta avrebbero vissuto dei Siculi nel La-
zio, per cui i Cloelii avrebbero assunto il cognome prima che i Ro-
mani fossero entrati in rapporti con la Sicilia 98. Interessante e si-
gnificativo è Tuscus, che può essere attribuito, come sembra, al
loch, Römische Geschichte, cit. p. 50), ma cf. per es. Münzer, RE 10, e le buone
osservazioni di P.- Ch. Ranouil, Recherches sur le patriciat (509-366 avant J.-C.),
Parigi, 1975, p. 83 sg. sulla presenza nella gens Cominia sia di patrizii che di ple-
bei. Poi va osservato che l’origine dei Cominii romani potrebbe essere cercata nel
Lazio meridionale o nella Campania. Pontius (prenome del noto protagonista
Pontius Cominius degli avvenimenti nel 387 a.C.) è di origine osca (nonostante il
fatto che la storia di Pontius Cominius è leggendaria, un uomo così denominato
deve essere una volta esistito), e anche Cominius è ben diffuso nell’area osca, at-
testato addirittura in testi osci (Vetter 195c). Così si può pensare che i Cominii ro-
mani davvero provenissero dal Lazio meridionale, ed il cognome Auruncus sa-
rebbe un ricordo di questa origine (nella stessa direzione R. M. Ogilvie, A Com-
mentary on Livy, cit., p. 732 e Ranouil, o. c., p. 83). L’area aurunca, benché poi
occupata dai Volsci, conserva molti ricordi romani, come un’iscrizione recente-
mente ritrovata nell’ambito del santuario della dea Marica alle foci del Garigliano
(sito della futura colonia di Minturnae), una scodella d’impasto della fine del VI o
dell’inizio del V secolo, con due scritte, una in osco, l’altra in latino (AE 1998,
348).
97
Prima si dovrebbe dimostrare l’interesse di un membro ignoto della fami-
glia sul commercio siciliano nel III secolo. Poi i Cloelii non erano verso la fine del
del III secolo una famiglia così importante e potente da poter convincere il redat-
tore dei fasti ad aggiungere Siculus nelle liste magistratuali. E non si capisce per-
ché la famiglia dei Cloelii che sembra essere stimata già nel V secolo, avrebbe
cercato di aumentare la fama della propria gens con un accenno a rapporti mer-
cantili con la Sicilia nel III secolo. Cichorius, De fastis consularibus, cit., p. 221 fa
risalire la fortuna di Siculus da quel Cloelius eletto rex sacrorum nel 180, pensan-
do quindi che fosse aggiunto al nome di tutti i Cloelii Siculi anteriori a quello del
rex sacrorum.
98
A questo ha accennato Beloch, Römische Geschichte, cit. p. 50. Questa ipo-
tesi è completamente ignorata (forse perché il personaggio manca negli indici?).
In favore dell’ipotesi del Beloch potrebbe militare che i Cloelii erano originari
della parte meridionale del Lazio antico (erano sempre annoverati tra le famiglie
albane). Ora fra i 30 populi Albenses vengono ricordati i Sicani (Plin. nat. 3, 69),
ma Siculus è forma più antica di Sicanus. Se davvero nel Lazio abitava una volta
una comunità di nome Sicani, l’accostamento del cognome dei Cloelii ad esso
non incontra difficoltà insormontabili.
.
282 HEIKKI SOLIN
console del 487 C. Aquillius 99, ritenuto spesso dalla critica interpo-
lato100. Ora Aquil(l)ius sembra di origine etrusca, da ricondurre ad
Acvilnas, attestato tre volte in vasi databili alla prima metà del VI
secolo, ritrovati a Veio e nel territorio di Vulci101. Se è lecito ipotiz-
zare un influente personaggio chiamato Avile Acvilnas, il quale eb-
be legami con Veio e Vulci, è quanto mai seducente connetterlo
con il console del 487; Tuscus sarebbe quindi un chiaro segno del-
l’origine etrusca della famiglia romanizzata. Il cognome di per sé
sarà un’aggiunta della tradizione annalista, ma in ogni caso il ri-
cordo dell’origine etrusca è dovuto restare vivo nella famiglia. Pur-
troppo conosciamo la storia repubblicana degli Aquillii assai male,
per cui non è possibile fare delle ipotesi circa la sopravvivenza di
Tuscus nella gens Aquillia. Ma è impossibile supporre che Tuscus
possa essere rimasto vivo nel ricordo della famiglia? Da dove
gli annalisti avrebbero potuto tirare fuori il cognome del console
del 487 che, alla luce della documentazione epigrafica etrusca,
può benissimo essere sia un magistrato autentico che oriundo
dell’Etruria?
