Sei sulla pagina 1di 94

II° Principio della Termodinamica

Prof. Ing. Vittorio Ferraro


DIMES UNICAL
vittorio.ferraro@unical.it

Materiale didattico on line: icampus.dimeg.unical.it

Bibliografia

• M. Cucumo, V. Marinelli, “Termodinamica Applicata”, Pitagora


Editrice, Bologna.
DEFINIZIONI
MACCHINA TERMICA

La macchina termica è un sistema termodinamico nel


quale viene attuata la trasformazione ciclica, e quindi
ripetibile nel tempo, dell'energia termica in energia
meccanica.

MACCHINA FRIGORIFERA

La macchina frigorifera (o pompa di calore) è un sistema


termodinamico nel quale viene attuato il trasferimento di
calore, in modo ciclico e, quindi, ripetibile nel tempo, da
un serbatoio freddo ad un serbatoio caldo con l’ausilio di
un lavoro esterno.

NOTA: In questa trattazione tutte le grandezze (Q, L) sono considerate in


valore assoluto.
Enunciato del II° principio secondo Kelvin-Planck
Rendimento delle macchine termiche

L’enunciato del II° principio secondo Kelvin e Planck è


il seguente:
E’ impossibile realizzare una macchina termica nella
quale il calore assorbito da un serbatoio caldo venga
convertito completamente in lavoro.

NON ESISTE LA MACCHINA


PERFETTA !

(L=Q1)
Si definisce rendimento di una macchina termica il
rapporto fra l ’ effetto utile della macchina (lavoro
motore prodotto) e la spesa, ovvero l’energia termica
fornita alla macchina per produrre tale lavoro (quantità di
calore Q1):

Lm
h=
Q1

Rappresentazione simbolica
di una macchina termica
Essendo, per definizione, una macchina termica ciclica, per il I°
principio la sommatoria delle quantità di calore scambiate dalla
macchina con l’esterno è pari al lavoro motore fornito dalla macchina:
in simboli si ha:
å Qi = Lm Þ Q1 - Q2 = Lm
i
Sostituendo nell’equazione precedente si ottiene:

Lm Q1 -Q2 Q2
h= = =1-
Q1 Q1 Q1
Dall’ultima espressione si nota che il rendimento delle macchine
termiche è minore di uno e tende all’unità se la quantità di calore Q2
tende a zero.

Il fatto che ogni macchina termica abbia un rendimento inferiore


all'unità viene espresso come secondo principio della termodinamica.
Enunciato del 2° principio secondo Clausius.
Macchine frigorifere

Se il ciclo di una macchina termica viene percorso in senso antiorario,


cioè nel senso opposto a quello del ciclo finora esaminato, il risultato
del ciclo è l'assorbimento di una quantità di calore Q2 da un serbatoio
freddo, la cessione di una quantità di calore più elevata Q1 ad un
serbatoio caldo e l'assorbimento di un lavoro motore Lm.

Questa macchina viene chiamata


macchina frigorifera o pompa di calore
in quanto essa è capace di trasferire calore
da un serbatoio freddo ad un serbatoio
caldo, naturalmente con l'ausilio di un
lavoro fornito dall'esterno.

Rappresentazione simbolica
di una macchina frigorifera
L’enunciato del II° principio secondo Clausius asserisce:

E’ impossibile realizzare una macchina frigorifera nella


quale il calore assorbito da un serbatoio freddo venga
trasferito ad un serbatoio caldo senza spendere alcun
lavoro meccanico.

NON ESISTE IL FRIGORIFERO PERFETTO !


Poiché lo scopo del frigorifero è quello di sottrarre calore all'ambiente
freddo con la spesa minima possibile di lavoro meccanico, si definisce
coefficiente di prestazione (COP) della macchina frigorifera il
rapporto

Q2
COP =
f L
m

Eseguendo il bilancio energetico della macchina frigorifera, si ottiene:

Q1 = Q2 + Lm Þ Lm = Q1 - Q2
Il COPF si può scrivere quindi come:

Q2
COP =
f Q -Q
1 2
Nel caso di funzionamento della macchina inversa come pompa di
calore, l’effetto utile in questo caso è la quantità di calore Q1 fornita
all ’ ambiente da riscaldare. Il coefficiente di prestazione di una
pompa di calore è definito come

Q1 Q1
COPp = =
Lm Q1 -Q2

E’ facile ricavare la relazione che sussiste tra il COPp ed il COPf che è


la seguente:

COPp = COPf +1
Il coefficiente di prestazione di una macchina frigorifera può
(deve) essere maggiore di 1.
Se, ad esempio, il COPF vale 3, quello della pompa di calore,
sarà: COPP = 4. Quindi risulta che Q1 = 4 × Lm.
Questo risultato induce a sfruttare la macchina frigorifera come
pompa di calore (Lord Kelvin nel 1851 progettò una macchina
adatta allo scopo).
Se si usa un resistore elettrico per riscaldare un ambiente, per 1
kW di potenza elettrica consumata si ha 1 kW di energia termica
immessa nell'ambiente.
Utilizzando la pompa di calore, con 1 kW di potenza elettrica
spesa si hanno invece, nell ’ esempio considerato, 4 kW di
potenza termica; ovviamente i 3 kW di differenza vengono
sottratti all'aria esterna, ovvero si riscalda l'ambiente
raffreddando l'esterno.
Nel periodo estivo, le pompe di calore sottraggono calore
all’ambiente da raffrescare e lo trasferiscono all'esterno.
Equivalenza degli enunciati di Kelvin-Planck e di Clausius

Le formulazioni del secondo principio secondo Kelvin-


Planck e secondo Clausius sono equivalenti;

Da ciascuno dei due enunciati si può dedurre l’altro e, se non


fosse valido uno degli enunciati, non risulterebbe verificato
l'altro.

Dimostriamo l'equivalenza provando che la negazione


dell'enunciato di Kelvin-Planck ha come conseguenza la
negazione dell'enunciato di Clausius e viceversa.
Supponiamo che non sia vero l'enunciato di Kelvin-Planck:
sarebbe allora possibile costruire una macchina termica la quale
converte totalmente il calore Q1 prelevato da una sorgente calda in
lavoro motore Lm, come indicato in figura

Questo lavoro motore può essere


utilizzato per azionare una macchina
frigorifera la quale preleva da un
serbatoio freddo il calore Q2 ed immette
nel serbatoio caldo il calore
Q2+Lm = Q1+Q2.

