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L’ONOMASTICA
DELL’ITALIA ANTICA
ASPETTI LINGUISTICI, STORICI, CULTURALI,
TIPOLOGICI E CLASSIFICATORI
.
I testi qui raccolti costituiscono gli atti del convegno organizzato
a Roma, il 13-16 novembre 2002, dall’École française de Rome,
l’Università di Roma 2 «Tor Vergata» e l’Institutum Romanum
Finlandiae
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PAOLO POCCETTI
INTRODUZIONE
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2 PAOLO POCCETTI
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INTRODUZIONE 3
Paolo POCCETTI
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MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
NOTE DI TOPONOMASTICA
DEGLI INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA*
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8 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
1. «Isola» e «Capo»
5
Lipiński 1992, s.v. Toponymie, p. 465-466 (Sources phéniciennes).
6
Ultime trattazioni : Ahlström 1991, p. 41-50; Zuckermann 1991, p. 269-302;
Shea 1991, p. 241-245; Frendo 1996-1997, p. 8-11.
7
Cf. in particolare Poccetti 1996, p. 37-73.
8
Lipiński 1992, s.v. Baal-râsh/rôsh, p. 60, con citazione di Lipiński 1971;
Elayi 1981, p. 331-341.
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INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 9
gliari (KAI 64 = ICO Sard. 23) e più volte analizzato. Corrisponde al-
l’attuale «Isola di S. Pietro» nella Sardegna di Sud-Ovest e significa
«isola degli sparvieri»; il toponimo è trascritto come Enosim da Pli-
nio (Nat. Hist. III, 7, 84), mentre è tradotto alla lettera da Tolomeo
come Hierakōn nēsos (III, 3), mostrando così che il suo significato
era ben chiaro ancora al tempo del geografo. Ciò dimostra un con-
tatto saldamente stabilito tra elemento greco ed elemento fenicio, al-
meno per quanto concerne questo insediamento e almeno dal perio-
do ellenistico.
È formato sullo stesso schema }YRNM, il nome fenicio – di si-
gnificato discusso – dell’attuale Pantelleria, chiamata in greco Cos-
sura. }YRNM ci è tramandato da legende di monete 9 dell’isola non
precedenti il III secolo a.C. ; inoltre, dall’iscrizione CIS I, 265, una
dedica dal tofet di Cartagine (III-prima metà II secolo a.C.) dove il
dedicante «appartiene al ‘popolo’ di YRNM» [sic! grafia tarda]10).
Mentre l’elemento }Y significa certo «isola», sul significato del
complemento di specificazione non c’è piena concordia. M. Sznycer,
in base a un passo di Giobbe, dove si tratta di renānı̄m (39 : 13)11,
suppone che il nome significhi «isola degli struzzi»; tuttavia è diffi-
cile pensare che a Pantelleria vivessero questi uccelli, tanto da carat-
terizzarla. In maniera più verosimile, G. Levi Della Vida ha suppo-
sto che questi RNM di Pantelleria fossero degli uccelli «starnazzato-
ri»12, in base al significato della radice ebraica RNH/RNN.
b) «Inarim» (= Aenaria = Pithekoussa) è in rapporto con un no-
me semitico? Accenno qui brevemente – perché si è proposto un le-
game possibile tra Inarim/Aenaria/Pithekoussa e un toponimo o gen-
ti semitiche nord-occidentali – all’intricata questione del nome anti-
co di Ischia13, «isola delle scimmie» («isola dei pithoi» secondo Plin.
Nat. Hist. III, 6, 8)14, sulla base anche di un eventuale nome etrusco
arimos che, secondo alcune glosse, avrebbe designato appunto le
scimmie15. Le due varianti del nome latino, Inarim e Aenaria, sono
state poi connesse, secondo punti di vista diversi, con l’Oriente semi-
tico : Inarim, usato in fonti poetiche, è messo in rapporto con l’even-
tuale localizzazione ad Ischia del paese degli Arimoi citato da Omero
(Iliade II, 783) e da Esiodo (Teogonia, 304-305), genti che – a loro
9
Cf. Manfredi 1995, p. 108-109; 205; 326.
10
Sulla caduta di alef, cf. Friedrich – Röllig – Amadasi Guzzo 1999, § 29b, d.
11
Cf. Sznycer 1977, p. 173.
12
Levi Della Vida 1963, p. 467, nota 8; cf. anche Manfredi 1995, p. 108.
13
Cf., da ultimo, Poccetti 1996, p. 55 (con bibliografia precedente), inoltre,
in particolare, il lavoro dello stesso Poccetti 1995.
14
Cito di nuovo i lavori fondamentali : Bonfante 1992, p. 283-284. Peruzzi
1992, p. 115-126; Gras 1994, p. 127-133.
15
Strabone XIII, 4, 6; Servio, Aen. IX, 712; Esichio, s.v. (v. Gras 1994, p. 128
e nota 10).
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10 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
16
Su tutto il problema, cf. Poccetti 1995, p. 79-103 (sul nome «etrusco»,
p. 84-85).
17
Berthier – Charlier 1955, no 102, l. 5 = KAI 116. Cf. forse anche, con caduta
di alef e {ain, YRM in Berthier – Charlier 1955, no 113, 1 : il dedicante è B{L YRM
«cittadino di YRM».
18
Nel commento di Berthier – Charlier 1955, p. 84 si osserva che MQRML
deve essere formato dalla preposizione MN che indica la provenienza seguita da
un nome geografico. }Y{RM è messo in via di ipotesi in rapporto con il vocabolo
ebraico che significa «foresta», y{r (}Y{RM sarebbe «mis pour Y{RM»).
19
Cf. la nota 18 e Krahmalkov 2000, p. 212, s.v. Y{R I, che interpreta il nome
come «isola degli alberi, delle foreste» (}y+y{RM . }y{RM).
20
Pseudo Scilace descrive : «Dopo Utica si trova il promontorio Ippo e la cit-
tà omonima e presso la città c’è una palude e nella palude delle isole, e sulla costa
(e nelle isole) queste città : ... Pitecusa con un porto e dirimpetto ancora un’isola
e sull’isola la città di Eubea». Pitecussa sarebbe attualmente situata a Tabarka
(Tunisia), non quindi su un’isola (il testo di Scilace mi sembra tuttavia ambiguo),
mentre Euboia viene identificata con un’isoletta di fronte a Tabarka; cf. Pseudo-
Scilace 111, in Cordano 1992, p. 56.
21
Il nome sarebbe stranamente quello etrusco. Il nome delle «scimmie», non
noto in fenicio, è qōp in ebraico.
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INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 11
c) R}Š «capo». Come per }Y-, anche i nomi di luogo formati con
R}Š «capo» sono seguiti da un complemento di specificazione di va-
rio tipo. L’unico toponimo eventuale formato da questo sostantivo è
R(})ŠMLQRT, noto da una serie di monete in argento dalla Sicilia e
da due dediche cartaginesi (CIS I, 264 e CIS I 3707), nelle quali i de-
dicanti si dicono «appartenenti al ‘popolo’ di Rōšmelqart» (}Š B{M
R}ŠMLQRT). Sulle monete R}Š è scritto spesso senza alef, una pro-
va, non la più antica, della caduta abbastanza precoce di questa la-
ringale nella pronuncia (v. nota 10). Non è il caso di riferire ancora
sul dibattito che vede opporre ai sostenitori (generalmente numi-
smatici) di una spiegazione di R(})ŠMLQRT come il nome di una
zecca cartaginese 23, a quelli che riferiscono l’espressione a un topo-
nimo di Sicilia, identificato con varie località, tra le quali, più di re-
cente, sembra prevalere Selinunte 24. Da parte mia, ho sempre soste-
nuto l’interpretazione toponomastica : di recente tuttavia, le consi-
derazioni numismatiche di L. Mildenberg, mi hanno indotto a
riconsiderare il problema e a domandarmi se – sulle monete – il so-
stantivo R(})Š «capo» non possa designare uno specifico «corpo» di
truppe scelte, che avrebbe preso il nome dal dio Melqart (l’espressio-
ne potrebbe tradursi «corpo (= compagnia o simili) di Melqart» 25.
2. «Luogo» e «Città»
22
Il paese di Aram (}RM) darebbe l’etnico Aramı̄ (}RMY; enfatico. }RMY}).
Inarim o Aenaria non possono cosi essere legati al nome «indigeno» degli Ara-
mei. Sulla ridimensionata presenza a Ischia di viaggiatori dalla Siria del Nord v.
Boardman 1994, p. 95-100.
23
Cf. Mildenberg 1993, p. 7-8; Mildenberg 1996, p. 259-272; Manfredi 1995,
p. 114-118.
24
Cf. Cutroni Tusa 1995, p. 235-239; inoltre Amadasi Guzzo 1997, p. 81-85.
25
Cf. Hoftijzer – Jongeling 1995, p. 1044, s. v. r}s1, n. 4 (moabitico).
26
Cf. Zucca 1985, p. 185-195; Garbini 1992, p. 181-187.
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12 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
Tuttavia la piazza del mercato, cioè il foro, si chiama a Leptis Magna (cf;
28
Levi Della Vida – Amadasi Guzzo 1987, n. 26 (31), 2, p. 63) MHZ, un termine che
˙
è usato una volta in ebraico con il senso di «porto», che significa già «porto» in
ugaritico, e che invece, più tardi, in aramaico medio, significa «città», piazzafor-
te, «luogo di commercio». J. Teixidor ha proposto che questo stesso termine pos-
sa designare in origine, almeno in occidente, un tipo di insediamento paragona-
bile all’emporio greco. Non sappiamo peraltro se il concetto di emporio esistesse
in ambito fenicio.
29
Cf. quanto notato da Lo Schiavo 1997 (introduzione alla mostra, senza
n. di pagina); cf. inoltre, per un insediamento con sbocco sul mare, Bafico – Og-
giano – Ridgway – Garbini 1997, p. 45-53. Il più importante nuraghe della zona, il
Nuraghe Palmavera, sembra aver cessato di essere attivo nell’VIII secolo a.C.
(ibid., 45). Il nuraghe di S. Imbenia sembra aver avuto, invece, da questo periodo,
una funzione di emporion.
30
Oltre alla nota 3, cf. Swiggers 1989, p. 25-36 (soprattutto p. 32).
31
Solo a titolo di esempio, cf. Basoli 1997, p. 66-69; Maddau 1997, p. 70-75.
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INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 13
plicato non solo alla più famosa Cartagine, la capitale africana, ma,
almeno dall’VIII secolo, a una città di Cipro (Limassol o Kition), ret-
ta da un governatore (SKN) di «Hiram re di Sidone» (CIS I 5 =
KAI 31), e, verosimilmente, ad almeno una città della Sardegna (ol-
tre alla Cartagena di Spagna).
In Sardegna QRTHDŠT è nominata su due iscrizioni, una da Ol-
bia (KAI 68 = ICO Sard. ˙ 34), l’altra da Tharros (ICO Sard. 32).
A quale centro spettasse il nome di Cartagine è una questione
aperta. A Olbia, nonostante una lacuna che precede l’espressione do-
ve è nominata QRTHDŠT, mi sembra verosimile che il dedicante
˙
fosse designato dall’espressione }Š B{M QRTHDŠT «che appartiene
al popolo, cioè alla cittadinanza, di Cartagine» ˙ 32 : si tratta di uno
straniero rispetto a Olbia, che dunque si chiamava diversamente 33.
Nell’iscrizione di Tharros, invece, la città nuova è nominata nella
formula di datazione, che ricorda i sufeti : «essendo sufeti in
QRTHDŠT X e Y». Tharros – che è il nome della città sul Capo
˙
S. Marco usato in iscrizioni latine, da autori classici e, infine, da
geografi antichi 34 – poteva quindi, nel III secolo a.C., chiamarsi Car-
tagine. Contro questa interpretazione, già sostenuta da G. Chiera 35,
E. Lipiński 36 ha contrapposto l’ipotesi che la datazione sopra citata
fosse effettuata riferendosi all’anno dei sufeti della capitale africa-
na : non ci sarebbe stato altrimenti bisogno di specificare che questi
magistrati erano in QRTHDŠT. Un confronto per la formula nota a
Tharros proviene, come già ˙ osservato 37, da Leptis Magna, dove l’uni-
ca iscrizione punica pervenuta ha la formula «essendo sufeti in Lep-
ci» (ŠPTM B}LPQY) 38. Proprio dalla Sardegna, inoltre – da Sulci –
proviene˙ una coppa in argento iscritta, che si conclude, ancora una
volta, con una formula di datazione : «essendo sufeti in Sulci»
(ŠPTM BSLKY) 39. La formula dell’iscrizione tharrense si può dun-
que,˙ con buona probabilità, applicare al centro dove il testo è stato
inciso, cioè alla città che ora chiamiamo Tharros.
32
Cf. Amadasi Guzzo 1992, p. 441. Diverse sono le integrazioni proposte da
Lipiński 1989, p. 67-73.
33
Per un’identificazione Olbia = QRTHDŠT cf. Chiera 1983, p. 177-181.
QRTHDŠT dell’iscrizione è invece da identificare ˙ con la città africana secondo
˙
Lipiński 1989, p. 67-73
34
Le attestazioni del toponimo Tharros (nelle varie ortografie) – il cui nume-
ro sempre plurale è sottolineato – e dell’aggettivo «tarrense» sono citate da Zucca
1984, p. 31-32; v. in particolare : Sall, Hist. II, 12, Ptol. III, 3, 2; Rav. IV, 411. (o V,
26), It. Ant. 84; CIL X, 7591, 8009.
35
Chiera 1982, p. 197-202.
36
Lipiński 1989, p. 67-73.
37
Amadasi Guzzo 1992, p. 444-445 : anche a Cartagine si poteva datare
usando la formula «essendo sufeti a Cartagine» (CIS I, 5632, l. 3).
38
Levi Della Vida – Amadasi Guzzo 1987, n. 31 [37], p. 74 (II secolo a.C.).
39
Garbini, in Bartoloni – Garbini 1999, p. 82-91.
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14 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
Accettando l’ipotesi che nel III secolo a.C. questo abitato venisse
designato come QRTHDŠT, rimangono aperte altre due questioni. A
Sud di Tharros, sul ˙ golfo di Oristano, l’antico insediamento di
S. Maria de Nabui sembra aver conservato l’antico nome di Neapo-
lis 40, considerato come la possibile trasposizione greca di un origina-
rio QRTHDŠT 41. Vi erano allora forse due QRTHDŠT in Sardegna?
A questa ˙domanda non so rispondere, se non supponendo˙ uno slitta-
mento del nome antico verso Sud. In secondo luogo, come mai la
città detta Tharros (con varie ortografie) in età romana e poi tar-
doantica. è stata chiamata, in precedenza, con un nome del tutto di-
verso? è stata forse (in parte?) in periodo ancora punico rinnovata e
per questo chiamata «città nuova»?
c) QRTHDŠT e SR. La questione dell’identificazione Tharros =
QRTHDŠT induce˙ ˙ domanda di quale fosse il nome originario
alla
˙
del centro fenicio. A Tharros, sulla base della testimonianza di un’i-
scrizione, vi era un importante santuario del dio Melqart che riceve
l’appellativo di MLQRT {L SR «Melqart su SR/Tiro (?)» 42 ; lo stesso
˙
titolo il dio lo riceve in un’iscrizione ˙
da Cagliari 43
e su una lamina
di bronzo iscritta da Antas : nessuno dei tre documenti precede il
44
IV secolo. Il titolo che ha Melqart, {al hassūr, non trova ora un con-
˙ ˙ SR potrebbe intendersi
fronto in un’iscrizione da Ibiza 45. Il termine
come un nome comune «roccia» e il dio sarebbe ˙ chiamato «Mel-
qart che è sulla roccia», come pensa G. Garbini 46. Può essere, altri-
menti, un vero e proprio toponimo.
SR, nell’espressione analizzata qui, è sempre preceduto dall’arti-
colo,˙ il che farebbe ritenere che il vocabolo sia un nome comune.
Toponimi con l’articolo sono peraltro ben documentati in fenicio,
specialmente se provvisti di un significato, e sono presenti in Sarde-
40
Datole forse non in contrapposizione a Othoca (che potrebbe significare
«(città) vecchia»), ma in opposizione all’antico centro nuragico qui ora docu-
mentato; cf. Zucca 1997, p. 131-135.
41
Amadasi Guzzo 1968, p. 19-21. In seguito v. ad es. Zucca 1987; Moscati –
Zucca 1989.
42
ICO Sard. 32, linea 1 e Amadasi Guzzo 1992 a, p. 205-214. L’iscrizione, rot-
ta in alto a sinistra, non è stata letta completamente; vi si menzionano importanti
lavori di costruzione dedicati a questo dio.
43
Amadasi Guzzo 2002, p. 173-179.
44
Garbini 1997, p. 65 (Antas no 25).
45
Su due cippi bilingui considerati maltesi Melqart è detto B{L SR «Signore
˙
di Tiro» (cf. ICO Malta 1 e 1 bis; da ultime, con la storia del ritrovamento,
M. G. Amadasi Guzzo – M. P. Rossignani, in Amadasi Guzzo – Liverani – Mat-
thiae 2002, p. 20; altrimenti BSR «in Tiro», su uno scarabeo del V-IV secolo a.C.;
cf. da ultimi, Avigad – Sass 1997,˙ p. 268, n. 719 (con lettura MLQ/RT RSP) e bi-
bliografia precedente. Per l’iscrizione da Ibiza, v. Amadasi Guzzo 2007 ˙(con bi-
bliografia precedente).
46
Cit. alla nota 44.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 15
47
Cf. Friedrich – Röllig – Amadasi Guzzo 1999, § 297 I.
48
M. L. Wagner 1997, p. 154 e in maniera più dettagliata in Wagner 1954-55,
p. 79-82.
49
Frau 2002, 615-642.
50
Cf. Friedrich-Röllig-Amadasi Guzzo 1999, § 11, nota 4.
51
La questione è trattata in maniera rapida da Zucca 1984, p. 32, che conclu-
de «Il nome della città fenicia sarebbe derivato dal toponimo mediterraneo (sic!),
imposto dai Sardi al promontorio meridionale del Sinis».
52
R. Zucca indica due nuclei primitivi dell’insediamento fenicio, uno ad oc-
cidente della collina di S. Giovanni e l’altro sulla collina di Su Muru Mannu; cf.
Zucca 1997 a, p. 120.
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16 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
53
Già M. L. Uberti nella voce Tharros, in Lipiński 1992, p. 447-449 suppone
l’esistenza di due nuclei fenici.
54
Non ho le competenze per spiegare il latino Sarra e l’etnico Sarranus.
55
Per Antas, cf. Fantar 1969, n. I, 2, p. 51; n. II, 1, p. 61; n. III, 4, p. 65; il no-
me di Sulci è nell’iscrizione cit. a nota 39 e, sempre in Sardegna, in ICO Sard.
Np. 5, l. 2. Sul nome Caralis cf. di recente Swiggers 1989, p. 31, con la nota 19.
56
Cf. Friedrich-Röllig-Amadasi Guzzo 1999, § 297, 1.
57
Bernardini 1997, p. 59; cf. già Bernardini 1995, p. 193-201.
58
Lipiński 1992, s.v. Toponymie, p. 466 (questa etimologia è accettata anche
da G. Tore, ibid., s. v. Bitia, p. 73).
59
Cf. Bartoloni 1997, p. 82.
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INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 17
4. «Motya»
Le legende monetali della Sicilia fanno conoscere alcuni toponi-
mi di attribuzione linguistica non sempre sicurissima e di interpre-
tazione spesso incerta.
L’insediamento di Mozia (che ha ripreso il suo nome antico –
volgarizzato – dopo essere stato chiamato S. Pantaleo), Motyh in
greco, è noto dalle legende di monete che si datano tra il 480 a.C. e il
413/397 a.C. 60. Esse presentano le seguenti grafie : MW}, }MTW,
}MTW}, HMTW} 61. ˙
˙ La discussione
˙ è tuttora viva sull’origine linguistica del nome.
La più antica spiegazione, lo considerava fenicio e gli attribuiva il si-
gnificato di «filanda» : si sarebbe trattato di un sostantivo a prefisso
M- (con significato locativo), di una radice TWY che vuol dire, tra
l’altro, «filare» 62. ˙
In seguito è prevalsa l’ipotesi, sostenuta in particolare da
M. Sznycer, che il nome non fosse fenicio, a causa dell’ortografia
che pareva contrastare con le regole note per la lingua di Tiro e Si-
done 63. Anche il significato del nome «filanda» non sembrava accor-
darsi con quello di un centro commerciale, dove certo esistevano fi-
lande, ma che non sembra caratterizzato in particolare da questo ti-
po di attività. Per questo M. Nenci ha avanzato una proposta
diversa, connettendo il nome con l’accadico. Il confronto con questa
lingua si è dimostrato però poco persuasivo 64.
La conoscenza più approfondita delle regole ortografiche del fe-
nicio d’occidente sembra dimostrare che la spiegazione grammati-
cale data fin dai tempi di P. Schröder è corretta : il toponimo appare
solo in un caso privo di H- o }- iniziale, da spiegare come l’articolo,
scritto di rado in maniera «corretta» (H), o, più frequentemente, se-
condo una grafia recente dovuta a indebolimento (o caduta della
consonante H). Ma, le monete di Mozia sono sembrate troppo anti-
che perché, nella grafia, }- potesse essersi già sostituita all’originaria
H-; per questa ragione si è pensato all’uso di queste due consonanti
per indicare la vocale iniziale di un nome non semitico.
L’articolo scritto } si trova però già su una stele iscritta della
stessa Mozia – nel vocabolo }MTNT, «il dono» 65 – databile tra la me-
tà e la fine del VI secolo; inoltre su una stele di Cartagine che si può
attribuire al 405 a.C. (CIS I, 5510) 66.
60
V. Amadasi Guzzo 2005.
61
Cf. Manfredi 1995, p. 347-351.
62
Cf. Schröder 1869, p. 135; RE XVI, 1933, p. 387, s.v. Motya
63
Sznycer 1977, p. 170.
64
Nenci 1993, p. 143-146.
65
Amadasi Guzzo 1986, n. 39, p. 41.
66
Cf. Krahmalkov 1974 (CIS I, 5510.9-11), p. 171-177.
.
18 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
5. Palermo e Solunto
a) Palermo = SYS. Sempre le monete attestano che, molto vero-
similmente, il nome˙ fenicio
˙ di Palermo (Panormos) era SYS. Il topo-
nimo è inciso su monete in bronzo e in argento datate tra ˙ il
˙ 430 e la
fine del IV secolo a.C. In un solo caso è attestata la grafia senza Y,
cioè SS. Il significato del termine è ancora una volta dibattuto :
˙˙
un’etimologia fenicia soddisfacente non si riesce a trovare, né con-
fronti con altri toponimi di formazione analoga nel semitico di
Nord-Ovest. L’ipotesi dell’equivalenza di significato tra SYS e Panor-
˙ ˙
mos, proposta da L.-I. Manfredi, non sembra affatto dimostrata 69
. E,
’couvert’ du côté de la haute mer par le cordon littoral, à supposer que le mot se
rattache à la même racine que l’arabe tawā».
69
Su questa e altre interpretazioni,˙ cf. Manfredi 1995, p. 112-113.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 19
6. Erice e Agrigento
70
Cf. Manfredi 1992, p. 25-31.
71
Cf. Manfredi 1995, p. 111-112; p. 336-337.
.
20 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
72
Krahmalkov 1974, p. 171-177.
73
Schmitz 1994, p. 1-13.
74
Cf., contro, Garbini 1984, p. 24-25.
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 21
.
22 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
.
INSEDIAMENTI FENICI IN ITALIA 23
.
24 MARIA GIULIA AMADASI GUZZO
.
CORINNE BONNET
OSSERVAZIONI COMPARATIVE
SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA
DELLA SICILIA E DELLA SARDEGNA
1
Per una messa a punto del quadro storico, cf. Falsone 1995, p. 674-697;
Tronchetti 1995, p. 712-742.
2
Ringrazio Paolo Xella, ISCIMA C.N.R., per avermi dato accesso alla banca-
dati epigrafica fenicio-punica, di cui prepara la pubblicazione in collaborazione
con il C.S.I.C. (Spagna), un progetto al quale, del resto, presi parte nelle sue fasi
iniziali.
.
26 CORINNE BONNET
3
Su questa problematica, rimando a vari contributi nel volume collettaneo
menzionato alla nota 1, in particolare sul tema «Expansion et colonisation», al
contributo di Niemeyer 1995, p. 247-267.
4
Bunnens 1979
5
Cf. Ribichini 1995, p. 73-83.
6
Cf. Krings 1995, p. 31-38.
7
Cf. Amadasi Guzzo 1967, (d’ora in poi : ICO), Sardegna 1.
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 27
gli attori, sui momenti e sui luoghi di questo decisivo fenomeno sto-
rico. Una simile situazione ci spinge a prendere in considerazione
l’antroponimia come una possibile fonte di informazione sull’espan-
sione nel Mediterraneo : possono i nomi degli abitanti dei siti feni-
cio-punici di Sicilia e di Sardegna dirci qualcosa dell’origine dei loro
antenati giunti per primi in quei luoghi? Sono in grado di delineare
un quadro della religiosità locale o regionale da confrontare con
quello della madrepatria? Tradiscono qualcosa dei fenomeni e delle
modalità dell’interazione con le popolazioni indigene? Queste sono
le domande che tenterò di affrontare, ricorrendo a un approccio
comparativo nella speranza che faccia emergere delle similitudini e
delle differenze significative da interpretare in termini storici 8.
Dopo aver precisato la parte programmatica del mio intervento,
passiamo ora alla parte operativa dell’indagine, con la consapevolez-
za, però, che la distanza può essere tanta fra l’una e l’altra. In questo
caso, è proprio lo stato della documentazione a determinare uno ia-
to fra le domande formulate e le risposte possibili. Prima di adden-
trarmi nel dossier delle epigrafi, sarà forse opportuno spendere
qualche parola introduttiva sull’onomastica semitica. Sin dall’inizio
degli studi di semitistica, l’onomastica è apparsa come un settore di
primaria importanza 9, in particolare per studiare le concezioni e le
pratiche religiose. I nomi semitici sono in effetti spesso dei brevi
enunciati che associano una divinità a una qualità espressa sotto
forma di un epiteto, un sostantivo o un verbo, del tipo «Baal è gra-
zioso», o «Baal è mio fratello», o ancora «Baal ha concesso». Questi
enunciati costituiscono una finestra aperta su ciò che la storiografia
tedesca chiama la persönliche Frömmigkeit, cioè la religiosità priva-
ta, personale, in opposizione alla religione ufficiale, pubblica, che si
manifesta piuttosto in altre fonti (testi rituali, dediche pubbliche,
iscrizioni di fondazioni, ecc.). In altre parole, i nomi, proprio perché
personali, associati a una persona per tutta la durata della sua vita,
tradiscono le preoccupazioni esistenziali, spesso legate alla famiglia,
alla discendenza, alla salute. Alla divinità che funge da patrono, il
Schutzgott o personal god, attorno al quale si è sviluppato un dibatti-
to approfondito in campo orientalistico10, si chiede sostanzialmente
protezione, benessere e intercessione presso gli altri dei. In questa
prospettiva, va sottolineato il fatto che, negli ultimi anni, senza ne-
gare una specificità della religiosità privata, così come traspare fra
l’altro dall’antroponimia, si tende a sottolineare il fatto che questa
religiosità non è in nessun modo autonoma rispetto a quella ufficia-
8
Sulla stessa linea, cf. Xella 1978, p. 71-77.
9
Cf. da ultimo, Di Vito 1986.
10
Cf. in particolare, Rainer Albertz 1978.
.
28 CORINNE BONNET
gione pubblica, in ambito orientale, si è anche nutrito dal delicato dossier delle
iscrizioni di Kuntillet-‘Ajrud, nel Sinai, dove Yhwh è venerato insieme ad una pa-
redra femminile, il che sembra tradire una notevole distanza fra culto ufficiale e
pratiche quotidiane. Cf. Müller 1992, p. 15-51.
12
Cf. le voci Nom et Nom divin, in Dictionnaire encyclopédique de la Bible,
Turnhout 1987, p. 903-905; DBS VI, p. 514-541; ThWAT VIII, p. 122-176; K. van
der Toorn – B. Becking – P. van der Horst (edd.), Dictionary of Deities and De-
mons in the Bible, 2a ed., Leiden 1999 (d’ora in poi : DDD), p. 763-764. Cf. anche
Lubetski 1987, p. 1-14.
13
Genesi 2,18-23.
14
L’iscrizione è CIS I, 115. Cf. Bonnet 1988 (= Mélanges en l’honneur de
M. Sznycer, Paris 1990), p. 39-47.
15
Cf. Pomponio – Xella 1997, p. 503-505.
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 29
16
Il repertorio di riferimento è tuttora Benz 1972, ormai seriamente supera-
to, anche se sempre molto utile come punto di partenza.
17
Amadasi Guzzo 1986 (d’ora in poi Mozia).
.
30 CORINNE BONNET
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 31
20
Il carattere approssimativo dei conteggi è legato al fatto che varie iscrizio-
ni sono frammentarie o di lettura incerta (com’è il caso per molti dei graffiti della
Grotta Regina, presso Palermo).
21
Cf. Di Vito 1986, (n. 8).
22
Cf. Xella 1984.
23
Cf. Mozia 10. Il lamed finale è restituito.
.
32 CORINNE BONNET
24
Cf. Xella 1984, e la voce Rephaïm; in DDD, p. 692-700, per citare solo qual-
che titolo rappresentativo di una bibliografia davvero sterminata. Il nome ipoco-
ristico RP} è attestato anche una volta a Cartagine.
25
Rimando a Bonnet 1988 a. Cf. anche DDD, p. 563-565.
26
Su Eshmun, DDD, p. 306-308.
27
Bonnet 1996; DDD; p. 109-114.
28
Su Tanit, cf. la voce relativa nel Dictionnaire de la civilisation, p. 438-439
(E. Lipinski).
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 33
29
Cf. Lipinski 1995, p. 332-350. Questo volume è molto utile per individuare
le fonti relative ad ogni divinità, anche la più infima, ma va usato con grande cir-
cospezione per quel che riguarda le interpretazioni proposte.
30
ICO Sardegna 34.
31
ICO Sardegna 39.
32
Cf. Lipinski 1995, p. 176-179.
33
ICO Sardegna 32.
34
Cf. Bartoloni 1986, no 1529, p. 240. La lettura è leggermente incerta : il
kaph si legge parzialmente e il nun è restituito.
35
Cf. DDD, p. 216-219; Cf. anche Lipinski 1995, p. 170-174 (segnala anche l’e-
sistenza di toponimi in ambito semitico dell’ovest, ma ignora il sigillo di Thar-
ros).
36
Cf. Vattioni 1981, no 14. Cf. Xella 1992, p. 92; Garbini 1993, p. 221 (che lo
considera filisteo per la presenza dell’elemento Dagon, un’ipotesi che non è del
tutto obbligatoria, visto che questo dio è diffuso nell’intera area siro-palestinese).
37
Cf. DDD, p. 760-762; cf. Lipinski 1995, p. 351-355.
38
Cf. ICO Sardegna 32.
.
34 CORINNE BONNET
41
Cf. DDD, p. 759-760; cf. Lipinski 1995, p. 414-415, che considera che non si
tratta di un antroponimo – «c’est de l’inhabileté à porter un jugement sur des don-
nées connues qu’est née l’hypothèse de l’existence d’une divinité Šbn...» : p. 414 – e
propone quindi una diversa cesura del testo, che, tuttavia, convince poco.
42
ICO Sardegna Neopunica 6, 4.
43
Cf. DDD, p. 577-578 (s.v. Misharu); Lipinski 1995, p. 112-114.
44
ICO Sardegna Neopunica 1.
45
Cf. DDD, p. 755-757; Lipinski 1995, p. 283; 536.
46
Mozia, 22,2.
47
Mozia, 23,2. La radice kwn, associata all’elemento teoforo, significa «esse-
re», «esistere».
48
Sul loro mito, Xella 1973.
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 35
49
Cf. DDD, p. 754-755; cf. Lipinski 1995, p. 355-356.
50
Mozia, 28,2.
51
Cf. Lipinski 1995, p. 174-176 (con l’alternanza di vocalizzazione Miskar/
Maskir).
52
Mozia, 24,3-4.
53
Fantar 1969, IV, 3.
54
Xella 1978, p. 73; DDD, p. 375-376.
55
ICO Sardegna 34.
56
ICO, p. 114.
.
36 CORINNE BONNET
stesso nome non figura mai due volte nella genealogia e che ben
quattro di questi nomi sono in pratica degli hapax. Esaminiamoli :
– il nome {BDTYWN 57, quindi «servo di TYWN», contiene, in
posizione di teoforo, un nome divino assolutamente sconosciuto. Di-
vinità locale? Oppure eventuale trascrizione del greco uewn per ren-
dere il semitico }LM, «dei», come supponeva Ch. Clermont-Gan-
neau? A meno di pensare a un confronto con l’antroponimo ugariti-
co twyn, mediante una metatesi, una soluzione che però risulta poco
credibile per il carattere dubbio della decifrazione del nome 58 ;
– alla generazione successiva, troviamo un PT, che potrebbe
eventualmente aver a che fare con il dio egiziano Ptah ˙ 59 ;
– tre generazioni dopo, compare un certo YM}, che alcuni ana-
lizzano come un ipocoristico di Ytnmlqrt o Ytnmlk, ma che potreb-
be anche ricollegarsi al dio del mare yam, ben attestato a Ugarit co-
me avversario di Baal, dio caotico e primordiale delle acque 60 ;
– infine il padre di costui e nipote del capostipite porta in nome
di HLBN, unica attestazione nel corpus fenicio-punico, da mettere
˙
in rapporto con il semitico h/hlb «colle», «collina», da cui il toponi-
mo Aleppo e l’antroponimo ˙ebraico
˘ Khaleb. Sin dall’onomastica del
III millennio a.C., non è raro attribuire al personal god la qualità di
«montagna», «collina», come simbolo della sua potenza cosmica.
L’iscrizione di Olbia contiene quindi un catalogo veramente sin-
golare di nomi, di cui alcuni risultano ad oggi senza paralleli, a con-
ferma del fatto che questa lunga genealogia è stata elaborata in cir-
costanze e con scopi che ci sfuggono.
Va ancora segnalata un’iscrizione neopunica di provenienza
sconosciuta in Sicilia 61, contenente i nomi }HYY}QL e YT}. Il primo
presuppone un teoforo Y}QL, per altro sconosciuto, da mettere forse
in relazione con il teonimo mauro Iocolon attestato in un’iscrizione
latina : CIL VIII 16809 (Iocoloni deo patrio). Secondo F. Vattioni 62,
questo teonimo avrebbe un’etimologia semitica – yhw’ln, ossia «Fac-
cia vivere dio» – e una notevole posterità poiché ne avrebbe trovato
le tracce persino negli elenchi telefonici della Sardegna, nei nomi
moderni di Iuculano e Culmone, (ipocoristico di [Iu]culmone). Se-
condo Vattioni, il dio all’origine del nome di Iocolon, colui che «fa
vivere», sarebbe Baal Hammon. Se questa ipotesi fosse valida, con-
Cf. Coacci Polselli 1975, p. 67-72, in part. p. 71, con i dubbi di Xella 1978,
58
p. 75, n. 20.
59
Cf. Lipinski 1995, p. 323-325.
60
Cf. DDD, p. 737-742; Lipinski 1995, p. 80, 122 (si tratta del Pontos di Filo-
ne di Biblo). Un tale ipocoristico di Ytnmlqrt o di Ytnmlk è senza parallelo.
61
ICO Sicilia Neopunica 1.
62
Vattioni 1995, p. 422-425.
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 37
63
Mozia, 27 A, 3.
64
ICO Sardegna Neopunica 9.
65
Garbini 1993, p. 219-230, spec. p. 225-229, no 30. Garbini ipotizza un im-
probabile pellegrinaggio di questo Yafi a Kition.
66
ICO Sardegna 24,4.
67
Su questo titolo, cf. Bonnet 1988 a, p. 174-179 e, più recentemente, Müller
1996, p. 111-126.
68
Cf. Mozia 1,3; 4,3; 35,3.
69
Cf. Mozia 32,2.
70
ICO Sardegna 7,2.
.
38 CORINNE BONNET
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 39
Corinne BONNET
.
40 CORINNE BONNET
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
OSSERVAZIONI COMPARATIVE SULL’ONOMASTICA FENICIO-PUNICA 41
.
FEDERICA CORDANO
Premessa
Il rapporto fra toponomastica ed onomastica personale appar-
tiene alla lingua greca, ed è testimoniato ovunque essa venga parla-
ta; ma in un ambiente coloniale, qual’é quello della Sicilia, vanno
presi in considerazione vari meccanismi che hanno generato l’uso
preferenziale o addirittura esclusivo di alcune categorie di nomi per-
sonali.
Il rapporto stesso con la toponomastica ha un valore speciale e
duplice, perché i nomi geografici possono essere greci o non greci e,
se la denominazione greca può significare appropriazione del terri-
torio, anche la liberalità nell’uso di parole indigene nella toponoma-
stica delle città greche appartiene alla logica coloniale.
1. Nomi personali che sono in serie con toponimi greci o non greci, e
nomi connessi con l’isola
Inizio dalle categorie più note, cioè da quei gruppi di antroponi-
mi che sono in serie con toponimi – di preferenza idronimi – caratte-
ristici delle città di appartenenza e la cui diffusione è limitato allo
stesso ambito geografico, questo aspetto è importante perché diffe-
renzia questo gruppo da quei nomi personali che ricordano toponi-
mi remoti, è tema su cui tornerò1.
Gli esempi più noti dei gruppi ai quali mi riferisco ora, sono
Ge¥lwn, Gelw¥iov e Gelw¥i rispetto al fiume Ge¥lav e alla città di Ge¥la :
significativamente l’uso di tali nomi si estende a Camarina nel V sec.
a.C., dopo le due fondazioni geloe della città 2 ; allo stesso modo al to-
ponimo Selinoỹv, identico per fiume e città, salvo nel genere (m. e
f.), e non esclusivo della Sicilia (sono noti quelli del Peloponneso e
dell’Asia Minore), si accompagnano i nomi personali Se¥liniv, Se-
linw¥ntiov e Selinw¥i, naturalmente in questo caso le omonimie non
1
Per tutti i nomi rimando a P. M. Fraser – E. Matthews 1997.
2
In generale Robert 1938, cap. V; e in particolare F. Cordano 1985, 2, p. 158-
162.
.
44 FEDERICA CORDANO
3
F. Cordano 1990, p. 63-66.
4
Robert 1938 e F. Cordano 1985, 2, p. 158-162.
5
F. Cordano 1992, no 23.
6
Ibid. no 79.
.
ONOMASTICA PERSONALE E GEOGRAFIA 45
7
F. Cordano 1990 a, p. 443-446.
8
F. Cordano 1988, p. 18-22.
.
46 FEDERICA CORDANO
poggio nella omonima fonte presso la quale i Cirenei vinsero gli Egi-
ziani di Apries (Hdt IV 159) 9.
Fra le serie predilette si può senz’altro contare quella dei nomi
maschili in –iv (gen. –iov) che Olivier Masson ha studiato per Cire-
ne : in Sicilia abbiamo già notato questa desinenza in alcuni nomi
derivati dai toponimi; ma altri numerosi si troverebbero scorrendo
gli elenchi delle singole città; vorrei segnalare che questa propensio-
ne è così forte da esser applicata anche a nomi non greci, per esem-
pio a Selinunte (Sariv, Kadosiv) e anche Caỹmiv a Camarina.
D’altra parte, con Creta si possono indicare dei confronti pun-
tuali con i nomi preferiti nella Camarina ‘geloa’, quali la serie dei no-
mi di Ejaxestı¥dav, Eja¥xwn ed appunto ¶Ejaxiv.
Non si creda però che in una città dorica venissero usati solo no-
mi di consuetudine dorica : accanto ai numerosi Heraclidas e affini,
si possono trovare dei nomi di tradizione ionica, come Ura¥syv10,
Fa¥ÿllov, ben attestato ad Atene e Delfi e che sembra aver avuto par-
ticolare fortuna in ambito coloniale11.
Conclusioni
Federica CORDANO
11
Cordano 1994.
12
O. Masson, La grande imprécation de Selinonte (SEG XVI 573), in BCH
1972 p. 377-388.
13
G. Pugliese Carratelli, Comiso. Epigramma sepolcrale greco del VI sec. a.C.,
in N.Sc. 1942, p. 321-324.
.
ONOMASTICA PERSONALE E GEOGRAFIA 47
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
LUCIANO AGOSTINIANI
1
L’etichetta è tradizionalmente attribuita al complesso delle testimonianze
anelleniche di Sicilia dell’area centro-orientale, che storicamente ai Siculi viene
assegnata. Sulla cautela imposta in proposito dalle cattive condizioni dell’erme-
neutica di una parte di esse, e non le meno importanti, si veda Agostiniani 2006,
p. 114.
2
Ritenute, cioè, essere destinate per tombe cosiddette “alla cappuccina”. In
realtà, è più che probabile che si tratti, invece, di elementi per il rivestimento pa-
rietale di un edificio o di altra struttura, comunque a destinazione non funeraria
(vedi ora Cultraro 2004 e Agostiniani 2006, p. 117 nota 13).
3
Agostiniani 2006, p. 117 : cfr. Whatmough 1933, p. 442-443, n. 576; Paglia-
ro 1935, p. 157-158; Pisani 1964, p. 296-297, n. 127.
4
Da ultimo, Agostiniani 2006, p. 117, nota 14.
5
Ribezzo 1923, 1928 e 1932.
6
Prosdocimi, in Prosdocimi-Agostiniani 1976-77, p. 246.
.
50 LUCIANO AGOSTINIANI
quenza im si identifica senza incertezze (non fosse altro per la presenza di inter-
punzione tra parola e parola). Il conguaglio con im del Mendolito è proposto sia
dal primo editore del testo, Alessandro Morandi, sia da Anna Marinetti (1985,
p. 149 nota 101).
8
Naturalmente, questo implica che si interpreti l’iscrizione come testo di
dono, il che mi è sempre parso poco congruente con il supposto carattere funera-
rio delle “tegole”. A giustificazione, richiamavo in passato le condizioni che si ri-
scontrano in Etruria, dove l’istituto del dono può correlarsi agli ambiti funerari, e
tracce di tale correlazione possono riscontrarsi in iscrizioni tombali (Agostiniani
1980-81, p. 516-517). Lo studio di Cultraro (2004) appena citato, che dimostra la
destinazione non funeraria dei due manufatti, rimuove evidentemente (ed ele-
gantemente) la difficoltà.
9
Agostiniani 2006, p. 115.
10
Ciò è confermato, per kykyiev, dalla possibilità di confronto con la sequen-
za kykyov che, seguita da una forma dalla prima persona del verbo «essere» in
greco, hßmı¥, compare su un peso fittile dal centro indigeno di Terravecchia di Cuti
(Dubois 1989, 175a).
11
Agostiniani 2006, p. 115-116.
.
FORMULE ONOMASTICHE BINOMIE 51
12
Agostiniani 1980-81, p. 514-517; 1984-85, p. 204-207; 1992, p. 139-140;
2006, p. 113-115. Ne allineo qui alcuni dei più evidenti (e meno controvertibili).
L’iscrizione della porta urbica ha corrispondenze con il lessico istituzionale itali-
co nei termini toyto e Perega- (nonché, per designazione anche se non per etimo-
logia, in akara-) e presenta una probabilissima forma verbale in -ed, geped ; la
stessa uscita verbale in -ed è presente in due occorrenze nella citata iscrizione
dell’anfora di Montagna di Marzo e in quella, anch’essa già citata, di della kotyle
di Grammichele; l’iscrizione sulla stele di Sciri (Agostiniani 1992, 7) ha un Pide
che richiama il videtas dell’iscrizione sudpicena della stele di Bellante (TE 2),
massime se optiamo per una delle ipotesi interpretative di Adiego Lajara (1995,
p. 136-137), che cioè la sequenza vada segmentata /wide : ta :s/ ‘velas, míralas’;
nella stessa iscrizione di Sciri si legge tebeg, sovrapponibile al tefeí ‘a te’ del-
l’iscrizione sudpicena ST Sp TE 7 e al tefeh di ST Sp CH 2 e solidale, sotto il profi-
lo pragmatico, con il Pide appena considerato.
.
52 LUCIANO AGOSTINIANI
13
Incidentalmente, si dirà che la sicura finale in -v del secondo elemento
onomastico motiva sufficientemente l’integrazione in hazsyie[v.
14
Agostiniani 1984-85, p. 205.
15
Cristofani 1993 vi vede piuttosto un patronimico.
16
Agostiniani 2006, p. 122-125. Si aggiunga l’*apaes pumpúnies che si ricava
dal confronto della stele di Loro Piceno (ST Sp MC 1 : apaes) con il cippo di Mo-
gliano (ST Sp MC 2 : esmín apais po[m]pú[n]ies uepetín) e il *tites alies di Bellan-
te (se si accoglie l’emendamento, assai suggestivo, di Meiser 1997, p. 118). Le due
formule mamerces huśinies e cnaives flaviies presenti nelle iscrizioni su due kyli-
kes, sempre da Nola (rispettivamente, ST Ps 11 e Ps 14) mostrano di avere la stes-
sa configurazione strutturale, ma la loro attribuzione linguistica è incerta (Ago-
stiniani 2006, p. 122-124).
17
Buck 1928, p. 35, 60-61; Lejeune 1976, p. 76. Un po’ grossolanamente, ma
con una certa efficacia descrittiva, per il fenomeno in questione viene talvolta im-
piegata l’etichetta di «samprasārana».
18 ˙
Sulla variazione areale che tocca gli esiti di *-iyos (ma non quelli di *-yos),
per cui si ha -iis al centro dell’area linguisticamente italica, -ies/-iev a nord e a sud
di questa, vedi Agostiniani 2006, p. 133.
.
FORMULE ONOMASTICHE BINOMIE 53
.
54 LUCIANO AGOSTINIANI
19
Agostiniani 1980-81, p. 517.
20
Agostiniani 1984-85, p. 200-201.
.
FORMULE ONOMASTICHE BINOMIE 55
21
Paino 1958, p. l63-168.
22
Lejeune 1970, p. 21-22.
23
Agostiniani 1999, p. 439-442.
.
56 LUCIANO AGOSTINIANI
raccomanda sia per fatti interni (atai : tykai), sia per la possibilità di
richiamare l’antroponimo Atov documentato a Selinunte : la comu-
nanza onomastica tra Segesta e Selinunte è ben nota 24, e nello speci-
fico Ata starebbe a Atov come Иotyla* (Segesta, IAS I 289 e 317) a
Иotylov (attestato nella “grande defixio di Selinunte”, Dubois 1989,
38 : 475-450 a.C.). La seconda formula onomastica bimembre del-
l’area elima – questa, accertata – è IAS I 322 : titelai metiaai, il cui
primo elemento trova, di nuovo, confronti nell’epigrafia selinuntina
coeva (Titelov, sempre nella “grande defixio di Selinunte”), con lo
stesso rapporto formale (Titela* elimo : Titelov selinuntino) che le-
ga Ata* e Иotyla* ai corrispondenti nomi selinuntini. Il nome Tite-
lov compare anche nell’onomastica greca di Segesta di II-I secolo
a.C. : IG XIV 291 : ... Tı¥ttelov Artemidw¥roy ... e 287 : Diw¥dorov Ti-
te¥lov Appeiraı̃ov ..., qui con accertata funzione di nome personale :
il che può sostenere l’ipotesi che la stessa funzione vada attribuita al
Titela della formula elima, e che di conseguenza per il secondo ele-
mento della formula si possa proporre la funzione di specificatore,
che l’accordo configura come aggettivale (formante *-yo-?).
Luciano AGOSTINIANI
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
24
Agostiniani 1977, p. 170-171.
.
FORMULE ONOMASTICHE BINOMIE 57
.
DOMENICO SILVESTRI
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA
IDRONIMI E ISTANZE DI DESIGNAZIONE IDRONIMICA
NELL’ITALIA ANTICA
1
Cfr. D. Silvestri, Storia delle lingue e storia delle culture, in R. Lazzeroni (a
.
62 DOMENICO SILVESTRI
PERCORSI COGNITIVI
cura di), Linguistica storica, Roma, 1987, p. 55-85; La lingua come istanza di rap-
presentazione : designazioni, significazioni, comunicazioni, in E. Fava (a cura di),
Teorie del significato e della conoscenza del significato, Milano, 2001, p. 15-39.
2
Cfr. D. Silvestri, I «nomi nazionali» nell’Italia antica : morfoanalisi e proto-
storia onomastica, in Incontri Linguistici, 18, 1995, p. 105-120.
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 63
1.CVC (-VC, CV-, C-C). + 2.V (-). + 3.C. + 4.V./C. + [morfologia derivativa
e/o flessionale delle lingue di arrivo]
3
Cfr. Recueil des publications scientifiques, Genève, 1922, p. 595-599 (già ap-
parso nella Festschrift für Vilhelm Thomsen, Lipsia, 1912, p. 202 s.).
.
64 DOMENICO SILVESTRI
«Nero, scuro»
Ottimi rappresentanti di una più ampia serie idrocromonimica
sono Aesontius (Venetia et Istria), Aesar (Etruria), Aesis (Umbria),
Aesarus (Bruttium). L’impostazione etimologica del problema è
4
Per una designazione congruente cfr. sanscrito loká- m. «spazio libero,
mondo (in quanto «luogo della luce»)», lituano laũkas «campo» e il francese clai-
rière «radura», che è replica neolatina dell’appellativo gallico belsa «radura» atte-
stato da Virgilio grammatico (4, 20), a sua volta connesso con *belos «chiaro» (v.
sopra).
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 65
5
Cfr. G. Devoto, AIS- etrusco e AIS- mediterraneo, in SE, 5, 1931, p. 299-316,
sp. p. 303.
6
Cfr. H. Rix, op. cit., p. 190, che affronta anche il problema della derivazio-
ne in -r- nel caso di alcuni di questi idronimi.
7
Su queste tematiche rinvio ai miei lavori Per un’etimologia del nome Italia,
in AIWN, 22, 2000, p. 215-254, apparso anche in M. Bugno e C. Masseria (a cura
di), Il mondo enotrio tra VI e V secolo a.C. Atti dei seminari napoletani (1996-1998,
Napoli, 2001, p. 207-238, e Origine e fortuna del nome Africa, in Giornata di studio
con Ida Baldassarre (= Annali di Archeologia e Storia Antica, n.s. 8, 2001, p. 21-24).
8
L’aggettivo latino si applica con una certa ricorsività al colore della pelle
umana, cfr. Svetonio, Aug. 79 : colorem inter aquilum candidumque («il suo colo-
rito stava tra il bruno e il bianco» tr. di Felice Dessì).
.
66 DOMENICO SILVESTRI
9
Sul carattere equifunzionale dei due nomi cfr. C. de Simone, Etrusco Ac-
vilna – latino Aquilius. Un problema di intercambio onomastico, in La Parola del
Passato, 247, 1989, p. 263-280.
10
Cfr. Acerrae e Volturnum : due istanze toponomastiche nella protostoria lin-
guistica della Campania in D. Silvestri (a cura di), Lineamenti di storia linguistica
della Campania antica. I. I dati etnotoponomastici, Napoli, 1986, p. 65-80.
11
Con riscontri documentari italici di area sabina : cfr. ...(?)/ mesene / flusa-
re/ poimunien/ atrno/ aunom/ hiretum (Ve. 227).
12
Cfr. il mio lavoro sull’etimologia del nome Africa citato alla nota 7.
13
Cfr. per una sommaria rassegna C. Battisti, Sostrati e parastrati nell’Italia
preistorica, Firenze, 1959, p. 340-341, che opportunamente segnala che «nel caso
della formante di -rn- è probabile la composizione di due elementi». Su questa
modalità di risegmentazione derivativa, di quota decisamene protostorica, rinvio
alle mie considerazioni svolte nel lavoro citato alla nota 2.
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 67
«Rosso»
Il fiume Rubico (Aemilia) è a tutti noto per il suo epocale attra-
versamento. Il confronto con lat. ruber sembra scontato con eviden-
14
Cfr. V. Bertoldi, Plurale mediterraneo in residui fossili in Mélanges de lingui-
stique offerts à Jacques Van Ginneken à l’occasion du soixantième anniversaire de
sa naissance, Parigi, 1937, p. 157-169.
15
Cfr. a¶nurwpov : un’etimologia (im)possibile? in R. Ambrosini et al. (a cura
di), Scríbthair a ainm n-ogaim. Scritti in memoria di Enrico Campanile, Pisa,
1997, p. 929-986 (sp. p. 970-971).
16
Nella sfera «religiosa» rientrano invece le formazioni del tipo Mefitis, noto
teonimo italico che presenta lo stesso nucleo designativo di base. Se ci si ricorda
dell’esistenza di un toponimo Mifinum, anch’esso di sfera «laica» (come Mefula!),
si può ulteriormente rintracciare questo rapporto tra «sacro» e «profano» nella
coppia Curitis, teonimo, e Curinus, etnico, poi epiteto di Marte ed Ercole. L’origi-
naria valenza di etnico (ma con la stessa morfologia del toponimo Mifinum!) è
confermata dall’odierno agiotoponimo Sant’Arcangelo dei Coreni, identificato da
A. La Regina in area vestina. Per Mefitis rinvio alla mia nota su AIWN, 4, 1982,
p. 261-266.
.
68 DOMENICO SILVESTRI
«Bianco, biancastro»
In questa sfera cromatica rientra l’idronimo Albula (Picenum,
Latium), cfr. lat. albus. Per il problema delle acque sulfuree, notoria-
mente biancastre, e della loro denominazione «laica» contrapposta
a quella «sacra» si vedano i già trattati Mefula (toponimo della Sabi-
na) e il teonimo Mefitis.
«Bianco, grigiastro»
Assai interessante è Casuentus (fiume della Lucania, forma con-
corrente : Ka¥sav), cfr. lat. cascus «vecchio (sc. con i capelli bian-
chi)» e canus «bianco, dai capelli bianchi, canuto», inoltre con lo
stesso significato pel. casnar «vecchio, testa grigia) con ricomparsa
dell’elemento derivativo -r-. Nel confronto rientrano anche i Casuen-
tini dell’alto corso dell’Arno, che indiziano un corrispondente idroni-
mo per questo fiume e forse anche Casilinus (Campania), che indica
il corso mediano del Volturno. Cfr. pure en urbid Casontonia del-
l’iscrizione di Caso Cantovius, secondo la proporzione Casuentus :
Casontonia = Aquilius : Aquilonia. L’idea di fondo è sempre quella di
un colore «grigiastro» dell’acqua.
«Giallo, giallastro»
Gli idronimi Helvinus (Picenum), forse anche Helurus (Umbria),
di tradizione incerta, trovano un’immediata connessione con lat.
helvus e forme connesse (in particolare helvinus!). il valore semanti-
co è «giallo», più esattamente «giallastro», come si evince dal fatto
che la forma indeuropea ricostruibile è *ghelswo- : a questo proposi-
to il dizionario etimologico di Ernout e Meillet segnala : «en litua-
nien, les adjectifs en -swas indiquent l’idée de ‘tirant sur’ : gelsvas ‘ti-
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 69
rant sur le jaune’, žalsvas ‘tirant sur le vert’». Siamo di nuovo, in vir-
tù di accertati procedimenti derivativi, non tanto sul piano del
«colore», quanto su quello di un’«approssimazione di colore», che è
appunto la condizione cromonimica delle acque naturali.
17
Cfr. Il nome «Chianti» e la documentazione dell’Italia antica in Chianti. Sto-
ria e origine di un nome, Centro di Studi Storici Chiantigiani, Quaderno IX (Set-
tembre 1988), Radda in Chianti-Fattoria Vignale, p. 33-40.
.
70 DOMENICO SILVESTRI
do» (cfr. Virgilio, Ecloga II, v. 58-59 : heu heu, quid volui misero mi-
hi? Floribus Austrum / perditus et liquidis immisi fontibus apros).
18
Con «normale» deaspirazione ligure dell’occlusiva sonora aspirata indeu-
ropea!
19
L’assordimento dell’occlusiva deaspirata sembra rispecchiare condizioni
protolatine.
20
In questo cs l’esito -f- del fono in questione è normalmente italico.
21
Cfr. Ancora a proposito di elementi «non indeuropei» nelle lingue germani-
che, in AION -Filologia Germanica, 28-29, 1985-86, p. 589-604.
.
LE METAMORFOSI DELL’ACQUA 71
22
Cfr. J. Knobloch, Sprache und Religion, I, 1 : Der älteste Mythos der
Menschheit, 1. Farbbezeichnungen in geographischen Namen. 2. Farbnamengebung
bei den Himmelsrichtungen, Heidelberg, 1979, p. 9-22 (con importanti annotazio-
ni su diverse alternative cromatiche).
23
Cfr. a questo proposito D. Silvestri, A proposito di alcuni idronimi del Bru-
zio in P. Poccetti (a cura di), Per un’identità culturale dei Brettii, Napoli, 1988,
p. 211-222, che ora va corretto in questa particolare prospettiva (a proposito della
coppia idronimica Ne¥aiuov-Tene¥aiuov). Per il problema di un presumibile artico-
lo «mediterraneo» nel quadro di possibili contatti preistorici e protostorici tra
area libico-berbera e Sardegna rinvio all’equilibrato e condivisibile inquadramen-
to di I. Putzu nel suo bel libro Quantificazione totale/universale e determinatezza
nelle lingue del Mediterraneo, Pisa, 2001, in particolare p. 167-169. A questo propo-
sito faccio notare che dagli esempi ivi riportati sembra evincersi un fenomeno di
armonizzazione vocalica tra elemento prefissato e nucleo designativo di base, nel
senso che il primo si conforma al secondo, secondo una modalità ben accertata
nelle lingue agglutinanti dello spazio eurasiatico e che è garanzia della profondi-
tà cronologica del fenomeno. Questa circostanza sembra essere sfuggita al Wa-
gner nel suo libro epocale sulla fonetica storica del sardo, per la cui traduzione
(con introduzione e appendice) rinvio al testo curato da Giulio Paulis (Cagliari,
1984, sp. p. 188-191, con abbondante esemplificazione che conferma il fenomeno
di armonizzazione vocalica sopra individuato).
.
72 DOMENICO SILVESTRI
2. SINTESI
Domenico SILVESTRI
24
Per una trattazione approfondita del problema rinvio al mio Per un’etimo-
logia del nome Italia, in AIWN, 22, 2000, p. 215-254, uscito anche in M. Bugno e
C. Masseria (a cura di), Il mondo enotrio tra VI e V secolo a.C., Atti dei seminari
napoletani (1996-1998), Napoli, 2001, p. 207-238.
.
ALDO PROSDOCIMI
Premessa
Quando sono stato invitato al Convegno avevo una ragione di
gratitudine per gli organizzatori; ora ne ho una seconda per avermi
permesso di presentare con ritardo un testo che è un sommario, o
indice di alcuni temi da rivisitare (v. Appendici 2008). Vicende mi
hanno portato, oltre che al ritaglio, all’assetto ‘retorico’, abibliografi-
co e in parte biografico1 come col passare del tempo mi è vizio cre-
scente. La non-bibliografia è in parte dovuta al tempo, o a non-
letture adeguate (o meno), ma anche al fatto che alcune letture e/o
conoscenze sono (o dovrebbero essere) patrimonio comune : si può
vivere di ricordi bibliografici ma non si deve annegare e fare annega-
re nella bibliografia. L’aspetto biografico è stato sollecitato di recen-
te (2001 → 2004) 2 dalla raccolta di alcuni miei lavori; qui è richiama-
to il fatto che per essermi occupato, da oltre quarant’anni, di lingue
di frammentaria attestazione, a partire dal venetico, l’onomastica ha
sempre occupato un posto centrale perché il grosso della documen-
tazione era ed è onomastica. Per altre aree linguistiche concomitanti
l’onomastica era di fatto tutta la documentazione : è il caso del-
l’‘illirico’ con referente d’obbligo H. Krahe (con l’arrivo poi all’‘Alteu-
ropäisch’) : Krahe era un ‘morfologista’ e, poi, un fonetista ma i suoi
1
E anche per questo, però, riprendo alcuni miei frammenti da scritti prece-
denti; può configurarsi forse come un centone, ma la motivazione è nel fatto che
sono disiecta membra, in qualche caso comparse in sedi non facilmente raggiun-
gibili o in collocazione impropria quali paragrafi di articoli comprendenti più te-
mi. In questa prospettiva ‘centonaria’ riprendo buona parte di un articolo di An-
na Marinetti (1982), in quanto ha dato lo spunto ad una sezione di queste Note.
Parimenti riporto un frammento di una recentissima memoria di Emilio Peruzzi,
in quanto mi ha dato occasione di focalizzare alcuni punti del mio discorso; al
proposito non vorrei essere frainteso : la memoria di Peruzzi ha importanza, for-
se capitale, per altre ragioni (decifrazione del protoindiano), ma in un paio di
punti tocca anche la tematica di questa relazione.
2
A. L. Prosdocimi, Scritti inediti e sparsi. Lingua, Testi, Storia I-III, Padova,
2004 (abbr. SIES).
.
74 ALDO PROSDOCIMI
3
In numerosi lavori a partire dal 1950, culminati nella monografia Ateste à
l’heure de la romanisation (Étude anthroponymique), Firenze 1978; cfr. al proposi-
to quanto scrivo in Michel Lejeune et L’Italie antique, in CRAI, 2001, p. 175-183 (=
Hommage rendu a Michel Lejeune, Academie des Inscriptions et Belles Lettres,
Parigi, 19 gennaio 2001, p. 33-41).
4
Zur Ursprung der römisch-mittelitalischen Gentilnamensystem, in Aufstieg
und Niedergang der römischen Welt I, 2, Berlino, 1972, p. 700-758.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 75
5
A. L. Prosdocimi in G. Fogolari – A. L. Prosdocimi, I Veneti Antichi. Lingua
e cultura, Padova 1988, spec. p. 367-388; Appunti per una teoria del nome proprio,
in Problemi di onomastica semitica meridionale, a cura di A. Avanzini, Pisa 1989,
p. 15-70 [ora in SIES vol. I]; Note sul celtico in Italia, in St. Etr., LVII, 1991,
p. 139-177.
6
Lascio senza indicazione di quantità -i- prima di -l- per i motivi che si ve-
dranno appresso.
.
76 ALDO PROSDOCIMI
ma in -l- è diversa nelle varie funzioni e/o tradizioni per cui una ir-
radiazione per prestito, o solo influenza, è esclusa. Queste esclusio-
ni riportano a ciò che precede la funzionalizzazione onomastica del
morfema derivazionale in -l- e cioè alla sua semicità morfologica
nella lingua (nel caso ‘indeuropeo’ ricostruito) che è la precondizio-
ne della sua funzionalizzazione nell’onomastica; alla tipologia è da
aggiungere il tipo Messalla < *messan(ă)la e Hispallus < *hispanĕ/
ŏlo-, Romulus (Appendice). Discorso analogo vale per la morfologia
di cognomina in -a in concorrenza con -ō(n) : la constatazione della
morfologia onomastica tradizionale è la conseguenza di una causa-
lità che è nella precedente e fondatrice funzionalità nella lingua. In
alcuni casi l’antica funzionalità può essere andata perduta e/o mar-
ginalizzata nella lingua, mentre può essere conservata nell’onoma-
stica, o resa più riconoscibile nella funzionalità assunta nell’ono-
mastica, a patto però che la prassi inveterata della constatazione di
una fenomenologia (spesso contrabbandata per spiegazione) si in-
verta in una spiegazione della fenomenologia stessa, qui nell’ono-
mastica; tuttavia l’onomastica costituisce un settore di una casisti-
ca ben più ampia nella morfologia della lingua e che, come lingua,
investe buona parte della grammatica latina di cui è esemplare
quella di Leumann (1977) : la fenomenologia ha una causalità,
complessa quanto si vuole nella genesi, nelle espansioni e nelle re-
strizioni, nelle rifunzionalizzazioni etc. etc. – ma la sua fondazione
causale nella morfologia della lingua resta, precede e spiega; di
contro la fenomenologia fondata sull’uso, da cui una conseguente
classificazione, è un effetto e non una causa. Ciò detto, in una
corretta prospettiva euristica, la fenomenologia, e la base per la
spiegazione, per certi aspetti è già una spiegazione quale classifica-
zione, ma non ha la dimensione della/e sequenza/e causale/i che
possono essere ormai irriconoscibili ma che sono esistite per impli-
cazione logica e fattuale; in questi casi il pericolo è di scambiare la
classificazione della fenomenologia, corredata da attribuzioni di
valore ingiustificate, con la spiegazione propria (causale) ut sic; in
questi casi l’esposizione della fenomenologia con pretese di spiega-
zione e, come detto sopra, una assenza di spiegazione.
Un altro aspetto che toccheremo concerne la formula onomasti-
ca quale contenuti dei componenti nel loro essere ‘lessico semantico’
entro la formula quale sistema per cui la formula onomastica non
consiste solo di sequenze formali ma di possibili, spesso evidenti,
contenuti ideologici, in buona parte permessi dalla trasparenza les-
sicale degli elementi costituenti. Nella formula antroponimica ro-
mana il nucleo è il gentilizio : senza questo, almeno per l’ambito cui
ci riferiamo, non ci sarebbe formula o il termine ‘formula’ avrebbe
un altro senso, legittimo iuxta propria principia ma diverso. Malgra-
do sia stato trattato da innumerevoli studiosi e da molte angolazioni
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 77
credo che ci sia ancora da dire sulla posizione dell’appositivo fra pa-
tronimico e gentilizio e precisamente quale conseguenza del rappor-
to tra familia e gens (2008 : su questo tema v. ora 2007/2008 ‘Roma’;
Appendice n. 1).
7
Questo paragrafo è tratto da Filoni indeuropei in Italia. Riflessioni e appun-
ti, in L’Italia e il Mediterraneo antico, Atti del Convegno SIG, vol. II, Pisa, 1995,
p. 7-163 (ora in SIES, vol. III). I rimandi seguono la numerazione della bibliogra-
fia pure data in SIES, vol. I, p. IX-XXX.
8
E. Peruzzi, Onomastica e società nella Roma delle origini, parte I, in Maia,
21, 1969, 126-158, e Origini di Roma, I Firenze 1970, focalizza l’aspetto istituziona-
le. Indipendentemente dalla validità della sua tesi sulla sabinità della formula bi-
nomia a Roma e sulla fase patronimica come intermezzo storico e cronologico e
non solo logico come tramite alla fase gentilizia, la posizione di Peruzzi segna,
nella questione, un caposaldo e un giro di boa.
9
La nozione di Individuo Culturale (IC) è centrale per la teoria del nome
proprio (Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit. spec. p. 27 sg.).
L’individuo culturale è ciò che la cultura identifica come individuo e che esprime
linguisticamente con un sistema linguistico appropriato e specifico; non è l’indi-
viduazione tipo ‘quest’uomo’ ‘il romano ucciso alle idi di marzo...’ ma C. Julius
Caesar.
.
78 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 79
sequenza a 3 sequenza a 2
1. indeuropeo patronimico opzionale 1. indeuropeo
2. Italia A patronimico istituzionale 2. Italia
3. Italia B patronimico = gentilizio fase unica
La sequenza a 3 ammette, al limite, una istituzionalità in qual-
che misura già ‘indeuropea’, e lo iato tra le fasi ne risulterebbe mino-
re; la sequenza a 2 è per lo iato totale, e noi la preferiremmo con una
precisazione : le due sequenze non si escludono, ma possono essere
un modo diverso di porre la stessa realtà, a seconda che nel mecca-
nismo di formazione si accentui l’aspetto logico come anche crono-
logico e realizzato per lungo tempo, oppure si annulli di fatto lo spa-
zio logico mediano non come non esistito, ma come non rilevante (e
in ciò la durata non conta). In ogni caso la ‘italianità’ della formula
onomastica binomia istituzionale è confermata dal fatto che fin dal-
l’inizio – a prescindere da dove sia generata – pertiene sia ad ambito
‘indeuropeo’ sia ad ambito non indeuropeo come è l’etrusco10. Quel-
lo che è pertinente non è la genesi linguistica né i mezzi morfologici
correlati, ma la natura istituzionale per cui si ha un nome individua-
le seguito da un appositivo, normalmente con morfema aggettivo –
indeuropeo -jo-, etrusco -na- – in ciò manifestamente indipendente
da genesi linguistica remota ma rispondente a condizioni sociologi-
che della realtà italiana.
Se la formula binomia è una innovazione nata in Italia da esi-
genze istituzionali ‘italiane’, la sua espansione è un fenomeno di
arealità ‘italiana’. Nel Nord, venetico e leponzio11, la formula bino-
mia arriva con la scrittura come portato della cultura etrusca a par-
tire dal ± 600 a.C. : i mezzi formali possono essere gli stessi di quelli
all’origine della formula latina (e) italica, ma qui la genesi non è ‘ita-
lica’ bensì ‘italiana’, perché il modello è etrusco. Abbiamo formule
binomie anche morfonologicamente congruenti che collegano l’itali-
co, dall’italico del nord (umbro e dialetti ‘minori’) al brettio; si tratta
del fatto che il morfema -jo- assume aspetto diverso a seconda che si
trovi nel primo o nel secondo elemento della formula binomia, tipo
10
Rix, Zur Ursprung der römisch-mittelitalischen Gentilnamensystem, cit.
11
Sulla formula venetica Prosdocimi, Veneti Antichi, cit, p. 367-383; sulla
formula leponzia A. L. Prosdocimi, Sull’etruschità linguistica e culturale, in Etrus-
ker nördlich von Etrurien (Akten des Symposions von Wien-Schloss Neuwaldegg,
2.-5. Oktober 1989), a cura di L. Aigner Foresti, Vienna, 1992, p. 443-471 e Note
sul celtico in Italia, cit.
.
80 ALDO PROSDOCIMI
12
-es/-es non risponde a -is/-ies e richiede un discorso anche in rapporto alla
eventuale sincope; su quelli come su miei precedenti cenni sarà da ritornare ap-
profonditamente anche per l’importanza areale della Sicilia e la correlata proie-
zione cronologica e storica per l’italico, se vi sono collegamenti con esso.
13
Ho ravvisato il motivo nel fatto che solo in questa occasione, generata da
ragioni extralinguistiche la lingua ha occasione di avere un aggettivo in -jo- (pa-
tronimico-gentilizio) che ridetermina una forma che è già in -jo- come forma ag-
gettiva, da cui è tratto l’antico nome individuale. Su ciò A. L. Prosdocimi, Studi
sull’italico, «St. Etr.» XLVIII, 1980, p. 187-249; ‘Sabinità e (pan)italicità linguisti-
ca, «Dialoghi di Archeologia» 5, 1987, p. 53-64; Note su ‘Italico’ e ‘Sannita’, in La
Campania fra il VI e il III secolo a.C., Atti del XIV convegno di Studi Etruschi e
Italici (Benevento 24-28 giugno 1981), Galatina 1992, p. 119-148; Filoni indeuropei
in Italia. Riflessioni e appunti, in L’Italia e il Mediterraneo antico, Atti del conve-
gno SIG (Fisciano-Amalfi-Raito 4-6 novembre 1993, vol. II Pisa 1995, p. 7-163; Il
genitivo singolare dei nomi in -o- nelle varietà italiche (osco, sannita, umbro, sud-
piceno etc.), «Incontri Linguistici» 25, 2002, p. 65-76.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 81
A favore della prima trafila è il fatto che in diversi sistemi indeuropei (d’Ita-
lia) la formula binomia si forma in modalità del tutto diverse; ne consegue che vi
è -jo- come potenziale caratterizzatore con funzionalità onomastica specifica – in
quanto di appositivo – di forme già in -jo- ma – in quanto nome individuale – sen-
za funzione onomastica specifica; oltre che in italico (sopra) ho individuato in
ciò la motivazione dell’utilizzazione di -(i)ko- come alternativo a -jo- negli apposi-
tivi del venetico (A. L. Prosdocimi, Venetico. Due nuovi ciottoloni patavini (*Pa
27, *Pa 28). Morfologia e sistema onomastico. Nuovi dati da *Pa 28, in St. Etr. L,
1982 [1984], p. 199-224, e Veneti Antichi, cit. ); per la stessa motivazione -ilio- è al-
ternativo di -jo- in latino : Pompilius : Pompius; Hostilius : Hostius; Servilius :
Servius etc. : appresso.
.
82 ALDO PROSDOCIMI
14
È un modo di vedere maturato negli ultimi decenni : A. L. Prosdocimi,
Cultura etrusca transpadana, in Gli Etruschi a nord del Po II, Mantova 1987,
p. 110-117; Venetico. Due nuovi ciottoloni patavini; Note sul celtico in Italia; Sull’e-
truschità linguistica e culturale, citt.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 83
15
Si vedano PID II; M. Lejeune, Lepontica, Parigi 1971; M. G. Tibiletti Bru-
no, Ligure leponzio gallico in Lingue e dialetti dell’Italia antica, a cura di A. L. Pro-
sdocimi, Roma, 1978, p. 130-208; M. G. Tibiletti Bruno, Le iscrizioni celtiche d’I-
talia in I Celti d’Italia, a cura di E. Campanile, Pisa, 1981, p. 157-207; A. L. Pro-
sdocimi, I più antichi documenti del celtico in Italia, in Atti del 2o Convegno
Archeologico Regionale (Como 13-15 aprile 1984), Como, 1987, p. 67-92; Note sul
celtico in Italia, cit.
.
84 ALDO PROSDOCIMI
16
Ritorneremo brevemente dopo aver proposto quello che, nel mio iter, è
stato l’avvio ad identificare la tematica di cui trattiamo qui; l’avvio ad una ricon-
siderazione dei dati romani e più in generale latini (in questi il falisco che è una
varietà di latino) è venuta dagli appositivi in -alo- del leponzio, il tutto entro il
quadro del celtico in Italia (cfr. i lavori cit. a nota precedente). La riproposizione
del mio iter sarebbe insignificante o ridicola come autobiografica, ma ritengo
che sia istruttivo perché – bene o male argomentato, corretto o errato – lo spunto
è venuto là ove non c’è una dottrina assestata come istituzionalità e come morfo-
logia che la manifesta; in particolare si sono evidenziate la funzione derivativa di
-lo- e la isofunzionalità di -ō(n) e -a, in termini di cui il latino ha evidenza nella
cognominazione, ma che conserva, sia pure marginalizzato, nelle coppie tipo
scriba : Scribonius.
17
Oltre la manualistica meno recente (Brugmann 1916, II 1, p. 360 sg.; [Wac-
kernagel-]Debrunner 1954, II 2, p. 849 sg.) Più specifici gli studi di B. Zucchelli,
sull’origine della funzione diminutiva del suffisso -lo- in latino, in Studi linguistici
in onore di Vittore Pisani, Brescia, 1969, p. 1075-1100 e nella monografia Studi
sulle formazioni latine in «-lo-» non diminutive e sui loro rapporti coi diminutivi,
Parma 1970; qui ampia bibliografia; concentrato di esempi e bibliografia in Leu-
mann, Lat. Gr. 19775, p. 311-312 : avanti e passim [e qui Appendice n. 1 sul nome
Romulus; v. ‘Roma’ 2007/8 ove il tema è trattato più ampiamente].
18
-io- > -ı̄- e -o- > -ı̆- in derivazione è associata in latino al nome di W. Schul-
ze e per i nostri fini è sufficiente la constatazione della fenomenologia. Va però
aggiunto che la ‘regola’ affonda le radici in una morfologia che si situa nel più an-
tico fondo indeuropeo : *-jo- > -ı̄- via *-jH2 >- iH2 come derivatore (non ancora
femminile) e -ŏ- sostituito da -ı̆- verisimilmente da una antica allomorfia -o-/-i- in
qualche misura parallela alla legge di Caland-Henry(-Wackernagel), per cui -rŏ- è
sostituito da -ı̆- in composizione (v. ad nota 52).
19
Cfr. anche Prosdocimi, Note sul celtico in Italia, cit.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 85
20
J. Untermann, Die venetischen Personennamen, Wiesbaden, 1961, per tou-
peio e moldonkeo, seguito con qualche esitazione da A. L. Prosdocimi, La lingua ve-
netica II, Padova-Firenze, 1967; da cassare invece l’idea di un dativo toupeio propo-
sto da A. L. Prosdocimi, Una iscrizione inedita dal territorio atestino. Nuovi aspetti
epigrafici linguistici culturali dell’area paeloveneta, in Atti Ist. Veneto SS.LL.AA.,
CXXVII, 1968-69, p. 123-183. Per Moldonkeo in formula trinomia (Es 24) Vants
Moldonkeo Karamns guadagna punti l’eventualità da lungo tempo affacciata su ba-
se etimologica che moldonkeo sia un epiteto corrispondente ad ant. sl. mladenı̆cı̆, a.
pruss. maldenikis ‘ragazzo’ (Lingua venetica II cit., p. 152). Se non è direttamente un
epiteto, è da ventilare la possibilità che sia un appositivo da epiteto per un ius o una
fictio iuris della Namengebung di cui ci sono preclusi gli estremi, ma che in qualche
modo doveva essere in atto per le formule trinomie e per alcune binomie.
21
Prosdocimi, Note sul celtico in Italia, cit., § 3. 4.
22
Questo per una concezione vulgata – ma che condivido solo in parte, e per
certi aspetti affatto – dovrebbe essere convincente anche per chi, nel caso di lin-
gue di frammentaria attestazione, ha il ‘complesso giustificativo’ per una forma
nuova o (spesso apparentemente) isolata. Per il ‘complesso giustificativo’ v.
A. L. Prosdocimi, Il Venetico, in Le lingue indeuropee di frammentaria attestazio-
ne-Die indogermanischen Restsprachen, Atti del Convegno SIG-Idg-Gesellschaft
(Udine, settembre 1981), Pisa, 1983, p. 153-209, passim; Riflessioni sulle lingue di
frammentaria attestazione, in Quaderni dell’Istituto di Linguistica dell’Università di
Urbino, 6, 1989, p. 131-163.
.
86 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 87
25
Questa classe di formanti per il maschile meriterebbe in sé e per l’onoma-
stica più attenzione e approfondimento di quanto non abbia mai avuto; per i no-
stri fini è sufficiente la presenza di nomi celtici in -a, tipo le cognominazioni in
formula latina citate in testo; resta la questione dei nomi in -a nei nomi indivi-
duali celtici, specificamente leponzi (per il tipo koimila di PID 301 v. i cenni in
Prosdocimi, Sull’etruschità linguistica e culturale, cit).
26
Lascio senza notazione la quantità della vocale -o- nella derivazione e nel
paradigma, in quanto qui non pertinente; tuttavia la eventualità di una estensio-
ne della quantità lunga fuori dal nominativo (tipo latino -ō, -ōnis) e una quantità
breve fuori dal nominativo (tipo greco -wn, -onov), il leponzio dovrebbe avere la
breve perché vi è -o- e non -u- < *-ō- (per questo fenomeno e la sua antichità cenni
in Note sul celtico in Italia, cit. § 5.3.).
.
88 ALDO PROSDOCIMI
27
Queste eventualità di realizzazione potrebbero essere alla base di forme in
-ullo- < -ŏn-lo- o in -ūlo- < -ō-lo-; credo che vadano esperite come possibili matrici
genetiche per suffissi celtici, il loro proliferare a partire da alcune basi e una pos-
sibile motivazione parziale in alcune isofunzionalità genetiche in derivazione.
28
L’iscrizione è stata segnalata da M. Tombolani, Materiali di tipo La Tène da
Altino (Venezia), in Celti ed Etruschi nell’Italia centro-settentrionale dal V secolo
a.C. alla romanizzazione, Atti del Colloquio internazionale (Bologna 12-14 aprile
1985), Bologna, 1987, p. 171-189; la lettura ivi data, verkvaloi, pare da correggere
in verkvanoi (A. Marinetti, lettura inedita), pertanto quanto già detto in altre sedi
riguardo alla presenza della formante -alo- in questo nome è da cassare.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 89
Ritornando al leponzio :
29
Cfr. K. H. Schmidt, Komposition in gallischen Personennamen, Tubinga,
1957, p. 257-258; qui è citato pure il lemma ‘Ressi- etc. ’, teoricamente possibile
come primo elemento di composto, rispetto cui la base di Retalos potrebbe essere
un ipocoristico in *-ō(n) > -u.
30
A. L. Prosdocimi-A. Marinetti, Venetico e dintorni, in Atti Ist. Veneto
SS.LL.AA., CXLIX, 1990-1991, p. 401-450.
31
Lejeune, Lepontica, cit., p. 68; cfr. p. 63 : «un adjectif patronimique à suf-
fixe -alo-. Il faut donc que le nom du père ait été quelque chose comme *kuo-. Or
la probabilité d’un nom individual monosyllabique est pratiquement nulle. On
posera donc, comme nom du père, un dissyllabe *KuSo- (ou *GuSo-) seconde S
con segno di semivocale sans notation (§ 10b) de la consonne S u con segno di se-
mivocale de transition».
32
È possibile che qui ci sia il nome del cane (= lupo per eufemismo) nella
forma kuō(n) come nel celtico insulare goidelico e brittonico (Pokorny IEW,
s. v.), forse non (ancora) nella morfologia cuno (cun- + -o- ‘tematico’?) dei com-
posti nel gallico (Schmidt, Komposition, cit., p. 186) : ma non è necessario perché
un Kurzname avrebbe potuto partire da ku(no)- + -ōn; oppure un *kunon- avreb-
be potuto dissimilarsi in *kuon-. Per il nome del cane come eufemismo del nome
del lupo v. H. Birkhan, Germanen und Kelten bis zum Anfang der Römerzeit, Vien-
na, 1970, p. 345 sg.
33
Uso questa dizione per segnalare una fase morfonologica precedente alla
morfologizzazione della distinzione e/o/Ø quale è nelle descrizioni ‘classiche’ del-
l’apofonia indeuropea (altri usa å/ä o simili); per questo cenni in A. L. Prosdoci-
mi, Latino (e) italico e indeuropeo : appunti sul fonetismo, parte I in Messana, 12,
.
90 ALDO PROSDOCIMI
-ō(n)-
+ -lo- > -alo-
-a
potrebbe esserci una motivazione funzionale : -ō(n) è già un deriva-
tivo tale da funzionare anche da appositivo il che non pare compete-
re ad -a (che pure condivide con *-ŏn- alcune funzioni onomastiche :
cfr. 1991 cit.); l’allotropo di langue -ā- sarebbe un mezzo per evitare
un accumulo morfologico isofunzionale 34. Di una possibile ragione
morfonologica si è detto sopra; si è anche visto che sono da prevede-
re alternative morfologiche che prescindano dalla fonetica o che se-
guano una diversa via nella forma della base in derivazione : in ciò
può essere campione l’onomastica di base kat- 35 dove si hanno tutte
le derivazioni possibili, buona parte da considerare, almeno geneti-
camente 36, derivate da ipocoristici da composti di katu- (v. nota 35).
In questa prospettiva una forma come Catullus, cognomen del poeta
cisalpino, potrebbe essere da *kate/ol-lo- quindi con tutt’altra strut-
tura morfematica; ma se si tiene presente la frequenza della base
cat- nella Cisalpina, normalmente ascritta al gallico anche nella do-
cumentazione indiretta, per esempio venetica; se si tiene poi conto
che questa base compare come antroponimo nella variante kata 37 –
in cui -a è certamente di maschile come base di appositivi (-a-ko-, -a-
kna- etc.) – si può avanzare l’ipotesi di lavoro che -ullo- sia da -ŏn- +
-lo- o da -ō- > -ū- + -lo- (e resa romana con -ŭllo-/-ūlo-), ove -ō(n)/-ŏn-
1992 [1994], p. 93-160; parte II in Messana, 18, 1993, p. 117-184 [ora in SIES
vol. III].
34
Si noterà al proposito che -io- di appositivo non si aggiunge a -on- : komo-
neos di PID 276 non è una eccezione perché compare anche come prenome (PID
275), quindi, quale sia la base di partenza, -eo- (< -io-) non è in funzione di deriva-
zione appositiva.
35
Schmidt, Komposition, cit., distingue due lemmi, Cata- (p. 166-167) e Catu-
(p. 167-168), in omaggio a una certa tradizione, ma in cata «Wir würden dann in
allen Beispielen ein catu- ansetzen, wie es in Vendryes BSL 38, 1937, 113 ff. für
den Cata-mantaloedis u. Hubschmid, Praeromanica 83 für Cata-manus ja schon
getan haben». Il discorso fatto in testo porta una ulteriore ragione : sia cata- che
caton- potrebbero essere forme di ipocoristico (o assimilabili) di composti in «ca-
tu- : ir. cath, cy. cad ‘combat’ (Dottin 244; cfr. Pedersen 1, 132)...»; cfr. anche
D. Ellis Evans, Gaulish Personal Names, 1967, p. 171-173.
36
Sottolineo ‘geneticamente’ in quanto diverso da ‘diacronicamente’ ed ete-
rogeneo rispetto a’sincronicamente’, termine questo che, quale etichetta e conte-
nuto – quando posso e a differenza di altri – evito come la peste, in quanto non
dice niente più di ‘sistemicamente’ ma, rispetto a questo, maschera la dinamicità
dei progressi. Nel nostro caso la eteromorfia derivazionale indica che il sistema –
tra langue ed onomastica – ha assunto una propria configurazione, anche lonta-
na dai fondamenti genetici; ma questi non si pssono né debbono annullare; even-
tualente si tratta si riconoscerne la posizione nel sistema onomastico.
