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WEINER E IL LOCUS OF CONTROL

Weiner riprende il concetto elaborato da Heider. L’assunto di base consiste nel fatto che gli individui hanno
un bisogno innato di rappresentarsi e comprendere le cause dei fenomeni circostanti, al fine di modulare le
loro risposte in modo coerente.

In pratica ciascun individuo attribuisce le cause agli eventi che lo coinvolgono, indicando fattori o
variabili che non sempre vengono percepiti come controllabili dal soggetto stesso.

A tale proposito, Heider sosteneva che le attribuzioni create dall’uomo possono essere generate da
due tipologie di cause: interne ed esterne. Nel caso di un’attribuzione interna, l’esito di un
determinato evento (il buon voto) dipende strettamente da un fattore personale interno al soggetto
(il proprio impegno nello studio). In tali circostanze, si parla di locus of control interno. Il locus
interno innalza la percezione che la possibilità di migliorare le cose dipenda dal singolo soggetto.

Nel caso di attribuzione esterna, (il cattivo voto), la causa dell’esito negativo non è attribuibile a un
fattore gestibile in prima persona dall’alunno, ma è ricondotta ad un fattore esterno (il professore)
e non è controllabile dall’alunno. Si parla quindi di locus of control esterno, e tra i fattori che
rientrano in questa modalità, vi sono anche quelli di stampo sovrannaturale, in una sorta di pensiero
magico incontrollabile (es. “è stata solo sfortuna”).

Nel fronteggiare l’esito di un qualsiasi evento, siamo soliti interrogarci sui motivi alla base dei
nostri successi o dei nostri fallimenti. A tal proposito, Weiner (1985) parla di altri due fattori che
intercorrono in tali processi, oltre al succitato locus of control: la stabilità e la controllabilità delle
attribuzioni. Per stabilità si intende una causa esterna che perdura nel tempo

Altra dimensione che intercorre nelle attribuzioni è la controllabilità, che Weiner definisce


anche intenzionalità. 

Christina Salmivalli

E’ una ricercatrice finlandese che si è occupata dello studio e prevenzione del bullismo, compreso il
Cyberbullismo, nelle scuole. Ha formulato il metodo KiVa basato su prove per prevenire il bullismo
e fermare i casi di bullismo, promuovendo il benessere scolastico e l'istruzione. "KiVa cerca di
cambiare le regole che governano il gruppo. Consiste di 10 lezioni e lavori che vengono svolti
durante il corso e in cui gli studenti, discutono, svolgono attività e lavori di gruppo sulle molestie e
il rispetto per gli altri. Gli studenti ricevono lezioni su come migliorare la convivenza e la
conoscenza dei diversi tipi di molestie, con lezioni sul rispetto e l'empatia, l'apprendimento
attraverso materiali di supporto, audiovisivi, videogiochi. Così come organizza conferenze per
insegnanti e per i genitori.

Ha evidenziato come le vittime del bullismo tendano a chiudersi in sé rifiutando i contatti con i
familiari, mangiando sempre meno e risultando eccessivamente reattive agli attacchi lievi.
Ricorrono spesso alla forza controbattendo con aggressività

COMPORTAMENTI BULLISTICI ≠ PATOLOGIE PSICHIATRICHE E ALTRI DISTURBI


TIPICI DELL’ETÀ EVOLUTIVA →Disturbo oppositivo-provocatorio →Disturbo della condotta
→Disturbo anti-sociale di personalità →Disturbo dell’iperattività e disattenzione (DDAI)
BATESON E L’APPRENDIMENTO

Bateson indica tre diversi livelli dell’apprendimento, che sono contraddistinti dal genere di
cambiamento che si verifica:

- l’apprendimento 1 (o protoapprendimento) consiste in una modificazione del comportamento e


della struttura cognitiva del soggetto; corrisponde all’apprendimento comunemente inteso;

- l’apprendimento 2 (o deuteroapprendimento) è, invece, rappresentato da un cambiamento


dell’apprendimento 1 che ne modifica il successivo decorso: rendendolo più rapido, per esempio;
fanno parte di questa tipologia di acquisizioni: l’imparare ad apprendere, il transfer
dell’apprendimento, e l’acquisizione di abiti mentali (formae mentis, stili cognitivi ecc.);

- l’apprendimento 3 consiste in una modificazione dell’apprendimento 2, che diventa più rapido (si
impara più celermente a formarsi abitudini cognitive) e maggiormente flessibile (s’impara a
liberarsi di tali abitudini).

GIOVANNI BONAIUTI

Didattica attiva con la LIM. Le strategie didattiche. Le architetture dell’istruzione

Le architetture dell’istruzione sono macrostrutture che comprendono il controllo richiesto a


docenti e allievi, il livello di strutturazione dei materiali, le interazioni (verticale da docente a
allievo, orizzontale fra docente e allievi, tra pari fra allievi e allievi). Si concentrano più sulle
dinamiche dell’apprendimento che sulle metodologie dell’insegnamento, spostando il punto di vista
dall’attività del docente alla competenza dell’allievo. Dai macroconcetti, che sono le architetture
derivano le strategie che sono i particolari piani d'azione.

CLOTILDE PONTECORVO

Critica l’uso eccessivo delle TIC a scuola a favore di una didattica in presenza, una didattica fatta di
relazioni, laboratori e la guida dell’insegnante che è una figura importante che fa da scaffolding agli
alunni. POTENZIARE LA DIGNITA’ DEL QUOTIDIANO (così può essere riassunto il suo
pensiero). Fare ricerca con la scuola.
PONTECORVO ha svolto anche un’indagine riguardante lo sviluppo dell’abilità di leggere i
numeri. ha messo in evidenza diverse fasi evolutive: l’identificazione errata, l’identificazione dei
numeri più semplici e noti e l’identificazione del numero corretto accompagnato dalla
rappresentazione esatta della quantità corrispondente.