La macchina costituita dall'insieme delle due macchine racchiuse in un


carter o black-box (linea tratteggiata) preleva dal serbatoio freddo la
quantità di calore Q2 ed immette nel serbatoio caldo la quantità di calore
risultante dal bilancio energetico del serbatoio caldo (Q1+Q2-Q1=Q2)
senza l'ausilio di alcun lavoro esterno. Viene di conseguenza
contraddetto l’enunciato di Clausius.
Supponiamo che non sia vero l'enunciato di Clausius: sarebbe allora
possibile costruire una macchina frigorifera capace di trasferire il calore
Q2, prelevato da una sorgente fredda, ad una sorgente calda senza
spesa di un lavoro motore Lm, come indicato in figura.

La macchina costituita dall'insieme delle due macchine (racchiuse in un


carter o black-box) preleva dal serbatoio caldo la quantità di calore Q1-Q2
e la trasforma completamente in lavoro. Nessun calore viene immesso
nel serbatoio freddo (Q2-Q2=0). Viene di conseguenza contraddetto
l’enunciato di Kelvin-Planck.
La macchina di Carnot, il teorema di Carnot e la scala
assoluta della temperatura

Abbiamo visto che, in una qualunque macchina termica, una


certa quantità di calore Q1 è assorbita dal fluido motore da un
serbatoio caldo ed una quantità di calore più piccola Q2 è ceduta
ad un serbatoio più freddo. Il rendimento della macchina è
sempre inferiore all'unità poiché Q2 è maggiore di zero.

Il primo a porsi il quesito su quale sia il motore termico


funzionante tra due serbatoi di calore che abbia il massimo
rendimento, ed inoltre se la sostanza termodinamica impiegata
nella macchina influenzi il rendimento, e a dare loro una
soddisfacente risposta, è stato Leonard Nicolas Sadi Carnot,
ingegnere francese, nella sua celebre pubblicazione del 1824
intitolata: "Reflexions sur la puissance motrice du feu".
Si può osservare che una macchina termica completamente
reversibile operante tra due soli serbatoi deve essere
necessariamente un motore di Carnot.

In questo motore non vi sono né irreversibilità interne, dovute


agli attriti nel fluido, né irreversibilità esterne, in quanto il
calore è assorbito dal serbatoio caldo e ceduto al serbatoio
freddo in modo isotermo con differenze di temperatura
infinitesime tra fluido e serbatoi.

Il ciclo di Carnot è l'unico ciclo reversibile funzionante tra


due serbatoi di calore.

Un ciclo di Carnot inverso funziona, naturalmente, da ciclo


frigorifero.
Il teorema di Carnot asserisce che:
nessun motore operante tra due serbatoi di calore assegnati
può avere rendimento superiore a quello di una macchina di
Carnot operante tra i due serbatoi.

DIMOSTRAZIONE

Consideriamo due motori, un motore di Carnot R (reversibile) ed


un motore irreversibile qualunque I. I due motori siano progettati
in modo da fornire lo stesso lavoro Lm.

Siano Q1, Q2 e Lm le grandezze relative al motore di Carnot e


Q1’, Q2’ e Lm le analoghe quantità per il motore irreversibile.

Si vuole dimostrare che:

hI £ hR
Supponiamo, per assurdo, che sia hI > hR
Dalle definizioni di hI e hR

Lm Lm
hI = '
hR =
Q 1
Q1
segue che, affinché ciò sia vero, deve risultare Q1' < Q1
Supponiamo che la macchina reversibile di
Carnot R funzioni da frigorifero e sia pilotata
dalla macchina irreversibile I (il lavoro che
serve al funzionamento del frigorifero è
fornito dal motore I).

Se le due macchine le facciamo diventare


un’unica macchina racchiudendole in un
carter, ne segue che il calore netto prelevato
dalla sorgente fredda vale:
Q1 -Lm -(Q1' -Lm )= Q1 -Q1' >0

Il calore netto ceduto alla sorgente calda vale ancora Q1 -Q1'

La macchina costituita da I+R preleva dalla sorgente fredda una quantità


( 1 1 )
di calore Q -Q' e lo cede integralmente alla sorgente calda, senza
spendere alcun lavoro esterno. Ciò contraddice il secondo principio nella
formulazione di Clausius e, pertanto, non può essere vera l’ipotesi fatta
(
per assurdo h > h .
I R )
Risulta invece:
hI £ hR
Il corollario del Teorema di Carnot afferma che:
Il rendimento del ciclo di Carnot è indipendente dalla
sostanza termodinamica impiegata.

Basta considerare due cicli di Carnot (entrambi reversibili), uno


impiegante il fluido A, e l’altro impiegante il fluido B. Se si fa pilotare B
da A, invertendo B e si ripete il ragionamento precedente, si ottiene:

hA £ hB
Se, invece, si inverte A, facendolo pilotare da B, si ottiene:

hB £ hA
Le due relazioni sono soddisfatte solo se:

hA = hB
La macchina concepita da Carnot compie un ciclo
termodinamico composto da due adiabatiche e da due isoterme
reversibili: ovviamente la macchina ideale che compie
trasformazioni reversibili, ha un rendimento più elevato rispetto
ad una macchina reale con trasformazioni irreversibili. Il fluido
impiegato può essere un gas o una miscela di acqua e vapore.
Siccome il rendimento della macchina di Carnot non dipende dalla
sostanza termodinamica impiegata, ne determiniamo il rendimento
ipotizzando di utilizzare come fluido di lavoro un gas ideale (1 kmole).