È ovvio che, fintantoché il cognome era un elemento ancora ra-
ro del nome romano, l’indicazione dell’origine della persona poteva
assumere solo gradualmente una funzione di cognome, nel quadro
della fondamentale regola della funzione di nome proprio, quella
identificatoria; ciò era attuale soprattutto in grandi genti, in cui i
prenomi non erano sufficienti a soddisfare le richieste di distinguere
tra i vari membri della stessa famiglia e anche dello stesso ramo di
una gens. Credo che qui, nelle indicazioni dell’origine, sia da vedere
una importante premessa all’evoluzione dell’uso del cognome a Ro-
ma. E dal fatto che molte di queste vecchie indicazioni dell’origine si
usano in più generazioni, si vede che hanno assunto la funzione di
un vero nome proprio diventando cognomi ereditari; così un Papi-
rius Mugillanus del IV secolo non si sentì più oriundo di Mugilla,
ma Mugillanus era diventato una parte del suo nome, vale a dire suo
cognome. Ma per quanto riguarda le prime attestazioni in una fami-
glia di tali cognomi, un rapporto con l’origine da tale località di chi
99
I cognomi dei consoli del 487 sono noti soltanto dai tardi cronografi (so-
no Sabinus e Tuscus), per cui non si sa quale spetta a C. Aquillius, ma proprio la
probabile origine etrusca degli Aquillii fa pensare che Tuscus appartenesse a
C. Aquillius, e Sabinus all’altro console T. Sicinius. Cf. su ciò Broughton, MRR I
p. 19 sg. e l’importante studio di C. Ampolo, Gli Aquilii del V secolo a.C. e il proble-
ma dei fasti consolari più antichi, in PP 39, 1975, p. 410-416.
100
Così Mommsen, RF I 107-111. E non mancano altri (enumerati in Ampolo,
PP p. 410).
101
Veio : ET Ve 3.7; Vulci : ET Vc. 3.4; 3.5.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 283
102
Su ciò cf. H. Solin, Zur Tragfähigkeit der Onomastik in der Prosopographie,
in Prosopographie und Sozialgeschichte. Studien zur Methodik und Erkenntnismö-
glichkeit der kaiserzeitlichen Prosopographie, Kolloquium Köln 24.- 26. November
1991, Colonia-Vienna-Weimar, 1993, p. 1-33.
103
Cf. per es. L. R. Taylor, Voting Districts of the Roman Republic, Rome
1960, p. 261; Solin, Zur Tragfähigkeit, cit. p. 5.
104
Non è certo se il console del 328 sia un Cornelius Scapula; se lo è, può es-
sere identico al pontefice massimo del sarcofago. Il capo della cavalleria del 362
non può essere un Cornelius Scapula, come spesso supposto (così ancora, dopo
Degrassi, Broughton, MRR III 70), giacché il cognome va letto Scaevola, cf.
R. T. Ridley, ZPE 116, 1997, p. 157-160. Era quindi un Mucius.
105
Nell’italiano non c’è un termine preciso per questo genere di nomi, ted.
Spitznamen, ingl. nicknames, fr. sobriquets.
.
284 HEIKKI SOLIN
E. Badian, The Clever and the Wise. Two Roman Cognomina in Context, in
106
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 285
109
Münzer, RE III, col. 2862 n. 317 lo chiama ancora Rufus, ma Russus è
confermato dal frammento dei Fasti Capitolini ignoto al Münzer.
110
Sul cognome e sui motivi della sua rarità H. Solin, Arctos 35, 2001,
p. 217 sg.
111
Cf. Münzer, RE IV col. 2274 n. 8.
112
Così Reichmuth, Die lat. Gentilicia, cit., p. 67 e H. Rix, Das etruskische Co-
.
286 HEIKKI SOLIN
esempio Calvus per i Licinii (il primo cognome del tribuno milita-
re del 400 P. Licinius Calvus Esquilinus potrebbe in linea di massi-
ma essere autentico) o Crassus dei Claudii, Papirii e Veturii; non
vedo una ragione di ritenerli tutti interpolati. Invece Longus per i
Duilii è certamente aggiunta posteriore (sul console del 500 M’.
Tullius Longus non oserei esprimermi). Un tipico soprannome è
Barbatus per i Quinctii (consoli 471, 421), Horatii (console 449, tri-
buno militare 425) e Cornelii Scipiones (dittatore nel 306, console
nel 298; invece il console nel 328 non sembra sia stato un Bar-
batus).
Cognomi formati da qualità mentali non erano molto comuni, e,
come Brutus, molti sono da ritenere interpolazioni. Difficile giudica-
re l’autenticità di un nome come Imperiossus della gens Manlia, at-
testato tre volte nel IV secolo. Su Cicurinus dei Veturii (attestato tra
494 e 368) cf. Varro ne ling. 7, 91 cicur ingenium optineo mansue-
tum : a quo Veturii quoque nobiles cognominati Cicurini; vista la
mancanza del cognome al di fuori dei Veturii e la testimonianza di
Varrone, sembrerebbe trattarsi di un cognome autentico. Diventano
un po più comuni nel III e II secolo113.