37
Questo kata nella documentazione indiretta del venetico non è da confon-
dere con kanta (ibid. ), in quanto il venetico, di norma, nota la n anteconsonanti-
ca.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 91
38
Su katulstos A. Marinetti, Venetico in Studi Etruschi, LI, 1983 [1985],
p. 283-302 e Prosdocimi, Veneti antichi, cit., p. 258-259.
39
L’alternanza Camalus/Camulus in area iberica (su cui Birkhan, Germanen
und Kelten, cit., p. 336 sg. ) ha forse a che fare con la nostra questione, ma è biva-
lente per la non sicura quantità di -u- : -ŭ- o -ū-?
40
A. L. Prosdocimi, Sull’accento latino e italico, in Festschrift für Ernst Risch
zum 75. Geburtstag (a cura di A. Etter), Berlino-New York, 1986, p. 601-618.
41
G. R. Solta, Venetische Personennamen und indogermanische Femininbil-
dung, in «Die Sprache» V, 1959, p. 187-208.
42
Su pecu e correlati v. ora A. L. Prosdocimi, Sul lessico istituzionale indeu-
ropeo, in Scritti inediti e sparsi. Lingua, Testi, Storia, I-III, Padova, 2004, vol. III,
p. 1247-1357.
.
92 ALDO PROSDOCIMI
ner-va < *menes-wa con -va < -wH2 che è ‘femminile’ residuale in lati-
no mentre in messapico, nella grafia -o-a (foneticamente [-ua]), è
normale ed alterna con C’a < -Cija e -Ca 43 ; etc., fino alle motivazioni
della cosiddetta ‘legge di Sievers’ e, con essa alle radici della morfo-
nologia nominale dell’indeuropeo antico 44. Qui mi arresto per la se-
de e per l’opportunità ma, spero mi sia fatto credito, le posizioni non
sono fondate sul nulla anche se, in parte, si inquadrano in orizzonti
non contemplati da alcune vulgate correnti.
Come si vedrà meglio avanti, la morfonologia di -ı̄lius è com-
plessa ma ben spiegabile nella genesi, evoluzione, funzione; alla ba-
se c’è il derivativo -lo-, di cui abbiamo parlato sopra perché propon-
go delle alternanze di -i- precedente tra lunga e breve (cosiddetta ‘re-
gola di Schulze’), individuato in -lio- un modello per distinguere
formalmente il (patronimico?) gentilizio di basi già in -io- (-ı̄-), o co-
me alternativo a -io- per basi in -o- (-ı̆-). La funzionalità di -ı̄lio- (con
la lunga perché da base in -io-) è potente, mentre la funzionalità di
-ı̆lio- è meno evidente, ma è verosimile che funzionasse per segnala-
re che il derivato da un tema in -ŏ- non era nome individuale → pre-
nome in formula binomia ma (patronimico? →) gentilizio : un Ma-
nius rispetto a manus o mane è il nome individuale romano per ec-
cellenza 45 pur avendo forma in -io-. Tuttavia -lo- compare come -lio-
evidentemente per la sua posizione-funzione nella formula binomia.
Lo stesso -lo- compare come -ŏ- od -a nelle cognominazione tipo Hi-
spallus e Messalla, il che, da una parte riporta a -lo- e dall’altra alla
alternanza/isofunzionalità di -os, e -a come si vedrà (§ 3) per i pre-
nomi tipo Atta, Mama, etc. : è una riprova della funzione di -l(o)- ri-
determinato da -io- per il (patronimico →) gentilizio, ma ripropone
nella cognominazione un’altra isofunzionalità e cioè tra -ō(n) e -a,
che non va semplicemente constatata dicendo che i cognomina sen-
za altri morfemi designativi tipo -lo, -na etc. sono di norma in -ō(n)
ed -a per cui questi sarebbero ‘marcatori’ della funzione cognomina-
le ma, invertendo la sequenza causale, si dovrà individuare perché
queste forme di lingua sono utilizzate come morfemi per cognomi-
na. Anticipo un a priori e cioè che - ō(n) e -ă < *-ā sono indicatori di
appartenenza ad una classe tramite un valore (generico) di ‘relazio-
ne con = appartenenza a’ quale applicazione pragmatica.
43
A. L. Prosdocimi, Sulla flessione nominale messapica, parte I in Arch.
Glott. It., LXXIV, 1989, p. 137-174; parte II in Arch. Glott. It., LXXV, 1990, p. 32-
66 (v. anche Appendice n. 4).
44
A. L. Prosdocimi, Syllabicity as a genus, Sievers’ Law as a species, in Papers
from the 7th International Conference on Historical Linguistics, Amsterdam-Phila-
delphia 1987, p. 483-505 [ora in SIES vol. III].
45
Su Manios della Fibula prenestina v. A. L. Prosdocimi, Helbig med fefaked?
Sull’autenticità della fibula prenestina : riflessioni angolate dall’epigrafe, in LEFI.
Linguistica Epigrafia Filologia Italica, 2, 1984, p. 77-112.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 93
[p. 454] Dagegen beobachten wir sehr häufig grade ein Ausei-
nanderstreben der Form, zB. bei Mettius und Metilius, Siccius und Si-
cilius, also dasselbe Auseinanderstreben, das wir Accoleius : Acilius
soeben constatirt haben.
Es ist aber zunächst nothig, diese Formen auf -ilius einmal ge-
nauer zu verhören : sie sehen harmloser und einförmiger aus, als sie
in Wirklichkeit sind. Die dringlichste Aufgabe ist, ihre Quantitätsver-
hältnisse festzustellen1). Nur für einen Theil ist das bereits geschehen,
für Acilius Atilius Catilius Lucilius Manilius Metilius Pacilius Rutilius
Statilius Venilius, die sicher, Magilius Utilius, die wahrscheinlich lan-
ges i vor dem l haben, dann für Basilius Rupilius Tutilius, die sicher,
Mamilius Vetilius, die wahrscheinlich kurzen Vocal in gleicher Stel-
lung zeigen. Ausserdem ist der Vocal lang in Agrilius oben S. 115 Coe-
silius 2) Caltilius 139 Campilius 3) Caprilius 145. 353 4) Carvilius 5) Divi-
lius 90 Egrilius 6) Etrilius 268 Laetilius 178 Luxilius 7) Qpsilius 335
Anm. 1 Pantilius 8) Publilius 9) Servilius 10) Voltilius 260 (CIL VI s.
30906) 11), kurz dagegen in Aemilius 12) Caecilius 13) Gargilius 172 Her-
sislius 174 Orbilius 1) Otācilius 131 Pompilius 2) Pontilius 3) Quinc-
tilius 4) Romilius 5) Sentilius 6) Sextilius 7) Tongilius 8) Turpilius
246 9) Tutilius 248 Vergilius 10) und Numilius 10). Die Zeugnisse habe
ich unter dem Texte zusammengestellt und dadurch den Leser in den
46
A quanto appare vi è giustapposizione fenomenologica ma non correlazio-
ne eziologica così come, anche per l’epoca, non vi è questione di geminazione
consonantica / quantità vocalica tra segmentalità e sopra segmentalità.
.
94 ALDO PROSDOCIMI
[p. 456] Chase Harvard Studies 8, 125 hat schon das Richtige,
Solmsen’s Versuch Lucı̄lius Manı̄lius an lucı̄ manı̄ anzuknüpfen (Stud.
zur lat. Lautgesch. 117), wird sich schwerlich dagegen behaupten kön-
nen. S. auch die oben S. 243 sq. angeführte Aeusserung Borghesi’s.
5) Falsche I longae S. 455 Anm. 7. Publicius hat I longa vor c CIL
V 3022, obwohl Ovid Fast. 5, 294 die Messung Pūblı̆cius verbürgt.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 95
47
Rix, Zur Ursprung der römisch-mittelitalischen Gentilnamensystem, cit.
48
Ma v. Peruzzi, Origini di Roma I, cit., cap. XI p. 146-165.
.
96 ALDO PROSDOCIMI
49
Qui dovrebbe intervenire anche -i/ele/io- che nel latino falisco indica la fi-
liazione (?) ma mi attengo alla segnalazione per il solo latino di Roma. Tuttavia
ricordo che il latino falisco rende evidente un fatto, e cioè che -ı̆lio- non è da
*-ĕlio- come nel latino di Roma perché in falisco *-elio- resta -elio- come -ilio-. Un
fenomeno fonetico falisco, relativamente seriore, porta la sequenza -ilio- a (grafi-
co) -io-. Sui dati del latino falisco su queste ed altre questioni, in sé e attinenti al
latino di Roma e ad altri ‘latini’ (Latinisch nella convenzione tedesca) sarà da ri-
tornare. Su -ı̆-/-ı̆- + -l- v. anche appresso.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 97
50
A. L. Prosdocimi, Curia, Quirites e il ‘sistema di Quirinus’ (Populus Quiri-
tes Quiritium II), in Ostraka, V, 1996, p. 243-319; anche Etnici e strutture sociali
nella Sabina : Cums, in Identità e civiltà dei Sabini, Atti del XVIII Convegno di
studi Etruschi e Italici (Rieti-Magliano Sabina 30 maggio-3 giugno 1993) Firenze,
1996, p. 227-255.
51
J. Untermann, Wörterbuch der Oskisch-Umbrischen, Heidelberg 2000;
A. L. Prosdocimi, Tavole Iguvine, vol. III in stampa.
.
98 ALDO PROSDOCIMI
2.3. -ō(n)
2.3.1. Premessa
Per -ō(n) siamo partiti da una retrospettiva minima sull’onoma-
stica leponzia e vi abbiamo derivato un’ipotesi di lavoro sulla isofun-
zionalità di -ō(n) e -a < *-eH2 fondata su morfologia derivazionale
‘indeuropea’, geneticamente comune ma diversamente sistemata e
funzionalizzata nelle singole lingue; anche per il tema della relazio-
ne nell’ambito del convegno ci siamo limitati al richiamo più imme-
diato, il latino e, per documentazione meno immediata, l’italico.
Avremmo potuto richiamare le forme in -n- della flessione germani-
ca o venetica, celtica o indiana antica o greca, etc. 53 Il latino, salvo
52
La legge è stata identificata da Caland e poi comunemente accettata per
-ro-/-i- : bibliografia in Schwyzer, Gr. Gr. I p. 447-448. Fr. Bader in vari luoghi ha
riportato l’allomorfia già riconosciuta in -Cro-/-Cri- ad una più elementare (e logi-
camente primaria) in -Co-/Ci-.
53
Sulla fenomenologia della dialettalità greca dirò qualcosa più avanti in
quanto, rivisitata di recente, è suscettibile di ulteriori aggiustamenti da una ango-
lazione diversa e, a quanto mi sembra, solidale con le formanti in -ō(n) del latino
e, più immediatamente, del leponzio (e con esso di altra dialettalità celtica) per
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 99
.
100 ALDO PROSDOCIMI
56
B. Terracini, Spigolature liguri, in Arch. Glott. It., 20, 1926, p. 122-160.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 101
57
Ne ho trattato a proposito dell’iscrizione con vetusia : A. L. Prosdocimi,
Vetusia di Preneste : etrusco o latino, in St. Etr., XLVII, 1979, p. 379-385.
.
102 ALDO PROSDOCIMI
della parola di base, nel caso nome proprio, può significare tanto de-
dica (funzione dativo) quanto possesso (funzione genitivo), quanto
entrambi.
2) Una forma (onomastica) al nominativo può esprimere la
funzione di possesso tramite la morfologia derivazionale della for-
ma stessa, tipo Ulpia, Iulia di una basilica 58. Pertanto un morfema
in -ō(n) con funzione ‘aggettiva’ di ‘pertinente a...’ può benissimo
esprimere il possesso, così come può funzionare in una formula
onomastica al secondo elemento, appositivo da altra base nominale
come allomorfo del derivatore -jo- : dovrebbe essere il casos di plia-
leuu nella forma onomastica uvamokozis plialeuu dell’iscrizione di
Prestino 59.
3) (1+2) La duplice funzionalità di -ō(n) spiegherebbe un feno-
meno constatato ma non spiegato negli appositivi dell’onomastica
venetica e celtica-cisalpina : J.Untermann (1961) poneva l’esistenza
= evidenza di allomorfi in -ion- negli appositivi ‘patronimici’ del
venetico in -io- (cfr. nota 20). Tra l’altro veniva così eliminato un
presunto – e non impossibile – genitivo in -eio 60 il che riproduce
l’iter argomentativo per un presunto genitivo in -u in leponzio.
Untermann desumeva la sua interpretazione da un’analisi formale-
strutturale delle formule, ma non ne dava una spiegazione se non
come selezione di un allomorfo su una possibilità di langue. Ora
c’è una motivazione non generica : un derivatore, -ō(n), caratteriz-
za ulteriormente un derivatore in -jo- : se si tratti di ipercaratteriz-
zazione funzionale o di caratterizzazione funzionale a una marca
morfologica che era, o era sentita, come non sufficientemente ca-
ratterizzante come derivazione con sema di ‘appartenenza’ : e que-
sto è sufficiente come contorno, non come prova, del nostro di-
scorso.
58
Il fatto che la formula onomastica romana per la ‘donna’ non abbia il no-
me individuale ma solo il gentilizio potrebbe indicare la che donna nello status
giuridico ‘normale’ era assimilabile alle res della gens, almeno secondo certi pa-
rametri di giuridicità, da verificare tra realtà fattuale del tempo e nella codifica-
zione formale di una realtà formale recepita dal passato; sia realtà effettuale, sia
eredità formale, la differentia specifica con lo status onomastico del filius fami-
lias è una evidenza.
59
A. L. Prosdocimi, L’iscrizione leponzia di Prestino : vent’anni dopo, in Zeit-
schrift für celtiche Philologie 41, 1986, p. 225-250; Celti in Italia prima e dopo il V
secolo a.C., in Celti ed Etruschi nell’Italia centro-settentrionale dal V secolo a.C. alla
romanizzazione, Atti del Colloquio Intarnazionale (Bologna 12-14 aprile 1985),
Bologna, 1987, p. 561-581; I più antichi documenti del celtico in Italia, in Atti del 2o
Convegno Archeologico Regionale (Como 13-15 aprile 1984), Como, 1987, p. 67-92.
60
Ipotizzato per toupeio (Pa 7) nella formula hostihavos toupeio. Per un pre-
sunto genitivo in -u nel leponzio v. Note sul celtico in Italia, «St. Etr.» LVII, 1991,
p. 139-177.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 103
Premessa
Si è vista una isofunzionalità di -a con -ō(n) in alcune posizioni
dell’onomastica, e si è contemplata l’esigenza di un approfondimen-
to di tale isofunzionalità nella langue quale fondamento e causalità
(v. Appendice n. 5-6). Nel nostro caso la langue è una (ri)costruzione
nominata ‘indeuropeo’; la sua unitarietà consiste in (non molti)
principi struttivi distribuiti e/o evoluti in varietà e/o filoni, poi andati
a costituire le lingue storiche non documentate per vari motivi,
estrinseci quali casualità del pervenire documentale, o intrinseci
quali status di consistenza di lingue cosiddette ‘indeuropee’, che so-
no espressione di diverse realtà socioculturali : nello spazio, nel
tempo, nei contesti storici 61. Questo richiamo dovrebbe essere una
costante sempre presente quale principio nell’operare; qui lo esplici-
tiamo perché quanto diremo sull’onomastica e sui suoi fondamenti
morfologici nella langue consiste in terminali di processi ed evolu-
zioni complesse e specializzate, a volte cristallizzate in modo tale da
conservare tratti e strutture arcaiche che nelle langues hanno diver-
samente evoluto, tra marginalizzioni, ristrutturazioni, risistemazio-
ni, (ri)categorizzazioni : è il caso delle forme in -ā < *-eH2 che affon-
da le radici nella consistenza della categoria stessa del femminile e
nel suo essere come formarsi tra semantica e la creazione di una sua
morfologia; è il caso di forme derivazionali quali i morfemi in *-je/o-
e *-je/oH- con indistinzione vs. distinzione tra basi in -e/o-s e basi in
-e/o-H1, queste seconde con le due opzioni *-Ce/oH2 + -jo- > -CØjo- o
-Ce/oH2 + -jo- > -Ce/oHjo- > -Cajo- 62.
Si aggiunga che queste premesse sono inferibili da frammenti in
parte fossilizzati nella funzionalità onomastica, e qui ulteriormente
dissociati dalla prospettiva, dalle finalità e interessi, non ultimi dalle
competenze dello studioso che ne tratta – in termini brutali con di-
cotomie di visuali dal basso (onomastica) o dall’alto (morfonologia),
entrambe legittime, entrambe parziali, entrambe di difficile giunzio-
ne in sé e nelle premesse delle compartimentazioni disciplinari che,
volenti o nolenti, ci condizionano. Con la coscienza delle difficoltà
mi avventuro in alcuni assaggi e proposte su aspetti marginali e/o
marginalizzati di forme onomastiche e/o di lessico (o da lessico deri-
61
Cenni in Prosdocimi, Filoni indeuropei in Italia, cit., e in altri lavori [ora ri-
presi in 2004 SIES, cit.].
62
A. L. Prosdocimi, Syllabicity as a genus, Sievers’ Law as a species, in Papers
from the 7th International Conference on Historical Linguistics, Amsterdam-Phila-
delphia 1987, p. 483-505, e Latino (e) italico e indeuropeo : appunti sul fonetismo,
parte I in in Messana, 12, 1992 [1994], p. 93-160; parte II in Messana, 18, 1993,
p. 117-184 (entrambi ora in SIES, cit. vol. III). (Cfr. anche Appendice n. 4).
.
104 ALDO PROSDOCIMI
vate), quali atta- : Attius; *tata : Tatius; *appa : Appius e *papa : Pa-
pius; amma : Ammius; mama : Mamius etc. Un tema che qui accen-
no ma che andrebbe approfondito sia sul lato formale che sostanzia-
le sono le coppie tipo atta-tata etc. e loro derivati in -Øio- tipo Attius,
Tatius; la lista si potrebbe allungare anche se non di molto; quello
che si può segnalare è che le coppie, specialmente nella serie gemi-
nata, per lo più sono di occlusive sorde e non di sonore, il che po-
trebbe essere significativo per la cosiddetta ‘teoria glottalica’ o, me-
glio, per la ricostruzione di un consonantismo nel senso di Gam-
krelidze (-Ivanov) e Hopper (1973 ‘New Look’) : non è questa la sede
per approfondire ma per accennare all’apertura morfonologica con
esiti fonologici; parimenti non è la sede per evidenziare un aspetto
morfonologico, cioè di lingua, che appare secondario per l’onoma-
stica – tuttavia vedremo che non lo è per alcune implicazioni ono-
mastiche – ma che non lo è per fasi antichissime del farsi della mor-
fonologia tra maschile e femminile e, di riflesso, per la formazione
stessa del femminile quale categoria morfo-semantica di genus e
non di sexus : è un grosso tema della ricostruzione indeuropea da
sempre ma che negli ultimi tempi è stato incentrato sui dati delle
lingue anatoliche; di converso la questione va posta su tutte le lingue
indeuropee e nella loro ricostruzione interna : nel nostro caso una -ā
< *-eH2 che ha la stessa morfonologia di -os < -o-s presuppone una
equivalenza morfonologica della ‘vocale apofonica’ 63 e/o + s e e/o +
H2, per cui ci si riporterebbe ad una fase ‘preflessionale’ con -e/o-
senza -s e -H2, meglio con -s e -H2 non ancora funzionalizzati catego-
rialmente tra maschile e femminile e, da inserire, la categoria di ‘no-
minativo’ nel senso della grammatica tradizionale. Alle coppie date
sopra si possono aggiungere forme latine e italiche quali amma (Ve
147) : falisco mama (Ve 241); mamius/maamies (Ve 32); Acca
(Ve 215 f) e Acca (Larentia); Caca : Cacius/us; oltre le coppie il tipo
Fabius da faba etc. : questo per quanto concerne la morfonologia
*-eH2 > -ā > ă 64 + -io- > -Øio- (nei termini dati sopra e avanti). Soprat-
tutto vi è la simmetria, meglio specularità, dei tipi atta : tata, amma :
mama etc.; questi sono normalmente liquidati come nomi infantili,
nella terminologia tradizionale ‘Lallwörter’, poi rivisitati in chiave di
apprendimento della lingua da Jakobson (avanti), con ulteriori re-
centi ‘scoperte’ (dell’acqua calda) di alcuni psicologi-linguisti su ‘pa-
pa’ e ‘mama’ : ed altro ancora tra storia, preistoria ‘canonica’ e prei-
storia che affonda nella esecuzione e/o facultas loquendi quale an-
tropizzazione. Quello che interessa nella fenomenologia che
63
Cfr. i lavori citati a nota precedente.
64
Per lat. -ā > -ă v. Prosdocimi, Sull’accento latino e italico (1986), cit.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 105
3.1.1. La forma
Nell’articolo del 1982 di Anna Marinetti (v. nota 65), la ripresa
della questione di Atta/ius/us e Appius tra sabinità e romanità del-
l’uno o dell’altro aveva – come appare anche dal titolo – motivo
prossimo nella revisione, quasi rifondazione, della interpretazione
delle iscrizioni sudpicene dovuta, in primis, alla attribuzione di va-
lore ad alcuni segni che cambiavano la fisionomia di non poche for-
me 67. Nella ripresa del corpus (poi offerto dalla stessa nel 1985 : no-
ta precedente) si evidenziava la frequenza di apaiús (pl.) e apaes
65
A. Marinetti, Atta/us : Appius; lat. atta, sabino *appa e sudpiceno apaio-.
Sabini a Roma e ‘Safini’ nelle iscrizioni sudpicene, in Res Publica Litterarum, V, 1,
1982, p. 169-181.
66
Si riprendono alcune pagine dell’articolo del 1982, con aggiornamenti per
quanto concerne la posizione delle iscrizioni sudpicene : qui sono identificate se-
condo l’edizione Marinetti 1985.
67
A. Marinetti, Il sudpiceno come italico (e sabino?). Note preliminari, in in
St. Etr. XLIX, 1981, p. 113-158; Le iscrizioni sudpicene. I. Testi, Firenze, 1985.
.
106 ALDO PROSDOCIMI
68
Il riferimento è alla menzione di Poplio- Valesio- nell’iscrizione da Satri-
cum, pubblicata in Lapis Satricanus. Archaeological, epigraphical, linguistic and
historical aspects of the new inscription from Satricum, Archeologische Studiën
van het Nederlands Instituut te Rome, Scripta Minora V, ‘s-Gravenhage 1980,
p. 71-94; cfr. A. L. Prosdocimi, Sull’iscrizione di Satricum, in Giorn. It. Filol., XV
[XXXVI] 2, 1984, p. 183-230; Satricum. I sodales del Publicola steterai a Mater
(Matuta?), in La parola del passato, XLIX, 1994, p. 365-377.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 107
69
Cfr. Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit.
70
Mantengo qui le note dell’articolo originale, segnalandole con inserimento
tra parentesi quadra.
71
[Cioè con radici storiche come Charles-Carlo, Guillaume-Wilhelm etc. Sul-
la trasposizione onomastica v. E. Coseriu, Falsche und richtige Fragestellungen in
der Übersetzungstheorie, in L. Grähle – G. Korlén – B. Malmberg (a cura di), Theo-
ry and practice of translation, Nobel Symposium 39 (Stockholm 1976), (Bern-
Frankfurt a. M. : Las Vegas 1978), 17-32; ma è da approfondire la realizzazione
storica e istituzionale in particolare per ciò che concerne la ‘traduzione’ grazie al-
la trasparenza].
.
108 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 109
Appius Atta
↓ ↑
base lessicale −−➝ base lessicale
sabina latina
72
[E. Benveniste, Le vocabulaire des institutions indo-européennes 1 (Parigi,
1969), 209-215].
73
[L. Zgusta, Kleinasiatische Personennamen, (Praga, 1964), p. 70 sg.;
W. Fauth, «Adamma Kubaba», Glotta 45 (1967), 129-148, spec. p. 141-144].
74
[Una possibile conferma, anche se da prendere con qualche cautela per l’e-
straneità all’ambito indoeuropeo (pure se non è da escludere la possibilità di un
‘prestito’ dall’italico circostante), è data dall’etrusco apa (e varianti), per cui il si-
gnificato ‘padre’ è altamente probabile (v. anche nota 42) : apa TLE 318 436 634
883 928, apas CIE 4115 etc.].
75
[Le righe seguenti dedicate ad atta quale termine della parentela mirano a
rivendicarne l’importanza, almeno per una certa fase del latino che ha corrispon-
denza di spazio semantico istituzionale dell’italico : il tema, qui brevemente e
sbrigativamente accennato, sarà da sviluppare nel quadro istituzionale (fino a
quota indeuropeo)].
.
110 ALDO PROSDOCIMI
76
[Ittita attaš, antico slavo otı̆cı̌(< *at(t)ikos), gotico atta (fadar è qui hapax :
Galati 4. 6). Per la possibilità di funzionalizzazione di questi nomi ricordiamo ad
esempio che nel gotico atta tende ad assumere il significato di ‘padre della fratria’
piuttosto che ‘padre della famiglia (in senso ristretto)’ con l’evoluzione delle strut-
ture della famiglia stessa (J. Trumper, Filologia germanica [Padova, 1976],
p. 101)].
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 111
77
[Da *atta e *ap(p)a derivano forme onomastiche in diversi ambiti; oltre
che nell’Asia Minore, nel gotico, in cui da atta è derivato il nome del re degli Unni
Attila : v. S. Feist, Etymologisches Wörterbuch der Gotischen Sprachen (Halle,
1923), s. v. atta. Per l’etrusco apa l’attribuzione è oscillante. Secondo A. J. Pfiffig
(Etruskisch apa ‘Vater’ und Name, in BzNF, n.s. 6, 1971, 35-39) ricorrerebbero en-
trambe le possibilità : nella maggioranza dei casi si tratterebbe di un nome pro-
prio, in altri di ‘padre’; quest’ultimo pare fuor di dubbio nella sequenza apac atic
’padre e madre.’ Per la questione v. spec. M. Pallottino, «Il culto degli antenati in
Etruria e una probabile equivalenza lessicale etrusco-latina; Studi Etruschi 26
(1958) 49-83].
78
[Le iscrizioni sudpicene (o protosabelliche, o medio-adriatiche) sono state
negli ultimi anni rivalutate all’interno del corpus italico; l’edizione offerta da
A. Morandi (Le iscrizioni medio-adriatiche [Firenze, 1974]) ha avuto il merito di
riproporre questo settore di studi, ma si è dimostrata carente sotto diversi aspet-
ti. Una nuova edizione, con rilettura e commento delle iscrizioni, ha costituito la
mia tesi di laurea (A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene [Univ. di Padova, a. a.
1978-79] ora in corso di rielaborazione per la stampa); una anticipazione di temi
generali, con trattazioni esemplificative di singoli punti in A. Marinetti, Il sud-
piceno come italico (e sabino?). Note preliminari, in Studi Etruschi, 49, 1981, 113-
158; per ragioni contingenti le iscrizioni sono citate in testo secondo la numera-
zione di Morandi, anche se talvolta le letture differiscono radicalmente].
79
[Si tratta di tre stele monumentali, rinvenute da A. La Regina a Penna
S. Andrea (Teramo) nel 1973; queste iscrizioni, di imminente pubblicazione a cu-
ra dello stesso La Regina (che ringrazio per avermi permesso di utilizzare i mate-
riali ancora inediti), riportano l’etnico safino- ‘sabino’, confermando così a pieno
titolo le fonti antiche che indicano i Piceni discendenti dai Sabini, e rivestono
quindi la massima importanza per l’inquadramento etnico, a quota VI-V secolo,
di queste zone dell’Italia antica. Anticipazioni sui contenuti di queste iscrizioni
sono offerte da A. La Regina, Centri fortificati preromani nei territori sabellici del-
l’Italia centrale adriatica, in Posebna Izdanja, 1975, p. 271-282 e A. L. Prosdocimi,
Le iscrizioni italiche, in Le iscrizioni pre-latine in Italia, Atti dei Convegni Lincei 39,
Roma, 1979, 119-204. A proposito dell’onomastica, un problema che qui non vie-
ne toccato, ma che contiamo di approfondire in futuro, è costituito da quanto il
sudpiceno può apportare (anche in negativo) per la formula onomastica sabina
canonica, cioè binomia, che E. Peruzzi fa risalire ai Sabini dell’VIII secolo (Origi-
ni di Roma I, cit.)].
.
112 ALDO PROSDOCIMI
80
[Una sicura cronologia è possibile solo per le iscrizioni da Penna S. An-
drea, rinvenute in contesto archeologico, che A. La Regina pone al V secolo; per
il resto del corpus si deve comunque supporre una datazione approssimativa-
mente alla stessa epoca e, per alcune iscrizioni, anche più antica, specialmente in
base a fatti grafici (esempi sporadici di conservazione fino al IV secolo compaio-
no in iscrizioni su elmi; presentano comunque peculiarità tali da costituire un
problema a parte). Per ragioni di metodo, è necessaria una precisazione : l’etnico
safino- compare esclusivamente nelle iscrizioni da Penna S. Andrea; non sarebbe
quindi, a rigore, applicabile anche ai produttori delle altre iscrizioni, nel senso
che solo per Penna S. Andrea si può parlare con certezza di ‘Sabini :’ ma i carat-
teri interni delle iscrizioni (lingua, grafia, etc. ) e molte caratteristiche culturali e
sociali si ritrovano perfettamente uguali anche nel resto del mondo sudpiceno,
che si deve considerare quindi globalmente omogeneo].
81
[Non interessa qui discutere la forma di base, ma -aio- da una base -a pare
la corretta morfologia, anche per il latino secondo la morfologia (ereditaria) per
cui -io- si sostituisce a -o-, ma si aggiunge ad -a-].
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 113
82
[A. La Regina ha avanzato oralmente (da ultimo in un seminario interdi-
sciplinare sulle Tavole Iguvine, Gubbio 2-3 maggio 1980) l’ipotesi che púpún- cor-
risponda al tipo piceno- (possibile, anche se la spiegazione fonetica non è del tut-
to lineare : v. A. L. Prosdocimi, Le iscrizioni italiche, cit., p. 141); secondo La Re-
gina avremmo quindi due forme, Piceni/Sabini, con diversa distribuzione areale,
ad indicare lo stesso ethnos].
83
[Le altre iscrizioni presentano difficoltà di lettura : Mor. 4 è in buona par-
te illeggibile e in Mor. 16 pare di dover leggere apais pomp[]púnes. É importante
comunque, come si vedrà, rilevare la presenza dell’attributo nír ‘princeps’ in que-
ste formule : oltre che nell’iscr. Mor. 1, cit. in testo, compare anche in Mor. 4 rife-
rito ad apúnis. In Mor. 8 è riferito sempre ad un púpún- : in questo caso però la
formula onomastica non è *apaio- bensì petroh : petroh púpún[is/um (...) ní] r; in
una delle iscrizioni da Penna S. Andrea compare il sintagma safinúm nerf’i prin-
cipi dei Sabini’].
84
[‘Prenome’ è tra virgolette in quanto ha uno status particolare non identifi-
cabile con un autentico praenomen; ciò, come si vedrà, vale anche per Appius e
Atta/-o-].
85
[E. Peruzzi, Onomastica e società nella Roma delle origini, parte prima, in
Maia 21 (1969), 126-158, p. 140].
86
[Auct. de praenom. § 1. Su Ferter Resius v. E. Peruzzi, «Ferter Resius»,
Maia 18 (1966), 277-278 e C. Ampolo, Fertor Resius Rex Aequicolus, Par. Pass 27
(1972), 409- 412; in particolare Ampolo mette in luce, oltre al confronto di Ferter/
Fertor con l’umbro ařfertur, termine che designa l’officiante nelle cerimonie, il
possibile legame di Resius con una voce sicula indicante il re con funzioni augu-
rali; questo sulla base di un frammento di Epicarmo : rhso¥v . aßrxo¥v o©v aıßre¥sei taù
uey¥mata su cui S. Mazzarino, Dalla monarchia allo stato repubblicano, (Catania,
.
114 ALDO PROSDOCIMI
1946), p. 27 sg. Ampolo così conclude : «Pur non potendo affermare nulla di sicu-
ro, ci si chiede se il nome di questo re degli Equi sia in realtà una titolatura, inter-
pretata poi come nome proprio» (p. 412). Lascio da parte la (buona) possibilità
che umbro reh. nuvkri di un elmo di Bologna (Studi Etruschi 44 (1976), 267) sia
una menzione tipologicamente prossima secondo la proposta di J. Heurgon
(REL, 1972, p. 99-102) di riconoscere un *rehtur ‘rector’ dei Nocerini (evidente-
mente di *Nuvkria umbra)].
87
[Pare legittimo domandarsi – e si riprenderà questo tema – se il tipo di fi-
gure quali Claudio ed Erdonio rispetto alla massa di persone cui sono a capo e se
l’incerta qualificazione (dal punto di vista romano) della posizione di Erdonio e
della gente al suo seguito (su ciò cfr. Noé cit. ) non corrispondano a una struttura
istituzionale per cui nelle iscrizioni sudpicene uno è detto púpúnum/is nír ‘princi-
pe dei...’ (come detto in un inedito da Penna S. Andrea si ha safinúm nerf ‘princi-
pi dei Sabini’)].
88
[Per la definizione della koiné italica, sia dal versante storico che da quello
linguistico, v. S. Mazzarino, Dalla monarchia allo stato repubblicano (Messina,
1946); G. Devoto, Storia della lingua di Roma, (Bologna, 1940). La tematica è stata
ripresa di recente, anche alla luce di nuovi dati : v. A. L. Prosdocimi, Le iscrizioni
italiche, cit., p. 183-186 e Le lingue italiche, in Lingue e dialetti dell’Italia antica,
(A. L. Prosdocimi ed. ), (Roma, 1978), p. 543-558].
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 115
Per quale motivo le fonti mostrano una attribuzione ‘sabino Atta - latino
Appius’ che, se la nostra ipotesi è corretta, va invertita? Come detto sopra,
non si può escludere a priori che il sabino avesse conosciuto anche atta in
fase diversa da quella di appa; in questo caso si giustificherebbe l’attribuzio-
ne delle fonti : ma appare ipotesi ad hoc e non è comunque probabile. In ca-
so contrario la spiegazione va ricercata all’interno di Roma stessa; possiamo
avanzare un’ipotesi : la continuità del prenome Appius nella gens dei Claudii
(v. sopra) e il ruolo fondamentale giocato dalla gens stessa nelle vicende di
Roma possono aver determinato la completa assimilazione di Appius nel si-
stema onomastico latino; da ciò, in fonti relativamente tarde, il rigetto del-
l’alternativo Atta, non altrimenti utilizzato nell’onomastica, sentito ormai
‘meno latino’ di Appius e allora attribuito, in dipendenza dall’origine stranie-
ra dei Claudii, al sabino. Non è escluso che in ciò abbia giocato anche la po-
co comune morfologia in -a del nome, per cui Roma aveva un parallelo in un
ben noto nome sabino, Numa.
Riassumendo i termini della questione, Appius si qualifica come auten-
ticamente sabino, già sulla base dei soli dati che ci vengono dalla tradizione
romana. Il sudpiceno conferma e rafforza l’ipotesi di attribuzione linguistica
al sabino, e testimonia una parallela applicazione dello stesso modulo pa-
raonomastico (o nome ‘parlante’ o appellativo) nelle forme * apaio-. Appius
viene accolto nel latino, inteso nel suo valore appellativo e reso con una for-
ma di traduzione ricavata dalle possibilità del lessico latino, cioè Atta.
89
[Ogilvie, A Commentary, cit., p. 274].
.
116 ALDO PROSDOCIMI
90
[Il numero di 5000 è tramandato da Servio, Appiano e Plutarco; altri si li-
mitano a rilevare il gran numero : «magna clientium manu» secondo Livio e Sve-
tonio. Per Erdonio si tratterebbe di 4000 (Dionigi) o di 2500 (Livio : secondo
Ogilvie, A Commentary, cit., p. 424, questo numero è forse da correggere in 450;
v. Noé, Il tentativo di Appio Erdonio, cit., p. 648).
91
[Sulla composizione del seguito di Erdonio v. le discussioni in Capozza,
Movimenti servili, cit., p. 62-63 e Noé, Il tentativo di Appio Erdonio, cit., p. 645-
648].
92
[Entità sociali di questo tipo non sono comunque del tutto sconosciute a
Roma; basti pensare all’episodio che vede protagonista la gens Fabia, ai cui oltre
trecento membri si debbono aggiungere gli schiavi e i clienti : «Fabii ... trecenti
sex fuerunt de una familia. Qui cum coniuratu cum servis et clientibus suis contra
Veientes dimicarent...» (Servio, ad Aen., 6. 845)].
93
[W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, (Gottinga, 1904)
p. 197; v. anche Navius in PW16 (1935), cc. 1933-1936 (W. Kroll)].
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 117
gli auspicia 94 come tutti i sovrani etruschi), non si accorda infatti con la sua
presunta origine. Nel contrasto con Tarquinio, Atto Navio si pone quale «as-
sertore della tradizione augurale romana,» nel senso che «nel momento del-
l’influenza della divinazione straniera sentiva il bisogno di salvare i principi
fondamentali del diritto augurale» 95.
Da ciò si verrebbe a delineare una figura pienamente inserita nella tra-
dizione romana; il nome Attus è dunque coerente con la ‘romanità’ del per-
sonaggio e adeguato, nel suo probabile valore appellativo, alla posizione e
all’importanza dello stesso 96.
Meno evidente è l’interpretazione di Navius : il nome Navius non ha ri-
scontri nell’onomastica romana, con l’unica eccezione di un Quintus Navius,
autore di una riforma tattica nel 221 a.C.; accanto alla forma Navius un’altra
tradizione menziona però questo personaggio come Naevius 97. In ogni caso la
forma Navius appare isolata a Roma; come forma onomastica in senso stret-
to, dopo il rifiuto dell’interpretazione etrusca, appare priva di spiegazione e
attribuzione ad un ambito noto; il negativo di questa conclusione non avreb-
be comunque peso nell’inquadramento del personaggio in ambito romano.
In mancanza di meglio, avanziamo la possibilità che anche Navius si
possa intendere come nome ‘parlante’ o comunque si possa vedervi la pre-
gnanza del significato; questo non per voler dilatare più del necessario la ca-
tegoria, ma perché le possibilità sembrano notevoli, concorrendo condizioni
favorevoli per riconoscervi un nome di questo tipo : la fase arcaica in cui si
svolgono i fatti e la sfera sacrale in cui agisce Atto Navio (per un parallelo v.
Ferter Resius, nota 51); inoltre, se Attus è qui appellativo, la necessità di spe-
cificarlo non con il nome di una gens o simili (come è il caso dei sabini Ap-
pii, entrambi in funzione di guida politica e militare), ma con l’ambito in cui
il personaggio opera o con la funzione che riveste.
Per il valore di Navius azzardiamo un’ipotesi (che non vuol essere in al-
cun modo un’etimologia, del tutto prematura), richiamando il greco na¥ov,
*naPov¥ ‘tempio’; un possibile parallelo è nel miceneo (ka-ko) na-wi-jo, una
cui interpretazione può essere ‘(aes) templare’ 98. Se così si dovesse intendere
anche navius, per il nome di un personaggio la cui attività si svolge nel cam-
po religioso, un’interpretazione di questo tipo (‘addetto, nella sfera del na¥ov)
non apparirebbe del tutto fuor di luogo.
94
[È appunto l’assenza di tale aspetto che spiega il potere esercitato su Tar-
quinio da Atto Navio. Infatti con la monarchia etrusca viene a scindersi il potere
regale da quello augurale, in quanto l’augurium resta di competenza del collegio
degli auguri. Sulla questione v. P. Catalano, Contributi allo studio del diritto augu-
rale 1 (Torino, 1960), p. 567 sg.].
95
[Catalano, Contributi, cit., p. 572].
96
[In questo caso è evidente che l’eventuale valore di appellativo di Attus
avrebbe connotazioni diverse dal tipo Appius/Atta riferito a Claudio, in cui entra
anche l’aspetto politico-militare; ma, come si è detto, nomi di questo tipo posso-
no venir funzionalizzati diversamente a seconda delle circostanze].
97
[V. anche Navius (2) In PW cit.].
98
[G. Pugliese Carratelli, Documenta Mycenaea (Milano-Varese, 1964),
nr. 459 e p. 160. Sulla penetrazione di miceneismi nel Lazio v. i molti lavori di
E. Peruzzi; da ultimi : Aspetti culturali del Lazio primitivo (Firenze, 1978), e Myce-
naeans in Early Latium (Roma, 1980)].
.
118 ALDO PROSDOCIMI
Sabino Romano
*Appa −| ➝ Atta −➝ Attius/Attus ‘traduzione’
| |
(Appaio?) −−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−−➝ Appius ‘morfologizzazione’
99
Ho trattato, in parte, di questi temi : A. L. Prosdocimi, Populus Quiritium
Quirites. I, «Eutopia» 1995-IV,1 (= Atti del Convegno «Nomen Latinum. Latini e
Romani prima di Annibale», Roma 24-26 ottobre 1995), p. 15-71 (ora 2008 v. ‘Ro-
ma 2007/8’; cfr. qui, alla fine, Appendice n. 1).
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 119
100
Cfr. sopra in testo, e Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio,
cit.
101
Una forma titiúí compare nell’iscrizione sul ‘bracciale’ conservato a Chie-
ti, in un contesto non immediatamente perspicuo, ma che comunque inquadra
l’iscrizione come dedica; cfr. Marinetti, Iscrizioni sudpicene, cit., p. 233 e, con
una revisione di lettura e interpretazione, A. Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, in
Piceni popolo d’Europa, Roma 1999, p. 134-139, spec. 138.
102
Marinetti, Le iscrizioni sudpicene, cit., p. 117-130.
103
Cfr. gli indizi di un culto degli antenati nell’iscrizione sudpicena Marinetti
AP 2, con dedica ‘alla madre (e) al padre’.
.
120 ALDO PROSDOCIMI
104
Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit.
105
C. Lévi-Strauss, La penséè sauvage, 1962.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 121
106
Cfr. P. Solinas, Sulla terminologia della parentela nell’indeuropeo. Le radici
ottocentesche della questione. Parte I, in Atti dell’Istituto Veneto di SS.LL.AA.,
CLVI, 1997-98, p. 783-866.
.
122 ALDO PROSDOCIMI
russ-ksl.teta usw. ‘Tante’, aksl. tet6–ka ds.; nhd. Tate, ostfries. tatte ‘Va-
ter’; norw. taate ‘Lutschbeutel’, isl. táta ds., norw.schwed. tātte
‘Frauenbrust, Zitze’.
Daneben germ. Formen mit i und u : ags. titt ‘Brustwarze, Kuhzitze’,
mhd. zitze ‘Zitze’, schwed. titta ‘Tante, alte unveirhatete Frau’; mdh.
zutzel ‘Sauglappen’, schwed. tytta ‘alte Frau, Muhme’, ahd. tutta, tuta
‘Brustwarze’ u.dgl.; ähnlich gr. tytuo¥v, -on ‘klein, noch ganz jung’, ty-
tuo¥n ‘ein bisschen’, inschr. auch ‘bre¥fov, paidı¥on’; tynno¥v ‘klein gering’;
eine auch ausserhalb der idg. Sprachen verbreitete Lallwortgruppe.
WP.I 704, WH.II 650, Trautmann 320, Vasmer 3, 81.
La lemmatizzazione dell’IEW che associa tata a teta è dovuta al
preconcetto di ‘Lallwort’ per questa classe di forme; per questo, a
causa della forma, tutto pare permesso, anche se la distribuzione se-
mantica è ben precisa : tata è per lo più (se non esclusivamente) ‘pa-
dre’ e teta per lo più non lo è. Si tratta di specificare quale tipo di ‘pa-
ternità’ : l’esplicito o l’implicito porta ad una ‘paternità’ di tipo ‘fami-
liare e/o infantile’ ma, credo, ci sia anche un’altra paternità,
istituzionale anche se marginalizzata (specificherò e inquadrerò più
avanti il senso di ‘marginalizzazione’). Nella voce del IEW sono rias-
sunte, ma non specificate, le valenze semiche di tata, ma una parte
di questo può essere, o è, causato dalla genesi formale, ma non im-
plica la semicità e, specificamente la funzionalità nella terminologia
della parentela o, come preferirei, nella terminologia delle relazioni
sociali107 ; da questo punto di vita, che è il solo pertinente per l’uso
del termine, è certamente ‘istituzionale’ nel senso che lo è il tipo lat.
pater, gr. path¥r, sscr. pitā etc.; è però da ribadire che i termini di ti-
po tata sono comunque istituzionali perché rientrano in un sistema
di lingua che significa una struttura sociale, quindi istituzionale; ne
consegue che sarà da individuarne posizione e funzione nel sistema,
e non sarà da escluderle dal sistema perché non appartengono a un
nucleo sottosistemico quale, dal punto formale, la terminologia -ter
o, dal punto contenutistico, la terminologia della parentela ‘centrale’
(sopra ad nota 106). Al proposito va ancora una volta sottolineato il
grosso equivoco, vero ‘peccato originale’, del modo in cui è stata
considerata la terminologia del tipo tata liquidata all’insegna della
genesi della forma di Lallform o di nursery rime, etc. e non della fun-
zionalità semantica nel sistema della/e lingua/e, e ciò anche con ri-
flessi nella parentela genetica di tali forme : se è un a priori che un
tata dell’antico indiano non può di per sé essere esposto qui all’inse-
gna di parentela genetica con un lat. tata o con un celtico *tata, una
volta dimostrata prima la parentela genetica tra dette lingue e che,
entro tale parentela, vi sia una isomorfia di funzionalità nel signifi-
care – in ciò, differenziata tra ‘voce elementare’ e ‘lessico istituziona-
107
Cfr. Solinas, cit. a nota precedente.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 123
.
124 ALDO PROSDOCIMI
108
Cfr. sopra in testo e Prosdocimi, PQQ I e PQQ II citt.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 125
109
Ma vedi Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit.
.
126 ALDO PROSDOCIMI
110
Su ciò Prosdocimi, Tavole Iguvine II § 4, e III § ‘Tassonomie’, in stampa;
cfr. (anche se sorpassato da TI cit.) A. L. Prosdocimi, Catone (a. c. 134, 139-141) e
le Tavole Iguvine. ‘Archetipo’ produzione e diacronia di testi nei rituali dell’Italia an-
tica, in Testi e monumenti. Studi storico-linguistici in onore di Francesco Ribezzo,
Mesagne, 1978, p. 129-203.
111
Prosdocimi, PQQ I e PQQ II citt.
112
E. Peruzzi, Indeuropei ad Harappa, in La Parola del Passato, LVII, 2002,
p. 401-466. Per difficoltà grafiche si omettono le riproduzioni di segni ‘decifrandi’
e vi si rimanda all’originale (in Peruzzi 2002) con le convenzioni [orig.] : per i no-
stri fini – non per la decifrazione! – il discorso resta sufficientemente intelligibile.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 127
Ǥ 4.3. Tornando al segno ---, il fatto che esso, in quanto suffisso per gli
ordinali, abbia valore fonetico (§ 11) porta a non condividere l’identificazio-
ne sostenuta da Parpola, che invece presuppone per --- un valore ideografi-
co : ‘le sequenze [v. originali p. 451 Peruzzi] formano tutta l’iscrizione di due
bastoncini d’avorio (2795 e 2803) ma un terzo bastoncino d’avorio (2792) re-
ca l’iscrizione - -- ----’.
I due gruppi [v. originali p. 451 Peruzzi], proprio perché sono due scrit-
ture diverse, corrisponderanno a due distinte espressioni (cf. § 41), e a mag-
gior motivo se si tratti di nomi propri (un individuo non scrive il suo nome
in due modi completamente diversi nel medesimo ambiente e su oggetti
identici).
113
Malgrado libri e/o lavori sulle decifrazioni resta, a mio avviso, da fare un
lavoro generale sulla decifrazione in sé e poi articolata nelle varie decifrazioni.
.
128 ALDO PROSDOCIMI
§ 46. Come suffisso degli ordinali, [v. originali p. 453 Peruzzi] ha valore
fonetico (§ 11). Nel gruppo [v. originali p. 453 Peruzzi], esclusa una grafia
rebus, la quadruplicazione implica che il segno rappresenti una sillaba
(§ 39), ed è evidente che questa non può consistere soltanto in una vocale.
Qui giunti, è appena necessario avvertire che, procedendo oltre questa
ovvia constatazione, il ragionamento non potrà essere che probabilistico.
Poiché si riferisce ad un uomo (§ 44), [v. originali p. 453 Peruzzi] è una
parola o un nome proprio (eventualmente un ‘nome parlante’, ossia un voca-
bolo con funzione onomastica), non una pura onomatopea. Perciò la sillaba
rappresentata da [----] non avrà la struttura cons. + cons. + voc. (cioè per es.
[v. originali p. 454 Peruzzi] tra-tra-tra-tra) né cons. + voc. + cons. (per es. tar-
tar-tar-tar); del resto, avendosi la quadruplicazione della medesima sillaba, ne
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 129
§ 48. Come avvertito fin dall’inizio (§ 6), in questo studio sulle epigrafi
della Valle dell’Indo ci si è valsi finora di forme indiane solo per chiarire il
ragionamento con esempi attestati in una lingua antica della medesima area
geografica, dove per altro si sono già ravvisati elementi di continuità cultu-
rale dall’età protoindiana fino ai giorni nostri.
Ora, sta di fatto che l’indiano ha una formazione con t (e nessuna con p)
che presenta tutti i caratteri indicati ai §§ 45-46 : tata-tata ‘padre dei padri’,
duplicazione di tata (familiare rispetto a pitr, cf. ved. tatā-maha letteralmen-
te ‘grand-papa, grand-dad’ = pitā-maha lett. ˙‘grand-père, grandfather’), e tata
è ‘forma lessicale specificamente vedica che ha trovato posto anche nelle for-
mule cultuali di preghiera’ e ‘ricorre già all’inizio di tutta la tradizione come
un vero e proprio appellativo’. Il ved. tata è irrilevante perché essendo una
nursery form (§ 47) non è in alcun rapporto con identiche parole di altri idio-
mi che hanno la stessa origine, come per es. gr. ta¥ta e lat. tata, e quindi
eventualmente nemmeno con un’analoga voce protoindiana (e trattandosi di
nursery forms, un protoind. tata non offrirebbe alcun indizio circa il vocali-
.
130 ALDO PROSDOCIMI
smo della lingua e la sua parentela), Non è invece privo di interesse, e non
soltanto a fini di pura esemplificazione, il raddoppiamento di tata nell’ind.
tata-tata, dato che il protoindiano presenta nel gruppo [v. originali p. 456
Peruzzi] che si riferisce ad un uomo (§ 44) la medesima quadruplicazione,
cioè ottenuta ripetendo una parola costituita da due sillabe identiche, e che,
appunto riferendosi ad un uomo, è probabilmente un termine parentale
(§ 45). In quanto nursery form, indipendentemente da qualsiasi rapporto ge-
netico, tale voce protoindiana potrebbe coincidere per origine, significante e
significato con quella indiana.
In qualunque modo si voglia giudicare tale accostamento, va sottolinea-
to che esso non si fonda indebitamente a fini ermeneutici, come è d’uso, su
presunti rapporti con altri idiomi, in questo caso con l’indiano antico. Alla
sua base vi è un dato intrinseco alla lingua : la cosiddetta ‘legge di Jakobson’
(§ 45) enuncia un fatto che si osserva nella maggior parte degli idiomi e
quindi è statisticamente probabile che si verificasse anche in quello della
Valle dell’Indo, così come si constata in innumerevoli sistemi linguistici di
ogni tempo e luogo; anzi, a rigore, la ‘legge di Jakobson’ si manifesta sempre,
se pur con diversa valenza : cioè per es. il tipo tata, di solito termine parenta-
le, compare come voce infantile tanto nelle lingue antiche quanto nelle mo-
derne, ma come nome del padre non in tutte è uscito dall’ambiente della
nursery e si è imposto nell’uso corrente (talvolta anche di registro elevato, ad
es. ittita gerogl. tata e romeno tată. Ne consegue che la nostra valutazione
del gruppo [v. originali p. 456 Peruzzi] resta statisticamente verosimile an-
che a prescindere da qualsiasi riferimento all’indiano antico».
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 131
114
Se Peruzzi ha ragione di riconoscere in tatatata il ‘padre dei padri’; se vi si
può applicare che questa è una paternità di tipo carismatico per cui un ‘padre’ è
assimilabile alla posizione di un (piccolo) ‘rex’ – allora si pone la questione se il
modello non sia il tipo LU.GAL.GAL del sumerico (poi sumerogramma in accadi-
co) ‘re dei re’, meglio ‘principe dei principi’. Non sta qui, né a me, proseguire sulle
implicazioni di un eventuale rapporto tra la grafia protoindiana e quella sumeri-
ca.
115
E. Peruzzi, Ferter Resius, in «Maia» 18, 1966, p. 227-278.
.
132 ALDO PROSDOCIMI
116
Cfr. Solinas, Sul lessico indeuropeo della parentela, cit. a nota 106.
117
La voce ařfertur/arsfertur < *ad-bhertōr- nelle Tavole Iguvine è una testimo-
nianza incontestabile (v. ora Untermann, WOU cit. s. v., con alcune riserve sul
modo di proporre il termine tra latino, italico e precedenti ‘indeuropei’ : su ciò
Prosdocimi, Tavole Iguvine II in stampa, cit., § 10). Si aggiunga che l’idronimo
Fortóre è così definito nel Dizionario di Toponomastica (UTET, Torino 1990,
p. 282 s. v.) : «È l’antico Fertor nominato da Plinio Nat. Hist. III 103, di origine
prelatina ed affine all’etnico Frentani (...). L’idronimo è omofono di un altro no-
me di fiume della Liguria anch’esso menzionato da Plinio, Nat. Hist. III, 5 (que-
sto forse di origine latina; v. Petracco Sicardi-Caprini 1981, 50)». A parte l’assen-
za di accento e di indicazione del colorito vocalico per il Fortore meridionale se-
condo -o- (-tor-) che indica una originaria [ō] o una [ŭ] breve ad orecchio latino
se si tratta di una u italica; a parte l’accostamento con i Frentani che non possono
avere niente a che fare con Fertor come morfologia; a parte l’affermazione che
Fertor in Liguria è «forse» latino (anche perché un *bh- non latino sarebbe stato
probabilisticamente rappresentato da b-); a parte di domandarsi se Fertor del
Fortóre da (accus.) *Fertōre(m) sia un latinismo o la trasposizione in latino di un
italico *fertur- – a parte tutto ciò, si conferma che, italico trasposto in latino o la-
tino e basta (a mio avviso improbabile), -o- è di quantità lunga e non apofonica
come è invece il morfema -ter –.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 133
118
Prosdocimi, Tavole Iguvine III, in stampa.
119
Cfr. i miei lavori citati a nota 68.
120
Tratto di questo aspetto a proposito del Marce Camitlnas della Tomba
François di Vulci, in un lavoro tuttora inedito (cfr. nota 134).
121
Prosdocimi, Sull’iscrizione di Satricum, cit.
.
134 ALDO PROSDOCIMI
122
Prosdocimi, Tavole Iguvine III, in stampa. Nelle TI non c’è il termine ve-
reia, che è dell’italico meridionale, ma c’è poplo che, almeno nelle radici, ne è il
corrispondente, qualcosa come ‘gioventù di leva’ (= in armi). Sui giovani di leva
in epoca arcaica v. Torelli, Lavinium, Roma, 1984, passim.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 135
123
Peruzzi, Onomastica e società e Origini di Roma I, citt., passim.
124
Astrattamente anche + -ŏ- ancora in funzione di derivazione da basi nomi-
nali, ancora vitale nell’antico indiano e con tracce a Roma : cfr. la proposta di ri-
conoscere una derivazione in -o- in mamartei dell’iscrizione di Satricum = ‘ma-
martioi’ da parte di E. Campanile, ripresa da A. L. Prosdocimi, Satricum. I soda-
les del Publicola steterai a Mater (Matuta?), in La parola del passato, XLIX, 1994,
p. 365-377
.
136 ALDO PROSDOCIMI
hosticapas e hostis127
hosticapas è glossato da Paolo (91 L) ‘hostium captor’. Morfologica-
125
V. sopra § 2.2.1 a proposito di Schulze 1904 che, dando la priorità ad Ho-
stus, inverte i termini della questione ed elimina, come scomoda, la lunga di Ho-
stı̄lius perché, secondo la sua regola (peraltro corretta) un -ı̄lius non può derivare
da Hostus e, infatti, non ne deriva, perché deriva da Hostius; analoga oscillazione
in prenomi quali Attus/Attius (v. anche sopra § 3, Marinetti 1982 cit.) e Mettus/
Mettius (Fufetius).
126
Prosdocimi, PQQ I e PQQ II citt.; da quest’ultimo riprendo qui le p. 286-
288. Il tema Quirites, Quirinum, curia < *co-uirı̄tes, *co-uirı̄no-, *co-uiria è stato
ripreso per morfonologia in altri lavori tra cui Etnici e strutture sociali nella Sabi-
na : Cures, in Identità e civiltà dei Sabini, Atti del XVIII Convegno di Studi Etru-
schi e Italici (Rieti-Magliano Sabina, 30 maggio-3 giugno 1993), Firenze, 1996,
p. 227-255. L’aspetto storico-istituzionale sarà completato in un lavoro d’insieme
attualmente in manoscritto; in PQQ II, come detto in testo, era ripreso per parici-
das della nota lex Numae da me inserita nel contesto della Roma dei Quirites <
*co-uirı̄tes.
127
La sproporzione fra l’attenzione volta a paricidas e, in misura minore, a
damnas, ha relegato hosticapas ‘hostium captor’ a semplice notazione aggiuntiva
con l’effetto di non considerare la serie come omogenea e attribuibile a un deter-
minato ambiente giuridico in quanto la serie va posta tra i nomi maschili in -a ti-
po popa, Proca (e Procas), Numa. Per il valore giuridico di hostis cfr. Varrone, l. l.
V 33 «Ut nostri augures publici disserunt, agrorum sunt genera quinque : Roma-
nus, Gabinus, peregrinus, hosticus, incertus. Romanus dictus unde Roma ab
Rom<ul>o; Gabinus ab oppido Gabi<i>s; peregrinus ager pacatus, qui extra Roma-
num et Gabinum, quod uno modo in his serv<a>ntur auspicia; dictus peregrinus a
pergendo, id est a progrediendo : eo enim ex agro Romano primum progredieban-
tur : quocirca Gabinus quoque peregrinus, sed quod auspicia habet singularia, ab
reliquo discretus; hosticus dictus ab hostibus; incertus is, qui de his quattuor qui
sit ignoratur».
Questo passo di Varrone sembra smentire l’assimilazione dello hostis al pe-
regrinus; non è così o, meglio, è la riprova che il valore attuale di hostis ‘nemico’
rendeva disagevole una spiegazione : la riprova è nel modo di spiegare le partico-
larità dell’ager Gabinus che è peregrinus ma ha una sua specificità rimasta nel di-
ritto augurale ma che Varrone constata e non spiega. La specificità dell’ager Gabi-
nus costituisce un punto fondamentale per i rapporti Gabii – Roma (tematica Pe-
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 137
Gli ambiti indeuropei ivi dati sono ora da ampliare, tramite l’onomasti-
ca, al venetico (nel composto Hostihavos di un ciottolone patavino : cfr.
G. B. Pellegrini-A. L. Prosdocimi, La lingua venetica, Padova-Firenze 1967,
voI I ad Pa 7 e vol. II s.v.) e a una sezione del gallico, il leponzio (Uvamoko-
ruzzi) e di ciò tratto in altra sede; qui è pertinente il fatto che peregrinus copre
varie realtà come ‘generico’ : da una parte l’ager Gabinus, detto esplicitamente,
dall’altra l’ager hosticus non detto esplicitamente ma implicito in quanto si dice
altrove sul valore di hostis come ‘straniero’ e ‘peregrinus’. Su hostis v. A. L. Pro-
sdocimi Etnici e ‘nome’ nelle Tavole Iguvine, in Gli Umbri del Tevere, Annali della
fondazione per il Museo «Claudio Faina» VIII, Orvieto 2001, p. 31-77 ora ripreso
in TI II cap. 7. Per il frammento augurale TI III cap. ‘Auspicio’ e IV ‘Auspicio ro-
mano’.
128
La correptio si applica su accento fisso sulla penultima prima del suo ar-
retramento sulla prima. Una prima formulazione è in Prosdocimi 1986 Accento; il
nucleo resta ma, insieme a correzioni, ho individuato espansioni ed implicazioni;
non ho ancora avuto il tempo di stendere la nuova versione; ne ho anticipato al-
cuni punti in 1992-94 Latino (e) italico; 1996 Cures; 1995 Filoni indeuropei.
.
138 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 139
129
perduellis ‘nemico’ è un bahuvrihi in -ı̆- da *per-duello- con duellum antico
per bellum (Walde-Hofmann I 100 s. v.; Ernout-Meillet s. v.) fatto come inermis <
*en-arm(a)-i-; perduellion- femminile ne è derivato tramite -ōn ed è l’unico vitale
nel crimine perduellio; è però attestato perduellion- come equivalente di perduellis
(citazioni in Lindsay, Glossaria IV 176 ad Paolo 58). L’omomorfia tra perduellion-
= perduellis o perduellio astratto pone dei problemi a mia conoscenza non solo
non risolti ma, prima, non correttamente inquadrati; a monte va riconsiderata
l’etimologia di bellum < duellum tra forma e contenuto (con evoluzione!). Ai no-
stri fini è sufficiente il valore di ‘contendente > nemico’ precedente ‘hostis’.
.
140 ALDO PROSDOCIMI
130
Peruzzi, Origini di Roma I, cit., p. 52-54.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 141
Segue (Liv. I 24) la ‘storia’ degli Horatii e Curiatii che, a mio avviso, è
una storia interna a Roma perché solo così si spiega (Liv. I, 24, 1-2) «Forte in
duobus tum exercitibus eran trigemini fratres, nec aetate nec uiribus dispares.
Horatios Curiatiosque fuisse satis constat, nec ferme res antiqua alia est nobi-
lior; tamen in re tam clara nominum error manet, utrius populi Horatii, utrius
Curiatii fuerint».
Vi sono altre ragioni per pensare che gli Horatii e i Curiatii fossero en-
trambi all’interno di Roma131 così come all’interno di Roma si era svolta la
battaglia fra Romulus e Hostius Hostilius da una parte e, dall’altra, Titus Ta-
tius e Mettius Curtius; tuttavia lasciamo questo fatto come una constatazio-
ne che si aggiunge ad altro che vedremo, qui segnaliamo che sono da ripren-
dere : la dimorfia Mettius e Mettus corrispondente alla dimorfia Hostius e
Hostus (qui con la priorità certa di Hostius : < * hosti-jo- : sopra; la geminata
di Mettius che potrebbe essere un tratto italico visto che (più tardivamente)
in osco-sannita c’è -CCiV- il che confermerebbe la priorità di -tius- su -tus.
La grafia e la morfonologia del genit. Metioeo Fufetioeo in Ennio meritereb-
bero un discorso a parte, specialmente per la morfonologia del genitivo dei
temi -o-/-(e)jo-.
131
Di ciò tratto in A. L. Prosdocimi, Populus Quiritium Quirites III, in stam-
pa; v. anche TI II-III, pure in stampa.
132
Prosdocimi, Appunti per una teoria del nome proprio, cit., ora in 2004
SIES I.
.
142 ALDO PROSDOCIMI
dalla ‘descrizione finita’ invece che dal prenomen, sia un mezzo (di
Livio o di sua fonte) per conciliare una fonte che portava solo Ho-
stius? Può essere un elemento del dossier, aperto sopra, tra Romulus
e Hostius Hostilius? Qui mi arresto, perché si entra troppo nella sto-
ria-Geschichte che non mi pertiene, mentre ha qualche pertinenza
con le mie competenze sulla storia-Erzählung, e il nome proprio è in-
dicatore di storia-Geschichte divenuta storia-Erzählung; in questa il
nome proprio, oltre che essere parte della storia o di una storia, quale
contenuto ha più, o esclusivamente, la storia divenuta Erzählung che
la storia già stata Geschichte : è una tematica che andrebbe appro-
fondita in generale, ma che si ripresenta ogni volta per casi specifici
come è la ‘storicità’ dei personaggi della Tomba François133.
133
Su ciò ho trattato in una relazione (A. L. Prosdocimi, Icone e nomi propri
come segni. Note sulla Tomba François) al XXIII Convegno di Studi Etruschi ed
Italici «Dinamiche di sviluppo delle città nell’Etruria meridionale : Veio, Caere,
Tarquinia, Vulci» (1-6 ottobre 2001); per varie ragioni – non ultima le dimensioni
assunte dal testo scritto – la relazione non entra negli Atti del Convegno, ma sarà
pubblicata come volume a parte. Avevo trattato della ‘Geschichte-Erzählung’ nel-
la tomba François a Perugia nel corso di Etruscologia dell’Università per stranie-
ri, luglio 1995; ho ripreso il tema nella stessa sede, per le lezioni di luglio 2007.
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 143
134
TI IV ‘Grammatica’, in stampa. Ivi anche la sequenzialità onomastica
vol. II § 7, anticipato in Etnici e ‘nome’ nelle Tavole Iguvine, in Gli Umbri del Teve-
re, Annali della fondazione per il Museo «Claudio Faina» VIII, Orvieto 2001,
p. 31-77.
135
Riprendo qui quanto detto in A. L. Prosdocimi, Gli etnici, in Piceni popolo
d’Europa (Catalogo della Mostra), Roma, 1999, p. 13-18.
.
144 ALDO PROSDOCIMI
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 145
Aldo PROSDOCIMI
.
146 ALDO PROSDOCIMI
APPENDICE – 2008
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 147
su Roma quale toponimo avevo già scritto, tra una semplice (micro)toponi-
mia e una toponimia giuridica (A. L. Prosdocimi, Populus Quiritium Quiri-
tes. I, «Eutopia» 1995-IV,1 (= Atti del Convegno «Nomen Latinum. Latini e
Romani prima di Annibale», Roma 24-26 ottobre 1995), p. 15-71).
Nella relazione del 2002 avevo considerato «-lo- quale formante di ono-
mastica» (§ 2 p. 84 sgg.), -lo- (e -la) quale derivativo non diminutivo (§ 2.2.3
p. 97-98) e il rapporto con un personaggio ‘storico’ sottostante. (§ 3.1.2
p. 118-119 e § 4.3 alla fine p. 140-141). Non avevo trattato direttamente il
nome Romulus per non appesantire ulteriormente il testo, e perché non c’e-
rano motivazioni adeguate alle trattazioni più recenti dovute all’operosità di
C. De Simone : in particolare Il nome di Romolo in Roma 2000, p. 31-37, in
contesto con A. Carandini, Variazioni sul tema di Romolo. Riflessioni dopo
La nascita di Roma (1998-1999), in Roma 2000 p. 95-150 [Roma 2000 corri-
sponde alla curatela (A. Carandini-R. Cappelli) di Roma, Romolo, Remo e la
fondazione della città, Catalogo della Mostra, Milano, 2000.] Non avevo preso
sul serio il discorso di De Simone (sparso anche in altri lavori), fino a che
A.Carandini non l’ha accolto in un articolo derivato dai lavori precedenti nel
volume La leggenda di Roma I, 2006 (Fondazione Lorenzo Valla).
Il titolo del contributo («Appendice I», p. 455-468) è I nomi di Romolo e
Remo come etruschi. La sede di prestigio e, soprattutto, la funzione che do-
veva avere nell’economia di un’opera inserita in una serie di fonti mi portava
a riprendere la problematica del nome Romulus : l’avrei proposta in questa
Appendice, se nel frattempo nel Convegno del 2007 (sopra) De Simone non
avesse riproposto lo stesso tema. Di conseguenza ho ritenuto opportuno di
rimandare alla relazione del 2007 quanto, per cortesia ed ospitalità, avevo
pretermesso nell’occasione; ivi peraltro avevo avanzato le mie riserve – me-
glio, dissenso totale – sull’interpretazione ‘storica’ e, prima, sull’attribuzione
linguistica di De Simone. Poiché non posso prevedere la circolazione che
avrà il testo del Convegno del 2007 (Roma 2007/8), anticipo qui alcuni punti
che sono ivi svolti molto più ampiamente. Detti punti sono implicati e/o in
sintonia con quanto già detto e scritto nel 2002 (→ 2003/4 e prima) per -lo- di
latino-romano Romulus e di quanto vi afferisce.
1) -lo- è latino-romano. L’attribuzione primaria all’etrusco di Orvieto
(De Simone) è un hysteron proteron per il ‘fondatore’ di Roma; più ancora :
per quel che se ne sa della morfologia derivazionale etrusca, tra forma e se-
micità in sé e rispetto al latino-romano, è un obscurum per obscurius (v. an-
che punto 4).
2) Il nome di Romolo in sé e rispetto a Roma è un problema già per gli
antichi, ma è un problema centrale come prova la voce di Festo «Romam...»
(326-330L), epitomata dall’originale (perduto) del de significatione (/signifi-
cationibus) verborum di Verrio Flacco. A mia conoscenza, è la voce in asso-
luto più lunga (e tormentata) del compendio di Festo, il che riflette verosi-
milmente lo status della voce in Verrio (ridotta, come si addirebbe ad un’epi-
tome?).
3) Un *Rumele etrusco (De Simone) trasposto in latino-romano come
*Romelos > Romulus, quindi con etrusco ru- > romano ro- puramente foneti-
co, oltre ad un preteso ma indebito hysteron proteron fra etrusco e romano,
-mele > *-melos > mulus morfonologico pare escluso dalla voce immediata-
mente precedente nell’epitome di Festo (e in Verrio? o forse era conglobata
.
148 ALDO PROSDOCIMI
in una grande ‘voce’ onnicomprensiva? ciò non toglie valore alla testimo-
nianza, a maggior ragione se era entro la voce «Roma» nell’originale verria-
no) : (326L) «Romulum quidam <a> fico Ruminali, ali quod lupae ruma nu-
tritus est, appellatum esse ineptissime [sottolineatura mia] dixerunt». Quanto
segue è di non facile interpretazione ma ineptissime detto di una derivazione
da Rum- è chiarissimo.
4) Ma c’è di più su -lo- che in latino-romano non è diminutivo, ma indi-
ca ‘appartenenza a...’, da cui una eventuale funzionalizzazione ANCHE per i
diminutivi : v. sopra gli esempi su Hispallus, Messalla, etc. Al proposito, per
il latino ma anche per l’etrusco, secondo l’iter esposto da De Simone per -le
‘diminutivo’ da un toponimo etrusco *ruma da cui Roma, ne conseguirebbe
che *romelos in latino-romano e *rumele in etrusco sarebbe un diminutivo,
qualcosa come il ‘Romanino’ pittore, così come il ‘Perugino’ è il pittore che
viene da Perugia, ma non è il ‘piccolo Perugio’ (?!). Qui la morfonologia ‘fi-
nale’ è dirimente : SE Romulus è da Roma + -lo- - quale sia il valore di -lo-
(ma non un banale diminutivo bensì un derivativo) – la morfonologia è
(latina-)romana, così come per Hispallus < *Hispană-lo-/a, Messalla < Messa-
nă-lo-. La questione di -lo-/-la nei cognomina si pone sul piano proprio della
cognominazione in -a e non sulla sequenza morfonologica -a+lV- che in ro-
mano – e per principio ci restringiamo rispetto alle altre varietà indeuropee
d’Italia – dà -e-lV- > -ulus/-a.
La questione è complessa ma chiara : -ā (genetico > lat. -ă; A. L. Pro-
sdocimi, Sull’accento latino e italico, in Festschrift für Ernst Risch zum 75.
Geburtstag (hrsg. A. Etter), Berlino-New York, 1986, p. 601-618) si comporta
qui come -os e non, come sarebbe normale, conservando -ā in derivazione,
come è altrimenti la normalità anche contro -ă al nominativo : tipo multă
ma multāre, multātus. La motivazione è morfonologica ed esclusivamente
dell’indeuropeicità, in Italia nel nostro caso (A. L. Prosdocimi, Filoni indeu-
ropei in Italia. Riflessioni e appunti, in L’Italia e il Mediterraneo antico, Atti
del Convegno SIG (Fisciano-Amalfi-Raito 4-6 novembre 1993), vol. I, Pisa,
1995; ora in Scritti inediti e sparsi, Padova, 2004, vol. III, p. 1359-1531) : di
questo, qui pertinente al latino-romano, si ha analogo comportamento an-
che, mutatis mutandis, in italico, col tipo *nowa > *nowela > [noula] sannita
(grafico) núvla.
Motivazioni più approfondite sono nel testo scritto della relazione del
2007 (‘Roma 2007/8’). Qui interessa anticipare l’esclusione di un etrusco
*Ruma+ -le- > latino-romano *Romelo, per a priori storico (Roma!) e per a
priori di lingua : ci sarebbe stato *Ruma-lo-, non avendo l’etrusco la regola
morfonologica per cui -a- in derivazione avanti -lV- passa a -lo-; viceversa è
da porre l’inverso, e cioè che etrusco *Rumele sia da un latino-romano *Ro-
melo-. Advocatus diaboli pro etrusco : ricorrere ad una trasposizione sincro-
nica di un (fantomatico) etrusco -a-le- in latino -e-le secondo la morfonologia
romana sarebbe un obscurius, ma, più ancora, se etrusco Rumel(e)- rispon-
desse a Romulus < *Romelos sarebbe, comunque, un romanismo in etrusco,
per cui si confermerebbe la ‘romanità’ di Romulus < *Romelos.
5) L’argomento per Rumele etrusco e non Romanus (o varianti) ripreso
da Carandini (2006 Leggenda p. XXXVII) è semplicemente insussistente per-
ché, in *Romulos, -lo- ha una funzione derivativa assimilabile a un (etnico-)
poleonimo, ma significa l’origine (poleonimia) in modo diverso da Romano-,
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 149
[2]
[3]
[4]
.
150 ALDO PROSDOCIMI
Come detto al § 3, i maschili in -a quali appa, atta, mama, etc. hanno con -(i)
jo- la stessa morfologia derivazionale dei nomi ‘maschili’ in -os, il che si può
spiegare solo con una morfonologia -e/o-s per cui -ā (poi > -a) è parallela
quale -e/o-H2 : la vocale ‘apofonica’ -e-/-o- ha -s come (agentivo →) nominati-
vo e -H2 come derivativo non (ancora) polarizzato a fornire morfologia per il
‘femminile’, ma un derivativo (a valore di collettivo?). In questa prospettiva
rientra anche il ‘femminile’ in -iă /-jā, -i di sscr. devı̄ e vrki, e latino nutrı̄- in
nutrı̄-re, entrambi derivativi in *-j(V)H2. ˙
Riprenderò il tema ora sparso in diverse sedi (A. L. Prosdocimi, Syllabi-
city as a genus, Sievers’ Law as a species, in Papers from the 7th International
Conference on Historical Linguistics, Amsterdam-Philadelphia 1987, p. 483-
505 su -Ce/o-i/ie/o- > -CØ(e/o)-; Latino (e) italico e indeuropeo : appunti sul fo-
netismo, parte I in Messana, 12, 1992 [1994], p. 93-160; parte II in Messana,
18, 1993, p. 117-184, cap. 1.3, 2 e aggiunte-appendici; entrambi ora in Scritti
inediti e sparsi. Lingua, Testi, Storia I-III, Padova 2004; Umbro furfa- vs. lat.
forfex : -eH2 > -a vs. -eH2s > -eks, in Arch.Glott.It., LXX, 1985, p. 51-61; L’iscri-
zione gallica del Larzac e la flessione dei temi in -a, -i, -ja. Con un ‘excursus’
sulla morfologia del lusitano : acc.crougin, dat.crougeai, in Idg. Forschungen,
1989, p. 190-206; Sulla flessione nominale messapica, parte I in Arch.Glot-
t.It., LXXIV, 1989, p. 137-174; parte II, in Arch.Glott.It., LXXV, 1990, p. 32-
66; Il genitivo messapico in -ihi, in Studi linguistici in onore di Roberto Gu-
smani, Alessandria, 2006, p. 1421-1434.
[5]
[6]
.
NOTE SULL’ONOMASTICA DI ROMA E DELL’ITALIA ANTICA 151
mite; più ancora : la ‘filologia’ come accertamento delle res e, poi, come di-
sposizione ordinata delle res, è una necessità, ma è un primo livello; un ulte-
riore livello è la spiegazione (causa) che può non essere individuata ma che
non va eliminata come esistenza per implicazione logica e materiale; soprat-
tutto, la causalità non va scambiata con la disposizione ordinata delle res
(effetto), da cui una possibile, anzi frequente, inversione della sequenza tra
causalità ed effetto.
[7]
[8]
.
PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
Premessa
Per identificare le varietà del celtico parlate in territori dell’Italia
antica è necessario dare innanzitutto una panoramica dell’onoma-
stica italiana di tale matrice 2 ; partendo dai nomi di luogo (cap. I) 3,
passeremo quindi agli etnonimi antichi (cap. II) 4, ai pochi teonimi
(cap. III) 5 e infine ai nomi di persona (cap. IV) 6, ai quali è dedicato
anche il contributo dell’amico Motta in questo stesso volume 7. Si
noterà che i quattro capitoli in questione, che impiegano tutti
1
Nel presentare il testo della conferenza tenuta il 14 novembre 2002 all’Insti-
tutum Romanum Finlandiae desidero innanzitutto ringraziare della generosa
ospitalità gli organizzatori di tanto piacevole e istruttivo congresso. Ringrazio
inoltre altrettanto cordialmente i colleghi J. A. Arenas (Lampeter), G. Borghi
(Genova), C. García Castillero (Vitoria), M. P. Marchese (Firenze) e J. Zeidler
(Treviri) di avermi gentilmente procurato alcuni lavori di difficile reperimento.
2
Ragioni di spazio impediscono di specificare ogni volta le fonti relative agli
esempi : i più cospicui si potranno facilmente verificare nella bibliografia basila-
re attinente alle lingue celtiche; si rimanda inoltre complessivamente a lavori
precedenti dell’autrice, quali Sonanten e NWÄI, nonché gli articoli 1994, 1995,
1995-96, 1999/2000, 2002.
3
Qualora non si specifichi diversamente, la documentazione storica dei no-
mi di luogo italiani citati (i) compare nel DT e (ii) è compatibile con le spiegazio-
ni proposte nel presente testo; i nomi in alfabeto greco sono tratti dalla ‘Guida
geografica’ di Tolomeo e sono stati per lo più già commentati estesamente in
DBSt 1999/2000 con le aggiunte 2002/2005.
4
Si rimanda per questi, oltre che alla ‘Guida geografica’ di Tolomeo, alle car-
te del GHW e del Barrington; cf. inoltre Grzega 2001, p. 6 e ora DBSt 2006/2008,
nonché nel LKA s.v. «Stammesnamen».
5
I dati vengono raccolti nell’ambito del progetto F(ontes) E(pigraphici)
R(eligionum) C(elticarum) AN(tiquarum) della Österreichische Akademie der
Wissenschaften, cf. per un primo bilancio Zaccaria 2000/2001-02, nonché prossi-
mamente in Sartori.
6
Molti di essi si trovano, anche se differentemente raggruppati, in Unter-
mann 1959-1961; altri sono stati estratti dall’OPEL o ancora da Mercando/Paci
1998.
7
Vedi il contributo di F. Motta in questo volume, p. 295ss.
.
154 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
I. I NOMI DI LUOGO
8
Invece i materiali onomastici di altra provenienza – utilizzati per eventuali
raffronti – vengono sempre espressamente individuati come tali (i.a. per mezzo
di abbreviazioni indicanti la provincia romana : GES = Germania superior, HIS =
Hispania etc.).
9
Cf. anche DBSt 2000, p. 407s.
10
Cf. Blažek 2001 sulla connessione tra airl. airne ‘pietra’ e itt. per, parn-
‘casa’.
11
Legenda monetale A. 81 con il gen. plur. di un etnico. V. però anche più ol-
tre alla n. 179.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 155
12
NWÄI, p. 26. Sulle continuazioni romanze Pellegrini 1990, p. 123, e Grzega
2001, p. 110 s.v.; per l’ispanico Brieva (Briviesca è solo moderno), cf. Nieto Balle-
ster 1997, p. 94. V. anche il LKA alla voce «Briva».
13
Diversamente da quanto si dice nel DT, p. 534.
14
Nome precedente all’antica Industria : Plinio N.H. 3, 122.
15
Il toponimo, etichettato come «ligure» solo in virtù del contesto in cui ap-
pare (Pellegrini 1981, p. 38; Petracco Sicardi 1981, p. 75), riflette in realtà un cel-
tico arcaico, pertanto con il significato di ‘lucente collina’.
16
Rivet/Smith, p. 345. Cf. anche Durnomagos ‘kiesfeld’ oggi DormagenD. Di-
versamente il DT, p. 253.
17
Cf. Pellegrini 1990, p. 120.
18
Cf. Petracco Sicardi 1981, p. 73, nonché ora Crawford 2003 e Pansardi
2004.
.
156 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 157
Italia sembra essere questo il caso del nome più antico del fiume Po,
chiamato «Ligurum lingua» 28 Bodincus, se lo segmentiamo come
*bhodh-enko-s e vi ravvisiamo una base affine al gall. bedo- ‘fossa, ca-
nale’ ( cimr. bedd); potrebbe però trattarsi piuttosto di uno dei ‘deri-
vati limite’ da cui ebbe origine il suffisso stesso se risalisse a un anti-
co *bhudhmen-ko-s formato sulla base indoeuropea corrispondente
tra l’altro al gr. pyumh¥n 29 ;
– i derivati in *-ŏnā, tra cui Kremwna/ Kremwnia, vale a dire Cre-
mona (← kremu-, continuato anche nell’irl. crim ‘aglio selvatico’), e
probabilmente Cetona dalla base celtica kaito– / keton ‘bosco’ ( cimr.
coed), con importanti equivalenti toponomastici tanto sul continen-
te (CetobrigaHIS) quanto nelle isole britanniche 30.
27
Tutti discussi tra l’altro da Petracco Sicardi 1982, p. 111.
28
Plinio N.H. III, 121, che ne dà anche «Gallice» il nome Padus, l’unico atte-
stato invece da Tolomeo (< *kwā-do-s «the Bulging/Swelling (river)»? DBSt 1999/
2000, p. 96).
29
Cf. Pellegrini 1990, risp. p. 118 e 103; IEW, p. 174; EWA II, p. 228s. s.v.
bhudhná- ‘Boden, Grund, Tiefe’.
30
Watson 1909-1910, p. 237s.; diversamente il DT s.vv. Si noterà che l’etimo-
logia qui proposta è avallata da dati archeobotanici.
31
A differenza di quanto sembrano pensare alcuni studiosi, tra cui Petracco
Sicardi 1983, p. 1018s., e Pellegrini 1990, p. 109.
32
Si tratta dello stesso fenomeno osservato da Villar 1995, p. 101, a proposito
del nome dell’antica città di Lutia HIS, dove la forma toponimica che si affermerà
(Luzaga E) è proprio quella originaria dell’aggettivo (cib. *lutiaka).
.
158 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
Diversamente il DT s.vv.
33
In questo senso già Trumper e Vigolo 1997, p. 224 (analisi non ancora ac-
34
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 159
41
Diversamente il DT s.v.
42
Essendo una forma in -ya associata di regola al tipo aggettivale (v. sopra al
§ I.a.b con le note 31 e 32).
43
Cf., sempre con il grado normale della radice verbale *wer- ‘difendere’, an-
che gli airl. ferenn ‘cinta’ e fertae ‘argine, tumulo’.
44
Questa seconda ipotesi etimologica, che io stessa proponevo nel 1999/
2000, p. 94, mi sembra ora meno probabile per ragioni strutturali, essendo i deri-
vati in *-ŏnā solitamente formati da basi nominali (NWÄI, p. 452s., Hamp 1990,
p. 193, e qui sopra al § I.a.b). In ogni caso, anche la particolare ricchezza di celti-
smi preservatisi nella zona (Grzega 2001, p. 289s.) sembra parlare a favore di una
etimologia celtica del toponimo.
45
Tol. III, 1, § 48; cf. Cuntz 1923, p. 160, e DBSt 1999/2000, p. 92.
46
L’etimologia, da me presentata nel 1995, p. 24, è stata ripresa – anche se
non del tutto correttamente – da Trumper e Vigolo 1996, p. 229, e si trova ora ac-
colta in Delamarre, p. 84, s.v. bouno > bounonia ‘durable, prospère’.
.
160 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
47
Che presenta inoltre indizi di celticità del tipo (a) nel determinatum del
composto : -lānom < ie. *p/H-no-m ‘piano’.
48
Cf. la bibliografia in DBSt 1995-96, p. 135 n. 236, e per la Soana in partico-
lare Pellegrini 1981, p. 57.
49
Cf. Trumper e Vigolo 1997, p. 223 : «sembra essenzialmente provato il
quadro di un Friuli a forte base toponomastica celtica, man mano che si procede
dalla pianura verso la Carnia»; cf. anche ibid. p. 226, dove si arriva a calcolare un
15% di toponimi celtici per il Friuli, mentre per il Veneto (p. 231) si raggiunge un
35%.
50
Bologna e altri toponimi celtici riscontrabili per queste due zone nel cor-
pus tolemaico (DBSt 1999/2000 e 2002/2005) già permettono di correggere Grze-
ga 2001, p. 285.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 161
51
Barrington, carta 44 : H.4.