Con riferimento alla figura precedente, si ha:

B
dV B æV ö
Q1 = ò pdV = R ×T1 ò = R ×T1 ×lnçç B ÷÷
A A V è VA ø

D
dV D æV ö
Q2 = ò pdV = R×T2 ò = R ×T2 ×lnçç D ÷÷ < 0
C C V è VC ø

æV ö
Q2 = R ×T2 ×lnçç C ÷÷
è VD ø
Sostituendo le due equazioni nella formula del rendimento, si ha:

æV ö
R ×T2 ×lnçç C ÷÷
Q2 è VD ø
hC = 1- =1-
Q1 æV ö
R ×T1 ×ln çç B ÷÷
è VA ø

Valendo la relazione: VA × VC = VB × VD

VC VB
segue: =
VD VA

da cui: Q2 T2
hC =1- =1-
Q1 T1
La relazione ottenuta conferma che il rendimento del motore di
Carnot non dipende dalla sostanza termodinamica impiegata (non
compare nessuna grandezza legata al gas) ma soltanto dalle
temperature delle due sorgenti termiche.

Si noti che T1 e T2 rappresentano la temperatura del fluido, massima e


minima, lungo le due trasformazioni isoterme. Queste temperature (a
meno di infinitesimi) coincidono con le temperature delle due sorgenti
termiche.

Il rendimento della macchina di Carnot rappresenta il limite ideale


superiore, praticamente irraggiungibile, da qualsiasi dispositivo tendente
a convertire energia termica in lavoro.

Si focalizzi l’attenzione sul fatto che Carnot non ha escluso che il


rendimento della sua macchina possa essere raggiunto. Ha solo escluso
che possa essere superato.
Si dimostrerà, infatti, che esistono altri due motori (Stirling e
Ericsson) che presentano lo stesso rendimento del motore di
Carnot.

Il II° principio penalizza drasticamente la conversione di calore


in lavoro in quanto la temperatura T1 è in pratica limitata
superiormente dalle caratteristiche dei materiali costituenti le
macchine, e la temperatura T2 può assumere come valore
minimo quello della temperatura ambiente.

La presenza inevitabile, nelle macchine reali, di irreversibilità


dovute alla non quasi staticità degli scambi termici ed ai vari
effetti dissipativi, limita ulteriormente il rendimento di
conversione che risulterà sempre minore del rendimento di
Carnot.
Come conseguenza del corollario di Carnot, e mediante alcune
considerazioni teoriche, può essere dedotta la scala
termodinamica assoluta.
Il fatto che, in un motore di Carnot, il rapporto tra le quantità di
calore Q1 e Q2 è uguale al rapporto tra le temperature T1 e T2:

Q1 T1
=
Q2 T2

e che questo rapporto è indipendente dal fluido termodinamico


impiegato, fornisce la possibilità di misurare le temperature in
un modo "assoluto” (non legato al tipo di fluido impiegato)
utilizzando il motore di Carnot come termometro ed usando
come variabile termometrica il calore Q o il lavoro L.
E' facile dedurre che la temperatura termodinamica
assoluta coincide con la temperatura del termometro a
gas ideale, misurata dal termometro a gas perfetto (a
volume costante o a pressione costante).

Dall’equazione del rendimento:

T2
hC = 1-
T1

è immediato riconoscere che la temperatura


termodinamica assoluta non può essere negativa perché
per valori negativi di T2 si avrebbero rendimenti maggiori
dell’unità, in contraddizione con l’enunciato del II° principio
della Termodinamica secondo Kelvin-Planck.
ENTROPIA

Consideriamo una trasformazione reversibile qualunque tra due stati i e f.


Tracciamo due linee adiabatiche passanti per i ed f, ed una linea
isoterma (di compenso) compresa tra le due adiabatiche ed intersecante
queste ultime nei punti a e b. Questa isoterma è tracciata in modo che
l’area sottesa dalla curva i-f è uguale all’area sottesa dalla curva i-a-b-f.
Il lavoro effettuato dal sistema lungo i due percorsi i-f e i-a-b-f
risulta lo stesso, cioè:
Lif = Liabf
Il I° principio, applicato alla trasformazione i-f, dà:

(
Q if = Uf -Ui +Lif )
mentre, applicato alla trasformazione i-a-b-f, si scrive:

(
Q iabf = Uf -Ui +Liabf)
Dal confronto delle tre relazioni sopra scritte, tenendo conto che nei tratti
adiabatici i-a e b-f non viene scambiato calore, segue:

Q if = Q iabf = Qab
Quanto ottenuto dimostra che ogni trasformazione reversibile i-f è
sempre equivalente ad una trasformazione costituita da due tratti di
adiabatica e da una isoterma.

Consideriamo un ciclo reversibile


nel piano (p,V). Tracciamo sul
piano un certo numero di
adiabatiche, due delle quali siano
tangenti al ciclo.

Tracciando tra ogni coppia di


adiabatiche due isoterme di
compenso tali da soddisfare alle
condizioni prima viste, il ciclo
iniziale risulta equivalente ad N
cicli di Carnot.
Indicando con Q1 e Q2 i calori relativi al I° sottociclo di Carnot, Q3
e Q4 quelli relativi al II° sottociclo, Q5 e Q6 quelli relativi al terzo e
così via, per il primo sottociclo si può scrivere:

Q1 T1 Q1 Q2
= Þ - =0
Q2 T2 T1 T2
Ricordando che Q2 è negativo per la convenzione di segno adottata, si
può scrivere:

Q1 Q 2
+ =0
T1 T2
In maniera analoga, per il secondo ciclo di Carnot, si ha:

Q3 Q 4
+ =0
T3 T4
Sommando tra loro tutte queste relazioni, si ottiene:

Q1 Q 2 Q 3 Q 4
+ + + +................. = 0
T1 T2 T3 T4
Indicando con N il numero dei cicli, in forma compatta, si ha:

2N
Qi
åT =0
i=1 i

Aumentando all’infinito il numero dei sottocicli di Carnot, si ottiene:

dQrev
ò T
=0
L’equazione è nota come Teorema di Clausius per un ciclo
reversibile il quale afferma che per un ciclo reversibile risulta
nullo l’integrale della funzione Q/T.

Partendo dall’equazione di Clausius è facile dimostrare l’esistenza


di una nuova funzione di stato, detta Entropia.
Consideriamo una trasformazione chiusa che connette gli stati i e f
mediante due linee R1 e R2 reversibili, come indicato in figura.

