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Proprietà meccaniche

I materiali si possono caratterizzare sulla base di diverse classi di proprietà, che dipendono sia da parametri
esterni come temperatura e pressione, si dal tipo di materiale, dalla sua purezza, dalla sua tecnologia di
lavorazione.
- Proprietà meccaniche, come elasticità, durezza, plasticità, viscosità, tenacità, fragilità e resistenza
all’usura
- Proprietà di trasporto di materia, come diffusione e conducibilità ionica
- Proprietà chimiche di superficie, come ossidazione, corrosione e catalisi
- Proprietà termiche, come calore specifico, dilatazione termica e conducibilità termica
- Proprietà elettriche, come costante dielettrica e conducibilità
- Proprietà magnetiche, come suscettività magnetica e ciclo di isteresi
- Proprietà ottiche, come assorbimento, riflessione e luminescenza

Proprietà Meccaniche
Gran parte dei componenti in esercizio sono soggetti a forze di vario genere, l’effetto delle forze è indurre
delle deformazioni nei materiali. Le relazioni tra carichi applicati e deformazioni determinano il
comportamento meccanico di un materiale e la determinazione delle distribuzioni degli sforzi e delle
deformazioni derivanti da carichi esterni applicati permette di dimensionare e parti in fase di progettazione
Le proprietà meccaniche vengono determinate in prove di laboratorio e si differenziano in base a
- Natura della sollecitazione applicata, ovvero il carico può essere di trazione, flessione,
compressione, taglio e torsione
- Distribuzione della sollecitazione applicata, che può essere istantanea, continua o alternata
- Temperatura di prova

Prove di trazione
Sono le prove più comunemente utilizzate per determinare le proprietà meccaniche quali modulo elastico,
resistenza, allungamento a rottura e tenacità. Si applica una deformazione ad un provino a osso di cane, dove
una traversa è fissa e l’altra è mobile, da qui poi si misura la risposta del campione in termini di forza
Per risalire allo sforzo e alla deformazione, dobbiamo prendere i parati misurati dalla macchina, ovvero
allungamento e forza del provino
Apparecchiatura di prova

Riguardo il comportamento del materiale, sottoposto ad uno sforzo esterno, il materiale si oppone ad una
certa deformazione imposta dall’esterno con uno sforzo.
Ricaviamo così il diagramma sigma-epsilon
La deformazione elastica è la deformazione reversibile indotta da uno sforzo esterno agente sul materiale,
quando la forza agente viene annullata, si azzera anche la deformazione. Spesso in campo elastico si assume
che sussista proporzionalità tra sigma ed epsilon, come la legge di Hooke.
Il modulo elastico, E, definire la rigidità o stiffness di un materiale che è legata alla forza di legame

∂ = E&
E = lim ∆∂/∆& per ∆E tendente a zero
Il modulo è dato dalla pendenza della retta nel campo elastico
E = ∂e/&e = A sin(α)/A cos(α) = tg(α)

Modulo elastico e struttura


Il modulo elastico dipende dalla capacità dei legami atomici di deformarsi, più è alta la forza di
legame, maggiore è la rigidità del materiale; infatti, aumentando E aumenta anche la temperatura di
fusione.
Durante la deformazione elastica i legami vengono allungati, ma non vengono rotti, la
compressibilità è il rapporto tra la variazione frazionaria e la pressione idrostatica applicata
Β = (∆V/V) /p
Modulo di Poisson
Sempre in campo elastico, applicando una tensione monoassiale longitudinale, oltre alla
deformazione longitudinale imposta, si verifica una contrazione trasversale ad essa proporzionale,
misurabile dalla variazione del diametro del provino.
La costante di proporzionalità tra le deformazioni è il coefficiente di Poisson, con valore positivo,
che può essere valutato misurando la deformazione trasversale e utilizzando la relazione.
Se il comportamento è isotropo, detto z l’asse di trazione, il modulo di Poisson viene definito
v = & laterale / & longitudinale = - (&x / &z) = - (&y / &z)
Per un materiale ideale dovrebbe essere 0,5, nei materiali comuni è compreso tra 0,25 e 0,4

Resistenza allo snervamento


La resistenza allo snervamento divide la regione a comportamento elastico, dalla regione a
comportamento plastico. Si determina una deformazione permanente nel provino, che non si annulla
quando viene applicato lo sforzo.
A volte questo valore non è facilmente individuabile, dunque si introduce un limite apparente di
elasticità, calcolato allo 0,2% di deformazione permanente e dopo lo snervamento
∂ = k&^n

Fragilità e Duttilità
Raggiunto il limite della deformazione elastica, un materiale si può comportare in due modi
- Il campione si rompe
- Il campione continua a deformarsi e la deformazione resta anche dopo che la forza agente
viene annullata
I due tipi di comportamento definiscono la fragilità e la duttilità di un campione; inoltre, i materiali
duttili presentano un comportamento simile a trazione e compressione. Per i materiali fragili la
rottura viene innescata in punti di difetti e tali materiali resistono molto meglio a compressione, dal
momento che tende a chiudere il difetto e non ad ampliarlo
Fragilità e duttilità dipendono invece dalla temperatura

Materiali fragili
Nei materiali fragili, l’impossibilità degli atomi di scorrere provoca la rottura catastrofica del
materiale quando la forza applicata supera la forza di legame, la resistenza dovrebbe essere quindi
proporzionale al modulo elastico, ma ciò si verifica solo in parte dal momento che i materiali fragili
sono molto sensibili alle proprietà superficiali dette cricche.