52
Cf. la carta di Kruta-Poppi in Frey l.c.
53
Si constata inoltre la presenza di toponimi – anch’essi antichi – conosciuti
da altre zone del mondo celta quali Albiana e Kloynion, Palanta.
54
Cf. Schmid-Sikimic¥ 2001, p. 60 : «Bemerkenswert an südschweizerischen
Bestattungsplätzen der älteren Eisenzeit ist [...] auch das Vorkommen von Bern-
stein und vor allem Edelkorallen, die reichlich Eingang in die Schmuckproduk-
tion gefunden haben, selbst aber nur im Fernhandel zu bekommen waren.» E a
p. 125 : «[Die Kelten] verwendeten die Koralle weit mehr als die vorangehenden
Kulturen».
55
Semplici coincidenze parrebbero invece Oyßsel(l)iv, oggi Usèllus (prov. Ori-
stano), e *litana (nei moderni Lìdana e Rio Lìdana; v. però al § IV.a), normalmente
classificati come «paleosardi» (cf. Wolf 1998, p. 38 e 64, 58, 93, 263, 267, 299).
56
«Die Münzlegenden, vor allem die Bilinguen, zeigen eindeutig, daß die
epichorische Form das S- erhalten hatte» (Schmoll 1958, p. 8); sul tipo onomasti-
co v. sopra al § I.a.g con la nota 40.
.
162 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
no (dal celt. sentu- ‘sentiero’, cf. airl. sét), cf. Sentı¥khE, mentre il
gruppo è passato a int nel Sintoion galata 57 ;
– la sopravvivenza di resti del nome-radice *bh.gh-s ‘rocca’ (i.e. di
contro alla forma modernizzata briga- del gallico e del britannico)
cf. Arebrigium, Seprio e forse Vaprio, Cadore 58 ;
– l’utilizzazione di cotto- nel significato originario di «bucklig»
(così nel nome delle Alpes Cottiae), laddove in britannico assumerà
poi il significato di ‘curvo’ e quindi ‘vecchio’ riferito a persone (come
nel cimr. cot bret. coz, DBSt 1999/2000, p. 93).
57
Falileyev 2002, p. 87, nel mettere in dubbio l’arcaicità delle forme con -ent-
non tiene conto né dei vari tipi di mutamenti fonetici documentati in gallico in
sillaba pretonica (cf. gli studi di DBSt 1994 e 1995), né del fatto che i fautori da lui
citati di una alternanza libera ent / int (postura normale prima del ’94) provengo-
no da una corrente che rifiuta a priori la parossitonia del gallico in quanto iso-
glossa di innovazione propria di una fase gallo-britannica.
58
Rispettivamente con are- (nell’Itin.provinc.Ant.Aug. 345.4 e 347.7), sego-,
u(p)o- e catu- in funzione di determinante. – Nello stesso contesto ricorderemo
anche il briś di Montmorot (Verger 1998/2001), casomai non si trattasse di una
abbreviatura.
59
Cf. Eska [1989 e 1995] citato in DBSt 2002, p. 98, dove tale labializzazione
si annovera tra le innovazioni del celtiberico.
60
V. sopra al § I.a.b e – risp. – in basso al § I.d; il fenomeno di labializzazione
ligure appare già tra le isoglosse elencate da Lejeune 1972, p. 266, che al no 3 ne
risalta l’assenza nell’idronimo Porcobera, peraltro così arcaico da conservare ad-
dirittura la #p- (v. al § I.d).
61
Documentata nell’iscrizione di Fuentes de Ropel (cf. la bibliografia citata
in DBSt 1999/2000, p. 95 n. 22) e nell’airl. benn (ibid. n. 23).
62
«Loch Beannach, horned loch, is a common name, usually mistranslated»
(Watson 1908-09, p. 339s.).
63
Tibiletti Bruno 1986, p. 99s.; sulla affricazione celtiberica DBSt 1999/2001,
p. 328s., nonché 1998/2007.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 163
sca; Airolo, Airole. Incontrandosi tale isoglossa, oltre che nelle lingue
celtiche cosiddette insulari, anche nel corpus paleoispanico prove-
niente dalla Celtiberia e dalla zona occidentale 64, mi pare lecito pen-
sare che rappresenti nelle parlate romanze un influsso del sostrato;
– la palatalizzazione ye < yo, che si osserva in area cosiddetta li-
gure 65 e si confronterà con quanto avviene regolarmente in goidelico
in sillaba atona 66 : cf. montem Berigiemam, che non è un composto 67,
bensì un derivato, probabilmente elativo, in -mā da una base *bhergh-
yo- formata a partire dalla ben nota radice *bherĝh ; iugo Blustiemelo
e, sempre nella SeM, fontem Lebriemelum, ai quali fa eco nella TaAV
Nitielium ← celt. nitio- ‘interno > del luogo’ 68 ;
– l’epentesi nel contesto #(C)VRVCV, documentata nel succitato
oronimo Berigiema, da un originario *Bhérĝh-yo-mā e di cui si cono-
scono paralleli nella Penisola Iberica 69 ;
– la fissazione dell’accento sulla penultima sillaba nella fase gal-
lica la rivelano p.es. *Berg-ál(l)-is > Bergalli, Bargali = Bargagli e Bar-
rolius = Barolo, nonché Arlate, Blenio, Bologna, Briona, Cadore, Cre-
mona, Issiglio, Ivrea, Milano, Soana, Susa, Vendoglio, Vicetia = Vi-
cenza 70 ;
– lo sviluppo di suffissi del tipo VCxCxV < VCxV, vale a dire
con geminazione consonantica riconducibile all’allungamento fone-
tico della sillaba tonica aperta. Si tratta dello stesso fenomeno 6 VCV
> 6 VCCV che in tedesco ha condotto a Wetter dall’aated. wetar. Esem-
pi italiani ne sono l’-éllo- di Birakellon e Brijellon e l’-énno-/ā di
Ardenno, Val Brevenna, che non rappresentano quindi suffissi del
tutto nuovi, bensì varianti dei morfemi ie. e celt. -lo- e -no- (cf. anche
DBSt 2005a, p. 91).
64
DBSt 2002, p. 98s., 116, 121. Cf. ora anche ead. 2005/2007.
65
Come rileva Lejeune 1972, p. 266, sulla scia del Devoto. Cf. ora DBSt 2006.
66
In Spagna il tipo Nemaiecanum è latinizzato rispetto al gen. plur. indigeno
Nemaioq( ) (sul r. e v. della tessera di Herrera de Pisuerga, cf. Marco Simón 2002,
p. 169s.).
67
Si noti che l’etimologia che si suole citare in proposito – riferita tra l’altro
dalla stessa Petracco Sicardi (1981, p. 73, e 1982, p. 111), che pur propone alterna-
tivamente una analisi, benché rudimentale, come derivato – va contro la struttu-
ra di tutti gli altri nomi del nostro corpus, regolarmente del tipo SOV.
68
La sicura attestazione del lessema in più di un composto celtico continen-
tale (cf. ora Delamarre, p. 235 s.v. gall. nitio ‘d’ici, propre’) fa apparire superata la
vecchia interpretazione (riferita i.a. da Petracco Sicardi 1981, p. 76).
69
V. oltre al § IV.a.d e IV.c.b con la nota 160. Cf. ora DBSt 2005/2007.
70
Come risulta dai lavori del 1994, 1995 e 1995/6. Si aggiungerà ora che non
tutte le peraltro assai poche eccezioni (Bèrgamo, Polcèvera, Vendévolo) saranno
necessariamente dovute ad interferenze con l’accentuazione latina, potendo per-
fettamente riflettere il sistema celtico anteriore (2002, p. 118s.), che traspare an-
che dagli sporadici fenomei di epentesi e di restrizione di -yo- in -ye-. Cf. ora an-
che DBSt 2005/2007 e 2066.
.
164 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
71
Come discusso più ampiamente in DBSt 1993/96, p. 227s. n. 72, e in Are-
nas/DBSt 2005.
72
NWÄI, p. 539. Cf. anche l’airl. sochrait ‘having good or many friends’
< *su-karant-i-s (Uhlich 2002, p. 415).
73
Da un precedente < *vindu-pal-o-s : Marchese 1979, p. 175s.
74
Come sottolinea la Prósper 1998, p. 148s., anche se, vincolando l’etichetta
linguistica ‘ligure’ specificamente all’attuale regione ligure, rifiuta curiosamente
l’etimologia tradizionale; metodologicamente corretta è piuttosto la posizione
della Marchese 1979, p. 177, che sottolinea come «un *vindupala era, come strut-
tura di langue, di tutto il leponzio [recte : di tutto il celtico arcaico] e che solo per
un fortunato fatto, cioè la fissazione in un toponimo, ce ne è conservata l’attesta-
zione unicamente in Liguria [e altri pochi territori]».
75
Si noti che Breeze 2002, p. 263s., preferisce il significato di «middle part»
alla classica interpretazione del tipo ‘rocca’.
76
Con Ingauni < *ping-a-mn-o-i, participio presente mediopassivo del verbo
corrispondente al lat. pingō, v. oltre al § II.a.b.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 165
ver)» < * tjkw-ino-s (cf. airl. techid ‘corre’) 77, si affiancano quelli di
epoca posteriore con labializzazione della labiovelare in questione,
come Eporedia = Ivrea 78, nonché il montem Prenicum ‘coperto di al-
beri’ nella stessa Liguria 79.
– Alla base Taur-, non ancora metatizzata in Augusta Taurino-
rum = Torino 80, si affianca la forma con la metatesi caratteristica del
celta seriore come in Tarvisium = Treviso e in Tarvisio.
– I vari tipi di continuazione della base vindo- riflettono diffe-
renti strati onomastici, cf. Vindupalis (il più arcaico e specificamen-
te ligure 81) vs. Vinelasca (con l’assimilazione consonantica regolare
in lepontico) vs. villa Vendoni (con il gruppo nd preservato e l’assi-
milazione vocalica in sillaba pretonica tipicamente gallici), oggi Vin-
done, tutti attestati in Liguria.
77
Che pare rappresentare un caso di semplice dissimilazione della compo-
nente labiale w davanti alla i iniziale del suffisso.
78
Da *ekwo-reid(a)-yā, con il significato originario di ‘the (town) of the hor-
se-carts’, cf. la bibliografia in DBSt 1999/2000, p. 93 (il toponimo e la discussione
relativa vanno aggiunti a Uhlich 2002, p. 417 e 423s.).
79
Attestato nella SeM : dalla base prenne gl. arborem grandem (: cimr.
prenn), laddove il goidelico ha crann come in airl. ‘albero, legna’ < *kw.snó-. Im-
motivata e poco economica la ricostruzione della Petracco Sicardi 1981, p. 75.
80
Dall’etnonimo Taurini ‘(forti) come tori’, di cui si conosce un parallelo
onomastico – fuori d’Italia – nel nome dei Celti Taurisci NOR, nonché in quello, leg-
germente modernizzato, dei Teurísci vicini alla Dacia (cf. Falileyev 2007,
p. 25 s.).
81
Per via della labializzazione della -o- in -u- (sconosciuta p. es. al lepontico,
che forma dat. plur. in -iobos, -ebos).
82
Tipica delle formazioni participiali modernizzate del celtico continentale
(DBSt 1995a, p. 433), si osserva anche nell’etnonimo gen.plOyßediantı¥wn (Vediantio-
rum in Plinio) «either ‘the Leaders’ or ‘the Sages’» (DBSt 1999/2000, p. 91).
.
166 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
83
Cf. Prosdocimi 1984/87, p. 75; inoltre DBSt 1995-96, p. 135f., e 1999/2000,
p. 91. Si ricorderà con Lejeune 1972, p. 263, che «à l’exception de Strabon, qui
donne Como comme leur limite méridionale, les Anciens s’accordent à localiser
les Lepontii nettement plus au nord, vers les sources du Rhin (César) ou du Rhô-
ne (Pline); leur nom survit dans celui de Val Leventina (haute vallée du Ticino en
amont de Biasca)».
84
Tratti così moderni contrasterebbero infatti con un eventuale residuo di
impiego passivo dell’aggettivo verbale in -nt- a meno che non si tratti della mo-
dernizzazione di una designazione più antica.
85
Per l’analisi come composto si rimanda a NWÄI, p. 429s., per la forma ir-
landese a DBSt 1999/2000, p. 100s. con ulteriore bibliografia; cf. ora anche ead.
2004/2007, p. 149.
86
V. anche quanto si dice più avanti al § II.c.a sul passaggio fonetico di -iks a
-is e la conseguente reinterpretazione morfologica che si incontra in vari tipi ono-
mastici.
87
Discusso in DBSt 1995-96, p. 116.
88
Vale a dire come il tipo con -enses rispetto a -ates, la cui alternanza è ana-
loga a quella osservabile tra il classico tipo in -i/e tani e i vari -ites, -uli etc.
89
Il nome è evidentemente contenuto anche nell’idronimo Meduacos della
Cisalpina citato da Lambert, LG p. 60, mentre più complessa è la connessione
con Malamocco nella laguna di Venezia proposta da Trumper e Vigolo 1997,
p. 228s.
90
LEIA-M-27 : «aussi nom propre».
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 167
91
Per uno studio sistematico cf. DBSt 1994a.
92
Ovvero quella per cui in contesto sonoro le occlusive sonore passano a fri-
cative sonore e la nasale labiale m passa alla fricativa bilabiale sonora [m].
93
DBSt 1999/2000, p. 91 con bibliografia. Si aggiungerà che Anaunia è il
«Nome di tradizione dotta della Val di Non» (DT, p. 27).
94
In una gentile lettera del 26-2-2002. Cf. ora id. 2004.
95
LIV, p. 418.
96
L’ultimo, entrato in uso solo molto tardi, potrebbe essere stato in origine
semplicemente una resa latina dell’etichetta celtica ‘Britanni’, cf. N.K. Chadwick
1958.
97
Sulla ricostruzione in dettaglio NWÄI, p. 358; sulla varia lectio DBSt 1999/
2000, p. 90.
.
168 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
orientale;
– dei Cēnomani (/ gen.plKenomanw̃n) ‘quelli che vanno lontano’ ←
{*keino- ‘lontano’ (airl. cían) + m;H-o-s (radice contenuta nel gall.
mantalon ‘cammino’, nel verbo cimr. myned etc.)}, attestati anche in
Francia, risp. iuxta Massiliam ...in Volcis e nella Lugdunense (NL Le
Mans)103 ;
– dei Lingones «the Springers» < *lengwh-on-es (cf. il verbo airl.
98
Per la palatalizzazione vocalica in sillaba atona e l’allungamento fonetico
della consonante in sillaba tonica v. anche quanto detto ai § I.c.a, II.c.a, III.c.a e
IV.c.a.
99
Resti di questa arcaica accentuazione sull’antepenultima affiorano ora in
parte del materiale ispanico, cf. DBSt 2002, p. 118s. al no 19, e 2005/2007, p. 156-
159.
100
LEIA-B-113; cf. l’interpretazione di questi ultimi data da DBSt 2008,
§ 5.1.2, avallata anche dalla più moderna variante Bodiocasses, con assimilazione
della -a- iniziale che si trovava in posizione pretonica.
101
Barrington, carta 17 : H4.
102
Cf. rispettivamente DBSt 2008, § 2.2 con bibliografia alla nota 42, e
KGPN, p. 153.
103
Plinio NH III, 130 e – con nn – IV, 107. – Si noteranno le reinterpretazioni
ipercorrette quali Genoma¥noi per il gruppo italiano (Strabone, Geogr. V, 1 § 9) e
Cenimanni, diventato addirittura Cenimagni, per il gruppo britannico (Cesare pa-
ce Rivet e Smith, p. 374s.). L’etimologia, presentata con più dettagli in DBSt
1999/2000, p. 91, si aggiungerà a Uhlich 2002, p. 423s.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 169
104
Ricollegato invece direttamente con l’etnonimo dalla Tibiletti Bruno 1986,
p. 108.
105
E in particolare il personale cib. Likinos, documentato sul continente co-
me Licnos Contextos (RIG-L-10; il cognomen credo sia di tipo etnico e corri-
sponda all’etnonimo Contestani, sicuramente esogeno; cf. 2002, p. 117 al no 13);
l’etnonimo Tarbelli in Aquitania (un derivato analogo anche nel NL Tarbonia
della TaAV, Petracco Sicardi 1983); gli etnici dei Tittoi e dei Bhrwnev nella Cel-
tiberia.
106
Schmoll 1958, p. 57.
.
170 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
107
Hogan, p. 653.
108
Si noti però che il popolo così designato viene ritenuto irlandese da alcuni
autori (Freeman 2002), fino al punto di essere considerato «a Latin rendering of
the Old Irish aithechthúatha» (Rance 2001, qui p. 249).
109
Strabone Geogr. V, 1 § 9 (2x) e 12. – Tra i nomi derivati da *ı̄s/ı̄ssu- (1995-
96, p. 119) potrebbe essere da annoverare anche la città britannica di Isoy¥rion,
ovvero Isu(r(i)um)-Brigantum BRI (diversamente Rivet e Smith, p. 379s.).
110
Cf., a parte il graffito Priś < *briks( ) a Montmorot nella seconda metà del VI
s. a.C. (Verger 1998/2001), la moneta insubre Natoris ‘re delle battaglie’ (< *n;to-rēg
s); il nome di zecche come N.e.r.to.bi.s e SEGOBRIS nella Penisola Iberica (sull’iso-
glossa e le sue conseguenze DBSt 2002, p. 102, 106s., 117); dativi come Bedorei e so-
prattutto Bwdorei formato sul personale galatico Bwdoriv (Falileyev 2001).
111
V. sopra ai § I.c.a e II.a.g.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 171
112
Vale a dire analogo agli esempi illustrati sopra al § I.d.
113
Ossia ereditario di matrice indoeuropea. Sulla voce romanza «*lanka
(gall.?) ‘Vertiefung im Gelände; Flußbett; lange, steile Wiese’ cf. la recente discus-
sione di Grzega 2001, p. 192, che però non parla delle varianti con velare sonora
(DT, p. 343 s.v. Langhe; su quelle spagnole cf. Nieto Ballester 1997, p. 208 s.v. Lan-
ga de DueroE), né tantomeno dell’apparente esistenza di un aggettivo *langā ‘lunga
(?)’ nel cib. l.a.Ka.z (Sonanten, p. 165, e MLH V/1, p. 215s.), attributo della Segontia
non Paramica nella legenda monetale A.77 (si noterà che l’avvenuta sonorizzazio-
ne a -z# della -s# del genitivo sing. celtiberico comprova la sonorità della conso-
nante, velare, con cui inizia la sillaba finale : DBSt 1999/2001 : p. 328s. con alcune
correzioni in ead. 2004/2005).
114
Cf. risp. Solinas 1993-94, p. 927, e Vitali e Kaenel 2000, p. 119.
115
La cronologia relativa dei due tipi di designazione fu individuata corretta-
mente dal Tovar 1977; da correggere è invece DBSt 1998 : § 1, a cui si rimanda so-
lo per le attestazioni del tipo seriore (Galli) in Britannia e in Irlanda.
116
Degno di nota è anche lo sviluppo fonetico kk > x di tipo gallo-britannico,
cf. DBSt 1999/2000, p. 90.
.
172 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
III. I TEONIMI
117
Per maggiori dettagli sulla nuova etimologia – recepita da Šašel Kos 2001,
p. 13 – cf. DBSt 2000/2003, p. 56s.
118
DBSt 1995, p. 292s. con bibliografia, e ora 2008, § 8.1 con la nota 93.
119
DBSt 1995-96, p. 120, con bibliografia; per le continuazioni in territorio
romanzo cf. Wolf 1997, p. 102s. (con una carta della distribuzione lessicale in
Francia).
120
Rémy 2000, p. 918.
121
A DBSt 2002/2005b si aggiunga ora Garcia Quintela e DBSt 2008.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 173
122
*Padova 25 : l’appositivo della «formula onomastica bimembre» viene in-
terpretato come derivato del gall. Bello- dal Prosdocimi, che però non ne spiega la
peculiare formazione di parola (i.a. 1985, p. 575s.).
123
Se però non si trovasse nessuna traccia del culto di GRANNOS, sarà da cor-
reggere quanto da me detto 1995-1996, p. 112, sul NL Grana in Piemonte.
124
DBSt 2000/2003, p. 62; il passaggio semantico a ‘dio’ trova confronti tanto
nel celtico stesso (Ucuetis) quanto nel germanico (got. guþ : ingl. god e affini).
125
Oltre ai Boi Lemetor Boios e Moldo Boiknos (Este 28 [con Boios come in-
dividuale con datLemetorei vhraterei secondo Lejeune 1974, p. 202] e 66) ricordere-
mo Voltiomnos Iuvants Ariuns e Vants Moldonkeo Karanmns (Este 25 e 24), non-
ché donne come Verkondarna e Katakna (Este 43 e 52).
126
Si confronterà quanto diceva lo stesso Prosdocimi nel 1967 (p. 157-161),
dato soprattutto che le «ragioni cronologiche» che lo inducevano allora a scarta-
re l’ipotesi di celticità – vale a dire il fatto che il culto di REITIA sia attestato già
per il V sec. – non costituiscono più un argomento a sfavore.
127
Ossia ven. hvagsto, vhagsto, segtio, ktulistoi etc., cf. Lejeune 1974 § 142s.
128
OPEL s.v. Si aggiungerà in margine che una parte del celta ispano cono-
sce una semplificazione *VKt > V:t (in Ambatos e nel cib. R.e.tu.Ke.n.o.s : DBSt
2002, p. 102 e 117) paragonabile a quella dei dialetti veneti, emiliano orientali e
romagnoli (Grzega 2001, p. 287).
129
DNP s.v.
.
174 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
Tacito, Hist. II, 61, con riferimento al 69 d.C.; cf. DNP s.v.
130
Rémy 2000, p. 914. Sui Salues > Salui > Salluvii cf. ora DBSt 2006, p. 46.
131
132
CIL V, 5534 : cf. Duval 1953-54, p. 224.
133
< *bhel-isamā ‘la più forte’, translatio Celtica dell’epiteto di Minerva Victrix.
134
Trattati sopra risp. ai § III.b.g e III.a.g; si noti che in Bras(s)ennos anche
la semplificazione di *st è indice di modernità.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 175
135
Da cui il persiano med. e mod. framādār ‘visir’.
136
OPEL, p. 47. A sfavore della lettura **-ritos proposta dal Gambari 2001,
p. 35, parlano invece i seguenti argomenti linguistici : 1) la maggiore opacità; 2)
l’assenza di paralleli; 3) il tema in -o- invece che in **-u- come ci si aspetterebbe
tanto a partire dal lessema celt. ‘córso’ quanto dal celt. ‘guado’ (risp. < ie. *.tu- e <
ie. *p.tu-: NWÄI, p. 95 e 290).
137
Attestato nel Norico nonché, in qualità di Adgónnetus, nella Narbonense
(OPEL s.vv.).
138
Da aggiungere a Uhlich 2002, p. 417.
139
V. oltre al § V con le note 190s.
140
Markey 2000.
.
176 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
141
Cf. i.a. airl. nemed gl. sacellum : NWÄI, p. 150, e De Simone 1980, p. 199s.
L’evidenza del lepontico e del celtiberico (v. oltre al § IV.c.b) fa apparire superata
l’interpretazione come «Kurzform» di De Simone, ibid. p. 200.
142
Presentata nel 1999 a Bonn come lezione inaugurale.
143
de Hoz 1995.
144
La stesssa base derivazionale è presente anche nel teonimo airl. Banba (<
*gw;(H)-w-yā, cf. DBSt [1997] in 2000/03, p. 42).
145
Zaccaria 2001-2002, p. 132.
146
La forma soggiacente *Segedya sarà sorta come forma aggettivale in -yā
da Ségeda HIS.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 177
che di nomi di persona basati su etnonimi celtici : nel III s. a.C. in-
contriamo in ambito etrusco Keltie (< *Kelt-yo-s ‘Il celta’) a Spina,
Eluveitie (< *(H)eluet-yo-s ‘L’elvetico’) a Mantova e il gentilizio Ruta-
nie (< *Rúten-yo-s ‘Il rutenico’) su un cippo a Bolsena, nonché Boios,
Boiknos e *Boialos in ambito venetico147.
147
Tutti discussi da Vitali e Kaenel 2000; v. anche sopra al § II.d per Celuestra
e alla nota 125 per il secondo gruppo.
148
Schmoll 1958, p. 36, no 29 in alfabeto greco : «Steinfragment [...] Ein-
heimischer P(ersonen)N(ame)?». – Si ricordino i.a. la ricerca di mercenari tra le
tribù celtiche da parte di Dionisio di Siracusa all’inizio del IV sec. a.C. (cf. la bi-
bliografia citata da Maier 1996 [1997], p. 87) e i nuovi ritrovamenti archeologici
del V sec. a.C. (Rapin 2001). Cf. ora anche Cordano 2003, p. 43 e fig. 6 : «genitivo
[...] di un nome personale non greco, che è stato giustamente avvicinato al lat.
hostis».
.
178 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
151
La fotografia del gradino inclusa nel recente studio di Markey e Mees
2003, in cui si legge chiaramente dat.plUvltiauioPos, con inversione grafica da cor-
reggere in {Vu}ltiauiobos, mi obbliga a ritrattare quanto detto nel 1990, dove mi
rifacevo a una lettura della Tibiletti Bruno.
152
Cf. anche Grzega 2001, p. 220, su un pendant continuato nella Cisalpina.
153
Cf. la bibliografia in Bromwich/Evans, 1992, p. 52s.
154
Ancora una volta si tratta di una isoglossa, lo sviluppo dyV > dz > z, già ri-
scontrata per il celtiberico (DBSt 1999/2001, p. 328-331).
155
Suffissati risp. in *-dya e *-dyō(n), cf. Prosdocimi 1984/87 p. 77s. Una in-
terpretazione leggermente differente ora in DBSt 2006, p. 47.
156
Dai materiali di Zaccaria al workshop F.E.R.C.AN. di Osnabrück (2002).
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 179
157
Cf. la discussione in Solinas 1993-94, p. 914s. – Si noti che in entrambi i
casi la regola del celtiberico, e di altre zone del celta ispano, con *VCyV > ViCV
vs. VCCyV preservato per via della consonante doppia (DBSt 1999/2001, p. 324-
328, e 2002, p. 98-102 e 116s.) spiega perfettamente l’apparente asimmetria della
forma lepontica.
158
Cf. Motta 2000, p. 211.
159
A differenza di quanto succede nella Penisola Iberica. Noterò comunque
che prima della convincente analisi di Vitali e Kaenel 2000 (v. sopra al § IV.a.d)
pensavo che l’idionimo continuasse un originario *pelu-weid-yo-s ‘*multi-sciente’
corrispondente all’idionimo cimr. Elwydd.
160
Cf. la discussione della bibliografia relativa al fenomeno in DBSt 1999/
2001, p. 321s.
161
Mercando/Paci 1998, no 90 con bibliografia.
162
Citato da Rémy 2000, p. 923. Sul determinante Nitio – v. sopra al § I.c.b;
obsoleto ora Maier 1997 [1998] su gall. *genā ‘ragazza’, cf. DBSt 2007 [2008].
163
Rémy 2000, p. 911, e OPEL s.v.; v. inoltre quanto detto sopra al § IV.a.b
con la nota 138.
164
Esatto corrispondente di cimr. gwas : airl. foss ‘servitore’ < *upo-sth2-o-s.
165
Della anticipazione di palatalità si è detto sopra.
.
180 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
166
Non è necessario vedervi un più antico *Quadros; si noti comunque l’assi-
bilazione – di tipo celtico – della dentale davanti a r.
167
Non c’è quindi nessuna ragione di ricostruire ad hoc allomorfi supposta-
mente celtici di *d;ghwāt- con grado pieno e senza dentale, riduzioni di *kwet-
wores e labiovelari labializzate già per il celta del VII/ VI secolo a.C. come hanno
fatto di recente vari studiosi solo e unicamente per spiegare il testo di Oderzo.
168
Resta implicito il patronimico **Metelala ‘figlia-di-Metelo’. Si noti che
un’interpretazione in questo senso apporta al tempo stesso un ordine più logico
dei nomi delle due dedicanti.
169
Innovazione affermatasi anche tra i personali specificamente celtiberici :
DBSt 2000, p. 112s. con bibliografia.
170
Risp. Morandi 2000, p. 10, e Crevatin 1996, p. 23.
171
V. quanto detto sopra alla nota 151 e cf. Prosdocimi, i.a. 1985 p. 564s., ed
Eska 1998.
172
Che si incontra risuffissato in nasale nel cib. Usizu ‘Massimo’.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 181
V. CONCLUSIONI
173
Il Tokua del IV / III sec. a Verona (Morandi 2000, p. 19) parrebbe invece
rappresentare /Tongwa/, vale a dire il femminile del NP Tongus che si documenta
fuori d’Italia (Delamarre, p. 298 con bibliografia).
174
Una volta anche nella variante ipercorretta Veiquasius.
175
Mercando/Paci 1998, p. 113.
176
Cf. la bibliografia citata in NWÄI, p. 349.
177
Per l’iscrizione cf. Motta 1995.
178
Che servirà anche a spiegare la u di Blustiemelo (no 3 e no 1 nel catalogo di
Lejeune 1972, p. 266).
179
Privi di fondamento sono i no 6 e 7 del catalogo di Lejeune 1972, p. 266; la
vecchia connessione di bormo- e derivati con l’ie. *gwher- ‘caldo’ (ibid. al no 9 e in
.
182 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
Anche il gruppo dei nomi riconoscibili come celtici tra quelli del-
la zona considerata ligure appare più numeroso, cf. pago Ambitrebio,
Bagienno, Medutio; saltum Canianum, Catucianum, Helvonum; fund
(um) Bivelium, Cumallianum, Maticianum, Nitielium, Roudelium
etc. nella TaAV180. In particolare, uno dei gruppi stanziatisi sulla co-
sta ligure risponde al nome celtico di ‘Picti’; si tratta degli Ingauni, il
cui etnonimo sussiste nel nome dell’odierna Albenga e – come abbia-
mo mostrato al § II.a.b – vuol dire proprio ‘Picti’ in celtico.
Si può poi constatare che dal complesso dei materiali onomasti-
ci a disposizione traspare una facies linguistica particolarmente ar-
caica, caratterizzata dalle isoglosse di conservazione presentate nei
rispettivi § (C) e (D) dei cap. I-IV. Si tratta di una facies che non solo
non comparte le innovazioni caratteristiche dell’area ligure, ma che
– come rivela il confronto con Hercynia o con Equos ed evtl. Qu-
tios 181 a Coligny – non è neppure specificamente italiana. Propongo
pertanto di distinguerla con il nome di ‘hercyno-sequano-ticinese’ o
più semplicemente di ‘sequano-ticinese’. Ricorderemo infatti che di
«Sequanian» – utilizzando un termine geografico motivato allo stes-
so tempo linguisticamente e archeologicamente – parlava già nel
1898 il Nicholson per indicare una fase assai arcaica del celta conti-
nentale182 ; e ugualmente duplice è la motivazione dell’aggiunta ‘tici-
nese’, dato che l’alta valle del Ticino corrisponde al territorio degli
insediamenti più antichi e che l’idronimo Ticinos – come abbiamo
visto al § I.D – rappresenta proprio una delle forme in cui una labio-
velare sorda si sottrasse per tempo a quella che in seguito sarebbe
stata una labializzazione generale183.
Chiameremo poi ‘liguri’ tanto il dialetto celtico con innovazioni
Pellegrini 1981, p. 38) invece che con l’ie. *bher- ‘ribollire’ (Prosdocimi 1985,
p. 568; v. anche sopra al § 1.a.a con la nota 11) ritorna a essere un’alternativa pos-
sibile per via del nuovo ciottolo di Briona (Rubat Borel 2005/2006).
180
Dalle note basi derivazionali celtiche ambi+treb-, badyo-, medu-t-, kanyo-,
katu-k- (cf. anche la base celt. katak- nel gentilizio etrusco Katacina a Orvieto,
agli inizi del VI s. a.C. [De Simone : i.a. 1982, p. 201]), (p)elu-, bivo- (< ie.
*gwiwo-), kámulo-, mati-k-, nityo-, roudo-.
181
La proposta di Nicholson 1898 (p. 12 : «is doubtless connected with Lat.
quatio and -cutio, Irish cáith ‘chaff’ [LEIA-C-23 ‘balle (des grains)’] and means
‘Threshing-month’») è tuttora più che valida : la aggiungeremo pertanto a Dela-
marre, p. 133s. nonché a RIG-III, p. 267 e 423, ricostruendo dalla radice verbale
*(s)kweh2t ‘durchschütteln’ (LIV, p. 510) un nom. sing. con grado zero *kūt-yo-s >
qutios/cutios; si noterà inoltre l’arcaismo costituito dal gen. sing. in *-yo di tipo
ablativale preservato nel qutio/cutio e in altri nomi di mesi dello stesso calenda-
rio.
182
Quella appunto che conosceva tanto la *p che le *kw e *kw indoeuropee e
che il Nicholson intuiva presente nel calendario di Coligny, di cui fu primo e bril-
lante commentatore.
183
Propria del celta continentale di tipo gallico.
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 183
proprie che traspare dal corpus onomastico della zona ligure, quanto
quegli elementi che, incapsulati non solo nelle stele della Lunigiana
del 500 a.C. ca., ma anche in altri documenti celtici arcaici, non con-
dividono però il fascio di isoglosse caratteristiche del lepontico vero e
proprio – né tantomeno del gallico –, mostrando invece assibilazione
del nesso dy+Voc, anticipazione della palatalità o/aCyV > o/aiCV o an-
che – come nel nome di Latumaros a Ornavasso – la labializzazione
vocalica di cui sopra. Si può così circoscrivere un dialetto sviluppato-
si in un secondo momento – e soprattutto in un territorio delimitato,
anche se più ampio della Liguria attuale – dalla primissima fase lin-
guistica celtica, qui battezzata ‘sequano-ticinese’, il quale intrattiene
con quella più o meno la stessa relazione che passa tra il dialetto della
regione celtiberica e il celta ispanico184. In vari casi abbiamo potuto
addirittura constatare che le isoglosse fonetiche che si conoscono dal
celtiberico (epentesi, labializzazione di o+Lab in u+Lab, assibilazio-
ne del nesso dy+Voc, anticipazione della palatalità o/aCyV > o/aiCV) si
trovano in nuce già in questo celta ligure185 di più ampia definizione;
ciò concorda con l’evidenza archeologica, dato che le ricerche più re-
centi indicano che proprio gli stimoli procedenti dai territori setten-
trionali dell’Italia antica furono tra i catalizzatori più importanti im-
plicati nella configurazione della cultura celtiberica186 ; nello stesso
senso si può inoltre interpretare la ripetizione, oltre che del suffisso
-asko-/ā, di alcuni elementi onomastici nei due territori187.
A differenza delle due prime fasi linguistiche riscontrate nella
celticità italiana, che ci appaiono pressoché esclusivamente fossiliz-
zate nell’onomastica, il lepontico delle iscrizioni, che Lejeune 1972,
p. 269, proponeva di chiamare «luganien», ci si rivela con un profilo
di innovazioni non tanto fonetiche (nd > n(n) e -ks > -s¥ , anch’esse pro-
prie in parte del celtiberico se non del celta ispano; dg > śg, st > z)
quanto soprattutto morfologiche. Sono queste ultime (l’acc. plur.
consonantico in -eś188 ; il nom. plur. tematico in -oi; il gen. sing. tema-
tico di origine pronominale e valore possessivo in -oiso189, che già dal
184
Sul celtiberico come dialetto centrale rispetto alle rimanenti varietà celti-
che individuabili nella Penisola Iberica cf. DBSt 2002.
185
Si potrà anche parlare di ‘celtoligure’, a condizione però di intenderlo co-
me semplice etichetta geografica, mentre la vecchia etichetta presuppone l’esi-
stenza di lingue ‘geneticamente pure’, laddove tutte le lingue che conosciamo si
sono invece innestate su uno strato linguistico differente.
186
Arenas-Esteban & DBSt 2003/c.s.
187
Alcune di tali ripetizioni sono evidenziate nel contributo di Motta a que-
sto stesso volume. Cf. ora anche DBSt 2005/2006, p. 50.
188
Rifatto cioè dal regolare *-aś (< celt. *-ans < ie. *-;-s) sul nom. plur. -es per
ragioni di economia linguistica, come spiegato da J. Eska nel 1998.
189
Normalmente in scritte che indicano la proprietà dell’oggetto (Solinas
1993-94, p. 916).
.
184 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
190
Riconosciuto nel corpus lepontico da J. de Hoz, viene spiegato da DBSt
2001/03 come isoglossa di conservazione dell’ie. più arcaico.
191
Parallelamente a quanto accade con airl. maccu e corcu, utilizzati nell’e-
spressione del propatronimico (DBSt 1991).
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 185
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
192
Forme galliche con assimilazione come Anokombogios a Briona (v.sopra
al § IV.a.g) e il genVini a Lamboglia (sec. II a.C., Morandi 2000, p. 13) saranno do-
vute al sostrato lepontico della zona, v. anche quanto si dice alla nota seguente.
193
In particolare, il fatto che «The large territorial extension can only be ex-
plained [...] by the fact that the indigenous peoples adapted themselves or were
absorbed» (Frey 1996 [1997], p. 65) dava evidentemente adito a svariati fenomeni
locali di sostrato.
.
186 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 187
– Grafemica e fonologia del celtiberico : 1. Nuovi dati sulle vocali mute; 2. Una
nuova legge fonetica che genera dittonghi; 3. Fonti e fasi di sviluppo della
sibilante sonora, in Religión, lengua y cultura prerromanas de Hispania
(Actas del 8o Coloquio sobre lenguas y culturas prerromanas de la Penín-
sula Ibérica, Salamanca, mayo de 1999), a cura di F. Villar e M. P. Fer-
nández Álvarez, Salamanca, 2001, p. 319-334.
– Keltische Ortsnamen, in HOOPS’ Reallexikon der Germanischen Altertums-
kunde, vol. 16, Berlino-New York, 2000, p. 407-413.
– Centro y áreas laterales : la formación del celtibérico sobre el fondo del celta
peninsular hispano, in Palaeohispanica 2, 2002, p. 89-132.
– Die sprachliche Analyse keltischer Theonyme (Projekt F.E.R.C.AN, Vitoria
2000), in Zeitschrift für celtische Philologie 53, 2003, p. 41-69 [ristampa-
to in J. Gorrochategui e P. de Bernardo Stempel (a cura di), Die Kelten
und ihre Religion im Spiegel der epigraphischen Quellen/Los Celtas y su
religión a través de la epigrafía, Anejos de Veleia, Series maior no 11,
2004, p. 197-225].
– Der Beitrag des Keltischen zur Rekonstruktion des indogermanischen No-
mens, in Indogermanisches Nomen (Akten der Arbeitstagung der Indoger-
manischen. Gesellschaft, Freiburg/Br. 2001), a cura di E. Tichy et al., Bre-
ma, 2003, p. 31-50.
– From Indo-European to the individual Celtic languages, Cork 1999 : XIth
ICCS, in corso di stampa per la 3a FS G. Mac Eoin, a cura di D. Ó hAod-
ha e D. P. Ó Baoill, Dublino.
– Sull’origine delle sibilanti in celtiberico : una modifica alla teoria di Franci-
sco Villar, in Gaulois et Celtique continental [Atti del Colloquio di Cler-
mont-Ferrand, 13-16 maggio 1998], a cura di P.-Y. Lambert e G.-J. Pi-
nault, Ginevra, 2007, p. 181-188 (Hautes études du monde gréco-ro-
main, 39).
– Additions to Ptolemy’s Evidence for Celtic Italy, in New approaches to Celtic
place-names in Ptolemy’s Geography [Terzo Colloquio internazionale,
Madrid 2002], a cura di J. de Hoz, E. R. Luján e P. Sims-Williams, Ma-
drid, 2005, p. 105-106.
– Ptolemy’s Evidence for Germania Superior, in New approaches to Celtic pla-
ce-names in Ptolemy’s Geography [Terzo Colloquio internazionale, Ma-
drid 2002], a cura di J. de Hoz, E. R. Luján e P. Sims-Williams, Madrid,
2005a, p. 71-94.
– Die in Noricum belegten Gottheiten und die römisch-keltische Widmung
aus Schloß Seggau, in Keltische Götter im Römischen Reich : Akten
des 4. internationalen F.E.R.C.AN-Workshops (Osnabrück, Oktober
2002), a cura di W. Spickermann e R. Wiegels, Möhnesee, 2005b,
p. 15-27 (Osnabrücker Forschungen zu Altertum und Antike-Rezep-
tion, 9).
– Tratamiento y notación de las silbantes en celtibérico : cronología relativa del
desarrollo paulatino visible en inscripciones y monedas, in Acta Palaeohi-
spanica IX : Actas del IX Coloquio sobre lenguas y culturas paleohispáni-
cas (Barcelona, octubre de 2004), a cura di J. Velaza Frías, F. Beltrán
Lloris e C. Jordán Cólera, Saragozza e Barcellona, 2005 = Palaeohispa-
nica 5, p. 539-563.
.
188 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 189
.
190 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
LA RICOSTRUZIONE DEL CELTICO D’ITALIA 191
.
192 PATRIZIA DE BERNARDO STEMPEL
.
JEAN HADAS-LEBEL
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES
ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES
LIENS ENTRE LIEUX ET PERSONNES
DANS L’ONOMASTIQUE ÉTRUSQUE
1
Cf. Schulze 1904, p. 564 s.
2
Pallottino 1937, p. 341-358; cf. aussi, plus récemment, Pallottino 1984,
p. 401-405.
3
Rix 1963, surtout p. 230-236 et 306-312; et plus récemment Rix 1972,
p. 733-736.
4
Pfiffig 1969, p. 189-190.
5
De Simone 1975, surtout p. 145-149.
6
Colonna 1977, surtout p. 181-183.
.
196 JEAN HADAS-LEBEL
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 197
7
Cette référence épigraphique et toutes celles qui suivront sont tirées du
corpus réalisé sous la direction de H. Rix, Etruskische Texte (titre abrégé en ET).
8
Cf. Heurgon 1961, p. 292.
9
Cf. Denys d’Halicarnasse, Antiquités I, 30, 3. D’après H. Rix, rasna a d’a-
bord signifié «peuple»; cf. Rix 1984. Néanmoins, rien ne permet de confirmer
avec certitude l’hypothèse d’H. Rix. Qui plus est, même si cette dernière était cor-
recte, on peut estimer que le mot rasna avait fini par désigner plus précisément le
peuple étrusque.
10
Cf. omb. turskum : T. Ig. I b 17; tuscom VI b 58; VII a 47; gén. sg. tuscer VI
b 54, 59; VII a 12; 48; dat. sg. tursce VII a 12. Cf. sur la question, l’article de De Si-
mone 1972, p. 153-181.
.
198 JEAN HADAS-LEBEL
11
H. Rix est parvenu à la même conclusion; voir Rix 1963, p. 310, et Rix
1972, p. 733 : «das dritte (s.e. Suffix) (= -te/ -ue) (s.e. dürfte) im Etruskischen zu-
hause sein»; cf. aussi Rix 1995, p. 85 s.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 199
.
200 JEAN HADAS-LEBEL
12
Cf. Ernout 1953, p. 99, note 2; cf. aussi Leumann 1977, p. 98, § 106 et sur-
tout p. 345s, § 309.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 201
supposé, mais très probable, *xerite. Mais que dire lorsque la forme
étrusque est dérivée, cette fois, d’un toponyme italique et qu’elle pos-
sède un remarquable équivalent dans les langues italiques? Or c’est le
cas d’au moins six de nos ethniques en -te / -ue : atinate, mefanate, peti-
nate, sentinate, *sasnate et *felcinate, qui semblent procéder respec-
tivement de Atinās, Mevānās, Pitinās, Sentinās, Sassinās et Fulginās.
Ici, la priorité des formes italiques sur les formes étrusques nous pa-
raît indubitable, du fait de la présence du a devant le suffixe -te. Nor-
malement, en effet, l’étrusque, dans ses dérivés ethniques en -te / -ue,
se contente de coller directement le suffixe au thème du toponyme,
sans ajouter aucun morphème tampon (cf. velurite du toponyme veluri
‘Volterra’, manuva-te de manuva ‘Mantoue’ etc.). Si ce a peut se justi-
fier dans la formation de atinate, mefanate, *sasnate et *felcinate, le
¯
toponyme de départ (Atina, Mevānia, ¯
Sassina ¯
et Fulginia) ¯
reposant à
chaque fois sur un thème en -a, l’argument n’est pas valable pour les
deux autres noms, car le toponyme dont chacun est dérivé ne
comporte pas de -a, si du moins l’on en croit la forme latine. Peut-être
les formes ombriennes correspondant à lat. Sentinum et Pitinum
avaient-elle un thème en -a? La chose n’est du reste pas invraisem-
blable car, comme on le reverra, il n’est pas impossible que les six
villes, pour la plupart ombriennes, d’où ces ethniques ont été tirés,
aient été à l’origine des formations étrusques en -na. Néanmoins, et
jusqu’à preuve du contraire, mieux vaut considérer les noms petinate
et sentinate, mais aussi les quatre autres, comme des emprunts à
l’ombrien. On admirera, à cette occasion, l’étrange cheminement du
suffixe -te / -ue : parti d’Étrurie, il est allé à la conquête de l’Ombrie et
du Latium, avant de revenir en pays étrusque dans un petit nombre
d’anthroponymes ethniques, désormais augmenté de la voyelle a qu’il
avait acquise au cours de ses pérégrinations italiques.
.
202 JEAN HADAS-LEBEL
tuels (Alfina, Cécina, Carpegna). Ont été inclus dans la liste dix-neuf
noms se rapportant à des sites situés en dehors de l’Étrurie propre.
Sept de ces sites sont campaniens (Atina, Celemna, Volturnum, Mar-
cina, Mefānus pagus, Urina et Flāvina), neuf appartiennent à la zone
ombro-picénienne (*Carpina < cf. mod. Carpegna, Cutina, *Helvi-
num, Mēvānia, Pitinum, Ricina, Sassina, Sentinum et Fulginia) et
trois sont en Padane (Mutina, Caesēna et Felsina). Étant donné les
liens très étroits que les Étrusques ont entretenus avec ces trois ré-
gions et les nombreuses colonies qu’ils y ont fondées, l’idée qu’au
moins certains de ces toponymes puissent être de souche étrusque
nous semble très tentante. Néanmoins, comme la question reste très
controversée, nous avons préféré mettre à l’écart de notre étude tous
ces toponymes allogènes, exceptés Felsina et Marcina dont l’étrus-
quité est hors de doute. Nous laisserons également de côté trois to-
ponymes hypothétiques dont on ignore jusqu’à l’emplacement et qui
ne disposent d’aucun équivalent latin connu (pelna, sauxna, felzum-
na). Au bout du compte restent quatorze toponymes – nous tenons à
le souligner – supposés car, encore une fois, aucun (mis à part pu-
pluna) n’est attesté en étrusque. Or ces quatorze noms de villes sup-
posés en -na, auxquels on rajoutera le nom étrusque de Volterra, vel-
uri, se trouvent avoir des sosies quasi parfaits dans la catégorie des
gentilices. Cette similitude est telle que certains savants ont été ten-
tés d’établir des passerelles entre les uns et les autres. La question
est de savoir s’il existe un lien entre ces toponymes et ces anthropo-
nymes, et si oui, lesquels sont issus des autres.
Une idée couramment admise veut que les deux formes soient
liées, et que ce soient les toponymes en -na qui découlent des anthro-
ponymes en -na13 ; d’où l’appellation de «toponymes anthropony-
miques» par laquelle nous avons choisi de les désigner. L’origine de la
coïncidence entre les deux formes serait à chercher dans la nature
grammaticale des gentilices en -na. Comme les gentilices latins, les
gentilices étrusques étaient d’abord des adjectifs patronymiques indi-
quant l’appartenance d’un fils à son père; plus tard, ils se figèrent et
devinrent héréditaires. Qui plus est, nul n’ignore que les gentilices la-
tins pouvaient au départ avoir un usage adjectival (comme dans les
groupes Curia Hostilia, via Flaminia...). Forts de ces exemples latins,
certains savants ont émis l’hypothèse selon laquelle les gentilices
étrusques auraient connu un destin similaire. Ainsi, d’après eux, le to-
ponyme Cécina proviendrait d’un groupe supposé du type *spur ceic-
na (c’est-à-dire grosso modo «urbs caecinia»); puis, par simplification
et abréviation, seul l’élément gentilice ceicna serait resté. En résumé,
les toponymes étrusques en -na seraient d’anciens adjectifs gentilices
13
Cf. notamment De Simone 1975, p. 147 s.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 203
14
Cf. De Simone 1975, p. 147 s.
15
Cf. Colonna 1977, p. 182.
16
Cf. Colonna 1977, p. 182.
17
Cf. Dauzat 1945, p. 135 s.
.
204 JEAN HADAS-LEBEL
18
La forme archaïque du prénom (puplie) n’est attestée qu’une fois, à Volsi-
nies (Vs 1.29 : VIe s.). La forme récente pupli connaît trois occurrences à Clusium
(Cl 1.2079, 2080 et 2344) – dont deux renvoient à la même personne, un lautni (Cl
1.2079 s) – et une dans une inscription bilingue de Pérouse (Pe 1.313). À noter
également à Clusium, à côté du prénom pupli(e), le Vornamengentilicium iden-
tique pupli (Cl 1.750, 2177-79 et peut-être 2296, avec i d’anaptyxe); cf. Watmough
1997, p. 92).
19
Sur les liens probables existant entre le toponyme et le théonyme, cf.
Walde-Hoffmann, LEW, II, p 340, M. Cristofani, LIMC III, 1, p. 531 et Grant
1986, p. 518. Sur l’origine controversée (mais sûrement ombrienne) du théo-
nyme, voir Meiser 1986, p. 215 s.; cf. aussi Rix 1998, p. 215; à noter que, pour
H. Rix, le toponyme pupluna n’est pas issu du théonyme fufluns mais d’un théo-
nyme italique *Poplōno-. Voir sur la question la bonne mise au point de Wat-
mough 1997, p. 95 s.
20
Le lien entre l’ethnique tarxnte et le toponyme *tarxna est problématique. En
effet, on attendrait comme ethnique tiré de *tarxna la forme *tarxnate. La dispari-
tion du a à l’intérieur de l’ethnique ne laisse pas de surprendre car, dans tous les
autres ethniques dérivés de toponymes en -na, le a du suffixe se conserve (cf. *cape-
nate, carpnate, venate, mefanate, petinate, s¥entinate etc.). Le seul autre exemple
d’ethnique dans lequel s’observe pareil phénomène est seiante, à condition qu’il s’a-
gisse bien d’un ethnique formé sur le nom étrusque supposé de Sienne, *sei(a)na.
21
Le nom étrusque de Tarchon, *tarxu(n), figure peut-être sur un miroir de
Tuscania (AT S.11) sous la forme tarxunus. Cette forme est d’ailleurs probléma-
tique. S’agit-il d’un génitif? d’un nominatif en -us comme fuflunus à côté de fu-
fluns? auquel cas il faudrait considérer que le nom étrusque de Tarchon était plu-
tôt *tarxun(u)s que *tarxu. Cf. sur la question Pallottino 1930, p. 49 s.; id., 1936,
p. 462.
22
Cf. Sur la tradition faisant de Tarchon le fondateur de Tarquinies, cf. Bri-
quel 1984, p. 225 s. Selon G. Colonna, le gentilice tarxna pourrait lui aussi venir
du nom étrusque de Tarchon, *tarxu : «Abbiamo motivo di ritenere che Tar-
chonte (tarxu) sia stato il capostipite e della città e della gente dei tarxna∼Tarqui-
tii.» (cf. Colonna 1977, p. 183).
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 205
nyme en -na, tiré du vieux prénom étrusque *tarxe, non attesté mais
que l’on peut reconstruire à partir de son féminin tarxa, dont on pos-
sède une unique occurrence à Vulci 23. Si cette hypothèse est cor-
recte, le gentilice devait donc être à l’origine *tarxe-na 24 et le topo-
nyme, *tarxu(n)-na 25. Puis, quand au Ve siècle est intervenue en
étrusque la syncope des voyelles en syllabe intérieure, les deux noms
se seraient trouvés confondus sous la forme tarxna. Ici, l’homonymie
entre le toponyme et l’anthroponyme (*tarxna ∼ tarxna) serait donc
le résultat d’une plus ancienne paronymie (*tarxuna ∼ *tarxena).
Pour Volsinies, la même explication semble pouvoir être avan-
cée : au gentilice velzina – dont le thème était en -i comme le prouve
une forme peut-être archaïsante de Pérouse (Pe 1.1017) – faisait pen-
dant un toponyme *velzuna, avec voyelle médiane u comme le sug-
gère la légende velzu qu’on peut lire sur une pièce retrouvée à Orvie-
to (NU N.7) 26. Puis, sous l’effet de la syncope, les deux noms auraient
fini par se confondre, donnant l’un et l’autre velzna.
À supposer que les noms étrusques de Vetulonia, Cortone et
Sienne aient aussi été des dérivés déterminatifs en -na – ce qui est
probable –, on ne peut exclure que la similitude qu’ils présentent
avec certains gentilices soit fortuite. Ainsi, pour Cortone, la ressem-
blance entre le gentilice kurtina et le toponyme supposé *curtuna est
paronymique; pour Vetulonia, on pourrait également parler de pa-
23
Cf. Vc 1.10 : eca suui tarxas levial... Notons qu’il existait également en
étrusque un prénom masc. tarxi attesté seulement à Pérouse, que ce soit sous sa
forme pleine (Pe 1.305sq, 1206sq) ou sous la forme abrégée tx : Pe 1.461 et 789.
Toutes les autres occurrences du nom – notamment les occurrences clusiniennes
– semblent indiquer que le prénom était aussi utilisé comme gentilice (Vor-
namengentilicium selon la théorie de H. Rix). Le prénom tarxi représente selon
toute vraisemblance la forme récente du nom tarxie gravé (au génitif, tarxies) sur
le miroir de Tuscania AT S.11. Il n’est d’ailleurs pas impossible que tarxie et *tarxe
ne soient que deux variantes graphiques du même prénom (voir note suivante).
24
Comme nous l’a très justement fait remarquer H. Rix, que nous remer-
cions, le prénom dont le gentilice patronymique tarxna est dérivé ne saurait être
tarxi(e). De fait, un gentilice tiré de tarxi(e) aurait donné étr. arc. *tarxiena > étr.
réc. *tarxina, avec un i long intérieur qui ne peut tomber (cf. étr. réc. puplina <
étr. arc. pupliana < puplie + -na). Mais le i de tarxie n’est peut-être qu’un artifice
graphique destiné à exprimer le caractère palatal du x étrusque. Auquel cas, tarxie
(> étr. réc. tarxi) ne serait qu’une variante du prénom *tarxe (fém. tarxa).
25
Si le gentilice cérite tarxna est très vraisemblablement une formation pa-
tronymique tirée du prénom supposé *tarxe, il n’en va pas de même du gentilice
étrusque des Tarquins tel qu’il apparaît du moins dans la tombe François de Vul-
ci, à savoir tarxunies (Vc 7.33). Cette forme a des chances d’être un dérivé en -ie
du nom étrusque de Tarquinies : *tarxuna-ie >tarxunie(s); auquel cas on serait en
droit de parler ici d’anthroponyme toponymique. Toutefois, la forme vulcienne
tarxunies n’est peut-être rien d’autre qu’une transcription étrusque du nom latin
Tarquinius.
26
Le toponyme velzu serait donc à *velz(u)na ce que *tarxu était à *tarx(u)na.
.
206 JEAN HADAS-LEBEL
27
La forme *vatluna serait une variante en -na du toponyme vatlu(i) attesté
sur des pièces de monnaie (NU N.2 et 3). On notera au passage le parallélisme
saisissant entre les trois doublets toponymiques vatlu ∼ *vetluna, velzu ∼ *velz(u)
na et *tarxu ∼ *tarx(u)na.
28
Le thème s¥eie de *seiena est du reste attesté isolément en fonction de gen-
tilice à Volterra (cf. Vt 1.140).
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 207
*aunate a u n a t i ( A S ) ∼ Cl, AS ?
aunt(a)nal (Cl) 30
(à suivre)
29
Il semble cependant que les plus anciens anthroponymes toponymiques
(VIe siècle) aient été systématiquement pourvus du suffixe d’appartenance -na.
C’est le cas de silqetena, tarxvetena (tableau 1), ahvricina, kalaprena, tursikina (ta-
bleau 3). Nous tenons à remercier Enrico Benelli pour cette très judicieuse re-
marque dont il nous a fait part oralement. En étrusque plus récent, la nécessité
de recaractériser l’ethnique au moyen du suffixe -na (ou -ni) s’estompe mais ne
disparaît pas pour autant (cf. velxatini, xeritna, lecstini, umrana).
30
Pour aunati, cf. AS 1.98; pour aunt(a)nal, cf. Cl 1.844-45.
.
208 JEAN HADAS-LEBEL
cluate(sa) 34
Ar 1.85 ?
cus¥iue(ś) cus¥iui Pe Cosa (Etr)
curuute(ś) Cl Cortona (Etr)
1.1976
harpite harpiti Cl ?
(à suivre)
Ta 1.221.
31
Cl 1.1656.
32
33
Peut-être s’agit-il d’une erreur pour cisuitia, féminin attendu de cisuite à
Pérouse.
34
Peut-être s’agit-il d’une faute d’orthographe pour clautesa.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 209
uupite(s) Cl ?
1.1851
latiue latiui (Cl, Pe) ∼ Cl, Pe, Ta lauite (Cl, Latium
latiuia (Cl) Vs, Pe)
latiteś (Cl)
lemnite(ś) Fe 7.2 Lemnos
macute(ś) macutia Cl Mago
(Hispania)??
manuvate manuvatnei (Cl) Cl, Pe Mantua (Etr)
masate(ś) Cl 1.1309 ?
mehnate(ś) mehnati Pe mef(a)na- cf. infra
te?
seiate 35 Cl 1.29 ?
seiante seianti Cl Saena (Etr)?
senate senatia (Pe) Pe, Cl Sena (Um)?
sentinate sentinati Cl, Pe, AS Sentinum (Um) ∼
Sentinas
siate Pe 1.782 ?
rumate Cl, Co r u m au e s Roma (La)
(Cl 1.723)
(à suivre)
35
Peut-être s’agit-il d’une faute d’orthographe pour seiante.
.
210 JEAN HADAS-LEBEL
*starniue starniui Pe ?
N.B. 1 : Sont soulignés tous les anthroponymes qui ne sont attestés que sous forme de
Patronusgentilicia.
N.B. 2 : N’ont pas été pris en compte dans cette liste :
– les gentilices minate et ecnate, issus très probablement non d’un toponyme,
mais d’un prénom sabellique (respectivement osq. Minaz et *Ecnaz)
– les mots esati (Vc 0.55), canzate (Ta 3.9) et herati (Vs 0.34) dont la nature (nom
propre? autre?) est incertaine
N.B. 3 : Sont en grisé les anthroponymes dont l’origine est très incertaine ou in-
connue.
36
Cf. Rix 1995, p. 85.
37
Cf. Colonna, dans Gli Etruschi e Roma, Rome, 1981, p. 202 s.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 211
Gentilices Correspondants
masc. féminins Diffusion Variantes Dériv. Origine géographique
arnzlane(ś) Cl 1.1486 ?
astes¥ine Pe 1.929 ?
capatine Cl 1.1845 ?
capine AS 1.5 ?
carpiane Cl 1.583 ?
vaipane(s) Ta 1.120 ?
(à suivre)
38
À vrai dire, le codex de la bibliothèque vaticane dans lequel l’inscription a
été recopiée présente la forme bien problématique aritin.ai et c’est A. Maggiani
qui corrige la lecture en aritinial; cf. Maggiani 1989, III, p. 1627. D. Steinbauer ré-
sout le problème différemment en lisant aritim.{ai} aritim étant selon lui le nom
étrusque de la cité d’Arretium; cf. Steinbauer 1998, p. 264.
39
Cf. Atrani (peuple d’Apulie), Pline NH III,52; cf. aussi l’actuel Atrano (situé
dans l’antique territoire des Marses) et Atrani (Amalfi).
40
Sur l’existence probable en latin d’une forme *Veiānus, parallèle aux
formes officielles comme Veiens et Veientanus, cf. Rix 1963, p. 308, note 14. Mais
il n’est pas non plus impossible que veiane soit la transposition d’une forme sa-
bellique (ombrienne? osque?) *veiano-.
.
212 JEAN HADAS-LEBEL
munane(ś) AS 1.50 ?
plaicane Cl 1.1043 ?
tafane Cl 1.2387 ? 42
N.B. 1 : Sont soulignés tous les anthroponymes qui ne sont attestés que sous forme de
Patronusgentilicia.
N.B. 2 : N’ont pas été pris en compte dans ce tableau :
– le GE herine issu très vraisemblablement du prénom sabellique heírens.
– les formes de nature très obscure, à savoir avines (AV 2.6), meine (AT 1.101), pe-
tineś (Sp 2.80), piianes (Cm 2.52), renine (AS 1.320) et tenine (Pe 3.3).
N.B. 3 : Sont en grisé les anthroponymes dont on ne peut dire si ce sont de véritables
dérivés toponymiques en -ane/-ine.
Certains ont cherché à rapprocher tafane de lat. vulg. *tafanus (> italien
42
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 213
Toponymes Équivalents
Gentilices Variantes du
masc. Féminins Diffusion étr. en -na toponyme latins
correspondants ou modernes
(à suivre)
AT 3.2.
44
Vs 1.59.
45
46
Selon H. Rix, la forme cale, à Clusium, pourrait également procéder de lat.
calvus. Cf. Rix 1962, p. 29-45.
47
Pe 1.573 : lecusti . caspres . latni. Sur l’ethnique supposé *Ligustius, cf. Rix
1963, p. 312; Rix 1994, p. 100.
48
Pe 1.1094 : uana : lecusta : lautni(ua).
49
AH 1.74.
50
Cette ville est située dans la région de l’ancienne Volsinies. Voir ce que dit
à ce sujet De Simone 1970, p. 87, et De Simone 1975, p. 146.
51
Ville située entre Véies et Caeré; cf. Tite Live IV, 61 et Schulze 1904, p. 568.
.
214 JEAN HADAS-LEBEL
*carpna? mod.
(cf. ethn. carpnate) Carpegna
(Um)
velzina/ velznal/ Cl, Pe, Ta *velzna ? (cf. velznax velsu (NU N.6) / Volsinii
veltsna veltsnei et loc. velznalui) velzu (NU N.7)
*mehna? Mevania
(cf. ethn. mehnate) (Um)?
*mefana? Mefanus
(cf. ethn. mefanate) pagus?
(à suivre)
52
Cf. Colonna 1974, p. 19.
53
Cf. De Simone 1975, p. 144 s.
54
Cf. Strabon V, 251, Schulze 1904, p. 568 et De Simone 1975, p. 146.
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 215
N.B. : Sont en grisé les toponymes dont on n’a conservé aucune trace en étrusque, en
latin ou en italien, et ceux dont l’origine étrusque est controversée.
Jean HADAS-LEBEL
55
Sur l’origine très vraisemblablement étrusque de Mutina (Modène), cf.
Tite Live XXXIX, 55, et Schulze 1904, p. 569.
56
Cf. Silius Italicus, VIII, 490 et Schulze 1904, p. 568.
.
216 JEAN HADAS-LEBEL
ABRÉVIATIONS BIBLIOGRAPHIQUES
.
ANTHROPONYMES TOPONYMIQUES ET TOPONYMES ANTHROPONYMIQUES 217
Rix 1994 = H. Rix, Die Termini der Unfreiheit in den Sprachen Alt-Italiens,
Stuttgart, 1994.
Rix 1995 = H. Rix, Il latino e l’etrusco, dans Atti del convegno internazionale
Nomen Latinum, Latini e Romani prima di Annibale, Eutopia 4, 1, 1995,
p. 73-88.
Rix 1998 = H. Rix, Teonimi etruschi e teonimi italici, dans Annali della Fonda-
zione per il Museo ‘Claudio Faina’, 8, 1998, p. 207-229.
Schulze 1904 = W. Schulze, Zur Geschichte der lateinischen Eigennamen,
Göttingen, 1904 [1991].
Steinbauer 1998 = D. Steinbauer, Zur Grabinschrift der Larthi Cilnei aus Ari-
tim / Arretium / Arezzo, Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, 121,
1998, p. 263-281.
Walde-Hofmann = A. Walde – J. B. Hofmann, Lateinisches etymologisches
Wörterbuch, Heidelberg, 1930-1955.
Watmough 1997 = M. Watmough, Studies in the Etruscan Loanwords in La-
tin, Florence, 1997 (Biblioteca di «Studi Etruschi», 33).
.
PAOLO POCCETTI
.
220 PAOLO POCCETTI
1
Su ciò cfr. Sassi 1982, p. 70 ss.
2
Cfr. Usener 1929, p. 76.
3
Cfr. Wissowa 1904, p. 304.
4
Sugli indigitamenta e sulla prospettiva useneriana dei ‘Sondergötter’ cfr.
ora Pierfigli 2004, p. 201 ss.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 221
5
Cfr. Wissowa 1912, p. 18 ss.
6
La definizione è di Latte 1927, p. 257.
.
222 PAOLO POCCETTI
7
Cfr. Latte 1927, Altheim 1932, Kerenyi 1933, Devoto 1967.
8
Cfr. Usener 1929, p. 349 ss.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 223
9
Cfr. Schulze 1904, p. 467 ss.
10
Cfr. Kajanto 1965, p. 53.
11
Cfr. Aebischer 1934.
.
224 PAOLO POCCETTI
12
Cfr. Ve 236 = Rocca 1996, Ass.1.
13
Cfr. Schulze 1904, p. 469.
14
Cfr. Schulze 1904, p. 474.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 225
divina del mondo italico quel rapporto rigido ed inderogabile che as-
sume sempre il teonimo come prioritario rispetto all’antroponimo.
È il procedimento soggiacente alla formazione di antroponimi ‘teo-
forici’ greci (tipo Apollw¥niov) e alla derivazione di gentilizi e di co-
gnomina plebei di età imperiale da nomi di divinità (tipo Venerius,
Martialis, ecc.).
Tale modello esplicativo lascia, tuttavia, insolute almeno due
questioni nodali. La prima riguarda il rapporto morfologico, che
non rende sempre evidente la derivazione di un antroponimo da un
teonimo attraverso una marca suffissale che esprime l’appartenenza
o la pertinenza; la seconda concerne, invece, la struttura sintattica
che compone la denominazione divina rappresentata da un sintag-
ma costituito da «determinato + determinante» consistente nel nu-
cleo nome+aggettivo o nome+genitivo.
Nel primo rango si iscrivono nomi divini che presentano una
piena coincidenza morfologica con designazioni personali inseren-
dosi perfettamente nelle due classi in cui si incardina il sistema desi-
gnativo personale comune alle diverse tradizioni linguistiche del-
l’Italia antica, cioè la classe dei prenomi e quella dei gentilizi. Ed è
appunto attraverso queste stesse tradizioni linguistiche che presen-
tano la formula binomia dell’onomastica personale che si possono
rintracciare designazioni divine che coincidono, ora nella struttura
morfologica, ora nella base onomastica, ora in entrambe, tanto con
prenomi quanto con gentilizi dei rispettivi repertori onomastici. Ac-
cenneremo ad alcuni dati già noti da tempo per entrare più nello
specifico di alcune acquisizioni più recenti.
In etrusco coincidenza formale tra teonimo e gentilizio è rap-
presentato dal caso ben noto di *Veluim(e)na /Veluum(e)na, forma in-
digena presupposta dal teonimo attestato in fonti latine ora Voltum-
na ora Vertumnus (quest’ultimo consacrato da Properzio alla cele-
brità letteraria). La totale coincidenza formale del teonimo di filtro
latino con i gentilizi etruschi, già da tempo segnalata15, viene messa
in evidenza non solo dall’elemento morfologico -m(e)na, noto for-
mante di gentilizi tipo Tetumina, Ritumena, Malamena, Taruumena
(arcaici) Restumnei, Felzumna (recenti)16, ma anche dalla condivi-
sione della stessa base individuabile nel gentilizio Veluina, Velunei e
nel soggiacente prenome *Velua/Velue restituito da Volta in un’iscri-
zione falisca17. A tale condizione di *Veluim(e)na/Veluum(e)na è stata
attribuita la possibile origine da un culto gentilizio come designa-
15
Cfr. Schulze 1904, p. 252.
16
Cfr. De Simone 1975, p. 139 ss.; Cristofani 1985, p. 77 ss.
17
CIL I2 364 : cfr. De Simone 1975; Cristofani 1985.
.
226 PAOLO POCCETTI
18
Tale spiegazione è stata formulata da Cristofani 1985.
19
Per le attestazioni cfr. Cristofani 1985, p. 79 e De Simone 1997.
20
Cfr. Cristofani 1997, p. 211.
21
Cfr. Cristofani 1993, p. 11 ss.
22
Se ne vedano altri esempi in Maras 2001, p. 186 ss.
23
Su ciò, più diffusamente, cfr. De Simone 1965.
24
Rix ET Cl 2.8 : cfr. De Simone 1975, p. 138 ss.
25
Rix ET Cr 7.1.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 227
compare in designazioni binomie (es. Uesan Tinś) 26. Non è certo ca-
suale la circostanza che le attestazioni del nome appaiono come de-
signazioni muliebri al cospetto del fatto che come designazione di
divinità corrisponde ad un’ipostasi femminile 27. Analogo fenomeno
compare – come si vedrà tra poco – anche per denominazioni in
ambiente italico.
L’impiego di un elemento del lessico sia come nome individuale
sia come nome divino non appartiene solo all’etrusco. Altre tradizio-
ni dell’Italia antica ci offrono altri esempi in tal senso, anche se il di-
fetto di attestazioni rende non sempre possibile verificare la con-
gruenza delle attestazioni all’interno di uno stesso ambiente lingui-
stico.
L’ambito italico ci offre l’esempio di Cupra che ha una sua speci-
fica arealità (Umbria e Piceno) come denominazione divina (con e
senza appellativo per ‘madre’ : Cubrar Matrer), intrattenendo un rap-
porto sincronico con l’aggettivo cupro- ‘buono’ attestato nel lessico
paleo-italico 28. Tuttavia, lo stesso nome (nelle diverse varianti anap-
tittiche Kypara, Kypyra) 29 compare in ambiente siculo sia in funzio-
ne di teonimo, in quanto appellazione locale della fonte Arethusa
(ipostatizzata in una ninfa) 30 sia come nome individuale femminile.
Di quest’ultimo impiego ci dà certezza – messe a parte le occorrenze
ove è meno certa l’identificazione del designatum 31 – la sua menzio-
ne in una laminetta di piombo in riferimento ad un gruppo di perso-
ne che hanno accumulato debiti, ove è fuori di ogni dubbio che si
tratti della designazione di una donna 32.
Nel caso di Cupra è da sottolineare la coincidenza nell’impiego
al femminile del nome sia come teonimo sia come antroponimo : è
sconosciuto, infatti, l’uso del corrispettivo al maschile sia tra i nomi
di persone sia tra quelli di divinità. Un ulteriore esempio si trova, co-
me si è già accennato prima, nel teonimo etrusco Uesan usato anche
come antroponimo femminile. La circostanza che risultano scono-
26
Cfr. De Simone 1997, p. 195.
27
Cfr. Cristofani 1997, p. 211.
28
Sulla questione e sul dossier documentario relativo alla divinità Cupra, cfr.
Calderini 2001.
29
Per altro compatibili entrambe con l’anaptissi di quota paleoitalica, essen-
do i due tipi registrati entrambi nelle iscrizioni sud-picene.
30
Per il dossier e la sua analisi cfr. Durante 1960 : Cfr., inoltre, Agostiniani
1985, p. 212 e Calderini 2001, p. 60 ss.
31
Come nell’iscrizione su peso da telaio da Terravecchia di Cuti (Dubois
1989, no 175b) e nel graffito su cratere da Morgantina (Antonaccio-Neils 1995), at-
testazioni nelle quali è possibile l’interpretazione tanto come antroponimo quan-
to come teonimo.
32
Cfr. Dubois 1989, no 177.
.
228 PAOLO POCCETTI
33
Cfr. Prosdocimi 1989, p. 497.
34
Cfr. Cristofani 1993; 1997; per l’ambito etrusco, cfr. anche Maras 2001.
35
CIL X 5046.
36
CIL XI 5740. Cfr. Schulze 1904, p. 200.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 229
Ursmnei (in etrusco), di Totor Dazinnes (in messapico), nei quali l’e-
piclesi è rappresentata da un gentilizio (Hostilii, Ursmnei, Dazinnes)
o da un suo derivato (Pettiano- < Pettio- + -āno-). A duplice interpre-
tazione si presta, invece, la designazione etrusca binomia Selvans
Sanxuneta, nel cui secondo membro è stato identificato ora un deri-
vato da un gentilizio non attestato (Sanxuna+ta) 37, da omologarsi,
pertanto, al tipo osco Mamertei Pettiannúı́, latino Lares Hostilii, ecc.,
ora il derivato (sia pure non esente da qualche difficoltà morfologi-
ca) da un altro teonimo (equivalente all’umbro Sankio-) 38.
Le denominazioni Numisius Martius e Mars sive Numiternus ci
pongono, invece, di fronte a condizioni strutturali ben diverse. Nella
formula Numisius Martius si inverte il rapporto tra determinante e
determinato (l’antroponimo Numisius viene determinato dal teoni-
mo Mars), mentre nel caso di Mars sive Numiternus la struttura,
ispirandosi al principio di equivalenza, riproduce un modello
espressivo usato per indicare i soprannomi in ambito personale, do-
ve sive/seu viene impiegato in concorrenza con il più comune qui/
quae (et) 39. In termini più generali, la prima designazione risponde
al principio di una struttura sintagmatica, mentre la seconda è di
natura paradigmatica. Entrambe rispecchiano strutture formali del-
l’onomastica personale.
Il rapporto con la base onomastica a cui si rapportano tanto
Numisius quanto Numiternus chiama in causa un fenomeno analo-
go riscontrabile nella struttura di un teonimo attestato in un’iscri-
zione votiva osca da Rossano di Vaglio. La lettura del nome ne è
controversa : Nymyloi (Lejeune), Nymydo-, Nymcdo- (Del Tutto Pal-
ma) 40. Certo è che il teonimo, ripetuto due volte nella stessa dedica,
è accompagnato, in un caso, dall’epiclesi che lo collega al culto della
divinità del santuario, cioè Mefitis (Mefitanoi) e nell’altro, dall’epi-
clesi che lo collega al culto di Marte (Mamertioi). Non è forse casua-
le che un teonimo, così specifico e isolato nell’epigrafia religiosa
osca, si riferisca al culto di Marte a cui si raccordano le attestazioni
latine dei nomi tratti dalla stessa base onomastica di Numisius e di
Numiternus.
Merita rilevare che le tre alternative di lettura proposte (Numu-
lo-, Numudo-, Numpsdo-) convergono sulla condivisione sincronica
della stessa base onomastica di un antroponimo osco (Niumsis).
Inoltre, almeno due alternative di lettura consentono una sovrappo-
sizione con nomi individuali sporadicamente attestati. Si tratta di
Numulo- (lettura Lejeune), perfettamente sovrapponibile al nome
37
Cfr. De Simone 1997.
38
Cfr. Maras 2001, p. 197.
39
Cfr. Kajanto 1966, p. 6.
40
Rix ST Lu 28.
.
230 PAOLO POCCETTI
41
Landi 1979, no 160; Lejeune 1968 p. 210 ss.
42
Rix ST Lu 4.
43
Cfr. De Simone 1997.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 231
44
Su ciò cfr. De Simone 1999, p. 400.
45
Sulla quetione della pertinenza dell’iscrizione al latino o all’etrusco cfr.
Prosdocimi 1983, p. LIX e De Simone 1999, p. 390.
46
Cfr. Dubois 1989, no 175c.
47
Cfr, Agostiniani 1985, p. 212.
.
232 PAOLO POCCETTI
48
Cfr. Giacomelli 1963, no 15.
49
CIL XI 5740.
50
Schulze 1904, p. 200.
51
La proposta, già formulata da Altheim, è stata ripresa in Prosdocimi 1989,
p. 530.
52
Cfr. De Simone 1999, p. 397.
53
Cfr. Peruzzi 1995, p. 84.
54
Cfr. De Simone 1997, p. 197.
55
Cfr. Rix ET Vs 1.88 (Volsinii : arcaico).
56
Cfr. Rix ET Cl 1 103; 1106 (Chiusi : recente).
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 233
57
Cfr. Lazzeroni 1985.
58
Cfr. De Simone 1997, p. 206; Maras 2001, p. 192 ss.
.
234 PAOLO POCCETTI
Lucetius
Tra le più recenti acquisizioni dell’epigrafia osca dal santuario
lucano di Rossano di Vaglio c’è un nome personale, LwPktihiv, geni-
tivo singolare in funzione di patronimico inserito in una formula
onomastica 59. Questa attestazione, oltre ad accrescere di un ulterio-
re elemento il repertorio antroponimico osco, assume un particolare
interesse per le questioni linguistiche e filologiche connesse al latino
Lucetius con cui il dato osco è perfettamente sovrapponibile. Infatti,
l’attestazione osca presuppone la caduta per sincope di una vocale
breve Louk(vŏc.)tio-, circostanza congruente con la quantità accer-
tata metricamente dall’attestazione virgiliana di Lucĕtius. Inoltre, la
probabilità che tale vocale sincopata fosse di timbro palatale e che,
pertanto, alla base del nome osco possa postularsi una forma equi-
valente a quella latina è resa elevata dal raffronto morfologico con
un altro nome di probabile ascendenza italica formato con lo stesso
procedimento derivativo da un’altra base verbale, quello di Ducetius
(< *Douketio-) capo della rivolta dei Siculi. Il parallelismo morfolo-
gico con Lucetius ha sostenuto l’analisi di Ducetius come nome ‘par-
lante’ nel senso, appunto di ‘condottiero’ (dalla radice *deuk-) 60. Del
valore di Lucetius come ‘portatore di luce’ per la trasparenza del rap-
porto sincronico con i derivati della radice *leuk- (lux, luceo, ecc.)
era ben consapevole la tradizione antica confluita nelle glosse che
accompagnano le occorrenze letterarie di questo nome in latino. Ta-
le valore ben si adatta come appellativo di Giove in quanto ribadisce
lo stretto rapporto con la luce implicato dalla radice indoeuropea
del nome stesso della divinità 61.
59
Cfr. Nava-Poccetti 2001. Rix ST Lu 64.
60
Cfr. Agostiniani 1988-1989, p. 192.
61
Si tratta della nota radice i.e. *dyeu- «luce celeste» su cui cfr. Seebold 1991.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 235
Serv., Ad Aen. IX 567 : Lucetium solum hoc nomen est, quod dic-
tum a Virgilio in nullo alio reperitur auctore. Sane lingua Osca Luce-
tius est Iuppiter dictus a luce, quam praestare hominibus dicitur. Ipse
est nostra lingua Diespiter, id est diei pater : Horatius namque Diespiter
plerumque per purum.
.
236 PAOLO POCCETTI
62
Secondo la dottrina corrente, il dittongo eu originario sarebbe confluito in
ou condividendone le sorti «frühzeitig» secondo Pfister-Sommer 1977, p. 69;
«uritalisch» secondo Meiser 1998, 59. Diversamente, Campanile 1968, p. 128 ri-
tiene che il passaggio eu > ou sia «fenomeno assai tardo», ritrovandosi ancora in
iscrizioni latine di III sec. a.C. da Lavinio. In realtà, le forme che attestano eu so-
no accomunate dal fatto di appartenere a teonimi o comunque a testi di ambito
religioso che si caratterizzano per la conservazione di tratti arcaici o arcaizzanti.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 237
63
Cfr. Pisani 1971, 37 : «Leucesie è, come vide il Cocchia in RIGI I, 2, p. 15,
forma sabina assibilata di Lucetius». Cfr. anche Bruno 1969, 71.
64
Cfr., per esempio, le attestazioni arcaiche da Volsinii mi Lauxusies Lati-
nies (Rix ET Vs 1.81) e da Volterra mi Lauxusies¥ kurtes¥ ma (Rix, ET Vt 1.71).
65
È, pertanto, da escludere che esistessero due forme con diverso suffisso
(rispettivamente -tio- e -sio-), l’una, Lucetius, pertinente all’osco, e, l’altra, Luce-
sius, pertinente al latino, come aveva postulato Von Grienberger 1910, p. 230. Se
così fosse, infatti, suscita stupore che di quest’ultima con l’esito del rotacismo
(> Lucerius) non vi sia alcuna traccia.
.
238 PAOLO POCCETTI
Serv., ad Aen. VII 706 : nam Clausus, Sabinorum dux, post exac-
tos reges, ut quidam dicunt, cum quinque milibus clientum et amico-
rum Romam venit, et susceptus habitandam partem urbis accepit : ex
quo Claudia et tribus est et familia nominata.
Etr. Lauxusies + + – – –
Lat.arc. Leucesie + – + + +
Lat. Lūcetius – – – + +
Osco LwPktihiv – + – – –
66
Tale parallelismo è già stato rilevato da Sapienza 1918 e da Agostiniani
1989, p. 192.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 239
.
240 PAOLO POCCETTI
Messapico U aotor
Il corpus epigrafico messapico della Grotta della Poesia ha fatto
definitivamente acquisire il teonimo Taotor (e varianti), il cui ruolo
precipuo nel culto della grotta è messo in evidenza dalla sua ricorsi-
vità sia nelle iscrizioni messapiche sia in quelle latine presenti nello
stesso contesto. Il nome, sempre in funzione di designazione divina,
era già noto nell’epigrafia messapica. E la sua posizione di rilievo in
altri documenti religiosi di ambiente messapico mostra che la divi-
nità non era ristretta ad un culto particolare della Grotta della Poe-
sia, che ci riserva più grande dovizia di documentazione, ma appar-
teneva al pantheon comune dei Messapi.
Il teonimo, infatti, ha una posizione di rilievo su un’ara da Vale-
sio, dove compare insieme ad altre due divinità encoriche 67. Oltre
che da solo, il nome della divinità si trova accompagnato da due epi-
clesi, Caol(n)e, in un’epigrafe da Vaste 68, e andi/orah(h)a-, che è ri-
corrente nel culto della Grotta della Poesia 69. Quest’ultima epiclesi
viene trasposta in Andraios, Andreus, Andreios nelle dediche in lati-
no dalla stessa grotta, mentre il teonimo appare latinizzato nella for-
ma Tutor 70. Inoltre, il confronto con il formulario della stessa Grotta
ha permesso di accertare la sua presenza come destinatario di una
dedica nella lunga iscrizione da Carovigno 71 che si apre con l’invoca-
zione alle due massime divinità Zis Venas.
L’epigrafia della Grotta della Poesia accresce il numero della va-
rianti attraverso le quali il teonimo era già noto, varianti che rispon-
dono in parte a variazioni scrittorie, in parte a variazioni linguisti-
che. Per esempio, la Grotta di S. Maria di Agnano presso Ostuni mo-
stra l’incrocio di varie tradizioni grafiche e linguistiche nella
registrazione di un altro nome divino che era evidentemente la divi-
nità precipua del culto della grotta 72. Tale condizione documentaria,
apparentemente sorprendente nella registrazione di un teonimo, che
di solito tende ad essere conservativo almeno nella grafia, trova altri
confronti in ambiente messapico. Ciò mette in evidenza una specifi-
cità della cultura messapica relativamente all’epigrafia dei santuari,
nei quali sembra che l’offerta votiva fosse registrata non in ossequio
67
MLM 9 Bal.
68
MLM 22 Bas.
69
Su tale epiclesi, oltre all’interpretazioni proposte in De Simone 1988,
p. 360 ss., si veda anche la possibile spiegazione di Poetto 1997.
70
Cfr. Pagliara 1991.
71
MLM 3 Car.; De Simone 1991.
72
Sul corpus epigrafico proveniente da questa grotta ci siamo soffermati nel-
la comunicazione al convegno ‘Saturnia Tellus’ (Roma novembre 2004), i cui atti
sono in corso di stampa.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 241
73
Cfr. De Simone 1988.
74
In specifico proprio dalla registrazione del nome nell’epigrafia messapica
ha fornito un interessante dossier per la distribuzione e l’uso di questi segni : cfr.
De Simone 1971, p. 173 e Lejeune 1991, p. 213 ss.
75
Cfr. De Simone 1965, p. 21 ss.
76
Per le attestazioni cfr. De Simone 1965 p. 27 ss.
77
Così De Simone 1964, p. 32; De Simone 1972, p. 150 ss.
78
De Simone 1964, p. 32; De Simone 1972, p. 150 ss.
.
242 PAOLO POCCETTI
acquista più forza nell’impiego teonimico del nome, forse per ren-
derne immediatamente trasparente in un contesto bilingue la valen-
za designativa. Come si vedrà appresso, questo stesso artificio grafi-
co è applicato anche alla funzione antroponimica dello stesso nome,
perfino all’interno dello stesso contesto, come quello del luogo di
culto della Grotta della Poesia, circostanza che ne rivela – a livello di
coscienza linguistica – la consapevolezza dell’identità formale dei
due nomi.