Alcuni cognomi attestati durante i primi due secoli della repub-
blica sembrano rappresentare vecchi nomi individuali, spesso privi
di un «significato» trasparente per i contemporanei, alcuni dei qua-
li prenomi in uso nelle famiglie aristocratiche fin dall’inizio della
repubblica114. Dei prenomi romani usati come cognomi è interes-
sante Mamercus115, vecchio prenome nella gens Aemilia (così si
chiamava il capostipite leggendario degli Aemilii, il figlio di Numa),
attestato come cognome di L. Aemilius Mam. f. (console tre volte
tra il 484 e il 473) e di Ti. Aimilius L. f. Mam. n. (console nel 470 e
nel 467)116 ; da notare che il prenome del padre del primo ha assun-
to funzione cognominale nella nomenclatura del figlio e nipote. Si
aggiunga il derivato Mamercinus, attestato più volte nella gens Ae-
gnomen, Wiesbaden, 1963, p. 250. Schulze, ZGLE p. 357. 417. 421 ritiene il nome
etrusco.
113
Oscuro rimane un tribuno militare nel 394, riportato da Diod. 14, 97, 1
nella forma Ka¥tlov Oyßh̃rov.
114
Cf. le liste di cognomi tratti da prenomi in Kajanto, Latin Cognomina, cit.,
p. 172-178 (da espungere l’apocrifo Paulus Sextus, che Kajanto cita a p. 174 : un
tale tribuno militare non è mai esistito). Ma non tutti sono attestati come preno-
mi; tuttavia in ogni caso sono vecchi nomi individuali, non sempre latini, bensì
osci.
115
Cf. O. Salomies, Die römischen Vornamen. Studien zur römischen Namen-
gebung, Helsinki, 1987, p. 34 sg. Mamercus in sé e per sé è di origine osca, ma è
diventato presto romano.
116
Meno sicuro un dikta¥twr Ga¥iov Ma¥merkov nel 463 (Lyd. de mag. 1, 38).
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 287
milia tra il 438 ed il 339 e inoltre tre volte nella gens Pinaria, che
anch’essa riconduceva la sua origine a Numa, nel V secolo. I Pinarii
erano una antica gens che sembra abbia avuto qualche importanza
già nella più antica storia repubblicana117, per poi decadere e spari-
re118 ; non è questo un segno dell’autenticità anche del loro cogno-
me? Altro vecchio prenome romano che appare come cognome ari-
stocratico, è Proculus119, attestato come cognome di due Plautii, pa-
dre e figlio120, consoli nel 358 e nel 328. Autentici prenomi oschi
sono rappresentati da Papus121, attestato come cognome nella gens
Aemilia a partire dal 321, e Pacilus, da accostare ai prenomi osci
quali Paccius e Paculus122, attestato come cognome nella gens Furia
due volte nel V secolo (inoltre per il console del 251). Altri casi di
vecchi nomi individuali : Cossus, Fusus, Iulus, Rocus (vedi supra),
Volusus123. Sembrano cognomi autentici; da dove per esempio i
Cornelii o i redattori dei fasti avrebbero introdotto Cossus, più tar-
di usato come prenome di Cossus Cornelius Lentulus, console nel-
l’anno 1 a.C.? Fusus, cognome dei Furii nel V e IV secolo, è altri-
menti sconosciuto, ma non è molto plausibile che i Furii o gli eru-
diti del IV/III secolo l’abbiano inventato in base al gentilizio (nota
pure la mancata effettuazione del rotacismo).
Un gruppo a sé formano i cognomi grecanici attestati nella no-
biltà plebea a partire dall’anno 400 con il tribuno militare L. Publi-
lius L. f. Voler. n. Volscus Philo, nel cui nome Philo deve essere
un’interpolazione. Lo stesso dicasi per il nome del tribuno militare
del 399, Volero Publilius P. f. Voler. n. Philo : ritengo escluso che
egli abbia potuto portare questo cognome. Ma dell’autenticità dello
stesso cognome di Q. Publilius, console nel 339, 327, 320 e 315 non
si può dubitare (più tardi Philo non è più attestato nella famiglia).
117
Sulla storia di questa gens cf. R. E. A. Palmer, Historia 14, 1965, p. 293-
308; Gabba, Considerazioni sulla tradizione letteraria, cit., p. 159 sg.
118
L’ultimo Pinario patrizio del periodo repubblicano è L. Pinarius Natta, ca-
po della cavalleria nel 363; probabilmente lo stesso era pretore nel 349. I Pinarii
Nattae più recenti non sembrano suoi discendenti (sono due monetali verso la
metà del II secolo [Crawford, RRC I 246 n. 200 e 252 n. 208] e un pontefice verso
la metà del I secolo). Ancor meno legati da una parentela sono un cliente di Seia-
no (PIR P2 410) e alcuni cavalieri (PME P 32-35).
119
Cf. Salomies, Vornamen, cit., p. 44 sg.
120
Il nome del figlio è attestato variamente, e piuttosto è preferibile risalire
alle fonti dipendenti dai Fasti Capitolini (in cui manca questo consolato) che
danno qui C. Plautius Decianus. Cf. Broughton, MRR I p. 145.
121
Cf. Salomies, Vornamen, cit., p. 85.
122
Ibid., cit., p. 83 sg.
123
Enumerati da Kajanto, Latin Cognomina, cit., p. 178 nel novero dei cogno-
mi derivati da prenomi (anche se questi non sono attestati nel latino come preno-
mi).
.
288 HEIKKI SOLIN