Sei sulla pagina 1di 1

TEORIA DELLA GIUSTIZIA

Mette in risalto la dignità di tutti gli esseri umani come presupposto dell’ordine coesistenziale. Esiste una
corrispondenza tra l’ordine dell’universo, un ordine cosmico e l’ordine che deve governare le relazioni tra
gli uomini. Non è immaginabile una coesistenza sociale se non riferendola ad un ordinamento giuridico.
L’ordine della giustizia va inteso come un ordine nel quale l’uguaglianza, che costituisce l’essenza della
giustizia è allo stesso tempo un presupposto ed un obiettivo e va di conseguenza continuamente
ripristinata. Ora nella prassi sociale la giustizia si manifesta secondo diverse possibili linee direttrici; quella
commutativa, distributiva e tributaria. Per quanto riguarda la giustizia commutativa, in una logica
privatistica la giustizia riguarda quei meccanismi di scambio sociale tra soggetti privati che si riconoscono
assolutamente simmetrici ed esige che i beni siano equivalenti. L’equivalenza ottimale è quella oggettiva
che in sistemi complessi tende a formalizzarsi (l’invenzione del denaro come medium per la giustizia nelle
commutazioni, è finalizzata ad annullare o almeno a minimizzare i conflitti che possono nascere quando
non esista tecnica quantitativa per attribuire valore ai beni da commutare). Per quanto riguarda la giustizia
distributiva in una logica pubblicistica quando i soggetti in relazione non siano o non vogliono riconoscersi
simmetrici, il problema della giustizia non è più quello dello scambio ma quello della distribuzione
all’interno della comunità di riferimento. Per quanto riguarda la giustizia tributaria, i beni da distribuire ai
membri della comunità derivano dal prelievo fiscale. Si ritiene che le norme tributarie dovrebbero essere
rispettate per il solo fatto che promanano dall’autorità sovrana che avrebbe nei confronti dei sudditi il
diritto insindacabile a prestazioni obbligatorie in denaro, dovute per un obbligo unilaterale. Altrimenti
se le imposte venissero giustificate in quanto attraverso di esse lo stato fornisce servizi ai cittadini
si correrebbe il rischio di giustificare l’evasione fiscale. Se lo stato ha come primario dovere di
giustizia quello di tutelare e promuovere il bene comune gli spettano tutti quei poteri sovrani che
sono finalizzati a tale scopo. Ha perciò non solo il diritto di esigere le imposte necessarie a coprire
tutte le spese necessarie al suo funzionamento ma anche quelle che possono consentirgli di
ridistribuire efficacemente la ricchezza tra i consociati in modo da massimizzare l’armonia sociale
tra i più abbienti e i meno abbienti. Questo costituisce il dovere morale dei contribuenti di pagare
le imposte all’obbligo di solidarietà civile che è costitutivo di ogni società politica e che sta alla
base di ogni etica pubblica. Esistono diversi criteri per identificare i contenuti materiali della
giustizia distributiva: a ciascuno secondo il rango che opera come criterio di giustizia sociale; è
impossibile giustificare il rango quando ha un fondamento discriminatorio mentre sembra
evidente riconoscere una dignità di rango a soggetti socialmente meritevoli, a soggetti deboli; a
ciascuno secondo il merito, è ragionevole ritenere che il merito vada premiato soprattutto quando
esso sia il risultato di un impegno personale e faticoso; a ciascuno secondo equità, ora nella
seconda metà del 900 ha riscosso particolare successo la teoria della giustizia come equità di
Rawls. Rawls ritiene che per individuare criteri di giustizia secondo ragione sia necessario
interrogare i consociati posti dietro un velo di ignoranza in merito a quale ruolo saranno chiamati a
ricoprire nella società futura e di conseguenza a quali benefici o danni potrebbero derivare loro
dalle loro scelte. Rawls individua due criteri fondamentali: il primo è quello per il quale ogni
persona possa vivere in un sistema che abbia l’obbligo di garantire a ciascuno la libertà
compatibile con un’analoga libertà per ogni altro. Il secondo corrisponde alla nozione del maximin;
è razionale l’accettazione del principio per il quale i beni sociali fondamentali debbano essere
distribuiti in modo uguale tra tutti, tranne nei casi in cui una distribuzione diversificata non
favorisca proporzionalmente i meno avvantaggiati rispetto ai più avvantaggiati. Nessuno di questi
criteri può essere ritenuto a priori prevalente rispetto ad un altro a volte essi possono apparire
conflittuali tra loro ma a prescindere da tutto ciò non si può mai negare la parità che esiste tra gli
esseri umani: la parità non è un criterio di giustizia ma il presupposto della giustizia stessa.

Potrebbero piacerti anche