Del teonimo è attestato un derivato aggettivale (Taotorres <
*Taotor-ya-s) nel sintagma tabaras Taotorres su una lastra sepolcrale
da Mesagne 79, che si riferisce alla designazione di una carica sacer-
dotale definita dal culto divino di pertinenza (come Tabara Dama-
tria, latino sacerdos cereria, peligno sacracrix Herentatia, ecc.) 80. In
questo caso, il parallelo testuale con le altre formule relative a sacer-
dotesse nell’Italia antica invita ad interpretare il derivato da Taotor
come aggettivo riferibile al teonimo (e non, invece, all’antroponi-
mo), in quanto indica il culto di pertinenza del sacerdozio 81, mentre
l’assenza del nome personale si giustifica nella cornice dell’anoni-
mato a cui si collega questo tipo di istituzione religiosa 82.
In funzione antroponimica lo stesso elemento onomastico, ac-
certato anche come teonimo, è ampiamente documentato in quasi
tutto il territorio messapico. È largamente diffuso come nome indi-
viduale, dal quale si sono generati i gentilizi U eotorras (Ceglie), gen.
Caotorrihi (Otranto) < *U eotor-ya-s < U eotor-yo-s e U eotoridda <
*U eotor-idyā- (Ceglie).
Nella funzione di nome personale la documentazione messapica
presenta un numero di varianti pressoché equivalente a quello del
teonimo che investono sia il grafo consonantico sia il vocalismo del-
la sillaba iniziale :
U eotor, U aotor (Grotta della Poesia), U otor (Ceglie), Caotor (Ale-
zio), Cotor (Lecce).
Anche nella distribuzione delle varianti scrittorie dell’antropo-
nimo vale quanto osservato a proposito di quelle del teonimo, an-
che nella combinazione tra grafo consonantico e grafi vocalici 83. In-
tervengono sicuramente fattori diacronici, per quanto riguarda l’e-
79
MLM 25 Me.
80
Su ciò cfr. De Simone 1984; per le formule corrispondenti e le relative isti-
tuzioni sacerdotali in altre culture dell’Italia antica, cfr. Poccetti 2000.
81
Cfr. Santoro 1989, p. 32. Diversamente De Simone 1984, p. 189.
82
De Simone 1984; Poccetti 2000, p. 105.
83
Per esempio nel particolare, rilevato da Lejeune 1991, p. 218, che l’ortogra-
fia con il segno ‘a tridente’, che appare quasi sempre distribuito davanti alla voca-
le /a/, si conserva per tradizione anche dopo che la mottongazione ao > o aveva
posto fine a ogni contatto tra la consonante medesima e la vocale /a/.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 243
84
Si veda la classificazione fatta da Parlangeli 1960, p. 370 ss.
85
Per le attestazioni cfr. De Simone 1964, p. 28.
86
Per i riferimento cfr. De Simone 1964, p. 28.
87
Cfr. Kajanto 1965, p. 96.
.
244 PAOLO POCCETTI
D’altra parte, non si può neppure escludere del tutto che il nome
messapico abbia alla sua origine proprio una formazione di nomen
agentis dal corradicale di lat. tueor < *teuH-, sebbene questa radice
non sembri rappresentata in altre lingue fuori del latino 88. In tal ca-
so, la restituzione del teonimo U eotor (e varianti) con Tutor nelle de-
diche latine non sarebbe altro che la traduzione letterale del nome.
Su questo punto, però, si apre la questione della morfostruttura
del nome messapico che ha ovviamente ricadute dirette sulla sua eti-
mologia. Da tempo, infatti, per U eotor (e varianti) è stata proposta
una connessione della base onomastica con il termine indoeuropeo
teutā-, ricorrente in antroponimi di tradizioni diverse, come, per es.
in area balcanica antica, Teytı¥aplov, Teutimeitis, in ambiente galli-
co, Teutobuduus, Teutodivicus, ecc. 89.
Sotto tale profilo, U eotor (e varianti) non è isolato neppure al-
l’interno del repertorio antroponimico messapico, il quale alberga
altri nomi riconducibili alla stessa base onomastica teutā- 90, come
Teotinihi, Taotinahiaihi, Taoteuues, che sono, però, formati mediante
i più comuni suffissi derivazionali -ı̄no- e -yo-, rispettivamente da
*Teot-in-yas < *Teot-in-yo-s e da *Taotet-ya-s < *Taotet-yo-s. Ma an-
che la veste morfologica di U eotor non è isolata nell’onomastica
messapica, poiché si affianca a quella di altri nomi personali uscenti
in -or, attestati come prenomi o ricostruiti come idionimi soggiacen-
ti a gentilizi, tipo Otor, Artor, Idor. Queste formazioni, a loro volta,
condividono la stessa base onomastica di altri nomi marcati da altri
suffissi, mettendo, per esempio, in evidenza un rapporto morfologi-
co tra nomi personali come Otu es < *Ot-ya-s e Otor, Artas e Artor,
Idor e Iddes 91 (quest’ultimo attestato come teonimo) 92.
Pertanto anche la morfologia di U eotor può benissimo inserirsi
in questa serie e mettersi in relazione ad un nome a base teutā- spie-
gandosi – come è stato plausibilmente proposto – come Kurzname
oppure nel quadro di una diffusa allomorfia tra l’uscita -or e altre
marche morfologiche. Comunque, quanto preme qui rilevare è il fat-
to che il nome messapico, sia in funzione di antroponimo quanto in
quella di teonimo, condivide totalmente il trattamento dei nomi per-
sonali messapici lasciando intravedere, anche su questo versante,
quanto sia difficilmente dipanabile la matassa del prius designativo
tra uomini e divinità.
Inoltre, questa serie di dati relativi al nome messapico mette in
evidenza un singolare parallelismo con la condizione segnalata per
88
Cfr. LIV p. 581 s.v. *teuH-
89
Cfr. De Simone 1988, p. 379.
90
Cfr. De Simone 1964, p. 30.
91
Cfr. De Simone 1988, p. 357 e 378.
92
Cfr. Santoro 1989, p. 15.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 245
Paolo POCCETTI
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
246 PAOLO POCCETTI
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p. 125-201.
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tlichte Inschriften 1970-1973, in Glotta 53, 1975, p. 125-181.
De Simone 1983 = C. De Simone, Onomasticon Aletinum : considerazioni ge-
nerali, Atti dell’VIII Convegno dei comuni Messapici, Peuceti e Dauni
(Alezio 14-15 novembre 1981), Bari, 1983, p. 215-263.
De Simone 1984 = C. De Simone, Su tabaras (femm. -a) e la diffusione dei
culti misteriosofici nella Messapia, in SE 50, 1984, p. 177-197.
De Simone 1988 = C. De Simone, Iscrizioni messapiche della Grotta della Poe-
sia, in ASNP s. III, 18, 2, 1988, p. 325-415.
De Simone 1991a = C. De Simone, La lingua messapica oggi : un bilancio cri-
tico, in I Messapi, Atti del XXX Convegno di studi sulla Magna Grecia (Ta-
ranto-Lecce 4-9 ottobre 1990), Taranto, 1991, p. 297-322.
De Simone 1991b = C. De Simone, Totor Dazinnes : culti gentilizi presso i
Messapi?, in AIWN 13, 1991, p. 203-210.
De Simone 1997 = C. De Simone, Dénominations divines étrusques binaires :
considérations préliminaires, in Les Étrusques, les plus religieux des hom-
mes, Parigi, 1997, p. 185-207.
De Simone 1999 = C. De Simone, Lat. Mercurius < *Mercu-sio-s e gli aggetti-
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Del Tutto Palma 1990 = L. Del Tutto Palma, Due voces ‘nihili’ : Lucani *udo
e *Numulo, in SE 57, 1990, p. 1-8.
Devoto 1967 = G. Devoto, Il pantheon di Agnone, in SE 35, 1967, p. 179-197.
Dubois 1989 = L. Dubois, Inscriptions grecques dialectales de Sicile, Roma,
1989.
Durante 1960 = M. Durante, Il nome siculo della fonte Aretusa, in BSFLS 8,
1960, p. 1-11.
Giacomelli 1963 = G. Giacomelli, La lingua falisca, Firenze, 1963.
Graf 1996 = F. Graf, Namen von Götter im klassischen Altertum, in Namen-
forschung, Ein internationales Handbuch zur Onomastik, 2, 2, Berlino-
New York, 1996, p. 1823-1846.
Grassmann 1867 = H. Grassmann, Die italischen Götternamen, in KZ 16,
1867, p. 101-119, 161-196.
Latte 1927 = K. Latte, Ueber eine Eigentümlichkeit der italischen Göttervor-
stellung, in Archiv für Religionswiss, 24, 1926-27, p. 244-258.
Kerényi 1933 = K. Kerényi, Altitalische Götterverbindungen, in Studi e Mate-
riali di Storia delle religioni 9, 1933, p. 17-28.
Landi 1979 = A. Landi, Dialetti e interazione sociale in Magna Grecia, Napoli,
1979.
Lazzeroni 1985 = R. Lazzeroni, Appunti di onomastica italica. Una soprav-
vivenza indoeuropea nell’onomastica osca, in Studi Linguistici e filologici
per C. A. Mastrelli, Pisa, 1985, p. 225-232.
Lejeune 1968 = M. Lejeune, Notes de linguistique italique : XII Caprotina;
XXIII le culte de Méfitis à Rossano di Vaglio : XXIV Répertoire théonymi-
que de l’épigraphie osque, in REL 45, 1968, p. 194-231.
Lejeune 1991 = M. Lejeune, Sur la translitération du messapien, in AIWN 13,
1991, p. 211-231. LIV = Lexikon der indogermanischen Verben, a cura di
H. Rix, Wiesbaden, 2001.
.
PROBLEMI ANTICHI E DATI NUOVI 247
.
248 PAOLO POCCETTI
.
HEIKKI SOLIN
.
252 HEIKKI SOLIN
libri, ma non continuò più l’opera) scriveva i nomi dei consoli sulle tavole dealba-
te. Per altri dettagli, cf. infra nel testo.
2
Cf., tra l’altro, Cichorius, De fastis, cit.; A. Degrassi, Fasti Capitolini, cit.,
p. 18-20, con altra bibliografia; vale la pena di ricordare in particolare le idee
molto originali di K. J. Beloch, Römische Geschichte, Lipsia, 1926 (anche se le
sue asserzioni sono spesso assai discutibili). Per i più recenti cf. per es. H. Bengt-
son, Römische Geschichte, Monaco, 1967, p. 42-46; A. Drummond, CAH VII 2,
1989, p. 173-177; J. Bleicken, Geschichte der römischen Republik, Monaco, 19883,
p. 109 (tutti e tre attribuiscono ai fasti nelle grandi linee un alto grado di attendi-
bilità, il primo più chiaramente dell’ultimo). Così anche E. Gabba, Considerazio-
ni sulla tradizione letteraria, citato nella nota 4. Ma non tutti si esprimono esplici-
tamente nei riguardi dei cognomi. Una storia degli studi offre R. T. Ridley, Fas-
tenkritik : A Stocktaking, in Athenaeum 58, 1980, p. 264-298.
3
Prescindendo da alcuni studi della prima metà del secolo scorso (per es.
E. Kornemann, Der Priestercodex in der Regia und die Entstehung der altrömis-
chen Pseudogeschichte, Tubinga, 1912 o A. Rosenberg, Einleitung und Quellen-
kunde zur römischen Geschichte, Berlino, 1921), o da tentativi, in sé e per sé note-
voli, di posticipare l’inizio della repubblica proposti da K. Hanell, Das altrö-
mische eponyme Amt, Lund, 1946, e R. Werner, Der Beginn der römischen
Republik. Historisch-chronologische Untersuchungen über die Anfangszeit der libe-
ra res publica, Monaco, 1963 (secondo il quale si dovrebbe porre l’inizio della re-
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 253
.
254 HEIKKI SOLIN
ma la lista sarebbe interpolata (p. 12). Beloch si mostra quindi un po’ ambiguo.
Un altro sostenitore dell’età alta dei cognomi è I. Kajanto, On the chronology of
the cognomen in the Republican period, in L’onomastique latine, Paris 1977, p. 64
sg. (ricalca il ragionamento del Beloch). Ho toccato il problema molto breve-
mente e in modo preliminare in Ancient Onomastics : Perspectives and problems,
in A. Rizakis (a cura di), Roman Onomastics in the Greek East. Social and Politi-
cal Aspects. Proceedings of the International Colloquium organized by the Finnish
Institute and the Centre for Greek and Roman Antiquity, Athens 7-9 September
1993, Atene, 1996 (Meleth¥mata, 21), p. 6 sg.. Così sembra pensare anche
L. R. Ménager, Systèmes onomastiques, structures familiales et classes sociales
dans le monde gréco-romain, in SDHI 46, 1980, p. 182, ma il suo ragionamento
non mi è chiaro. Ora anche H. Etcheto, Cognomen et appartenance familiale dans
l’aristocratie médio-républicaine : à propos de l’identité du consul patricien de 328
av. J.-C., in Athenaeum 91, 2003, p. 445-468 (ho preso conoscenza di questo im-
portante articolo soltanto dopo aver finito la stesura del presente contributo; vi
riferisco di seguito per alcune questioni, soprattutto quando non si può essere
d’accordo con l’autore).
7
Ma in un coperchio di sarcofago ritrovato nello stesso posto si legge l’iscri-
zione, che sembra essere alquanto più antica, L. Cornelio(s) Cn. f. senza cognome
(CIL I2 2834). Ora : su Scapola Rieger, Tribus und Stadt, p. 516, 559-561.
8
Potrebbe trattarsi del console del 328, riportato da Livio con questo co-
gnome (gli studiosi ritengono il console di quell’anno di solito un Barbatus), o un
di un suo parente. Cf. H. Solin, Arctos 6, 1970, p. 110-112 = Analecta epigraphica,
Roma 1998, p. 8-10.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 255
9
Cf. per es. R. Wachter, Altlateinische Inschriften, Berna, 1987, p. 301 sgg., il
quale opta per la possibilità che tutte e due le iscrizioni siano state scritte
contemporaneamente; ma cf. H. Solin, Gnomon 67, 1995, p. 613.
10
Questo capoverso è stato aggiunto al presente contributo solo in una fase
secondaria, dopo la lettura dell’articolo di H. Etcheto (vedi la nota successiva).
Prego il lettore di notare che non ho modificato i dettagli del paragrafo prece-
dente.
11
H. Etcheto, Cognomen et appartenance familiale, cit. nt. 6, p. 447-454.
.
256 HEIKKI SOLIN
12
Già prima G. J. Szemler, The Priests of the Roman Republic. A Study of In-
teractions Between Priesthoods and Magistracies Bruxelles 1972 (Coll. Latomus
127), p. 205 e RE Suppl. XV, col. 372 aveva parlato di un P. Cornelius Scipio Sca-
pula, senza spiegarsi meglio e riferendosi a C. Bardt Die Priester der vier grossen
Collegien aus römisch-republikanischer Zeit, in Jahresbericht, K. Wilhelms-Gymna-
sium in Berlin XI, Berlino, 1871, il quale tuttavia non ha creato uno Scipio Scapu-
la. Szemler si rivela assai confuso; a p. 62 nt. 1, riferendosi a Bardt, dubita del-
l’identità del pontefice massimo del 304 con il console del 328, il quale invece sa-
rebbe un P. Cornelius Scipio Scapula!
13
Ma il ragionamento dell’Etcheto (p. 459) non è molto felice.
14
Etcheto ha senza dubbio ragione quando afferma che Scapula dovette es-
sere cognome individuale. Male H. I. Flower, Ancestor Masks and Aristocratic Po-
wer in Roman Culture, Oxford, 1996, p. 166, 176 lo ritiene il cognome ereditario.
(Anch’io ho parlato dei Cornelii Scapulae, per una mera svista, di cui mi ver-
gogno, in OCD p. 1024).
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 257
15
Sulle circostanze del ritrovamento cf. G. Pisani Sartorio e S. Quilici Gigli,
Bull. com. 92, 1987-1988, p. 247 sgg.
16
Secondo Etcheto (p. 456) questo avrebbe posseduto un cognome sì, ma
che non sarebbe stato inciso nell’iscrizione, a causa della posizione ancora de-
bole del cognome nel nome romano. Anche così si potrebbe spiegare la mancan-
za del cognome, ma io m’inclinerei alla prima alternativa, espressa nel testo.
17
Cf. gli elenchi in C. Bardt, Die Priester der vier grossen Collegien, cit. nt. 12,
p. 3-8 e in Fr. Münzer, Römische Adelsparteien und Adelsfamilien, Stoccarda,
1920, p. 414; in generale G. J. Szemler, The Priests of the Roman Republic, cit. nt.
12, p. 64 sgg.; Id., RE Suppl. XV col. 342-392.
18
Nonostante un’opinione comune ancora all’inizio del ’900 secondo cui i
pontefici avessero a Roma nell’età proto- e medio repubblicana un potere molto
centrale. Cf. tuttavia, per es. G. De Sanctis, Storia dei Romani IV 2, 1, Firenze,
1957, p. 354 sgg.; J. Bleicken, Oberpontifex und Pontifikalkollegium. Eine Studie
zur römischen Sakralverfassung, in Hermes 85, 1957, p. 345-366 (contributo im-
portante in cui si demolisce l’opinione diffusa risalente al Mommsen sul grande
peso politico dei pontefici); G. Szemler, The Priests, cit. nt. 12, p. 62 sg.
.
258 HEIKKI SOLIN
non implica che i pontefici massimi della parte finale del IV secolo
dovessero essere necessariamente consolari. Potrebbe destare mera-
viglia avere due Cornelii pontefici massimi eletti più o meno conse-
cutivamente alla carica (e inoltre un poco prima, un terzo Cornelio,
il misterioso Calussa). Ma i Cornelii erano una prestigiosa gens pa-
trizia (e in quel periodo i pontefici dovevano essere patrizii), per cui
non sarebbe strano se fossero stati eletti entro c. 30 anni tre Cornelii
a questa carica priva di grande potere politico, ma tanto più riguar-
devole. Per quanto riguarda il dittatore, la maggior parte dei dittato-
ri conosciuti dal periodo medio repubblicano sono consolari (e se-
condo Livio 2, 18,5 uno dei requisiti per poter essere nominati ditta-
tori era la consolarità)19. Tirando le somme, se siamo autorizzati a
dare fede alla tradizione, e non dobbiamo ritenere confuse le forme
offerte dalle fonti, vedrei nello Scapula del sarcofago un pontefice
massimo diverso da quello del 304; quest’ultimo sarebbe invece
identico al console del 328 (anche se piacerebbe seguire la tradizio-
ne liviana) e al dittatore del 306 e avrebbe portato due cognomi,
quello ereditario Scipio e quello individuale Barbatus. Così avremmo
superato la difficoltà di trovare per la carica di dittatore un consola-
re. – Colpisce ancora la mancanza, nell’iscrizione di Scapula, di
qualsiasi altra menzione delle sue cariche, il che potrebbe dipendere
dal fatto che non avesse rivestito una magistratura così importante
che si fosse sentito il bisogno di scolpirne il ricordo nell’iscrizione.
Ma la sola menzione, sul sarcofago, del pontificato massimo può
spiegarsi con il suo alto prestigio e con la generale brevità e sobrietà
del testo epigrafico 20 ; si noti anche che il defunto poteva essere iden-
tificato come patrizio con il ricordo di questa sola carica. – Il risulta-
to di questa digressione si può sintetizzare come segue : non si trat-
ta, come pensa l’Etcheto, di confusioni nell’uso dei cognomi variabi-
li di un solo personaggio, bensì di qualche lieve errore nella
trasmissione nelle diverse fonti dei cognomi di un personaggio di
rango elevato da parte delle diverse fonti.
19
Cf. per es. Etcheto p. 449, con qualche riferimento bibliografico. Si può
aggiungere B. Bruno, Diz. epigr. II, p. 1759-1778 con buone osservazioni e l’elen-
co dei dittatori conosciuti.
20
Così pensano G. Pisani Sartorio e S. Quilici Gigli, Bull.com. 92, 1987-1988,
p. 260, e Etcheto p. 451. – Va qui notato ancora che un ulteriore argomento per
l’identità dello Scapula del sarcofago con gli altri tre di cui si serve l’Etcheto
(p. 452 sg.), e cioè la vicinanza del luogo di ritrovamento del sarcofago di Scapu-
la con il sepolcro degli Scipioni, non conta molto. Con 500 metri di distanza non
si tratta ancora di una vicinanza ’immediata’. Non dovrebbe destare alcuna mera-
viglia di trovare sepolcri di due rami corneliani in questa prediletta zona per se-
polture dell’aristocrazia romana. I due complessi di sepolture dimostrano solo
che c’erano nella zona possedimenti terrieri della gens Cornelia in generale, non
solo del ramo degli Scipioni.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 259
21
Cf. tuttavia il suddetto L. Cornelio(s) Cn. f., ricordato senza cognome nel
suo epitaffio CIL I2 2834, ritrovato insieme con il sarcofago di Scapula e alcuni
decenni più antico (di solito viene datato alla metà circa del IV secolo).
22
Mommsen ad CIL III 6627; B. Galsterer-Kröll, Die Graffiti auf der römis-
chen Gefässkeramik aus Haltern (Bodenaltertümer Westfalens 20), Münster, 1983,
p. 21.
.
260 HEIKKI SOLIN
sarcofagi della gens Cornelia, e non è escluso che con futuri ritrova-
menti si possa ancora retrodatare la documentazione contempora-
nea. Ma nei Fasti Capitolini il cognome compare fin dall’inizio, e
quasi senza eccezione.
Per molte ragioni sembra poco probabile che tutti i cognomi as-
segnati ai magistrati dei primi tempi della repubblica possano esse-
re autentici. Senz’altro parecchi – o almeno alcuni – di essi sono ag-
giunte posteriori, invenzioni degli annalisti o della tradizione fami-
liare; si consideri che qualsiasi cittadino romano poteva avere
accesso alle tabulae dealbatae dei pontefici esposte al pubblico e così
raccogliere notizie riguardanti la propria gens. Ma non tutti i cogno-
mi atttestati per il V e IV secolo possono essere liquidati in questo
modo. Su ciò torneremo più avanti. Del resto, anche la presenza dei
patronimici nei fasti più antichi può ritenersi qualche volta interpo-
lazione del redattore, perché gli intervalli cronologici tra le cariche
del padre e del figlio sono qualche volta o più lunghi o più brevi ri-
spetto all’intervallo medio tra due generazioni dell’età tardorepub-
blicana. 23 Invece l’inserimento degli avonimici nelle parti antiche dei
fasti è certamente opera dei redattori posteriori 24.
L’idea che le originali liste dei magistrati non avrebbero conte-
nuto dei cognomi deriva da molti fattori. Si è fatto ricorso alle con-
dizioni semplici del V secolo, il che non permetterebbe l’introduzio-
ne, almeno non in maniera rilevante, dei cognomi; ma questo non è
argomento convincente. Convince di più l’accenno al fatto che in al-
tri documenti quali leggi e senatoconsulti i nomi dei consoli e di al-
tri magistrati vengono resi ancora nel II secolo senza cognomi e avo-
nimici che invece appaiono sempre nei Fasti Capitolini; negli indici
più antichi sarebbero stati ammessi solo il prenome, gentilizio e pa-
tronimico (ma la presenza nei fasti dei patronimici pone, come ab-
biamo visto, qualche problema). Ma ciò è una sbagliata proiezione
di un usus a documenti di tutt’altro genere. Nelle leggi e nei senato-
consulti bastava mettere solo il patronimico, perché i consoli e i te-
stimoni erano di solito facilmente riconoscibili ai fini della prova
dell’autenticazione del documento, mentre i fasti non sono solo liste
di magistrati eponimi fatti per scopi pratici, ma hanno piuttosto as-
sunto il carattere di cronache; nelle categorie storiografiche i fasti
costituiscono la forma della memoria collettiva, non un mezzo prati-
co per datazioni, bensì tavola onoraria 25. Questo carattere dei fasti
23
Cf. Cichorius, De fastis consularibus, cit. p. 237-240, il quale tuttavia esa-
gera quando vuole attribuire tutti i patronimici ai redattori posteriori. Cf. invece
Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 52-61.
24
Questo per molte ragioni. Cf. per es. Beloch, Römische Geschichte, cit.,
p. 60.
25
Questa categoria storiografica è stata bene elaborata da J. Rüpke, Ges-
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 261
.
262 HEIKKI SOLIN
29
Su ciò cf., in via preliminare, H. Solin, Un aspetto dell’onomastica plebea e
municipale. La ripresa di nomi illustri da parte di comuni cittadini, in G. Angeli
Bertinelli e A. Donati (a cura di), Varia epigraphica. Atti del colloquio inter-
nazionale di epigrafia, Bertinoro, 8-10 giugno 2000, Faenza, 2001 (Epigrafia e Anti-
chità 17), 411-427. Un bell’esempio nell’onomastica aristocratica della ripresa di
vecchi cognomi orgogliosi, dopo un lungo iato, nell’età imperiale costituisce la fi-
danzata di Claudio Medullina Camilli f. (CIL X 6561), su cui cf. M. Kajava, Arctos
20, 1986, p. 59-71.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 263
lia dimostrano che il cognome poteva essere in uso effettivo nelle fa-
miglie aristocratiche già nella seconda metà del IV secolo, e quello
di P. Cornelius Scapula fa vedere l’importanza di questi casi, in
quanto sembra confermare la tradizione annalistica relativa al co-
gnome del console corneliano del 328 (nei Fasti Capitolini quest’an-
no non è conservato).
Al lettore sarà diventato chiaro che personalmente non posso
condividere completamente il giudizio negativo riguardo all’autenti-
cità dei cognomi traditi per i magistrati del V e IV secolo 30. Si può
falsificare per vanità aristocratica qualche albero genealogico, ma
non si falsificano decine se non centinaia di nomi, gentilizi e cogno-
mi, di magistrati. Come ho già sottolineato, una parte dei cognomi
traditi per il V e IV secolo rappresenta aggiunte posteriori (e quelli
dei primi anni della repubblica saranno per lo più interpolazioni).
Visto il carattere facoltativo del cognome nella nomenclatura il suo
affermarsi nell’uso romano deve essere stato un processo piuttosto
lungo, e non si creda che in tutte le famiglie patrizie dell’età protore-
pubblicana il cognome sia diventato un elemento per così dire stabi-
30
Argomenti per l’autenticità di una buona parte dei cognomi della media
repubblica e anche di alcuni della parte più antica dei fasti sono molti. È mia in-
tenzione di trattare la questione nel libro dedicato all’onomastica senatoria, da
tempo in preparazione. Qui solo un paio di osservazioni oltre a quelle che figura-
no altrove in questo saggio : 1) L’inclusione di cognomi nei fasti si spiega con il
bisogno di escludere il sospetto sull’identità delle persone portanti lo stesso genti-
lizio, e questo bisogno non nacque soltanto verso la fine del IV secolo con la pre-
sunta redazione dei Fasti di Gneo Flavio, bensì molto prima; già il patriziato più
antico ha posseduto dei cognomi e li ha anche fatti mettere nei fasti più antichi
(bene su questo punto Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 46 contro Momm-
sen). Del resto il giudizio del Mommsen è stato spesso frainteso su questo punto :
per es. in RF I, p. 48 non dice affatto che i cognomi del patriziato sarebbero delle
falsificazioni (così hanno capito le parole del Mommsen molti studiosi, per es.
A. Alföldi, Early Rome and the Latins, Ann Arbor, 1964, p. 82 sg.), egli parla solo
della «Schriftmässigkeit der Cognomina, die wenigstens bis in das fünfte Jh.
Roms zurückreicht». – 2) Il fatto che in Diodoro manchino spesso i cognomi dei
magistrati, non può essere usato come argomento per la supposizione che egli
avrebbe utilizzato una buona fonte antica, in cui i cognomi non erano segnalati,
come spesso affermato. G. Perl, Kritische Untersuchungen zu Diodors römischer
Jahreszählung, Berlino, 1957, ha dimostrato che i cognomi dei magistrati sono
sempre da postulare nella fonte di Diodoro (che era una lista di eponimi, la quale
dunque registrava i cognomi ed era scritta in latino); ma nella lunga serie dei tri-
buni consolari i cognomi furono omessi a causa dell’alto numero dei nomi e in
conseguenza anche i collegi consolari precedenti e successivi venivano da Diodo-
ro offerti senza cognomi. Perciò non si può tirare con A. Alföldi, Römische Früh-
geschichte, Heidelberg, 1976, p. 109 sg. la conclusione che Diodoro avrebbe chia-
mato in causa, per i tribuni consolari, un’altra, antica fonte. In ogni caso, l’usus
diodoriano non dice niente della mancanza del cognome nella nomenclatura dei
magistrati della prima età repubblicana.
.
264 HEIKKI SOLIN
31
O. Salomies, Die römischen Vornamen. Studien zur römischen Namenge-
bung, Helsinki, 1987, 19-60 ha raccolto in tutto 31 nomi attestati con certezza
come prenomi della nobiltà repubblicana. E anche di questi, alcuni sono attestati
solo raramente, cadendo con l’andar del tempo più e più in disuso.
32
In enciclopedie e manuali prosopografici si sceglie di solito la forma Inre-
gillensis, mentre Degrassi nella sua edizione in Inscr. It. XIII tende a scrivere Inri-
gillensis, quando il cognome (o almeno non la vocale della sua seconda sillaba)
non è conservato nella lapide; e in effetti nell’unico passo in cui questo cognome
è conservato, sotto 450 nell’elenco dei decemviri consulari imperio legibus scri-
bundis, è scritto Inrigill(ensis).
33
Sono il console del 495, il cui nome si crede suonasse nei Fasti Capitolini
(dove non è conservato) nella forma Ap. Claudius M. f. – n. Crassus(?) Inregillen-
sis (o Inrigillensis) Sabinus (il secondo cognome è tramandato solo nel Cronogra-
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 265
fo dell’anno 354 come l’unico nome nella forma Inregiliensis; e il terzo cognome
Sabinus nei Fasti Idaziani e nel Chronicon Paschale come nome unico, nonché in
Dion. Hal. 6, 23 come unico cognome dopo ¶Appiov Klay¥diov); suo omonimo,
console nel 471 e 451, i cui nomi sono stati tramandati grosso modo in maniera
uguale (solo che il suo nome intero è conservato sotto 451 nei Fasti Capitolini, i
cognomi nella forma Crass. Inr[-]gill. Sabin. e che sotto 451 mancano le testimo-
nianze delle fonti letterarie); nello stesso modo viene trattato anche il nome del
console nel 460, solo che ha il prenome Gaius. Del IV secolo il console del 349
porta nei Fasti Capitolini due cognomi nella forma [Crass. I]nrigil[lens.], nel Cro-
nografo del 354, nei Fasti Idaziani, nel Chronicon Paschale e in Livio solo Cras-
sus, mentre in Cassiodoro compare solo con prenome e gentilizio; lo stesso viene
ricordato come dittatore nel 362 nei Fasti Capitolini con i due cognomi nella for-
ma [Cr]assus Inregillensis. E infine il cognome del dittatore nella guerra contro i
Sidicini nel 337 appare nella tradizione manoscritta di Liv. 8, 15, 5 in varie
forme : Inregillensis (adottata dagli editori), Regillensis, Regiliensis).
34
L’antenato dei Claudii, il sabino Att(i)us Clausus, migrò secondo la tradi-
zione a Roma nel 504. Sulla sua persona e sui suoi nomi da ultimo cf. B. J. Kava-
nagh, AHB 4, 1990, p. 129-132; su Clausus, che indubbiamente rappresenta un
elemento sabino, A. M. Keaney, Three Sabine nomina : Clausus, Consus, *Fisus,
Glotta 69, 1991, p. 202-214. – A. W. J. Holleman, The first Claudian at Rome, in
Historia 35, 1986, p. 377 sg. ritiene i Claudii una gens etrusca, ma il suo ragiona-
mento è debole.
35
La tradizione manoscritta è confusa (i codici dei Simmachi hanno avuto
cnregillo o simili), Inregillo è emendazione del Weissenborn, e così stava probabil-
mente nel testo di Livio. Ma il toponimo Inregillum potrebbe essere nato da una
sbagliata identificazione dei due cognomi di un Claudius da parte di uno studio-
so, dovuta forse a un malinteso di sciogliere CRASSIN zREGILL con Crass. Inre-
gill. nei fasti del 451 e 450 (Livio ha quindi usato questa fonte non molto antica).
Questa idea risale al Mommsen, CIL I2 p. 32 su 392 a.u.c., idea geniale, anche se il
cognome Crassinus è altrimenti ignoto nell’onomastica senatoria (e anche per il
resto rarissimo), ma cf., dell’età protorepubblicana, per es. Mamercus > Mamerci-
nus. E poi cognomi molto brevi non venivano abbreviati. In ogni caso un toponi-
mo Inregillum e un etnico Inregillensis sarebbero quanto mai sorprendenti e mol-
to poco plausibili. Troppo fiducioso H. Gähwiler, Das lateinische Suffix -ensis,
Diss. Zurigo 1962, p. 27.
.
266 HEIKKI SOLIN
36
Anche C. Minucius Augurinus, tribuno della plebe nel 184, forse loro
padre o nonno, portava lo stesso cognome.
37
Per i discendenti dell’augure C. Genucius il cognome non è attestato, forse
perché la famiglia si è estinta presto.
38
Cn. Genucius Augurinus, tribuno militare nel 399 (Augurinus compare nei
Fasti Capitolini e nel Cronografo del 354); M. Genucius Augurinus, console nel
445 (l’anno manca nei Fasti Capitolini; Augurinus compare solo nel Cronografo
del 354); T. Genucius Augurinus, console nel 451 (Augurinus compare nei Fasti
Capitolini e nel Cronografo del 354); M. Minucius Augurinus, console nel 497 e
491 (i due anni mancano nei Fasti Capitolini; Augurinus compare nel Cronografo
del 354, nei Fasti Idaziani e nel Chronicon Paschale); P. Minucius Augurinus,
console nel 492 (parimenti); Ti. Minucius Augurinus, console nel 305 (Augurinus
integrato nei Fasti Capitolini; compare nel Cronografo del 354). Per quanto ri-
guarda gli storiografi romani, Augurinus manca sempre per es. in Livio.
39
Per primo notato da Th. Mommsen nel suo classico saggio Die römischen
Eigennamen der republikanischen und augusteischen Zeit, in Römische Forschun-
gen, I, Berlino, 1864, p. 65-68 (d’ora in poi abbreviato come RF).
40
Questa possibilità è stata considerata da C. Cichorius, De fastis consulari-
bus, cit. p. 229-232, e Fr. Cornelius, Untersuchungen zur frühen römischen Ges-
chichte, Monaco, 1940, p. 9-11.
41
Ma W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, Berlino, 1904
(d’ora in poi abbreviato ZGLE), p. 259 ritiene Amintinus etrusco. Cf. anche
H. Rix, Das etruskische Cognomen, Wiesbaden 1963, p. 176.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 267
42
A parte sta un peculiare sosia plebeo del primo console L. Iunius Brutus,
tribuno della plebe nel 493 (RE 47), introdotto ed elaborato da Dion. Hal. 6, 70, 1.
43
L’origine dei Iunii Bruti dal fondatore della repubblica, propagata soprat-
tutto dagli assassini di Cesare Marco e Decimo Bruto (Cic. Att. 13, 40, 1), era mol-
to discussa già nell’antichità, come emerge da Plut. Brut. 1, 6-8. Marco divenne
del resto tramite adozione patrizio prendendo il nome Q. Caepio Brutus (su ciò
da ultimo R. Syme, JRS 34, 1944, p. 101 sg. = Roman Papers I 167 sg. e Historia 7,
1958, p. 176 = Roman Papers I p. 365).
44
In effetti, questa è la spiegazione corrente a partire da B. G. Niebuhr, Rö-
mische Geschichte I, Berlino, 1811, p. 541; così, tra gli altri, Th. Mommsen, Rö-
mische Geschichte, I, Berlino, 1854, p. 246; De Sanctis, Storia dei Romani, cit. I2,
p. 402; W. Schur, RE Suppl. V, 1931, col. 369; Alföldi, Early Rome, cit., p. 83; Id.,
Les cognomina, cit. p. 721; K.-W. Welwei, Lucius Iunius Brutus – ein fiktiver Re-
volutionsheld, in J. Hölkeskamp und E. Stein-Hölkeskamp (a cura di), Von Ro-
mulus zu Augustus. Grosse Gestalten der römischen Republik, Monaco, 2000,
p. 50 sg.
.
268 HEIKKI SOLIN
In ogni caso mi sembra che Brutus sia fin dalle sue prime attestazioni
45
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 269
47
Questo viene sottolineato da Etcheto.
48
Questo aspetto è stato bene elaborato da Etcheto, solo che lui arriva, in
questo particolare caso, a un risultato opposto.
49
Così anche Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 49.
50
Sui plebei in generale da ultimo J. von Ungern-Sternberg, KlP 9, 2000,
col. 1124-1127 (nella sua bibliografia aggiungi R. E. Mitchell, Patricians and Ple-
beians. The origin of the Roman State, Ithaca-London, 1990, un libro peraltro as-
sai discusso).
51
Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 50 voleva impugnare i cognomi delle
.
270 HEIKKI SOLIN
famiglie con gentilizi plebei che sarebbero senza eccezione interpolati. Ma egli
stesso deve ammettere (p. 51) che i cognomi traditi per i tribuni militari plebei
degli anni 400, 399 e 396 possono essere autentici. – Un caso sicuro di un co-
gnome interpolato in una gens plebea è Longus, aggiunto nei Fasti Capitolini al
nome di C. Duilius K. f. K. n., tribuno militare nel 399 (Longus viene inoltre inte-
grato negli stessi Fasti Capitolini nel nome del decemviro 450 K. Duilius, ma cf.
supra nt. 28). Che Longus sia interpolato, risulta già dal fatto che i Duilii erano
una gens priva dei cognomi.
52
Questa datazione è propugnata da Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 48
(ma a p. 46 si esprime in modo un po’ ambiguo).
53
Quel poco che si sa della produzione di Gneo Flavio è stato ultimamente
analizzato da J. G. Wolf, Die literarische Überlieferung der Publikation der Fasten
und Legisaktionen durch Gnaeus Flavius, in Nachrichten Akad. Göttingen, Philol.-
hist. Klasse 1980, 2, p. 9-29, il quale tuttavia non tocca la questione del carattere
dei suoi fasti, che non risulta dalle testimonianze pervenute fino a noi, ma non è
escluso che egli abbia elencato, accanto al calendario, anche nomi dei consoli.
Mommsen, Römische Chronologie, Berlino, 18592, p. 208-211 mette la prima reda-
zione dei fasti alla fine, se non alla metà del IV secolo. A Gneo Flavio come il pri-
mo redattore dei Fasti consolari pensano anche per es. De Sanctis, Storia dei Ro-
mani I2, cit. p. 3 sg.; Alföldi, Early Rome and the Latins, cit., p. 167, 217; Id., Les
cognomina, cit., p. 721; Id., Römische Frühgeschichte. Kritik und Forschung seit
1964, Heidelberg, 1976, p. 101; K. Hanell, Probleme der römischen Fasti, in Les ori-
gines de la République romaine, 1967, cit., p. 188; L. Loreto, La censura di Appio
Claudio, l’edilità di Cn. Flavio e la razionalizzazione delle strutture interne dello sta-
to romano, in A & R n.s. 36, 1991, p. 199.
54
Ai Fasti di Gneo Flavio pensa, come abbiamo visto, Alföldi, Les cognomi-
na, cit., p. 721 sg; alla fine del III secolo Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 48 e
Kajanto, On the Chronology of the Cognomen, cit., p. 65. Una datazione tardore-
pubblicana viene propugnata da Cichorius, De fastis consularibus, cit., p. 258 e
passim.
55
Ma la forma di questo nome, attestato solo come cognome del console del
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 271
riodo prima del 460. Diversamente va giudicato il tipo Vulso 56, atte-
stato sì solo nella gens Manlia a partire dal 474, ma poiché l’uso del
cognome si protrae fino al console del 178, è possibile che i redattori
dei fasti l’abbiano aggiunto al nome dei Manlii del V secolo in base
al cognome del console del 178, naturalmente autentico. Ma questi
cognomi come vanno giudicati nel quadro generale dell’onomastica
aristocratica del V e IV secolo? Come si sa, la storia della prima me-
tà del V secolo contiene materiale leggendario, comprese le interpo-
lazioni dei fasti. Già per questo ci si potrebbe chiedere come stia la
situazione riguardo all’attendibilità dei nomi, in questo specifico ca-
so dei cognomi dei magistrati, se la critica tende a ritenere le notizie
tramandate sulla loro vita una mescolanza di tratti leggendari e sto-
rici. Prendiamo come esempio P. Valerius Poplicola e M. Horatius
Pulvillus, tramandati come consoli negli stessi anni 509 e 508. An-
che se la cronologia tradizionale della repubblica è, a mio parere, in
sostanza sana, gli ultimi anni del VI secolo e i primi del V sono tutta-
502, del 493 e del 485 Sp. Cassius, non è certa; Degrassi integra nell’edizione dei
fasti, in cui non è conservato in alcun luogo, sempre Vicellinus, mentre per es.
Münzer, RE III, col. 1749, n. 9 esita fra Vecellinus e Vicellinus (così anche Degras-
si, Inscr. It. XIII 1, p. 536 nel commento dei Fasti trionfali su 502; ma nell’edi-
zione scrive constantemente Vic-); Broughton, MRR I, p. 8 e W. Eder, KlP 2, col.
1011 da parte loro preferiscono la forma Vecellinus (ma in KlP 12, 2, col. 182 si
scrive Vicellinus!). Ma negli autori antichi il cognome riceve tutt’altre forme, Ve-
cellinus o Vicellinus non essendo tradite da nessuna parte. Non ho fatto ricerche
per chiarire da dove provengano queste due forme preferite (ma il primo a vedere
che le forme tradite nelle fonti letterarie sono corrotte, sembra essere stato
Mommsen, RF I p. 107, 82. II p. 153, 2). A mio parere la forma originaria del co-
gnome non può essere stabilita con definitiva certezza, anche perché la sua deri-
vazione non è certa. Kajanto, The Latin Cognomina, cit., p. 163 lo fa derivare dal
gentilizio Vicellius. Ma se la forma del suo nome rappresenta una tradizione anti-
ca (come sembra essere il caso della sua persona), non lo deriverei in prima is-
tanza da un gentilizio, poiché cognomi derivati da gentilizi vengono in uso note-
volmente più tardi (fatta eccezione di Aquilinus, cognome di T. Herminius o Her-
menius, console nel 506, un caso problematico [a causa dell’origine etrusca
potrebbe avere qualche rapporto con gli Aquillii etruschi, sui quali vedi nt. 99], i
primi cognomi derivati da gentilizi con il suffisso -inus sono Caesoninus e Spuri-
nus nel II secolo). Perché non potrebbe celarsi dietro questo cognome un toponi-
mo non attestato? Questo è anche il parere di J. Reichmuth, Die lateinischen Gen-
tilicia, cit., p. 51. Ma quale toponimo? L’unico punto di riferimento anche un po’
plausibile sarebbe il monte Vecilius, attestato solo in Liv. 3, 50, 1, che dovrebbe
essere, giudicando dal contesto di Livio, una sommità del monte Algidus, odierno
Artemisio a nord di Velletri (cf. R. M. Ogilvie, A Commentary on Livy. Books 1-5,
Oxford, 1965, p. 489 il quale tuttavia dubita dell’attribuzione alla zona di Algidus,
perché il gentilizio Vecilius sarebbe etrusco!). Se questo accostamento coglie nel
segno, allora la forma giusta suonerebbe più o meno Vecellinus o Vecil(l)inus.
56
Non importa per il nostro argomento se di origine etrusca o no (manca in
Latin Cognomina del Kajanto). Un Volso in Sil. It. 10, 142, ma si tratta di una per-
sona fittizia. Cf. inoltre de Volsonibus nei Fasti trionfali del 294 invece di de Vulsi-
niensibus nei Fasti trionfali del 280 e del 264.
.
272 HEIKKI SOLIN
57
Ma Münzer, RE VIII, 1913, col. 2404 n. 15 sembra ritenere attendibili i loro
consolati.
58
Secondo F. Cornelius, Untersuchungen zur frühen römischen Geschichte,
cit. nt. 40, p. 123 sarebbe stato dato per la prima volta al console del 460 come co-
gnomen ex virtute, e posticipatamente al console del 509.
59
Su quest’ultimo aspetto J. von Ungern-Sternberg, Überlegungen zur frühen
römischen Überlieferung im Lichte der Oral-Tradition-Forschung, in J. von Un-
gern-Sternberg e H. Reinau (a cura di), Vergangenheit in mündlicher Überliefe-
rung, Stoccarda, 1988 (Colloquium Rauricum 1), p. 237-265; U. W. Scholz, WJA
24, 2000, p. 145.
60
Invece il console nel 476 porta nei Fasti Capitolini il solo cognome Struc-
tus (la fine della riga è conservata).
61
Degrassi, Inscr. It. XIII 1, p. 356 omette per mera svista Ahala, che sta nella
lapide; Münzer in RE da parte sua, oltre a omettere anch’egli Ahala, scambia i
prenomi C. e Sp. tra i consoli del 478 e 476; anche qui si tratterà di una mera
svista.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 273
417) e del capo della cavalleria nel 418 62, ma probabilmente lo stesso,
una persona energica del tempo, è il console del 427, il cui nome,
Livio (4, 30, 12) rende nella forma C. Servilius Ahala (il suo anno
manca nei Fasti Capitolini; ma poiché è chiamato dal Cronografo
del 354 Structus, Degrassi lo ritiene un Servilius Structus Ahala) 63.
Ora io vorrei spiegare lo stato delle cose in modo diverso da quanto
è accaduto finora. Prendo le mosse dall’osservazione che Axilla sia
una forma secondaria e invenzione dell’annalistica, mentre Ahala
rappresenterebbe una tradizione sana (questa grafia si trova, oltre
che nei Fasti Capitolini, nelle monete di Marco Bruto del 54 a.C.,
sotto la testa di C. Servilius Ahala, capo della cavalleria nel 439 :
Crawford, RRC p. 455 n. 433) 64 ; così potrebbe essere chiamato uno
dei Servilii Ahalae del IV secolo. Ahala è un nome che non si conosce
nell’onomastica romana dopo il suddetto Q. Servilius Ahala, console
la prima volta nel 365. Queste due forme vengono di solito ritenute
varianti dello stesso nome 65. Ahala, viene considerato in base a Cic.
or. 153 (quo enim vester 66 Axilla Ala factus est nisi fuga litterae vastio-
ris?) più recente 67 ; ma dal punto di vista della storia della lingua l’os-
servazione è senza valore. Sembra che si tratti di due nomi diversi e
che quindi Ahala e Axilla vadano tenuti distinti. Quest’ultimo è for-
mato da axilla ‘ascella’. È vero che in Ahala è stata vista una grafia
con h intervocalica di ala 68, di cui axilla è diminutivo. Ciò non è
escluso, ma può trattarsi anche di un vecchio nome forse con una
grafia di apparenza dialettale (cf. il prenome umbro Ahal Vetter 230
= Rix Um 16). Si potrebbe vedere la storia del cognome serviliano in
questo modo : Ahala era un antico cognome della gens Servilia, men-
62
Il cronografo del 354 ha invece Structus. Cf. ancora Liv. 4, 45, 5 C. Servi-
lium Prisci filium nella lista dei tribuni militari; e 4, 46, 10-12 Q. Servilius Priscus
... magistro equitum creato, a quo ipse tribuno militum dictator erat dictus, filio –
ut tradidere quidam; nam alii Ahalam Servilium magistrum equitum eo anno
fuisse scribunt –. Münzer (vedi la nota seguente) ha cercato di chiarire le varie
forme del nome del tribuno e del console del 427 che lui – a ragione – ritiene una
stessa persona pensando che la giusta forma del suo nome nella tradizione fosse
C. Servilius Axilla (naturalmente ritiene tutti i cognomi interpolazioni).
63
Cf. Fr. Münzer, RE II A, col. 1773-1775 n. 37 il quale ha visto che console e
tribuno sono lo stesso personaggio influente. D’accordo Broughton, MRR I, p. 66,
71-73.
64
Sulle monete M. Gutgesell, Die Münzpropaganda des Brutus im Jahre 54
v.Chr., in Numismatisches Nachrichtenblatt 46, 1997, p. 223-228.
65
Con la lodevole eccezione dei commentatori dell’Orator ciceroniano quali
Sandys e Kroll.
66
Vester perché la madre di Bruto, Servilia contava nei suoi antenati il capo
della cavalleria del 439 C. Servilius Ahala.
67
Così Fr. Münzer, RE II A, 1923, col. 1768.
68
Leumann, Lateinische Laut- und Formenlehre, Monaco, 19772, p. 174.
.
274 HEIKKI SOLIN
69
Si suole scrivere nelle edizioni, enciclopedie e dizionari ¶Alan, ma non sa-
rebbe preferibile accentuare ¶Alan, o piuttosto lasciar perdere l’accento?
70
Così G. De Sanctis, Storia dei Romani, II2, Firenze, 1960, p. 14 sg.
71
Senza cognome ancora 6, 6, 14. 9, 6.
72
Alföldi, Les cognomina, cit., p. 718 lo spiega come «oreiller, qualification
pour efféminé», ma nei racconti traditi degli Horatii Pulvilli non c’è niente di ef-
feminato.
73
Cf. Fr. Münzer, RE VI, 1909, col. 1750.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 275
74
Di lettura non del tutto certa; è tramandato RO.IVS che può essere inte-
grato in vari modi : Rogius, Ronius, anche Roius.
75
Cf. H. Rix, Etruskische Personennamen, in Namenforschung. Ein interna-
tionales Handbuch zur Onomastik, 1, Berlino-New York, 1995, p. 722. Rix non
prende chiaramente posizione sull’interrelazione del cognome etrusco e romano.
Invece ne tratta nella sua monografia Das etruskische Cognomen, Wiesbaden,
1963, p. 379-383.
76
Questo è il risultato delle analisi condotte da H. Rix nella sua monografia
ricordata nella nota precedente.
77
Il primato degli Italici sugli Etruschi nell’introduzione del sistema gentili-
zio dovrebbe essere ormai, passati i tempi schulzeiani, opinio communis; cf. da
ultimo H. Rix, Römische Personennamen, in Namenforschung. Ein internationales
Handbuch zur Onomastik, 1, Berlino-New York 1995, p. 728.
.
276 HEIKKI SOLIN
78
Secondo la tradizione, era figlio o nipote di Egerius figlio di Arruns, per cui
nell’edizione dei Fasti Capitolini si suole integrare sotto 509 [L. Tarquinius Egerii
f. Collatinus].
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 277
79
Così per es. RE XXII, col. 892; KlP 10, p. 830; I. Kajanto, The Latin Cogno-
mina, cit., p. 183. Ma A. Postumius Albus, che come dittatore comandò i Romani
al Regillo e che quindi avrebbe avuto Regillensis in memoria della vittoria, può
essere inventato, come pure la leggendaria battaglia. Anche la formazione sa-
rebbe, dal punto di vista morfologico, unica tra i cognomina ex virtute, che del
resto venivano in uso molto più tardi (vedi le brevi osservazioni di H. Solin, Epi-
grafia e ordine senatorio, I, Roma 1982 (ma 1984) p. 426 sg.). Perciò vedrei con
Mommsen, RF II p. 291 in Regillensis piuttosto un cognome indicante l’origine
(ma non da confondere con quello dei Claudii, su cui vedi supra). I Postumii
Albi(ni) erano più tardi, una famiglia potente e si sono dati la pena – lo sappiamo
– di ricostruzioni posteriori per aumentare la gloria della famiglia, per cui hanno
potuto favorire l’inclusione di un loro antenato tra grandi generali del passato,
secondo un procedimento riferito sopra nel testo.
80
Certamente il carattere cognominale di Vaticanus deve essere posteriore,
anche perché non c’era alcun bisogno di imporre a Romilius due cognomi per
distiguerlo da altri omonimi che non esistono.
81
Cf. anche Vicellinus o simili, ricordato sopra nt. 55.
.
278 HEIKKI SOLIN
stato tra 509 e 393) come cognome tratto dall’indicazione del domi-
cilio; il nome sarebbe derivato da un toponimo *Tricipitium, non
attestato, ma formato come Septimontium 82. Cn. Marcius Coriola-
nus va ricordato solo di passaggio 83. I cognomi derivati dai nomi di
quartieri di Roma sono molto comuni; uno dei molti è il popolare
Capitolinus, spesso attestato durante il V e IV secolo nella gens Man-
lia e nella gens Quinctia 84, addirittura come cognome del tribuno
militare plebeo nel 400 e nel 396 P. Maelius Sp. f. Capitolinus, che
avrà avuto il suo cognome in base alla casa della famiglia alle pendi-
ci del Campidoglio 85. Interessante è il caso dei Manlii Capitolini. Si è
pensato che secondo Livio 6, 17, 5 (seguito da Plut. Cam. 36, 2) 86 il
console del 392 avrebbe avuto il cognome Capitolinus a causa del
suo ruolo nella difesa del Campidoglio 87. Tuttavia non è certo che Li-
vio abbia inteso così 88. Inoltre Capitolinus è attestato nella gens
Manlia fin dal 434, per cui sarà preferibile derivare il cognome dalla
residenza della famiglia o sul Campidoglio o alle sue pendici. Quel
che colpisce nelle abitudini onomastiche dei discendenti del console
del 392 è che, come conseguenza della condanna del console, un ac-
82
Cf. J. Reichmuth, Die lateinischen Gentilicia, cit., p. 51. Ivi anche ulteriori
esempi di questo usus.
83
La persona sembra leggendaria. Se dietro la figura ci fosse anche un bri-
ciolo di verità, allora Coriolanus dovrebbe essere un cognome geografico indi-
cante l’origine dalla parte meridionale del Lazio antico; non cercherei la città di
Corioli nell’area volsca come si fa spesso, perché i Marcii erano certamente una
famiglia latina, non volsca.
84
Capitolinus è stato cognome popolare in tutti i tempi. Ma una parte delle
attestazioni nell’età imperiale è stata associata con Capito (a causa delle mancate
attestazioni di un derivato regolare *Capitoninus); cf. M. Niedermann, Notes sur
le cognomen latin, in Mélanges de philologie, de littérature et d’histoire anciennes
offerts à A. Ernout, Parigi, 1940, p. 267-276. Il suddetto Capitoninus non sembra
attestato da nessuna parte, ma si trova la forma feminina Kapitwnı̃na CIL XIII
10024, 555 e il derivato Capitonianus (vedi Kajanto, Latin Cognomina, cit., p. 235,
dove aggiungi I.Ephesos 929 e I. Pisid. Cen. [IK 57] 34-41) con il femminile Ka-
pitwnianh¥ : Anat.Stud. 12, 1962, p. 206 n. 208 da Corycus.
85
Così Fr. Münzer, RE XIV, col. 244 n. 4.
86
Vir. ill. 24, 8 va spiegato diversamente; cf. nt. 89.
87
Cf. Etcheto p. 459, nt. 44.
88
Il passo liviano suona quem (cioè Manlio) prope caelestem, cognomine certe
Capitolino Iovi parem fecerint, «E colui che avevano reso quasi divino, pari a
Giove almeno nel cognome di Capitolino». Ora è importante tener presente che
Livio conosceva benissimo il cognome Capitolinus già molto prima del console
del 392 (dice 4, 42, 2 del tribuno militare del 422 creati sunt L. Manlius Capitoli-
nus), per cui si deve intendere cognomine – parem quale apposizione di quem cae-
lestem : avevano reso Manlio quasi divino, Manlio che era pari a Giove nel co-
gnome di Capitolino. Del resto la congettura Capitolini per Capitolino della tradi-
zione manoscritta, introdotta dal Madvig e accolta recentemente da Oakley, non è
necessaria, anzi meglio dimenticare, in quanto offusca il vero senso di Capitolino.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 279
cordo della gens Manlia stabilì, nel 385 che nessun Manlio doveva
più assumere il prenome Marcus (un accordo che rimase valido per
tutta l’antichità) 89, e il cognome Capitolinus cadde gradualmente in
disuso; l’ultimo Manlio a portarlo era Cn. Manlius Capitolinus Im-
periossus, console nel 359 e nel 357, censore nel 351 e capo della ca-
valleria nel 345. Ma non si deve vedere niente di drammatico nell’ab-
bandono di Capitolinus e connetterlo con la condanna del console
del 392 e con la rinuncia dei Manlii alla residenza sul Campidoglio 90.
Piuttosto si tratta di un usuale fenomeno dei cambiamenti di cogno-
mi in una gens – anche la gens Quinctia ha abbandonato presto Ca-
pitolinus; il primo a portarlo era, secondo la tradizione, il console
nel 471, e l’ultimo il dittatore nel 331. A causa delle nostre esigue co-
noscenze delle famiglie aristocratiche nel V e IV secolo è molto diffi-
cile afferrare gli ultimi movimenti della scomparsa di certi cognomi
e della loro sostituzione con altri (ma è notevole che il fratello mino-
re del console del 359 e del 357 non portava più il cognome Capitoli-
nus, si chiamava Imperiossus Torquatus, avendo avuto quest’ultimo
dal monile strappato al nemico (chi sa se Capitolinus fu deposto per
evitare una seguenza di ben tre cognomi). Tuttavia si può notare che
sono proprio i cognomi geografici che possono cadere in disuso (ma
ciò non avviene sempre!), quando non viene più percepito il rappor-
to diretto con la località in questione. Un altro esempio della scom-
parsa di un cognome geografico è il suddetto Mugillanus dei Papirii,
che non compare più con certezza dopo il tribuno militare nel 380 91.
– Invece nel caso di Sp. Tarpeius Montanus Capitolinus, console nel
454, si tratta chiaramente di un’interpolazione, da ricondurre al
monte Tarpeio.
89
Cic. Phil. 1, 32; Liv. 6, 20, 14; Dio 7 frg. 26, 1 (probabilmente da Livio);
Paul. Fest. p. 112, 135 Lindsay; anche Quint. inst. 3, 7, 20; Plut. Aet. Rom. 91;
inoltre Vir. ill. 24, 8 contiene un accenno allo stesso decreto (nel testo è entrata
una confusione, quando l’autore dice gentilitas eius Manli cognomen eiuravit, ne-
quis postea Capitolinus vocaretur). Cf. H. Solin, Namensgebung und Politik. Zur
Namenswechslung und besonderen Vornamen römischer Senatoren, in Tyche 10,
1995, p. 186-188.
90
A questa possibilità accenna Etcheto, Cognomen et appartenance familiale,
cit., p. 459.
91
A mio parere, non c’à alcuna necessità di pensare che il famoso L. Papirius
Cursor, console ben cinque volte tra 326 e 313, sarebbe stato in origine un Mugil-
lanus e avrebbe avuto il nuovo cognome Cursor in base alle sue eccezionali quali-
tà fisiche, come affermano Münzer, RE XVIII, col. 1040 sg. n. 52; col. 1069 n. 67
ed Etcheto p. 461 sg. Cursor può benissimo essere stato suo cognome originario,
perché è attestato già per L. Papirius Cursor, tribuno militare nel 387 e 385 e cen-
sore nel 393 e che inoltre non poteva essere padre del famoso console, il che di-
mostra che Cursor si era imposto in questo ramo. Secondo Etcheto, Cursor sa-
rebbe stato attribuito al censore del 390 furtivamente dai suoi posteriori, ma non
vedo perché i Papirii avrebbero, proprio in questo caso, inventato un precursore
come titolare di questo cognome; meglio ritenere anche questo Cursor autentico.
.
280 HEIKKI SOLIN
92
Anche Caeliomontanus, cognome di parecchi Verginii nel V e uno nel IV
secolo, si spiega come cognome derivato dal domicilio. Nella gens Verginia vige-
va dunque un’abitudine di imporre cognomi di questo genere per distinguere i
membri della gens gli uni dagli altri.
93
Così Ogilvie, A commentary on Livy, Books 1-5, cit., p. 560.
94
Così Fr. Münzer, RE II A, col. 1789 sg.
95
Cf. inoltre 4, 21, 9. – D’accordo con Livio Mommsen, RF II, p. 239; Reich-
muth, Die lateinischen Gentilicia, cit., p. 55; Kajanto, Latin Cognomina, cit.,
p. 181.
96
Se Post. Cominius Auruncus è un personaggio storico, il suo cognome può
essere spiegato nel quadro generale di quello che possiamo supporre dell’ono-
mastica senatoria della prima età repubblicana. Prima dobbiamo tener presente
che Cominio era un patrizio e non plebeo come spesso supposto (così per es. Be-
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 281
cognome dei Cloelii, attestato tra il console del 498 e il rex sacro-
rum entrato in carica nel 180 (Liv. 40, 42, 8-10; Val. Max. 1, 1, 4 lo
ricorda come flamen), anche se non del tutto privi di problemi.
Per quanto riguarda Siculus, si è pensato che potrebbe essere sta-
to assunto da un ramo dei Cloelii che esercitava nel III secolo il
commercio con la Sicilia e che sarebbe stato posticipatamente ag-
giunto nei fasti al nome di Cloelii più antichi, un’asserzione di per
sé possibile, anche se non molto plausibile 97. Forse – anche se ciò
rimane ipotetico – il cognome Siculus dei Cloelii si potrebbe spie-
gare con il fatto che una volta avrebbero vissuto dei Siculi nel La-
zio, per cui i Cloelii avrebbero assunto il cognome prima che i Ro-
mani fossero entrati in rapporti con la Sicilia 98. Interessante e si-
gnificativo è Tuscus, che può essere attribuito, come sembra, al
loch, Römische Geschichte, cit. p. 50), ma cf. per es. Münzer, RE 10, e le buone
osservazioni di P.- Ch. Ranouil, Recherches sur le patriciat (509-366 avant J.-C.),
Parigi, 1975, p. 83 sg. sulla presenza nella gens Cominia sia di patrizii che di ple-
bei. Poi va osservato che l’origine dei Cominii romani potrebbe essere cercata nel
Lazio meridionale o nella Campania. Pontius (prenome del noto protagonista
Pontius Cominius degli avvenimenti nel 387 a.C.) è di origine osca (nonostante il
fatto che la storia di Pontius Cominius è leggendaria, un uomo così denominato
deve essere una volta esistito), e anche Cominius è ben diffuso nell’area osca, at-
testato addirittura in testi osci (Vetter 195c). Così si può pensare che i Cominii ro-
mani davvero provenissero dal Lazio meridionale, ed il cognome Auruncus sa-
rebbe un ricordo di questa origine (nella stessa direzione R. M. Ogilvie, A Com-
mentary on Livy, cit., p. 732 e Ranouil, o. c., p. 83). L’area aurunca, benché poi
occupata dai Volsci, conserva molti ricordi romani, come un’iscrizione recente-
mente ritrovata nell’ambito del santuario della dea Marica alle foci del Garigliano
(sito della futura colonia di Minturnae), una scodella d’impasto della fine del VI o
dell’inizio del V secolo, con due scritte, una in osco, l’altra in latino (AE 1998,
348).
97
Prima si dovrebbe dimostrare l’interesse di un membro ignoto della fami-
glia sul commercio siciliano nel III secolo. Poi i Cloelii non erano verso la fine del
del III secolo una famiglia così importante e potente da poter convincere il redat-
tore dei fasti ad aggiungere Siculus nelle liste magistratuali. E non si capisce per-
ché la famiglia dei Cloelii che sembra essere stimata già nel V secolo, avrebbe
cercato di aumentare la fama della propria gens con un accenno a rapporti mer-
cantili con la Sicilia nel III secolo. Cichorius, De fastis consularibus, cit., p. 221 fa
risalire la fortuna di Siculus da quel Cloelius eletto rex sacrorum nel 180, pensan-
do quindi che fosse aggiunto al nome di tutti i Cloelii Siculi anteriori a quello del
rex sacrorum.
98
A questo ha accennato Beloch, Römische Geschichte, cit. p. 50. Questa ipo-
tesi è completamente ignorata (forse perché il personaggio manca negli indici?).
In favore dell’ipotesi del Beloch potrebbe militare che i Cloelii erano originari
della parte meridionale del Lazio antico (erano sempre annoverati tra le famiglie
albane). Ora fra i 30 populi Albenses vengono ricordati i Sicani (Plin. nat. 3, 69),
ma Siculus è forma più antica di Sicanus. Se davvero nel Lazio abitava una volta
una comunità di nome Sicani, l’accostamento del cognome dei Cloelii ad esso
non incontra difficoltà insormontabili.
.
282 HEIKKI SOLIN
console del 487 C. Aquillius 99, ritenuto spesso dalla critica interpo-
lato100. Ora Aquil(l)ius sembra di origine etrusca, da ricondurre ad
Acvilnas, attestato tre volte in vasi databili alla prima metà del VI
secolo, ritrovati a Veio e nel territorio di Vulci101. Se è lecito ipotiz-
zare un influente personaggio chiamato Avile Acvilnas, il quale eb-
be legami con Veio e Vulci, è quanto mai seducente connetterlo
con il console del 487; Tuscus sarebbe quindi un chiaro segno del-
l’origine etrusca della famiglia romanizzata. Il cognome di per sé
sarà un’aggiunta della tradizione annalista, ma in ogni caso il ri-
cordo dell’origine etrusca è dovuto restare vivo nella famiglia. Pur-
troppo conosciamo la storia repubblicana degli Aquillii assai male,
per cui non è possibile fare delle ipotesi circa la sopravvivenza di
Tuscus nella gens Aquillia. Ma è impossibile supporre che Tuscus
possa essere rimasto vivo nel ricordo della famiglia? Da dove
gli annalisti avrebbero potuto tirare fuori il cognome del console
del 487 che, alla luce della documentazione epigrafica etrusca,
può benissimo essere sia un magistrato autentico che oriundo
dell’Etruria?
È ovvio che, fintantoché il cognome era un elemento ancora ra-
ro del nome romano, l’indicazione dell’origine della persona poteva
assumere solo gradualmente una funzione di cognome, nel quadro
della fondamentale regola della funzione di nome proprio, quella
identificatoria; ciò era attuale soprattutto in grandi genti, in cui i
prenomi non erano sufficienti a soddisfare le richieste di distinguere
tra i vari membri della stessa famiglia e anche dello stesso ramo di
una gens. Credo che qui, nelle indicazioni dell’origine, sia da vedere
una importante premessa all’evoluzione dell’uso del cognome a Ro-
ma. E dal fatto che molte di queste vecchie indicazioni dell’origine si
usano in più generazioni, si vede che hanno assunto la funzione di
un vero nome proprio diventando cognomi ereditari; così un Papi-
rius Mugillanus del IV secolo non si sentì più oriundo di Mugilla,
ma Mugillanus era diventato una parte del suo nome, vale a dire suo
cognome. Ma per quanto riguarda le prime attestazioni in una fami-
glia di tali cognomi, un rapporto con l’origine da tale località di chi
99
I cognomi dei consoli del 487 sono noti soltanto dai tardi cronografi (so-
no Sabinus e Tuscus), per cui non si sa quale spetta a C. Aquillius, ma proprio la
probabile origine etrusca degli Aquillii fa pensare che Tuscus appartenesse a
C. Aquillius, e Sabinus all’altro console T. Sicinius. Cf. su ciò Broughton, MRR I
p. 19 sg. e l’importante studio di C. Ampolo, Gli Aquilii del V secolo a.C. e il proble-
ma dei fasti consolari più antichi, in PP 39, 1975, p. 410-416.
100
Così Mommsen, RF I 107-111. E non mancano altri (enumerati in Ampolo,
PP p. 410).
101
Veio : ET Ve 3.7; Vulci : ET Vc. 3.4; 3.5.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 283
102
Su ciò cf. H. Solin, Zur Tragfähigkeit der Onomastik in der Prosopographie,
in Prosopographie und Sozialgeschichte. Studien zur Methodik und Erkenntnismö-
glichkeit der kaiserzeitlichen Prosopographie, Kolloquium Köln 24.- 26. November
1991, Colonia-Vienna-Weimar, 1993, p. 1-33.
103
Cf. per es. L. R. Taylor, Voting Districts of the Roman Republic, Rome
1960, p. 261; Solin, Zur Tragfähigkeit, cit. p. 5.
104
Non è certo se il console del 328 sia un Cornelius Scapula; se lo è, può es-
sere identico al pontefice massimo del sarcofago. Il capo della cavalleria del 362
non può essere un Cornelius Scapula, come spesso supposto (così ancora, dopo
Degrassi, Broughton, MRR III 70), giacché il cognome va letto Scaevola, cf.
R. T. Ridley, ZPE 116, 1997, p. 157-160. Era quindi un Mucius.
105
Nell’italiano non c’è un termine preciso per questo genere di nomi, ted.
Spitznamen, ingl. nicknames, fr. sobriquets.
.
284 HEIKKI SOLIN
E. Badian, The Clever and the Wise. Two Roman Cognomina in Context, in
106
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 285
109
Münzer, RE III, col. 2862 n. 317 lo chiama ancora Rufus, ma Russus è
confermato dal frammento dei Fasti Capitolini ignoto al Münzer.
110
Sul cognome e sui motivi della sua rarità H. Solin, Arctos 35, 2001,
p. 217 sg.
111
Cf. Münzer, RE IV col. 2274 n. 8.
112
Così Reichmuth, Die lat. Gentilicia, cit., p. 67 e H. Rix, Das etruskische Co-
.
286 HEIKKI SOLIN
esempio Calvus per i Licinii (il primo cognome del tribuno milita-
re del 400 P. Licinius Calvus Esquilinus potrebbe in linea di massi-
ma essere autentico) o Crassus dei Claudii, Papirii e Veturii; non
vedo una ragione di ritenerli tutti interpolati. Invece Longus per i
Duilii è certamente aggiunta posteriore (sul console del 500 M’.
Tullius Longus non oserei esprimermi). Un tipico soprannome è
Barbatus per i Quinctii (consoli 471, 421), Horatii (console 449, tri-
buno militare 425) e Cornelii Scipiones (dittatore nel 306, console
nel 298; invece il console nel 328 non sembra sia stato un Bar-
batus).
Cognomi formati da qualità mentali non erano molto comuni, e,
come Brutus, molti sono da ritenere interpolazioni. Difficile giudica-
re l’autenticità di un nome come Imperiossus della gens Manlia, at-
testato tre volte nel IV secolo. Su Cicurinus dei Veturii (attestato tra
494 e 368) cf. Varro ne ling. 7, 91 cicur ingenium optineo mansue-
tum : a quo Veturii quoque nobiles cognominati Cicurini; vista la
mancanza del cognome al di fuori dei Veturii e la testimonianza di
Varrone, sembrerebbe trattarsi di un cognome autentico. Diventano
un po più comuni nel III e II secolo113.
Alcuni cognomi attestati durante i primi due secoli della repub-
blica sembrano rappresentare vecchi nomi individuali, spesso privi
di un «significato» trasparente per i contemporanei, alcuni dei qua-
li prenomi in uso nelle famiglie aristocratiche fin dall’inizio della
repubblica114. Dei prenomi romani usati come cognomi è interes-
sante Mamercus115, vecchio prenome nella gens Aemilia (così si
chiamava il capostipite leggendario degli Aemilii, il figlio di Numa),
attestato come cognome di L. Aemilius Mam. f. (console tre volte
tra il 484 e il 473) e di Ti. Aimilius L. f. Mam. n. (console nel 470 e
nel 467)116 ; da notare che il prenome del padre del primo ha assun-
to funzione cognominale nella nomenclatura del figlio e nipote. Si
aggiunga il derivato Mamercinus, attestato più volte nella gens Ae-
gnomen, Wiesbaden, 1963, p. 250. Schulze, ZGLE p. 357. 417. 421 ritiene il nome
etrusco.
113
Oscuro rimane un tribuno militare nel 394, riportato da Diod. 14, 97, 1
nella forma Ka¥tlov Oyßh̃rov.
114
Cf. le liste di cognomi tratti da prenomi in Kajanto, Latin Cognomina, cit.,
p. 172-178 (da espungere l’apocrifo Paulus Sextus, che Kajanto cita a p. 174 : un
tale tribuno militare non è mai esistito). Ma non tutti sono attestati come preno-
mi; tuttavia in ogni caso sono vecchi nomi individuali, non sempre latini, bensì
osci.
115
Cf. O. Salomies, Die römischen Vornamen. Studien zur römischen Namen-
gebung, Helsinki, 1987, p. 34 sg. Mamercus in sé e per sé è di origine osca, ma è
diventato presto romano.
116
Meno sicuro un dikta¥twr Ga¥iov Ma¥merkov nel 463 (Lyd. de mag. 1, 38).
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 287
milia tra il 438 ed il 339 e inoltre tre volte nella gens Pinaria, che
anch’essa riconduceva la sua origine a Numa, nel V secolo. I Pinarii
erano una antica gens che sembra abbia avuto qualche importanza
già nella più antica storia repubblicana117, per poi decadere e spari-
re118 ; non è questo un segno dell’autenticità anche del loro cogno-
me? Altro vecchio prenome romano che appare come cognome ari-
stocratico, è Proculus119, attestato come cognome di due Plautii, pa-
dre e figlio120, consoli nel 358 e nel 328. Autentici prenomi oschi
sono rappresentati da Papus121, attestato come cognome nella gens
Aemilia a partire dal 321, e Pacilus, da accostare ai prenomi osci
quali Paccius e Paculus122, attestato come cognome nella gens Furia
due volte nel V secolo (inoltre per il console del 251). Altri casi di
vecchi nomi individuali : Cossus, Fusus, Iulus, Rocus (vedi supra),
Volusus123. Sembrano cognomi autentici; da dove per esempio i
Cornelii o i redattori dei fasti avrebbero introdotto Cossus, più tar-
di usato come prenome di Cossus Cornelius Lentulus, console nel-
l’anno 1 a.C.? Fusus, cognome dei Furii nel V e IV secolo, è altri-
menti sconosciuto, ma non è molto plausibile che i Furii o gli eru-
diti del IV/III secolo l’abbiano inventato in base al gentilizio (nota
pure la mancata effettuazione del rotacismo).
Un gruppo a sé formano i cognomi grecanici attestati nella no-
biltà plebea a partire dall’anno 400 con il tribuno militare L. Publi-
lius L. f. Voler. n. Volscus Philo, nel cui nome Philo deve essere
un’interpolazione. Lo stesso dicasi per il nome del tribuno militare
del 399, Volero Publilius P. f. Voler. n. Philo : ritengo escluso che
egli abbia potuto portare questo cognome. Ma dell’autenticità dello
stesso cognome di Q. Publilius, console nel 339, 327, 320 e 315 non
si può dubitare (più tardi Philo non è più attestato nella famiglia).
117
Sulla storia di questa gens cf. R. E. A. Palmer, Historia 14, 1965, p. 293-
308; Gabba, Considerazioni sulla tradizione letteraria, cit., p. 159 sg.
118
L’ultimo Pinario patrizio del periodo repubblicano è L. Pinarius Natta, ca-
po della cavalleria nel 363; probabilmente lo stesso era pretore nel 349. I Pinarii
Nattae più recenti non sembrano suoi discendenti (sono due monetali verso la
metà del II secolo [Crawford, RRC I 246 n. 200 e 252 n. 208] e un pontefice verso
la metà del I secolo). Ancor meno legati da una parentela sono un cliente di Seia-
no (PIR P2 410) e alcuni cavalieri (PME P 32-35).
119
Cf. Salomies, Vornamen, cit., p. 44 sg.
120
Il nome del figlio è attestato variamente, e piuttosto è preferibile risalire
alle fonti dipendenti dai Fasti Capitolini (in cui manca questo consolato) che
danno qui C. Plautius Decianus. Cf. Broughton, MRR I p. 145.
121
Cf. Salomies, Vornamen, cit., p. 85.
122
Ibid., cit., p. 83 sg.
123
Enumerati da Kajanto, Latin Cognomina, cit., p. 178 nel novero dei cogno-
mi derivati da prenomi (anche se questi non sono attestati nel latino come preno-
mi).
.
288 HEIKKI SOLIN
124
Cf., in via preliminare, le mie osservazioni in Beiträge zur Kenntnis der
griechischen Personennamen, cit., I, p. 87-91; alla bibliografia ivi ricordata ag-
giungi Beloch, Römische Geschichte, cit., p. 51 (ma lui ritiene plausibile Philo nel
nome dei tribuni militari 400 e 399, cosa su cui non si può essere d’accordo);
P. Boyancé, REL 34, 1956 (1957), p. 112 sg.
125
Come vuole A. Alföldi, in Les cognomina, cit., che analizza diffusamente
questa categoria di cognomi. Inoltre il suo contributo contiene una quantità di
interpretazioni erronee.
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 289
Heikki SOLIN
BIBLIOGRAFIA GENERALE
.
290 HEIKKI SOLIN
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 291
.
292 HEIKKI SOLIN
.
SULLA NASCITA DEL COGNOME A ROMA 293
J. G. Wolf, Die literarische Überlieferung der Publikation der Fasten und Legi-
saktionen durch Gnaeus Flavius, in Nachrichten Akad. Göttingen, Philol.-
hist. Klasse 2, 1980, p. 9-29.
Wischulze, Zur Geschichte leteinischer tigennamen, Berlino, 1904.
.
FILIPPO MOTTA
1
Con la parziale ma vistosa eccezione dei sistemi centro-italico e venetico,
grazie soprattutto ai lavori di Bonfante, Pulgram, Peruzzi, Rix, Prosdocimi e Le-
jeune : v. i riferimenti in Prosdocimi 1989, p. 53 s.
2
I punti di svolta, fra loro indipendenti, si sono avuti da una parte con l’ac-
quisizione dei documenti celtiberici di Botorrita (v. oltre) e, dall’altra, con i lavori
di Prosdocimi sulla formula binomia nella Cisalpina : v. oltre per i riferimenti bi-
bliografici.
3
Cfr., tuttavia, Untermann 1959, p. 87-91 (anche se in taluni punti superato,
soprattutto in virtù dell’incremento della documentazione che da allora si è regi-
strato).
4
Cfr. Schmidt 1957.
5
Cfr. Ellis Evans 1967.
.
296 FILIPPO MOTTA
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 297
schi del caso. Ma si tratta di questioni troppo note perché ci sia biso-
gno di giustificare ulteriormente il fatto che non si troveranno, là
dove si elencheranno le basi lessicali eruibili dai nomi propri del no-
stro corpus, i relativi «significati», magari ordinati, secondo quanto
era prassi corrente fino a non troppi anni fa, per campi semantici di-
screti (nomi tratti dall’ambito della guerra, della religione, delle qua-
lità fisiche, ecc.) : chi fosse ancora interessato a simili categorizza-
zioni può comunque consultare le due opere di Schmidt ed Evans
appena citate, pienamente utilizzabili, come vedremo, anche per il
celtico d’Italia. Piuttosto, occorre ricordare che quando si parla di
celtico d’Italia, anche nel caso dell’onomastica personale così come
in quello del lessico, non si deve perdere di vista la diversa qualità
delle attestazioni disponibili che si distinguono in due tipi qualitati-
vamente diversi : le attestazioni dirette, cioè i nomi di persona con-
servati nelle iscrizioni redatte in lingua celtica 6 e quelli tramandati
da epigrafi in altre lingue come l’etrusco, il venetico e soprattutto il
latino. Completamente diverso sarebbe il discorso sulle testimonian-
ze toponomastiche per le quali, se si esclude il caso del toponimo
conservato nell’etnico ariuonepos (= Ariuonebos, dat. pl.) dell’iscri-
zione di Prestino (65) e identificabile con il medievale e odierno Ai-
runo del comasco 7, il primo tipo è praticamente inesistente, mentre
una notevole quantità di toponimi celtici non solo è tramandata dal-
le iscrizioni latine, dagli autori classici e soprattutto dalle carte me-
dievali, ma si mantiene ben riconoscibile fino ai giorni nostri 8.
Il fatto che gran parte dei nomi di persona celtici (e non solo in
Italia) sia in iscrizioni latine implica poi problemi di altra natura. Da
una parte, infatti, come è facile intuire, ciò induce ad una particolare
attenzione nella questione dell’attribuzione linguistica del materiale
lessicale impiegato giacché vi è sempre il rischio di attribuire al celti-
co quelli che possono essere altrettanto bene materiali latini o per pu-
ra omofonia o in ragione della comune matrice indoeuropea : basta
scorrere le già citate raccolte di Schmidt ed Evans per incontare fre-
quentissimi casi di doppia possibilità. Dall’altra, però, bisogna anche
essere pronti a riconoscere i casi di mutua influenza e di rafforzamen-
to : per quanto riguarda più specificamente la documentazione italia-
na mi limito a ricordare, a proposito dei lessemi impiegati, il filone
rappresentato da metelui (dat.), metelikna, del vaso di Carcegna (122),
6
Il riferimento numerico alle iscrizioni nel presente lavoro è, salvo indica-
zioni diverse, quello ricavato da Solinas 1994, p. 311-408.
7
Cfr. Motta 1983, p. 66.
8
Per la toponomastica italiana di origine celtica e per la relativa bibliografia
cfr. Pellegrini 1981, p. 35-69; De Bernardo Stempel 1995-1996, p. 109-136; De Ber-
nardo Stempel 2000, p. 83-112.
.
298 FILIPPO MOTTA
Metela (cogn.; CIL V 7850), ecc., mentre, per quanto attiene alle for-
mule, credo non sarà un caso, ad esempio, se, delle due possibili con-
figurazioni del secondo elemento della formula binomia nelle epigrafi
in lingua celtica (appositivo o genitivo del nome del padre), nelle iscri-
zioni latine della Cisalpina è presente esclusivamente la seconda : da
ciò non è da trarre altra conclusione che non sia quella della prevedi-
bile e naturale selezione della variante che coincideva con l’uso latino
per l’indicazione della filiazione e alla quale bastò premettere f(ilius)
per renderla latina a tutti gli effetti 9.
Problematiche ancora diverse, che qui non possono essere af-
frontate, presenta l’onomastica celtica documentata da iscrizioni in
altre lingue e/o alfabeti preromani dell’Italia antica (etrusco e veneti-
co), a cominciare dalla non necessaria equazione alfabeto non celtico
= lingua non celtica, là dove l’epigrafe si riduca a elementi onomasti-
ci privi di morfologia caratterizzante o comunque controversi10. Sa-
rà chiaro, pertanto, perché in questo intervento mi limiterò agli
esempi di fonti dirette (iscrizioni in lingua celtica in alfabeto di Lu-
gano).
La seconda questione è più grave e riguarda l’articolazione
stessa del celtico d’Italia, con il conseguente chiarimento termino-
logico. Fino a pochi anni fa, sulla scorta della netta separazione fra
leponzio e gallico d’Italia imposta dall’autorità del Lejeune11, era
normale affrontare ogni problema della celticità italiana da questo
punto di vista e identificare preliminarmente con l’una o l’altra tra-
dizione ognuno dei dati (fonologico, morfologico, lessicale e, ap-
punto, onomastico) che di volta in volta venivano in discussione.
Ora la prospettiva è oggettivamente mutata grazie alle buone argo-
mentazioni di Eska contro una separazione così netta e in favore,
al contrario, di una visione che considera il leponzio come una va-
riante arcaica e periferica del gallico12. È pur vero che, come Eska
non manca di rilevare13, si registrano differenze fra i sistemi ono-
mastici di leponzio e gallico sia per quanto riguarda l’assenza nel
primo di nomi che ricorrono nel secondo e viceversa, sia per quan-
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 299
14
V. oltre per la tesi di Prosdocimi sulla non meccanica identificazione fra le
due funzioni.
15
Eska 1998, p. 7.
16
Anche rimanendo fedeli alla vulgata, comunque, non si farebbe che rico-
noscere una di quelle variazioni del leponzio di cui parla Eska dovute alla sua lo-
calizzazione; del resto neppure il Lejeune inseriva, se non erro, quello di -alo- fra
gli argomenti in favore dell’autonomia dialettale del leponzio rispetto al gallico.
17
Cfr. Prosdocimi 1991 a, p. 163-176.
18
Cfr. Motta 2003, p. 127-134.
.
300 FILIPPO MOTTA
19
Credo sia inutile fornire molte indicazioni bibliografiche per una questio-
ne così nota come il sistema indoeuropeo di identificazione personale tramite
l’onomastica : si vedano, comunque, Rix 1972, p. 710-713; Villar 1997, p. 181-184;
Schmitt 1991, p. 9-51 e i lavori raccolti in Schmitt 2000.
20
Cfr. Albertos Firmat 1975; Gonzalez Rodriguez 1986.
21
Ciò, se da un lato ha rappresentato certamente una delusione giacché è
immediatamente sfumata la speranza di accrescere significativamente le nostre
conoscenze sul lessico celtiberico grazie ad un documento così ampio, dall’altro
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 301
costituisce un punto fermo sulla natura (pubblica) dell’iscrizione, così come l’u-
nico dato veramente certo a proposito del primo bronzo, indipendentemente dal-
la sua traduzione, ne fu fin dall’inizio la natura di documento pubblico proprio in
virtù della presenza a mo’ di firma di quattordici formule onomastiche a tre (idio-
nimo, plurale in -ko-, patronimico) o quattro elementi (questi più la menzione del
luogo di provenienza del personaggio), precedute da una a due membri (idioni-
mo più appositivo plurale).
22
Nettamente prevalente in Botorrita I (v. n. precedente).
23
Su questo documento e su tutte le problematiche (anche sul versante ono-
mastico-formulare) che offre cfr. Beltrán-De Hoz-Untermann 1996.
24
Con la parziale eccezione di Vercelli, dove sembrerebbe avere certamente
carattere pubblico l’iscrizione di Akisios argantokomaterekos (v. oltre).
25
Sul ruolo politico-amministrativo di Botorrita-Contrebia quale emerge dal-
la documentazione epigrafica cfr. Villar-Jordán Cólera 2001, p. 151-153.