Gli studi di HUGHES evidenziano la variabilità espressiva nel corso dello sviluppo del bambino in
quattro categorie. - IDIOSINCRATICA (priva di notazioni comprensibili) - PITTOGRAFICA ( il
bambino riproduce attraverso figure gli oggetti della collezione) - ICONICA ( segni grafici es. aste
o simboli in corrispondenza biunivoca con i numeri) - SIMBOLICA (numeri arabici veri e propri
Dal punto di vista evolutivo si è potuto osservare che i bambini di tre anni e mezzo/quattro usano
molti segni idiosincratici e pittografici, mentre dai quattro anni e mezzo i bambini utilizzano in
prevalenza segni iconici e iniziano a usare i simboli numerici arabici. Dai 5 anni e mezzo la
maggior parte dei bambini utilizza i simboli numerici per corrispondere la quantità entro il 9.

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Brophy e la motivazione all’apprendimento
Brophy e Kher (1986) hanno proposto di distinguere due tipi di motivazione ad apprendere: una che
si manifesta come tratto di personalità e una che si manifesta come stato. Nella prima accezione il
concetto si riferisce ad una disposizione generale che permette ad uno studente di percepire
l’apprendimento come un’attività intrinsecamente valida e soddisfacente e quindi di impegnarsi in
essa con lo scopo di padroneggiare le abilità e le conoscenze da acquisire Nel secondo caso si fa
riferimento alla componente direzionale di orientamento. Distinguiamo fra: • motivazioni primarie
(collegate con i bisogni fisiologici) • motivazioni secondarie (connesse con i processi di
apprendimento culturale). Quando si ha il passaggio da una motivazione primaria – per esempio,
pescare per il cibo – a una motivazione secondaria – pescare per il piacere di pescare, siamo di
fronte al fenomeno dell’autonomia funzionale dei bisogni.

Comoglio e il cooperative learning


Secondo Comoglio l’apprendimento cooperativo segna l’ingresso nella scuola della psicologia
sociale, con l’attenzione al lavoro sul gruppo e sull’interdipendenza. Quest’ultima può essere di due
tipi: oggettiva e soggettiva: se l’interdipendenza oggettiva non è vissuta soggettivamente, cioè se
una o più persone vivono l’interdipendenza come perdita di libertà, allora il gruppo non funziona. I
ragazzi devono quindi essere educati all’idea di responsabilità del gruppo, ed è importante che essa
non sia confusa con la responsabilità del leader del gruppo stesso (Cohen).

- Il premio Nobel 1998 per l'Economia è stato assegnato all'indiano Amartya Sen
per i suoi contributi sull'economia del benessere.
Gli studi di Sen hanno dato contributi importanti in molti campi come la teoria dello
sviluppo, i problemi della misurazione della dispersione nella distribuzione del
reddito, la teoria delle scelte collettive.

Il progetto T-Cap, che rientra nella Strategia “Europa 2020” di crescita sostenibile e inclusiva,
parte proprio dall’individuo e dal concetto di Sviluppo Umano, per utilizzare la dicitura scelta
dall’ONU

. E’ quindi necessario mettere in gioco le proprie capacità e competenze per trasformare le
risorse educative in reali opportunità di sviluppo professionale. il progetto T-Cap ha
l’obiettivo di favorire lo sviluppo delle capacità di soggetti disoccupati a ridiventare i
principali attori del proprio percorso professionale, aumentando il grado di autonomia, di
espressione delle propri qualità e, in un’ottica sociale, di recupero di sicurezza in se stessi.

HARTER

Harter (1978) ha esaminato lo sviluppo della motivazione di competenza in tre aree ( cognitiva,
sociale, fisica) per effetto dei successi e degli insuccessi incontrati nei tentativi di padronanza della
presenza o assenza di sostegno da parte degli adulti. Quando si incoraggia e si sostiene il bambino
nei suoi primi tentativi di padronanza sviluppa un sistema di autoricompensa creando così obiettivi
di padronanza. Questi obiettivi permettono di affrontare le situazioni come sfide e producono
un’esperienza emotiva positiva nel bambino. Al contrario il bambino che non viene incoraggiato nei
tentativi di padronanza sviluppa un bisogno di approvazione esterna, dipendendo continuamente
dall’adulto e crea una diminuzione della motivazione di competenza. Nella teoria di Harter vi sono
quattro concetti importanti che sono stati ripresi da altre teorie motivazionali: - La percezione di
competenza si distingue dal bisogno innato di competenza, in quanto si sviluppa per effetto dei
successi e degli insuccessi incontrati, delle interpretazioni a essi date e del sostegno ambientale. -
La percezione di controllo si riferisce alla sensazione di sentirsi personalmente agenti della
situazione. - La sfida ottimale si riferisce alla situazione in cui la difficoltà del compito è tale per cui
il soggetto la vive come una sfida possibile per mostrarsi competente. - La motivazione
interiorizzata è quando il soggetto si crea un sistema di autogratificazione, autopremiandosi o
autopunendosi.

DECI e RYAN

Deci e Ryan (1985) parlano della teoria dell’autodeterminazione che consiste nella libera scelta,
svincolata da bisogni o forze esterne, di condurre un’azione. Quest’azione è intrinsecamente
motivata e implica curiosità, spontaneità, interesse. Se il soggetto vive una situazione di libera
mantiene la motivazione per un’attività, sentendosi artefici delle proprie azioni. Se invece gli viene
imposta dall’esterno non si sentirà motivato e autodeterminato.

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