Il teorema di Clausius applicato a


questo ciclo, dà:

dQrev
ò T
=0
Spezzando l’integrale ciclico nella somma di due integrali lungo le
linee R1 e R2, si ottiene:

f
dQ i dQ
ò T + ò T =0
i,R1 f ,R2

Essendo R2 reversibile

f i f
dQ dQ dQ
ò T =- ò T = ò T
i,R1 f ,R2 i,R2

Poiché R1 e R2 sono percorsi arbitrari che connettono gli stati i e f,


l’ultima relazione esprime il fatto che l’integrale del calore fornito al
sistema, lungo ogni tratto elementare della trasformazione, diviso per
la temperatura del sistema è indipendente dal percorso, ma dipende
solo dagli stati iniziale e finale.
Esiste dunque una funzione delle coordinate termodinamiche del sistema
tale che il suo valore nello stato finale meno il suo valore nello stato
iniziale è uguale all’integrale stesso.
Questa funzione è chiamata ENTROPIA ed è indicata con la lettera S.
(Sf - Si) rappresenta la sua variazione tra gli stati i e f.

f
dQ
( )
Sf -Si = ò
i,R T

In forma differenziale essa si scrive:

dQ rev
dS =
T
e dunque:
dQ rev = T×dS
Si ricordi che Q non è un differenziale esatto mentre Q/T lo è.
1/T rappresenta, dunque, il fattore integrante del primo principio
della Termodinamica.

Utilizzando le due formulazioni del primo principio, si ottiene:

dU+ pdV a
dS = I Equazione di Gibbs
T
dH- Vdp
dS = IIa Equazione di Gibbs
T
L’entropia, come tutte le grandezze di stato, è definita a meno di
una costante. Per ottenere i valori assoluti della funzione Entropia,
è necessario far ricorso al postulato di Nernst (per alcuni autori:
III° principio della Termodinamica):

S®0 per T ®0
IL DIAGRAMMA ENTROPICO (T, S) O DIAGRAMMA DI GIBBS

Consideriamo una trasformazione arbitraria reversibile di un sistema da


uno stato 1 ad uno stato 2. Possiamo rappresentare questa
trasformazione sia nel diagramma di Clapeyron (p,V) (fig. a) sia in un
diagramma avente in ordinata la temperatura assoluta T e in ascissa
l'entropia S (fig. b). Quest'ultimo diagramma viene chiamato
diagramma entropico o diagramma di Gibbs. A ciascun punto P nel
diagramma (p,V) corrisponde un punto di coordinate (T,S) nel
diagramma di Gibbs.
Nel diagramma (p, V) le quantità:
2 2

ò p×dV e - ò V ×dp
1 1

rappresentano delle aree comprese tra la linea di trasformazione


(12), le verticali (o le orizzontali) per 1 e 2 e l'asse 0V (o l'asse
0p) ed hanno (in valore assoluto) il significato di lavoro
termodinamico e di lavoro tecnico.

L'integrale ò TdS rappresenta, nel diagramma (T, S), la


1
superficie compresa tra la trasformazione 12, le verticali
per i punti 1 e 2 e l'asse delle ascisse.
Per una trasformazione reversibile, in virtù della definizione di
entropia, si ha:
dQ = T dS
Integrando questa equazione si ottiene:

2
Q = ò T dS
1

Tale integrale, pari all'area tratteggiata nella figura,


rappresenta il calore fornito al sistema lungo la
trasformazione reversibile 12. Per questo motivo il piano
entropico o di Gibbs è anche denominato piano del calore.
Trasformazioni reversibili nel piano di Gibbs (m= 1 kmole)

Isoterma
Una trasformazione
isoterma è
rappresentata da un
segmento di retta
orizzontale, mentre il
calore introdotto
lungo l ’ isoterma è
pari all'area del
rettangolo mostrato
nella figura.

2
Q
Q = ò T×dS Þ Q = T× ( S2 -S1 ) Þ ( S2 -S1 )=
1 T
Adiabatica
Le trasformazioni adiabatiche reversibili, essendo nullo per
definizione il calore scambiato con l’esterno, sono isoentropiche
(ad entropia costante) e sono rappresentate nel piano (T, S) da
segmenti verticali, con temperature crescenti, nel caso di
compressione, e temperature decrescenti nel caso di espansione.
Per una trasformazione adiabatica reversibile si ha:

T v1
p1 dQ
1 dS = = 0 Þ S = cost
T1 v2 T
p2
T2
2 DS = 0

s1=s 2=s s
Isocora

Dalla Ia equazione di Gibbs, si ha:

dU p dV Cv dT
dS = + = (1)
T T T
Integrando tra lo stato 1 e lo stato 2, nell’ipotesi di capacità
termica molare costante, si ha:

dT2 æT ö
S2 -S1 = Cv ò = Cv ×ln çç 2 ÷÷
1 T è T1 ø
Pertanto le trasformazioni isocore, a Cv costante, hanno nel
piano (T, S) un andamento logaritmico.
Isobara
Dalla IIa equazione di Gibbs si ha:

dH Vdp Cp dT
dS = - = (2)
T T T
Integrando tra lo stato 1 e lo stato 2, nell’ipotesi di capacità
termica molare costante, si ha:

2
dT æ T ö
S2 -S1 = Cp ò = Cp ×ln çç 2 ÷÷
1 T è T1 ø
Anche le trasformazioni isocore, a Cp costante, hanno nel
piano (T, S) un andamento logaritmico.
Dalle eqq. (1) e (2) si ottiene:

æ dS ö C æ dS ö Cp
ç ÷ = v e ç ÷ =
è dT øv T è dT øp T
le quali possono essere scritte come:
æ dT ö T æ dT ö T
ç ÷ = e ç ÷ =
è dS øv Cv è dS øp Cp
Dalle equazioni precedenti, essendo sempre Cv < Cp, si deduce
che una linea isocora passante per un punto P presenta una
pendenza maggiore della linea isobara passante per lo
stesso punto.
æ dT ö æ dT ö
ç ÷ > ç ÷
è dS øv è dS øp
T
T v = cost
2 v2
p = cost
T2
p 1
T T1
v1

s S s1 s2 s
Trasformazioni isobare ed Trasformazione isobara nel piano (T, S)
isocore nel piano (T, S)
T
2 p2
T2
Trasformazione isocora nel 1
piano (T, S) T1
p1

s1 s2 s
Supponiamo che un sistema effettui una trasformazione
ciclica. Rappresentiamo tale ciclo nei diagrammi (p,V) e (T,S).