26
Cfr. Motta 1992, p. 703-724.
27
Cfr. Motta 1992, p. 707-708.
.
302 FILIPPO MOTTA
«Per Belgos Deone fece la pruia (e) lo stesso fece la pala»; l’iscrizione, co-
29
me noto, menziona due momenti distinti del rito funebre; per la descrizione, il
commento linguistico e la bibliografia precedente su questa epigrafe cfr. Motta
2000, p. 196-197.
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 303
una conferma di quanto sto per dire e motivare con ulteriori argo-
menti circa la mancanza di ogni fissazione istituzionale e, al contra-
rio, l’assoluta facoltatività della formula binomia fra i Celti antichi,
compresi quelli d’Italia. Il fatto è che mentre le deroghe del primo ti-
po (formula binomia su oggetto) sono da ascrivere a comportamenti
individuali e vicende di natura psicologica per noi certamente irrecu-
perabili, la mancanza della formula ampia nei documenti importanti
può avere una spiegazione esclusivamente istituzionale, ma con il se-
gno «meno» davanti, vale a dire nella non istituzionalità della formu-
la stessa. Che la formula bimembre – come in tutto il celtico antico
(celtiberico escluso), del resto – sia sempre rimasta una possibilità
identificativa senza mai giungere a necessità e pratica istituzionale è
del resto provato dalla variabilità sintattico-formale del secondo ele-
mento che, come abbiamo visto, può essere tanto un appositivo allo
stesso caso del nome individuale quanto un nome al genitivo ed en-
trambi vengono generalmente intesi come indicanti la filiazione : di-
scuterò brevemente più avanti la tesi di Prosdocimi che nega una per-
tinenza primaria in tal senso per l’appositivo (anche se concretamen-
te questo può realizzarsi come patronimico), ma qui debbo
esprimere il mio dissenso rispetto ad un’altra ipotesi – invero non rac-
colta, mi pare, dagli studiosi – che le iscrizioni leponzie del tipo b1
commemorino persone non libere, di cui viene ricordato, oltre al no-
me individuale, quello del proprietario al genitivo 30 ; non v’è nessuna
ragione, infatti, né onomastica 31 né di altra natura che sorregga tale
ipotesi, mentre l’iscrizione di Briona (140; RIG E-1), che certamente
menziona personaggi della stessa estrazione sociale, mostra – a meno
che non si voglia reintrodurre qui una nuova, forzosa distinzione fra
gallico e leponzio –, come b1 e b2 siano esattamente isofunzionali; è
noto, infatti, che là si tratta di una dedica funeraria di due gruppi di
fratelli ad un personaggio (menzionato con ogni probabilità nella
perduta porzione iniziale dell’epigrafe). Ognuno dei due gruppi, ri-
spettivamente di tre (kuitos lekatos 32, anokopokios, setupokios) e due
(anareuiśeos, tanotalos) individui, è preceduto dalla menzione del pa-
dre, una volta espressa con il plurale dell’aggettivo patronimico (ta-
notaliknoi) e la seconda con il genitivo del suo nome (esanekoti) : ri-
spettivamente, quindi, b2 e b1; la ragione pragmatica della scelta di
30
Cfr. Untermann 1995, p. 737.
31
I nomi di quei presupposti schiavi non lasciano trasparire una diversità so-
ciale rispetto a tutti gli altri del corpus; uno, anzi (alkouinos = Alkowindos) è ad-
dirittura del tipo «solenne» caratteristico (o almeno originario) delle classi celti-
che più elevate.
32
Per il chiarimento definitivo delle ragioni storico-culturali per cui l’espo-
nente di una cospicua famiglia gallica porta un nome (Quintus) ed un titolo (lega-
tus) romani si veda Campanile 1981, p. 31-34. Da non prendere neppure in consi-
derazione Meißner 2004, p. 97-104.
.
304 FILIPPO MOTTA
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 305
38
De Hoz 1990, p. 321-322.
39
Cfr. Eska 1995, p. 35.
40
Cfr. de Bernardo Stempel 1999, p. 478-485 (in partic. p. 480 per l’onoma-
stica).
41
Come è probabile sia da vedere in [--]to[--]iknos matopokios di Cureggio
(123) : cfr. Motta 1995, p. 133; possibili esempi di inversione si hanno anche in
metelaios lados (RIG *G-112) e in vechtinios alebinos (RIG G 501 [= Lejeune 1988,
p. 81-83]) di due iscrizioni in alfabeto greco della Narbonense, se non vanno inse-
riti nella serie di cui sto per parlare (v. qui di seguito e n. 49).
42
Cfr. Motta 2000, p. 208.
43
Così, ad esempio, Eska-Wallace 2001, p. 90.
44
Così Prosdocimi 1991 a, p. 157.
45
Cfr. de Bernardo Stempel 2003, p. 44-45.
46
Cfr. n. 36.
.
306 FILIPPO MOTTA
47
Non è stato ancora definitivamente escluso, infatti, anche per la tipologia
e la solennità del documento che richiama quello dell’ arkatokomaterekos di Ver-
celli, che in plialeu u debba vedersi non un nome proprio ma un titolo (in piena
simmetria, appunto, con akisios arkatokomaterekos) anche se oggi disponiamo di
migliori confronti onomastici : cfr. Motta 2000, p. 198. Quanto a oletu e amaśilu
il De Hoz stesso (De Hoz 1990, p. 320), ricordava che vi è stato chi li riteneva, per
motivi paleografici, i nomi di due distinti personaggi, graffiti sul vaso in momenti
diversi (cfr. Tibiletti Bruno 1966, p. 13-14; Tibiletti Bruno 1981, p. 179).
48
V. sopra e n. 35.
49
Nella Transalpina si confrontino licnos contextos (RIG L-10) e sacer peroco
(RIG *L-7); più problematici, da questo punto di vista, sono, ovviamente, i già ci-
tati metelaios lados e vechtinios alebinos dove potremmo essere in presenza, visto
che -io- serve a formare anche i patronimici, del fenomeno dell’inversione dei
membri della formula (cfr. n. 41). Un esempio di nome doppio potrebbe conser-
vare anche la sequenza Bregissa Branderix del piombo di Les-Mas Marcou (RIG II
*L-93), la quale non necessariamente si riferisce a due individui giacché, come è
noto, nell’onomastica gallica sono diffusi tanto nomi maschili in -ā (cfr. Lambert
1994, p. 54) quanto nomi di donna in -rix, con tale elemento, cioè, ormai ridotto a
mèra formante onomastica senza più valenza semantica né di genere (cfr. Bolelli
– Campanile 1972, p. 127-129.
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 307
50
Così Prosdocimi 1991 a, p. 162-163; per gli stessi concetti cfr. anche Pro-
sdocimi 1990-1991, p. 408-410 e Prosdocimi 1992, p. 458-463.
.
308 FILIPPO MOTTA
Per i dettagli di morfologia storica nel rapporto fra -al, -alo- e -ilo- secondo
52
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 309
53
Qui è da vedere un’analogia (tipologica certamente, forse anche storico-
istituzionale) con i nomi plurali in -ko- del celtiberico.
54
Cfr. Mc Manus 1991, p. 51-52; Ziegler 1994, p. 27-29. Ricordo che le for-
mule ogamiche sono sempre al gen. sing., sottintendendo una voce come «tom-
ba», «pietra di ...».
55
O dell’inizio di tale slittamento, secondo quanto si chiedeva il Lejeune (v.
sopra e n. 35).
56
Che, poi, uno dei due nomi delle due formule ripeta (per motivi affettivi, di
prestigio o altro) quello di qualche consanguineo o antenato (così come il tanota-
.
310 FILIPPO MOTTA
los di Briona ha lo stesso nome di colui che probabilmente era suo zio) è, ov-
viamente, un altro discorso : quello che conta, nella prospettiva in cui mi trovo
ora, è che ciò non traspare, comunque, dalla formula (anche se, verisimilmente
era a conoscenza dei destinatari del monumento).
57
Cfr. Lejeune 1971, p. 65 n. 222.
58
Cfr. Villar 1999, p. 531-537. Altri confronti onomastici fra nomi leponzi
privi finora di riscontri nel celtico e quelli celtiberici sembrano potersi ricavare
da Botorrita III, ma sono più problematici ed è quindi prematuro parlarne.
59
Soprattutto questa (e in modo particolare per quanto riguarda l’epigrafia
in alfabeto latino su instrumentum) è in rapido e vistoso accrescimento, come si
può ben vedere dall’ultimo volume del Recueil des Inscriptions Gauloises (RIG II,
2) del 2002.
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 311
60
Iscrizione in alfabeto latino di S. Maria di Zevio (VR) : cfr. Solinas 2002,
p. 288.
61
V. oltre e n. 77.
62
Cfr. Lejeune 1971, p. 54-65; cfr. anche Schmidt 1995, p. 769.
63
Cfr. Lejeune 1971, p. 61.
64
Cfr. Schmidt 1957, p. 40; D. Ellis Evans, 1967, p. 297.
65
Cfr. Schmidt 1957, Ellis Evans 1967.
66
Cfr. Ellis Evans 1967, p. 179-180.
67
Cfr. Motta 2000, p. 201.
68
Un fatto che non poteva rientrare nella rigida partizione dialettale lejeu-
niana (cfr. Lejeune 1971, p. 79-80) che considerava il leponzio un dialetto celtico
.
312 FILIPPO MOTTA
univocamente labializzante : cfr. Motta 2000, p. 191, 210 (con ulteriore bibliogra-
fia sulla questione).
69
Da tener presente, tuttavia, la riserva appena avanzata sulla possibile natu-
ra di ipocoristici di nomi comunemente ritenuti monotematici fin dall’origine.
70
Cfr. Lejeune 1971, p. 54.
71
Cfr. Weisgerber 1935, p. 314-315 (e in Weisgerber 1969, p. 119-120).
72
Cfr. Schmidt 1957, p. 41-42.
73
Sul fatto che alcuni di questi siano funzionalizzati a creare anche nomi da
nomi (patronimici o altro) in formule bimembri è già stato detto; esclusivamente
in tale funzione, sembra essere attestato -ikno-, così come, mi pare, si ricava dal-
l’insieme della documentazione gallica, se si esclude il Ruficna del Larzac (RIG
L-98 : cfr. anche p. 394).
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 313
74
V. sopra e n. 60.
75
Cfr. Lejeune 1971, p. 127.
76
Del resto, ateporix è venuto alla luce solo in tempi recenti (cfr. ancora
n. 60).
77
Cfr. Motta 1992 a, p. 316-317.
78
Cfr. Lazzeroni 1985, p. 225-232.
79
Lazzeroni 1985, p. 231; cfr. anche Prosdocimi 1989, p. 58 (con ulteriori ri-
ferimenti bibliografici); Schmitt 1991, p. 37.
80
Cfr. Schmitt 1991, p. 20-21.
.
314 FILIPPO MOTTA
83
Un apposito paragrafo a tale fenomenologia nelle iscrizioni ogamiche vie-
ne dedicato da Mc Manus 1991, p. 112-113.
84
Non risultano, almeno da una rapida scorsa dei relativi volumi del RIG (II,
1 e II, 2) casi analoghi in iscrizioni in lingua gallica e caratteri latini ma ciò può
essere dovuto banalmente al tipo di documentazione che, essendo costituita in
parte larghissimamente maggioritaria da instrumentum, solo sporadicamente
presenta individuazioni tramite formula bimembre; un’allitterazione in una cop-
pia di nomi per lo stesso individuo presenta, forse, la sequenza Bregissa Branderix
(cfr. n. 49).
85
Cfr. Wuilleumieur 1963 (ILTG).
86
Ma gli esempi sono frequenti anche nelle iscrizioni con onomastica latina
o più o meno romanizzata.
87
La genealogia completa si ricava dal confronto fra le iscrizioni 441 delle
ILTG e 11652, 11654, 11669 di CIL XIII, provenienti dalla stessa località.
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 315
Filippo MOTTA
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
88
Cfr. Untermann 1959, p. 94-95.
.
316 FILIPPO MOTTA
.
TIPOLOGIE DELL’ONOMASTICA PERSONALE CELTICA 317
.
318 FILIPPO MOTTA
.
EMMANUEL DUPRAZ
* Les inscriptions osques sont citées d’après le corpus de Vetter (1953), avec
la mention Ve suivie du numéro dans ce corpus, d’après celui de Poccetti (1979),
avec la mention Po suivie du numéro dans celui-ci, d’après celui de Buonocore
(1987) avec la mention SI 1987 suivie du numéro dans celui-ci et d’après celui de
Rix (2002) avec la mention Ri suivie de la référence dans celui-ci. Les inscriptions
latines sont citées d’après le Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), Berlin-New
York, 1863 –, avec la mention du tome et du numéro dans le tome, d’après l’Année
epigraphique (AE), avec la mention de l’année et du numéro dans le volume de
l’année. Les inscriptions en alphabet latin sont transcrites en italique, les inscrip-
tions en alphabet indigène sont transcrites en caractères gras et la nature de l’al-
phabet est précisée. Enfin, lorsque nous mentionnons non pas un anthroponyme
mais le personnage qui porte ce nom, nous transcrivons celui-ci en caractères
droits, ni italiques ni gras.
Pour ne pas alourdir la présentation, lorsque nous citons une inscription en
notes, nous renvoyons à un seul de ces corpus, même lorsque l’inscription figure
dans plusieurs d’entre eux.
Je remercie vivement les professeurs Olli Salomies, Anna Marinetti et Hel-
mut Rix pour leurs observations critiques.
1
En ce sens Rix 2002, p. 7, qui conclut à la nature principalement osque du
dialecte nord-osque, avec un adstrat sud-picénien. La question de l’éventuelle pa-
renté linguistique entre le nord-osque et le sud-picénien, en sus de la parenté avec
les autres dialectes osques, est un problème que nous n’envisageons pas ici.
2
Pour cette dédicace officielle d’un temple d’Apollon, de Peltuinum en pays
vestin, cf. Sommella 1995, p. 284.
3
Sur les vicissitudes de l’Histoire institutionnelle des peuples de langue
nord-osque, cf. La Regina 1968, p. 369-371, p. 430-432, pour les Vestins, Van
Wonterghem 1984, p. 23-31, pour les Péligniens, et Cianfarani 1956, p. 319, pour
les Marrucins.
.
320 EMMANUEL DUPRAZ
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 321
mier élément montre que celui-ci fait partie d’un système soumis à
des règles et à des conventions propres. Cette abréviation le dis-
tingue donc du second élément et montre que les deux sont d’une
nature différente, c’est-à-dire qu’il ne s’agit plus de deux noms
uniques, celui du personnage et de son père, mais bien d’un prénom
et d’un gentilice. Les abréviations sont donc la marque d’un système
gentilice. D’autre part, si l’on dispose de grands échantillons de po-
pulation, on peut étudier le nombre des prénoms attestés et le
comparer à celui des adjectifs : si le système onomastique est genti-
lice, le nombre des prénoms est faible, car ces anciens noms indivi-
duels se réduisent rapidement à un petit groupe conventionnel. La
raison en est qu’ils ne sont plus aussi nécessaires, puisque peu de
prénoms suffisent à distinguer tous les membres d’une même fa-
mille, laquelle se distingue désormais des autres par le gentilice. Au
contraire, dans un système patronymique, les noms uniques sont es-
sentiellement aussi nombreux que les patronymes, puisque ceux-ci
sont aussi des noms uniques, ceux de la génération précédente.
Michel Lejeune a étudié l’origine du système gentilice dans
l’osque du Samnium, de la Campanie et de la Lucanie 6. Il montre,
par l’examen des inscriptions les plus archaïques de Campanie 7, da-
tées du IVe siècle avant notre ère, que le système patronymique sur-
vit encore à cette date : un personnage et son père ont des désigna-
tions qui comportent un nom suivi d’un adjectif en *-iīo- et celui-ci
n’est pas identique dans les deux cas. Au contraire, l’adjectif lié au
nom du fils est un dérivé du nom du père, c’est-à-dire que ces ad-
jectifs en *-iīo- sont des patronymes. D’autre part, Michel Lejeune
fait observer que les prénoms osques connus sont très nombreux,
puisque chaque nouvelle inscription en livre d’inconnus : on peut en
déduire que le système gentilice est d’une introduction récente en
osque à l’époque tardo-républicaine dont sont datées les inscrip-
tions.
Nous souhaitons étudier quand et dans quelles conditions le sys-
tème gentilice s’est mis en place en nord-osque. Nous croyons que,
comme dans les autres dialectes osques, ce système s’y est mis en
place à une date tardive. Nous proposons d’examiner d’une part les
procédés linguistiques qui ont permis la mise en place de ce sys-
tème, d’autre part les modalités sociales et culturelles de la mise en
place de ce système, à savoir le rôle joué par la domination romaine.
Pour cela, nous allons prendre en compte les anthroponymes nord-
osques les plus anciens qui soient connus : il s’agit de plusieurs
nucs veneliis peraciam tetet venilei viniciiu. L’un des personnages se nomme,
au nominatif, vinucs veneliis, l’autre, au datif, venilei viniciiu.
.
322 EMMANUEL DUPRAZ
formes des IIIe et IIe siècles avant notre ère livrées par la tradition lit-
téraire et par l’épigraphie tant nord-osque que latine. Nous pren-
drons aussi en compte les nombreux anthroponymes attestés par l’é-
pigraphie osque et latine pour le Ier siècle avant notre ère. En cela,
nous n’examinerons pas la spécificité des anthroponymes des es-
claves et des affranchis, mais seulement les éléments qui sont
communs entre eux et les ingénus, puisque c’est le système gentilice,
celui de l’onomastique ingénue au premier chef, que nous cherchons
à élucider.
8
Pour les inscriptions nord-osques, nous suivons en général les datations
proposées par Rix 2002.
9
Nous remercions ici Yann Leclerc d’avoir bien voulu procéder à une auto-
psie de cette inscription, qui permet de corriger la leçon courante pour la forme
Veti : celle-ci donne un -o- pointé à la fin du mot, c’est-à-dire une lettre incertaine.
Le trait qui est à la base de cette leçon paraît en fait être accidentel.
10
Nous suivons ici la datation proposée par La Regina 1968, p. 404 et 405.
11
A ce sujet, cf. Meiser 1986, p. 63 et 64.
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 323
12
Sur l’évolution et la diversité du suffixe que nous notons *-īo- en osque en
général, cf. Lejeune 1976, p. 72-82, et Meiser 1986, p. 62-66.
13
Cf. à ce sujet Rix 1972, p. 718-720, p. 724 et 725.
14
Les inscriptions qui présentent des formules onomastiques non fragmen-
taires chez les Vestins Cismontani entre le début du Ier siècle avant notre ère et la
fin de la République sont les inscriptions CIL I2 756, 1803 à 1813, 3267, AE 1992
no 350 et 351. Au total, elles attestent trente-deux formules onomastiques d’é-
poque républicaine pour les Vestins Cismontani. – Plusieurs de ces inscriptions
attestent un autre suffixe de gentilice, *-ēno- : il s’agit des inscriptions CIL I2 756,
1804, 1809, 1813 et 3267. Ce suffixe, attesté par ailleurs en ombrien et dans les
inscriptions latines du Picenum et de la Sabine, est un ancien suffixe d’adjectifs
patronymiques : cf. Rix 1972, p. 727 et 728. Sa présence comme suffixe de genti-
lices chez les Vestins Cismontani confirme le passage d’un système d’adjectifs pa-
tronymiques à un système de gentilices.
15
La seule inscription nord-osque du pays des Vestins Cismontani, datée du
Ier siècle avant notre ère, qui livre une formule onomastique, est l’inscription AE
1992 no 350 = Ri MV 12.
.
324 EMMANUEL DUPRAZ
nord-osque soit latine, à présenter un prénom qui excède deux lettres est l’ins-
cription CIL I2 3267, une table de pierre qui mentionne un Sal. Caesienus [. Cette
forme de prénom, qui comprend trois lettres, peut elle-même être mise en rela-
tion avec les abréviations latines Sex ou Tib, elle ne contrevient donc pas véri-
tablement au caractère systématique et réglé des abréviations.
17
Nous renvoyons sur ce point aux relevés établis et aux conclusions tirées
par Lejeune 1976, p. 85-98 : M. Lejeune considère que les prénoms ne sauraient
être systématiquement abrégés à cause de leur nombre. Or ce nombre s’explique
précisément par l’adoption récente du système gentilice en osque à l’époque des
inscriptions.
18
De cepoint de vue, la forme Sal citée à la note 15 peut témoigner de l’adap-
tation à un système réglé d’abréviations d’un prénom en lui-même typiquement
nord-osque.
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 325
19
La forme varie légèrement selon les leçons des manuscrits : chez Valère-
Maxime, tous les manuscrits donnent Vibius Accaeus, chez Tite-Live, où l’anthro-
ponyme figure deux fois, à la première occurrence, les manuscrits livrent Vibius
Acaus ou Vibius Acceus, à la seconde, Vibius Accaeus ou Vibius Acceus. Dans la
mesure où Acceus est une lectio facilior avec notation -e- pour -ae- et où Acaus
sans géminée est nécessairement une forme fautive, la bonne leçon est certaine-
ment Vibius Accaeus.
20
Une famille pélignienne apparaît en 216 avant notre ère lors de la bataille de
Cannes (Silius Italicus, La Guerre Punique, chant IX, vers 67 à 175) : elle se
compose d’un père Satricus, d’une mère Acca, et de deux fils Solimus et Mancinus.
L’épisode, qui voit le père prendre les armes d’un de ses fils morts et être tué par
l’autre, est légendaire. Mais le nom de la mère, Acca, qui est une forme bien attes-
tée au Ier siècle avant notre ère et qui s’apparente à la forme Accaeus attestée pour
212 avant notre ère, n’est sans doute pas imaginaire : à ce propos, cf. p. 332-334.
21
À ce sujet, cf. André 1949, p. 9.
22
Sur l’existence bien attestée du système gentilice chez les Marrucins au Ier
siècle avant notre ère, cf. p. 337. Sur la nature du lien entre Herius et les Asinii,
cf. notre analyse de la transition entre système patronymique et système gentilice
chez les Vestins Transmontani, les Péligniens et les Marrucins, p. 337.
.
326 EMMANUEL DUPRAZ
23
Ainsi, chez les Péligniens à l’époque républicaine, dans les inscriptions Po
210, CIL I2 1773, 2486, 3214, 3, 3221, et 3252a.
24
Sur ce nom unique, cf. notre étude p. 332 à 337.
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 327
25
Des formules onomastiques complètes figurent sur les inscriptions sui-
vantes, datées de la toute fin du IIe siècle avant notre ère ou du Ier, CIL I2 796, 1773
à 1775, 1777 à 1785, 1787 à 1792, 1796 à 1801, 2233, 2486, 2544, 3211, 3213a, 3214
à 3223, 3224/5, 3226, 3228, 3230 à 3252, 3252a, 3253 à 3256, 3269 à 3271, Ve 202,
212, 213, 216, Po 210, 212, 215, AE 1984 no 309 à 313, 316, 324, AE 1988 no 427,
433, 438, AE 1989 no 251 à 253, 257, AE 1990 no 231, 234, 240, AE 1995 no 399 à
402, 404, 406 à 408, SI 1987 no 32, 65, 70, 73, 75, 77. Au total, ces inscriptions at-
testent cent-quatre-vingt-deux formules onomastiques d’époque républicaine
chez les Péligniens, les Marrucins et les Vestins Transmontani.
26
Une originalité de l’onomastique des Péligniens, des Marrucins et des Ves-
tins Transmontani – chez lesquels la situation est cette fois bien documentée – est
la manifestation fréquente d’un prénom dans les formules onomastiques fémi-
nines. Ces prénoms sont rarement abrégés. Cf. à ce sujet Poccetti 1982a, p. 330-
334.
27
Quelques prénoms sont abrégés en trois lettres, Sex (CIL I2 796 et 3255) –
mais il s’agit là d’une abréviation latine – Her (AE 1990 no 234), Min (CIL I2 3249),
Pac (CIL I2 3240, AE 1984 no 309 et 310), Pet (CIL I2 3233) et Pom (CIL I2 3259).
Ces abréviations, qui paraissent elles aussi régulières – l’exemple de Pac montre
qu’il s’agit bien d’une abréviation conventionnelle, la longueur limitée à trois
lettres de tous ces prénoms est certainement issue elle aussi d’une règle – ne
contreviennent pas au principe d’une liste désormais conventionnelle et fixée de
prénoms pourvus d’une abréviation. Un seul prénom masculin est donné dans
son intégralité : il s’agit de la formule onomastique Paci Decries (CIL I2 3219), de
Sulmo. L’absence de notation de l’-s à la fin du prénom n’est pas nécessairement
une abréviation, mais plutôt une convention graphique relative à cette consonne
en position finale. Précisément cette inscription, où le -d- est tracé vers la gauche
au rebours de toutes les autres lettres, a chance de dater plutôt de la fin du IIe
siècle avant notre ère que du Ier : elle livre donc une formule onomastique plus
ancienne que les autres que fournit l’épigraphie, cette formule peut dater d’un
temps où le système des prénoms n’est pas encore aussi codifié qu’il doit le deve-
nir.
28
L’inscription CIL I2 3270, de Pinna chez les Vestins Transmontani, atteste
un ethnique, et non un ancien patronyme, en fonction de gentilice, Q. Cosanus. Il
s’agit là d’un procédé sporadique de constitution de gentilices, connu tant en la-
tin qu’en osque parallèlement à l’emploi d’anciens adjectifs patronymiques : cf. à
.
328 EMMANUEL DUPRAZ
ce sujet Rix 1972, p. 733-737. Par ailleurs, le suffixe *-ēno- est sporadiquement at-
testé : il fournit le gentilice Saluidienus, attesté à Corfinium par l’inscription SI
1987 no 77, lequel comporte une double suffixation, en *-idi-ēno-. Ce suffixe
commun avec l’ombrien ne contredit pas les conclusions auxquelles nous abou-
tissons selon lesquelles ce sont des adjectifs patronymiques locaux qui ont été
transformés en gentilices sous l’influence romaine. Cf. à ce sujet note 13. En
outre quelques anomalies font l’objet d’une étude dans la suite de l’exposé : cf.
p. 329 à 337.
29
Le suffixe *-idio- se comporte phonétiquement comme le suffixe *-īo- : à
ce sujet, cf. les remarques qui ont été faites pour les Vestins Cismontani, p. 323.
30
A ce sujet, cf. p. 323, pour le suffixe *-īo-, et Rix 1972, p. 723 et p. 725-727,
pour le suffixe *-idio-.
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 329
31
L’extrême rareté des anthroponymes féminins en osque en général em-
pêche de mesurer la singularité du nord-osque dans ce domaine : cf. Lejeune
1976, p. 57-59.
32
Il ne nous semble pas que le dessin sur lequel s’appuie l’édition de cette
inscription montre nettement un apex sur le premier -a- de Vara, contrairement à
la proposition du CIL I2 3260. Pour ce dessin, cf. La Regina 1965-1966, p. 179.
33
Pour une discussion complète de ce phénomène, cf. Vine 1993, p. 323-344.
34
Dans les inscriptions CIL I2 1790, 1791, 3234.
35
Dans les inscriptions CIL I2 1779, 1788, 3215, 3222, 3223, 3226, 3243.
36
La forme est Min. Rufries. Ou. l..
.
330 EMMANUEL DUPRAZ
39
Encore moins est-il possible de supposer que la consonne simple, nasale
ou liquide, note une palatalisée, l’issue du traitement d’un groupe *-nj- ou *-rj- :
un tel groupe est noté par une géminée en sus du maintien de la lettre -i-, ainsi,
pour prendre un cas où la consonne géminée est une sonante, dans la forme Au-
filli avec un -s final non noté de l’inscription AE 1984 no 310, trouvée dans le voisi-
nage de Corfinium : la forme sans notation de la palatalisation, Aufilius, est éga-
lement attestée en pays nord-osque à l’époque républicaine, dans l’inscription AE
1995 no 407, de Corfinium.
40
Des phénomènes voisins sont observés par Rix 1972, p. 739, pour
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 331
.
332 EMMANUEL DUPRAZ
43
Au sujet de ce personnage, cf. p. 325. – Peut-être faut-il ajouter encore le
nom unique Acca d’un Pélignienne en 202 avant notre ère, selon Silius Italicus, si
le personnage est historique : à ce sujet cf. note 20.
44
La graphie du nord-osque ne note pas toujours les géminées, ainsi dans la
forme coisatens (Ve 216), de Molina près de Superaequum, parfait en *-ātt- pour
lequel les correspondants osques en général attestent une géminée.
45
Cf. à ce sujet Lejeune 1976, p. 79 à 82.
46
De même qu’aetatu (Ve 213) et aetate (Ve 214), à Corfinium, correspondent
à aítateis (Ve 123) en osque en général.
47
Ce paradigme a été analysé à propos d’un prénom Maras par Lejeune
1975.
48
Un pareil flottement est brièvement analysé par Lejeune 1976, p. 81 : la
lettre -i- en osque en général, dans les suffixes de gentilice, lorsqu’elle est précé-
dée d’une voyelle, tend à s’écrire -í- comme un second élément de diphtongue, ce
qui renvoie certainement à une confusion phonétique.
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 333
49
Autre analyse de -uo- chez van Wonterghem 1975, p. 13-15, qui songe à un
suffixe illyrien *-aūo-. Une telle analyse suppose que parmi les gentes nord-
osques, certains membres ont choisi de se rattacher par la morphologie de leur
gentilice à des origines illyriennes, et d’autres non, puisqu’au moins dans le cas
des Accaui et des Annii, la plupart des formes attestées, voire la totalité, pro-
viennent d’une seule et même gens – à ce sujet, cf. p. 337. Ceci nous paraît très
peu probable : l’archéologie, non plus que l’épigraphie ni les sources littéraires, à
l’exception d’un mythe de fondation attesté par Festus (De Verborum significatu,
page 248 de l’édition de Lindsay), ne montrent aucun lien direct entre le pays
nord-osque et l’Illyrie; d’autre part de telles variantes doivent bien plus ressortir à
une difficulté linguistique qu’à un choix politique, puisqu’elles n’apparaissent
qu’en latin.
50
L’explication linguistique de l’apparition de ces formes à dérivation zéro
doit tenir compte du fait qu’elles sont exclusivement latines. Selon nous, il se
peut que le nominatif latin Accaus corresponde en synchronie, dans la
conscience linguistique des locuteurs bilingues, au nominatif osque Accaes où -e-
est analysé comme une voyelle désinentielle, contractée avec l’[a], et non comme
la marque d’un ancien suffixe en [ī]. En effet, Accaes peut-être interprété sur le
modèle des nombreux patronymes puis gentilices où le nominatif singulier est en
-ie- et non en -i- en nord-osque : cette double désinence au nominatif singulier
des gentilices est l’effet de l’opposition entre la variante *-iīo- et la variante *-īo-
respectivement du suffixe *-īo-, mais l’origine de cette opposition n’est plus sen-
sible synchroniquement en osque en général, les deux désinences se présentent
comme des variantes libres, surtout après voyelle, et la désinence -ie- paraît
comporter une voyelle désinentielle qui est absente de sa variante -i-, d’où des ré-
fections : à ce sujet, cf. Lejeune 1976, p. 79-82. Ainsi, sur le modèle de l’opposi-
tion entre variantes libres -ie- et -i-, l’-e- d’Accaes est compris comme une voyelle
désinentielle : la forme paraît dénuée de suffixe de dérivation, elle paraît une va-
riante libre de la forme de base *Accas, perçue comme thématique elle aussi
comme les gentilices en -is.
-ies : -is = Accaes : *Accas.
.
334 EMMANUEL DUPRAZ
Au féminin, la forme Acca, qui est bel et bien un gentilice 51, pré-
sente nettement, elle aussi, une dérivation zéro, sur le modèle du
masculin. Au masculin, en latin, la flexion thématique est appliquée
directement à la base *Acca-, sans suffixe de gentilice. Au féminin, le
gentilice une fois considéré comme dépourvu de suffixe, la flexion
alphathématique est appliquée directement. Or la base patrony-
mique *Acca- est elle-même alphathématique : au féminin, on se li-
mite à décliner cette base sur la flexion alphathématique féminine et
non plus masculine.
La base *Amma-, constituée elle aussi de la voyelle [a], d’une
consonne géminée, et d’une deuxième voyelle [a], est attestée par
une seule forme, latine 52. Cette forme aussi, Ammaus, note certaine-
ment une dérivation zéro, au moins en synchronie, sur la base *Am-
ma-, avec flexion thématique pour marque de genre. *Amma- doit
être la base d’un nom unique masculin alphathématique comme
*Acca-.
La base *Anna- pour sa part, elle encore constituée d’une
consonne géminée précédée et suivie de la voyelle [a], fournit des
formes de gentilice diverses et significatives : ici les formes nord-
osques varient, Anies, Aniaes et Anniaes. Les deux dernières sont des
variantes graphiques, selon que la géminée est notée ou non. La pre-
mière des trois formes présente le suffixe *-īo-, appliqué à une base
qui ne fait pas montre d’un ancien [a] final : en revanche, les deux
autres présentent à la fois le suffixe *-īo- sur base sans [a] final et le
graphème -ae- qui note l’application du suffixe *-īo- à la même base
avec [a] final. Il s’agit donc de formes refaites, recaractérisées, qui
comportent deux fois le suffixe caractéristique des adjectifs patrony-
miques puis des gentilices : elles concilient à la fois une dérivation
en *-īo- sur la base élidée *Ann- et cette même dérivation en *-io- sur
la base non élidée *Anna-. Encore une fois, la forme de base est donc
certainement un nom unique masculin alphathématique de base
*Anna-. La forme latine Annius est la transposition de la forme déri-
vée nord-osque en *-īo- sur la base élidée.
La forme féminine Ania correspond elle aussi à cette dérivation
sur base élidée, sans notation de la géminée; quant à la forme
Aniaua, elle est le féminin d’une forme à double dérivation, recarac-
51
Dans l’inscription CIL I2 1779, Acca figure après le prénom féminin Saluta
– au sujet de ce prénom, cf. p. 329 et note 35 – et avant l’initiale du prénom du
père au génitif; dans l’inscription CIL I2 3258, Acca est l’épouse d’un affranchi Ac-
caus, c’est-à-dire qu’elle est l’affranchie du même patron et que son nom est la
forme féminine du gentilice de celui-ci.
52
Cette forme a l’utilité d’attester le type des gentilices sur base à consonne
géminée précédée et suivie d’une voyelle [a] sur le territoire du futur municipe de
Superaequum : celui-ci ne se distingue pas sur ce point du reste du pays pé-
lignien. Cf. un autre point de vue chez Poccetti 1982b, p. 26.
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 335
térisée : elle comporte le suffixe *-īo- sur base élidée, mais elle
comporte aussi ce qui se présente synchroniquement comme un suf-
fixe *-ūo- Ceci s’explique par comparaison avec un masculin latin
qui serait *Annaus, c’est-à-dire une forme à dérivation zéro et
flexion thématique sur la base *Anna-. Dans cette forme masculine
le son de transition [ū] est réinterprété comme un phonème et
comme la marque d’un suffixe *-ūo-. Ainsi, ce qui est originellement
une dérivation zéro prend la forme synchronique d’un suffixe ano-
mal en latin pour former un gentilice, d’où *Annaua. D’autre part ce
suffixe anomal est appliqué comme une recaractérisation, dans la
forme Ania-ua, laquelle comporte déjà le suffixe *-īo-.
Nous rangeons les formes Aties, Attio et Attius, les unes notant la
consonne géminée, l’autre non, dans la même catégorie. Toutes
deux sont des dérivations régulières, au moyen du suffixe *-īo-,
d’une base qui se présente synchroniquement comme Att-. Pourtant
la base était sans doute *Atta- initialement, puisqu’il doit s’agir du
nom unique masculin Atta connu comme le prénom d’Atta Clausus,
Sabin installé à Rome qui fonda la gens Claudia à la fin du VIe siècle
avant notre ère 53. Ce personnage prit à Rome le nom d’Appius Clau-
dius : il adapta le nom Atta sous la forme latine la plus proche, la-
quelle coïncide presque avec un dérivé en *-īo- sur la base élidée
*Att-, au point d’articulation de l’occlusive géminée près. De même,
les gentilices Aties et Attio doivent être des dérivés en *-īo- d’un nom
unique masculin alphathématique de base *Atta-.
L’ensemble de ces formes permet donc de poser l’existence en
nord-osque, et principalement en pays pélignien, d’une série de
noms uniques masculins alphathématiques constitués de manière
onomatopéique : ils comportent la voyelle [a], une consonne gémi-
née, et la voyelle alphathématique. Les formes attestées de manière
certaine ou très probable sont *Acca-, *Amma-, *Anna- et *Atta-. En
nord-osque comme en latin, lorsqu’il s’agit de former des gentilices à
partir de ces noms uniques, le suffixe *-īo- est mis en œuvre, soit sur
la base élidée, soit sur la base alphathématique elle-même. Toutefois
des réfections et métanalyses, quelle qu’en soit l’origine linguistique,
ont lieu : soit le gentilice est recaractérisé, soit au contraire il est re-
fait sous la forme d’un gentilice à dérivation zéro. Apparaissent
donc, tant en osque qu’en latin, des formes à double suffixe, des
53
Ce personnage est connu par des sources littéraires, qui, exceptionnelle-
ment, sont attentives aux différences dialectales entre peuples de l’Italie centro-
méridionale, au point de citer à la fois la forme sabine et la forme latine de son
nom (Tite-Live, Ab Vrbe Condita, livre II, chapitre XVI, paragraphe 3, cite la
forme sabine Attius Clausus et la forme latine Appius Claudius; Suétone, Vie de
Tibère, chapitre I, cite la forme Atta Claudio, sans précision, à l’ablatif).
.
336 EMMANUEL DUPRAZ
54
En sud-picénien, dialecte documenté en pays nord-osque à l’époque ar-
chaïque, des formes correspondantes apparaissent. Le sud-picénien est attesté
chez les Vestins Cismontani par l’inscription du Guerrier de Capestrano, Ri Sp
AQ 2, chez les Péligiens par les inscriptions de Casteldieri, Ri Sp AQ 1 et 3, et chez
les Marrucins ou les Vestins Transmontani probablement par l’inscription
conservée à Chieti Ri Sp CH 2. À cette liste, peut-être faut-il ajouter une inscrip-
tion des environs de Sulmo : cf. Marinetti 1985, p. 261-264. Ce dialecte attesté
dans la future aire nord-osque présente des bases onomatopéiques constituées
d’un [a] puis d’une consonne géminée puis de la voyelle alphathématique, déri-
vées au moyen du suffixe *-īo- : ainsi peuvent éventuellement être interprétées les
formes alies ou apies, sur l’inscription Ri Sp TE 2, anaiùm, sur l’inscription Ri
Sp AP 1, aniom sur l’inscription Ri Sp CH 2, probablement originaire du pays
nord-osque, apaes, sur l’inscription Ri Sp MC 1, apais, sur l’inscription Ri Sp MC
2, apaiùs, sur l’inscription Ri Sp AP 2, apies ou apiese, sur l’inscription Ri Sp TE
4, toutes en alphabet sud-picénien. Ces formes paraissent attester pour l’époque
archaïque l’existence des bases onomatopéiques des époques plus récentes, en
l’occurrence *Alla-, *Anna-, *Appa-; celles-ci paraissent dès l’époque archaïque
susceptibles d’une dérivation au moyen du suffixe *-īo- soit sur base élidée, soit
sur base pourvue de sa voyelle alphathématique. Toutefois, l’emploi de ces
formes est incertain et n’est pas nécessairement onomastique. – Toutes les ins-
criptions sud-picéniennes pour lesquelles nous renvoyons au corpus de Rix 2002
figurent également dans le corpus de Marinetti 1985, sous la même référence
moins la mention Sp.
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 337
55
A propos des activités de la gens Accaua, cf. van Wonterghem 1975, p. 12-21.
56
Il semble que lors de l’adoption du système gentilice, c’est parfois le patro-
nyme d’un ancêtre prestigieux qui a été adopté pour gentilice et non celui du père
proprement dit. Ainsi le gentilice Accauus doit selon nous renvoyer à l’un des per-
sonnages du IIIe siècle avant notre ère qui portait ce nom unique, soit le père de
Vibius Accaeus, soit Acca, la Pélignienne mentionnée par Silius Italicus pour 202
avant notre ère, si ce personnage est historique : cf. p. 325 et note 20 respective-
ment pour ces personnages. Il est étrange qu’Acca, nom unique féminin, soit le
seul des quatre anthroponymes mentionnés par Silius Italicus à être attesté par
ailleurs en pays pélignien à l’époque républicaine. Peut-être le personnage est–il
historique, mais s’agissait-il d’un homme, non d’une femme, dont le nom, thème
alphathématique masculin, mal interprété par la suite, aurait été dans un
deuxième temps compris comme celui d’une femme et inclus dans le mythe cité
par Silius Italicus. Le personnage masculin originel était peut-être le père de Vi-
bius Accaeus.
Le cas de la gens Asinia montre, nous semble-t-il, qu’un héros prestigieux an-
cien n’est pas toujours le personnage dont le patronyme est repris comme genti-
lice : cette gens descend peut-être d’Herius, héros de la bataille de Zama, mais le
nom unique de celui-ci est repris comme prénom de famille dans la gens Asinia,
et non comme gentilice. À ce sujet, cf. p. 325.
.
338 EMMANUEL DUPRAZ
Emmanuel DUPRAZ
ABRÉVIATIONS BIBLIOGRAPHIQUES
.
HYPOTHÈSES SUR LES ORIGINES 339
.
FABRICE POLI
L’ANTHROPONYMIE OSQUE
DONNÉES QUANTITATIVES ET QUALITATIVES
POSTÉRIEURES À L’OUVRAGE DE MICHEL LEJEUNE (1976)
Introduction
Les années qui viennent de s’écouler ont vu la publication de
deux importantes monographies consacrées aux études italiques,
l’une ayant trait au lexique1 et l’autre à l’épigraphie 2. En ce qui
concerne l’anthroponymie, V. Slunečko a présenté une importante
contribution 3, mais qui ne se veut pas une étude systématique mais
un catalogue de tous les anthroponymes italiques. Pour la langue
osque en particulier, l’unique étude existante demeure donc celle du
regretté Michel Lejeune 4. Presque trente ans après sa parution, il
nous a paru intéressant de dresser un bilan de nos acquisitions et de
se demander si ces dernières sont de nature à confirmer ou à infir-
mer les schémas dessinés par M. Lejeune. Pour chacune des catégo-
ries considérées, nous sommes parti des données de M. Lejeune que
nous avons comparées avec nos acquis épigraphiques des trente der-
nières années. Certaines des données statistiques du manuel de
M. Lejeune – au demeurant peu nombreuses – ont été corrigées par
nous en fonction de nouvelles données disponibles sur les inscrip-
tions traitées par lui (corrections de lecture notamment).
Notre étude se voulant à la fois quantitative et qualitative, nous
proposons tout d’abord trois tableaux qui permettent de présenter
les données chiffrées des deux répertoires, celui dont disposait Mi-
chel Lejeune, à l’époque où il rédigea sa synthèse, et celui qui re-
groupe les inscriptions mises à jour après cette date.
L’on signalera, pour clore ces préliminaires, qu’afin de ne pas
1
J. Untermann, Wörterbuch des Oskisch-Umbrischen, Heidelberg, 2000.
2
H. Rix, Sabellische Texte. Die Texte des Oskischen, Umbrischen und Süd-
pikenischen, Heidelberg, 2002.
3
V. Slunečko, Beiträge zur altitalischen Onomastik, dans Listy Filologické,
CXV, 1992, p. 36-109.
4
M. Lejeune, L’anthroponymie osque, Paris, 1976.
.
342 FABRICE POLI
1. Magistrats locaux : 66
1.1. Campanie : 29
1.2. Samnium : 18
1.3. Frentans : 2
1.4. Lucanie : 8
1.5. Messine : 2
1.6. Monnaies de provenance incertaine : 7
2. Magistrats fédéraux : 3
Monnaies de la guerre Sociale : 3
3. Officiers pompéiens : 5
Inscriptions eítuns : 5
5. Tuiliers et potiers : 37
5.1. Campanie : 24
5.2. Samnium : 3
5.3. Lucanie : 2
5.4. Messine : 1
7. Autres hommes : 77
7.1. Campanie : 35
7.2. Samnium : 17
7.3. Frentans : 3
7.4. Lucanie : 7
7.5. Bruttium : 3
7.6. Messine : 2
7.7. Origine méridionale imprécise : 10
.
L’ANTHROPONYMIE OSQUE 343
B. FEMMES : 5
1. De condition libre : 4
1.1. Campanie : 3
1.2. Samnium : 1
2. De condition servile : 1
Samnium : 1
1. Campanie : 21
2. Bruttium : 7
3. Lucanie : 1
1. Magistrats locaux : 46
1.1. Campanie : 7
1.2. Samnium : 37
1.3. Lucanie : 2
4. Autres hommes : 16
4.1. Campanie : 4
4.2. Samnium : 5
4.3. Lucanie : 7
.
344 FABRICE POLI
B. FEMMES : 5
1. Campanie : 1
2. Lucanie : 3
3. Daunie : 1
1. Campanie : 4
2. Samnium : 1
Lejeune Après-Lejeune
5
Les paragraphes renvoient au manuel de M. Lejeune cité note 4. Cette
mention ne sera pas rappelée par la suite.
.
L’ANTHROPONYMIE OSQUE 345
1.2. Le patronyme
Données connues de Lejeune (§ 39-49)
Dans le corpus commenté par M. Lejeune, 98 hommes sur 226
portent un patronyme, soit 43.3% des individus. Ces 98 cas, re-
présentant un peu moins de la moitié donc, appellent les remarques
suivantes.
Position du patronyme
La formule anthroponymie trimembre, qui est majoritaire, pré-
sente le schéma suivant :
prénom + gentilice + patronyme : 94 ex. soit 96%
6
Cf. notamment Rix, 2002, n. tLu 7 et 8.
7
Cf. notamment Rix, 2002, n. Hi 7 et 8.
8
Cf. Rix, 2002, n. tSa 44.
.
346 FABRICE POLI
.
L’ANTHROPONYMIE OSQUE 347
Position du patronyme
Dans 95% des cas, le schéma observé est prénom + gentilice +
patronyme (37 exemples) 9, contre 5% pour le schéma prénom + pa-
tronyme + gentilice (2 exemples). Ces deux derniers cas sont situés
en Lucanie et dans le Bruttium et s’expliquent de la même façon que
chez M. Lejeune 10.
9
Cf. notamment Rix, 2002, n. Cm 47.
10
Cf. notamment Rix, 2002, n. Lu 41.
11
Cf. notamment Rix, 2002, n. Cm 2.
12
Cf. notamment Rix, 2002, n. Lu 4.
13
Cf. notamment Rix, 2002, n. tPo 9.
14
Cf. notamment Rix, 2002, n. tPo 2, 7, 8.
15
Cf. notamment Rix, 2002, n. Lu 47.
16
Cf. notamment Rix, 2002, n. Lu 54-56.
17
Cf. notamment Rix, 2002, n. Cm 48.
18
Cf. notamment Rix, 2002, n. Cm 47.
19
Cf. Rix, 2002, n. tSa 21.
.
348 FABRICE POLI
1.3. Le cognomen
Données connues de Lejeune (§ 50-56)
Sur les 226 individus mâles étudiés dans l’Anthroponymie
osque, 13 seulement portent un cognomen. Cela ne représente que
5.7% des hommes libres, ce qui fait peu. En ce qui concerne la
place du patronyme, nous avons 12 fois : PR + GE + PA + CO,
contre une seule fois PR + GE + CO. Cela prouve que le port d’un
cognomen s’accompagne toujours de celle d’un patronyme, l’unique
exception pouvant être un lapsus. Les cognomina se rangent en
deux catégories : ce sont soit des ethniques, dérivés en *–no d’une
base toponymique, soit des termes du lexique (célèbre, flasque, es-
tropié, etc.). En somme, le port d’un cognomen semble en osque
être un phénomène sporadique, dont nous ne possédons pas
d’exemples archaïques, les plus anciennes attestations remontant
en effet à la fin du IIIe ou au début du IIe siècle av. J.-C. Le patro-
nyme est porté aussi bien par des personnages publics que par des
personnes privées, et même, ce qui est exceptionnel, par un artisan.
Nous avons des attestations de cognomina surtout dans le Sam-
nium et dans une moindre mesure en Campanie. C’est là la seule
tendance qui se dessine. Mais le dossier est dans l’ensemble trop
maigre pour établir des tendances.
20
Cf. notamment Rix, 2002, n. tCm 7.
.
L’ANTHROPONYMIE OSQUE 349
21
Cf. Rix, 2002, n. Lu 46.
.
350 FABRICE POLI
22
Cf. notamment Rix, 2002, n. Cm 29-31.
23
Cf. notamment Rix, 2002, n. Ps 8, 9, 10.
24
Cf. notamment Rix, 2002, n. tLu 2, 7 et 8.
25
Cf. notamment Rix, 2002, n. tSa 44.
.
L’ANTHROPONYMIE OSQUE 351
2.2. Le gentilice
Le gentilice est généralement écrit in extenso, ce qui est normal
car il constitue l’élément central pour l’identification de l’individu.
Cependant, sur un certain nombre de supports à champ réduit,
(tuiles, briques, monnaie), le gentilice est abrégé. Peu importe alors
que le gentilice ne soit ni lisible, ni restituable; ce qui compte en ef-
fet, ce n’est pas le gentilice en lui-même, mais la marque comme
telle. Il s’agit d’une règle générale qui admet toutefois quelques
contre-exemples, ce qui montre qu’elle n’était pas une règle intou-
chable. Cependant certaines exceptions sont en revanche systéma-
tiques :
– Les inscriptions osco-grecques à champ limité préfèrent géné-
ralement la graphie in extenso. Comme nous l’avons vu en effet pré-
cédemment, le domaine osco-grec abrège peu.
– Les monnaies de la guerre Sociale présentent la graphie in ex-
tenso car le gentilice contient un message politique fort.
2.3. Le cognomen
Les cognomina sont parfois écrits en graphie défective néces-
sairement non drastique compte tenu de leur nature même. D’une
façon générale, les ethniques en *–no ne sont pas soumis aux abré-
viations, à part une exception.
Données postérieures à Lejeune
.
352 FABRICE POLI
2.5. Le gentilice
Là encore, le parallélisme avec le corpus de M. Lejeune est stric-
tement le même; en raison de sa position cardinale, au sein de la for-
mule anthroponymique, le gentilice est généralement écrit en entier,
au détriment du prénom et du patronyme, plus accessoires, sauf sur
les supports à champ réduit 29.
2.6. Le cognomen
Là encore, les conclusions sont les mêmes : compte tenu de leur
nature intrinsèque, les rares cognomina que nous avons acquis sont
en graphie défective non drastique, ou en graphie pleine 30.
Conclusion générale
L’examen rapide des données onomastiques postérieures à l’ou-
vrage de Michel Lejeune a montré, de façon indiscutable, toute la
validité et la pertinence des schémas dressés par le savant français.
Non seulement, et c’est là pur hasard, le dossier a, d’un point de vue
numérique, crû dans les mêmes proportions, mais encore, son évo-
lution qualitative est quasi inchangée. Cette permanence permet de
valider les schémas anthroponymiques, si magistralement ressusci-
tés par le maître, d’une population qui représenta naguère le tiers de
la péninsule italienne.
Fabrice POLI
26
Cf. notamment Rix, 2002, n. tLu 1, 7, 8.
27
Cf. notamment Rix, 2002, n. Sa 23 et 24.
28
Cf. notamment Rix, 2002, n. Sa 24, par opposition à tSa 39.
29
Cf. notamment Rix, 2002, n. Si 11, par opposition à tPo 2.
30
Cf. notamment note 19.
.
L’ANTHROPONYMIE OSQUE 353
ABRÉVIATIONS BIBLIOGRAPHIQUES
.
ANNA MARINETTI
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE
E FORMULA ONOMASTICA IN VENETICO
1
M. Lejeune, Structure de l’anthroponymie vénète, in Word XI, 1955, p. 24-44.
2
J. Untermann, Die venetischen Personennamen, Wiesbaden, 1961.
3
G. B. Pellegrini – A. L. Prosdocimi, La lingua venetica I-II, Padova-Firenze
1967; vol. II di A. L. Prosdocimi.
4
M. Lejeune, Ateste à l’heure de la romanisation, Firenze, 1978.
5
A. L. Prosdocimi in G. Fogolari – A. L. Prosdocimi, I Veneti antichi. Lingua
e cultura, Padova, 1988.
.
358 ANNA MARINETTI
vece posta nello studio della sostanza, dei contenuti veicolati dai no-
mi propri. Come ricorda Prosdocimi 6 «I nomi propri hanno una fun-
zione identificativa e non semantica; pertanto va studiato il sistema
in cui assolvono questa funzione che è, di per sé, sola pertinente.
Tuttavia dalla constatazione che spesso sono costituiti da elementi
semantici del sistema linguistico cui appartengono vi è sempre la
tentazione di farne una ‘etimologia’ : il che, per lingue attestate
esclusivamente o prevalentemente dall’onomastica, invita all’utiliz-
zazione dei nomi propri per delineare i tratti della lingua stessa.
Sebbene ciò sia pericoloso, in quanto non corrispondente alla loro
natura intrinseca, non si può, in base agli abusi che sono stati com-
messi o che si possono commettere, rinunciare a questa fonte di dati
con una condanna totale». L’utilizzo del dato onomastico ai fini del-
la restituzione della lingua richiede quindi un attento vaglio : un
esempio ne è – per citare un caso – il meccanismo morfologico della
derivazione dei nomi propri all’interno della formula onomastica,
che segue una via diversa rispetto alla derivazione ‘normale’.
Il caveat di carattere generale è ben presente, e tuttavia ciò non
deve impedire di associare due considerazioni che emergono dalla
documentazione venetica, e che – apparentemente indipendenti –
potebbero invece rivelarsi collegate. La prima è l’esistenza di una
onomastica lessicalmente motivata, quasi ‘trasparente’, con riferi-
mento a basi lessicali non banali, ma pregnanti in senso sociale (per
tutti richiamo il caso dei nomi composti con secondo membro in
-genes, di cui si parlerà avanti) : qui l’eventualità di un gradiente di
funzionalizzazione della motivazione stessa dovrebbe essere presa
in considerazione; fino ad ora, una reazione agli eccessi di etimolo-
gismo sui nomi propri, e soprattutto le carenze nelle conoscenze del-
lo sfondo storico-istituzionale, hanno consigliato prudenza, e di fat-
to hanno confinato (quasi) tutte le forme ‘motivate’ nei limiti di una
attribuzione di pura funzione onomastica; altrimenti detto, queste
sono state ampiamente analizzate quanto a valore lessicale delle ba-
si, ma ci si è astenuti per principio dall’attribuire a tali forme una
valenza diversa da quella strettamente onomastica, e quindi non si è
di norma approfondita la questione di una eventuale funzione con-
nessa alla base lessicale. La seconda considerazione è che nei testi
venetici non è frequente, anzi è relativamente rara, la presenza di
terminologia di carattere istituzionale : con ‘istituzionale’ intendo
qui, in senso ampio, la sezione del lessico riferita alla sfera delle re-
lazioni sociali, quindi non solo i termini attinenti alle istituzioni
pubbliche quali magistrature, cariche civili e religiose, etc., ma an-
6
Veneti antichi, cit., p. 367.
.
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE 359
7
Ho cercato di sottolineare questo aspetto in occasione della proposta di ri-
conoscere nel Veneto antico un gruppo sociale connotato dall’attributo di ekupe-
ta- ‘signore del cavallo’, per il quale appare quasi inevitabile l’identificazione con
la classe sociale degli equites, secondo quanto ci è noto da Roma; l’omologazione
dei due casi è certamente attraente, e forse anche corretta, ma deve essere verifi-
cata nella fenomenologia in cui compare, e non da ritenersi automatica, dal mo-
mento che i presupposti e l’applicazione nel Veneto sono diversi da quanto ac-
cade per l’istituto romano : cfr. A. Marinetti, Il ‘signore del cavallo’ e i riflessi isti-
tuzionali dei dati di lingua. Venetico ekupetaris, in Produzioni merci e commerci in
Altino preromana e romana (Atti del Convegno,Venezia, 12-14 dicembre 2001),
Roma, 2003, p. 143-160.
8
L’insistenza su questo punto non deve essere fraintesa : negli anni più re-
centi si è assistito ad un incremento davvero notevole nella conoscenza del mon-
do dei Veneti antichi, nei suoi aspetti materiali e nelle derivanti implicazioni di
carattere sociale, economico, ideologico; ciò non è solo la conseguenza di nuove
scoperte, che pure si susseguono, ma l’esito di una rinnovata e raffinata metodo-
logia di ricerca da parte degli studiosi, in primo luogo archeologi e protostorici,
che lavorano in questo settore. Ciò nonostante, è indubbio che le fonti sono
comunque limitate, e il tipo di dati a disposizione non è – e forse non sarà mai –
tale da attingervi in termini specifici i quadro della strutturazione della società.
.
360 ANNA MARINETTI
9
Su ciò rimando, in questi stessi Atti, al contributo di A. L. Prosdocimi, No-
te sull’onomastica di Roma e dell’Italia antica; cfr. anche A. Marinetti, Atta/us :
Appius; lat. atta, sabino *appa e sudpiceno apaio-. Sabini a Roma e ‘Safini’ nelle
iscrizioni sudpicene, in Res Publica Litterarum V 1, 1982, p. 169-181.
10
Per una trattazione esaustiva dell’argomento rimando ai lavori citati sopra
nelle note iniziali.
11
La distribuzione tra i suffissi -io- e -ko- appare di massima correlata
all’arealità : -io- al sud, -ko- al nord del Veneto.
12
Sulla questione della formula onomastica in Italia (etrusco, italico-latino,
Italia del Nord), tra eredità indeuropea ed innovazione ‘italiana’ rimando ai lavo-
ri di A. L. Prosdocimi; in particolare Appunti per una teoria del nome proprio, in
Problemi di onomastica semitica meridionale, a cura di A. Avanzini, Pisa 1989,
p. 15-70; Filoni indeuropei in Italia. Riflessioni e appunti, in L’Italia e il Mediterra-
neo antico, Atti del Convegno SIG (Fisciano-Amalfi-Raito 4-6 novembre 1993),
vol. II, Pisa 1995, spec. p. 112-118; per il venetico, Veneti Antichi, cit.
.
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE 361
13
H. Rix, Zum Ursprung der römisch-mittelitalischen Gentilnamensystem, in
Aufstieg und Niedergang der römischen Welt I, 2, Berlino, 1972, p. 700-758.
14
La più antica iscrizione venetica è datata approssimativamente attorno al-
la metà del VI sec. a. Cr. sulla base della cronologia del supporto, una coppa
bronzea ispirata nella foggia ai kantharoi prodotti in Etruria tra fine VII e prima
metà del VI secolo : cfr. D. Locatelli – A. Marinetti, La «coppa» dello scolo di Loz-
zo, in Este preromana : una città e i suoi santuari, Treviso, 2002, p. 281-282.
15
Edizione e commento dell’iscrizione in A. Marinetti, Venetico 1976-1996.
Acquisizioni e prospettive, in Protostoria e storia del Venetorum angulus, Atti del
Convegno di Studi Etruschi ed italici (Portogruaro-Altino-Este-Adria, 16-19 ottobre
1996), Firenze, 1999, p. 391-436.
.
362 ANNA MARINETTI
.
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE 363
16
Cf. ora P. Solinas, Sul celtico d’Italia : le forme in -u del leponzio, in Atti Ist.
Veneto, CLXIII, 2004-2005, p. 559-601.
17
Certamente se mego è rifacimento venetico sulla base di ego, ma anche nel-
l’ipotesi di una allotropia originaria del pronome : cfr. F. Bader, BSL 1982,
p. 134-135.
.
364 ANNA MARINETTI
18
Nell’iscrizione da Este (*Es 120) citata sopra in testo come la più antica del
corpus venetico; edita da A. L. Prosdocimi, Una iscrizione inedita dal territorio
atestino. Nuovi aspetti epigrafici linguistici culturali dell’area paleoveneta, in Atti
Ist.Veneto CXXXVII, 1968-69, p. 123-183; cfr. anche Veneti Antichi, cit., p. 282-
284; Locatelli-Marinetti cit. a nota 14.
19
A. Marinetti, L’iscrizione votiva, in Este preromana : una città e i suoi san-
tuari, Treviso Canova, 2002, p. 180-184.
20
Una ulteriore attestazione di donasan con soggetto plurale è probabil-
mente da riconoscere in un’iscrizione – ai limiti della leggibilità – graffita su una
laminetta da Este; A. Marinetti, Sulla presenza di ‘frateres’ (?) nel santuario pa-
leoveneto di Reitia a Este : rilettura dell’iscrizione, in Studi in ricordo di Fulvioma-
rio Broilo, Padova, 2007, p. 437-450.
.
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE 365
21
Una curatela di cenotafio è stata riconosciuta nel testo dell’iscrizione da
Cartura (*Es 122) : A. L. Prosdocimi, Venetico VI. Una nuova iscrizione da Cartu-
ra (Padova), in Arch.Glott.It. LVII, 1972, p. 97-134; cfr. Veneti Antichi, cit., p. 249-
253.
.
366 ANNA MARINETTI
iats
.
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE 367
22
Una attribuzione tra venetico e celtico – già ipotizzata – avrebbe le stesse
caratteristiche.
23
È forse da tener conto che in entrambi i casi – sia per laivnai che per laivo-
nioi – la qualificazione di tipo esclusivamente onomastico non è del tutto sconta-
ta. Per laivnai, pur senza voler richiamare la questione ormai superata della iden-
tificazione come teonimo (cfr. LV II p. 127 sg.), vi è comunque una anomalia nel-
la sequenza onomastica, che inverte la posizione dell’appositivo facendolo
precedere al nome individuale (laivnai vrotai); laivonioi compare nella formula
horaioi laivonioi, in cui il primo nome non ha forma primaria, ma risulta a sua
volta un derivato in -io- da una base hora, che indubbiamente richiama collega-
menti che vanno oltre l’onomastica. Su entrambe le forme A. Marinetti –
.
368 ANNA MARINETTI
.
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE 369
27
LV I, p. 339.
28
Sull’etnico dei Veneti v. A. L. Prosdocimi, Veneti, Eneti, Euganei, Ateste : i
nomi, in Este preromana : una città e i suoi santuari, Treviso Canova, 2002, p. 45-
76.
29
C. Jordan Cólera, Introducción al celtibérico, Saragozza, 1998, p. 110, 167-
168.
30
Cfr. Jordan Cólera, Introducción al celtibérico, cit.
31
Su veneti-/vineti- quale termine istituzionale nel quadro dell’indeuropeo
cfr. Prosdocimi, Veneti, Eneti, cit.
32
Come è stato mostrato da M. Lejeune congiuntamente su base fonetica e
morfologica (per tutti cfr. MLV, p. 149-151); una conferma dovrebbe essere *Es
121 He[--]torei continuato poi da Egetorei.
33
A. L. Prosdocimi, Curia, Quirites e il ‘sistema di Quirinus’ (Populus Qui-
rites Quiritium II), in Ostraka V, 1996, p. 243-319; cfr. anche il contributo di Pro-
sdocimi, Note sull’onomastica di Roma e dell’Italia antica, in questi stessi Atti.
34
P. Solinas, Annotazioni sulla forma *ghosti- nel celtico d’Italia, in Studi ...
Broilo, cit., p. 549-568.
.
370 ANNA MARINETTI
35
Con nominativo in -io(n) invece che -io + -s : Untermann, Die venetischen
Personennamen, cit.
36
Da V. Pisani; cfr. Prosdocimi, LV II s.v. hostihavos, p. 103-104.
37
Mi riferisco qui ad una marginalità areale, che non vuol dire necessaria-
mente marginalità culturale, quanto piuttosto maggiore probabilità di contatti e
interferenze con realtà etniche e linguistiche diverse dal venetico.
.
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE 371
38
Richiamo qui, come possibile parallelo, il processo di integrazione di uno
straniero nella comunità veneta, ricostruito in primis attraverso i caratteri delle
formule onomastiche dello stesso e dei suoi discendenti : è il caso del Celta Tival-
Bellen- capostipite della famiglia degli Andeti : cfr. Prosdocimi, Veneti Antichi,
cit., spec. p. 376-381.
39
Livio V, 35,2; Polibio II, 17,4; Plinio n.h. III 124.
.
372 ANNA MARINETTI
40
M. Lejeune, Une antiquissima Vénète : le bronze votif de Lozzo Atestino, in
Rev.Ét.Lat. XLIX, 1972, p. 78-102; cfr. anche MLV nr. 123, p. 245-246.
41
J. Untermann, Die venetische Sprache. Bericht und Besinnung, in Glotta
LVIII, 1980, p. 281-317, spec. 297-300.
.
TERMINOLOGIA ISTITUZIONALE 373
che se non scioglie del tutto le riserve su un possibile valore ‘di lin-
gua’ (e non puramente onomastico) per Enogenes.
A partire dalla riconsiderazione di una forma come eno-genes <
*genes/os 42 in termini di funzione, saranno tra l’altro da riprendere
tutte le forme venetiche con formanti dalla stessa base *genes/os
(Voltigenes, [A]tgene- etc.), assieme alle questioni connesse e in qual-
che modo già presenti e anche lungamente discusse, ma ora riporta-
te all’attenzione. Una di queste è lo status della formante -gno-, cor-
radicale di -genes : è ormai solo un generico suffisso di derivazione,
esito di un processo di grammaticalizzazione (in seguito a ‘degrado’
morfonologico, e desemantizzazione) o è ancora in valore proprio
legato alla radice *genH1-? Oppure, giunta comunque a quota di suf-
fisso morfologico, conserva ancora una semantica specifica di ‘rela-
zione con’ in un valore ben preciso, ad esempio di appartenenza ad
un gruppo familiare o simili? In questo quadro va anche inserita la
posizione del suffisso -kno-, la sua possibile genesi celtica e l’even-
tuale allotropia con venetico -gno-; correlata a questo, e richiamata
proprio dalla iscrizione sopra discussa, vi è la funzione e la forma di
-ken- in venetkens, rispetto a -gen- e rispetto alle forme in -kno-.
Se vi è una possibile isofunzionalità delle forme in -ken- e -gno-,
e il rapporto tra -gen- e -gno- non è limitato alla originaria corradica-
lità, ma continua come semantica e posizione istituzionale (ossia è
ancora trasparente l’originario riferimento all’ambito del ‘*genos’,
compreso e usato come tale), anche venetkens andrà ripreso nei ter-
mini formali e sostanziali della composizione, oltre che nel valore di
‘etnico’.
Date le premesse, si è giunti ad una conclusione provvisoria o,
meglio, attendista. Ci sono motivazioni per andare oltre le analisi
del passato ma non ci sono ancora gli elementi per un nuovo qua-
dro, e, per assenza di conoscenza storico-istituzionale diretta, non ci
saranno forse mai, se non in termini parziali e probabilistici. Tutta-
via ci sono sollecitazioni a rivedere in quest’ottica, senza eccessi ma
senza sottovalutazione, l’intero corpus venetico alla ricerca di even-
tuali analoghi riferimenti, forse latenti e comunque fino ad ora livel-
lati all’insegna di una generalizzata attribuzione onomastica, e di
una certa tolleranza, prudenziale ma forse eccessiva, per i compor-
tamenti anomali riscontrati in molte ‘formule onomastiche’ (formu-
le ‘monomie’, ‘trinomie’, etc.) rispetto al tipo standard. Che nelle
iscrizioni venetiche vi sia presenza di termini istituzionali relativi a
rapporti sociali è già stato proposto – e talvolta provato – in diverse
42
Non tocco qui la questione morfologica delle forme in -es tra formanti
(presumibili) in -ies e flessione in -e-. Così pure non mi addentro – salvo un gene-
rico richiamo genetico ed un possibile inquadramento nella morfologizzazione –
nel rapporto tra *genH1- e -gno-, *ken- e -kno-.
.
374 ANNA MARINETTI
occasioni : per fare qualche esempio tra i più complessi, i casi di ves-
ketei, tideimes, vinetikaris, etc.; 43 fino ad ora, tuttavia, la scarsità se
non totale assenza di fonti storiche ha consentito un ridottissimo
spazio di manovra in questo campo, e consigliato un atteggiamento
generale di prudenza. Lo stesso incremento del corpus in questi ulti-
mi anni, e la ‘qualità’ delle nuove iscrizioni, cui si è si è sopra fatto
cenno, richiedono però una revisione del problema, che sia attenta a
non travalicare – per l’attrazione esercitata dall’etimologismo – i li-
miti della significatività storica, ma dove comunque non si abbiano
preclusioni precostituite verso una possibile valorizzazione dei dati
di lingua.
Anna MARINETTI
43
Rimando per la problematica generale e le questioni specifiche inerenti ai
singoli termini ai cenni presenti in Prosdocimi, VA passim, con i relativi i riferi-
menti bibliografici.
.
CLARA BERRENDONNER
SE FAIRE UN NOM
L’ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ
ET SES EFFETS ONOMASTIQUES EN ÉTRURIE
1
Rix 1972, p. 737, souligne que l’absence, parmi cette catégorie de gentilices,
de formes en -ie construites sur des noms individuels en -e démontre clairement
que les noms gentilices sont formés par transposition directe des noms indivi-
duels. Plus généralement, l’étrusque se caractérise, comparativement au latin par
exemple, par la variété des possibilités offertes pour la formation des gentilices. À
côté des formations patronymiques en -na ou -ra, on trouve des ethniques, à la
désinence typiquement en -ate/-au e ou -ite/-iu e, et des noms individuels employés
comme nomina (Rix 1977, p. 66-67).
2
L’équivalence entre lautni et libertus a été posée pour la première fois, à
partir des inscriptions bilingues, par G. Gamurrini, Scavi di Chiusi, dans Bull.,
1874, p. 17.
3
Rix 1963, p. 352.
4
Rix 1963, p. 349, 351, 364 et 375; Rix 1994, p. 99-100 : les gentilices iden-
tiques à des noms individuels correspondent à des prénoms archaïques, sud-
étrusques ou italiques; les lautni portent surtout des noms grecs et des diminutifs
de prénoms étrusques.
.
376 CLARA BERRENDONNER
7
Les pénestes émancipés auraient pris comme gentilice leur ancien nom
personnel et comme surnom le gentilice de leur ancien patron : Rix 1963, p. 376-
378.
8
Rix 1963, p. 343; Rix 1972, p. 737; Rix 1977, p. 67 : les gentilices iden-
tiques à des noms individuels constituent 10% au plus du corpus étrusque ar-
chaïque; à l’opposé, on possède 1000 attestations de Vornamengentilizia environ,
qui correspondent à 20% des gentilices de l’Étrurie septentrionale hellénistique.
Par ailleurs, l’onomastique des porteurs d’Individualnamengentilizia est générale-
ment similaire à des prénoms étrusques et à des noms grecs, tandis que les por-
teurs de Vornamengentilizia sont le plus souvent dotés de noms italiques (De Si-
mone 1981, p. 91-92). Enfin, tandis que les sépultures des porteurs d’Individual-
namengentilizia ne se distinguent en rien, à Orvieto, de celles des porteurs de
gentilices patronymiques (Cristofani 1974, p. 315), les nécropoles de Chiusi hellé-
nistique semblent montrer une nette séparation des deux groupes (Rix 1977,
p. 68-73; contra, Benelli 1998, p. 248 notamment).
9
Sur les différents types de mobilité sociale, Ampolo 1976-1977, p. 333.
10
Benelli 1998, p. 249-250.
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 377
11
Cristofani 1987, p. 116.
12
Cf. Maggiani 1999, p. 55 : une des possibilités offertes aux VIIe-VIe siècles
pour la formation des gentilices est l’utilisation d’un nom individuel avec une
marque de génitif. Reste à expliquer pourquoi la zone de l’Etrurie interne conti-
guë à l’Ombrie développa des coutumes onomastiques différentes de celles du
reste de l’Italie.
.
378 CLARA BERRENDONNER
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 379
13
Rix 1963, p. 161.
14
On s’est efforcé de comptabiliser tous les individus dotés d’un gentilice li-
sible, en tenant compte des relations de parenté. On parvient à un chiffre compris
entre 7885 et 8265 personnes.
.
380 CLARA BERRENDONNER
15
La répartition entre le IIIe siècle d’une part, les IIe et Ier siècles de l’autre,
s’effectue plutôt en faveur de la seconde période, pour laquelle on dispose de
quatre fois plus d’attestations.
16
Les chiffres du tableau ont été obtenus par comptage à partir des Etrus-
kische Texte. Le CIE, pour sa part, recense plus de 11000 inscriptions étrusques,
mais intègre les simples signes alphabétiques parmi elles.
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 381
Vornamengentilizia 10 7 78
Vornamengentilizia 1 2 1482
17
Rix 1977, p. 67; De Simone 1981, p. 91-92.
.
382 CLARA BERRENDONNER
18
De plus, lorsque le prénom qui sert de base au gentilice est inconnu sur
place (leu e à Véies; ane, velx e et rave à Tarquinia; vipe sur l’ager Hortanus; cure à
Volterra; vetu, leu e, pesna et s ure à Arezzo; leu e à Cortone), on est le plus souvent
dans le cadre d’une communauté à faible corpus épigraphique, pour laquelle on
n’a pas forcément une connaissance complète du stock onomastique.
19
Rix 1994, p. 100-106.
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 383
cas, il est assez rare que l’on puisse confondre l’abréviation, indiquée
l ou lt, avec un prénom (Cl 1.777, on aurait là une dépendante au lieu
d’une affranchie; Cl 1.2679, idem; Cl 1.1766). Les inscriptions de
lautni se répartissent en deux groupes, suivant que ces affranchis
possèdent une formule onomastique unique ou une formule ono-
mastique bimembre :
.
384 CLARA BERRENDONNER
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 385
20
Une seule exception est envisageable, Cl 1.1150, qui pourrait avoir repris le
nomen de son patron.
21
L’urne est datée par l’éditeur sur la base de l’olpè qui constituait le mobilier
funéraire.
22
Benelli 1989-1990, p. 364, no 82. Le contexte archéologique de l’inscription
.
386 CLARA BERRENDONNER
n’est pas très clair : E. Benelli appuie sa chronologie sur la typologie de l’arula, et
suppose que l’objet fut réutilisé dans la villa de la fin du IIe siècle où il fut
retrouvé.
23
En général, le contexte archéologique des inscriptions de lautni, sans
doute parce qu’il était modeste, n’a pas été relevé. Cl 1.1276 et 1.1459 sont datées
par leurs éditeurs de la fin du IIe ou du début du Ier siècle av. J.-C.; Cl 1.22/1.23,
1.24/1.25, 1.317, 1.436, 1.562, 1.1646, 1.2184, 1.2671, gravés sur des ollae ou des
tuiles, remontent vraisemblablement aux IIe-Ier siècles. À Pérouse, Pe 1.65 (tombe
rafi) est du IIe ou du Ier siècle et Pe 1.5 et 1.1000 sont postérieures à 200 av. J.-C.
24
On a compté comme une unité les groupes d’inscriptions qui faisaient ré-
férence au même individu, par exemple sous la forme d’une tuile et d’une urne fu-
néraires.
25
Les prénoms étrusques correspondent ainsi à 37% des éléments onomas-
tiques portés par les lautni, les noms grecs à 18%.
26
On a exclu la catégorie D, puisque dans son cas la relation entre porteurs
de Vornamengentilizia et lautni était assurée (les individus à nom unique sont très
vraisemblablement des esclaves; une fois émancipé ils deviennent, logiquement,
des affranchis). De fait, les deux tiers des gentilices de la catégorie D sont égale-
ment des noms de lautni.
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 387
27
DH, 9, 5, 4; Liv., 9, 36; Diod., 5, 40, 3; Prophétie de Végoia (Lachmann 1848,
p. 350-351); Virg., Première Eglogue. Sur les possibles révoltes de dépendants
étrusques entre 302 et 265, Liv., 10, 3, 2, pour Arezzo; Val. Max., 9, 1 ext. 2; Flor.,
1, 16; Oros., 4, 5, 3-5; Iordan., 162; Jean d’Antioche, FHG, IV, 557, frg. 50; Zonar.,
8, 7; De Vir. Ill., 36, pour Volsinies.
28
Benelli 1996, p. 335-344.
.
388 CLARA BERRENDONNER
Conclusion
En définitive, l’idée qu’Individualnamen – et Vornamengentilizia
renvoient bien à des processus d’acquisition de la citoyenneté paraît
confirmée. Si la formation d’un gentilice par reprise pure et simple
d’un nom individuel semble avoir été une ressource offerte par l’o-
nomastique étrusque dès une époque très haute, c’est à un moment
précis de l’histoire de l’Étrurie que les Vornamengentilizia occupent
une place de premier plan dans l’onomastique locale. Il n’est pas sûr
que ce phénomène marque l’émancipation collective de dépendants
de type pénestes ou hilotes – ces derniers, d’ailleurs, porteraient-ils
en Italie un nom unique 29 ? Les parentés perceptibles entre Vor-
namengentilizia et noms de lautni, doublées du fait que les porteurs
de Vornamengentilizia représentent 30% environ de la population
étrusque hellénistique, forment un ensemble cohérent. La diffusion
des Vornamengentilizia traduirait l’augmentation du nombre d’es-
claves dans la société étrusque, non l’introduction de l’esclavage en
Étrurie ou un changement dans la nature des structures de dépen-
dance. Donner une signification sociale aux gentilices étrusques
identiques à des noms individuels permet du même coup d’expliquer
certaines anomalies relevées dans les formules onomastiques des
porteurs de Vornamengentilizia. Il n’y a pratiquement que chez eux
qu’un individu peut porter un patronyme identique à son gentilice 30 ;
29
Les dépendants différents des esclaves présentent, dans le monde grec, la
caractéristique de descendre de populations soumises par les armes à un mo-
ment donné. À l’origine, ils avaient donc des noms qui ne se distinguaient pas de
ceux de citoyens. Ducat 1990, estime ainsi que les noms des dépendants spar-
tiates ne devaient pas être différents de ceux des Homoioi. Dans la péninsule ita-
lienne, le statut le plus proche de celui des paysans dépendants serait celui des
nexi, qui portaient apparemment praenomen et nomen.
30
Cl 1.1234; 1.1338-1.1341; 1.1642; 1.1830-1.1831. Une variante de ce phéno-
mène pourrait être l’adoption, pour le premier citoyen de la famille, d’un prénom
dérivé du gentilice : Pe 1.148, 1.416, Ta 1.237, Vs 1.231.
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 389
Clara BERRENDONNER
ABRÉVIATIONS BIBLIOGRAPHIQUES
31
Un processus identique peut être suivi en AS 1.267-1.271. La tendance des
Vornamengentilizia à se doter de désinences italiques, notamment au féminin, va
dans le même sens. On ne peut a priori déterminer, à Chiusi, si une s eu rnei vient
d’une famille s eu re ou s eu rni, d’une lignée de citoyens récents ou d’une lignée an-
cienne.
.
390 CLARA BERRENDONNER
.
ANNEXE
type A
A1
cupe PR Cm 2.13, 2.60 Cl 1543
vete PR Cm 2.3, Cl 6.1 (6 ) e
Ta 207
AS 191, 295 = 296 (3e), 297 (3e), 298 (2)
(3e), 299 (3e), 300 (3e), 301 (3e), 302 (3e),
303 (3e), 304 (3e), 305 (3e), 306 (3e), 307
(2) (3e), 308 (3e), 309 (3e), 310 (3e), 311
(2) (3e), 446
Cl 313, 378, 622, 1315, 1670, 1671, 1672,
1673, 1674, 1675, 1676, 1715 (2), 1901,
1979, 2362
Pe 34, 390, 391, 433?, 566, 1040, 1041,
1043
Vt 118 (2e 1⁄2 1er)
Fs 6 (5e)
laru PR Vc 2.15 (6e) AT 103
AS 219 (3e-2e), 221 (3e-2e)
Cl 1864
lic(i)ne PR Cr 3.13, 3.18; le laut- Ta 222
ni Cl 1.2206-1.2207 se
nomme licni
peu e PR Vs 1.167 (5 e ), NI
lautniu a Cl 1615
Cl 2047, 2457
pupae PR Cr 2.34-2.35 (6e) AS 43 = 44 (1e 1⁄2 2e), 99 = 106, 271
Cl 786, 2031, 2176
us ele NI Cr 3.1, PR Vs 1.98, Cr 2.64 (6e)
1.108, 1.160
A2
(à suivre)
.
392 CLARA BERRENDONNER
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 393
type B
B1
ancar PR ombr. Um 2.6-2.7, AH 77?
PR Cl 1.1108
(à suivre)
.
394 CLARA BERRENDONNER
B2
anei PR Annius Ar 5, 26 = 27 = 28 = 29 = 30
AS 151, 282, 312 (3e), 456
Pe 1, 5, 109, 110, 160-161-162-163
(2e-1er), 276, 328, 360 = 361, 408, 455,
463-464 (2e), 511, 519, 520, (521, 522,
523, 524), 694, 780, 847, 908, 909, 910,
911, 912, 913, 914, 915, 994, 995 = 996,
1009
ani(e) idem AH 12
Vc 74
Cl 243/244, 245, 246, 275, 1228, 1229,
1230, 1231, 1232, 1233, 1234, 1857/1858
AS 153, 244
Pe 14, 358 = 359 (3e ), 482, 525, 526,
527, 528, 845, 918, 919, 920, 937, 1129,
1240
(à suivre)
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 395
.
396 CLARA BERRENDONNER
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 397
petru PR Petro AT 84
AH 3, 5, 44
AV 10
Vt 134
Co 5 (2e), Tab. Co. (3e-2e)
AS 49, 177-178-179-180-181-182-183,
201, 276, 277, 278, 279, 280, 281, 283,
284, 286, 369 = 370, 431 = 432, 464
Cl REE 59, 40, REE 59, 41, REE 64, 8
(2e), REE 64, 23 (1e moitié 2e), Cl 12, 83
(fin 4e-milieu 2e), 277, 472 (fin 3e-milieu
2e), 490, 491, 499, 672, 681 = 682, 689,
727, 876, 884, 885, 886, 887, 936/937
(2e), 962, 963, 970/971, 1142, 1143, 1224,
1360, 1406, 1636, 1695, 1796/
1797 = 1798, 1908, 2006 = 2007, 2087,
2088, 2089, 2090, 2091, 2092, 2093,
2094/2095, 2096, 2097, 2098/2099, 2100,
2101, 2102, 2103, 2104, 2105, 2107,
2110, 2111, 2549
Pe 34, 90 (2e-1er), 231 (150-100), 250
(200-100), 546-547, 581/582-583/584-
585/586, 589, 602/603, 681, 725 = 726
(2e-1er), 856, 875-876-877-878-879-880?-
881?-882 (début 2e), 885 = 886 (2e-1er),
1019, 1084, 1092, 1140, 1141, 1142,
1143, 1144, 1258
petruni fém : Pe 20, 347, 699, 904, 1074,
1148, 1149
(à suivre)
.
398 CLARA BERRENDONNER
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 399
.
400 CLARA BERRENDONNER
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 401
.
402 CLARA BERRENDONNER
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 403
type C
C1
C2
antru[...] NI grec Po 3
Cl 1238
anf are NI grec AS 437-438-439-440
apluni NI lautni Cl 1.26, 1.920/ Cl 1247, 2207, 2641
1.921, Pe 1.922 = NI grec Pe 923
Apollonios
artile NI ES V 127 AH 1
(à suivre)
.
404 CLARA BERRENDONNER
perzile Cl 671
pelie NI grec Peleus AT 45
puce Cl 687, 1456, 2145
tantle NI grec Tantalos Pe 689/690/691, 692, 693, 1059
tipe NI paphlagonien Ti- Ve REE 65-68, 71 (7e)
beios
tif ile NI grec Diphilos, NI Ta 3.5 (3e-2e)
lautni Cl 1.1645 Cl 2511, 2512, 2513
uple NI grec Ta 180 (3e-2e)
Cl 766, 795 = 796, 887, 2643
urste NI grec Orestes Ar 7.1
Cl 646
urfe NI grec Orpheus Cl 766
C3
creice NI vénète Graiko?; G Cr 149
lautni Pe 1.889 Ta 217
Vc 5, Vc 2.33 = 2.34 (5e)
Cl 352, 567, 793, 794, 1302, 1510/1511,
1512, 1513, 1514, 1515, 1669, 1686, 1744
C4
iucurte NI Jugurtha? Cl 1854
D
arntle lautni Cl 1.1332 AS 63, 162 = 172, 192, 220 (3e-2e), 225-
226-227-228-229, 469, 470
Cl 1256/1257
arnziu lautni Pe 1.414 Pe 416
arnti lautni Pe 1.977, Cl 1.659 Co 3.3 = 3.4 (3e-2e)
Cl 1255
Pe 435, 972
arntu Pe 1.197-1.198 Cl 425
calis u lautni Cl 1.1437 Cl 1438/1439
capiu lautni Cl 1.199 Cl 1453
cencu/cin- Fa 2.4 (6e) Cl 102/103 (début 2e) = 1491, 724, 1490?,
cu 1492?, 2037, 2061
Pe 53 = 54, 748
(à suivre)
.
ACQUISITION DE LA CITOYENNETÉ ET SES EFFETS ONOMASTIQUES 405
.
406 CLARA BERRENDONNER
.