Materiali duttili
In un materiale duttile lo sforzo cresce fino a raggiungere un valore massimo, successivamente lo
sforzo comincia a diminuire per effetto dello scorrimento plastico. Il valore massimo dello sforzo è
la resistenza a trazione, la duttilità nei materiali metallici è legata al movimento delle dislocazioni.
Nelle materie plastiche, la deformazione plastica è legata allo scorrimento delle catene e così il
carico ingegneristico diminuisce, ma non il carico reale.

Strizione
In seguito alla strizione si verifica la riduzione della sezione del provino in alcune zone localizzate e
l’allungamento non è più omogeno ovvero non è più uniforme su tutta la lunghezza.
Duttilità
Ad un valore di allungamento del provino si verifica la rottura. La duttilità definisce la capacità del
materiale di deformarsi, ovvero l’allungamento percentuale, prima della rottura e può anche essere
determinata dalla riduzione di sezione del provino.
Per la consistenza del volume, infatti, A*L = cost
Allungamento = [(L-L0) / L0] * 100
Strizione = [(A0-A) / A0] * 100

Lo sforzo che reagisce realmente sul provino si calcola con


∂r = F / A = (F / A) * (A0 / A) = ∂i * (A0 / A)
l

&r = ∫ dl/l = ln I lr / l0 I = ln I (l0 + ∆l) / l0 I = ln (l + &i)


l0

Se il volume del campione non cambia


Al = A0 * l0
∂r = ∂i * (l / l0) = ∂i * (l0 + ∆l) / l0 = ∂i * (l + &i)

Influenza della struttura


Con materiali di struttura CFC, restano duttili anche a basse temperature, invece con struttura CCC
ed EC i materiali presentano una netta transizione tra comportamento duttile e comportamento
fragile abbassando la temperatura di prova.
Lo stesso comportamento lo osserviamo nei polimeri e nei ceramici

Prove di flessione
Spesso per i materiali fragili si preferisce calcolare le proprietà meccaniche attraverso prove di
flessione; infatti, in prove di trazione la notevole sensibilità dei materiali ai difetti fa si che la rottura
possa avvenire in corrispondenza dei morsetti di prova.
Nella prova di flessione l’assenza di ammorsaggi permette di ottenere risultati più significativi
La tensione media su una sezione è nulla, ciò è dovuto perché la compressione e la trazione si
bilanciano
∂ = (3Fl / 2bh^2)
& = (6hf / l^2)
E = (l^3 / 4bh^3) * F/f

Prove di durezza
La durezza è una misura della resistenza di un materiale alla deformazione plastica localizzata, per
determinare la durezza si usa un penetratore che è costituito da un materiale più duro del materiale
in esame.
Dall’area o dall’impronta, lasciata dal penetratore sulla superficie del materiale, si può determinare
la durezza del materiale in esame. Durezza e resistenza a trazione sono confrontabili e dipendono
dalla deformazione plastica.
Le prove di durezza sono di diversi tipi …
- La prova di Brinell
La prova consiste nel far penetrare nel pezzo in esame una sfera di acciaio molto duro di diametro
D, mediante l’applicazione di un carico F, e nel misurare il diametro d dell’impronta lasciata dal
penetratore sulla superficie del pezzo, dopo aver tolto il penetratore.
I valori normali di F e di D sono
F = 29400 N = 3000 kgf
D = 10 mm
∂max = 1/3 HB
HB = 2F / [π*D*(D - √ (D^2 – d^2)
- La prova di Vickers
In questa prova il penetratore è costituito da una piramide retta, a base quadrata, di diamante con
l’angolo al vertice posto fra due facce opposte di 136°
La prova si svolge applicando un carico di 294 N = 30 kgf per 10-15 secondi
HV = 0,189 * F / d^2
- La prova di Knoop
- La prova di Rockwell
I risultati ottenuti da prove diverse non possono essere confrontabili perché le procedure sono
diverse

Resilienza
La resilienza è la capacità di assorbire energia prima di rompersi e dipende dalla resistenza e dalla
duttilità
ε
W = ∫ σdε
0

[W] = [F] / [L^2]