E’ facile riconoscere che le aree racchiusi da questi cicli sono


eguali, se si utilizzano le stesse unità di misura.
Infatti si ha:

Dal I° principio della Termodinamica:


2 2
Q = DU+ ò pdV = DH - ò Vdp
1 1

Applicato ad una trasformazione ciclica (DU=DH=0), dà luogo a:


Il II° principio della Termodinamica applicato ad una
trasformazione chiusa, dà:

Dunque

A(p,V)= A(T,S)
Si può altresì notare che queste aree sono positive o
negative, a seconda del verso di percorrenza del ciclo.
IL CICLO DI CARNOT NEL DIAGRAMMA ENTROPICO

Tra i cicli a due sorgenti, il ciclo di Carnot merita un esame


particolare in quanto esso è il ciclo con rendimento massimo tra i
cicli operanti tra due sorgenti a temperature T1 e T2.

E’ costituito da:

• una espansione isoterma AB a temperatura T1, realizzata


ponendo il sistema a contatto con la sorgente calda;
• una espansione adiabatica reversibile BC (isoentropica);
• una compressione isoterma CD a temperatura T2 ottenuta
ponendo il sistema a contatto con la sorgente fredda;
• una compressione adiabatica reversibile DA (isoentropica).
Il ciclo di Carnot è rappresentato nel piano (T, S) da un
rettangolo e, poiché si sono supposti nulli gli attriti interni,
l'area del rettangolo è pari al lavoro motore.
Con riferimento alla figura è facile ricavare le relazioni:

(
Q1 = T1 SB -SA ) e (
Q2 = T2 SC -SD )
Q2 T2 ×(SC -SD )
hC =1- =1-
Q1 T1 ×(SB -SA )

Poiché (SB – SA) è uguale a (SC – SD), il rendimento del ciclo è:

T2
hC =1-
T1

Esso dipende dunque solo dalle temperature T1 e T2 ed


aumenta al crescere di T1 ed al diminuire di T2.
Mediante il piano (T,S) è facile dimostrare che il rendimento di un
ciclo qualunque, operante tra due sorgenti di calore, è sempre
inferiore a quello di Carnot operante tra le stesse due sorgenti.

Si consideri un ciclo reversibile arbitrario (vedi figura) e si tracci un


ciclo di Carnot circoscritto al ciclo generico, operante tra le
temperature minima e massima del ciclo dato.

Siano Q1 e Q2 i calori scambiati


dal ciclo generico con le sorgenti
termiche, e Q1C e Q2C i calori
scambiati nel ciclo di Carnot.
Si riconosce facilmente, per mezzo dell’interpretazione grafica del
calore:
Q2 Q2C
Q2 > Q2C e Q1 < Q1C Þ >
Q1 Q1C
Poiché il rendimento del ciclo generico è:

Lm Q2
h=1- =1-
Q1 Q1
mentre il rendimento del ciclo di Carnot è:

LmC Q 2C
hC =1- =1-
Q1C Q1C

dalle disuguaglianze sopra riportate, segue: h< hC


CICLI TERMODINAMICI NEL PIANO (T,S)
CICLO DI CARNOT INVERSO

Determiniamo i coefficienti di prestazione per il frigorifero e la


pompa di calore di Carnot a gas.

Ciclo di Carnot inverso a gas


CICLO DI CARNOT INVERSO

Q2 Q2 1 1 T2
COPf = = = = =
Lm Q1 -Q 2 Q1 T1 T1 - T2
-1 -1
Q2 T2

Q1 Q1
1 1 T1 1
COPp = = = = = =
Lm Q1 -Q2 Q2 T2 T1 -T2 hc
1- 1-
Q1 T1

Si osservi che il COP della macchina di Carnot inversa è


tanto più elevato quanto più piccolo è il denominatore,
ovvero quanto più piccola è la differenza di temperatura tra
le due sorgenti termiche.
TEOREMA DI CLAUSIUS PER UN CICLO IRREVERSIBILE

Consideriamo un ciclo irreversibile nel piano (p,V). Tracciamo sul


piano un certo numero di adiabatiche, due delle quali siano
tangenti al ciclo.
Il ciclo risulta così suddiviso in un
certo numero di sottocicli che non
sono di Carnot (sono costituiti da
due tratti di adiabatica e da due
tratti di trasformazione
irreversibile). In tale situazione
non si possono tracciare le
isoterme di compenso.
Per ogni sottociclo vale la
disuguaglianza:

h< hC
Indicando con Q1 e Q2 i calori relativi al I° sottociclo irreversibile, Q3
e Q4 quelli relativi al II° sottociclo, Q5 e Q6 quelli relativi al terzo e
così via, per il primo sottociclo si può scrivere:

Q2 T2 Q2 T2 Q1 Q2
1- <1- Þ > Þ - <0
Q1 T1 Q1 T1 T1 T2
Tenendo conto del segno di Q2, si ha:

Q1 Q 2
+ <0
T1 T2
In maniera analoga, per il II° sottociclo, si ha:

Q3 Q 4
+ <0
T3 T4
Sommando membro a membro queste relazioni, si ha:

2N
Qi
åT <0
i=1 i

e, facendo crescere all’infinito il numero di sottocicli, si ottiene:

dQirr
ò T
<0

L’equazione precedente rappresenta Teorema di Clausius per


un ciclo irreversibile: per un ciclo irreversibile la somma dei
rapporti tra le quantità di calore infinitesime scambiate, in ogni
tratto di trasformazione, tra il sistema e le sorgenti, e le
temperature del sistema, risulta negativo.
E’ facile riconoscere che vale anche la relazione:

Consideriamo ora, nel piano (p,V),


un ciclo irreversibile costituito da
una trasformazione irreversibile I
(i-f) ed una trasformazione
reversibile R (f-i).
Per questo ciclo vale la
disequazione di Clausius, che può
essere scritta come:

f
dQ i dQ
ò T + ò T <0
i,I f ,R
f i f
dQ dQ dQ f dQ
Ovvero: ò T <- ò T Þ ò T <ò T
i,I f ,R i,I i,R

f
dQ
Ricordando che:
(
ò T = Sf -Si
i,R
)
f
dQ
si ottiene:
( )
Sf -Si > ò
i,I T

dQ irr
e, per una trasformazione irreversibile infinitesima: dS >
T
Quanto sopra detto va interpretato nel seguente modo:
se un sistema evolve da uno stato di equilibrio i ad uno
stato di equilibrio f, la variazione di entropia è sempre la
stessa, sia nel caso di trasformazione reversibile, che
nel caso di trasformazione irreversibile (l’entropia è una
funzione di stato), però, nel caso di trasformazione
reversibile, essa risulta uguale all’integrale Q/T, mentre,
nel caso di trasformazione irreversibile, essa è maggiore
dell’integrale di Q/T (T è la temperatura del sistema).
Pertanto, indipendentemente dall’evoluzione del sistema tra
gli stati i ed f (può essere anche irreversibile), per poter
calcolare la variazione di entropia tra i due stati, è
necessario collegare i due stati con una o più trasformazioni
reversibili.
LA VARIAZIONE DI ENTROPIA SI PUO’ CALCOLARE
SOLO PER TRASFORMAZIONI REVERSILI !!!!!!!!!!

ANCHE SE RIUSCISSIMO A CALCOLARE L’INTEGRALE


DI Q/T PER UN PROCESSO IRREVERSIBILE,
POTREMMO SOLO CONCLUDERE CHE DS è MAGGIORE
DI QUESTA QUANTITA’.

Relativamente alle unità di misura dell’entropia totale (e


dell’entropia specifica) i gradi Kelvin (a denominatore) non
possono essere sostituiti con i gradi Celsius, in quanto non
derivano da una differenza di temperatura.

La temperatura va riportata nella scala assoluta. Infatti, T


dev’essere maggiore di zero, poiché, se T fosse pari a zero,
si avrebbe entropia infinita.
Essendo l ’ entropia una grandezza di stato, la sua
variazione è indipendente dal percorso seguito per
andare dallo stato iniziale a quello finale.

Pertanto, conoscendo lo stato iniziale e lo stato finale di


equilibrio di un processo reale, la variazione di entropia si può
calcolare sostituendo al processo reale un processo
fittizio reversibile, anche completamente diverso da quello
reale, che porti dall’effettivo stato iniziale all’effettivo stato
finale.
ESEMPIO
Un sistema termodinamico chiuso, costituito da 1 kmole di gas
ideale, evolve mediante un processo irreversibile da uno stato i ad
uno stato f. Si chiede di determinare la variazione di entropia DSif.
SOLUZIONE (verifiche preliminari)

Verifica n. 1 (Trasf. adiabatica reversibile)

g g
Si verifica se è rispettata la relazione: pi v = pf v
i f

Se si, si ha: DSif = 0


Verifica n. 2 (Trasf. isoterma reversibile)

Si verifica se è rispettata la relazione: pi v i = pf v f

Vf
In tal caso risulterebbe: DSif = RT ln
Vi
La temperatura T si determina dall’equazione di stato applicata nello
stato i oppure nello stato f.
SOLUZIONE (procedure alternative)

Procedura n. 1: Si collegano i due stati mediante una


isobara+una isocora (oppure: isocora+isobara) reversibili.

Scegliendo il primo percorso ed indicando con a(pi,vf) lo stato


intermedio, si ha:
Ta Tf
DSif =Cp ln +Cv ln
Ti Ta

Procedura n. 2: Si collegano i due stati mediante una


politropica reversibile di esponente n.

Una volta determinato n (con la procedure già vista), si


determina il calore specifico c della politropica e, quindi, la
capacità termica molare C.
SOLUZIONE (procedura n. 2)

La capacità termica molare C si ottiene moltiplicando il calore


specifico c per la massa kilomolare M del gas.

Si ha infine:
Tf
DSif = C ln
Ti
PRODUZIONE DI ENTROPIA DOVUTA ALLE IRREVERSIBILITA’

dQ
La disuguaglianza: dS >
T
può essere trasformata in una eguaglianza se si considera il lavoro
degli attriti interni Lf come calore supplementare generato all’interno,
e se si sostituisce alla trasformazione infinitesima irreversibile, una
trasformazione reversibile tra gli stessi stati iniziale e finale lungo la
quale il calore Qrev scambiato con l’esterno sia pari a:

dQ rev = dQ +dLf
La variazione di entropia del sistema risulta allora:

dQ rev dQ dLf
dS = = +
T T T
La quantità (Lf/T) ha il significato di produzione di entropia dovuta
all’attrito interno, e viene indicato con dSirr,i:

dQ rev dQ dLf dQ
dS = = + = + dSirr ,i (1)
T T T T
Da questa equazione, si ottiene anche:

TdS = dQ + dLf

e, per una trasformazione finita:

2
Q +Lf = ò TdS
1
L’equazione precedente indica che l’area sottesa nel piano (T,S) da
una trasformazione irreversibile con attriti interni è pari alla
somma del calore e del lavoro degli attriti.

Le trasformazioni adiabatiche irreversibili non sono, pertanto,


isoentropiche. Sia l’espansione che la compressione avvengono con
aumento di entropia, e l’area sottesa dalla curva è pari al lavoro
degli attriti:
L’equazione precedente, applicata ad un ciclo termodinamico,
fornisce:

Pertanto, l’area racchiusa da un ciclo termodinamico


irreversibile, nel piano (T,S), è pari alla somma del calore
complessivamente scambiato con l’esterno e del calore
prodotto dalle forze di attrito. Poiché per un ciclo vale anche
Q=L, l’area del ciclo rappresenta anche la somma del lavoro
trasmesso all’esterno e del lavoro delle forze di attrito.

Ritornando all’eq. (1), qui ripetuta per semplicità:

dQ rev dQ dLf dQ
dS = = + = + dSirr ,i
T T T T
Vediamo come scrivere diversamente il termine Q/T (calore
elementare fornito al sistema, diviso la temperatura del sistema).
Supponiamo che la sorgente fornisca calore al sistema mediante
una barretta metallica perfettamente isolata verso l’esterno (tutto il
calore che parte dalla sorgente arriva al sistema senza perdite).