FRÉDÉRIQUE BIVILLE
Données historiques
Dans une perspective interlinguistique, le nom propre est par
ailleurs lourd de signification et d’informations. C’est lui qui, en tout
premier lieu, nous renseigne sur les peuples en contact, Grecs :
Graeci (Graeculi) = ™Ellhnev (dénomination dissymétrique), Ro-
mains : Romani = Rwmaı̃oi (avec substitution de suffixe), Italici,
Orientaux hellénisés : Phœnices, Syri, Aegypti, Asiatici..., et sur les
langues parlées : Graece = eΩllhnistı¥ latine = rΩwmaistı¥. Les topo-
nymes permettent de suivre les étapes de la colonisation grecque en
Occident, en particulier dans la Magna Graecia : Cumae, Syracusae,
Sybaris, Neapolis, Ancona, et la progression de l’expansion romaine
en Orient : Laudicea, Pergama, Alexandria..., avec l’important mou-
vement d’immigration gréco-orientale qu’elle a entraîné : Syrus in
Tiberim defluxit Orontes (Iuu. 3,62), «l’Oronte syrien s’est déversé
dans le Tibre». Sous chaque anthroponyme emprunté au grec se
cachent des figures historiques ou légendaires, plus ou moins cé-
lèbres, qui ont fait l’histoire des relations entre les mondes grec et
romain : Alexander, Pyrrhus, Phalaris, Ptolemaeus, Attalus..., à
.
410 FRÉDÉRIQUE BIVILLE
Données culturelles
C’est aussi par les noms propres que se révèlent la diffusion des
cultes (Hercules, Apollo, Pollux), de la culture (Homerus, Aratea,
Apelles, Archimedes), ainsi que la circulation des produits matériels :
Attalica, tissus brochés, lodices, étoffes de Laodicée, cauneae, figues
de Caunos. Et c’est encore le nom propre qui révèle les situations de
bilinguisme : Graecolatini (Égérie 47,4), bilingues gréco-latins, et
d’acculturation : graecari, «vivre à la grecque», Semigraeci (Varr., RR
2,1,2), «demi-grecs» (Romains hellénisés), T. Pomponius, chevalier
romain surnommé Atticus, en raison de son long séjour à Athènes et
de son hellénisation1. Cette acculturation va, pour les Romains, jus-
qu’à l’intégration d’anthroponymes grecs dans leur système onomas-
tique – noms serviles, tels Liuius Andronicus, le premier auteur latin,
M. Pomponius Dionysius, affranchi de Cicéron et d’Atticus (Cic., Att.
4,15,1), les nombreux Hermes, Eros, Alexander 2, – ou cognomina
d’hommes libres, comme P. Volumnius Eutrapelus, contemporain
de Cicéron, ainsi surnommé pour son esprit.
Polyphonie
Ce bilinguisme gréco-latin débouche donc sur une polyphonie
onomastique riche en doublets, comme pour ces noms de cités d’Ita-
lie centrale et méridionale : Dikaia¥rxeia (-ı¥a) > Dic(a)earchia = Pu-
teoli > Potio¥loi, Buxentum (-i, n.) = Pyjoỹv (-oỹntov, f.) > Pyxus
(-untis, f.), ainsi qu’en variantes, qui révèlent des voies et des dates
de pénétration successives : si Vlixes, face à Odyssey¥v et à Odyssea <
Odysseı¥a, et le doublet Aesculapius / Asclepius sont le reflet de va-
riantes grecques dialectales (Od- /Ol-, -ey¥ v/ -hv, Aıß sklapio¥ v
/Asklhpio¥v) 3, des couples tels que Pyrrhus / Burrus (< Py¥rrov) et
Catamitus / Ganymedes (< Ganymh¥dhv) 4 sont là pour rappeler que le
bilinguisme gréco-latin s’inscrit, plus largement, dans une situation
de plurilinguisme, en Italie même et dans l’ensemble du monde mé-
diterranéen.
1
Biville 2002, p. 84-91.
2
Solin 1971 et Solin 2003.
3
Cfr. respectivement Biville 1990, p. 73-75, et Biville 1995, p. 323.
4
Biville 1990, p. 237-238 et p. 217-218.
.
MANIFESTATIONS DU BILINGUISME GRÉCO-LATIN DANS L’ONOMASTIQUE 411
5
Biville 1990, p. 324-327.
6
Biville 1995, p. 202-203.
7
Biville 1990, p. 239-240.
8
Biville 1990, p. 242.
9
Biville 1995, p. 67-68 et p. 500; Biville 1990, p. 351.
10
Sur cette pluralité d’interprétations possibles, qui concerne tout autant le
lexique des noms communs, cfr. Biville 1992, p. 227-240.
11
Biville 1990, p. 81-82.
.
412 FRÉDÉRIQUE BIVILLE
12
Biville 1990, p. 243-244 et p. 143-144.
13
Biville 1990, p. 217-218.
14
Biville 1990, p. 94-96 et p. 359; Biville 1995, p. 399.
15
Biville 2000 . Cf. aussi Purnelle 1999, p. 825-834.
16
Sur ces questions, cf. Purnelle 1995, p. 203 et 330.
.
MANIFESTATIONS DU BILINGUISME GRÉCO-LATIN DANS L’ONOMASTIQUE 413
17
Cf. Biville 1990, p. 85.
.
414 FRÉDÉRIQUE BIVILLE
Quint., I.O. 1,4,14 : Graeci aspirare F solent, ut pro Fundanio, Cicero testem
19
.
MANIFESTATIONS DU BILINGUISME GRÉCO-LATIN DANS L’ONOMASTIQUE 415
Échelle d’intégration
On peut ainsi, comme pour les noms communs, proposer une
échelle d’intégration des noms propres dans la langue emprun-
teuse 23. Le degré le plus bas est constitué par la translittération, qui
consiste en un simple transfert d’alphabet, signe par signe (Italia >
Italı¥a, Niger > Nı¥ger) et qui, dans sa forme la plus dure, peut s’ac-
compagner d’une invariabilité casuelle : Dayı¥d > Dauid. La transcrip-
tion (adaptation) se fait par l’application de règles de correspon-
dances phono-graphématiques et morpho-phonologiques entre les
deux langues, règles qui constituent un diasystème gréco-latin. Une
finale grecque masculine en -av est ainsi intégrée en latin sous la
forme -a, et inversement : Nikı¥av > Nicia, Agrippa > Agrı¥ppav; au
grec -ov correspond le latin -us : Niko¥laov > Nicolaus, Lucius > Loy¥-
kiov, etc. 24
L’intégration phonétique se fait par l’application de règles phono-
logiques et phonétiques, comme nous l’avons vu pour Amp(h)io(n), la
plus significative de ces règles étant l’apophonie qui, en latin, en-
traîne la fermeture des voyelles brèves en syllabe intérieure, créant
ainsi des différenciations à l’intérieur d’une même famille lexicale :
Sikelı¥a /-elo¥v > Sicilia / Siculus, et la généralisation d’une voyelle de
composition de timbre i : Arxe¥laov > Archilaus. Un emprunt inté-
gré est aussi un emprunt qui, une fois entré dans la langue, continue
à évoluer phonétiquement, et dont on peut suivre l’histoire. Le nom
de Pollux en fournit un exemple privilégié, puisqu’entre le 6e s. a.C.
et l’apparition des premiers textes littéraires latins en 300 a.C., nous
pouvons suivre les différentes étapes qui, de la Grèce à Rome, en
passant par l’Étrurie, conduisent du théonyme grec Polydey¥khv à
l’interjection latine pol : Polydey¥khv > *Poldeukes [cf. étr. Pultuce] >
Podlouquei (Lavinium, env. 500 a.C.), Polo(u)ces (Préneste), Polluces
(Plt.), Pollux, pol 25.
L’intégration morphologique opère, avant tout, par transposi-
tion de finales flexionnelles (désinences et suffixes prédésinentiels).
Parallèlement aux translittérations latines Anchises, Anchisen..., du
grec Agxı¥shv, -oy, existe une flexion latine Anchisa, -am..., selon un
système d’équivalence reconnu entre le grec -hv (-av), -oy et le latin
-a, -ae. Un degré d’intégration plus poussé peut entraîner une reca-
ractérisation suffixale, par substitution ou adjonction, au profit d’un
suffixe particulièrement représentatif, ainsi des ethniques latins en
-iensis : Ro¥dov –> Ro¥d-iov, «de Rhodes» > Rhodus, Rhod-ius, par
emprunt, dérivé latin Rhod-iensis, ou du micro-système lexical
23
Biville 1989, p. 29-40.
24
Biville 1995, p. 224-251.
25
Biville 1995, p. 149-152.
.
416 FRÉDÉRIQUE BIVILLE
constitué par les noms de divinités féminines en -ōna : Latw ¥ > Lat-
ona (cf. Bell-ona, Ep-ona) 26.
Deux processus d’intégration, bien représentés pour les noms
communs, le calque et la traduction, sont exceptionnels pour les
noms propres. C’est sur le principe du calque morpho-sémantique
qu’a été créé en latin le nom de la divinité infernale Dis, dérivé de
diues, «riche», comme l’a été, en grec, le théonyme Ploy¥t-wn à partir
de ploỹtov, «riche» : diues, di(ui)tis –> Dis, Ditis. Le procédé de la
traduction est également exceptionnel. Il ne concerne que les noms
propres motivés, qui ont conservé un lien avec le lexique, par leur
origine nominale ou adjectivale : cognomina pour les anthropo-
nymes, lieux-dits pour les toponymes, titulature impériale : P. Clo-
dius Pulcher (cognomen héréditaire) > Klw¥diov ... oΩ Poỹlxer (trans-
cription), Klw¥dion toùn Kalo¥n (traduction) 27 ; Cn. Pompeius Magnus
(cognomen personnel) > (Gn.) Pomph¥iov Ma¥gnov (transcription), Me¥-
gav (traduction) 28 ; Augustus (titre impérial) > Ay¶goystov / Sebasto¥v
(passim) 29.
Le transfert d’un nom propre d’une langue à l’autre obéit donc à
des règles de transcodage précises, mais ces règles connaissent des
variantes, dont le signifié est à chercher, en diachronie, dans l’évolu-
tion de la langue ou, synchroniquement, d’un point de vue socio-
linguistique, dans les différences de niveau de langue parlée ou de
genre littéraire. Ces règles connaissent aussi des écarts, qui peuvent
être dus à des graphies phonétiques ou fautives, ainsi de Iosimus
pour Zosimus, caractéristique de l’anthroponymie épigraphique du
latin impérial, ou, plus déformé encore, Zonesa pour Dionysia 30.
26
Kircher-Durand 1979, p. 157-166.
27
Appien, Sic. fr. 7, et G.C. 2,14,52. Cf. Famerie 1998, p. 150-151.
28
Famerie 1998, p. 151, n. 393.
29
Sur la «traductibilité» des noms propres, cf. Biville 2003.
30
Biville 1990, p. 132 et 277-278.
31
Biville 1998a, p. 145-160, et Biville 2000, p. 91-107.
.
MANIFESTATIONS DU BILINGUISME GRÉCO-LATIN DANS L’ONOMASTIQUE 417
32
Biville 1990, p. 83. Gély 1993.
.
418 FRÉDÉRIQUE BIVILLE
33
Mart. 1,50,2 : Si tibi ‘Mistyllos’ cocus, Aemiliane, uocatur,/ dicatur quare
non ‘Taratalla’ mihi?, «si tu appelles ton cuisinier ‘Mistyllos’, Aemilianus, pour-
quoi n’appellerais-je pas le mien ‘Taratalla’?».
34
N.T., Ga. 2,3 et Ac. 24,24. Cf. Leclercq 1997, p. 295 et 298.
35
Leumann 1977, p. 459-460; Biville 2002a, p. 373-374; Adams 2003, p. 486-
491.
.
MANIFESTATIONS DU BILINGUISME GRÉCO-LATIN DANS L’ONOMASTIQUE 419
-oy¥ntioi > -untii, formés sur les noms de cités en -oỹv, -oỹntov : ainsi
de la série Opus / Opuntii, Sipus / Sipuntii dont s’autorise Cicéron
(Att. 6,2,3) pour évoquer les Phliuntii, habitants de Phlius, sans
prendre garde au fait que, dans ce cas précis, la règle de dérivation
ne s’applique pas, et qu’on dit en grec Phliasii (Flia¥sioi) et non
*Fli-oy¥ntioi. Le grec a aussi fait entrer dans l’onomastique latine
des processus néologiques que n’exploitait pas – ou très peu – le la-
tin, comme la composition, qui est à l’origine de la riche série des
noms de villes en -polis (type Neapolis), ou la dérivation hypocoris-
tique par troncation : Menedorus / Menas, Aphrodite / Aphro 36.
36
Biville 1989a, p. 15-22.
37
Purnelle 1995, p. 453-455.
38
N.T., Ac. 28,15 (Leclercq 1997, p. 298).
39
Purnelle 1995, p. 125 n. 79 et p. 186 n. 16.
40
N.T., Ac. 15,22. 16,25 (Leclercq 1997, p. 298).
41
Cf. en dernier lieu Adams 2003, p. 479 s.
.
420 FRÉDÉRIQUE BIVILLE
42
Cf. Leiwo 1995 et Adams 2002a.
43
Biville 1995, p. 293.
44
Biville 1990, p. 191. Cf. aussi, pour la spirantisation que suggère la mise en
relation : Chloris eram, quae Flora uocor (Ov., F. 5,194), Biville 1998a, p. 146-147.
.
MANIFESTATIONS DU BILINGUISME GRÉCO-LATIN DANS L’ONOMASTIQUE 421
Frédérique BIVILLE
ABRÉVIATIONS BIBLIOGRAPHIQUES
.
422 FRÉDÉRIQUE BIVILLE
.
MANIFESTATIONS DU BILINGUISME GRÉCO-LATIN DANS L’ONOMASTIQUE 423
.
.
MARIA LETIZIA LAZZARINI
1
Una sintesi critica degli aspetti etnico-culturali e linguistico-epigrafici di
questa popolazione è contenuta nel saggio Lingua e cultura dei Brettii, in P. Poc-
cetti (a cura di), Per un’identità culturale dei Brettii, Napoli, 1988, p. 1-158. Altri
contributi verranno citati successivamente.
2
M. L. Lazzarini – P. Poccetti, L’iscrizione paleoitalica di Tortora, in Il mon-
do enotrio tra VI e V sec. a.C., II, Napoli, 2001 (= Quaderni di Ostraka I, 2), p. 10-
212.
3
A. de Franciscis – O. Parlangeli, Gli Italici del Bruzio nei documenti epigrafi-
ci, Napoli 1960, p. 27 e 43-48, n. 10; H. Rix, Sabellische Texte, Heidelberg, 2002,
p. 71 (Ps 1).
4
de Franciscis – Parlangeli, Italici del Bruzio, p. 29 e 53-57, n. 15; Rix, Sabel-
lische Texte, p. 71 (Ps 2).
5
IG XIV 2402, 3 a e 3 b; P. Orsi, in Not. Scavi, 1921, p. 484 (SEG I 420). Cfr.
F. Costabile, Istituzioni e forme costituzionali nelle città del Bruzio in età romana,
Napoli, 1984, p. 94.
6
S. Ferri, in Not. Scavi, 1927, p. 344-345, fig. 7 (SEG IV 76).
.
426 MARIA LETIZIA LAZZARINI
7
L’editio princeps si deve a G. Pugliese Carratelli, in E. Greco e P. G. Guzzo
(a cura di), Laos II. La tomba a camera di Marcellina, Taranto, 1992, p. 17-19. Per
alcune revisioni al testo cfr. P. Poccetti, Rilettura e riflessioni dopo un dibattito, in
Atti della giornata di discussione su «La tabella di Laos» (Napoli, 24 febbraio
1993), in AION (Ling.) 15, 1993, p. 151-190.
8
P. Poccetti, Due tabellae defixionis osco-greche, in Epigraphai, Miscellanea
epigrafica in onore di Lidio Gasperini, II, Tivoli, 2000, p. 745-771.
9
Cfr. A. C. Cassio, in Atti della giornata di discussione su «La tabella di
Laos» cit. a nota 7, p. 115.
10
Laos A, linn. 4 e 6.
11
Mus. NA B, linn. 1-4.
12
Il testo è stato da me presentato ed illustrato nel corso di una giornata di
studi dedicata a «Metallo e scrittura. Sinergia di due poteri», svoltasi a Roma il 9
maggio 2002, i cui atti sono ora editi nella rivista Mediterraneo antico, 7, 2004,
p. 593-770 (cf. p. 673-680).
.
INTERAZIONI ONOMASTICHE NEL BRUZIO IONICO 427
.
428 MARIA LETIZIA LAZZARINI
righe della quarta colonna sono in lingua greca e presentano una co-
mune formula deprecatoria :
de¥keo, hermã xuw¥nie (sic!), taỹta kai ka¥ueke ayßteı̃
“accogli, o Hermes sotterraneo, tutto ciò e tienilo qui sotto”
In tale formula, accanto a qualche incertezza grafica (xuw ¥ nie per
xuo¥nie), si notano alcune forme proprie del dialetto dorico, quali de¥-
keo per de¥xoy, il vocativo hermã, ayßteı̃ per ayßtoỹ.
La parte rimanente del testo è in osco, come si deduce dall’ono-
mastica e dalla frase che precede immediatamente quella greca, di
cui potrebbe essere un parziale calco : vi si distinguono infatti le pa-
role sollom, che sembra corrispondere al latino omnium (cfr. sul-
lum e sullus in una defixio di Cuma13) e hsoy, una forma ablativa del
dimostrativo che potrebbe equivalere al greco ayßteı̃ (= qui)14.
Poiché, come ho detto, molti punti del testo rimangono oscuri e
necessitano di ulteriore approfondimento, mi limito in questa sede,
dato anche il tema di questo incontro, a presentare alcuni nomi che
qui ricorrono, nella speranza che altri studiosi con maggiore compe-
tenza della mia in questo campo, possano apportare miglioramenti,
chiarimenti e approfondimenti alla mia lettura.
Quasi tutti i nomi sono bimembri. Alcuni si presentano al caso
nominativo, altri al genitivo. Ciò è peraltro abbastanza anomalo in
una defixio, dove i nomi sono o al nominativo oppure in accusativo.
Ciò che caratterizza la nostra defixio è inoltre una diversità di tratta-
mento nella declinazione dei nomi, alcuni flessi secondo il sistema
osco, altri secondo quello greco (con le desinenze del dialetto dorico)
e ciò è un evidente segno di forte interazione reciproca fra i due ethne.
Il testo si è conservato quasi integro, con qualche piccola lacu-
na al suo interno. Nella prima colonna alla lin. 1 si può riconoscere
la parola Statio, riconducibile al gentilizio osco Statiev, attestato
altrove nelle forme Staatiis/Statiis/Staties15 e più volte ricorrente in
questo testo. Nella lin. 2 mi sembra invece assolutamente certa la
presenza del prenome osco PakPiv, attestato in un’iscrizione lu-
cana dal genitivo PakPhiv16 e rapportabile al latino *Paquius/
13
E. Vetter, Handbuch der italischen Dialekte, I, Heidelberg 1953, 5 C11 (sul-
lus) e 12 (sullum); cfr. J. Untermann, Wörterbuch des Oskisch-Umbrischen, Hei-
delberg, 2000 (= Handbuch der italischen Dialekte, III), p. 714.
14
Vedi, ad es., il termine esuf (= qui) che ricorre in Tab. Iguv. II A, lin. 40 :
cfr. Untermann, Wörterbuch, p. 236.
15
M. Lejeune, L’anthroponymie osque, Paris 1976, p. 111.
16
Lejeune, Anthroponymie, p. 92; H. Rix, Sabellische Texte, p. 130 (Lu 40). La
forma PakPih<i>v è stata riconosciuta in un’iscrizione su mattone dall’area di Ci-
rò da P. Poccetti, Nuovi documenti italici, Pisa 1979, 187. Resta tuttavia possibile
per questo nome anche la lettura Paktihv, preferita sia da de Franciscis – Parlan-
geli (Italici del Bruzio, p. 23-24 e 36-43, n. 2) che da Rix (Sabellische Texte, p. 128,
.
INTERAZIONI ONOMASTICHE NEL BRUZIO IONICO 429
Lu 23), in quanto la quarta lettera del nome stesso è costituita da un tau e un di-
gamma sovrapposti.
17
O. Salomies, Die römischen Vornamen. Studien zur römischen Namenge-
bung, Helsinki, 1987, p. 83.
18
Vetter, Handbuch, 116; Lejeune, Anthroponymie, p. 92, nr. 32. Da notare
che il personaggio ha come patronimico Marai.
19
M. Lejeune, Anthroponymie, p. 89; cfr P. Poccetti, Nochmals zum oskis-
chen Namen Maras, in Beitr. Zur Namenforsch., 20, 1985, p. 238.
20
Lejeune, Anthroponymie, p. 87; H. Rix, Sabellische Texte, p. 139.
21
Per il prenome in questione cfr. Poccetti, Due tabellae defixionis, p. 758.
22
Cfr. la parallela forma latina di prenome Naus, individuata da H. Solin in
una defixio di Altino (H. Solin, Analecta epigraphica XVII, in Arctos 8, 1974,
p. 154; Salomies, Die römischen Vornamen, p. 29).
23
Lejeune, Anthroponymie, p. 94.
24
P. M. Fraser – E. Matthews, A Lexicon of Greek Personal Names, III A, Ox-
ford, 1997, s.vv. Emay¥ta e Emayto¥v.
25
Cfr. Lejeune, Anthroponymie, p. 84, nr. 100 e Salomies, Die römischen Vor-
namen, p. 79.
.
430 MARIA LETIZIA LAZZARINI
.
INTERAZIONI ONOMASTICHE NEL BRUZIO IONICO 431
APPENDICE
36
Lejeune, Anthroponymie, p. 91.
37
CIL IX 3171; cfr. Schulze, Eigennamen, p. 27 nota 4.
38
Dessau, ILS, 6471 (I sec. d.C.); CIL I2 3164 (II sec. d.C).
.
JÜRGEN UNTERMANN
.
434 JÜRGEN UNTERMANN
mi, dei monti, con i quali vennero in contatto durante le loro spedi-
zioni pacifiche o militari, e di cui la forma fonetica e morfologica
poteva essere ben diversa da quella del latino.
Per rendere visibile il problema metodologico che si trova al
centro del mio contributo, mi sembra opportuno cominciare con un
breve commento su Carthago e Sagunto che, benché fossero due to-
ponimi esterni all’Italia, erano generalmente conosciuti e ricorrenti
fra i Romani dell’epoca in questione.
Nei testi latini, l’unica incertezza nell’ortografia di Carthago si
riferisce all’uso della h dopo la t, che viene omessa in alcuni testi de-
gli ultimi secoli a.C. Tutto il resto della parola rimane fisso e stan-
dardizzato fino alla fine dell’antichità. D’altra parte, nella lingua gre-
ca, con la stessa regolarità, si usa la forma Karxhdw ¥ n, coincidente
con quella latina soltanto per le prime tre lettere e per la classe fles-
sionale. Le parti intermedie sono totalmente incomparabili l’una
con l’altra e non si conoscono regole fonetiche che possano trasfor-
mare il greco -xhd- nel latino -thag- o viceversa. Ma è ancor peggio
per noi quando vediamo che la forma originale è attestata e che am-
bedue le forme, la latina e la greca, si sono allontanate da quella car-
taginese più o meno in uguale misura e che è Qarthadašt o Qarth
adašat, analizzabile in componenti ben conosciuti˙ : qart “città”, ˙
hadaš “nuovo” e la t come morfema del genere femminile. Non vo-
˙
glio soffermarmi qui sui dettagli dei possibili processi di trasforma-
zione. Ciò che m’importa qui ricordare è il fatto che, partendo dalle
versioni greche e latine, non potremo mai arrivare al nome indigeno
con il quale gli abitanti punici avevano denominato la loro città.
Allo stesso modo, anche nel secondo caso, quello di Sagunto, so-
no incompatibili le tradizioni onomastiche trasmesse nella letteratu-
ra delle due lingue classiche. Tutte le fonti latine mostrano la forma
ben conosciuta Saguntum, con l’aggettivo Saguntinus, che appare,
in forma di genitivo plurale Saguntinu(m), anche sulle monete bilin-
gui coniate durante gli ultimi 150 anni prima della nascita di Cristo
che, inoltre, mostrano anche la parola arse che, apparentemente, è
un secondo nome della città scritto in lettere iberiche. Tra gli autori
greci soltanto due, Strabone e Tolomeo, usano la denominazione ro-
mana, Sa¥goynton. Tutti gli altri, fra questi i più antichi come Polibio
e Diodoro Siculo, conoscono la stessa città esclusivamente per il no-
me Za¥kanua e chiamano i loro abitanti Zakanuaı̃oi. Dobbiamo a Tito
Livio una spiegazione parziale, ma tuttora abbastanza oscura di
questa pluralità di nomi. Dando la notizia che i Cartaginesi si erano
messi ad assediare la città, Livio ricorda il mito della fondazione,
per cui i Saguntini dimostravano il loro legame con il mondo greco-
romano : oriundi a Zacyntho insula dicuntur mixtique etiam ab Ar-
dea Rutulorum quidam generis. Il loro nome Za¥kanua giustifica la
pretesa origine greca e il nome arse, trasmesso tramite le lettere ibe-
.
LA LATINIZZAZIONE DI TOPONIMI INDIGENI NELL’ITALIA ANTICA 435
riche sulle monete, deve obbligare i Romani a venire in aiuto dei di-
scendenti di Ardea, città nel Lazio loro vicina. Beninteso, si tratta di
uno degli innumerevoli miti con cui coloro che abitavano quella par-
te occidentale del mondo antico cercavano di liberarsi del carattere
barbaro che connotava tutti coloro che non parlavano né greco né
latino. È proprio per questa ragione che c’è una tradizione che ricor-
da Ulisse come eroe-fondatore di Lisbona in Portogallo (l’antica Oli-
sippo), Ercole per la città Alesia nella Gallia Centrale, Antenore per i
Patavini nel Veneto e così via.
Ritorniamo a Sagunto. Il mito della sua origine, benché tra-
smesso da un autore romano, non rispetta la forma latina del topo-
nimo, ma soltanto quelle greche ed iberiche e ciò favorisce l’ipotesi
che Zaka¥nua sia più vicino alla forma originale che Saguntum, ma,
d’altra parte, né zeta né theta trovano una corrispondenza nel siste-
ma fonologico iberico e si devono, chiaramente, alla etimologia mi-
ticizzante, cioè al nome greco dell’isola Za¥kynuov. D’altra parte, que-
sto nome non spiega né la vocale della seconda sillaba né la classe
flessionale di Za¥kanua e, forse, non è troppo arrischiato concludere
che il toponimo iberico originale contenesse le consonanti s, k o g, n
e t, la vocale a nella seconda e terza sillaba e che le forme classiche
fossero state influenzate rispettivamente dal nome dell’isola Za¥ky-
nuov e dal tipo di toponimi latinizzati Sipontum, Metapontum, Hy-
druntum, ricorrenti nell’Italia meridionale.
In ambedue i casi, ugualmente come in quello di Carthago-
Karxhdw¥n, risultano parole perfettamente maneggevoli nei rispettivi
sistemi flessionali greci e latini e, con questa osservazione, siamo già
arrivati al punto di partenza del nostro tema centrale : la latinizza-
zione dei toponimi nell’ambito della Italia antica.
Anche qui, il primo passo e procedimento, quasi obbligatorio,
nell’adattamento di nomi stranieri è la loro integrazione nella fles-
sione di una determinata lingua e, nel nostro caso specifico, del lati-
no. Talvolta i Romani integrano i toponimi senza modificarne la so-
stanza : scrivono Allifae e non *Allifas, come deve essere stata la for-
ma osca al nominativo plurale, declinano Neapolis, genitivo
Neapolis, Panormus, genitivo Panormi, in luogo di Nea¥poliv, Neapo¥-
lewv e Pa¥normov, Pano¥rmoy. A questo proposito, è da notare la va-
riazione strana, e poco comprensibile, con la quale i Romani hanno
trattato alcuni nomi greci in -nt-. In alcuni casi trasformano Ta¥rav,
Ta¥rantov in Tarentum, Tarenti, ¶Akragav, Akra¥gantov in Agrigen-
tum, Ydroỹv, Ydroỹntov in Hydruntum, mentre in altri mantengo-
no il tipo della flessione originaria come in quello di Selinus, Seli-
nuntis per Selinoỹv, Selinoỹntov. Ci si aspetterebbe, al massimo,
una latinizzazione in *Tarens, *Tarentis, *Acrigens, *Acrigentis (dove,
tra l’altro, la g in luogo di c può essere dovuta ad una etimologia po-
polare in cui si ricorda il sostantivo latino ager).
.
436 JÜRGEN UNTERMANN
1
W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, Berlin 1904, p. 564 sg.
.
LA LATINIZZAZIONE DI TOPONIMI INDIGENI NELL’ITALIA ANTICA 437
.
438 JÜRGEN UNTERMANN
2
G. Meiser, Lautgeschichte der umbrischen Sprache, Innsbruck 1986, p. 191 sg.
.
LA LATINIZZAZIONE DI TOPONIMI INDIGENI NELL’ITALIA ANTICA 439
.
440 JÜRGEN UNTERMANN
.
LA LATINIZZAZIONE DI TOPONIMI INDIGENI NELL’ITALIA ANTICA 441
Jürgen UNTERMANN
.
.
STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
.
444 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
5
Sur le site de Pyrgi, la synthèse la plus récente est Pyrgi, Il santuario etrusco
e l’Antiquarium, Rome, 1990; sur les inscriptions punique et étrusque, une étude
comparée des textes est faite par M. Cristofani, Sulla dedica di Pyrgi, dans Alle so-
glie della classicità : il Mediterraneo tra tradizione e innovazione. Studi in onore di
Sabatino Moscati, III, 1996, p. 1117-1126.
6
Les études sur cette plaquette ont conduit à deux traditions, selon que les
travaux ont été effectués par des spécialistes du monde punique ou du monde
étrusque. Les explications des étruscologues nous semblent préférables, quant à
la destination de l’objet. Cf. notamment G. Messineo, Tesserae hospitales?, dans
Xenia, 5, 1983, p. 3-4.
7
Dans ce cas encore les interprétations sont difficiles : il est impossible de
déterminer avec certitude où les sarcophages ont été sculptés et ce que signifie la
présence d’un sarcophage de type punique dans une tombe étrusque.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 445
8
Il suffit pour s’en convaincre de mesurer le déplacement des cippes les
plus tardifs, cf. H. Benichou-Safar, Les stèles dites «de Sainte-Marie» à Carthage,
dans Studia Phoenicia, 10, 1989, p. 353-364.
9
D’après S. Lancel, Carthage, Paris, 1992, p. 264-267.
10
J. B. Peckham, The Development of the late Phoenician Scripts, 1968, Cam-
bridge, p. 178-187.
11
M. G. Amadasi Guzzo, Le Iscrizioni fenicie e puniche delle colonie in Oc-
cidente, Rome, 1967 (Studi Semitici 28) et Iscrizioni fenicie e puniche in Italia,
Rome, 1990.
12
M. G. Amadasi Guzzo, G. Levi della Vida, Iscrizioni puniche della Tripolita-
nia (1927-1967), Roma, 1987.
13
Pour Cirta, A. Berthier, A. Charlier, Le sanctuaire punique d’El-Hofra à
Constantine, Paris, 1955; pour Mididi, M. Ghaki, Textes libyques et puniques de la
haute vallée de l’oued el Htab, dans Reppal, 1, p. 168-178, A. Ferjaoui, Dédicaces
néo-puniques d’édifices funéraires, dans Reppal, 9, p. 63-72, J.-G. Février, Une cor-
poration de l’encens à Althiburos, dans Semitica, 4, 1951-52, p. 19-24, et M. Szny-
cer, Les inscriptions néopuniques de Mididi, dans Semitica, 36, 1986, p. 5-24.
.
446 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
(à suivre)
14
J. K. Stark, Personal Names in Palmyrene Inscriptions, Oxford, 1971, ap-
pendices 3 et 4 p. 131-141. Les inscriptions de Palmyre sont en araméen, mais
comme l’écriture est également consonantique, les problématiques de restitution
sont semblables.
15
F. Benz, Personal Names in the Phoenician and Punic Inscriptions, Rome,
1972.
16
K. Jongeling, Names in Neo-Punic Inscriptions, Groningue, 1985, p. 98-
108.
17
Selon M. G. Amadasi Guzzo (Aleph mater lectionis en punique, dans Actes
du IIIe Congrès international des études phéniciennes et puniques, Tunis, 11-16 nov.
1991, Tunis, 1995, p. 71-76), le aleph en position finale comme à l’intérieur du mot
est un indicateur de voyelle, déjà dans l’écriture phénicienne. Dans le système voca-
lique lié à l’onomastique latine, donc en néopunique, la lettre aurait essentiellement
gardé les valeurs de /e/, /u/ et /o/, sans que l’on puisse éliminer pour autant le son /a/.
18
Dans son article Survival of Punic (dans Studia Phoenicia, X, Punic Wars,
Louvain, 1989, p. 365-373), K. Jongeling précise que le hé indique simplement la
présence d’une voyelle à l’intérieur du mot, ou en position extérieure.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 447
19
M. G. Amadasi Guzzo, op.cit n. 17, p. 72; F. Benz, op. cit. n. 15, p. 240-
242. La lettre aleph sert également à indiquer plusieurs terminaisons liées à la
grammaire (le -e du participe présent des verbes à 3e du radical faible; le -o de la
3e pers. fém. de l’accompli, le -u de la 3e pers. pl.).
20
Sur la diversité des parlers phéniciens et puniques, cf. G. Garbini, I dialetti
del fenicio, dans Il semitico nordoccidentale. Studi di storia linguistica, Rome,
1988, p. 51-68.
21
Liv. 22.13.6 : Hannibal décide de prendre la cité de Casinum, et ordonne à
.
448 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
son guide de l’y conduire. Mais le guide comprend Casilinum au lieu de Casinum,
ce qui permet à Tite-Live de pointer la mauvaise prononciation latine du général
carthaginois. (Sed Punicum abhorrens ab Latinorum nominum pronuntiatione os,
Casilinum pro Casino dux ut acciperet fecit, que l’on peut traduire par : «Mais la
prononciation punique, incompatible avec celle des noms latins, fit que le guide
comprit Casilinum à la place de Casinum.»). Il est toutefois possible que tout ce
récit ait été inventé à seule fin d’introduire les conséquences de cette erreur, c’est-
à-dire la colère d’Hannibal et les destructions qu’elle engendra.
22
La version la plus ancienne du monologue d’Hannon, dans le Poenulus de
Plaute, transcrit indifféremment le kaph et le qoph par c (M. G. Amadasi Guzzo,
Sur la prononciation spirante de K en phénicien, dans Punica, Libyca, Ptolemaica,
Festschrift für Werner Huß, Louvain, 2001 (OLA 104), p. 13-20, plus spécialement
p. 19-20). Pour le punique tardif, M. G. Amadasi Guzzo remarque que : «En ce
qui concerne les occlusives sourdes k et t, ainsi que les emphatiques q et t, les
transcriptions sont également ambiguës.» (M. G. Amadasi Guzzo, Quelques˙ spé-
cificités phonologiques du punique tardif et la question de leur chronologie, dans
S. Lancel (éd.), Numismatique, langues, écritures et arts du livre, spécificité des
arts figurés. Actes du VIIe Colloque international sur l’histoire et l’archéologie de
l’Afrique du Nord, (Nice, 21-31 oct. 1996), Paris, 1999, p. 183-191.
23
A. Ferjaoui, Recherches sur les relations entre l’Orient phénicien et Carthage,
Fribourg, 1993, p. 324-325.
24
Listes de l’index du CIL VIII et de la revue Karthago (Karthago, 11, 1961-
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 449
1) MTLY
a) CIS 1273
Inscription du tophet avec la formule de dédicace habituelle. La
fin de l’inscription manque.
Datation : IIIe siècle?
LRBT LTNT PN B‘L WL
’DN LB‘L HMN ’Š NDR
˙
.
450 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
b) CIS 3934
Inscription trouvée près de Dermech, «dans des fosses remplies
d’objets venant des temples» dit le CIS. La formule de dédicace in-
cite à la replacer dans le cadre du tophet. Sous l’inscription, dont le
début manque, ont été représentés deux caducées de part et d’autre
du signe de la main ouverte.
Datation : IIIe siècle?
c) CIS 5251
Inscription du tophet. Le texte est écrit très haut sur la pierre,
mais aucun motif n’est représenté dessous. La partie gauche
manque.
Datation : IVe-IIIe siècles.
...]’ŠMN BN
BDS ?]D BN MTLY
˙
Traduction : ... ]eshmun, fils de []d, fils de MTLY.
26
G. Halff, L’onomastique punique de Carthage, dans Karthago, 12, 1963-64,
p. 61-146.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 451
2) MTL’
a) CIS 3141
Inscription du tophet. Le texte est inscrit sur un cippe surmonté
du signe de la main. Sous le texte, deux signes de Tanit aux mains
levées encadrent un caducée. Sur la photographie du CIS, on dis-
tingue un autre dessin, entre le caducée et le signe de Tanit de
droite, mais il est difficilement interprétable. On pourrait éventuel-
lement y voir une équerre et un outil de construction, sans certitude.
Datation : IIIe-IIe siècles.
LRBT LTNT PN B‘L
WL’DN LB‘L HMN
˙ MT
’Š NDR ŠSP BN
˙
L’ BN ‘ZRB‘L
Traduction : À la dame Tanit face de Baal et au seigneur Baal Ha-
mon, ce qu’a voué ŠSP fils de MTL’ fils d’Azorbaal.
˙
b) CIS 4878
Cippe cassé en provenance du tophet ne comportant aucune
iconographie.
Datation : IVe-IIIe siècles?
[LRBT LTNT PN
B‘L WL’DN LB]
‘L HMN [’Š ND]
˙
R B‘LH N’ B[N]
˙ BH
MTL’ HT
˙ ˙
Traduction : [À la dame Tanit face de Baal et au seigneur Baal]
Hamon, ce qu’a voué Baalhanno, fils de MTL’ le boucher.
Le CIS donne comme transcription Metellus ou Metelus, A. Fer-
jaoui ignore ce nom, G. Halff l’interprète comme un hypocoristique
formé à partir de MT, et F. Benz propose soit Metellus, soit l’abrévia-
tion de MTN’LM, don de Dieu.
Selon nous, le nom présent dans ces deux inscriptions doit pou-
voir être développé en Metel(l)us, Metilus, Mutilus 27.
27
Dans les inscriptions néopuniques d’El-Hofra, on trouve le nom propre
MTLL, développé par A. Berthier et R. Charlier en Metellus (El Hofra, no 269,
néopunique). Le personnage ainsi nommé est l’arrière-grand-père du dédicant, ce
qui paraît étrange aux auteurs, étant donné que les noms de ses descendants sont
punique et berbères; ce cas se produit néanmoins dans nos inscriptions de Car-
thage. Un nom latin précédant des noms berbères dans une généalogie ne peut
paraître étrange que lorsqu’on se situe dans la perspective d’une romanisation,
perspective qui est celle de A. Berthier et R. Charlier. Cependant il est tout à fait
possible de penser au contraire à l’intégration d’un élément étranger, en l’oc-
.
452 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
3) KSY
a) CIS 2022
Stèle du tophet ornée d’une série d’oves au-dessus de l’inscrip-
tion. La pierre étant perdue, le CIS ne fournit qu’un dessin de l’ins-
cription, dont la lecture ne peut par conséquent être corrigée.
Datation :?
[L]RBT LTNT PN
B‘L WL’DN LB‘
L HMN ’Š NDR
˙ RY BN HMLK
[M]S
BN ˙ŠRDNY BN
˙ KS
Y
b) CIS 3983
Inscription du tophet. Sur un cippe à fronton, l’inscription est
placée au-dessus d’un croissant posé sur un cercle.
Datation : IIIe siècle?
LRBT LTNT PN B
‘L WL’DN LB‘
L HMN ’Š ND
˙ BN K
R ’RŠ
SY BN PDY
currence latin, dans un milieu punique ou berbère. Les deux auteurs proposent
de lire non pas BN MTLL, mais BT MTLL, «la maison de Metellus»; la mauvaise
qualité de la photographie présentée en annexe (planche XXII) ne permet pas de
juger de la pertinence de cette correction. Le redoublement de la dernière lettre,
pour rendre un redoublement latin, paraît étrange. Par ailleurs, il n’existe dans
les inscriptions du site aucun autre nom latin se terminant par -us permettant de
déterminer si le développement de la finale est correct ou non.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 453
Les deux noms sont développés sous une forme latine dans le
CIS. Pourtant PDY se retrouve 33 fois dans l’épigraphie punique; ce
nom dériverait d’une racine sémitique signifiant «délivrer». L’ori-
gine de KSY pourrait également être sémitique; il s’agirait alors soit
d’un ethnique, soit d’un dérivé du verbe KSY, couvrir, soit d’un nom
berbère comme KS (RIL 501-659). Ces incertitudes nous poussent à
conserver l’idée qu’il s’agit d’un nom italien. Il paraît vraisemblable
que ce nom dérive de Cesius, Cosius, Caesus, Casius ...
CIS 5984
Inscription funéraire.
Datation : IIIe-IIe siècle?
QBR BDMLQRT BN ’STNY
S BN ’KYS BN PQY HNSK
traduction : Tombeau de Bodmilqart fils de ’STNYS fils de ’KYS
fils de PQY le fondeur.
28
CRAI, 1908 p. 50 = RES, 887.
.
454 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
-ius des noms latins. La proposition de Ph. Berger peut aisément être
étayée par des faits phonétiques connus : vers le IIIe siècle, les finales
latines en -m et -s ont tendance à s’amuir, laissant la place à un souffle
sourd /h/, qui lui-même disparaît à tel point que le -s final n’est plus
noté dans les inscriptions des IIIe et IIe siècles 29. C’est seulement suite
à une réaction sénatoriale au cours du IIe siècle av. J.-C. que les
consonnes finales furent imposées dans la graphie, à défaut de l’être
dans la prononciation 30. Cette disparition sonore pourrait expliquer
l’absence de samek comme marque des noms latins. Le grec, en re-
vanche, n’a jamais perdu la sifflante finale 31. Cependant, dans les do-
maines linguistiques italiens autres que le latin, nous n’avons pas d’in-
dication sur une possible disparition du -s final. Par conséquent, on
ne saurait affirmer qu’un nom en YS est d’origine grecque.
Pour ce qui est du premier nom, ’STNYS, le CIS propose Ista-
nius d’après une inscription de Béotie (IG 7.4151, dont l’origine est
donnée de façon erronée dans le CIS comme étant Lilybée). Selon
F. Benz, il s’agirait plutôt du nom ’STN avec une terminaison latine.
La finale nous semble être en -ius. La présence du aleph en début de
nom s’expliquerait par une difficulté des Puniques à prononcer deux
consonnes à l’initiale; on retrouve ce phénomène dans une inscrip-
tion de S. Nicolo Gerrei 32, une trilingue latin-grec-punique, qui
comporte le nom Cléon. Celui-ci est orthographié en punique
’KLYN. Il existe également à Maktar un ’ST‘BRY, transcrit en Stabe-
rius 33. C’est pourquoi nous proposons pour ce nom St(h)enius.
Le deuxième nom d’origine étrangère commence également par
un aleph, mais la situation n’est pas semblable au nom précédent,
puisque suit un son consonantique simple, indiqué par le kaph pu-
nique. En début de nom latin, le aleph est très rare; on ne le trouve
que dans les inscriptions de Palmyre pour désigner n’importe quelle
voyelle initiale. En revanche, dans les noms grecs, il renvoie souvent
au a (alors que pour les noms latins en inscriptions néo-puniques, le
a initial est rendu par un ayn). On aurait donc ici soit un nom grec
commençant par un a (Agkaiov pour F. Benz), soit un nom latin
comme Iccius, Occius, ou, plus vraisemblablement, Accius avec une
prononciation grecque.
29
P. Monteil, Éléments de phonétique et de morphologie du latin, Paris, 1974,
p. 60; J.-H. Michel, L’ordre sénatorial et la formation du latin classique, dans Lato-
mus, 55/2, 1996, p. 281-294, spécialement p. 281.
30
J.-H. Michel, ibid., p. 283-285.
31
M. Lejeune, Phonétique historique du mycénien et du grec ancien, Paris,
1972, p. 271, § 306.
32
M. G. Amadasi Guzzo, Iscrizioni fenicie e puniche in Italia, Rome, 1990,
n. 15.
33
Dans l’index de K. Jongeling, Names in Neo-Punic Inscriptions, Groningue,
1985, sous la référence Maktar 48.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 455
CIS 6005-6006
Inscription funéraire écrite au charbon sur deux vases d’une
même tombe.
Datation : IVe siècle
QBR BD‘STRT W’RY
La lecture pose problème : soit l’on admet que le dernier groupe
de lettres forme un seul nom, soit le wav doit être compris comme
une conjonction de coordination. Dans le premier cas, l’individu
porterait deux noms, ce qui n’existe pas par ailleurs dans les inscrip-
tions du tophet et les funéraires de Carthage; dans le second, deux
hommes auraient été mis dans le tombeau 34, ce qui constituerait là
encore un phénomène isolé.
Traductions : Tombeau de Bodashtart W’RY ou Tombeau de Bo-
dashtart et Ary.
Si l’on garde l’option d’un surnom (ce qui apparaît dans les tex-
tes grecs à propos de notables carthaginois 35), la seconde lettre, un
aleph en milieu de mot, doit être développée non en /a/, comme le
proposent le CIS, F. Benz et A. Ferjaoui, mais en /e/, /i/, /o/ ou /u/.
Nous adopterons donc les transcriptions Ver(r)ius et Vir(r)ius.
34
Cette hypothèse est celle de Ph. Berger, RES, 517, avec une lecture ARH.
35
On connaît par la littérature plusieurs cas de surnoms. Le plus célèbre est
celui des Barcides, mais on rencontre également chez Polybe un Hannibal le
Rhodien (Plb. 1.46.4), et selon Appien les chefs politiques de Carthage dans son
dernier demi-siècle d’existence se nommaient Hannon le Grand, Hannibal l’É-
tourneau ou Hamilcar le Samnite (Ap. Pun. 68.305). Ces surnoms se rapportent
soit à des qualités, soit à des ethniques dont on serait bien en peine de dire s’ils
désignent une origine réelle ou s’ils font référence à des victoires militaires ou à
des ennemis vaincus, d’après les hypothèses de W. Huß, qu’aucune preuve épi-
graphique ne vient étayer (Die toponymen und ethnonymen Beinamen von Kartha-
gern, dans Alle soglie della classicità. Il Mediterraneo tra tradizione e innovazione,
Studi in onore di Sabatino Moscati, Pise-Rome, 1996, p. 231-235).
.
456 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
Éléments de confrontation
Les noms obtenus par le développement des inscriptions de Car-
thage ont des équivalents en latin, mais dans la très grande majorité
des cas avec des gentilices d’époque impériale. En revanche, pour l’é-
poque contemporaine de nos inscriptions puniques (IVe-IIe s. av. J.-
C.), ils possèdent principalement des correspondants dans les for-
mules onomastiques dont témoignent les inscriptions non latines : en
étrusque, dans les langues italiques (osque, pélignien, etc...) et cel-
tique 38.
36
M. G. Amadasi Guzzo, Iscrizioni fenicie e puniche in Italia, Rome, 1990,
p. 82.
37
M. G. Amadasi Guzzo, Iscrizioni puniche della Tripolitania, n. 22; en re-
vanche, une inscription de Mididi offre l’orthographe YWLY‘ pour Iulia (M. Szny-
cer, Les inscriptions néopuniques de Mididi, dans Semitica, 36, 1986, n. 4).
38
Les inscriptions latines sont citées d’après le CIL ou l’Année épigraphique.
Les inscriptions préromaines, outre les grands recueils comme le CIE ou le TLE et
le récent corpus réuni par H. Rix (H. Rix, Sabellische Texte. Die Texte des Oskischen,
Umbrischen und Südpikenischen, Heidelberg, 2002), sont prises dans différents ou-
vrages : REI (Rivista di Epigrafia Italica, dans les Studi Etruschi) ou encore E. Vet-
ter, Handbuch der italischen Dialekte, Heidelberg, 1953 (abréviation Ve.), V. Pisani,
Le lingue dell’Italia antica oltre il latino, Turin, 1964 (Pi.), R.S. Conway, The Italic
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 457
.
458 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
(à suivre)
477 lors du massacre des Fabii sur le Crémère, un autre Kaeso Fabius, frère du
consul de 310, et qui se propose de traverser la forêt ciminienne en éclaireur lors
de la guerre contre les Étrusques (Liv. 9.36), un Kaeso Quinctius, fils du dictateur
Cincinnatus (De uir. ill. 17. 1), un K. Duillius Longus parmi les décemvirs en 450-
449, etc... Une inscription du IIIe s. av. J.-C., provenant du Tibre, mentionne un
L. Albanius fils de Kaeso (CIL I, 2, 26).
40
En latin, le gentilice Caesius n’apparaît qu’à la fin de la République :
M. Caesius, préteur en 75, Titus Caesius (AE 1994, 375 a), Lucius Caesius affran-
chi de Lucius (AE 1994, 587), Sextus Caesius Propertianus, fils de Sextus (AE 1892,
3), ou encore le M. Caesius Blandus dont on connaît la maison à Pompéi, etc.,
même si on trouve Caesus encore à cette époque, comme prénom (AE 1994, 441
b), dans les régions où il était employé comme tel à l’époque préromaine. On pos-
sède notamment une inscription mentionnant la réparation d’un mur du sanc-
tuaire d’Angitia, chez les Marses (CIL IX, 3885), par deux quinq(uennales) dont
un Sex. Paccius Ka[es. f.]. On peut rapprocher ce prénom de celui du fameux Ca-
so Cantovios de l’inscription du lac Fucin (CIL I, 2, 5). Le nom se trouve égale-
ment, mais plus rarement, sous la forme Ceisius, comme dans une inscription de
Préneste (Co. 297) mentionnant une Ceisia Loucilia.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 459
.
460 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 461
41
La même racine sert peut-être à forger le gentilice Karinaś, connu par une
inscription de Bologne (ET Fe. 1.1) sur une stèle des VIe-Ve siècles.
42
P. Poccetti, Un Brettio a Cuma (nota a VE 112), dans PP, CCXIV, 1984,
p. 43-47.
43
Le regnum Cottii est mentionné dans les inscriptions CIL VI, 92 et V, 7231
(sur l’arc de Suse).
44
D.H. 3.29.7.
.
462 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
V . 437, 1
e
Préneste cippe II s.
e
C(aius) Matilius, latin
fils de C(aius)
Ve. 437, 2 Préneste cippe IIe s. C(aius) Matilius, latin
fils de M(arcus)
Ve. 437, 3 Préneste cippe Matilia Minor latin
45
Le gentilice Metilius (L. Metilius (CIL V, 6116), et C. Metilius Secundus
(CIL V, 5767) à Milan, P. Metilius Secundus à Bornago (NO) (CIL, V, 6503),
C. Metilius Marcellinus à Tortona (CIL V, 7375), P. Metilius Tertullinus à Albenga
(CIL V, 7782)) se retrouve dans le Nord-Ouest de l’Italie (Lombardie, Piémont, Li-
gurie), tandis que Metelius est beaucoup plus rare, cf. L. Metelius Quartius à Ver-
ceil (CIL V, 6663). Un fundus Metilianus est même mentionné dans la table de Ve-
leia (CIL XI, 1147). On le retrouve aussi très fréquemment en Afrique et à Rome.
46
CIL V, 443 (Metellus Laepocus) et CIL V, 5043 (de Trente, Tullia fille de Me-
tellus).
47
Dans le cas de l’inscription ET Ta 1.16, la lecture est assez difficile et la re-
production donnée dans le CIE (5427) ne donne à lire que me[tli]al[c]. La pré-
sence de ce gentilice dans une autre inscription de Tarquinia (ET Ta 1.167) per-
met de supposer une restitution d’autant plus tentante que ce sarcophage pro-
vient de la tombe des Partunu, dans laquelle a été découvert le fameux
“sarcophage du prêtre”, indice de relations (même si l’on ne comprend pas forcé-
ment bien dans quel sens) entre les Tarquiniens et les Carthaginois.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 463
.
464 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
seul cas sous la forme d’un cognomen (ST tSa 20). Le prénom se ren-
contre pour deux familles samnites importantes, les Staii et les Papii,
et notamment pour des magistrats samnites, portant le titre de med-
díss túvtíks.
ST tSa 20 Campochiaro, timbre sanctuaire IIe s. L. Sta(is) Mit(ilis), fils d’Ú. osque
Boiano
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 465
Pour cette forme donc, on peut hésiter entre une provenance la-
tine (Metilius, Matelius), étrusque (Meteli, Mutilate, Mutalu), celtique
(Metelos) ou osque (Mutillis, Mitilis). Dans tous les cas, la prove-
nance d’Italie est assurée.
51
À propos du Mutilate d’Eboli, G. Colonna (dans REE, SE, 64, 100; id.,
Etruschi sulla via delle Alpi occidentali, dans L. Mercando, M. Venturino Gambari
(dir.), Archeologia in Piemonte. Volume I : La Preistoria, Turin, 1998, p. 261-266) a
noté que ce nom, formé comme un ethnique, avec la terminaison en -ate, pouvait
être rapproché de plusieurs toponymes forgés sur une racine *mut- signifiant
«hauteur», comme Mutilum en Romagne (auj. Modigliana) (Liv. 31.2 : castrum
des Ombriens; 33.37 : ou des Boïens) ou Mutina (Modène), ou encore l’oppidum
histrien de Mutila (Liv. 41.11), voire d’autres gentilices étrusques, comme le Laru
Mutiku de la stèle de Busca (CN) (ET Li 1.1), pour laquelle on suppose une origine
celtique.
52
Dans les inscriptions postérieures, assez peu nombreuses, le gentilice ap-
paraît en Afrique à Aïn Ghechil (CIL VIII, 23.823) et en Italie à Aquilée (CIL V,
876 et AE 1926, 111), à Préneste (CIL XIV, 3171-3172) et Nomentum (CIL XIV,
3949).
53
Liv. 27.15.
.
466 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 467
mais également comme gentilice à une date assez haute. C’est le cas
par exemple à Formies, où une inscription du forum de la fin du IIe
siècle (AE 1966, 67), mentionne l’édile Lucius Paccius, fils de Caius.
Le prénom Pacius se maintient dans les zones où il était présent
sous la forme indigène (Campanie, Lucanie, pays des Marses et des
Péligniens...).
ST MV 3 Tocco da plaque dédicace d’une fon- fin IIe s. Pa. Petronis, marrucin
Casauria de pierre taine par le meddix fils de Pom.
54
M. Lejeune, Noms grecs et noms indigènes dans l’épigraphie hellénistique
d’Entella, dans ANSP, 12/3, 1982, p. 787-799.
55
G. De Petra, Di un antico ipogeo scoperto in Napoli, dans MontAnt, VIII,
1898, p. 216-231.
56
Str. 5.4.7.
.
468 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
Liv. 23.3.2-3.
57
59
On connaît ainsi Sextus Pacuuius Taurus, édile de la plèbe (Plin. HN
34.22), Quintus Pacuuius Saturus, flamine et augure perpétuel de la colonie de
Carthage (AE 1904, 118; AE 1906, 12; AE 1914, 167), Marcus Pacuuius Europus
(AE 1977, 780), Titus Pacuuius Sabinus (AE 1985, 731), etc., ou encore Pacuuius
Hister, captateur d’héritage chez Juvénal (12.111); Pacuuius Labeo Antistius, ju-
riste cité dans le Digeste)... Le nom demeure bien représenté en Italie méridio-
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 469
nale (à Pompéi, CIL X 883 et 930), à Vibo Valentia (CIL X, 61), à Paestum (CIL X,
497), etc.) et on le rencontre également en Afrique du Nord, en particulier à
Dougga, au IIIe siècle apr. J.-C. (9 inscriptions : CIL VIII, 1.532; 15.547; 26.482 et
bis; 26.530; 26.613; 26.614; 26.759; 27.106; 27.108), et surtout à Rome-même (22
occurrences).
60
Alfius, ap. P.-Fest., p. 150 L.
61
Plin. HN 34.32.
62
Liv. 23.8.1.
.
470 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
65
Dans les inscriptions romaines, le terme apparaît encore mais comme gen-
tilice, sous la forme Stenius, dès la fin du IIe siècle av. J.-C. à Délos (AE 1910, 10 :
N. Stenius fils de M.). Le nom demeure concentré en Italie centrale et méridio-
nale (3 occurrences à Casinum, CIL X, 5171; X, 5292; AE 1971, 95), 2 à Acerrae
(CIL X, 3759), 2 à Minturnes (CIL X, 6050), etc...). On trouve aussi la forme Sten-
nius à Telesia (AE 1975, 206 : Stennius Siluester).
66
Liv. 23.6.1-5.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 471
67
H. Rix, Zur Ursprung des römisch-mittelitalischen Gentilnamensystems,
dans ANRW, I, 2, 1972, p. 700-758.
68
P. Poccetti, Lingua e cultura dei Bretti, dans P. Poccetti (éd.), Per un’identi-
tà culturale dei Brettii, Naples, 1988, p. 9-158.
.
472 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
tion n’est pas homogène mais dépend notamment des hasards des
découvertes 69. Une des origines possibles pour ces Italiens présents à
Carthage est le monde étrusque (fig. 1), qu’il s’agisse des cités
étrusques de la «dodécapole» ou des zones étrusques de Cisalpine et
de Campanie. L’entente traditionnelle entre les cités étrusques mari-
times et Carthage peut largement expliquer cette mobilité des per-
sonnes. Une autre provenance possible est constituée par les zones
de peuplement celtique ou ligure (fig. 2), qui comptent parmi les
plus importants et les plus anciens bassins de recrutement de mer-
cenaires par les Puniques et dont les populations ont massivement
rallié le camp d’Hannibal lors de la deuxième guerre punique. La
majorité des inscriptions provient cependant de la zone de langue
osque (fig. 3); presque tous les noms mis en évidence ont en effet
des correspondants dans ce domaine linguistique. Les inscriptions
se trouvent en Campanie et parmi les populations d’origine campa-
nienne installées dans des cités grecques (Mamertins de Messine,
Campaniens d’Entella et de Naples), chez les Samnites, chez les
Frentans, en Lucanie et au Bruttium. Enfin, l’Italie centrale consti-
tue également une origine possible pour les Italiens de Carthage,
qu’il s’agisse du Latium (Préneste, Rome), de la zone falisque (fig. 4)
ou des populations de l’intérieur comme les Péligniens, les Marses
ou les Marrucins (fig. 5).
Toutes ces populations, à l’exception des Celtes et des Ligures,
entrent dans l’orbite de Rome à la fin du IVe-début du IIIe siècles av.
J.-C., en étant intégrées comme citoyens avec ou sans droit de vote,
ou en devenant des socii. L’autonomie politique consentie par le sta-
tut de socii permet cependant aux citoyens de ces cités fédérées de
se déplacer librement en Méditerranée, comme marchands, merce-
naires, artisans, etc...
69
La place prépondérante de Pérouse (avec 5 formes parallèles à Caesius, 3 à
Accius, 6 à Metellus) s’explique en partie par le fait que l’on connaît 1363 inscrip-
tions à Pérouse (d’après le recueil Rix 1991) sur un total de 8922 inscriptions
étrusques (soit 15,27%). Les hasards de la découverte n’expliquent cependant pas
tout puisque la cité ayant livré le plus d’inscriptions, Chiusi, avec 2855 inscrip-
tions étrusques (soit 32%) apparaît beaucoup moins dans notre corpus (2 inscrip-
tions parallèles à Accius).
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 473
.
474 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 475
.
476 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 477
.
478 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
à des Grecs d’assurer une partie des sacerdoces (D.S. 14.77.5). Des Grecs s’y
étaient également installés pour des raisons politiques, comme le grand-père des
envoyés d’Hannibal à Syracuse en 214, dont le fils avait épousé une Carthaginoise
(Liv. 24.6.2).
71
G. Tagliamonte, I figli di Marte. Mobilità, mercenari e mercenariato italici in
Magna Grecia e Sicilia, Rome, 1994.
72
J. de La Genière, Xenoi en Sicile dans la première moitié du Ve siècle (Diod.,
XI, 72, 3), dans REG, 114, 2001, p. 24-36. À Gela, où on a trouvé plus de 700 tombes,
allant du VIIe à la fin Ve siècle, 6 tombes se distinguent par une orientation dif-
férente (N./S., et non avec le crâne à l’Est comme dans la majorité des autres
tombes) et par un riche mobilier, présentant de la céramique attique, des amphores
de Nola, etc... Pour l’auteur, ces tombes appartenaient à des mercenaires campa-
niens, passés du service d’Aristodème de Cumes à celui des cités grecques de Sicile.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 479
Présence durable
Date Référence Provenance Présence en Afrique en Sicile
73
Selon G. T. Griffith, The Mercenaries of the Hellenistic World, Cambridge,
1935, p. 210, les Étrusques auraient été emmenés directement en Sicile.
74
Le traité de paix signé à la fin de la première guerre punique marque la fin
théorique du recrutement de mercenaires italiens par les Carthaginois, en vertu
d’un article qui interdit le recrutement carthaginois dans les régions contrôlées
par Rome (Plb. 3.27.4; Zonar. 8.17). Cette interdiction est levée en 240 par les Ro-
mains, au moment de la guerre des mercenaires (Ap. Pun. 5.19). De toute façon,
la perte de la Sicile puis de la Sardaigne par Carthage réduisit ses besoins mili-
taires. Aussi est-il difficile d’établir le statut exact des soldats de l’armée d’Hanni-
bal, qualifiés parfois d’auxiliaires, recrutés en vertu de traités, et parfois de mer-
cenaires, alors qu’il peut s’agir des mêmes individus; c’est notamment le cas pour
les Gaulois et les Espagnols.
.
480 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
75
Possibilité évoquée par L. Loreto, La grande insurrezione libica contro Car-
tagine del 241-237 a.C., Rome, 1995 (Coll.EFR 211), p. 56, pour la première guerre
punique. Le point de départ de cette hypothèse est constitué par deux passages de
Polybe (Plb. 1.32.7 et 1.33.6).
76
L. Loreto, ibid., p. 57-61, propose que lors de cet envoi de mercenaires à
Sicca le Sénat de Carthage ait également eu des visées militaires.
77
Plb. 1.66.1-8.
78
Sur la signification de l’aßposkeyaı¥, cf. M. Holleaux, Ceux qui sont dans le
bagage, dans Etudes d’épigraphie et d’histoire grecque, III, Lagides et Séleucides, Pa-
ris, 1942, p. 15-26, spécialement n. 22 sur cette phrase de Polybe.
79
M. Holleaux, ibid., p. 23. En effet, le mot aßposkeyaı¥ sous-entend l’idée
d’un transport; c’est d’ailleurs cette connotation que l’on trouve dans un texte de
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 481
Diodore rapportant que les Campaniens qui combattaient pour Denys en 405
avaient laissé à Agyrion leurs bagages, afin de se battre plus facilement
(D.S. 14.9.2); cela implique qu’ordinairement, ils conservaient leurs affaires (et
donc leur famille) avec eux durant leurs déplacements en Sicile, même si une
telle hypothèse va à l’encontre du topos sur le massacre par les Campaniens de la
population masculine d’Entella, ce massacre ayant eu pour but de prendre la
place des hommes tués en épousant leurs femmes (D.S. 14.9.8).
80
C’est l’opinion de G. T. Griffith, op. cit. n. 73, Cambridge, 1935, p. 218.
L’existence d’otages permettant aux États de s’assurer de la fidélité de leurs mer-
cenaires est attestée par un texte de Diodore de Sicile (14.61.5) se situant au mo-
ment des luttes entre Carthage et Denys Ier. Néanmoins, pour 241, la volonté des
mercenaires de laisser leurs bagages à Carthage en attendant leur paye à Sicca ne
paraît pas aller dans le sens de cette proposition.
81
A. Fariselli, I mercenari di Cartagine, dans SEAP, 16, 1997, p. 141-162, et no-
tamment p. 146.
82
Plb. 3.33.5.
83
Et pas seulement lorsque les Libyens enveniment l’affaire pour éviter une
vengeance des Carthaginois une fois les mercenaires rentrés chez eux, comme
l’indique A. Fariselli, ibid., p. 159 n. 61.
84
Plb. 1.66.3 : il s’agit de les renvoyer «eßk th̃v Karxhdo¥nov eıßv thùn oıßkeı¥an».
.
482 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
D.S. 14.61.5.
86
87
Liv. 21.45.
88
A. Fariselli (op. cit. n. 81) cite également comme exemple le fait que des
Campaniens restent dans la partie punique de la Sicile pour surveiller des terri-
toires (D.S. 14.8.5), mais cela n’implique en aucun cas une intégration dans la ci-
té. La trahison de ces mêmes Campaniens au profit d’Agrigente puis de Denys de
Syracuse le démontre clairement.
89
D.S. 20.69.3.
90
A. Merlin, Découverte d’une cuirasse italiote près de Ksour-Essaf (Tunisie),
dans MMAI, 17, 1909, p. 125-137, pl. 12 à 14; H. Ben Younès, Découverte de deux
nouveaux éléments dans le mobilier de la tombe à la cuirasse de Ksour-Essaf au Sa-
hel tunisien, dans Reppal, 10, 1997, p. 35-39.
91
G. Tagliamonte, op. cit. n. 71, p. 153-154.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 483
92
On notera cependant qu’en Numidie il existe un fleuve appelé Muthul par
les Anciens (Sall. Iug. 48.3), aujourd’hui la Seybouse. Nous ne connaissons pas la
transcription punique de ce nom; néanmoins, le son /th/ en grec est la plupart du
temps rendu par le tav punique; par conséquent, le nom de ce fleuve pourrait être
MTL. On ne peut donc pas exclure que MTLY soit utilisé pour désigner des Nu-
mides de cette région, le yod final étant un marqueur des ethniques d’origine
(F. Benz, op. cit. n. 15, p. 238-239).
93
La version de Paul Diacre porte Metalli au lieu de Metelli, et transforme les
lois militaires en affaires militaires. Fest. P. 132.13 L : Metelli dicuntur in lege mi-
litari quasi mercennarii. Accius Annali XXVII : «calones famulique metellique ca-
culaeque.» A quo genere hominum Caeciliae familiae cognomen putat ductum.
(Paul. Fest. p. 133.17 L : Metalli dicuntur in re militari quasi mercennarii. Accius
in Annalibus «calones famulique metallique caculaeque». A quo genere hominum
Caeciliae familiae cognomen putatur ductum). Les lois militaires dont parle Ac-
cius sont probablement les sénatus-consultes qui fixaient le nombre d’hommes
pour chaque campagne.
94
F. Benz, op. cit. n. 15, p. 240.
.
484 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
95
Nous ne possédons pas d’information sur l’organisation des bouchers de
Carthage, ni sur les liens qu’ils entretiennent avec la religion; il est impossible de
faire un parallèle avec la religion gréco-romaine dans laquelle la consommation
de viande est fortement liée au rituel. Par conséquent nous ne pouvons rien dire
sur l’intégration religieuse de ce MTL’ à Carthage.
96
Plb. 36.7.5; Ap. Pun. 92.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 485
97
HRR 9.
98
Cf. introduction et bibliographie ad. loc.
99
Le plomb de Pech-Maho, par exemple, mentionne, dans sa partie
étrusque (ET Na 0.1, début Ve siècle), deux marchands, Venel et Utavu, ce dernier
portant un nom d’origine osque, Uhtavis, bien connu par ailleurs à Capoue (ST
Cp 36 : Lúvkis Úhtavís), au Lucus Feroniae (Pocc. 270 : Cavies Uhtav[...], IIIe
siècle), à Vasto (ST Fr 1 : Viíbis Úhtavis), fréquent en étrusque, sous la forme Uh-
tave, à une époque plus tardive à Pérouse (ET Pe 1.638, 1.639, 1.817, 1.891, 1.1267,
etc...). Ce gentilice correspond au latin Octauius. Les Étrusques sont les princi-
paux partenaires commerciaux des Puniques en Italie et ce commerce repose sur
des traités (Arist., Pol. 3.7.1280 a). On suppose notamment que les Étrusques
fournissaient les Puniques en fer et en plomb, dont on trouve des gisements sur
l’île d’Elbe et dans la zone des Monts Métallifères, tandis que les Puniques
contrôlaient le commerce des minerais ibériques, l’argent en particulier. Ces rela-
tions commerciales sont documentées dans le mobilier des tombes de Carthage,
où l’on rencontre dès 650 des amphores de bucchero sottile, avec des décors de
spirales sur la panse, des canthares, des olpai, de la céramique étrusco-corin-
thienne de production vulcienne (aryballes piriformes et globulaires, alabastres),
cf. J. Ferron, op. cit., n. 1. Ce matériel se retrouve également dans les zones de Si-
cile sous contrôle punique, à Motyè, Lilybée, de même qu’en Sardaigne (Thar-
ros). Ce commerce étrusco-punique s’interrompt au Ve siècle, pour reprendre de
façon significative au IVe siècle, avec la présence à Carthage de trois plats de type
Genucilia, productions de Caere de la fin du IVe s. (cf. M. Pallottino, op. cit. n. 1;
M.A. Del Chiaro, Etruscan Red-Figured Vase-Painting at Caere, Berkeley-Los An-
geles-Londres, 1974). Des fragments de trois autres plats du même type ont été
découverts lors des fouilles de Byrsa, cf. J.-P. Morel, Nouvelles données sur le
commerce de Carthage punique entre le VIIe siècle et le IIe siècle avant J.-C., dans
Carthage et son territoire dans l’Antiquité. Actes du IVe colloque international réuni
dans le cadre du 113e Congrès national des Sociétés savantes (Strasbourg, 5-9 avril
1988). Tome 1 : Carthage et son territoire dans l’Antiquité, Paris, 1990, p. 67-100.
100
J. Hatzfeld, Les Italiens résidant à Délos mentionnés dans les inscriptions
de l’île, dans BCH, 36, 1912, p. 5-218.; id., Les trafiquants italiens dans l’Orient hel-
lénique, Paris, 1919 (BEFAR, 115). L’étude montre en effet, même si la présence
d’Italiens et de Romains dans le monde grec commence à devenir massive à par-
tir de 166 av. J.-C. et s’accélère à Délos après la destruction de Corinthe en 146,
que les Romains s’installent massivement à Délos, parfois dès la fin du IIIe siècle,
qu’ils sont organisés en collèges, qu’ils épousent des femmes grecques et s’in-
.
486 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 487
comprend opes comme une situation économique, alors qu’il est probable que
Tite-Live fait ici allusion à la position politique que Pacuuius a acquise dans la ci-
té grâce à la mise en scène qui lui avait permis de sauver le sénat de Capoue de la
vindicte populaire (cette mise en scène étant désignée par l’expression malis arti-
bus).
105
Rappelons que lorsque Hannibal entra dans Capoue, il fut reçu chez deux
frères membres de la noblesse, Sthenius et Pacuuius Ninnius Celer (Liv. 23.8.1).
La fidélité de tous ces nobles à Hannibal se poursuivit jusqu’au bout, puisqu’en
211 Vibius Virrius préféra se donner la mort, en tentant d’entraîner avec lui les
autres sénateurs de Capoue, plutôt que d’attendre que les Romains aient repris la
ville (Liv. 26.13-14).
106
Plb. 1.83.7-11.
107
Ap. Pun. 1.5. Même explication dans Ap. Sic. 4.15. Cette version est ma-
nifestement le résultat d’une propagande anti-carthaginoise, puisqu’Appien met
en relation la révélation de ces agissements avec la cession de la Sardaigne aux
Romains, en dédommagement des torts causés par les Carthaginois. Or le texte
de Polybe, chronologiquement plus proche des faits, indique que les Romains
n’ont justement pas voulu profiter de cette occasion pour s’emparer de la Sar-
daigne; il est vrai que dans ce passage, Polybe tente de montrer à quel point les
Romains furent respectueux du traité de 241, avec des arguments manifestement
déformés par rapport à la réalité. D’après Zonar. 8.18, les Romains auraient ré-
cupéré la Sardaigne pour punir les Carthaginois d’avoir attaqué leurs navires.
.
488 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
Sur le problème de la Sardaigne et des relations avec Rome, cf. L. Loreto, op. cit.
n. 75, p. 191-199.
108
Sall. Iug. 21.2-4 : multitudo togatorum, expression explicitée plus loin par
le terme de negotiatores.
109
Sall. Iug. 47.1 : ...et incolere et mercari consueuerant Italici.
110
Ainsi à Cirta la communauté italienne sauva la cité et le roi Adherbal
après sa défaite contre Jugurtha en 112; un peu plus tard, ayant appris que Rome
servirait d’arbitre dans le conflit entre les deux frères, et ne doutant pas que leur
survie serait alors assurée, les Italiens ouvrirent les portes de la ville, et furent
massacrés par Jugurtha (Sall. Iug. 21.26). En revanche, lorsque la garnison de Va-
ga est exterminée par les Numides (Sall. Iug. 65.3-4), le sort des negotiatores n’est
pas mentionné.
111
Pour Vaga, Sall. Iug. 47.1 : forum rerum uenalius totius regni maxume cele-
bratum.
112
L’inscription de Roccagloriosa se trouve sur une tablette de défixion :
[g]aPis poini[kis] maxies, soit probablement “prénom + gentilice + patronyme”.
Le deuxième terme semble correspondre à l’ethnique “punique”. Il serait donc
connu comme Gavius le Punique. La lecture Phoinikis donnée par E. Campanile
a été corrigée en Poinikis dans le recueil d’H. Rix. L’ancien nom punique, Ma-
chies, serait devenu, selon E. Campanile (E. Campanile, Un fenicio a Roccaglorio-
sa, dans REI, SE, LVIII, 1993, p. 369-371), le cognomen du personnage, qui a
adopté une formule onomastique plus conforme à l’osque, à moins qu’on ne
puisse le rendre comme “Gavis Poinikis, fils de Machis”. La difficulté de ce rai-
sonnement est que Machies ne semble pas renvoyer à un nom punique connu. Le
nom semble plutôt être de matrice italique et peut être rapproché, à défaut de pa-
rallèle connu en osque, de la forme Maci / Macio connue à Civita Castellana
(Ve. 281) et à Falerii Noui (Ve. 322 a).
113
On peut ici remarquer que si le gentilice reflète une origine punique, le
choix du prénom dès la génération du père est purement osque, signe d’intégra-
tion dans la société campanienne, qui renvoie à nos inscriptions de Carthage où
l’on peut constater la même dissolution des éléments culturels italiques au niveau
onomastique.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 489
.
490 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
114
M. Heltzer, A recently discovered phoenician inscription, dans Atti del I
Congresso internazionale di studi Fenici e Punici, Rome, novembre 1979, Rome,
1983, p. 119-123. Il émet l’hypothèse que les quatre hommes cités étaient tous fon-
deurs, d’après ce que l’on peut savoir de la transmission de ce métier à Ugarit, et
d’après deux inscriptions du tophet de Carthage qui pourraient former une gé-
néalogie dans laquelle un petit-fils et son grand-père seraient tous deux fondeurs
de fer. Néanmoins rien ne prouve que ce schéma héréditaire se soit appliqué aux
descendants de PQY. Selon M. Heltzer (p. 123), le fait que la profession soit ainsi
indiquée est une preuve qu’il s’agit d’un métier permanent, et non d’une activité
ponctuelle suite à des besoins temporaires de la cité. Par ailleurs, il aurait existé
des groupements professionnels de fondeurs, dans lesquels pouvait être inclus
PQY, par son activité reconnue officiellement puisque indiquée sur la pierre vo-
tive de son arrière-petit-fils.
115
Plu. Tim. 29.2-6; Plutarque précise que mille cuirasses et dix mille bou-
cliers étaient remarquables par le travail et la beauté, et que l’argent et l’or étaient
plus abondants que le fer et le bronze, exagérations sans doute trouvées dans sa
source, Timée.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 491
116
Pour le travail du fer, atelier dans le secteur B des fouilles françaises, du
IV siècle avec un arrêt du fonctionnement à la fin du siècle (J.-P. Morel, Bref bi-
e
.
492 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
120
Les chiffres qui suivent sont pour certains tirés de A. Ferjaoui, op.cit.
n. 23, p. 303-316, pour d’autres déduits de F. Benz, op. cit. n. 15. ‘Ph’ représente
le nombre d’occurrences en domaine phénicien, ‘Pu’ en domaine punique.
121
ŠMŠŠLK et ‘BDLM ne sont connus que par les inscriptions citées ici.
.
DES ITALIENS À CARTHAGE? 493
Mais leur origine est punique, ce sont deux hypochoristiques formés à partir de
ŠMŠ et ’LM.
.
494 STÉPHANE BOURDIN ET SANDRINE CROUZET
Stéphane BOURDIN
Sandrine CROUZET
.
ONOMASTICA E LESSICO
.
.
HELMUT RIX †
1
Ringrazio Mara Borelli de Oliveiro Correia (Treviri) per aver corretto il mio
italiano.
.
498 HELMUT RIX
.
RELAZIONI TRA ONOMASTICA E LESSICO NELLE LINGUE ANTICHE 499
.
500 HELMUT RIX
.
RELAZIONI TRA ONOMASTICA E LESSICO NELLE LINGUE ANTICHE 501
.
502 HELMUT RIX
.
RELAZIONI TRA ONOMASTICA E LESSICO NELLE LINGUE ANTICHE 503
.
504 HELMUT RIX
.
RELAZIONI TRA ONOMASTICA E LESSICO NELLE LINGUE ANTICHE 505
toponimi antichi diciamo del Sannio o del Lazio; temo altresì che
essa non contenga molti risultati sicuri.
Nei nomi di luogo dell’Italia centrale non ci sono tipi morfologi-
ci come i nomi composti con -dūnum in Gallia o con -heim in Ger-
mania, nemmeno suffissi caratteristici come -iāco- del celtico o il te-
desco -ingen. In Italia ogni nome deve essere studiato isolatamente.
Potrei vedere nel nome di Allifae in Campania il locativo di un com-
posto osco *alyo-fā- ‘dimora di là’ dal proto-indoeuropeo *h2elyo-bh-
(w)eh2-, e citare i paralleli semantici aat. ali-lanti ‘miseria (in un al-
tro paese)’ e ali-sāssi ‘sede sull’altra (riva del Reno), Alsazia’; difatti
Alife si trova, vista dal Sannio, nell’altro lato del Matese. Pur nella
sua isolatezza l’analisi rimane, nel migliore dei casi, una possibilità,
degna di essere discussa, ma non cogente. Inoltre, so almeno che Al-
lifae era una città dei Sanniti, così che una spiegazione tratta dall’o-
sco è giustificata storicamente. Riferirsi alla storia è una premessa
indispensabile per ogni ricerca toponomastica. Del resto, anche i no-
mi degli altri comuni del Sannio danno l’impressione di essere in
maggioranza oschi o per lo meno indoeuropei.
Più antichi dei nomi di insediamenti dovrebbero essere i nomi
dei fiumi. Quasi tutti i nomi di fiume dell’Italia Centrale mancano di
corrispondenze nelle lingue dell’area. Ci sono poche eccezioni, cito
una per ciascuna delle tre lingue. È osco il nome Salinus per desi-
gnare un fiume presso Pescara, sulla cui foce vi erano delle saline. Il
suffisso -ı̄no- è ben attestato in osco, e l’esistenza della parola sal
può essere presupposta. È etrusco Caecina, nome di un fiume presso
Volterra. Esso deve il suo nome alla famiglia Caecina, importante
nella Volaterrae etrusca e non può aver ricevuto questo nome prima
del settimo secolo, perché allora non esistevano ancora i gentilizi.
Naturalmente il fiume doveva aver avuto un nome già prima, ma un
altro nome, probabilmente non etrusco. Il fiume Oufens Ufens, infi-
ne, che scorre dai Monti Lepini nella pianura Pontina, ha un nome
latino; la <f>, foneticamente spirante sonora, appartiene al latino
dialettale, come tutte le <f> interne nella latina Praeneste. I Volsci,
che a partire dalla fine del sesto secolo abitavano nella zona, aveva-
no monottongato i loro dittonghi già prima (lúkú < *loukōd). Ou-
fent- è il participio di un verbo *oub ē- ‘ingrossarsi’, perduto nel latino
classico, ma presente in russo (údit); è apparentato alla radice del
lat. ūber ‘mammella’. Concludo con un non liquet : come ai verbi al-
geo frigeo appartengono gli aggettivi algidus frigidus, così l’italico
può avere creato dal verbo * oub ē- l’aggettivo *oub ido- : questo
potrebbe essere stato il nome osco del fiume apulo che in bocca
messapica ricevette la forma Aufidus. Però : quali Messapi avrebbe-
ro creato il nome Aufidena di una città sul Sangro nel Sannio setten-
trionale?
Tra i nomi geografici ci sono identità riconoscibili tra nomi pro-
.
506 HELMUT RIX
pri e parole del lessico, anche in Italia Centrale; ma, allo stato attua-
le delle nostre conoscenze, questi casi sono rari. Richiedono, in ef-
fetti, ulteriori studi.
Certo, l’onomastica richiede pazienza, informazione, autocritica
e la facoltà di non disperare.
Helmut RIX
BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA
.
FRANCESCO RONCALLI
1
Poccetti 1995.
2
Roncalli 2202. Si veda anche il contributo di Agostiniani 2002.
.
508 FRANCESCO RONCALLI
Caspu/Caspre
Ma si veda ora quanto osservato da Benelli 2002, p. 522 ss., circa la indi-
4
stinzione formale, in gran parte dei gentilizi perugini, fra l’uscita del maschile e
quella del femminile, anche in casi formati da suffissi (quali -ni o -nei), tra i quali
rientrano anche quelli qui considerati. Un approfondimento del preciso status
funzionale degli elementi onomastici qui considerati nella formula che li designa
non mi sembra tuttavia rilevante ai fini del problema che qui c’interessa.
.
NUMERALI NELL’ANTROPONIMIA ETRUSCA? 509
5
TLE 858, dal Liber Glossarum di Leida. Cfr. Mountford 1923; Fiesel 1936;
Briquel 2006, p. 306.
6
Così ancora in Pallottino 1984, p. 507.
7
Vedi già Cristofani 1973, dove tuttavia la scelta operata per cezp-, semf - e
nurf - (rispettivamente «sette», «otto» e «nove») è dichiaratamente arbitraria e
corredata di doppio punto interrogativo. La vecchia proposta (cezp = 8) soprav-
vive in Wondhuizen 1998, p. 194, ma è respinta, da ultimo, da De Simone 2002,
p. 455, dove l’indicazione zilx nu cezpz del citato cursus honorum di Laru Tute sul
citato sarcofago vulcente è tradotta «(ricoprì) la magistratura zilx nu sette volte»
(come già da Cristofani, l.c.).
8
Vedi Marinetti 1997.
.
510 FRANCESCO RONCALLI
9
È questo un aspetto dal quale l’analisi della Marinetti, l.c., prescinde total-
mente.
.
NUMERALI NELL’ANTROPONIMIA ETRUSCA? 511
*Nufre
10
Poccetti 1995, p. 239.
11
Cfr. Rocca 2005, p. 252.
12
Cfr. Colonna 1973-1974.
.
512 FRANCESCO RONCALLI
Francesco RONCALLI
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
NUMERALI NELL’ANTROPONIMIA ETRUSCA? 513
.
.
OLLI SALOMIES
1
Da notare qui è il fatto che tale fenomeno non sembra essere attestato nel-
l’etrusco, come ha osservato anche Poccetti 1995, p. 238.
2
Poccetti 1995, p. 237-259.
3
Schulze 1991, p. 48-49; cfr. Poccetti 1995, p. 241; 243-5.
.
516 OLLI SALOMIES
italica e con tradizioni onomastiche diverse (così nel caso dei preno-
mi del tipo Primus ecc. e dei gentilizi del tipo Primius ecc., che sono
attestati soprattutto nella Cisalpina e, in generale, nell’area celtica e
germanica). Se lasciamo da parte l’onomastica di queste regioni,
possiamo, dunque, constatare che in quella latina abbiamo, all’inter-
no della serie compresa tra ‘uno’ e ‘dieci’, una netta rottura tra ‘quat-
tro’ e ‘cinque’. Riguardo ai gentilizi numerali, c’è da dire che quelli
compresi tra Quinctius e Decimius, denotano tutti un certo status
sociale; Quinctius è il nome di una gens patrizia e i portatori degli
altri cinque gentilizi numerali sono attestati o come consoli (Sextius
Octavius) o, almeno, come senatori (Septimius Nonius Decimius) re-
pubblicani, cosa che prova la loro antichità. Tra i prenomi, sono in
uso normale non solo i tre sopra menzionati, ma anche Septimus e
Octavus hanno lasciato tracce nella tradizione storica 4 ; l’esistenza in
età antica di Septimus, Octavus e Nonus può, in ogni caso, essere de-
dotta dall’esistenza dei gentilizi Septimius, Octavius e Nonius.
Quanto ai popoli osco-umbri, la mia analisi ha notato che nomi
identificabili, più o meno sicuramente, come numerali, sono attesta-
ti anche lì 5. Cominciando dai nomina, troviamo nel mondo osco-
umbro gentilizi come Púntiis (lat. Pontius, da *pompe ‘cinque’; colle-
gabili a questa radice sono, ovviamente, anche i nomi come Pom-
peius, Úhtaviis (cfr. Octavius) 6 e Dekiis, molto probabilmente da rap-
portare, come il latino Decimius, con il numerale corrispondente a
‘dieci’. Quanto ai prenomi, qui le cose sono un po’ più complicate.