In campo elastico
εe

W = E ∫ εdε = E * (&e^2 / 2) = (∂e * &e) / 2


0

Un’alta resistenza determina una bassa duttilità e una bassa resilienza


Una media resistenza determina una media duttilità e un’alta resilienza
Una bassa resistenza determina un’alta duttilità e una bassa resilienza

Prove di impatto
Nelle prove di impatto un provino viene portato a rottura sotto l’urto di una massa in caduta libera
pendolare, le prove di impatto permettono di ricavare la tenacità, l’energia assorbita a frattura, di un
materiale.
La prova di impatto, in cui la forza è applicata a velocità elevatissime, accentua il carattere fragile
di un materiale
Le prove sono condotte seguendo due tipologie di prova
- Charpy
- Izod
Le prove vengono anche condotte in presenza di intaglio per determinare la sensibilità del
materiale, mentre il comportamento del materiale dipende dalla temperatura
Nelle prove di Izod e Charpy osserviamo che la resistenza si può calcolare per unità di lunghezza, in
corrispondenza dell’intaglio, o di area, superficie del campione all’intaglio.
W = P * (h – h’)
R=W/S

Prove di Creep
Per effetto di un carico applicato costante, il materiale può continuare a deformarsi anche per tempi
molto lunghi. Il comportamento è più accentuato alle alte temperature, per metalli a temperatura
minore di 0,4 Tf e per i polimeri a tutte le temperature.
Il fenomeno di Creep è legato a fenomeni di scorrimento nei metalli e di deformazione viscosa nei
polimeri.
Nelle prove di Creep si applica uno sforzo costante al provino e se ne misura la deformazione nel
tempo, aumentando la deformazione si misura la diminuzione di modulo elastico.
Il comportamento di un materiale a Creep si può descrivere individuando tre distinte zone nel
diagramma tempo-deformazione …
- Creep primario, la velocità di creep diminuisce nel tempo
- Creep secondario, la velocità di creep si mantiene costante
- Creep terziario, la velocità di creep aumenta nel tempo

Stress Relaxation
Applicando una deformazione costante nel materiale, si misura il decadimento della forza
necessaria a mantenere tale deformazione costante.
Fatica
La fatica è il comportamento meccanico di materiali soggetti a cicli di carico al di sotto del limite di
rottura, è la causa più importante di cedimento nei metalli.
La resistenza a fatica è il livello di carico a cui il materiale cede ad un certo numero di cicli, per un
acciaio di resistenza a fatica per N è uguale a infinito, ovvero il limite di fatica che si ottiene al 40-
50% della resistenza a trazione.

Prove di fatica
Le prove di fatica vengono eseguite su uno strumento, detto macchina di Moore o flessione rotante.
Nel caso in cui lo sforzo medio sia nullo, ovvero che -∂f ‹ ∂ ‹ ∂f si determina per ogni valore di ∂f il
numero di cicli Nf perché il provino si rompa.
La tensione è quella nel punto più sollecitato e la tensione media sulla sezione è nulla.
Curva di Wohler
Riportando lo sforzo in funzione del numero di cicli si determina la curva di fatica, la resistenza di
fatica va calcolata in corrispondenza di un certo numero di cicli ∂f*Nf.
Il campo di resistenza quasi statica con Nf minore di 10^3 accade quando la ∂f raggiunge valori
prossimi a quelli della resistenza a rottura.
Il limite di fatica invece è il tratto orizzontale, anche per N che tende a infinito dove il materiale non
si rompe
Nf = K ∂fm

I principali fattori che influenzano la vita a fatica sono


- Fattori legati all’applicazione del carico, come l’entità della tensione alternata, la presenza di
una tensione media e il tipo di sollecitazione ovvero normale-tangenziale, sollecitazione
mono/bi/tri-assiale e gradiente della tensione
- Fattori legati alla resistenza e allo stato del materiale, come caratteristiche meccaniche,
temperatura, corrosione e tensioni residue
- Fattori legati alla geometria dell’elemento, come forma, dimensioni e finitura superficiale

Viscosità
La viscosità è la resistenza al flusso di materiali fuso ed è la proprietà più importante per la
lavorazione.
I materiali di bassa viscosità fluiscono facilmente
Shear rate è il rapporto tra velocità e spessore
Sforzo è il rapporto tra forza e area
V = V0
V0
F=ηA =ηA σv /σx
B
σv
τ =η =ηA σV /σX
σx

Fluidi non Newtoniani


Per alcuni fluidi, come l’acqua, la viscosità non varia al variare dello shear rate, parliamo dunque di
fluidi newnoniani.
Per i fluidi non newtoniani la viscosità dipende dallo shear rate
η=η 0 η
τ =η η=η 0 η
Newnoniano n =1
Pseudoplastico n minore di 1
Dilatante n maggiore di 1

T=200
T=300

Ln
h T=400

0.01 0.1 1 10 100

Ln shear rate,
h
!

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