L’entropia che parte dalla sorgente


vale Q/Tsorg, mentre quella che
arriva al sistema vale Q/T.
Siccome Tsorg>T, ne scaturisce che
al sistema arriva una entropia
maggiore di quella che è partita
dalla sorgente. Questa entropia
aggiuntiva è stata dunque prodotta
nella barretta ed è dovuta alle
irreversibilità esterne.
Indicando con dSirr,e tale quantità, si ottiene:

dQ dQ
dSirr ,e = -
T Tsorg

Dall’equazione si deduce che la produzione di entropia


dovuta alle irreversibilità esterne si annulla quando la
temperatura del sistema coincide con quella della
sorgente termica: T=Tsorg.
Ecco perché nel ciclo di Carnot (reversibile sia
internamente che esternamente) il calore scambiato con
le sorgenti avviene mediante due trasformazioni isoterme
con differenze di temperatura infinitesime tra sistema ed
esterno (sorgenti).
Ricavando Q/T dall’ultima equazione e sostituendolo
nella (1), si ottiene:

dQ
dS = +dSirr ,i +dSirr ,e
Tsorg

Questa equazione mostra che l’incremento di entropia di


un sistema è pari alla somma del flusso di entropia
dovuto alla scambio termico, calcolato alla temperatura
della sorgente, della produzione di entropia per
irreversibilità interne, e della produzione di entropia per
le irreversibilità esterne.
Teorema di Clausius per i cicli reversibili ed irreversibili
FORMULAZIONE ENTROPICA DEL II° PRINCIPIO DELLA
TERMODINAMICA

In generale, per la valutazione della variazione di entropia tra due


stati i ed f, vale la relazione:

f
dQ
(
DS = Sf -Si ³ ò
i T
)
Applicando tale equazione ad un sistema isolato (universo
termodinamico):

DSu = DSsist + DSest ³ 0


Tale equazione costituisce l’enunciato entropico del II°
principio della Termodinamica.

La variazione di entropia di ogni sistema e di ciò che lo


circonda (universo termodinamico) è positiva e tende a
zero per tutti i processi reversibili.

oppure:

L’entropia di un sistema isolato il quale si trasformi in


modo irreversibile, subisce sempre una variazione positiva
tra lo stato iniziale e lo stato finale.

Il secondo principio è, dunque, una legge di conservazione per i


soli processi reversibili, sconosciuti in natura.

Tutti i processi naturali comportano un aumento


dell’entropia totale.
Per una qualsiasi trasformazione reversibile la variazione di entropia
dell’esterno è uguale ed opposta alla variazione di entropia del
sistema;

per una qualsiasi trasformazione irreversibile le variazioni di


entropia del sistema e dell’esterno sono sempre tali che la loro
somma algebrica risulti positiva.

Sia il sistema che l’esterno possono subire una variazione negativa di


entropia purché l’esterno o il sistema, rispettivamente, subiscano una
variazione di entropia positiva maggiore, tale che la somma algebrica
fornisca sempre un valore positivo.
Entropia dei gas ideali
La variazione di entropia di un gas ideale per una
trasformazione reversibile è facilmente calcolabile partendo
dalla Ia equazione di Gibbs o dalla IIa equazione di Gibbs e
*
l'equazione di stato dei gas ideali ( p× v = R × T ).

Dalla Ia equazione di Gibbs si ha:


du pdv c v dT pdv dT * dv
ds = + = + = cv +R
T T T T T v
Integrando, si ottiene:
2 2

ò ò
dT dv T2 v2
(s2 - s1 ) = c v + R* = c v ln *
+ R ln
1
T 1
v T1 v1
Entropia dei gas ideali

Dalla IIa equazione di Gibbs si ha:

dh vdp c p dT vdp dT * dp
ds = - = - = cp -R
T T T T T p

Integrando, si ottiene:
APPLICAZIONI DELL’ENUNCIATO ENTROPICO DEL II° PRINCIPIO

ESEMPIO 1
Uno scienziato è convinto di aver inventato la macchina perfetta, ovvero
una macchina termica in grado di convertire completamente in lavoro la
quantità di calore Q1 sottratta ad un serbatoio di calore a temperatura T1,
senza trasferire nessuna quantità di calore al serbatoio freddo a
temperatura T2 (T2 < T1)
Le variazioni di entropia del sistema
(macchina termica), delle sorgenti e
dell’universo termodinamico (sistema
isolato), sono:

DSist = DSM.T. = 0
Q1
DSsorg = -
T1
Q1
DSu = DSsist + DSsorg = 0- <0
T1

Il sistema isolato subirebbe quindi una variazione di entropia


negativa. Poiché questo risultato è in contraddizione con
l’enunciato entropico, questa macchina termica è inesistente.

Si osservi che:
•La variazione di entropia della macchina termica è uguale a zero
poiché essa esegue un ciclo termodinamico (anche se irreversibile) e
l’entropia è una funzione di stato.
•La variazione di entropia della sorgente calda è negativa poiché cede
calore al sistema (il calore è positivo per il sistema ma negativo per la
sorgente).
APPLICAZIONI DELL’ENUNCIATO ENTROPICO DEL II°
PRINCIPIO

ESEMPIO N. 2
Un altro inventore è convinto di aver ideato il frigorifero perfetto, ovvero
una macchina termica inversa in grado di assorbire il calore Q2 da un
serbatoio freddo a temperatura T2, e di trasferirlo integralmente ad un
serbatoio caldo a temperatura T1, senza spesa di lavoro esterno
(T2<T1)
Le variazioni di entropia del sistema
(frigorifero), delle sorgenti e
dell’universo termodinamico, sono:

DSist = 0

Q2 Q2 æ1 1ö
DSsorg = - + = Q2 çç - ÷÷ < 0
T2 T1 è T1 T2 ø
æ1 1ö
DSu = DSsist + DSsorg = 0+Q 2 çç - ÷÷ < 0
è T1 T2 ø
Il sistema isolato subirebbe quindi una variazione di entropia
negativa. Poiché questo risultato è in contraddizione con
l’enunciato entropico del II° principio, il frigorifero non può
funzionare.