Tra i Sanniti par excellence, troviamo, secondo me, un solo prenome
chiaramente numerale : Dekis (Decius) che corrisponde al gentilizio
Dekiis; forse c’è da aggiungere Núvis (Novius) 7, corrispondente al
gentilizio Núviis, ma per questo nome esistono anche altre spiega-
zioni possibili 8. Nell’area centro-italica (Umbri, Marsi, Peligni ecc.),
invece, sono attestati due prenomi, entrambi con tema in -on-, che
sono, molto verosimilmente, da collegare con i numerali ‘quattro’ e
‘cinque’ e cioè, Petro e Pompo 9. A questo punto è legittimo chiedersi
6
Nel caso di questo gentilizio è comunque possibile che si tratti di un presti-
to dal latino. (È questo un problema che dobbiamo affrontare molto spesso nello
studiare il materiale onomastico osco-umbro).
7
Secondo la teoria del Devoto (Devoto 1929). Una nuova attestazione di que-
sto prenome nella defixio da Petelia, presentata durante il colloquio da M.-L. Laz-
zarini : NoPio Alafiw (secondo Lazzarini, probabilmente da interpretare come
un genitivo «alla greca»).
8
A mio parere, una connessione con la radice núv- ‘nuovo’ (presente per es.
nei nomi di luogo núvkrinúm ‘Nucerinorum’ e núvlanús ’Nolani’) sembra più ve-
rosimile.
9
Per questi prenomi (attestati per esteso e in modo non frammentario solo
.
NOMI PERSONALI DERIVATI DA NUMERALI A ROMA 517
come stanno le cose tra i Sanniti per quel che riguarda i prenomi
prima del ‘dieci’ (o, forse, ‘nove’), e tra i popoli centro-italici per quel
che, invece, concerne quelli dopo il ‘cinque’. Esiste, in proposito,
una teoria di G. Devoto, secondo cui anche i prenomi Seppius (sepis,
corrispondente a ‘sette’), Oppius (*úppis) e Ovius (*úvis) (entrambi
corrispondenti a ‘otto’) sono da considerarsi come nomi numerali10.
A dir la verità, queste proposte non mi sembrano molto convincenti
(notare, a questo punto, per i prenomi collegati al numerale ‘otto’,
l’esistenza di un eventuale prenome úht., che sembra assomigliare al
gentilizio Octavius11). Tuttavia, in questo campo, siamo costretti a
procedere per ipotesi, e, ad esempio, la teoria di Devoto sembra
«suggestiva» al Poccetti12 il quale aggiunge, infatti, un possibile pre-
nome corrispondente a ‘sei’ (p. 246-7)13 e nota (p. 247) che un’iscri-
zione paleoumbra «ha recentemente restituito il prenome individua-
le unico Setums (< Septomos)»14. Quanto al prenome corrispondente
a ‘quattro’, il collega (sempre p. 247) suggerisce anche che la fami-
glia di gentilizi con la radice Tru(t)- (si ferma sull’umbro trutitis in
Ve 234, ma ovviamente entrano nella discussione anche i gentilizi
Trot(t)edius / Trut(t)edius, Trutelius, Trutteius ecc.) possa derivare da
un nome individuale connesso con truto-, «forma italica dell’ordina-
le corrispondente a ‘quattro’».
Benchè permangono molte incertezze su alcuni dettagli, possia-
mo in ogni caso essere d’accordo con la sostanza del riepilogo del
Poccetti (p. 251), in particolare, dove osserva che i nomi numerali
sia dei Romani che dei popoli italici, hanno in comune l’arresto del-
la numerazione a ‘dieci’ e l’esclusione dei primi numeri. Comunque,
in iscrizioni latine) cfr. Salomies 1987, 85 sg. et 86 sg. Nuove attestazioni di Petro
(o almeno di un prenome abbreviato Pe.) : Suppl. It. 3 Corfinium 77; Suppl. It. 13
Nursia 58; 63 ([P]e. [?]). Una nuova edizione, con testo di gran lunga migliore,
dell’iscrizione citata come CIL I2 2661 ora in Suppl. It. 18 Reate 16. L’iscrizione
umbra da Mevania Po 3 si trova ora anche in AA.VV.1991 61-2 n. 2.52; Rocca
1996, n. 8.
10
Devoto, 1929, p. 277-279. Anche Petro, Pompo, Novius e Decius fanno par-
te della serie proposta dal Devoto che invece non parla di alcun prenome collega-
to con ‘sei’.
11
Salomies 1987, nt. 4, p. 112 nt. 315 (proposta approvata, come sembra, da
Poccetti 1995, nt. 2, p. 246 nt. 25). Da notare anche otaPiv petidi(e)v in una tabel-
la defixionis da Laos, Poccetti in AA. VV. 2000, p. 753, 759-60.
12
Poccetti 1995 (nt. 2), p. 248. Per i sostenitori della tesi che Seppius sia da
collegare con ‘sette’ cfr. Salomies 1987, (nt. 4), p. 90 nt. 243.
13
Con riferimento, oltre al gentilizio pompeiano sehsímbriís (Ve 25), all’iscri-
zione volsca Ve 222 e al testo da Fulginiae Ve 234, entrambe con un prenome ab-
breviato Se. (la stessa abbreviazione prenominale in CIL IX 5021 = I2 1895 da Ha-
dria nel Piceno).
14
H. Rix, AGI 77 (1992), p. 243-252 (cfr. Rix. 1994, p. 64).
.
518 OLLI SALOMIES
15
A dire la verità, anche nella distinzione di Poccetti 1995 tra nomi basati
sull’ordinale e nomi basati sul cardinale (p. 251), mi sembra che persistano delle
incertezze. Per citare un esempio, accanto al gentilizio Decius (dekiis) il Poccetti
parla molto anche del gentilizio Decitius (dekitiis) (almeno p. 246, 247, 250, 251).
Alla p. 251, Decitius viene definito come un nome basato sull’ordinale, mentre
Decius come quello basato sul cardinale. Senza dubbio ciò può essere corretto.
D’altra parte, parlando dei nomi con la radice Dec-, bisogna, secondo me, consi-
derare non solo questi due nomi, ma anche tutta la famiglia e dunque considera-
re almeno Decellius, Decennius, Decidius, Decilius, Decimius e Decirius (per il
Sannio cfr. per es. Numerius Decirius [così la tradizione manoscritta, che in ge-
nere viene corretta nelle edizioni in Decimius] Samnis nel 217 a.C., Liv. 22, 24,
11). A mio parere, si tratta di articolazioni diverse, con uso di suffissi diversi, di
una sola radice dec-, e l’esistenza di questa radice comune mi sembra la sola cosa
certa riguardo a questi nomi. Una simile varietà di suffissi la troviamo anche in
molte altre radici, per es. petr-, pomp- (o, per lasciare i nomi collegabili con nu-
merali, vib-, una radice con una serie spettacolare di derivati con vari suffissi).
16
Comunque, questa era la vecchia spiegazione prima della presentazione
della tesi di Petersen 1962; cfr. Salomies 1987 (nt. 4) p. 113 e nt. 317.
17
Petersen 1962, p. 347-354.
18
Poccetti 1995, (nt. 2) p. 251 s.
.
NOMI PERSONALI DERIVATI DA NUMERALI A ROMA 519
19
Per questi prenomi vd. Salomies 1987, (nt. 4), p. 111-120. Qualche aggiunta
e correzione. Per l’iscrizione CIL V 7463, citata nella nota 313, vd. ora Suppl. It. 12
Industria 12; AE 1994, 533. Nell’inizio non manca (come pensavo) il nome di un
primogenito; forse il primogenito è morto prima dell’erezione di questo monu-
mento. – Per l’iscrizione, non edita perfettamente, NSA 1891, 217, citata nella no-
ta 331, vd. ora Suppl. It. 15 Ateste 25. Si tratta, come pensavo, di un pretoriano e
la filiazione Ter. f. è ora confermata. – Il soldato Ter. Baebius C. f. Sca., menziona-
to nell’iscrizione ILJug. 2811 (citata p. 118), viene da Florentia e deve così essere
inserito nell’elenco dei casi provenienti dall’area di CIL XI, p. 117. – Ci sono, inol-
tre, anche molti nuovi esempi dei prenomi Primus, Secundus, Tertius e Quartus,
ma non possono essere enumerati qui.
20
Kajava 1994. Per i prenomi femminili collegabili con l’ordine di nascita vd.
specialmente p. 122-123.
21
Salomies 1987, (nt. 4) p. 299 s.
22
Cfr. per es. la famiglia di Appius Claudius Caecus, i cui figli si chiamavano
Ap. Claudius Russus, P. Claudius Pulcher, C. Claudius Centho, Ti. Claudius Nero
(Salomies 1987, p. 301). I cognomi Pulcher, Centho e Nero sono diventati ereditari
presso i discendenti dei tre figli minori.
23
Per una descrizione dell’evoluzione del uso di un cognome personale alla
fine della repubblica cfr. Salomies 1987, (nt. 4), p. 277 ss. (con esempi di famiglie
.
520 OLLI SALOMIES
in cui i figli hanno un cognome mentre il padre usa ancora solo un nome bimem-
bre, p. 284 s.).
24
Cfr. Salomies 1987, p. 284 s.
25
Anche questo materiale si trova raccolto in Salomies 1987, p. 288-290. Da
scartare è l’iscrizione CIL XI 6125, in cui si deve leggere non Seclator ma specula-
tor (cfr. Gori 1989, p. 157-164). Anche per questo capitolo ci sono aggiunte prove-
nienti da iscrizioni pubblicate recentemente.
26
Anche nel caso delle iscrizioni in cui il padre non è menzionato, ma in cui
ci sono fratelli senza e con cognome (gruppo B) abbiamo, senza dubbio, a che fa-
re con famiglie in cui l’uso di un cognome era recentissimo. In Salomies 1987, ho
osservato che in alcune famiglie l’uso di un cognome è stato introdotto solo in un
modo “parziale”; cioè, solo un figlio, normalmente il primogenito, ha ricevuto un
cognome, mentre gli altri presentano ancora il vecchio sistema onomastico bi-
membre (vd. Salomies 1987, p. 291-292). – È da notare che non ho fatto qui uso
dei pochissimi casi in cui, oltre ai fratelli con e senza cognome, c’è già un padre
con un cognome (come per es. in CIL XI 6940 = AE 1983, 420, dove il padre si
chiama L. Caecilius Flaccus, mentre i figli L. Caecilius L. f. Flaccus e Q. Caecilius
L.f.).
27
Come menzionato sopra, esamino qui solo famiglie italiche e ho, dunque,
tralasciato le iscrizioni pertinenti, ma di provenienza provinciale (Salomies 1987,
.
NOMI PERSONALI DERIVATI DA NUMERALI A ROMA 521
.
522 OLLI SALOMIES
43
(1) CIL X 5629; (2) CIL XI 6141; (3) I. Aquileia 1049.
44
(1) AE 1991, 488 (Capua); (2) CIL IX 1056; (3) CIL XI 5136; (4) CIL VI 2476
(da Florentia); (5) Sestinum (1989) p. 245; (6) CIL V 7579; (7) CIL V 7670 = Inscr.
It. IX 1, 46 = T. Schäfer, Imperii insignia (1989) n. 40.
45
Il gentilizio di quest’uomo è Pinarius, ma, naturalmente, non è un mem-
bro della famiglia patrizia dei Pinarii Nattae; abbiamo qui (come nel caso dei
Cassii che si chiamano Longinus, cfr. sopra, e dei Minucii con il cognome Ther-
mus, cfr. nt. 65) uno dei moltissimi esempi di imitazione dell’onomastica nobilia-
re da parte di gente plebea.
46
(1) CIL V 3767; (2) CIL V 7054 (Mercando – Paci 1998, [nt. 37] n. 135); (3)
Inscr. It. X 2, 207.
47
CIL V 6046; AE 1995, 669 (Mediolanum).
48
(1) CIL X 4727 = I2 1578; (2) Mem. Linc. 1901, 86 n. 114 (Capua; D’Isanto
1993, Coelii nn. 1-2); (3) CIL IX 2418; (4) CIL XI 7766; (5) CIL V 3002.
49
CIL V 3123; CIL V 3205.
50
(1) CIL IX 786; (2) CIL XI 1227; (3) CIL V 7025; (4) AE 1985, 425 (Aquae
Statiellae).
51
(1) AE 1975, 209 [Capua]; (2) CIL IX 4565 = I. Norcia 37; (3) AE 1996, 498
(Bovianum); (4) CIL III 2911 (da Lucca); (5) CIL XI 2803; (6) CIL V 2975; (7) CIL
V 8279; (8) Mercando – Paci 1998, (nt. 37) n. 125.
52
CIL XI 7851; CIL V 3767.
53
CIL VI 28092; CIL X 4787.
54
(1) CIL VI 16503 = I2 1294; (2) CIL VI 17488; (3) CIL VI 18687; (4) CIL VI
22002; (5) CIL VI 22540; (6) AE 1995, 424 (Trebula Suffenas); (7) CIL X 4872; (8)
CIL X 4989a; (9) CIL X 5147 = I2 3105a; (10) Un impegno per Pompei (1983)
n. 17/OS; (11) Rend. Linc. 26 (1971) 434 n. 9 (Casinum); (12) CIL IX 1042; (13)
CIL IX 4623 = I2 1893; (14) CIL IX 4707 = I2 1841; (15) CIL IX 5386; (16) CIL IX
5844; (17) AE 1996, 490 (Bovianum); (18) CIL XI 1241; (19) CIL XI 3071 cfr. AE
1992, 591; (20) CIL XI 4721; (21) CIL XI 6131; (22) AE 1976, 226 [Castelfranco
Emilia]; (23) CIL V 564 = Inscr. It. X 4, 139 (da Fanum); (24) Pais, Suppl. It. 201;
(25) Inscr. It. X 5, 753. – Notare il numero abbastanza elevato delle attestazioni
repubblicane.
.
NOMI PERSONALI DERIVATI DA NUMERALI A ROMA 523
55
(1) CIL IX 4925; (2) AE 1981, 363 = I2 3341a [Blera]); (3) AE 1994, 645 (Ha-
sta); (4) AE 1983, 765 (Carnuntum; molto verosimilmente un italiano cisalpino).
56
CIL XI 1241; CIL III 8464 (da Ateste).
57
(1) CIL XIV 2317; (2) CIL IX 3116; (3) CIL V 3599.
58
(1) CIL IX 1856; (2) CIL XI 786; (3) CIL XI 1227; (4) CIL I2 3406 = Suppl. It.
15 Ateste 83 (cfr. Arctos 32 [1998] 294); (5) CIL V 569 = Inscr. It. X 4, 86; (6) CIL V
7164 (Mercando – Paci 1998, [nt. 37] n. 72); (7) CIL V 7489 cfr. Suppl. It. 12 p. 45;
(8) CIL V 7670 = Inscr. It. IX 1, 46 = Schäfer, cit. (nt. 43) n. 40; (9) AE 1954, 160
[Tarvisium]).
59
CIL V 1225; Inscr. It. X 5, 215.
60
(1) Muess, 1989, p. 57 fig. 59 (Neapolis : P. Allius Q. f., P. Allius P. f. Seve-
rus); (2) CIL IX 5557 = I2 1924; (3) CIL IX 5088; (4) CIL XI 5136; (5) CIL V 937; (6)
CIL V 5997 = Pflug 1989, p. 278 n. 302; (7) AE 1911, 181 (Mediolanum); (8) CIL III
11213 (molto probabilmente un italiano cisalpino).
61
CIL VI 20945 = I2 1322; NSA 1949, 174 (Napoli).
62
CIL IX 1856; CIL V 1308 = I2 2208.
63
CIL V 7164 (Mercando – Paci 1998, [nt. 37] n. 72). 7594.
64
CIL XI 786; CIL V 7570.
65
È un Minucius, ma ovviamente non è un membro della famiglia senatoria
dei Minucii Thermi. Per l’imitazione dell’onomastica dei nobili cfr. sopra nt. 45.
66
CIL XI 6425; CIL V 7547.
67
(1) CIL XI 1224; (2) AE 1989, 341m (Catania); (3) CIL V 5865.
68
I. Aquileia 1049; NSA 1965 Suppl. 41 (Verona).
69
(1) CIL V 936; (2) CIL V 2517; (3) Pais 522; (4) I. Aquileia 703.
70
Ovviamente mancano in questa lista i cognomi del tipo più tardo (cogno-
mi in -ius; cognomi derivati da altri cognomi del tipo Maximianus Sabinianus;
ecc.
.
524 OLLI SALOMIES
71
Capito, Crispus, Gallus, Fuscus, Longus, Optatus, Praesens, Probus, Procu-
lus, Salvius, Senecio, Silo, Stabilio, Super, Tertius, Valens, Viator.
.
NOMI PERSONALI DERIVATI DA NUMERALI A ROMA 525
Sal. f. Tertius filiei (CIL XI 786) 72. Ci sono anche altri buoni esempi,
che purtroppo devo rimandare in una nota. Qui, invece, mi riferirò
anche a quelle famiglie in cui l’uso di tali cognomi non è del tutto re-
cente 73.
Come, dunque, si evince da questi esempi, è assai normale (o
piuttosto la regola) combinare, nell’ambito di una stessa famiglia,
un cognome di origine numerale con un altro; la situazione più co-
mune, infatti, è quella in cui il primogenito ha un cognome «norma-
le», il secondogenito uno tipo Secundus (come accade, ad es., nella
famiglia senatoriale dei Poppaei 74. Se rimaniamo nell’ambito di quel-
le famiglie in cui l’uso di un cognome è stato introdotto tra la gene-
razione del padre e la generazione dei figli (cioè, in cui il padre non
ha ancora un cognome), e studiamo i casi in cui sono noti almeno
due figli, di cui almeno uno ha un cognome numerale, troveremo at-
testati i seguenti cognomi :
Stabilio Secundus CIL IX 1856
Primus Secundus Tertius CIL XI 786
Primus Secundus CIL XI 1227
Clemens Secundus CIL I2 3406
Super Secundus CIL V 7164
Firmus Secundus CIL V 7489 75
Maximus Secundus CIL V 7670.
D’altra parte, per illustrare il ruolo non di primo piano che i co-
gnomi numerali ebbero in questa fase dell’evoluzione del sistema
72
Notare peraltro che, in questa famiglia, l’uso di un prenome non romano
(Salvius) termina con il padre.
73
Cfr. p. es. CIL XI 1227 (Placentia) M. Naevius M. f. Secundus decur(io) Pla-
cent(iae) sibi et M. Naevio L. f. patri, ... [. N]aevio M. f. Primo / [fratri]; CIL V 5883
(Mediolanum) T. Pomponius Valentinus sibi et C. Pomponio Primo fratri et
C. Pomponio Fido patri (...); CIL IX 1856 (Beneventum) L. Latinio L. f. Stabilioni,
L. Latinio L. f. patri ... C. Latinio L. f. Secund(o) (Stabilio è chiaramente un fratel-
lo); CIL IX 2700 (Aesernia) (la madre) C. Mario C. f. Rufo viro et C. Mario C. f. Ru-
fo a(nnorum) xxix et L. Mario C. f. Secundo a(nnorum) xiii et M. Mario C. f. Lati-
no an(norum) xvii (...); Marius Secundus è ovviamente morto prima di suo fratel-
lo minore Latinus); CIL V 5279 = ILS 6728 (Comum) L. Caecilius L. f. Cílo IIII vir
... L. Caecilio L. f. Valenti et P. Caecilio L. f. Secundo (...); CIL V 7164 (Torino)
M. Villius C. f. Pol., ... uxor, M. Villius M. f. Super ..., T. Villius M. f. Secundus;
CIL V 6862 (Alpes Poeninae) C. Iulius Mami fil. sibi et Valeriae Prime uxorí, C. Iu-
lio C. f. Prímo, L. Iulio C. f. Pudenti, P. Iulio C. f. Tertio, C. Iulio C. f. Quarto filiis.
Cfr. anche sotto nt. 78. Quanto all’ordine senatorio, bisogna notare l’onomastica
dei fratelli C. Poppaeus Sabinus e Q. Poppaeus Secundus, ambedue consoli nel 9
d.C., Sabinus come ordinario e Secundus come suffectus risultando così chiara-
mente il fratello minore non solo a causa del cognome. Per i prenomi numerali
cisalpini cfr. Vornamen 111 nt. 313 (ma cfr., per l’iscrizione CIL V 7463, sopra
nt. 19.
74
Cfr. nota 73.
75
Cfr. Suppl. It. 12 p. 45.
.
526 OLLI SALOMIES
76
Ecco la lista di queste famiglie (è menzionato per primo il figlio che è, o al-
meno sembra essere, il primogenito) : (1) CIL IX 1042 (Rufus, Bassus); (2) CIL X
4872 (Rufus, Vopiscus); (3) CIL XI 1241 (Rufus, Salvius); (4) CIL XI 2803 (Pri-
scus, Fuscus); (5) CIL XI 3071 (Rufus, Scaeva); (6) CIL XI 5136 (Maximus, Cle-
mens); (7) CIL V 497 = Inscr. It. X 3, 37 (Favor, Augurinus); (8) CIL V 3205 (Prae-
sens, Clemens, Verecundus); (9) CIL V 3514 (Se[--], Celer, Rusticus); (10) CIL V
3767 (Niger, Probus); (11) CIL V 4457 = Inscr. It. X 5, 246 (Varus, Pusio, Ferox);
(12) CIL V 4634 (Receptus, Saturio); (13) CIL V 4903 = Inscr. It. × 5,1126 (Capito,
Firmus); (14) CIL V 5830 (Vervicius, Gavillus, Macer, Tertullus, Victor); (15) CIL V
6598 (Iulius, Verinus); (16) CIL V 7013 (Peregrinus, Clemens); (17) CIL V 7594
(Fronto, Super); (18) I. Aquileia 1049; (19) Inscr. It. X 2, 207 (Niger, Fab[ullus?]);
(20) AE 1995, 669 (Mediolanum : Cupitus, Optatus).
77
Cfr. i seguenti casi in cui il fratello chiamato Primus o è enumerato prima
del suo fratello o ha il prenome del padre, mentre il fratello ha un altro prenome :
CIL IX 3046; CIL V 4972. 5883. Cfr. sotto nt. 81.
78
Cfr. già sopra nt. 73 e sotto nt. 81. Iscrizioni in cui il fratello chiamato Se-
cundus viene menzionato dopo il suo fratello : CIL X 4292; CIL XI 1147, iv, 33 adf
(inibus) Vettís Vero et Secundo; CIL XI 4708; CIL V 2553 (o padre e figlio?); CIL V
5252 (o padre e figlio?); CIL V 5447. 6472. 7299. 7667. In CIL V 6596 i figli sono
enumerati come segue : Gemelli(i) Valeriana Secundus Valeria; si vede, dunque,
che anche le figlie potevano essere prese in considerazione nella “numerazione”
(cfr. anche CIL V 8960, in cui i due figli di un certo C. Caesia L. f. Pol. si chiama-
no L. Caesius C. f. e Caesiae C. f. Secunda; per una osservazione simile nel caso
dei prenomi cfr. Salomies 1987, p. 111 nt. 313). Iscrizioni in cui uomini chiamati
Secundus hanno un prenome diverso di quello del padre (anche questa è un’indi-
cazione che non si tratta di un primogenito) : CIL IX 1064 N. Seppius A. f. Secun
(dus); CIL IX 1194; CIL XI 149. 1437. 2068. 5901; CIL V 2358. 2504. 5140. 5825.
5991. 7667. 7670. 7776a. Per Tertius, usato chiaramente come cognome del terzo
figlio cfr. CIL V 6862 (iscrizione citata sopra nt. 73); qui il quarto figlio si chiama
Quartus); CIL V 5070. In Pais, Suppl. It. 1097 = Inscr. It. X 1, 233 (Pola) Cassia
Tertia è la sorella di L. Cassius Maximus e C. Cassius Rufus.
79
Per Primus cfr. Solin 1998, 27 (schiavi e liberti chiamati Primus in un sin-
golo volume di CIL : CIL XI 868. 900. 1012. 1030. 1235. 1248. 1273. 3411. 3490.
4264. 5860. 6176. 6396. 6851. 6876. 7397. 7435). Per Secundus si veda Kajanto
1965, 292 e per. es. CIL X 88. 1304. 2938. 4769. 4925. 7887; CIL IX 3674. 5080;
CIL XI 1245. 3613. 3645. 4197. 4892. 5536. 6137. Per Tertius cfr. Kajanto 1965, 292
e per es. CIL XIV 1686; CIL X 4589. 4970. 5105. 5715. 5933. 6275. 6493; CIL IX
2385. 2479. 2525. 3467. 4157. 4390. Quanto a Quartus, anche questo nome è atte-
stato nel caso di schiavi e liberti, ma soprattutto nella forma femminile (Kajanto,
cit., p. 293).
.
NOMI PERSONALI DERIVATI DA NUMERALI A ROMA 527
80
Altri esempi in cui i cognomi Primus o Secundus sono stati ereditati dal
padre o dalla madre : CIL XIV 1053; CIL X 6050 (C. Stenius Primus figlio di Ste-
nia C. f. Prima). Per Secundus cfr. per. es. CIL X 5620; CIL XI 4525 (L. Numitorio
Secundo filio ... L. Numitorius Secundus). Tre generazioni di M. Cascellii Secundi
in CIL IX 1779. Cfr. anche la nota seguente e inoltre i casi in cui il cognome Pri-
mus riflette altri nomi con la radice Prim-; p. es. CIL XI 470 (un Gavius Primus fi-
glio di un Gavius Primitivos); CIL XI 2370a (Orsminnius Primus, figlio di un
A. Orsminnius [I]onicus e una Veturia Primigenia). Un M. Atilius Primulus figlio
di un M. Atilius Primus in CIL V 5579.
81
Cfr. per. es. CIL X 3437 P.Vibi Primi ... Vibi Primus et Mansuet(us) fil(ii);
CIL V 4653 Metellia Prima sibi et P. Valerio P. f. Fab. Ingenuo viro suo, P. Valerio
P. f. Primo, Valeriae P. f. Firmae, C. Valerio P. f. Vitali, L. Valerio P. f. Celato filiis;
CIL V 7678 Sex. Petrónius M. f. Pol. [Su]ccessor ... M. Petronio M. f. Márcéllo
patr(i), M. Petronio M. f. Primo frátri, Graniae Primae mátri; CIL XIV 1603 (dove il
padre si chiamava senza dubbio [Pri]mus) Sergii Primus [et ...] patri. Per Secun-
dus cfr. per. es. CIL V 5991 C. Cassius Secundus sibi et ... et C. Cassio Crispo f. et
L. Cassio Secundo f. et Cassiae Secundae f. (da notare i prenomi; Cassius Secun-
dus e Cassia Secunda erano forse gemelli); CIL V 6596.
82
Cfr. anche p. es. CIL V 7309 [– – – Domitius S]ecundinus et Domitius Pri-
mus matri pientissime; uomini chiamati Primus che hanno un prenome diverso
del padre : CIL IX 5363 L. Volcacius Q. f. Vel. Primus (praef. coh. I Noricor. ecc.;
anche in 5364-5); CIL V 3034 C. Sempronius Q. f. Primus ... Q. Sempronio Tertio
fratri; CIL V 8822.
83
Iscrizioni in cui un fratello chiamato Secundus viene nominato prima di
un altro fratello che usa un cognome diverso : CIL XI 178. 344 ([L.] Marcio Genia-
li L.Marcius Secundus et L. Marcius Martialis fili); CIL V 6591 (Valenti[s] Secundo
Tito Titullae fratrib(us) Valentia T. f. V[-]); CIL V 7176 (... sibi et C. Pinario Secun-
do, M. Pinario Marcello, Pinariae Priscae filis); cfr. anche CIL V 5306. 5945. In CIL
V 3806 il figlio Secundus viene nominato al quarto posto (C. V[alerio] C. f. [--],
Q. Valerio C. f. Pastori, L. Valerio C. f. Lucustai, Cn. Valerio C. f. Secundo ...). Per
un’iscrizione in cui un Tertius è menzionato prima dei suoi fratelli cfr. CIL X
6016 (ma forse ciò è dovuto al fatto che Tertius è un cavaliere).
.
528 OLLI SALOMIES
84
Per questi cognomi cfr. Kajanto, cit. (nt. 77). Per Primus si veda Solin
2001, 195 con nt. 23. I senatori (la maggioranza databili in una epoca piuttosto
tarda) si trovano in PIR2 P p. 399-400. P. Alf(-) Primus (Solin, nt. 23) sembra, in-
vece, un’indubitabile attestazione della prima età imperiale; invece M. Primus,
dello stesso periodo e noto da Cassio Dione (PIR2 P 946), sembra avere un nome
sospetto. Così anche A. R. Birley (Chiron 30 [2000] 742 con una possibile corre-
zione del nome).
85
Kajava 1994, 46-8 (Maxima), 48 s. (Mino(r)), 50-59 (Paulla, Polla), 59 s.
(Posilla).
86
Cfr nota 73
87
Cfr. per es. CIL IX 1018 : N. Firvio N. f. Gal. Maximo fratri [e]t Q. Firvio
N. f. Gal. [P]aulo fratri (il dedicante è un cugino); CIL V 7579 : L. Valerius L. f.
Maximus, C. Valerius L. f., fratres II; CIL V 7670 (i fratelli Q. Castricius Q. f. Ma-
ximus e P. Castricius Q. f. Secundus). In CIL IX 2602 Sex. Seppius Sex. f. Maxi-
mus (fratello di Cn. Seppius Sex. f. Cordus e P. Seppius Sex. f. Severus) ha il pre-
nome di suo padre Sex. Seppius Severus (e risulta, pertanto, verosimilmente il pri-
mogenito) ma è anche il figlio di Varia Maxima. Cfr. anche per es. CIL XI 6120;
CIL V 357. 5011. 5070. 5811. 5940; Pais, Suppl. It. 1097 = Inscr. It. X 1, 233. Co-
munque, come per i nomi numerali, troviamo anche qui casi in cui Maximus non
sembra essere il cognome di un primogenito (si può pensare a varie spiegazioni);
cfr. i casi in cui un Maximus non ha il prenome del padre (CIL IX 415. 3085.
3992. 4968; CIL XI 1616. 1741. 3842. 4708. 5136; CIL V 420) o viene menzionato
dopo il fratello (CIL X 6016 [ma cfr. sopra nt. 83]; CIL V 5713).
.
NOMI PERSONALI DERIVATI DA NUMERALI A ROMA 529
88
Per es. CIL XI 2803 (T. Venuleius T. f. Pom. Priscus, Sex. Venuleius T. f.
Pom. Fuscus, figli di T. Venuleius L. f.); CIL V 7162 (L. Manlius L. f. Cam. Priscus
... sibi et C. Manlio L. f. Clementi, P. Manlio L. f. Celeri fratribus). Cfr. anche CIL V
2975. 5292. 6345. (Tuttavia, ci sono anche casi in cui non sembra necessariamen-
te essere il cognome del primogenito, cfr. per es. CIL V 7813 [ma ha il prenome
del padre]; CIL V 902 = I. Aquileia 2753; CIL V 7425.).
89
Per Super cfr. Schulze 1991, 499 nt. 1. Nelle iscrizioni CIL V 7164 (i fratelli
M. Villius M. f. Super e T. Villius M. f. Secundus), CIL V 7514 e CIL V 7673, Super
è chiaramente il cognome del primogenito. In altre iscrizioni, però, uomini chia-
mati Super non hanno il prenome del padre (CIL V 7500 [ma qui il Super viene
menzionato prima del fratello]; CIL V 7594).
90
C. Herennius C. f. Iuvenior VIvir iun. sibi et L. (sic) Herennio patri ...
M. Herennio Vero fratri (...).
91
Cfr. CIL IX 1018 (sopra nt. 87); CIL XI 4708 (L. Pontius L. f. Paullinus al
quinto posto dopo i fratelli Saturninus, Secundus, Heraclius, Fortunatus); altri
Paulli menzionati dopo un fratello : CIL XI 6350; CIL V 57 = Inscr. It. X 1, 87;
Paulli con prenome diverso dal padre : per es. CIL IX 974; CIL XI 785a. In CIL V
5906 (P. Ursio Sex. f. Póllioni patri ... P. Ursio P. f. Paullo ... fratr(i) ... Ursia P. [f.
Pr]isca) sembra che Paullus sia stato il fratello minore di Prisca (se Paullus non è
un riflesso del cognome del padre). – Cfr. il prenome femminile Paulla (sopra
nt. 85).
.
530 OLLI SALOMIES
Olli SALOMIES
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
NOMI PERSONALI DERIVATI DA NUMERALI A ROMA 531
.
.
L’ONOMASTICA NEI TESTI :
EPIGRAFIA E LETTERATURA
.
.
CARLO DE SIMONE
L’ONOMASTICA PERSONALE
DELLA TABULA CORTONENSIS *
.
536 CARLO DE SIMONE
3
Cfr. De Simone 2001-2002, p. 100-101.
4
v. l. : Vi[.]pi Agostiniani-Nicosia 2000, p. 37; Cfr. De Simone 1998, 83, s.v.
5
Cfr. De Simone 1998, p. 66, 13.
6
Cfr. Rix 2000, p. 19.
7
Cfr. De Simone 1998, p. 66, 80, s.v. *Velave; Rix 2000, p. 23-24.
8
Cfr. De Simone 1998, 66; possibile –u finale nel prenome maschile.
9
Cfr. De Simone 2001-2002, p. 101; Roncalli 2002, p. 46-50.
10
Cfr. De Simone 1998, p. 66, 16.
11
Ibid.
.
L’ONOMASTICA PERSONALE DELLA TABULA CORTONENSIS 537
12
Cfr. De Simone 1998, p. 39-42; de Simone, 2001-2002, p. 101-102.
13
-a[l] Agostiniani-Nicosia 2000, p. 38.
14
Agostiniani-Nicosia 2000, p. 38 : [Lart Cêlatina A]pnal; ma il Matr potreb-
be anche essere [Pum]pnal).
15
L’integrazione [papal]ser-c «e nipoti» è di Agostiniani-Nicosia 2000, p. 38.
16
Cfr. De Simone 1998, p. 41.
17
Agostiniani-Nicosia 2000, p. 38 : Vêl[uur Titlni Vêluur]us; ma sono possibi-
li anche altre integrazioni.
18
Cfr. De Simone 1998, p. 69.
19
De Simone 1998, p. 69.
.
538 CARLO DE SIMONE
A) Prenomi
1) Arnza (I, 9) 21 : < *Arnu -za (dim)
2) Arnt,-u al (I, 2, 14 [A[r]n[t]; III, 3 [A]rnu al) 22 (dim)
3) Aule,- sa,- sla (I, 8; III, 14; I, 6 ; III, 7 [-sa]; IV, 2; V, 1) 23 : Avile (arc.)
< *Avile 24
4) Vêl (I, 7, 10-11; cfr. D) 25
5) *Vêlave, -s (I, 13) 26 : Velave{s}na(s) (arc.)
6) *Vêlu ur,-us,- sla (V, 2) 27 : < *Velu u-ru 28
7) Vêlx e,-es (II, 1; III, 6-7; V, 1 29
8) Larza (I, 13; III, 3) 30 : < *Lar-za (variante di Lariza?) (dim)
9) Lariza (II, 3) 31 < *Laris-za (dim)
10) Laris ,-al,-alis a;-alisvla (I, 4; III, 2 [La]ris], 9; II, 1-3; V, 4; II, 2 [L[a]-;
VI 2, 5) 3211) Lart, -u al, -u alisa (I, 1, 3, 5, 6; III, 1, 4, 10 ; IV, 1; V, 3; I, 5) 33
12) *Laus i,- s a (III, 1, 2 [Lau(si) sa) 34 : < umbro (?) *Lous is (< *Lou-
syo-s < *Loukyo-s)
20
Ibid.
21
Cfr. De Simone 1998, p. 71.
22
Cfr. De Simone 1998, p. 72.
23
Cfr. De Simone 1998, p. 73.
24
Cfr. de Simone, 1970, p. 141.
25
Cfr. De Simone 1998, p. 80.
26
Cfr. De Simone 1998, p. 80; Rix 2000, p. 23-24.
27
Cfr. De Simone 1998, p. 81.
28
Cfr. De Simone 2001-2002, p. 79.
29
Cfr. De Simone 1998, p. 82.
30
Cfr. De Simone 1998, p. 89.
31
Ibid.
32
Cfr. De Simone 1998, p. 90.
33
Ibid.
34
Cfr. De Simone 1998, p. 91.
.
L’ONOMASTICA PERSONALE DELLA TABULA CORTONENSIS 539
B) Gentilizi
35
Cfr. De Simone 1998, p. 66, 94.
36
Cfr. De Simone 1998, p. 71.
37
De Simone 1998, p. 69.
38
De Simone 1998, p. 74.
39
Pellegrini 1993.
40
Untermann 2000, p. 382, s.v.
41
De Simone 1998, p. 76.
42
De Simone 1998, p. 81.
43
De Simone 1998, p. 83.
44
De Simone 1998, p. 92.
45
Ibid.
46
Cfr. De Simone 1998, p. 96.
47
Cfr. De Simone 1998, p. 97.
48
Cfr. De Simone 1998, p. 69.
49
Cfr. De Simone 1998, p. 98, s.v. [Pum]pnei) :< *[– – –]pV-na (V = voc. Breve.
50
Cfr. De Simone 1998, p. 99.
51
Cfr. De Simone 2001-2002, p. 86-87.
52
Cfr. De Simone 1998, p. 101.
53
Cfr. Paleo umbro Setums; De Simone 1970, p. 192-194; lat. Septimus/Sep-
tumus.
54
Cfr. De Simone 1998, p. 108.
.
540 CARLO DE SIMONE
16) Titlni,-is -nei,-nal (V, 2; IV, 1) 55 : Titlna, -nei < *Titele-na ( : Pren Tite-
le : Tite)
17) Turmna (III, 4) 56 : Turmna (Cort.!) < *Tur(u)me-na (u-) ( : Pren *Tur
(u)me [u-]
18) Us lna, -nei,-nal (I, 11; III, 10) 57 : Us lna (-nie) < *Us ele-na ( : Pren U
s ele); *h2us-s- (?; flessione olodinamica).
19) Fêlsni (I, 9) 58 : Felzna (-ni(e) < *FelsV-na ( : Pren *FelsV-)
20) Fulni (III, 9) 59 : Fulna (-ni(e); -nei < *Fulu-na ( : Pren Fulu)
b) -ra :
Vêlara (I, 5-6) 60 ; *Vel(a)-ra ( : Pren Vel) 61
c) -ke :
Pêtke (III, 10) 62 : Petce,-keal (gen femm) < *Petike ( : arc. Peticina(s))
d) -le,-lei :
1) Arntlei (II, 5) 63 : < *Arnu -le,-ei (dim)
2) Lartle (I, 13) 64 < *Laru -le (dim)
e) -u :
1) Cus u,-us; -ui,-ual (II, 1- 2 [C-]; III, 7, 13; IV, 1; V, 1; III, 14) 65 ; cfr. Cu
s uu ura- «membri della famiglia Cus u» (v. anche infra)
2) Êtru,-uis (I, 14; VI, 1 [Abl] 66 < italico *Et(e)ro- ; lat. cēterus (< *ce-e-)
3) Laru (I, 12) 67 : < *Lar-u
4) Pêtru,-us (II, 4-5; VI, 3-5) : < italico Petrō
5) Pumpu (I, 7) 68 < italico Pumpō
z) (attestazioni frammentarie) :
1) [Vi?]pi (I, 3) : integrazione incerta
2) [– – –]inau ur (III, 11) : collettivo di gentilizio ?
55
Cfr. De Simone 1998, p. 109.
56
Cfr. De Simone 1998, p. 111.
57
Ibid.
58
Cfr. De Simone 1998, p. 112.
59
Cfr. De Simone 1998, p. 113.
60
Cfr. De Simone 1998, p. 81.
61
Rix 2000, p. 19 : *Velarna.
62
Cfr. De Simone 1998, p. 96.
63
Cfr. De Simone 1998, p. 72.
64
Cfr. De Simone 1998, p. 91.
65
Cfr. De Simone 1998, p. 77.
66
Cfr. De Simone 1998, p. 79.
67
Cfr. De Simone 1998, p. 91.
68
Cfr. De Simone 1998, p. 98.
.
L’ONOMASTICA PERSONALE DELLA TABULA CORTONENSIS 541
C) Cognomi
69
Cfr. De Simone 1998, p. 92.
70
Cfr. De Simone 1998, p. 97.
71
Cfr. De Simone 1998, p. 100.
72
Cfr. De Simone 1998, p. 102.
73
Cfr. De Simone 1998, p. 104.
74
Agostiniani-Nicosia 2000, p. 38.
75
Cfr. anche Rix 2000, p. 21.
76
De Simone 1998, p. 49-50.
77
Rix 2000, p. 16, 20.
78
Rix 2000, p. 20.
.
542 CARLO DE SIMONE
I
Cêlatina (B, a 3)
Vêlu inei (B a 5)
Vêtnei (B, a 6)
Luis na (B, a 7)
Pêtruni (B, a 9; ?)
Pini (B, a 10)
S alini (B, a 13)
Sêtmnei (B, a 14)
Us lna (B, a 17)
79
Cfr. del resto per Etru come gentilizio De Simone 1998, 79, s.v.
80
Cfr. Rix 2000, p. 20.
81
Cfr. Poccetti 1979, nr. 223 (Petro).
82
Cfr. del resto Maggiani 2001, p. 108.
.
L’ONOMASTICA PERSONALE DELLA TABULA CORTONENSIS 543
II
-
III
Aninei (B, a 1)
Cêlatina (B, a 3)
Cucrina (B, a 4)
Luscni (B, a 8)
[– – –]pnei (B, a 12)
Salini, -nei (B, a 13)
Têcsinei (B, a 15)
Turmna (B, a 17)
Uslna, -nei (B, a 18)
Fulni (B, a 20)
IV
Salini (B, a 13)
Titlni (B, a 16)
V
Apnei (B, a 2)
Cêlatina (B, a 3)
Pitlnei (B, a 11)
Titlni (B, a 16)
83
Cfr. Rix 1963, passim; De Simone 1970, p. 246-251.
.
544 CARLO DE SIMONE
I
Lartle (B, d 2)
Etru (B, e 2)
[Vi?]pi (B, z 1)
Laru (B, e 3)
Pumpu (B, e 5)
II
Arntlei (B, d 1)
Petru (B, e 4)
III
Petke (B g)
IV
-
V
-
I
-
II
Cusu (B, e 1)
84
Cfr. De Simone 1970, p. 247.
85
Cfr. Rix 1963, passim.
.
L’ONOMASTICA PERSONALE DELLA TABULA CORTONENSIS 545
III
Cus u (B, e 1)
IV
Cus u (B, e 1)
V
Cus u (B, e 1)
Restano infine i Cognomi veri e propri, che sono i seguenti :
I
Lus ce (C, 1)
Pruciu (C, 2)
S lanzu (C, 4)
Raufe (C, 14)
II
S cêva (C, 3)
III
-
IV
-
V
-
Osservazioni
Esistono in primis alcuni fattori di incertezza, perché non può
essere escluso che Laru, qui classificato come «Vornamengentile»
(cfr. supra), non rappresenti invece un caso ulteriore di cognome
impiegato secondariamente come gentilizio.
Più rilevanti sono le seguenti considerazioni generali. La classe
dei «Vornamengentilicia» (cfr. supra), per sé numericamente ridotta
(8 [7] esempi) rispetto al numero totale (39) delle formule onomasti-
che, non appare comunque esclusiva (o prevalente) per alcun insie-
me onomastico in cui è rappresentata (I-V), essendo presente in mo-
do non costitutivo o determinante negli insiemi I (5 [4]), II (2), III
(1) : non è possibile affermare su questa base che le liste relative sia-
no costituite da persone di «origine minore» o «parvenus» (cfr. su-
.
546 CARLO DE SIMONE
86
Cfr. De Simone 2001-2002, p. 106.
87
Ibid.
.
L’ONOMASTICA PERSONALE DELLA TABULA CORTONENSIS 547
88
ET II, p. 261, Pe 1. 110.
89
ET II, p. 218, Cl 1. 1560.
90
ET II, p. 285, Pe 1. 873.
91
ET II, p. 302, Co. 1. 19.
92
Cfr. ET I, p. 39.
93
Ibid.
94
ET II, p. 301, Co 1. 5.
.
548 CARLO DE SIMONE
Cus - :
1) Cus iu e, -es; -ui,-ial : Etnico, cfr. Cos(s)a, op. Etr. (cfr. Rut. Namat. I
286 : Cosae; Strabo V 222 : Ko¥ssan; V 225 : Ko¥ssai; Verg., Aen. X
168 : urbem Cosas; Mela II 72 : Cosa; Ptol. III 1, 4 : Ko¥ssai; Rav. IV
32, V, 2 : Cosa; cogn.[< etnico] lat. Cosānus)
2) Kus iuna (Gent, Arezzo, fine VI sec. a. C.)
3) Cus ine(i) (Gent femm [?], Chiusi, rec.)
4) Cu s nei, -nal, Cus nia (Gent femm; Perugia, Chiusi; rec.; cfr. supra)
5) Cus lnei (Gent femm, Cortona; rec.)
6) Cus u, -ui (Gent < Cogn; rec. ; cfr. supra)
95
Cfr. Pieri 1969, p. 104.
.
L’ONOMASTICA PERSONALE DELLA TABULA CORTONENSIS 549
Carlo DE SIMONE
ABBREVIAZIONI BLIOGRAFICHE
96
Cfr. Schulze, ZGLE2, p. 158.
.
550 CARLO DE SIMONE
app(ellativo) Matr(onimico)
Cogn(ome) Nom(inativo)
dim(inutivo) Patr(onimico)
femm(inile) Pren(ome)
Gen(itivo) rec(ente)
Gent(ilizio) s(ub) v(oce)
masch(ile)
.
FABIO STOK
1
Ringrazio Paolo Poccetti, Carlo Santini e Riccardo Scarcia per le osserva-
zioni proposte in sede di dibattito, e Sergio Casali per la sua attenta lettura del te-
sto di questo intervento.
2
Fra i numerosi lavori apparsi negli ultimi anni (ne citerò alcuni oltre) spic-
cano i due volumi di O’Hara 1996 e di Paschalis 1997.
3
Mi riferisco in particolare ai convegni che si svolgono da alcuni anni in Ita-
lia su «onomastica e letteratura» e alla pubblicazione (dal 1999) della rivista Il
nome nel testo.
4
Sulle cui dimensioni e tipologia vedi i dati forniti da Scarsi 1987, p. 851-53.
.
552 FABIO STOK
5
Questione dibattuta già dall’esegesi antica : la prima ipotesi in Servio ad
Aen. 7, 659, che teneva conto dell’etimologia ab avibus suggerita da Aen. 8, 235 ed
anche di altre etimologie di cui disponeva (cfr. ad Aen. 7, 657), la seconda ipotesi
è in Giovanni Lido de mag. 1, 34.
6
Cfr. Castagnoli 1984, p. 430.
7
Cfr. O’Hara 1996, p. 193.
.
ONOMASTICA / TOPONOMASTICA VIRGILIANA 553
8
Cfr. Horsfall 2000, p. 419.
9
Non altrimenti testimoniato : cfr. Letta 1972, p. 61.
10
Cfr. Scarcia 1971, p. 15-44; Letta, 1972, p. 95-97.
11
Cfr. Stok 1988, p. 128-29.
12
Nell’excursus VIII al libro VII (p. 170 dell’ed. Heyne Wagner, Lipsiae 1831
repr. Hildesheim 1968).
13
Ivi, p. 174.
.
554 FABIO STOK
rettamente per l’area occupata dai Rutuli, gelidusque per imas / quae-
rit iter vallis atque in mare conditur Ufens; non è mai citato nell’Enei-
de, invece, il fiume Umbro).
Non mi soffermo sulla spiegazione che si legge più frequente-
mente nei commenti moderni, quella della «libertà» poetica, per cui
Virgilio prescinderebbe o non si curerebbe della precisione geografi-
ca14 (ma la scelta dei nomi/toponimi, come abbiamo visto, appare
tutt’altro che casuale, anche se problematica). Non prendo in consi-
derazione neppure alcune soluzioni ad hoc del tipo di quella escogi-
tata, per il caso di Messapus / Halaesus, da Perret, che emendò il te-
sto virgiliano in modo da ricostruire le connessioni «corrette» fra gli
eroi e i rispettivi toponimi15 (già di per sé discutibile, l’ipotesi è del
tutto improbabile in considerazione della storia della tradizione ma-
noscritta virgiliana).
Merita maggiore attenzione uno degli interventi più frequente-
mente citati per i problemi in esame, quello della Saunders16. Par-
tendo dall’ipotesi che abbiamo già visto prospettata (per il caso di
Messapus) da Heyne, la Saunders ritiene che Virgilio possa aver ri-
preso tradizioni diverse da quelle vulgate a noi pervenute : nel caso
di Messapus valorizzando un legame fra l’area falisca e quella illirica
evocata dal nome del personaggio; nel caso di Ufens recuperando
l’accostamento corrente, nella storia romana, fra gli Equi (il popolo
di Ufens) e i Volsci (nella cui area scorre il fiume Ufens); nel caso di
Umbro, infine, sottintendendo una sua origine etrusca, in considera-
zione del fatto che a 7, 750 si afferma solo che egli Marruvia venit de
gente, e non che egli appartenga a questo popolo17. Virgilio, in altri
termini, potrebbe aver utilizzato i nomi/toponimi per alludere ad
una serie di connessioni etniche non esplicitate nel catalogo, ma in
qualche modo presenti nella tradizione antiquaria.
In modo più sistematico l’idea di un valore allusivo dei nomi/
toponimi era già stata prospettata qualche anno prima dalla Hol-
land, per cui i riferimenti geografici «indiretti» (cioè evocati
dall’onomastica) disegnerebbero una vera e propria «ghost map»,
completando il quadro della geografia italica con aree e regioni non
direttamente coinvolte nel conflitto18. L’ipotesi è suggestiva e in alcu-
ni dei casi citati plausibile (in quello di Umbro il nome del personag-
gio evocherebbe gli Umbri, popolo altrimenti del tutto assente nella
14
Così Rehm 1932, p. 95; per Messapus anche Horsfall 2000, p. 452 (anche
Horsfall 1987, p. 495).
15
Cfr. Perret 1974, p. 557-68 (ipotesi non scartata da Garbugino 1984, p. 90).
16
Cfr. Saunders 1940, p. 548-49. Di carattere compilatorio i lavori di Torran-
ce 1926 e Montenegro Duque 1949.
17
Saunders 1940, p. 548-49.
18
Adams Holland 1935, p. 202-15.
.
ONOMASTICA / TOPONOMASTICA VIRGILIANA 555
19
Cfr. Stok 1997, p. 590-94.
20
Cfr. Saylor 1974, p. 249.
21
Cfr. Cook, 1919, p. 103-04. Sulla discussione relativa cfr. Scarcia 1984,
p. 700-04.
.
556 FABIO STOK
22
Cfr. Paschalis 1997, p. 353.
23
Paschalis 1997, p. 270 e 353 e n.
24
Cfr. Fo 1990, p. 355.
25
Cfr. Fo 1988, p. 1068.
26
Paschalis 1997, p. 367.
.
ONOMASTICA / TOPONOMASTICA VIRGILIANA 557
27
Paschalis 1997, p. 271.
28
Su altri due nomi di questo catalogo cfr. Reed 1985, 399-418.
29
Come propone, ma per la coppia di idronimi che esamineremo fra poco,
Santini 1993, p. 76.
.
558 FABIO STOK
30
Cfr. Scarsi 1984, p. 116.
31
Cfr. La Penna 1985, p. 627-28.
32
Cfr. Mazzocchini 2000, p. 326.
.
ONOMASTICA / TOPONOMASTICA VIRGILIANA 559
33
Cfr. Annibaldis 1985, p. 628.
34
Cfr. Thomas 1992, p. 69.
35
Cfr. Paschalis 1997, p. 264.
36
Cfr. Horsfall 2000, p. 350.
37
Cfr. Putnam 1998, p. 112.
38
Santini 1993, p. 77.
.
560 FABIO STOK
Fabio STOK
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
Adams Holland 1935 = L. Adams Holland, Place Names and Heroes in the Ae-
neid, in American Journal of Philology 56, 1935, p. 202-15.
Annibaldis 1985 = G. Annibaldis, s.v. Galeso, in Enciclopedia Virgiliana II,
Roma 1985, p. 628.
Castagnoli 1984 = F. Castagnoli, s.v. Aventino, in Enciclopedia Virgiliana I,
Roma 1984, p. 429-30.
Cook 1919 = A. B. Cook, Virgil, Aen. VII 7, 641 ff. in Classical Review 33, 1919,
p. 103-04.
Fo 1988 = A. Fo, s.v. Sulmone, in Enciclopedia Virgiliana IV, Roma 1988,
p. 1068.
Fo 1990 = A. Fo, s.v. Ufente in Encicopedia Virgiliana V*, Roma 1990, p. 354-
55.
Garbugino 1984 = G. Garbugino, s.v. Aleso, in Enciclopedia Virgiliana I, Ro-
ma 1984, p. 90.
Horsfall 1987= N. Horsfall, s.v. Messapo, in Enciclopedia Virgiliana III, Roma
1987, p. 495.
Horsfall 2000 = N. Horsfall, Virgil, Aeneid 7. A Commentary, Leida, 2000.
La Penna 1985 = A. La Penna, s.v. Galeso, in Enciclopedia Virgiliana II, Ro-
ma, 1985, p. 627-28.
Letta 1972 = C. Letta, I Marsi e il Fucino nell’antichità, Milano, 1972.
Mazzocchini 2000 = P. Mazzocchini, Forme e significati della narrazione bel-
lica nell’epos virgiliano, Fasano, 2000.
.
ONOMASTICA / TOPONOMASTICA VIRGILIANA 561
.
.
CARLO SANTINI
1
Servio, Commento al libro IX dell’Eneide di Virgilio. Con le aggiunte del co-
siddetto Servio Danielino, edizione critica a cura di G. Ramires, Bologna, 1996.
2
Servio, Commento al libro VII dell’Eneide di Virgilio. Con le aggiunte del co-
siddetto Servio Danielino, introduzione, bibliografia, edizione critica a cura di
G. Ramires, Bologna 2003.
3
Il lemma sta nel quarto volume, p. 805-813.
4
Timpanaro 1986, p. 149.
.
564 CARLO SANTINI
5
Uhl 1998.
6
Mustard 1892. L’indagine, dopo un breve accenno metodologico, in cui
vengono enunciati alcuni criteri come la derivazione dal greco (e, per contro,
l’impossibilità di etimologie latine di vocaboli greci), la regola che prescrive la
conservazione della quantità dell’etimo, la propensione a fare dell’etimologia un
racconto favolistico e lo sviluppo delle potenzialità fonetiche, propone un elenco
di etimologie, definite «false and popular».
7
Amsler 1989, p. 64 : «Most of Servius’ etymological interventions are de-
ployed in the explanatory formula “X dicitur quod” or “X dictum est quia”. In
Varro’s grammatical discourse, this etymological formula was predominantly
used for exegetical explanations. But in the technical discourse of Servius and
other late Roman grammarians, the formula deploys both verbal and extraverbal
criteria, although the tendency is still to provide extralinguistic etymologies in
the quod clause».
8
Uhl 1998, p. 506.
9
Cf. Mustard 1892, p. 32.
10
Uhl 1998, p. 490.
.
MATERIALI PER UN’INDAGINE SUI TOPONIMI 565
11
Uhl 1998, p. 584.
.
566 CARLO SANTINI
Per Horsfall 2000, p. 372 la forma con la -p- appare suscettibile di rivelare
13
.
MATERIALI PER UN’INDAGINE SUI TOPONIMI 567
.
568 CARLO SANTINI
PRAENESTE, Preneste
Aen. 7,678 NEC PRAENESTINAE FVNDATOR DEFVIT VRBIS
Praeneste locus [locus est Thilo] haud longe ab urbe, dictus aßpoù
tw̃n prı¥nwn, id est ab ilicibus, quae ibi [ibi Ramires illic Thilo]
abundant.
Aen. 7,682 ALTVM PRAENESTE
Cato dicit quia is locus montibus praestet, Praeneste oppido no-
men dedit.
15
Cf. Horsfall 2000, p. 442 : l’onomastico è forse di origine etrusca, anche se
«aetiological links with caecus and Caecilii were irresistible».
16
L’epiteto aıßpy¥ è omerico, ma è difficile dubitare della natura etimologica
della glossa, cf. O’Hara 1996, p. 194.
17
Nel commentare il frammento delle Origines P. Cugusi, II, Torino 2001,
p. 351, osserva che praesto è per altro verbo polivalente che sta a indicare non sol-
tanto il ‘giacere su’, ma anche il ‘giacere davanti’.
.
MATERIALI PER UN’INDAGINE SUI TOPONIMI 569
ABELLA, Avella
Aen. 7,740 ET QVOS MALIFERAE DESPECTANT MOENIA BELLAE
multi Nolam volunt intellegi et dicunt iratum Vergilium nomen
eius mutasse propter sibi negatum hospitium, et id aperte noluisse
dicere, sed ostendere per periphrasin; nam illic Punica mala na-
scuntur : unde [ut Thilo] nunc Bella pro Nola posuerit. alii [ita
18
Horsfall 1988, p. 256.
.
570 CARLO SANTINI
add. Thilo] volunt accipi moenia Abellae [moenia Abellae om. Thi-
lo], ut sit synalipha cum legimus [et legatur Thilo] moenia Abellae.
quidam hanc civitatem a rege Murano conditam Moeram nomine
vocatam ferunt, sed Graecos primo [primum Thilo] eam incoluis-
se. quae ab nucibus Abellanis Abella nomen accepit. alii quod in-
belle vulgus et otiosum ibi fuerit, ideo Abellam appellatam. Huius
cives cum loca circa Capuam possiderent orto [† ortu Thilo] tu-
multu interisse aliosque fugientes Moeranum abisse et eius incolis
se iunxisse : et quod inbelliores fuerint Abellanos dictos.
19
Rehm 1932, p. 34 s. e nn. 76, 77, 78. Il ricordo di questo aition etimologico
richiama la reciproca ostilità tra Virgilio e la città di Nola che ricorre in forma di
omissione anche in un altro punto del commento del Danielino a proposito del
verso di Geo. 2,224 talem dives arat Capua et vicina Vesaevo; complessivamente la
notizia è sicuramente antica perché Gellio vi accenna a 6,20,1 ricordando di aver-
la trovata in quodam commentario. Per una proposta interpretativa che collega i
due riscontri di questa singolare informazione biografica, cf. Holford-Strevens
1979, p. 391-393.
20
Walde – J. B. Hofmann 1965, s.v. ‘Abella’. Cf. anche Poccetti 1991, p. 92-94.
21
Cf. Horsfall 2000, p. 482 «malum cannot possibly be used of a nut».
.
MATERIALI PER UN’INDAGINE SUI TOPONIMI 571
LABICUM, Labico
Aen. 7,796 PICTI SCVTA LABICI
Glaucus, Minois filius, venit ad Italiam. Et cum sibi imperium po-
sceret nec acciperet, ideo quod nihil praestabat, sicut eius pater
praestiterat zonam eis transmittendo, cum antea [antehac Thilo]
discincti essent, ostendit scutum militarem [militarem add. Rami-
res] : a quo et ipse Labicus dictus est, et ex eo populi aßpoù th̃v
labh̃v, quam latine amplam vocamus.
22
Cf. Philipp 1933, c. 657.
23
In effetti Murranius, Murranus sono onomastici ben attestati, cf. Schulze
1966, p. 362 s.
.
572 CARLO SANTINI
con l’espressione clipeata ... agmina (v. 793 s.), accenna poi diretta-
mente per ipallage agli scudi dipinti dei Labici, dalla città di Labico;
i Labici compaiono anche nel catalogo di Silio Italico, come habiles
ad aratra (8,366), con significativo parallelismo tra l’impugnatura
dello scudo e quella dell’aratro 24, che puntualizza per altro l’antifrasi
ideologica bellum vs/ rus. Per altro, a sottolineare la continuità del
motivo, immediatamente prima Virgilio riserva i vv. 789-792 alla de-
scrizione del clipeus di Turno.
L’etimologia dal greco si basa sulla voce labh¥, ‘manico’, ‘impu-
gnatura’ 25 che Servio traduce in latino con ampla, vocabolo usato
pochissimo nel suo significato concreto (segnalo qui il passo di
Ammiano 22,2,1 ampla remanserat sola) e molto più spesso in sen-
so figurato. Sulla figura dell’eroe greco ecista Glauco, figlio di Mi-
nosse, la notizia, costruita in base al topos del prw̃tov eyΩreth¥v, del
suo arrivo in Italia, dove insegna a combattere con lo scudo, viene
confermata da un passo del Servio auctus a 8,330 in base al quale
sarebbe stato proprio Glauco ad uccidere il re etrusco Thybris (vel
ut quidam volunt a Glauco, Minois regis filio, occisus est) che
avrebbe a sua volta dato il nome al fiume.
L’ultima etimologia di un toponimo qui presentata è un caso
più complesso che potrebbe anche suggerire un innesto tra la topo-
nomastica letteraria e quella scientifica
24
Spaltenstein 1986, p. 524.
25
O’Hara 1996, p. 199.
.
MATERIALI PER UN’INDAGINE SUI TOPONIMI 573
26
Sordi 1984, p. 741.
27
Desanges 1969, p. 460-62.
28
De Simone 1976, p. 163-184.
.
574 CARLO SANTINI
29
Cf. De Simone 1976, p. 177.
30
Cf. Maggiani 1999, p. 59-61.
31
Briquel 1991, p. 235-248.
32
Cf. Sordi 1960, p. 44 n. 2.
33
Sordi 1960, p. 48 s. propone al riguardo due possibili opzioni : «una fonte lo-
cale cerita» oppure «uno scrittore romano filoetrusco e di tendenza democratica».
34
La traduzione di Strabone è quella di A. M. Biraschi, Milano 1988 : «prima
infatti Caere era chiamata ‘Agylla’ e si dice fosse fondazione dei Pelasgi venuti dalla
Tessaglia; quando i Lidi, che poi furono chiamati Tirreni, attaccarono gli Agillei, si
dice che un tale, giunto alle mura, chiedesse il nome della città. Una delle sentinelle
tessale, invece di rispondere alla domanda, lo salutò : ‘chaire’ e, avendo accolto ciò
come presagio, i Tirreni cambiarono così il nome della città conquistata».
.
MATERIALI PER UN’INDAGINE SUI TOPONIMI 575
35
Briquel 1991, p. 243.
36
Cf. Sordi 1984, p. 741.
37
Cf. De Simone. 1976, p. 179.
38
Il discorso, ben più complesso, rifletterebbe le posizioni antagonistiche del
patriziato e dei plebei nei confronti della cultura etrusca; cf., su questo tema,
Sordi 1960, p. 45 ss.
.
576 CARLO SANTINI
Carlo SANTINI
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
39
Briquel 1999, p. 296 s.
.
MATERIALI PER UN’INDAGINE SUI TOPONIMI 577
Norden 1915 = E. Norden, Ennius und Vergil. Kriegsbilder aus Roms grosser
Zeit, Lipsia, 1915, p. 23 n. 3.
O’Hara 1996 = J. J. O’Hara, True Names, Ann Arbour, 1996, p. 194, 199.
Philipp 1933 = H. Philipp, s.v., in RE, Stoccarda, 1933, c. 657.
Poccetti 1991 = P. Poccetti, Itinerari gastronomici della poesia nell’Italia anti-
ca, in AIWN 13, 1991, p. 92-94.
Rehm 1932 = B. Rehm, Das geographische Bild des alten Italien in Vergils Ae-
neis, in Philologus (Suppl. XXIV, 2), Lipsia, 1932, p. 34 s. e nn. 76, 77, 78.
Schulze 1966 = W. Schulze, Zur Geschichte lateinischer Eigennamen, Berlin /
Zurigo-Dublino, 1966, p. 362 sg.
Spaltenstein 1986 = F. Spaltenstein, Commentaire des Punica de Silius Itali-
cus, I, Ginevra, 1986, p. 524.
Sordi 1960 = M. Sordi, I rapporti romano-ceriti e l’origine della civitas sine
suffragio, Roma, 1960, p. 44 n. 2.
Sordi 1984 = M. Sordi, s.v. ‘Caere’, in Enciclopedia Virgiliana, I, Roma, 1984,
p. 741.
Timpanaro 1986 = S. Timpanaro, Per la storia della filologia virgiliana antica,
Roma, 1986, p. 149.
Uhl 1998 = A. Uhl, Servius als Sprachlehrer. Zur Sprachrichtigkeit in der exege-
tischen Praxis des spätantiken Grammatikerunterrichts, Gottinga, 1998.
Walde – Hofmann 1965 = A. Walde – J. B. Hofmann LEW4, I, Heidelberg,
1965, s.v. ‘Abella’.
.
.
EMANUELE LELLI
1
In generale, oltre ai classici : J. Tolkiehn, Lexikographie, in R.E. XII, 2,
1925, coll. 2432-2482; H. Erbse, Lexikographie, in Lexikon der alten Welt, Zurigo-
Stoccarda, 1965; Introducciòn a la lexicographia griega, Madrid, 1977, si veda
anche la notevole sintesi di E. Degani, La lessicografia, in Lo spazio letterario della
Grecia antica, 2, p. 505-527 (aggiornamento del precedente lavoro : Lessicografi,
in Dizionario degli scrittori greci e latini, Milano, 1988, p. 1169-85).
2
Significativa è la testimonianza di Aristofane (fr. 233 K.-A.), che mette in
scena una ‘interrogazione’ fra due fratelli su difficili termini omerici; cfr. anche
A. C. Cassio (ed.), Aristofane, I Banchettanti, Pisa, 1977, p. 75-77.
3
Aristarco polemizzò spesso, stando a quanto possiamo ricostruire dagli
scoli, con gli antichi Glossographoi : fondamentale il lavoro di A. R. Dyck, The
Glossographoi, in HSPh, 91, 1987, p. 119 ss. Vd. anche : R. Tosi, Callimaco e i glos-
sografi omerici, in Eikasmòs, 8, 1997, p. 223-240.
4
La bibliografia, a partire dai frammenti di Eraclito fino al Cratilo platoni-
co, è sterminata : da ultimo, e per un quadro generale, vd. : D. Gambarara, Alle
fonti della filosofia del linguaggio. «Lingua» e «nomi» nella cultura greca antica,
Roma, 1984.
5
Sull’apertura dell’orizzonte linguistico e metalinguistico dei Greci a partire
dall’età alessandrina vd. in generale C. Consani, Dialektos. Contributo alla storia
.
580 EMANUELE LELLI
del concetto di ‘dialetto’, Pisa 1991. Dionisio Iambos, maestro di Aristofane di Bi-
sanzio, fu autore di un Perıù diale¥ktwn che è la prima opera del genere di cui sia
giunta notizia : cfr. Athen. 7, 184b; Neottolemo di Paro compilò una raccolta di
Fry¥giai fwnaı¥ (per i frammenti : H. Mette, in RhM, 123, 1980, p. 1-24); più avanti
nel tempo saranno compilate raccolte di glosse cretesi (Ermonatte : cfr. Athen. 11
480f), rodie (Mosco), macedoni (Ameria). Per tutto il periodo alessandrino cfr.
R. Tosi, La lessicografia e la paremiografia in età alessandrina ed il loro sviluppo
successivo, in F.Montanari (ed.), La philologie grecque à l’époque hellénisticque et
romaine (Entret. Hardt XL), Vandoeuvres-Genève, 1994, p. 143-197 e la relativa
discussione; Tosi sottolinea la centralità dell’ambiente alessandrino come ‘salto
di qualità’ (senza un marcato gap, tuttavia) rispetto ad esempio alla lessicografia
aristotelica, soprattutto per l’aspetto di «duplice finalità, di ausilio per la lettura e
di indirizzo per la produzione letteraria» che caratterizza la lessicografia e la
glossografia alessandrine (e che rimarrà un elemento fondamentale anche in se-
guito) : solo con il poeta-filologo nasce una attenzione nuova verso la parola.
Quest’ultimo dato è del resto la tesi di fondo di uno dei più recenti lavori sistema-
tici su un glosso-/lessicografo (pre)alessandrino, Filita di Cos : E. Dettori (ed.),
Filita grammatico. Testimonianze e frammenti, Roma 2000 (un’ampia panoramica
della glossografia e lessicografia alessandrina alle pagine 39-49); Dettori pensa ad
«un interesse del tutto preminente per la parola in sé, prima che per l’esegesi cri-
tico-letteraria, o anche consapevolmente filologica» (p. 35); come risulterà chia-
ro dalle pagine che seguono, anche per quanto riguarda l’onomastica non greca
del mondo italico gli alessandrini – più poeti che filologi, questa volta – sembrano
appuntare la loro attenzione soprattutto sulle possibilità mitopoietiche e lettera-
rie offerte dal ‘nome’, piuttosto che sul dato erudito (di cui, non è da sottovalu-
tare, avevano ovviamente meno notizie di quanto potevano disporre per i nomi
greci).
6
Raccolta e commento in W. I. Slater, Aristophanis Byzantii fragmenta, Ber-
lino-New York, 1986.
7
R. Weber, De Philemone Atheniensi glossographo. Commentationes philo-
logicae in honorem O. Ribbeckii, Lipsia, 1888, p. 441-450.
8
Solo alla matura età ellenistica sembrano risalire, invece, opere lessicogra-
.
L’ONOMASTICA DEL MONDO ITALICO NEGLI ALESSANDRINI 581
fiche riguardanti il mondo italico : Diodoro, da collocare agli inizi del I sec.
a.C. (Degani, La lessicografia, cit. a n. 1, p. 510), fu autore di una raccolta di Ita-
likaıù glw̃ssai; Filosseno, anch’egli del I sec. a.C., scrisse un Perıù th̃v tw̃n Syrako-
sı¥wn diale¥ktoy e un Perıù th̃v Rwmaı¥wn diale¥ktoy, in cui il latino era considerato
un dialetto greco vicino all’eolico (Chr. Theodoridis, Die Fragmente des Gramma-
tikers Philoxenos, Berlino-New York, 1976). All’età augustea appartiene oramai
Trifone, autore di un Perıù th̃v Ellh¥nwn diale¥ktoy kaıù Argeı¥wn kaıù Imeraı¥wn kaıù
Rhgı¥nwn kaıù Lwrie¥wn kaıù Syrakoysı¥wn.
9
La bibliografia è sterminata; due ultimi contributi esemplificativi : R. Pre-
tagostini, L’autore ellenistico fra poesia e ‘filologia’. Problemi di esegesi, di metrica e
di attendibilità del racconto, e L. E. Rossi, Letteratura di filologi e filologia di lette-
rati, entrambi in A. Porro – G. Milanese (a cura di), Atti del Congresso Poeti e filo-
logi, filologi-poeti. Composizione e studio della poesia epica e lirica nel mondo greco
e romano (Brescia, Università Cattolica, 26-27 aprile 1995), Milano, 1996, p. 9-32 e
33-46.
.
582 EMANUELE LELLI
10
Ant. Syr. FGrHist 555 F4 e Philist. FGrHist 556 F46 (= Dionys. Hal. A.R.
1,22).
11
Ant. Syr. FGrHist 555 F2, Thuc. 6,1,4 e Philist. FGrHist 556 F46, nonché
Strabo 6,1,4; vd. anche la discussione erudita in Dionys. Hal. A.R. 1,35 (cfr. anche
1,12,3), che riporta la versione di Ellanico di Lesbo (FGrHist 4 F111), il quale deri-
vava Oyßitalı¥a dal nome latino di Boỹv (vitulus). Quest’ultima tradizione era
anche all’origine di una mitopoiesi su uno dei buoi di Gerione rincorso da Eracle
per tutta la Sicilia e la Magna Grecia : cfr. Diod. 4,22,5; Apollod. 2,5,10,9; Per Ita-
lia da vitulus cfr. : Dio Cass. 1, fr. 4,2 Boissevain; Hesych. s.v. Italo¥v; Fest. p. 94
L.; Colum. 6 praef. 7; Serv. auct. ad Aen. 1,533; Varro, rust. 2,1,9 e 2,5,3, ling. lat.
5,96; Gell. 11,1,1. Vd. Pokorny, IEW, 1175; Devoto, A.It, 102.
12
Cfr., per es., vv. 869-872; 1273-1279.
.
L’ONOMASTICA DEL MONDO ITALICO NEGLI ALESSANDRINI 583
13
A. Zamboni, Il siculo, in Lingue e dialetti dell’Italia antica, Roma 1978,
p. 972.
14
Su cui, in generale, per gli aspetti storici, antiquari e letterari : A. Barigaz-
zi, Saghe sicule e beotiche nel simposio delle Muse di Callimaco, in Prometheus, 1,
1975, p. 5-26; F. Cordano, Ecisti a banchetto, in PP, 39, 1984, p. 366-368;
.
584 EMANUELE LELLI
Traduzione
Pola. La modalità per cui gli alessandrini propongono esplicita-
mente una ‘traduzione’ di toponimi italici (che al vaglio dei nostri
strumenti può rivelarsi vera o no), doveva avere un particolare valo-
re erudito, se si considera il fatto che tali dichiarazioni di ‘traduzio-
ne’ da una lingua diversa sono estremamente rare. La più eclatante
si trova, a mio parere non a caso, in Callimaco.
In uno dei primi racconti degli Aitia, il Ritorno degli Argonauti,
infatti, Callimaco menziona la tradizione mitica dell’inseguimento
di Argo da parte dei Colchi inviati da Eeta i quali, dopo aver perso le
.
L’ONOMASTICA DEL MONDO ITALICO NEGLI ALESSANDRINI 585
17
Esistevano pure altre due etimologie, che riconducevano il toponimo o a
uno Zanclo eponimo o ad una sorgente vicina, ma erano entrambe versioni minori-
tarie : cfr. Steph. Byz. s.v. Za¥gklh; per Zanclo vd. Diod. Sic. 4,85,1 (forse da Timeo).
18
Per gli aspetti storico-mitici vd. : G. De Sanctis, Callimaco e Messina, in
AAT, 63, 1928, p. 112-117; A. Colonna, La fondazione di Messina nella poesia di
Callimaco, in Ann.Univ.Mess., 1952/1953, p. 19-30; G. Vallet, Rhégion et Zancle.
Histoire, commerce et civilisation des cités chalcidiennes du détroit de Messine, Pa-
rigi, 1958, 61-63.
.
586 EMANUELE LELLI
Gela, Catania. Di altri due toponimi siciliani era vulgata una ‘tra-
duzione’ che riportava a lingue non greche : Gela e Catania. Forse
nel fr. 43 Pf. Callimaco impiegava una qualche perifrasi che alludes-
se all’aneddoto con cui veniva spiegata l’origine del toponimo Ka-
ta¥nh; gli scolî, infatti, che pure sono estremamente lacunosi e sono
stati diversamente integrati, conservano il nome kata¥nh che si colle-
ga senz’altro alla storia di Evarco. Il comandante calcidese, navigan-
do nei pressi del sito, avrebbe perso dalla nave una grattugia, in si-
culo ‘catane’, e così avrebbe denominato la città 20.
La notazione erudita sull’origine di Gela, collegata a ge¥la “bri-
na” (Tzetz. ad schol. in Thuc. 6,4,3; cfr. lat. gelu) e conservata da un
frammento di Epafrodito che con tutta probabilità avrà fatto parte
del commento ad Aitia 2,43,46s., apparterrà – stando al testo del
passo – al grammatico piuttosto che a Callimaco, il quale forse si sa-
rà limitato a suggerire la derivazione del toponimo dall’idronimo
(come pure aveva letto in Tucidide 6,4,3) :
oı®da Ge¥la potamoỹ kefalq̃ e¶pi keı¥menon a¶sty
19
Così, per esempio, Apollonio Rodio 4,983-986. Anche Callimaco, stando a
quanto afferma Plin. nat. 4,52 (= Aitia 1, fr.14 Pf. = 15 Massimilla), definiva Dre-
pane Corcira, e Pfeiffer ipotizza che il riferimento callimacheo alla falce fosse, in
tal caso, al dre¥panon con cui Demetra insegnò ai Titani a mietere il grano : questa
versione, d’altra parte, è anch’essa menzionata in Apoll. Rodio 4,982-992 accanto
all’altra, più tradizionale, sulla falce di Crono; lo scolio ad loc., infine, attesta che
fonte del primo racconto (falce di Crono) è Timeo (FGrHist 566 F79) e del se-
condo è l’Aristotele della Costituzione dei Corciresi (fr. 512 Rose).
20
Cfr. Plut. Dio 58; Steph. Byz, s.v. Kata¥nh.
.
L’ONOMASTICA DEL MONDO ITALICO NEGLI ALESSANDRINI 587
21
Cfr. Zenob. Ath. II 77 aΩrpagaù taù Konnı¥da, rimandando a Callimaco e a Ti-
meo per la storia.
22
Cfr. schol. Lyc. 1067 (forse Timeo); Ovid. F. 5,441, met. 7,207; Stat. silv.
1,5,47.
.
588 EMANUELE LELLI
23
Su cui vd. : A. Barigazzi, L’aition callimacheo di Euticle di Locri, in Prome-
theus, 2, 1976, p. 145-150
24
Zamboni, cit. a n. 13, p. 973-974; cfr. Emped. fr. 6,3 D.-K.
.
L’ONOMASTICA DEL MONDO ITALICO NEGLI ALESSANDRINI 589
Emanuele LELLI
.
.
ASPETTI TERMINOLOGICI E CLASSIFICATORI
.
.
VINCENZO ORIOLES
1
L’inaffidabilità del ricorso a etnici tramandati dalla tradizione era stata a
suo tempo sottolineata da Vittore Pisani, di cui mi piace riportare per esteso la
tranciante presa di posizione non priva di valenze metodologiche universali :
«L’uso di etnici presso gli autori antichi (come Itali, Iberi, Liguri ecc.) può esser
determinato da principii completamente diversi da quelli con cui li adoperiamo
noi : può esser comodo per noi usare tali etnici per dare un nome a certi concetti,
ma occorre tenere ben presente che essi possono aver designato, a seconda degli
autori che li hanno introdotti, o di quelli che li hanno ripresi, un concetto etnico
ovvero linguistico, ovvero politico e così via : è un po’ come se noi usassimo in
linguistica il termine austroungarico o sovietico a indicare una lingua, o in politi-
.
594 VINCENZO ORIOLES
Il costrutto di «glottonimo»
E proprio per sgombrare il campo da ogni commistione fra dato
etnico e dato linguistico è invalso l’uso, da alcuni anni a questa par-
te, di fare ricorso a un nuovo dispositivo metalinguistico, quello di
glottonimo, che va ad inserirsi agevolmente nello schema seriale co-
stituito dalle formazioni in -onimo utilizzate per i tipi onomastici.
L’impiego di glottonimo come equivalente di nome di lingua è
tecnicismo che mi risulta proposto da Adriano Rossi per indicare
«qualunque elemento onomastico relativo a denominazioni di qua-
lunque varietà linguistica» (Rossi 1981, p. 146 n. 23) 2 ; il tema sareb-
be stato ripreso e ampliato in Rossi 1984, p. 39 n. 2, dove si elabora
una complessa tassonomia comprensiva della distinzione tra auto-
glottonimo ed eteroglottonimo, parallela a quella fra autonimo ed ete-
ronimo, e in cui si parla anche di sistema glottonimico (p. 43) 3.
Il costrutto di glottonimo va idealmente a completare e a struttu-
rare l’ordinamento classificatorio delle istanze etnotoponomastiche
proposto nell’ambito del progetto DETIA (Dizionario degli Etnici e
Toponimi dell’Italia Antica), ideato e coordinato da Domenico Silve-
stri, attraverso cui viene istituita una «lessicologia dei toponimi e
dei connessi etnonimi» 4.
.
COME CHIAMARE LE LINGUE DELL’ITALIA ANTICA PREROMANA 595
5
Un contributo illuminante in questa direzione si deve a Dunja Rihtman-
Auguštin, Il nome della lingua. Una presentazione etnoantropologica della lingua
nel conflitto etnico-nazionale, in Ethnos e comunità linguistica : un confronto lin-
guistico e interdisciplinare. Ethnicity and language community : an interdisciplina-
ry and methodological comparison. Atti del Convegno Internazionale (Udine, Cen-
tro Internazionale sul Plurilinguismo, 5-7 dicembre 1996), a cura di R. Bombi e
G. Graffi, Udine, 1998, p. 135-151.
.
596 VINCENZO ORIOLES
la distinzione col resto – nel Sud; gli altri dialetti (‘minori’) erano
graduati tra questi due estremi, con una gradienza geografica, con
alcune ‘impennate’ come la umbricità del volsco (della tabula veli-
terna)». È forse il caso di evidenziare la contraddizione insita in tali
scelte, ove si pensi che quella di umbro esprime una grandezza etni-
ca, mentre per osco «il termine è, sin dall’antichità, esclusivamente
un glottonimo» (Silvestri 1994, p. 351).
Oscurando in ogni caso questa istanza differenziatrice, il para-
digma neogrammaticale avrebbe poi elaborato, ricavandola per
astrazione sommatoria, una entità sovraordinata identificata attra-
verso il sintagma osco-umbro : se si guarda alla sistematizzazione
del von Planta, la denominazione, lungi dall’essere posta in discus-
sione, appare come acquisita e consolidata e interpretata come un
utile comune denominatore su base geografica : «Letztere [die os-
kisch-umbrischen Dialekte] werden so genannt nach den beiden
Hauptmundarten, welche zugleich die Endpuncte des Sprachgebiets
bilden, Oskisch im Süden (Samnium, Campanien, z. Th. Lucanien
und Bruttium, Messana), Umbrisch im Norden» (von Planta 1892-
1897, p. 8) 6. Contestualmente era dato per scontato, in aderenza allo
schema interpretativo schleicheriano dell’albero genealogico, che
l’oscoumbro rappresentasse insieme con il latino la diramazione di
una fase preistorica unitaria a designare la quale viene piegato il ter-
mine italisch o uritalisch.
Si crearono in tal modo i presupposti per una ambiguità inter-
pretativa e terminologica che ha attraversato anche la fase matura
degli studi sulle lingue dell’Italia preromana e che tuttora riverbera i
suoi effetti distorsivi sulla ricerca 7 : alludo cioè alla duplicità di valo-
ri che accompagna l’impiego del tipo “italico”, ora inteso come pro-
tolingua o comunque designazione complessiva dell’unità predocu-
mentaria cui venivano fatti risalire sia il latino che le altre lingue in-
dœuropee dell’Italia antica ora identificato con i filoni rappresentati
dalle varietà dall’osco e dell’umbro in ogni caso distinti dal latino. Se
6
Per quanto riguarda la sua ricezione italiana, la documentazione di osco-
umbro, registrato in lessicografia a partire dal 1935 (così il GRADIT s.v.), è retro-
databile almeno all’uso che ne faceva Luigi Ceci, Per la storia della civiltà italica.
Discorso inaugurale dell’anno accademico 1900-1901 nella R. Università di Roma,
Roma, 1901 (rist. in L. Ceci, Latium vetus, a cura di W. Belardi, Alatri, 1987,
p. 127-190; in tale riedizione lo si può scorgere ad es. alla p. 145).
7
Sugli equivoci terminologici che persistono nelle istanze di designazione
delle lingue dell’Italia antica ha recentemente attirato l’attenzione Paolo Poccetti
prima in un denso intervento proposto al convegno promosso a Catania dalla So-
cietà Italiana di Glottologia (Poccetti 2004a, p. 184 ss. e spec. 186-187) e poi in un
contributo (Poccetti 2004b) centrato sulla figura di Michel Lejeune e sulle pre-
ziose Notes de linguistique italique delle quali lo studioso curerà la riattivazione.
.
COME CHIAMARE LE LINGUE DELL’ITALIA ANTICA PREROMANA 597
8
Sorretti dall’autorità di Antoine Meillet, i linguisti di scuola francese pro-
pendono infatti a interpretare l’italique come «le groupe de langues englobant la-
tin, falisque, osque, ombrien et manifestant des similitudes internes notables (en-
core que moins étroite que celles qu’on observe en osque et en ombrien)» : si cita
da M. Lejeune, Manuel de la langue vénète, Heidelberg 1974, p. 171. Stando tutta-
via a quanto fa rilevare Poccetti 2004b, p. 37, l’uso di Meillet è in realtà «flottant»
in quanto il concetto genetico corrispondente all’Uritalisch è individuato propria-
mente dal sintagma italique commun mentre con la semplice denominazione di
italique l’indoeuropeista francese faceva riferimento «aux parlers italiques non
latines» (con rimando all’Esquisse d’une histoire de la langue latine, Parigi, 1928,
p. 48).
9
A partire da Italo-greco e italo-celtico, in Silloge linguistica dedicata alla me-
moria di Graziadio Isaia Ascoli nel primo centenario della nascita, Torino, 1929,
p. 20-240, ripubblicato in Scritti minori, I, Firenze, 1958, p. 129-154; cfr. anche
Gli antichi italici, Firenze, 1931 (prima edizione).
.
598 VINCENZO ORIOLES
10
Il tipo terminologico è riproposto nella forma spagnola Protosabelio presso
Adjego Larara 1992.
.
COME CHIAMARE LE LINGUE DELL’ITALIA ANTICA PREROMANA 599
Vincenzo ORIOLES
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
600 VINCENZO ORIOLES
.
