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GUERRE D’ITALIA

CARLO V
Nel 1519 Carlo, a soli 19 anni, diventò re di Spagna e imperatore di Germania: uno degli uomini più
potenti che la storia ricordi. Grazie a un enorme prestito elargito dai Fugger (banchieri
fiamminghi) il giovane rampollo degli Asburgo d’Austria riuscì a “comprarsi” i sette principi elettori
che, secondo la tradizione della bolla d’oro, lo nominarono imperatore del sacro romano impero;
l’altro pretendente era Francesco già re di Francia.
 Carlo aveva ereditato dai genitori, nel 1516, un dominio sconfinato che comprendeva le colonie
americane della Spagna; perciò poteva giustamente dire “nel mio regno non tramonta mai il
sole!”. Dal papa Filippo d’Asburgo aveva ricevuto l’impero romano germanico grazie ai lasciti del
nonno Massimiliano e la Borgogna ereditata dalla nonna Maria; dalla mamma Giovanna (detta la
pazza) aveva ereditato l’enorme impero spagnolo lasciato dai nonni materni  Ferdinando
d’Aragona e Isabella di Castiglia.  Per parte dei nonni paterni Carlo poteva vantare inoltre pretese
sulla Polonia, su Milano e addirittura sulla Francia, essendo la nonna Maria una discendente della
casata dei Valois. 
Una volta eletto imperatore Carlo V si pose subito il problema di restaurare l’unità politica e
religiosa dell’impero su tutta l’Europa. Per ottenere ciò doveva fare i conti con
1) la Francia che pretendeva la sua parte di egemonia;
2) l’impero ottomano che premeva dal mediterraneo orientale;
3) i principi tedeschi protestanti che volevano, con il pretesto della nuova fede evangelica,
diventare indipendenti rispetto all’impero;
4) le autonomie amministrative (cortes) di Castiglia e Aragona. Gli spagnoli, infatti, avevano
accolto malvolentieri il nuovo re, considerandolo un usurpatore fiammingo (Carlo era nato a Gand
e non parlava una parola di spagnolo). 

FRANCESCO I CONTRO CARLO V


IL SACCO DI ROMA
Quando Francesco I scese in Italia, nel 1515, per riprendersi la Lombardia, si aprì una nuova fase di
guerre nelle quali la penisola, a causa della debolezza politico-militare dei suoi stati, sarebbe stata
soltanto l’oggetto dei tentativi di conquista da parte della Francia e della Spagna. Il ducato di
Milano era fondamentale per gli interessi di Carlo V perché si estendeva tra i domini spagnoli e la
Germania e poi perché controllava i porti liguri che mettevano in comunicazione la Spagna con la
pianura padana. Una volta ottenuto tale possesso la Francia, privata degli sbocchi commerciali in
Italia, sarebbe stata soffocata.  
Al momento della ripresa della guerra, nel 1521, il papa Leone X, pur non vedendo di buon occhio la
crescita del potere di Carlo V, aveva preferito allearsi con lui per cacciare i francesi dall’Italia:
l’esercito di Francesco I fu distrutto a Pavia (1525) e la Spagna ottenne, di fatto, Milano. Ma
l’eccessiva potenza dell’imperatore turbava i governanti italiani, a partire dal nuovo pontefice
Clemente VII: nel 1526 egli costituì una nuova lega santa contro Carlo V. 
Allora le milizie imperiali si mossero verso Roma, nel 1527 espugnarono la città santa, la saccheggiarono
e la devastarono per sette mesi. L’esercito tedesco era composto per lo più da mercenari sbandati
detti lanzichenecchi . Costoro, già esasperati per ilo mancato pagamento del soldo arretrato,
odiavano il papa perché protestanti. Il loro capo Von Frundsberg  portava con sé una corda d’oro
con la quale diceva di voler impiccare il papa.  Nel 1529 l’imperatore Carlo V venne di persona in
Italia per “pacificare” la penisola sotto il controllo imperiale; poi a Bologna incontrò papa
Clemente VII, che lo incoronò imperatore e re d’Italia (1530). Fra le prime vittime della
pacificazione imperiale ci fu la repubblica di Firenze che dovette accogliere definitivamente la
signoria dei Medici.

L’EGEMONIA SPAGNOLA IN ITALIA


Il 1530 segna l’inizio dell’egemonia spagnola sull’Italia: un’egemonia destinata a prolungarsi per oltre un
secolo e mezzo e saldamente fondata sul possesso del regno di Napoli e di Sicilia e della Sardegna.
A questi domini si aggiunsero nel 1535 il ducato di Milano, entrato fra i possessi di Carlo V in
seguito all’estinzione degli Sforza, e nel 1557 le coste della Toscana meridionale. 
Il nuovo re francese Enrico II riprende la lotta contro l’impero, ma la sposta in Germania dove infuriava
lo scontro tra luterani e cattolici. In cambio dell’appoggio i principi luterani cedettero alla Francia
le fortezze lorenesi di Metz, Toul e Verdun. 
I due successori di Carlo V, il figlio re di Spagna Filippo II e il fratello imperatore Ferdinando I,
iniziarono i loro regni con una vittoria duratura sul grande nemico francese. Nell’aprile 1559 Enrico
II e Filippo II firmarono la pace di Cateau-Cambrésis che consolidò la dominazione spagnola nello
stato di Milano e nei regni di Sicilia, Sardegna e Napoli. L’intesa raggiunta fu suggellata da due
matrimoni, quello tra  Emanuele Filiberto, Duca di Savoia, con Margherita, sorella di Enrico II,
e quello tra Filippo II con Elisabetta figlia del re di Francia.

L’ITALIA DOPO LA PACE DI CATEAU-CAMBRESIS


Nella parte settentrionale della penisola il principale mutamento fu costituito dalla conquista spagnola
del Ducato di Milano.  A occidente accresceva la propria importanza il Ducato di Savoia, nel quale il
duca Emanuele Filiberto doveva tenere a bada un’aggressiva aristocrazia feudale. A oriente i
cosiddetti domini di Terraferma della Repubblica di Venezia. Ridottissima risultava invece la
consistenza territoriale della repubblica di Genova, che si limitava in pratica all’attuale Liguria.
Nell’Italia centrale, a fianco del Granducato di Toscana, sul quale si consolidava la dinastia dei Medici,
che erano usciti dalle guerre d’Italia allargando i propri domini anche allo Stato di Siena, si
dispiegava lo Stato della Chiesa. 
Nell’Italia meridionale si estendeva incontrastata la dominazione spagnola. Ai Regni di Sicilia e Sardegna,
entrambi venuti a Carlo V dall’eredità aragonese si era aggiunta la conquista del Regno di Napoli,
difesa dai ricorrenti tentativi francesi di insidiarne il dominio, in nome dell’antica pretesa dei
sovrani di Francia al titolo di re di Napoli, in ragione dell’eredità angioina.
La pace di Cateau-Cambrésis segna un momento insieme di stabilizzazione del sistema degli Stati italiani
e di definitiva affermazione sulla penisola dell’egemonia spagnola: la fine delle cosiddette libertà
d’Italia coincideva così con un periodo, la seconda metà del Cinquecento, di relativa quiete, ma
anche di cambiamenti in negativo che trascineranno l’Italia nella crisi del ‘600.

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