Si osservi che:
•La variazione di entropia della frigorifero è uguale a zero poiché esso
esegue un ciclo termodinamico inverso (anche se irreversibile) e
l’entropia è una funzione di stato.
•La variazione di entropia della sorgente fredda è negativa poiché cede
calore al sistema, mentre quella della sorgente calda è positiva perché
riceve calore dal sistema.
I POTENZIALI TERMODINAMICI
Oltre alle funzioni di stato del sistema termodinamico già studiate
(U, H, S), sono importanti anche altre due funzioni di sta conosciute
con il nome di potenziali termodinamici. Esse sono:

-ENERGIA LIBERA (Funzione di Helmholtz)

F = U-T S
Differenziando tale funzione, si ottiene:

dF = dU-T dS-S dT
Tenendo conto dell’equazione:

T dS= dQ rev = dU+p dV


dF = dU-dU-p dV -S dT
E, in definitiva:

dF = -p dV -S dT
Questa equazione mostra che nelle trasformazioni isocore ed
isoterme l’energia libera F rimane costante.

-ENTALPIA LIBERA (Funzione di Gibbs)

G =H-T S
Differenziando la funzione di Gibbs, si ottiene:

dG = dH-T dS-S dT
Tenendo conto dell’equazione:

T dS= dQ rev = dH- V dp


Si ottiene:

dG = dH-dH+ V dp-S dT

da cui:

dG = V dp-S dT

Questa equazione mostra che nelle trasformazioni isobare ed


isoterme l’entalpia libera G rimane costante.
Il concetto di Entropia

Clausius è stato il primo, nel 1865, ad introdurre il termine entropia


(dal greco ἐν = “entro” e h = “trasformazione”).
L’energia, benché indistruttibile (I° principio), presenta una
parte utilizzabile atta ad ottenere lavoro via via decrescente in
conseguenza delle trasformazioni naturali che risultano essere
irreversibili.
La funzione di stato entropia (o “calore non utilizzabile”), fornisce
una misura dell’utilizzo del calore come fonte di lavoro e trova una
risposta alla degradazione dell ’ energia e all ’ irreversibilità delle
trasformazioni. Rappresenta anche una misura del disordine del
sistema termodinamico.
La definizione del concetto di entropia è elaborata ed è legata alla
qualità dell’energia e si può spiegare come impedimento alla
trasformazione in lavoro di tutta l ’ energia contenuta in un
sistema.
Il concetto di Entropia

Non è possibile darne una definizione univoca, perché può


essere presentato sotto vari aspetti con approcci diversi:
l’entropia non è una grandezza direttamente misurabile, la sua
esistenza non è direttamente suggerita dall'esperienza e non è
percepibile dai sensi.

Tuttavia è una grandezza fisica fondamentale per capire i


fenomeni che avvengono in natura.

L’entropia è un modo per sapere se un determinato stato è


raggiungibile da un sistema per mezzo di una trasformazione
naturale e spontanea. Considerando due stati di un sistema
isolato, A e B. Se l’entropia è maggiore nello stato B, questo può
essere raggiunto spontaneamente dallo stato A. Viceversa lo
stato A non può essere raggiunto dallo stato B senza rompere
l’isolamento
Il concetto di Entropia

Un sistema isolato che compie una trasformazione spontanea


irreversibile evolve sempre verso stati che implicano un aumento
della sua entropia.

Poiché l'Universo è un sistema isolato, ogni trasformazione in


natura comporta un aumento complessivo della sua entropia.

Il concetto di entropia afferma l’asimmetria della natura, (da A si


può raggiungere B ma da B non si ritorna ad A) e costituisce
l'enunciato più generale del II° Principio della Termodinamica (o
“principio dell’entropia”):

Qualunque trasformazione spontanea è accompagnata da


un aumento dell’entropia dell’universo
Il concetto di Entropia

Per esempio, un ’ automobile che frena trasforma il lavoro


meccanico, attraverso l’attrito delle ruote sull’asfalto, in calore: è
impossibile che il terreno e le ruote riscaldate mettano in moto
l ’ auto! Questo esempio dà un ’ idea delle trasformazioni
irreversibili.

Considerato l’universo come uno scatolone adiabatico (isolato e


chiuso in sé stesso), l’entropia totale dell’universo aumenta
inevitabilmente.

In natura sono teoricamente possibili trasformazioni reversibili,


come l’urto perfettamente elastico di una palla che impatta sul
pavimento e riprende a salire in un ciclo continuo di
trasformazione dell’energia, ma in pratica, gli attriti e le forze
esterne impediscono che il movimento continui all’infinito.
Il concetto di Entropia

Se per esempio si dispone di due serbatoi (uno di acqua calda e


uno di acqua fredda) non si può utilizzare tutto il calore per
ricavarne lavoro: ne andrà persa una parte come cascame
termico.

Non esiste cioè una macchina termica ideale: il calore prodotto


da una sorgente solo in parte si trasforma in lavoro, mentre la
restante parte sarà assorbita da un’altra sorgente, disperdendo
in calore parte dell’energia spesa.

La parte di energia “persa” però non è effettivamente andata


distrutta; infatti non si può contraddire il I° Principio
(conservazione dell’energia); essa si è solo degradata in una
forma non più utilizzabile per produrre lavoro.
Considerazioni riepilogative

Quanto esposto nei paragrafi precedenti si può in generale così


ricapitolare:
• le trasformazioni in sistemi isolati possono classificarsi in ideali
(reversibili), reali (irreversibili) o impossibili a seconda che la
produzione entropica risulti uguale, maggiore o minore di zero;
• gli effetti dissipativi, di qualunque tipo, comportano sempre una
generazione positiva, o produzione di entropia nel sistema o
nell’ambiente a seconda che l’effetto dissipativo sia interno o
esterno;
• gli scambi termici quasi statici comportano per il sistema e per
l’ambiente variazioni di entropia uguali ed opposte che quindi
non danno luogo a produzione di entropia per il sistema isolato
costituito dal sistema e dall’ambiente;
• gli scambi termici non quasi statici, cioè quelli che avvengono
per una differenza finita di temperatura, comportano variazioni
di entropia in valore assoluto non uguali e danno luogo ad una
produzione di entropia.

Potrebbero piacerti anche