SARA FEDALTO
1
Cfr. Beccaria 1994.
2
Nell’ambito dei dizionari di linguistica in lingua italiana da me consultati è
riportato dal solo Cardona 1988.
.
602 SARA FEDALTO
3
Cfr. Nikonov 1990, che si chiede se sotto il termine Ethnonimie si possano
ricondurre così diverse designazioni e come sia dunque possibile definire i confi-
ni a cui è applicabile l’etichetta di Etnonimia.
4
Silvestri 1982, p. 65-74. Generica è di per sé anche l’etichetta di toponimi a
cui sono da ricondurre designazioni che sono propriamente idronimi, oronimi,
econimi, ai quali si può aggiungere una quarta categoria, quella dei geonimi per i
nomi di località generiche (insulae, agri).
5
Silvestri 1984, p. 72.
6
Silvestri 1986.
7
Silvestri 1995.
.
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE NELL’ETNONIMIA 603
Spa¥rth, Lakwnikoùn xwrı¥on [...] toù eßunikoùn Spartiãtai [...] toù kthtikoùn
Spartiatiko¥v 8.
L’uso di questa marca classificatoria che, come vedremo, defini-
sce una vera e propria categoria grammaticale, è dato per scontato
al pari della corrispettiva categoria nominale dell’eßuniko¥n. Questi
due termini sono utilizzati da Stefano in modo coerente alla lunga e
consolidata tradizione grammaticale di cui egli si avvale, la quale ne
aveva definito in modo chiaro e rigoroso caratteristiche semantiche
e formali.
L’opera di Stefano Bizantino è databile ad epoca tarda; sull’ef-
fettiva esistenza di molte delle forme date sorgono, come vedremo in
seguito, legittimi dubbi 9 dal momento che la raccolta risponde più
ad intenti lessicografici, se non normativi, che documentari : è
quanto risulta ad esempio dalla serie di coppie di etnici e di ktetika
riportate per simmetria alla voce Pamφylı¥a. Tuttavia essa, nel com-
plesso, segnalando questa distinzione nell’ambito della documenta-
zione etnotoponomastica, non fa che attestare una prassi linguistica
di lunga tradizione le cui prime testimonianze ci sono fornite da
Omero.
Già in Omero troviamo laoùv Axaiko¥v, Trwiko¥v rispetto ai relati-
vi etnici Axaioı¥, Trw̃ev; Tucidide III, 104 presenta la serie Dh̃lov,
Dh¥liov (Apollo) e Dhliakoùn xoro¥n e in IV, 30 Aıßtwliko¥n pa¥uov, ri-
spetto a Aıßtwloı¥ ; in Erodoto, accanto a Mh̃doi e Lydoı¥, occorrono ri-
spettivamente Mhdikhù aßrxh¥, Lydikhù xw¥rh; Pe¥rsai sono i Persiani
ma persikh¥ stratih¥ è l’esercito persiano.
La correlazione etnico ∼ ktetikon si riconosce ancora nei seguen-
ti esempi : Sky¥uhv è chi appartiene al popolo degli Sciti, skyuiko¥v si
riferisce a un oggetto (es. skyuiko¥n to¥jon); Eretriey¥v è un abitante
di Eretria, di contro a Eretrikh¥ xw ¥ rh.
8
Stephani Byzantii ethnicorum quae supersunt, ex recensione Augusti Mei-
nekii, Graz 1958, unveränderter Abdruck der 1849 im Verlag G. Reimer in Berlin
erscheinenen Ausgabe. Se è prevalente il numero di attestazioni in -iko¥v, che qui
si son volute esemplificare, occorrono tuttavia anche forme di ktetikon in -eiov,
-iãov.
9
Cfr. nota n. 32 a proposito delle basi su cui Stefano costruisce etnici e kte-
tica, a proposito di etnici indicati come ktetica, o altre incongruenze.
10
Dittenberger 1906; Dittenberger 1906 a; Dittenberger 1907.
.
604 SARA FEDALTO
11
Uso la nozione di norma linguistica con riferimento alla definizione, dive-
nuta paradigmatica, proposta da Coseriu 1971, p. 19-103.
12
Cf. Dittenberger 1906 a, p. 162 s.
.
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE NELL’ETNONIMIA 605
13
Così anche in Consenzio : sunt alia [scil. nomina] gentis, ut Graecus Hispa-
nus, sunt alia patriae, ut Thebanus Romanus (Keil V, 340, 1-2) e nell’Ars anony-
ma : Sunt alia [scil. nomina] gentis, ut Graecus Hispanus, quae a Graeco et Hispa-
no vocantur, unde unusquisque de Graecis Graecus dicitur et unusquisque de His-
panis Hispanus vocatur. Alia sunt patriae, ut Italicus ab Italia, et Africanus ab
Africa dicitur. Alia loci, ut Romanus a Roma dicitur et Thebanus a Thebae voca-
tur... (Keil VIII, 72, 30-35).
14
Cfr. Dittenberger 1906 a, p. 167 s.; Risch 1957, p. 63-74.
15
Il testo omerico ha in realtà la forma femminile Nhlh¥iai; così anche per
Ettore la forma omerica del possessivo è Ekto¥reiov.
16
In riferimento a questa nozione di possesso si spiega anche l’indicazione a
I.1, 31, 5 per cui hΩ deù genikhù (scil. ptw̃siv) viene anche detta kthtikh¥ te kaıù pa-
trikh¥.
.
606 SARA FEDALTO
26,7), vale a dire ktetikon è quel nome che ricade sotto la categoria
del possesso, e che include il possessore; aggettivo, dunque, derivato
da nome di persona applicato a cosa che è in possesso della perso-
na17.
In latino il corrispettivo che dai grammatici viene fatto esplicita-
mente corrispondere è possessivum18.
In realtà l’uso generalizzato dello ktetikon esorbita da questa de-
finizione : non è solo la nozione di appartenenza/possesso che viene
veicolata da questa classe nominale : in effetti già i commentatori
antichi, sottolineando l’inadeguatezza di questa etichetta, avevano
notato che alla categoria dello kthtiko¥n dovevano essere ricondotte,
quali specie, anche altre voci come quella dell’oıßkeiwtiko¥n, del metoy-
siastiko¥n e dello synemφantiko¥n/synekφantiko¥n, vale a dire designa-
zioni più ampie come provenienza da un luogo, composizione mate-
riale, altri tipi di relazione.
Così gli scolii Vaticani e Marciani a Dionisio (GG Hilgard I.3,
223, 31 e rispettivamente I.3, 371, 18) : Eı¶dh deù toỹ kthtikoỹ taỹta, oıß-
keiwtiko¥ n, metoysiastiko¥ n, synemφantiko¥ n . oıß keiwtiko¥ n meù n, w Ωv
Oly¥mpiov uala¥ttiov, metoysiastikoùn de¥, wΩv aßrgy¥reov xry¥seov, syne-
mφantikoùn de¥, w Ω v grammatikoùv gewmetriko¥v.
Più ampia l’indicazione dell’Etymologicum Magnum : Eı¶dh deù
toỹ kthtikoỹ, trı¥a. oıßkeiwtikoùn, synekφantikoùn, metoysiastiko¥n. oıß-
keiwtikoùn meùn, toù oıßkeı¥wsin e¶xon proùv to¥pon. oıüon, oyßra¥niov, eßpı¥geiov,
uala¥ssiov, Ky¥priov, ro¥diov, gh¥inov. synekφantikoùn deù, toù synekφaı̃-
no¥n ti meu eΩaytoỹ. oıüon, grammatiko¥v. synekφaı¥nei gaùr grammatikh¥n.
kaıù aßstronomikoùv oΩmoı¥wv kaıù rΩh¥twr kaıù φilo¥soφov. metoysiastikoùn deù
eßsti, toù mete¥xon oyßsı¥av tino¥v. oıüon ke¥drinov [...] derma¥tinov, xa¥lkeiov,
xry¥seiov stayroùv, bro¥teiov xeı¥r19.
Se dunque alla categoria dello ktetikon ne vengono ricondotte
altre che non indicano propriamente il possesso ma una relazione in
17
È indubbia la contiguità semantica tra patronimico e ctetico, ma la distin-
zione attuata nella descrizione grammaticale è altrettanto motivata : come già
notano gli scolii, il patronimico deriva unicamente da un nome proprio; inoltre il
patronimico predice il contenuto semantico del determinato, che è sempre ‘figlio’
o ‘figlia’ (o eventualmente un discendente più lontano) : cfr. Lallot 1989, p. 133.
18
Cfr. Pompeo : cteticon id est possessivum (Keil V, 147, 7-8); Cledonio : cte-
tica dicuntur possessiva (Keil V, 36, 12); Diomede : possessiva, quae kthtika¥ di-
cuntur (Keil I, 323, 21-22).
19
Etymologicum Magnum seu verius Lexicon saepissime vocabulorum ori-
gines indagans ex pluribus lexicis scholiastis et grammaticis anonymi cuiusdam
opera concinnatus, ab Codd. Mss. recensuit et notis variorum instruxit Th. Gais-
ford, Amsterdam 1967 (reprint of the edition Oxford 1848). Le medesime indica-
zioni occorrono anche nell’Etymologicum Gudianum (cfr. Etymologicum Graecae
linguae Gudianum et alia grammaticorum scripta e codicibus manuscriptis nunc
primum edita, ed. F. W. Sturz, Hildesheim-New York, 1973, rist. anastatica, Lip-
sia, 1818).
.
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE NELL’ETNONIMIA 607
20
A questa categoria vengono ricondotti da Chantraine 1968, p. 385 s. e, in-
seriti in una trattazione generale del problema, da Schmidt 1972.
21
Wackernagel 1908, p. 125-152. Per una sintesi sugli interventi successivi
cfr. Bertagna 2001, p. 53-76.
22
In realtà se gli ktetica derivati da etnici sono i più frequenti e gli originali,
nei casi in cui non era presente un etnico non rimaneva che derivare l’aggettivo
dal nome di luogo : è il caso di Olympiko¥v (cfr. Dittenberger 1906 a, p. 205 s.).
23
Cfr. ad esempio Erodiano che tra i kthtika¥ citati nei luoghi in cui analizza
le modalità di formazione e gli aspetti prosodici dei derivati, annovera vari esem-
pi di kthtika¥ da etnici es. Galatiko¥v, Trwiko¥v, Dhliako¥v, Eyßboiko¥v (GG Lentz
III. 1-2, passim).
.
608 SARA FEDALTO
24
GG Lentz III. 2, 860, 22. L’analisi di Erodiano è articolata e doviziosa : dai
diversi luoghi si ricavano informazioni sulle varie realizzazioni cui si perviene a
seconda del prototipo e gli esiti dovuti alle peculiarità dialettali. Sono prescritte
restrizioni morfo-sintattiche e semantiche : lo ktetikon non può costituire la base
per la derivazione del patronimico, i termini indicanti parti del corpo seleziona-
no tra gli ktetika quelli in -ov e non quelli in -kov; lo ktetikon è infine soggetto a
restrizioni semantiche : se usato per parti del corpo umano o animale può essere
riferito solo a esseri morti e diversamente viene rimpiazzato dal genitivo.
25
Chantraine 1968, p. 385. Per addentellati antico-indiani e indeuropei in ge-
nerale cf. Tovar 1954, p. 56 s. e Risch 1974, p. 149 s.
26
Così Dittenberger 1906 a, p. 198-199 per il quale questo conferma che lo
ktetikon deriva dall’etnico e non dal nome di città : es. Korinuiako¥v da Korı¥nuiov
e non da Ko¥rinuov.
.
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE NELL’ETNONIMIA 609
vari e numerosi esiti formali, precisano : Ekeı̃na deù eßsti t√ ty¥pw ∞ kaıù
t√ shmainome¥nw ∞ kthtikaù, o™sa eıßv thùn genikhùn toỹ prwtoty¥poy aßna-
ly¥ontai. oıüon, grammatikoùv lo¥gov, oΩ toỹ grammatikoỹ. Arista¥rxeiov
bı¥blov, hΩ toỹ Arista¥rxoy. ¶Osa deù oyßk aßnaly¥ontai eıßv thùn toỹ prwto-
ty¥poy genikhùn, taỹta t√ meùn ty¥pw ∞ eıßsıù kthtika¥. kauo¥ti taù eıßv KOS
kthtikaù t√ I paralh¥getai, [plhùn Kerameikoùv, EyΩboeikoùv, Dareikoùv,
kaıù Dekeleiko¥v.] t√ deù shmainome¥n√ oyßk e¶sti kthtika¥. oßφualmikoùn gaùr
ıßatroùn, oyß toùn toỹ oßφualmoỹ le¥gomen, aßllaù toùn toùn oßφualmoùn ıßa-
trey¥onta, oΩmoı¥wv deù kaıù hΩpatikoùn a¶rrwston, oyß toùn [toỹ] h™patov le¥go-
men, aßllaù toùn toù hüpar aßlgoỹnta.
Viene dunque descritto il suffisso, ma in termini di uscite, di
realizzazioni superficiali. Tanto che non tutto ciò che ha la forma di
ktetikon lo è effettivamente : l’elemento discriminante è dunque il
valore semantico, il livello profondo, indipendentemente dalla rea-
lizzazione superficiale.
Anche per il caso specifico degli ktetika da ethnika è rilevante
sottolineare che non è prevedibile il contenuto semantico della rela-
zione esistente tra il determinante e il determinato; in effetti proprio
l’uso degli ktetika da ethnika conferma l’ampiezza designativa della
categoria degli aggettivi di relazione : è il caso di Rwmaikhù xw¥ra ri-
spetto a Rwmaikhù ıΩstorı¥a, in cui la nozione di appartenenza o co-
munque di relazione con un nome di persona è certo più chiara nel
primo caso; ancora, non predicibile il significato di peloponnhsia-
ko¥v in Peloponnhsiakoùv po¥lemov.
Tale ambivalenza semantica deriva proprio dal fatto che lo kteti-
kon partecipa pienamente della natura dell’aggettivo di relazione il
quale esprime una grande varietà di relazioni sintattiche e semanti-
che non sempre descrivibile in modo coerente secondo un modello
di corrispondenza biunivoca significato ∼ suffisso, dal momento che
il suffisso non è in sé portatore di un valore semantico, ma quest’ul-
timo non è definibile se non in relazione al contesto 27.
Possiamo dunque concludere che kthtiko¥n si presenta come ag-
gettivo derivato dall’etnico, ed esprime una relazione ad ampio spet-
tro semantico di un referente con la persona individuata dall’etnico.
Recuperiamo ora l’osservazione da cui ha preso le mosse questo
intervento : mentre etnico nella terminologia moderna è sovraordi-
nato e comprensivo di entrambe le nozioni, nella norma linguistica
greca eßuniko¥n e kthtiko¥n sono in distribuzione complementare. Per
la nostra coscienza linguistica etnico ha un significato ampio; que-
sta percezione è forse incrementata dal fatto che l’aggettivo etnico è
27
Cfr. l’analisi applicata al latino di Fruyt 1985, p. 485-499. In generale sullo
status particolare di questi aggettivi, peculiarità semantiche e sintattiche cfr.
Schmidt 1972. Per le proprietà degli aggettivi di relazione in italiano cfr. Renzi –
Salvi – Cardinaletti 1988-1995, II, p. 332-333.
.
610 SARA FEDALTO
28
Pietro Janni ha osservato come il grecismo etnico abbia conosciuto, a par-
tire dalla metà degli anni ‘80, una particolare affermazione in forza dell’uso in es-
pressioni del linguaggio dell’informazione quali ‘contrasti etnici’, ‘scontri etnici’,
relativamente allo scoppio di conflitti tra nazionalità nell’ex Unione Sovietica e
nell’ex Jugoslavia. L’aggettivo etnico è andato a soppiantare nazionale, il quale si
ritrae dall’uso per ragioni dovute all’influsso anglo-americano, per ragioni legate
alla storia politica e culturale dell’Italia e per il prestigio di cui paiono godere i
termini di origine greca : cfr. Janni 1991, p. 107-108 e Janni 1994, p. 61-63. È certo
tuttavia che il termine risulta ormai connotato e anche in ambito scientifico
viene utilizzato intenzionalmente con un significato non neutro ma caricato di
valori socio-politici immediatamente evocati dall’uso del termine (cfr. ad esem-
pio la relazione introduttiva di Gusmani 1998 al Convegno Internazionale Ethnos
e comunità linguistica : un confronto metodologico interdisciplinare, in cui il ri-
chiamo alla necessità di precisare il contenuto del termine e alla cautela da osser-
vare nel trasferire in ambito politico etichette di altra natura, è sintomatico della
complessità di significati cui si accompagna l’uso di etnico). Bisogna peraltro no-
tare che etnico da qualche anno ha anche assunto nell’uso linguistico corrente,
con particolare frequenza nel linguaggio della moda e della musica, una connota-
zione estensiva atta a designare nuove tendenze ispirate al recupero della primiti-
vità, del contatto con la natura, alla nostalgia di culture lontane e “incontami-
nate” (musica ‘etnica’, cucina ‘etnica’, colori, disegni ‘etnici’) : è dunque, sostan-
zialmente, sinonimo di folclorico, esotico, ma con una sfumatura apprezzativa
che presuppone un quadro culturale di recupero e valorizzazione del carattere
peculiare delle singole culture. Nei dizionari correnti trovo etnico con questo va-
lore nel solo Bencini – Citernesi 1992 “etnico : agg. esten. sin. di folclorico (nel
linguaggio della moda)”.
Entrambe queste accezioni forzano con una marcata sottolineatura politica da
un lato, socio-culturale dall’altro, l’aggettivo che nel suo valore neutro definisce
semplicemente tutto quanto ha a che fare con la nozione di ethnos “proprio, tipi-
co di una comunità (dalla tribù alla nazione) legata da vincoli di lingua, di cultu-
ra, di razza; che riguarda, che è connesso con le tradizioni e la cultura di un po-
polo; nazionale, razziale” : cfr. Battaglia 1961.
29
Cfr. ancora Chantraine 1968, p. 385.
30
Vd. le osservazioni successive.
.
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE NELL’ETNONIMIA 611
31
Ci sono riserve sulla effettiva esistenza di molte delle voci indicate da Ste-
fano, che presenta incongruenze e oscillazioni; all’autore sembra premere più la
teoria grammaticale che non l’effettiva considerazione dell’uso; dà indicazioni su
come le varie voci siano da costruire correttamente con l’aiuto dell’analogia tanto
che ‘si lascia prendere la mano’ finendo per fabbricare quasi in serie per ogni to-
ponimo un etnico senza riflettere sull’uso linguistico : molti definiti ktetika pre-
sentano le caratteristiche formali degli etnici e inoltre vengono fatti derivare da
basi disparate (es. monti, promontori); a volte, infine, accanto allo ktetikon del
lemma considerato, Stefano riporta serie di altri ktetika accomunati da una me-
desima struttura morfologica : cfr. Dittenberger 1906 a, p. 164 s.
32
Cfr. Bechtel 1982, p. 550.
33
Cfr. Pisani 1972, p. 113.
34
Cfr. Schulze 1966, p. 540-41 il quale perviene alla conclusione che «Eine
.
612 SARA FEDALTO
Unterscheidung von eßuniko¥n und kthtiko¥n ist in Italien wenigstens nicht obligato-
risch gewesen, wie so oft bei den Griechen».
35
Cfr. Seyfried 1951, p. 19-21.
36
Seyfried 1951, p. 20 lo sostiene notando come tali coppie siano per lo più
riferite a guerre con popoli extra-italici e come si tratti di formazioni con il solo
suffisso -ikos, che si spiegano più adeguatamente per fremdartige Wortbildung. Di
queste condizioni non tengono conto le considerazioni di Fruyt 1986, p. 59-67, il
quale sostiene la presenza di una ripartizione funzionale ethnicon ∼ ktetikon
anche in latino; ma la sua analisi è ristretta alle sole formazioni in -icus e a refe-
renti per i quali è più plausibile pensare all’influenza del modello greco. Alle os-
servazioni di Seyfried parrebbe opporsi ancora la posizione di H. Rix che consi-
dera il suffisso -ikos latino di sicura ascendenza italica, dal momento che la docu-
mentazione, nella fattispecie il nome degli Etruschi (cfr. la forma originale del
nome in area italica, *Tursiko-), risale ad una quota cronologica troppo alta per-
ché già si fossero verificati rapporti con il mondo greco tali da comportare conse-
guenze linguistiche di un tale spessore (cfr. Rix 1995, p. 129). In realtà le due di-
verse osservazioni non si elidono perché considerano la questione da angolature
diverse.
.
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE NELL’ETNONIMIA 613
37
Per i caratteri di questa produzione basata sulla raccolta di sinonimi, per
lo più ad uso didattico, e sulla considerazione dei rapporti sintagmatici cfr. Bu-
gnoli 1955.
.
614 SARA FEDALTO
38
Uno è quello di Aliko¥v usato come etnico relativo alla città di Alieı̃v
(costa dell’Argolide); un altro è quello di Pontiko¥v, spiegabile con il fatto che non
è possibile derivare da Po¥ntov niente che risponda alla nozione, pur ampia, di et-
nico (non è né popolo, né città, né nazione); ancora, troviamo l’uso dello ktetikon
per indicare una persona nel caso di nomi che designino persone ma siano gram-
maticalmente neutri, quando l’etnico presenti le sole uscite -ey¥v, -ı¥v, thv, -tiv : es.
Kariko¥n paidı¥on, aßndra¥podon; gy¥naion ellhniko¥n : cfr. Dittenberger 1907, p. 1-10.
39
“Il segno esterno di riconoscimento del cittadino è, per i Greci, portare
l’etnico come aggiunta al nome proprio : e questo perché l’etnico [...] esprime ap-
punto l’appartenenza alla comunità politica, e dunque il diritto di cittadinanza
all’interno di una polis o di un e¶unov” cfr. Gschnitzer 1997, p. 405.
.
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE NELL’ETNONIMIA 615
40
Cfr. Dittenberger 1907, p. 10 s.
41
Per l’italiano la questione è stata affrontata da Migliorini il quale da un
punto di vista funzionale ha indicato il discrimen tra etnico e ktetikon nel rappor-
to tra quello che egli chiama nome/aggettivo di inerenza – l’etnico – e aggettivo di
relazione – lo kteticon –; tale opposizione non è più distintiva nell’italiano moder-
no se non per alcuni termini ereditati dalla antichità : Iberi ∼ iberico, Galli ∼ galli-
co, Celti ∼ celtico; il venir meno di tale opposizione è imputato alla decadenza
stessa degli aggettivi di cosa come dimostra il fatto che nell’italiano popolare non
c’è alcuna formazione nuova che prenda il posto dell’antica con valore esclusiva-
mente aggettivale : cfr. Migliorini 1990, p. 213 s.
.
616 SARA FEDALTO
Sara FEDALTO
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
DISTINZIONI TERMINOLOGICHE NELL’ETNONIMIA 617
.
618 SARA FEDALTO
.
CARLA MARCATO
LA TOPONOMASTICA PREDIALE
ARTICOLAZIONE E STORIA DEL CONCETTO
1
A partire dalla ben nota dissertazione linguistica di Flechia 1871; a questo
saggio segue Flechia 1874-1875, p. 79-134, nel quale il Flechia si occupa di forma-
zioni in -anum. Al Flechia si deve pure il metodo della ricerca toponomastica fon-
dato su alcuni principi : analisi formale, ricostruzione della forma originaria at-
traverso la fonetica storica del dialetto del territorio, ricognizione documentaria
per determinare la corrispondenza sul piano linguistico.
2
Una recente ricognizione sistematica fondata su un rigoroso vaglio delle
fonti, relativa a un filone (forme in -(i)anus) della toponomastica prediale si deve
a Calzolari 1994, p. 7, il quale ricorda – a proposito di altre fonti documentarie
relative a nomi fondiarii – «la spiegazione che fornisce Svetonio, anche se il colle-
gamento proposto fra il toponimo e il poeta L. Accio non risulta documentabile :
L. Accius...a quo et fundus Accianus iuxta Pisaurum dicitur, quia illuc ex urbe in-
ter colonos fuerat deductus».
3
Flechia 1871, p. 8.
4
Osserva ancora il Flechia 1871, p. 7 «Vuolsi ancora avvertire come nella ta-
vola di Velleja, egualmentechè, nella Bebbiana, il nome del fondo non si derivi
.
620 CARLA MARCATO
quasi mai dal nome del possessore che obbliga esso fondo; la qual cosa verrebbe
ad indicare come il fondo sia stato verisimilmente appellato per lo più da quel
primo possessore che l’occupò nella prima deduzione delle colonie o in quel tor-
no; e quindi quei nomi fondiarii che ci si presentano in esse tavole nel principio
del II secolo dell’êra volgare si debbano considerare come già da più o men tem-
po esistenti; il che anche per avventura potrà congetturarsi per quei pochi casi in
cui il nome del fondo si collega con quello del possessore ipotecante, potendo ben
essere che il fondo fosse già entrato nella sua famiglia in qualcuna delle antecen-
denti generazioni».
5
È opportuno ricordare che talune conclusioni di Flechia circa l’attribuzio-
ne etnica di alcuni suffissi (-ano al latino, quindi a formazioni fondiarie «roma-
ne», -acu attribuito al gallico, a quelle «galliche», -ascu al ligure, a quelle «roma-
no-liguri») sono state talvolta applicate in modo troppo schematico e con delle
forzature. Sul valore fondiario del suffisso -asco nella toponomastica per altro lo
stesso Flechia mantiene una posizione di incertezza. Alla luce di ulteriori dati,
anche di quelli offerti dalla documentazione medievale, la storia di questo suffis-
so è stata meglio chiarita, e nelle Tavole di Veleia e di Polcevera è un suffisso de-
nominativo che forma aggettivi ma non toponimi come osserva Giulia Petracco
Sicardi (Petracco Sicardi 1981, p. 91-106) : -asko- «deve essere entrato precoce-
mente, attraverso il sostrato ligure, nel latino parlato dell’area ligure preromana,
il che spiega il suo uso nelle Tavole di Veleia e di Polcevera. Ha poi conosciuto un
periodo di particolare fortuna, come formante di aggettivi toponimici ed etnici,
intorno all’VIII-IX secolo, e regredisce lentamente fino a scomparire anche dalle
aree più isolate con il XIII-XIV secolo [...] Una considerazione meno etnica e più
storica dei toponimi in -asko- non toglie affatto importanza a questa serie tipolo-
gica, ma suggerisce di vedere nell’insieme dei toponimi in -asco dell’area italiana
nordoccidentale un riflesso diretto del sistema toponomastico altomedievale
piuttosto che un relitto del sostrato preromano o l’effetto di una presunta soprav-
vivenza del «ligure» preromano oltre l’epoca romana»; (le citazioni sono alle
p. 95-97 e 98).
6
Per le opere degli studiosi citati e in generale per gli scritti di toponomasti-
ca si rinvia al repertorio di Granucci 1988.
7
Sono illustrazioni toponomastiche relative a un territorio nelle quali i ma-
teriali sono raggruppati a seconda dell’origine (nomi derivati da personali, da fi-
tonimi ecc.).
.
LA TOPONOMASTICA PREDIALE 621
cali derivati da personali latini (intendendo con ciò non soltanto de-
rivati dal gentilizio) la cui conoscenza si fa più ampia e dettagliata
grazie ai repertori appprontati da Wilhelm Schulze 8 e da altri.
L’aver individuato la serie rappresentata dai toponimi prediali o
fondiari, è all’origine a un indirizzo tipologico nello studio topono-
mastico particolarmente produttivo, parallelo allo studio etimologi-
co del singolo nome, e risulta decisivo nella definizione del concetto
di sistema toponomastico. Si aggiunga che, per il fatto di rappresen-
tare la continuazione del catasto fondiario in epoca romana, la topo-
nomastica prediale diventa uno dei criteri utilizzati nella ricostru-
zione della romanizzazione di un territorio 9. Tra gli studiosi che
hanno orientato le loro ricerche anche in questa direzione si ricor-
derà Carlo Battisti almeno per il fatto che pare gli si debba l’introdu-
zione dell’espressione toponimo prediale che compare anche nel tito-
lo di un saggio del 194310. La denominazione «toponimo prediale» è
recepita da Giovan Battista Pellegrini che nel suo scritto del 194911
ribadisce il ruolo nella ricostruzione degli stanziamenti romani dei
«toponimi che provengono dall’onomastica antica e particolarmente
quelli con formazione suffissale (-anum, -acum ed altri) detti comu-
nemente toponimi fondiari o prediali [...] una delle conquiste, or-
mai di vecchia data, dell’indagine toponomastica».
Nel prosieguo delle ricerche il toponimo prediale o fondiario ac-
quista un’accezione più ampia di quella originale : formazione da
un antroponimo non necessariamente gentilizio, antroponimo che
non è esclusivamente latino (il proprietario del fundus può essere
romanizzato), come del resto gallico è il suffisso -acum, come osser-
vava già Battisti a proposito del Trentino12. Anche l’arco cronologico
8
Schulze 1904. Al di là degli antroponimi noti, è possibile, al contrario, ipo-
tizzare l’esistenza di altri presupposti da toponimi prediali.
9
Va precisato che nella valutazione di un toponimo prediale si deve tener
conto anche di altri aspetti : dalla diffusione delle gentes nel territorio alle condi-
zioni topografiche dello stesso. Inoltre un suffisso come -anum, il più tipico della
toponomastica fondiaria, è indice relativo di toponimo prediale poiché un nome
locale in -anum può derivare da un appellativo (già in latino il suffisso è produtti-
vo per formare apellativi a partire da sostantivi e aggettivi).
10
Battisti 1943. Non è da escludere che il Battisti abbia adoperato il termine
e si trovi in qualcuno dei suoi numerosi scritti precedenti, non, comunque, in
Battisti 1922, né in Battisti 1931, saggi nei quali le formazioni di tipo prediale ri-
vestono un ruolo decisivo nell’individuazione della romanizzazione dei territori
studiati.
Non fa cenno alle denominazioni toponomastica prediale/toponimo prediale
Dante Olivieri nel suo excursus Olivieri 1926, p. 211-237, o nel suo profilo Olivieri
1937, vol. 34, p. 7-13).
11
Pellegrini 1949, p. 31.
12
Scrive Battisti : 1922, p. 20-21 : «Il rapporto fra -anum ed -acum è origina-
riamente quello di due suffissi esprimenti la stessa funzione nel latino e nel galli-
co. Ma dalla guerra gallica in poi -acum fu accettato nel territorio gallo-latino an-
.
622 CARLA MARCATO
che dai coloni romani, di modo che possiamo ritenere le numerose formazioni
ibride composte d’un gentilizio romano e del suff.[isso] gallico come indicazione
di un possedimento latino, mentre il caso inverso di gentilizio barbarico e suffis-
so -anum permette di pensare con una certa probabilità a un fundus appartenen-
te ad un indigeno romanizzato. Con maggior probabilità ancora noi saremo tenu-
ti a credere stanziamento celtico quello il cui nome è espresso con radicale galli-
co e col suffisso -acum».
13
Rabotti – Curradi – Vasina 1985.
14
Si veda Calzolari 1994, p. 21.
15
Pellegrini 1990, p. 306.
16
Serra 1931, e in particolare p. 143-144 : «Non sempre la forma del plurale
dei nomi locali, derivati da gentilizi, vale come indice delle particolari condizioni
sociali attraverso le quali essa riesca ad affermare una coscienza collettiva dei
coabitanti (concives, conpagani, convicani) o dei consortes comproprietari del
luogo designato; perché altri nomi locali derivati da gentilizi riflettono, talora,
nella forma del plurale, la storia particolare dell’assestamento di più fundi ele-
mentari in un’unica unità fondiaria. È noto come le successive mutazioni di pro-
prietà di un fundus venissero registrate volta a volta nei libri censuari e riportate
ad ogni nuovo censimento sulla forma o carta catastale dell’Impero romano, in-
tangibile poi sino a nuova revisione censuaria generale. Perciò le nuove unità
fondiarie inscritte nella forma conservavano il nome delle varie terre di cui quelle
unità venivano a comporsi e di cui l’elenco ed il nome delle parcelle giustapposte
tracciavano sommariamente la storia. Così, ad es., il «fundus Attidianum Tovia-
nis cum communionibus qui est in Veleiate pag(o) s. s. (Domitio)» (CIL XI 1147)
consterà di un fundus elementare Attidianus, proprietà primitiva di un tal Atti-
dius, e di una o più parcelle del gruppo di più altri fundi elementari minimi To-
viani, distinti fra loro in origine e proprietà un tempo di uno o più Tovii, inscritto
poi, come unità a sè stante, nei libri censuari, donde ne sarebbe stata estratta l’in-
.
LA TOPONOMASTICA PREDIALE 623
.
624 CARLA MARCATO
Carla MARCATO
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
LA TOPONOMASTICA PREDIALE 625
.
.
SOPRAVVIVENZE E PROGETTI
DI REPERTORI
.
.
ENZO CAFFARELLI
1
Per es. : anxanese sec. XX; aprutino 1545; atestino sec. XX; brianteo 1911;
bruzio 1892; daunio 1830; dorico 1952-56 (se riferito ad Ancona); enotrio fine
.
630 ENZO CAFFARELLI
XVIII sec.; eporediese 1860; falisco 1834; labronico 1882; nisseno 1958; opitergino
1966-68; orobico 1840; peucezio 1895; puteolano 1958; tergestino 1829; tiberino
1828; tudertino av. 1940; veliterno 1940; volsco 1840. È comunque di tutta eviden-
za che uno spoglio più accurato permetterebbe di retrodatare alcune voci del no-
stro campione; ma ciò non cambia di molto la sostanza : perché sempre di recu-
pero moderno e non di continuità si tratta. Cfr. Grande dizionario italiano del-
l’uso, diretto da T. De Mauro, vol. I-VI, Torino, 1999.
2
E inoltre : Civitani a Velletri-Rm e altrove nel Lazio rappresenta il relitto
della precedente denominazione di Lanuvio-Rm, Civita Lavinia; Cameli, cogno-
me abruzzese e molisano ma soprattutto ascolano, documenta il precedente no-
me del comune di Sant’Elena Sannita-Is, agionimo collegato alla regina Elena di
Savoia; Albalonga individua due nuclei a Caserta; Idrontino, a Ceglie Messapica-
Br, risale a Idronto ‘Otranto-Le’; Neto, nel Reggino, con De Neto nel Crotonese e
nel Leccese, potrebbe valere la forma antica di Noto-Sr; Partenope ‘Napoli’ si tro-
va a Catanzaro e nel Meridione, con Partenopeo, ‘napoletano’, rarissimo e sparso
nel Sud peninsulare; a Napoli si concentrano anche i pochi Osci e Iapigi/Iapigio,
mentre tra gli altri nomi di famiglia coincidenti con etnici antichi, Sanniti è ro-
magnolo, toscano e sparso, Piceni bresciano, Umbri appartiene all’Italia centrale,
Equi è lucchese; Siculi bolognese.
3
Cfr. A. Finocchiaro, L’origine del cognome Svezia, in RION, VIII (2002), 1,
p. 23-27.
.
VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 631
4
Cfr. la rassegna trattata in E. Caffarelli – S. Raffaelli, Il cambiamento di no-
me dei comuni italiani (dall’unità d’Italia a oggi), in RION, V [1999], 1, p. 115-147,
in part. 128-29.
.
632 ENZO CAFFARELLI
5
Andrà poi osservato che, in molti casi, si tratta di errori storici o di sempli-
ci leggende. Prestando fede al Dizionario di Toponomastica (Torino, UTET, 1990),
possono classificarsi tra queste ultime le vicende legate al rapporto tra Petramala
e Cleto, o quelle concernenti Samo (e Casaletto Spartano), ecc. E, invece, a inde-
bito aggiustamento dei dati storici certi possono ascriversi i casi di Belvedere
Ostrense, Casperia, Faleria, Frasso Telesino, Licodìa Eubea, Orvinio, Petilia Poli-
castro.
.
VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 633
6
Le combinazioni Labro+N che ho potuto individuare sono 50.
7
Prodotti chimici pubblicitari, agenzia immobiliare, carrozzeria, lavande-
ria, assicurazioni, impresa pulizia, macelleria, ecc.
8
Il fatto è curioso : i Liburni erano un popolo illirico in nessun modo colle-
gato, per quanto si sappia, alla città di Livorno, la cui origine può cercarsi in un
personale etrusco *Liburna o lat. Liburnus : a meno che non si voglia pensare,
non senza un certo coraggio interpretativo, a un intermediario deonimico, la li-
.
634 ENZO CAFFARELLI
Per una lista più ampia, ma sia pure sempre assai ridotta rispet-
to alla realtà, di denominazioni commerciali che utilizzano toponi-
mi ed etnici antichi, si rinvia alla tab. 3. Qui meriterà ricordare al-
meno il caso di Bologna, di cui rivivono, nell’industria e nel com-
mercio, le antiche denominazioni Bononia e Felsina e l’aggettivo
Felsinea/-e/-i/-o.
Una curiosità linguistica, che accresce e rafforza l’immagine del
recupero moderno, anzi recentissimo di tali forme, è il loro abbina-
mento, nelle ragioni sociali e nei marchionimi, con voci allotrie, in
particolare inglesi, che si combinano in sigle che non possono non
destare curiosità e sorpresa (quando non sconcerto agli occhi dei
puristi), insomma il tipo Abellinum Market o Etnea Medical Service 9.
Un’altra osservazione riguarda l’estensione territoriale del topo-
nimo/etnico antico nella sua dimensione moderna. Alcune forme so-
no esclusivamente locali, legate a un piccolo o grande comune, altre
hanno assunto, almeno nella sensibilità e nell’interesse commerciale
di coloro che hanno denominato aziende, associazioni, locali, ecc.,
un valore provinciale o regionale e in rari casi interregionale10.
burna ‘brigantino, feluca’ che appunto dalla sponda illirica dell’Adriatico ebbe
origine.
9
Valga il seguente campionario : Felsinea Business Service, Dorica Sytsem
(rigenerazione cartucce), Mutina Car, Nissa Foot Ball Club, Katane Technologies,
Norba System a Conversano-Ba, Tridentum Web Solution, Vemenia Data System
(consulenza software) a Gravellona Toce-Vb, Antenna Iblea Broadcasting, ecc..
Siamo di fronte, dunque, non solo a casi caratterizzati da inglesismi ormai entra-
ti nell’uso della lingua italiana – Labronica Containers, Padus Broker a Torino, Ae-
naria Beauty Center a Ischia-Na, Apuania Bowling, Helvia Recina volley, ecc. – ma
anche a situazioni dove il forestierismo è del tutto gratuito, come ancora Dorica
Aliment, Emporium Wine’s nel Fiorentino, Herdonia Fruit ad Ordona-Fg, Milae
Medical, Nissena Foods (deposito alimentare), Orobica Plast Gom e Orobica Green
(manutenzione verde sportivo) nel Bergamasco, Turenum Garden a Trani-Ba,
Helvia Hospital a Corridonia-Mc, Patavium Dental Project, con un gran numero di
casi per Brixia, associata con Broker, Electronic, Fireworks, Flying (scuola di volo
libero), House, Nautik, Metan, Service e Shooting Store.
10
Andrà inoltre osservato che alcuni toponimi usati lontano dal loro referente
sono in realtà mediati da un odonimo : per es. a Roma, il Centro odontoiatrico Ma-
gna Grecia in Via Magna Grecia o il Supergarage Veio in Via Veio, a Latina il Con-
dominio Messapi in Via dei Messapi, a Como la scuola Briantea in Via Briantea.
.
VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 635
anche a ragione della natura del servizio offerto (nella tab. 4 circa 150
esempi : e si noti anche qui la ricorrenza di denotata stranieri rispetto
a un denotandum d’origine greca, latina, italica, etrusca, ecc.). In que-
sto primo gruppo il sèma comune è dunque il viaggio, il movimento,
il turismo, confermato anche dalle denominazioni di alcuni treni. Al-
tri settori ben rappresentati riguardano : l’edilizia (imprese di costru-
zione, agenzie immobiliari, società di appalti); banche, società assi-
curative e finanziarie; studi medici e servizi sanitari; società sportive,
comprese quelle calcistiche; associazioni culturali; cooperative so-
ciali. Si può scorgere, in queste categorie, da un lato la ricerca di un
particolare prestigio legato all’àmbito economico e finanziario; dal-
l’altro una presenza significativa dell’elemento giovanile, che sembra
particolarmente sensibile al recupero di voci storiche in chiave di va-
lorizzazione del patrimonio e delle identità culturali locali. Ma, come
si può notare nella tab. 3, non sembra mancare alcun àmbito del
commercio, dell’industria e dei servizi : si va dall’impresa funebre al-
la fabbrica di carta igienica, dai salumifici alle imprese di pulizia, dai
grossisti ortofrutticoli agli artigiani, dai ferramenta alle pasticcerie.
.
636 ENZO CAFFARELLI
.
VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 637
Enzo CAFFARELLI
Tavola 1
.
638 ENZO CAFFARELLI
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VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 639
.
640 ENZO CAFFARELLI
.
VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 641
Tavola 2
Tableau 3
(segue)
.
642 ENZO CAFFARELLI
.
VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 643
.
644 ENZO CAFFARELLI
Tavola 4
Acheruntia Acri-Cs
Aeclana Tr. Mirabella Eclano-Bn
Aenaria V. Casamicciola Terme-Na, Forio-Na
Aethaltour Portoferraio-Li
Aetna Pedara-Ct
Akratur Agrigento
Aletrium Tr. Alatri-Fr
Alinissa V. e T. Caltanissetta, Agrigento
Amulia V. Muggia-Ts
Anxanum V. Lanciano-Ch
Anxur T. Terracina-Lt
Aprutina T. Sant’Egidio alla Vibrata-Te
Apuliatour Bari
Arezia V. Arezzo
Ariminum V. Rimini
Arpi V. Foggia
Ascesi T. Assisi-Pg
Aternum V. Pescara
Ateste V. Este-Pd
Ausugum V. e T. Borgo Valsugana-Tn
Benatour Garda-Vr, Lazise-Vr, Torri del B.-Vr
Bergomum V. e T. Bergamo
Biturgia V. e T. Sansepolcro-Ar
Bononia V. Bologna
Brixia V. Brescia
Bruzia Rende-Cs
Cales Tr. Sparanise-Ce
Camuna S. Giorgio su Legnano-Mi
(segue)
.
VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 645
Capitanata Cerignola-Fg
Carbinia Carovigno-Br
Cebana V. Ceva-Cn
Ceresio T. Lavena Ponte Tresa-Va
Chydae S.Agata di Militello-Me
Clastidium V. Casteggio-Pv
Cuma Tr. Casoria-Na
Dalmenviaggi Dalmine-Bg
Daunia [Nuova Foggia
Derthona V. Tortona-Al
Dorica Tr. Ancona
Drepanum Trapani
Egesta V. Calatafimi-Tp
Egnazia T. Fasano-Br
Emporium V. Empoli-Fi
Entella Lavagna -Ge
Enula V. San Miniato-Pi
Esitour Jesi-An
Etnea Catania
Etruria Tour Piombino-Li
Etrusca V. Rosignano Marittimo-Li
Fabrateria V. Ceccano-Fr
Falisca Tr. Civita Castellana-Vt
Fanum Tr. Fano-Pu
Faventia Tourist Faenza-Ra, Castel Bolognese-Ra
Felsina Bologna
Fiorenza T. Firenze
Florense V. S. Giovanni in Fiore-Vs
Flotravel Firenze
Flumen V. Fiume Veneto-Pn
Frentania T. Lanciano-Ch, Pescara
Fulginum V. Foligno-Pg, Falconara Marittima-An
Gebel Acireale-Ct
Genuensis V. Genova
(segue)
.
646 ENZO CAFFARELLI
Ghelas Gela-Cl
Hasta V. Asti
Helvia T. Macerata
Herea Tr. Chiaramonte Gulfi-Rg
Iblea Melilli-Rg
Idruntina V. Otranto-Le
Interamna T. Terni
Irpiniatour Avellino
Ispellum T. Spello-Pg
Julia V. Trieste
Karalis Cagliari
Katana Catania
Kerviaggi Chieri-To
Lanuvium V. Lanuvio-Rm
Latium Tr. Cassino-Fr
Lauretum V. Loreto-An
Leonicena Lonigo-Vi
Lepintours Frosinone, Latina
Lilybetana V. Marsala-Tp
Massa Veternensis Massa Marittima-Gr
Matutia T. Sanremo-Im
Mediolanum T. Serv. Milano
Megara agenzia marittima Megara-Sr
Megara V. Siracusa
Melfictia V. e T. Molfetta-Ba
Meligunte [Costa Lipari-Me
Messana T. Messina
Messapia Ceglie Messapica-Br
Milae V. Milazzo-Me
Modoezia V. Monza
Motuka V. e T. Modica-Rg
Napetia T. Amantea-Cs
Nissena V. Caltanissetta
Nursia V. e T. Norcia-Pg
(segue)
.
VITALITÀ DI ETNONIMI E TOPONIMI DELL’ITALIA ANTICA 647
Padus Cremona
Panormita Palermo
Panormus Tourist Tr. Palermo
Pantalica Sortino-Sr
Partenotour Napoli
Patavium Tr. Padova
Paullum Paullo-Mi
Perusia V. Perugia
Peucezia V. e T. Bovalino-Rc
Pithecusa Tr. Ischia-Na
Polycastrum V. Praia a Mare-Cs
Puteoli V. Pozzuoli-Na
Rasenna V. e T. Torrita di Siena-Si
Reziatour Sondrio
Rudiae V. Lecce
Sardinia T. Olbia, S. Teresa G.-S-ots, Alghero-Ss
Sardinia [Top V. Valledoria-Ss
Sebino V. Iseo-Br
Selinus V. Castelvetrano-Tp
Sicantur Palermo
Siris V. e T. Policoro-Mt
Sirmio Peschiera del Garda-Vr
Solunto V. Bagheria-Pa
Sybaris Cassano allo Jonio-Cs
Syrenuse Tr. Sorrento-Na
Taras Taranto
Taras V. Taranto
Taurinense V. Torino
Teate La Panoramica Chieti
Tergeste V. Trieste
Tharros Oristano
Therestis V. Monasterace Marina-Rc
Thermae Salsomaggiore T.-Pr
Thermessa Lipari-Me
(segue)
.
648 ENZO CAFFARELLI
.
FRANCESCA DRAGOTTO
1
«L’opera poetica di Orazio contiene ogni tipo di riferimento a luoghi e per-
sone, sia d’Italia che stranieri : lo scopo di questi riferimenti è molto vario, an-
dando dal puramente esornativo al significato poeticamente o eticamente pre-
gnante [...] Sull’argomento non esiste una trattazione recente e completa, per
quanto Gemoll 1894 rimanga un’utile raccolta riassuntiva che discute luogo per
luogo la geografia di Orazio; vi sono poi studi specialistici sui paesaggi poetici
(Troxler-Keller 1964), sulle località non italiane (Fischer 1968) e sugli aspetti geo-
etnografici (Thomas 1982)», cf. Thomas 1996.
2
Pur eludendo gli scopi primari del presente intervento, non è possibile
prescindere dal riportare le perplessità prodotte, nella critica, da questo compo-
nimento. Come si legge, infatti, in apertura del capitolo della sezione della Enci-
clopedia Oraziana, I, p. 248 dedicata alla biografia del poeta «oltre all’incertezza
degli intenti perseguiti da Orazio, si sottolineano la scarsezza di dettagli sul per-
corso, i legami fragili e talora inesistenti fra le singole tappe, il silenzio sulle mo-
tivazioni politiche, la conclusione improvvisa e troppo frettolosa».
.
650 FRANCESCA DRAGOTTO
.
PRESENTAZIONE DEL SITO WEB WWW.DETIA.IT 651
.
652 FRANCESCA DRAGOTTO
5
Cf. Silvestri 1982, p. 66-67 che così prosegue : «Non credo invece che per lo
studio degli etnici e toponimi dell’Italia antica possono essere di grande aiuto le
sicure o presunte continuazioni onomastiche medievali e moderne : in questo ca-
so si rischia moltissimo di trattare ‘le ombre come cosa salda’, soprattutto nei ca-
si di illusoria trasparenza designativa...».
.
PRESENTAZIONE DEL SITO WEB WWW.DETIA.IT 653
6
Indici di nomi propri e comuni e di cose notevoli, anteposti o posposti al
testo, sono reperibili fin dalle prime edizioni di Orazio; dal XIX secolo si è invece
diffusa la tendenza a predisporre, per questi contenuti, compilazioni autonome.
7
Thomas 1996, p. 375-8.
.
654 FRANCESCA DRAGOTTO
8
«Le raccolte regionali, invece, sono spesso eccellenti (basti pensare ai lavo-
ri di Pieri [Toscana], Alessio [Calabria], Colella [Puglia], Polloni [Romagna], Oli-
vieri [Veneto Lombardia Piemonte], Petracco Sicardi-Caprini [Liguria], Battisti
[Alto Adige], Frau [Friuli], etc.), ma ovviamente non costituiscono ancora un mo-
saico completo»; Silvestri 1982, p. 65 e ss.
9
Lo stesso Silvestri 1982, p. 65 in apertura del suo lavoro sottolineava l’im-
possibilità di «una rassegna degli studi linguistici in questo settore, e sono molti,
dispersi e di assai disuguale valore, distribuiti – per così dire – su un arco che va
dalle curiosità dotte ed episodiche ai severi e reiterati impegni scientifici».
.
PRESENTAZIONE DEL SITO WEB WWW.DETIA.IT 655
.
656 FRANCESCA DRAGOTTO
.
PRESENTAZIONE DEL SITO WEB WWW.DETIA.IT 657
10
Cf. Silvestri 2000, p. 24-25; nonostante i quasi vent’anni che intercorrono,
vale la pena di gettare uno sguardo anche a Silvestri 1982, p. 70-2 che, a proposi-
to del «rapporto tra categorie etnotoponomastiche dell’Italia antica e specifici
campi designativi, importante per le inferenze traibili dall’esame congiunto di
fattori onomasiologici (in quanto chiaramente riconoscibili) e dati formali (in
quanto compiutamente analizzabili)», denunciava con disagio la mancanza di
opere d’insieme sulle categorie onomastiche che normalmente si raccolgono sot-
to l’etichetta generale di toponimi : idronimi, oronimi, econimi e, infine, una
quarta categoria comprendente nomi per così dire più generici (insulae, campi,
regiones...). Ancora più incerta è la situazione degli etnici.
11
È affermato anche nell’Introduzione alle tesi di laurea aventi per oggetto,
come si è detto, singole Regiones, a riprova del fatto che il lavoro in questo ambi-
to non vada inteso come una ricerca conclusa, bensì come un’indagine aperta sus-
cettibile di continuo arricchimento.
12
Solo per rimanere ad Orazio si pensi che Roma, le sue parti, i suoi abitan-
ti, i suoi eventi pubblici o privati compaiono (con ampio spettro di riferimenti) in
tutte le opere.
.
658 FRANCESCA DRAGOTTO
– Forum Appi : «la seconda tappa nel viaggio di Orazio lungo la via
Appia, al miglio 43 da Roma. Insediamento denominato dallo stesso
costruttore della via, Appio Claudio Cieco, si pensa generalmente che
risalga all’originario progetto del 312 a.C., comunque si vogliano in-
tendere le fasi di costruzione dell’Appia. Identificato presso l’Appia al
km 72,800 (attuale Borgo Faiti)13, e più precisamente al di là del-
l’Osteria di Frappio, non ne restano che scarse tracce»14. Di qui, si legge
nell’Enciclopedia Oraziana, proseguendo sempre lungo la via Appia,
per l’esattezza lungo un canale che seguiva il percorso della via (la tra-
versata doveva supplire all’impossibilità di proseguire lungo la via ter-
restre a causa proprio delle paludi), il poeta si spinse verso il santuario
di Feronia (Feroniae lucus) distante 3 miglia dalla punta di Leano.
Ci si potrebbe chiedere se non valga la pena di produrre consi-
derazioni almeno (perché desunte da una singola fonte) analoghe
per Anxur, Fundi, Formiae (Mamurrarum urbs), Sinuessa, Pons
Campanus, Capua, Caudium, Osci, Beneventum, Apulia, Trivicum,
Canusa, Rubi, Barium, Gnathia Brundisium nonchè per l’oppidu-
lum15 innominato per via della struttura metrica non conforme all’e-
sametro. Costretti, purtroppo, a rinviare all’interrogazione del data-
base per visionare le informazioni contenute nel censimento e alla
discussione per fare il punto su quali informazioni ritenere primarie
per un prossimo inserimento nella banca-dati, occorrerà ora avan-
zare una serie di note intimamente collegate all’opera di informatiz-
zazione del DETIA attualmente in corso.
Finora si è parlato di questa versione informatizzata solo nei
termini di una riproposizione-riedizione del lavoro di ricerca svol-
to : nulla si è però detto delle potenzialità peculiari di questo mezzo
e di quanto potrebbero produrre nel caso specifico del DETIA, che
di un mezzo come la rete potrebbe servirsi per diventare in acto e
non solo in nomine il Thesaurus (onomastico) delle lingue italiche.
Fissata un’architettura che dal particolare, il censimento basato
.
PRESENTAZIONE DEL SITO WEB WWW.DETIA.IT 659
16
La scelta di impiegare questo software si è resa necessaria per aver deciso
di impiegare spazio web acquistato presso un Internet Provider (sottostando,
pertanto, ai requisiti tecnici messi a disposizione dal fornitore, ivi compresi quel-
li relativi all’interrogazione on line di database) e non quello messo a disposizione
.
660 FRANCESCA DRAGOTTO
Francesca DRAGOTTO
APPENDICE 1
LA RICERCA NEL CENSIMENTO : ARICIA
dagli atenei coinvolti nella ricerca, al fine di non marcare l’indirizzo della URL
del DETIA (es. www.uniroma2.it/detia).
.
PRESENTAZIONE DEL SITO WEB WWW.DETIA.IT 661
ABBREVIAZIONI BIBLIOGRAFICHE
.
.
RIASSUNTI
.
664 RIASSUNTI
il nome dell’isola o con toponimi particolari, altre serie formate sul tema di «stra-
niero» ed infine gli antroponimi che indicano, nelle singole città della Sicilia, un
rapporto con la madrepatria greca.
In queste Note vengono ripresi alcuni aspetti marginali e/o marginalizzati ri-
spetto a temi considerati centrali, quali genesi, consistenza socioculturale, evolu-
zione della formula onomastica nell’Italia centrale (Etruschi, Romani e Latini,
Italici), in sé e in rapporto ad altre aree, specialmente del nord Italia (in partico-
lare il celtico ‘leponzio’ ed il venetico). Tra questi aspetti vi sono temi che riguar-
dano la morfofonologia, come i nomi maschili in -ă (-ā < *-eH2), e la semicità di
nomi maschili tipo atta, *appa, *papa, tata, *mama rispetto alla vulgata che li ri-
tiene ‘Lallwörter’ o termini di ambito familiare; di questi nomi si rivendica la se-
micità istituzionale di alto livello indipendentemente dalla loro origine. In colle-
gamento con termini tipo Atta/atta, fra onomastica e terminologia della parente-
la, vengono trattati nomi ‘parlanti’ come Ferter e Poplios. Altro tema è la
morfologia in -il- dei nomi tipo Messalla, Hispallus e dei gentilizi in –ilius. In par-
ticolare si propone una interpretazione di Hostius Hostilius, rispetto a Romulus
.
RIASSUNTI 665
Patrizia DE BERNARDO STEMPEL, La ricostruzione del celtico d’Italia sulla base del-
l’onomastica antica, p. 153-192.
.
666 RIASSUNTI
Paolo POCCETTI, Antichi problemi e nuovi dati : rapporti tra teonimi e antroponimi
nell’Italia antica, p. 219-248.
Il rapporto tra antroponimi e teonimi pone nelle culture dell’Italia antica sia
sul versante linguistico sia sul versante religioso problemi che non sono sempre
risolvibili in modo unidirezionale. Due nuovi dati, quello del prenome osco Louk
( )ti(o)s, da confrontarsi con Lucetius attestato come epiclesi di Giove, e quello
del prenome e teonimo messapico Toutor > Taotor offrono motivi per riconside-
rare a maglia più larga la classe dei ‘teoforici’ e riconsiderare le relazioni tra i due
settori dell’onomastica nelle diverse lingue dell’Italia antica.
Il cognome è la più recente delle componenti del nome romano. Non si può
dire con sicurezza quando i cognomi siano entrati in uso, ma fin dall’inizio del
periodo repubblicano erano stati, secondo la tradizione, per secoli una prerogati-
va dell’aristocrazia romana. Le liste dei Fasti Capitolini, la nostra fonte principale
per i primi secoli della Repubblica, registrano i cognomi fin dall’inizio. Se questi
fasti sono comunemente ritenuti in linea di massima attendibili, particolari diffi-
coltà sono invece legate con i cognomi ascritti ai consoli e degli altri magistrati
del V e IV secolo. La maggioranza degli studiosi afferma che i loro cognomi siano
aggiunte posteriori. La nuova analisi condotta nel presente contributo ha dato
come risultato che una buona parte di questi cognomi sono autentici, mentre al-
tri sono interpolazioni e aggiunte posteriori. Il primo esempio di un cognome che
appare in una fonte contemporanea, è Scapola del pontefice massimo P. Cornelio
il cui sarcofago sembra databile alla fine del IV secolo. Quindi, almeno dal IV se-
colo i cognomi potevano essere in uso nelle famiglie patrizie, più tardi anche in
quelle tra la nobiltà plebea. Si discute poi la cronologia dell’introduzione dei co-
gnomi nelle liste magistratuali : sembra che una buona parte vi sia stata fin dall’i-
nizio. Nella seconda parte si analizzano certi tipi di cognomi; infine si dimostra
che certi cognomi ascritti ai consoli dei primi secoli della repubblica e poi scom-
parsi dall’onomastica romana, non possono essere invenzioni degli annalisti.
.
RIASSUNTI 667
Emmanuel DUPRAZ, Hypothèses sur les origines du système gentilice en pays nord-
osque, p. 319-339.
Le système gentilice tel qu’il est attesté dans les inscriptions osques et latines
du pays nord-osque entre le IIIe et le Ier siècle avant notre ère paraît être récent. Il
semble devoir tant au système attesté dans les autres régions oscophones – ab-
sence de mention correspondant à F(ilius), suffixe de gentilice *-idio- – qu’au sys-
tème latin – abréviation systématique et régulière des prénoms. L’emploi du suf-
fixe de gentilice *-yo- est commun à la fois au nord-osque, aux autres régions os-
cophones et au latin. Sont examinés en particulier des gentilices à suffixe de
dérivation zéro, anomalie qui peut renvoyer à la constitution récente du système
gentilice. Ces gentilices sont d’une part des gentilices féminins, peu nombreux,
correspondant à des formes de masculin en *-yo-, d’autre part des gentilices mas-
culins et féminins sur base onomatopéique alphathématique.
Cette contribution, qui prend pour point de départ l’étude du regretté Michel
Lejeune (L’Anthroponymie osque, Paris, 1976), se propose de faire le point – de
manière quantitative et qualitative – sur les données anthroponymiques osques
ultérieures au corpus dont disposait le savant français. Compte tenu en effet des
années qui se sont écoulées depuis la publication de son ouvrage et eu égard à
l’accroissement notable du corpus épigraphique durant cette même période, il
semblait intéressant de se demander si les schémas anthroponymiques présentés
par Michel Lejeune avaient été confirmés ou infirmés par les découvertes épi-
graphiques postérieures à sa synthèse. Notre étude montrera que les cadres qu’il
a dressés demeurent à ce jour d’une parfaite validité.
Nel venetico sono presenti nomi altamente motivati dal punto di vista della
base lessicale (composti, possibili etnici, basi con potenziale valore istituzionale,
etc.), cui fino ad ora è stata attribuita funzione onomastica. Nei casi ove questi
.
668 RIASSUNTI
.
RIASSUNTI 669
Traendo spunto dal testo della defixio incisa su una tabella plumbea recente-
mente rinvenuta in una necropoli dell’antica Petelia (attuale Strongoli, presso
Crotone) e databile verso la fine del IV sec. d. C., vengono esaminati una serie di
nomi osci, che nella loro declinazione seguono talora l’uso greco, talaltra quello
italico, fornendo ulteriori testimonianze di interazione tra la lingua dei Greci e
quella dei Brettii in quella zona.
Helmut RIX, Le relazioni tra onomastica e lessico nelle lingue antiche dell’Italia
centrale, p. 497-506.
L’A. intende studiare i rapporti tra onomastica e lessico nelle lingue del-
l’Italia antica, soffermandosi sull’etrusco, il latino e le lingue sabelliche. Dopo
qualche considerazione teorica preliminare, l’A. studia la categoria dei cognomi-
na, meglio documentata, e che trae la sua origine dal lessico; passa poi in esame i
prenomi, molto meno numerosi in queste lingue, che hanno adottato il sistema
onomastico gentilizio, per alcuni dei quali, però, si possono proporre etimologie
convincenti. Concludono l’articolo alcune considerazioni di toponimia e idroni-
mia italica.
.
670 RIASSUNTI
Questo articolo comincia con uno sguardo sullo stato degli studi sui prenomi
numerali romani ed italici; i punti di riferimento sono il mio trattamento del te-
ma in Die roemischen Vornamen (1987) e l’articolo di P. Poccetti in Annali del Di-
partimento di Studi del Mondo Classico del 1995. Segue uno studio sull’uso dei co-
gnomi numerali (Primus, Secundus, ecc.), soprattutto nel primo periodo dell’uso
dei cognomi personali (fine I sec. a.C.-primi decenni del I sec. d.C.). Vengono sot-
tolineati soprattutto i sequenti fatti : (a) i cognomi numerali non sono mai stati
molto popolari; (b) tra i cognomi numerali si osserva una netta differenza nella
popolarità e nella valutazione (Secundus è un cognome più stimato e favorito che
Primus, ecc.); (c) per indicare l’ordine di nascita dei loro figli i romani hanno
fauuto uso non solo di cognomi numerali ma anche di altri cognomi (Maximus,
ecc.).
.
RIASSUNTI 671
Carlo SANTINI, Materiali per un’indagine sui toponimi di alcuni oppida nei com-
menti di Servio all’Eneide, p. 563-577.
Emanuelle LELLI, L’onomastica del mondo italico negli Alessandrini : tra erudizio-
ne e letterarietà, p. 579-589.
.
672 RIASSUNTI
tutto presso la scuola italiana, come designazione storica delle lingue indoeuro-
pee dell’Italia antica diverse dal latino. Queste sistematizzazioni sono state tutte
messe in crisi a partire dagli anni Settanta del XX sec. dalle nuove acquisizioni
epigrafiche, e dall’individuazione di nuovi tipi linguistici che aggiornavano il
quadro delle conoscenze fin lì maturate, riconfigurando lo spazio linguistico del-
l’Italia antica. Da qui la necessità di rivedere i dispositivi metalinguistici, in ma-
niera tale da rendere ragione tra l’altro dell’antitesi tra italicità storica e italicità
fondata su basi linguistiche.
.
RIASSUNTI 673
.
.
INDICI ANALITICI
Gli indici analitici sono stati elaborati in base agli indici redatti da ciascun
autore sul proprio testo sulla scorta di norme unitarie. L’impossibilità da parte di
alcuni autori di redigere l’indice del proprio contributo al volume è stata sopperi-
ta dal generoso aiuto di Anna Marinetti e di Andrea Nuti, a cui va il più sentito
ringraziamento.
Tanto la scelta dei lemmi quanto le attribuzioni, sia della pertinenza designa-
tiva sia della pertinenza linguistica, seguono le indicazioni fornite da ciascun auto-
re. Analogamente la sezione relativa alle forme ricostruite, alle basi onomastiche e
agli elementi morfologici si basa sul materiale selezionato da ciascun autore. Gli
indici analitici, dunque, risultano da un lavoro di assemblaggio, di organizzazione
e di omogenizzazione degli indici curati singolarmente da ciascun autore.
Per agevolare la consultazione si è ritenuto opportuno articolare gli indici
analitici in due grandi sezioni : 1) un indice linguistico; 2) un indice generale al-
fabetico di tutti i lemmi che nell’indice precedente sono stati analiticamente sud-
divisi sulla base di pertinenze linguistiche.
L’indice linguistico è stato organizzato secondo i seguenti criteri : a) l’ap-
partenenza o non appartenenza ad una famiglia, e, subordinatamente, i rispettivi
gruppi o sottogruppi, all’interno dei quali sono elencate in ordine alfabetico le
lingue. Seguono, poi, indici delle basi onomastiche, delle forme ricostruite, dei
suffissi e dei termini tecnici che sono stati oggetto di analisi specifica.
Ciascun lemma è accompagnato dall’indicazione della pertinenza designati-
va (inserita tra parentesi) schematicamente ricondotta alle seguenti categorie :
(a.) = antroponimo
(i.) = idronimo
(o.) = oronimo
(t.) = toponimo
(te.) = teonimo
Anche di queste pertinenze, come di quelle linguistiche, sono state rispettate
le scelte e le indicazioni fornite dai singoli autori.
L’ordine alfabetico è quello latino, tranne la sezione relativa ai soli lemmi
greci, che ovviamente segue l’ordine dell’alfabeto greco. Laddove c’è commistione
tra lemmi in alfabeto latino e lemmi in alfabeto greco, come criterio sovraordina-
to, è stato seguito l’ordine dell’alfabeto latino. In questo caso, le lettere greche oc-
cupano la posizione che avrebbero secondo la traslitterazione convenzionale
delle rispettive lettere in alfabeto latino. Per ragioni di praticità, il segno dell’aspi-
razione (spirito aspro) nel greco non è stato considerato ai fini dell’ordine alfabe-
tico, per cui i lemmi con spirito aspro sono stati collocati alfabeticamente sotto le
rispettive vocali iniziali. Anche l’asterisco non è stato considerato ai fini dell’or-
dine alfabetico, per cui le forme asteriscate si trovano ordinate alfabeticamente
insieme alle altre.
.
676 INDICI ANALITICI
A – LINGUE INDOEUROPEE
.
INDICI ANALITICI 677
.
678 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 679
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680 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 681
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682 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 683
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684 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 685
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686 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 687
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688 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 689
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690 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 691
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692 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 693
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694 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 695
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696 INDICI ANALITICI
Lucius (a.) 252-257, 396, 415, 458, 462, Matelius (a.) 450, 465
467, 502, 503 Matellaeus (a.) 450
Lucretii (a.), (t.) 277 Matellio (a.) 450
Lucretius (a.), 285 Matilia (a.) 462
Lucusta (a.) 527 Matilius (a.) 462
Lupercus (a.) 522 Matisius (a.) 232
Lupiae (t.) 436 Matusia (te.) 232
Lupus (a.) 267 Matusius (a.) 232
Luscus 539 Maxima (a.) 528
Lympha (te.) 230 Maximianus (a.) 523
Macedonicus (a.) 500 Maximus (a.) 522, 524-526, 528
Macer (a.) 38, 522, 524, 526 Medullinus (a.) 276
Maelius (a.) 273, 278, 280 Mefitano (t.) 221
Magius (a.) 522 Mefite (te.) 221
Magna Graecia (t.) 409 Mefitis (te.) 67, 68, 229
Magnus (a.) 416, 500, 522 Mefula (t.) 67, 68
Maia (te.) 224 Megellus (a.) 500
Maius (a.) 224 Memmii (a.) 262
mala Punica 569 Mercasius (a.) 449
Malchio (a.) 411 Mercurius (te.) 413
Mam(i)us (a.) 104, 525 Merula (i.) 67
Mamercinus (a.) 285, 286 Merxius (a.) 449
Mamercus (a.) 286, 502 Messalina (a.) 413
Mamurius (te.) 230-233 Messalla (a.) 76, 87, 92, 149, 284
Manilius (a.) 75 Messapus (a.) 551-554
Manius (a.) 92, 96, 224, 396, 502 Metalli 483
Manlia (a.) 271, 278, 286 Metapontum (t.) 435
Manlii (a.) 271 Metela (a.) 298
Manlius (a.) 279, 529 Metelius (a.) 450-451, 461-462, 465
Mansuetus (a.) 522, 527 Metelli (a.) 483
Marcellinus (a.) 462 Metellius (a.) 450, 527
Marcellus (a.) 259, 500, 522, 524, 527 Metellus (a.) 450-452, 462, 472, 493
Marcii (a.) 285 Metilianus (fundus) (t.) 462
Marcius (a.) 252, 258, 265, 278, 499, Mettius (a.) 94, 141
527 Mettus (a.) 94, 141
Marcosius (a.) 449 Mifinum (t.) 67
Marcus (a.) 133, 224, 279, 397, 458, Minerva (te.) 232
462, 464, 468, 470, 499, 502, 519 Minervius (a.) 223
Mare (i.) 69 Minio (i.) 65, 68
Marica (te.) 69 Mino(r) (a.) 528
Maricae (palus) (t.) 212 Mino(s) (a.) 528, 571, 572
Maricla (i.) 69 Minturnae (t.) 66
Marii (a.) 262 Minucia (a.) 265
Marius (a.) 525 Minucii (a.) 266, 280
Marrubii (e.) 565 Minucius (a.) 259, 265, 266, 522, 523
Mars (te.) 228, 229 Miro (a.) 420
Marte (te.) 221, 224, 228, 229 Mistyllos (a.) 418
Martialis (a.) 223, 225, 527 Mitilius (a.) 450
Martis (te.) 224, 230, 233 Modestus (a.) 522
Martius (te.) 228-230, 232, 233 Modius (a.) 110, 113
Marxius (a.) 449 Moera (t.) 570
Massalia (t.) 414 Montanus (a.) 279
Massicus (a.) 551 Mugilla (t.) 277, 283
Massilia (t.) 414 Mugillanus (a.), (t.) 277, 279, 283
Matelio (a.) 450 Mummii (a.) 262
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INDICI ANALITICI 697
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698 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 699
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700 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 701
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702 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 703
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704 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 705
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706 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 707
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708 INDICI ANALITICI
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710 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 711
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712 INDICI ANALITICI
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714 INDICI ANALITICI
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718 INDICI ANALITICI
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INDICI ANALITICI 719
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720 INDICI ANALITICI
-Vdyo- (t.) 157 -yo- (a.) (e.), (t.) 157, 159, 165, 176, 244,
-yā (a.), (e.), (t.) 157, 159, 165, 176 502, 503
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INDICE GENERALE
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722 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 723
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724 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 725
Aśkonetio(s) (a.) 175, 305, 306 atunes (a.) 378, 383, 403
Aśmina (a.) 180, 302 atur 536
aśouni (a.) 302, 314 Atusius (a.) 175
Asper (a.) 521 aualo (a.) 300
astesine (a.) 199 Aydaiv (a.) 430
Ata (a.) 56 Audena (i.) 70
ata 536 *audh- 70
Ataityka (a.) 55 Aufeia aqua (i.) 70
atale (a.) 383 Aufentum (i.) 70
-ate (a.) 375, (t.) 620 Aufidena (t.) 505
Ate (a.) 378, 394, 501 Aufidia (a.) 329, 330
ate- 312 Aufid(i)us (i.), (t.) 70, 438, 505
Atecotti (e.) 170 Aufilius (a.) 330
Ategnatos (a.) 176 Aufilli (a.) 330
atei (a.) 378, 394 Aufilo (a.) 402
ateknati (a.) 302 Aufino- (a.) 500
Atekua (a.) 89, 181, 302, 311, 314 Augurinus (a.) 265, 266, 521, 526
Atene (t.) 28, 46 Augustus (a.) 416
Atepa (a.) 181 Ay¶goystov (a.) 416
ateporix (a.) 311, 313 Aukíl (a.) 500
*atepos (a.) 181 aula (a.) 383
Atepu (a.) 181, 302, 311 Aule (a.) 378, 381, 383, 392, 459, 501,
ateratos (a.) 302, 311 536, 538, 546
Aternus (i.) 66 Aules (a.) 459, 463
-ates (e.) 166 Aulesa (a.) 536-538
[A]tgene- (a.) 373 Aulesla (a.) 537, 538
-aue (a.) 375 Auliani (a.) 622
Auh̃nai (t.) 436 auliu (a.) 383
Auhnaı̃ov (e.) 413 aulu (a.) 384
Aunu (a.) 501 Aulus (a.) 501, 502
Athtar (te.) 38 -aunā (te.) 172
ati(e) (a.) 378, 394 aunate (a.) 207
atieki (a.) 302, 304 -auni (e.) 167
Aties (a.) 331, 335 -auno- (te.) 172
Atilianus (a.) 622 *-aSo- 333
Atilius (a.) 527 Ay¶filov (i.) 70
atilonei (a.) 302, 305 Aurelia (a.) 226
Atina (a.), (t.) 201-202, 214, 228, 564 Auruncus (a.), (t.) 280
atinate (a.) 201, 207, 214 *ausa 70
atiuce (a.) 383 Ausar (i.) 70
-ato- 312 Auser (i.) 70
Atov (a.) 56 Auserclo (i.) 70
atrane (a.) 198, 211 Aysonı̃tiv (t.) 573
Atta (a.) 92, 94, 105-118, 335, 360 autoglottonimo 594
*atta- 104, 107-126, 332, 335 autonimo 594
Attalica 410 autu (a.) 384
Attalus (a.) 409 APeliov (a.) 431
Atticus (a.) 410 Avens (i.) 552
Attidianus (a.) 622 Aventinus (a.), (o.) 551-552, 558
Attio (a.) 331, 335 *Aver 66
Attius (a.) 332, 335 Avernus (lacus) (i.) 66
Attius (a.) 94, 104-118, 394 APev (a.) 51, 54, 43
Attus (a.) 94, 105-118, 394 avil 501
Attusa (a.) 175 Avile (a.) 282, 378, 392, 501, 538
Attuso (a.) 175 avlo- 503
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726 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 727
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728 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 729
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730 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 731
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732 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 733
-eo (a.) 304, 306, 307, 309, 312 Europus (a.) 468
Ep[?] (a.) 469 Euruno (t.) 158
*epo- (a.) 173, 312 Eyßry¥maxov (a.) 50
Epona (te.) 172, 173, 416 eyrymakev (a.) 50, 51, 54
epopaska (a.) 53 Eutrapelus (a.) 410
Êpru 546 Eutucia, (a.) 419
Êprus 536 Ey¥toykeı¥a (a.) 419
Equi (a.) 630 Eyßtyxı¥a (a.) 419
Equos 182 Eutychia, (a.) 419
Era (te.) 222 evantra (a.) 383
Eracle (te.) 38 Ejaxestı¥dav (a.) 46
Hra¥kleitov (a.) 403 ¶Ejaxiv (a.) 46
Hraklh̃v (te.) 222, 403, 410, 411 Eja¥xwn (a.) 46
Ercole (te.) 219, 221, 222 Excingomagus (t.) 155
eri- 312 Exorati f. (a.) 302
eripoxios (a.) 302, 311, 312 Fabia (a.) 274
eris (a.) 383 Fabii (a.) 270, 274, 277
Eros (a.) 410 Fabius (a.) 104, 458
Erotium (a.) 418 Fabullus (a.) 521, 526
Eroyntes (a.) 503 Fadatruni[(a.) 322
Eroynth<i>v (a.) 468 Faesus (a.) 265, 266
Erux (t.) 19 *Faler 66
-es 80 Falernus (ager) (t.) 66
hv (a.) 415, 418 Falisci (e.) 567
esal- 510 Faliscus (e.) 196, 213
Esanekoti (a.) 177, 303, 310 Falto (a.) 500
Eshmun (te.) 30, 32 Faltu (a.) 501
Eskingomarios (a.) 314 fastia (a.) 384
esl- 510 Faustus (a.) 502
esmín 52 Favor (a.) 521, 526
esopnio(s) (a.) 302, 305 felcinate (a.) 201, 210, 215
esopnos (a.) 311 Felix (a.) 500
Esquilinus (a.), (t.) 280, 285 felqunate(s) (a.) 210
Estaniov (a.) 470 Felsina (t.) 202, 215, 634
-etani (e.) 166 Felsineo (e.) 634
*Et(e)ro- 540 Fêlsni 536, 540, 543
eteroglottonimo 594 *FelsV- 541
eteronimo 594 *FelsV-na 540
etnico, ethnikon, eßuniko¥n 601-603 feluske(s) (a.) 196, 213
definizione 603-604 Felzna (a.) 215, 540
struttura morfologica 605 Felzumna (a.) 225
grecismo nell’usus linguistico con- felzumnate (a.) 210, 215
temporaneo 610 ferann 159
etnonimia 600 Fere (a.) 458
etnonimo 594, 601-602 ferenn 159
-eto- (a.) 175 Ferentinas (e.) 210
Êtru 536, 540-542, 544 Ferentinum (t.) 210
Êtruis 538 Ferine (a.) 501
Etruria (t.) 572 Feronia (te.) 223
Etrusci (e.) 440, 573 feronn 159
Etruscus (a.) 521 Ferox (a.) 521, 526
-et(t)o- 312 Ferrognao (t.) 223
eucle (a.) 384 Ferrogno (t.) 223
Eyßkleı¥dhv (a.) 417 fertae 159
Euclides (a.) 417 Ferter (a.) 106, 110, 111, 113, 114, 131, 360
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734 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 735
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736 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 737
-ikna- (a.) 304, 309, 311, 312 *ı̄ssu- (e.), (t.) 170
-ikno- (a.) 304, 309, 311, 312 *Issubrēs (e.) 170
-(i)ko- (a.) 81, 175 *ıssubreys (e.) 170
-ilio- 502 *ıssu-briks (t.) 170
-ı̌lio- 92-98 *ıssu-bris (e.) 170
-ı̄lio- 92-98 -istā (t.) 158
Ilioneo (a.) 235 Istanius (a.) 454
-ilius 84, 86, 91, 92-98 -isto- (t.) 158
-íllo- (a.), (e.), (t.) 185 Isoy¥rion (t.) 170
illu 439 Isu(r(i)um)-Brigantum (t.) 170
Illyricus (a.) 521 Isymbroi (e.) 170
-ilo- (a.) 85, 86, 299, 304, 305, 308, 312 Itali (t.) 582
-ilu 84-85 Italia (t.) 65, 72, 219, 222-224, 415, 417,
im 49, 50 440, 567
-im 79, 81 Italı¥a (t.) 415, 417
Imperiossus (a.) 279, 286 Italici (e.) 409
-in- 63 italico 596, 597
[- - -]inauur 537, 540 italico del Nord 597
Industria (t.) 155 italico del Sud 597
-ine (a.) 196, 198-199, 206, 211-212 Italicus (a.) 461
Ingauni (e.) 164, 167, 182 italique 597
inigena 179 italisch 596
Ingenuus (a.) 527 italo (a.) 54
-inio- 436 Italo¥v (a.) 582
-inkā-/o (i.), (t.) 181 ıtalus (t.) 417
-inko-/ā (i.), (t.) 181 -itani (e.) 166, 419
-ı̄no- (a.) 244, 505 -ite (a.) 375
-íno- (te.) 174 -ites (e.) 166
Inregillenses (a.) 280 -ı¥thv (e.) 419
Inregillensis (a.) 264, 277 -iue (a.) 375
Inregillum (a.) 265 -it(t)o- 312
Insubres (e.) 170 iucurte (a.) 378, 404
Inveruno (t.) 158 Ioydaı¥a (e.) 418
-io- 86, 304, 306, 307, 309, 312, 360, Iulia (a.) 101, 102, 366, 456
361, 436 Iulianus (a.) 521
*-to- / -ito- 321-323, 327, 328, 330, 332- Iulium Carnicum (t.) 158
336 Iulius (a.) 101, 521, 525, 526
-iom 79, 81 -iúm 79
Ionicus (a.) 527 -ium (a.) 418
ios (e.) 85, 415 Iunii (a.) 267, 268
Iosimus (a.) 416 Iunius (a.) 252, 268
Iovincus (a.) 157 Iunonis (te.) 224, 233
Iovio (te.) 221 Iuppiter (te.) 235
iovio- (te.) 230 Iuvants (a.) 173
Iovis (te.) 235, 236 Iuvenior (a.) 521, 529
Iovius (te.) 230 Ivrea (t.) 163
Ippokrathv (a.) 403 -iyo- 502 503
Ippw ¥ nion (t.) 440 -jo- 79 – 105
™ ippov 440 -kā – (e.), (i.), (t.) 156
-is 79, 80, 81 ka- 367
*ı̄s- (e.), (t.) 170 Ka¥dosiv (a.) 46
-isal 541 Ka[es.] (a.) 458
-isalisa 541 Kaeso (a.) 396, 458
Isernia (t.) 66 Kafati f. (a.) 315
Issiglio (t.) 163 Kaialoiso (a.) 179
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738 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 739
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740 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 741
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742 INDICE GENERALE
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744 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 745
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746 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 747
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748 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 749
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750 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 751
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752 INDICE GENERALE
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754 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 755
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756 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 757
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758 INDICE GENERALE
-u (te.) 87, 226, 305, 436, 508, 511, 540, uper-onā (t.) 159
542 Upfals (a.) 402
-u (<-ōn) (a.) 304, 309, 312 ufale (a.) 378, 402
ualaunal (a.) 302 Ufamogozis (a.) 178, 180
oyßalenti (a.) 412 ufle (a.) 378
uarsileos (a.) 302 uple (a.) 404
úasal 159 u(p)o- (t.) 162
ub 159 *upo-sth2-o-s (a.) 179
Ubiale (t.) 159 Úppiis (a.) 504
Ubione (o.) 159 *Úppis (a.) 517
ubokum (a.) 300 Upsidia (a.) 180
uchel 159 Upsidius (a.) 180
ucrislane (a.) 212 Ur (t.) 30
Ucuetis (te.) 173 urfe (a.) 378, 404
Oyediantı¥wn (e.) 165 Uria (t.) 210 215
Oyßenetoı¥ (e.) 411 urinate (a.) 210, 215
Uenia (a.) 302, 311, 463 uritalisch 596
Oyenikion (t.) 161 uriue (a.) 210
Oyenı¥knioi (e.) 166 urnasis (a.) 384
Oyenikoi 166 Urrath (t.) 156
uepetín 52 Urray (t.) 156
uerkalai (a.) 302 , 311 Ursius (a.) 529
Ufens (a.), (i.) 70, 505, 551-558 ursme (a.) 379, 384, 406
Úfita (i.) 70 Ursmnei (te.), (a.) 229
Ugarit (t.) 31, 33, 34, 36, 38 urste (a.) 378, 404
úht(-) (a.) 517 -oỹv (te.) 419
Uhtav[...] (a.) 485 -us (a.) 415
Uhtave (a.) 378, 400, 485 Usel (te.) 226
Úhtavis (a.) 485, 516 Usele (a.) 378, 391, 541
Oyike¥tia (t.) 159, 438 *Usele (a.) 536, 540
u.i.r.o.u.i.a.ka 156 *Usele-na (a.) 536
uitilios (a.) 302 *Usele-na 540
uitulus 417 Usèllus (t.) 161
-ul- 67 Uselna (a.) 226
-uli (e.) 166 Usil (te.) 226
Ulixes (a.) 569 usil 501
-ullo- 88, 90 Usile (a.) 501
-úlo- 88, 90 Úsito (i.) 70
Umber (e.) 213, 555 U.s.i.z.u (a.) 180
Umbri (a.), (e.) 440, 630 Uslna (a.) 536
Umbria (t.) 227 Uslnal 537
Umbricus (e.) 213 Uslna (-nie) 536, 540, 542, 543
Umbro (a.), (i.) 65, 551-558 -uso- (a.), (e.) 170, 175
umbro 595, 596, 597 Usonius (a.) 180
umrana (a.) 207, 213 Usseaux (t.) 159
umrce(s) (a.) 196, 213 Ussèglio (t.) 159
umre(s) (a.) 196-197, 213 Ussius (a.) 180
-un- (a.), (t.) 156, 181 Utavu (a.) 485
una (a.) 378, 403 Utens (i.) 70
Uni (te.) 228 Utschelg (o.) 159
-untii (e.) 419 uvamokozis (a.) 136, 139, 304, 306-310,
-oy¥ntioi (e.) 419 370
-oyntov (te.) 419 Uveza (a.) 178
* -ȳo- 332, 333, 335, 336 Uvie (a.) 378, 402, 501
*upero- (t.) 155 uvilane (a.) 212
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INDICE GENERALE 759
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760 INDICE GENERALE
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INDICE GENERALE 761
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762 INDICE GENERALE
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SOMMARIO
Pages
Paolo POCCETTI, Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1-3
.
764 SOMMARIO
Pages
Heikki SOLIN, Sulla nascita del cognome a Roma . . . . . . . 251-293
Filippo MOTTA, Tipologie dell’onomastica personale celtica
nell’Italia antica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 295-318
Emmanuel D UPRAZ , Hypothèses sur les origines du
système gentilice en pays nord-osque . . . . . . . . . . . . . . . 319-339
Fabrice POLI, L’anthroponymie osque : données quantita-
tives et qualitatives postérieures à l’ouvrage de Michel
Lejeune (1976) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 341-353
ONOMASTICA E ISTITUZIONI
ONOMASTICA E LESSICO
.
SOMMARIO 765
Pages
Carlo DE SIMONE, L’onomastica personale della Tabula
Cortonensis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 535-550
Fabio STOK, Onomastica / toponomastica virgiliana . . . . . 551-561
Carlo SANTINI, Materiali per un’indagine sui toponimi di
alcuni oppida nei commenti di Servio all’Eneide . . . . 563-577
Emanuelle LELLI, L’onomastica del mondo italico negli
Alessandrini : tra erudizione e letterarietà . . . . . . . . . . . 579-589
RIASSUNTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 663-673
SOMMARIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 763-765