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Scienze – Le proprietà delle soluzioni

Perché le sostanze si sciolgono? Le soluzioni sono miscugli omogenei e possono essere solide,
liquide o gassose. Il solvente è il componente della soluzione che si trova in proporzione maggiore,
mentre il soluto è presente in quantità minore.

Una soluzione si forma perché l’agitazione termica fa sì che le particelle del soluto e del solvente si
disperdano disordinatamente le une tra le altre. La capacità di un soluto di sciogliersi in un dato
solvente dipende da molti fattori, tra cui tipi di legami che si devono rompere nel soluto e nel solvente,
e quelli che si possono formare nella soluzione.

Nella formazione di una soluzione le molecole di solvente circondano le molecole di soluto. Tale
fenomeno è chiamato solvatazione ed è dovuto alle attrazioni che si esercitano fra solvente e soluto.
Quando il solvente è l’acqua la solvatazione prende il nome di idratazione.

Analizzando le soluzioni acquose, sappiamo che le proprietà dell’acqua cambiano quando un soluto si
scioglie in essa. Per quanto riguarda invece la conducibilità elettrica l’acqua pura non conduce la
corrente elettrica perché le sue molecole presentano saldi legami, ma all’interno delle soluzioni acquose:
1. I composti molecolari polari non ionizzabili, come lo zucchero, formano soluzioni per
dispersione nell’acqua delle molecole elettricamente neutre; l’acqua rompe i deboli legami
intermolecolari. Queste soluzioni non conducono elettricità.
2. I composti molecolari polari ionizzabili, come gli acidi in acqua si ionizzano: le molecole
dipolari dell’acqua spezzano i legami covalenti polari della molecola con conseguente
formazione di ioni. Queste soluzioni conducono elettricità.
3. I composti ionici in acqua si dissociano, ovvero liberano ioni: le molecole d’acqua separano gli
ioni di carica opposta già presenti nel composto (dissociazione). Queste soluzioni conducono
elettricità.
Sì i composti che in soluzione acquosa formano ioni per ionizzazione o per dissociazione sono chiamati
elettroliti, sempre conduttori di corrente elettrica. Un elettrolita è una sostanza che rende
elettricamente conduttrice la soluzione acquosa in cui è disciolto. Soluzioni con alta conducibilità
elettrica contengono soluti detti elettroliti forti (sali, gli idrossidi o l’acido cloridrico). Soluzioni con
modesta conducibilità elettrica contengono soluti detti elettroliti deboli. Soluzioni che non presentano
conducibilità elettrica contengono soluti detti non elettroliti (lo zucchero o l’alcol etilico)

Le soluzioni che contengono ioni conducono elettricità e vengono dette elettrolitiche. Gli elettroliti
possono essere a loro volta acidi, basi o sali. Gli acidi sono gli elettroliti che in acqua liberano ioni H+;
le basi invece liberano ioni OH-. Le soluzioni acide che si usano nella vita quotidiana sono numerose: il
limone, l’aceto e l’acido muriatico. Le soluzioni basiche, invece, sono il detersivo, soda, calce, il
bicarbonato. Per misurare il grado di acidità o di basi città di una soluzione viene utilizzato il pH.
Maggiore è la concentrazione degli ioni, più basso è il valore del pH. Una soluzione può essere

Ø neutra: il pH è uguale a 7,00;


Ø acida: il pH è minore di 7,00;
Ø basica: il pH è maggiore di 7,00.
La concentrazione delle soluzioni

La concentrazione di una soluzione è il rapporto tra la quantità di soluto e la quantità di solvente in cui
il soluto è disciolto.

La concentrazione percentuale in massa (% m/m) indica la quantità in grammi di soluto sciolta in


100 grammi di soluzione.

La concentrazione percentuale massa su volume (% m/V) indica la quantità in grammi di soluto


sciolta in 100 mL di soluzione.

La concentrazione percentuale in volume (% V/V) indica il volume in millilitri di soluto sciolto in


100 mL di soluzione. Il grado alcolico di una bevanda corrisponde ai millilitri di alcol disciolti in 100
mL di bevanda.

La concentrazione in parti per milione (ppm) indica il numero di parti di soluto presenti in un
milione di parti di soluzione.

Per esprimere invece la concentrazione in funzione della quantità chimica utilizziamo la molarità, la
molalità e la frazione molare. Se la quantità di soluto è espressa in moli e il volume in soluzione, in litri,
la concentrazione corrisponde alla molarità.

La concentrazione molare (M) o molarità indica il rapporto fra le moli di soluto e il volume in litri
della soluzione.

Se invece vogliamo la concentrazione in riferimento alla massa di solvente utilizzato, ci avvaliamo della
molalità. La concentrazione molale (m) o molalità è il rapporto tra le moli di soluto e la massa del
solvente espressa in kilogrammi.

La frazione molare X di ogni componente di una soluzione è il rapporto tra la quantità di sostanza in
moli di quel componente e il numero totale di moli di tutti i componenti.

Le proprietà colligative
Quando un soluto si scioglie in un solvente, le particelle del soluto si legano con le particelle del
solvente. Questi legami modificano il comportamento della soluzione. In una soluzione l’abbassamento
crioscopico, l’innalzamento ebullioscopico, la tensione di vapore e la pressione osmotica dipendono
soltanto dal numero di particelle di soluto che essa contiene e per questo sono chiamate proprietà
collegative ossia quelle che dipendono soltanto dal numero di particelle di soluto presenti in soluzione
e non dalla loro natura.

A differenza delle molecole di un solvente puro, le molecole di un solvente in una soluzione sono
interessate a due tipi attrazione: quella fra di loro e quella dalle particelle di soluto che le circondano.
Pertanto le molecole di solvente in una soluzione hanno bisogno di più energia per abbandonare la
soluzione e diventare vapore

La tensione di vapore

La tensione di vapore di un liquido puro, a una certa temperatura, è la pressione che esercita il
vapore quando è in equilibrio con il liquido stesso da cui si è formato. L’equilibrio tra il liquido e il suo
vapore si raggiunge quando il valore della pressione non varia più nel tempo. All’equilibrio, la tendenza
del liquido a vaporizzare, compensa esattamente la tendenza del vapore a condensare.

Dal punto di vista microscopico, possiamo quindi immaginare che il numero di particelle del liquido
che passano allo stato di vapore coincida con il numero di particelle di vapore che, nello stesso tempo,
rientrano nel liquido. La tensione di vapore di un liquido aumenta all’aumentare della
temperatura: le sue particelle possiedono maggiore energia cinetica e sfuggono più facilmente dalla
superficie del liquido.

La tensione di vapore, cioè la pressione di vapore della soluzione, è più bassa della pressione di
vapore del solvente puro, alla stessa temperatura.

Ci sono due efffetti visibili

• il punto di ebollizione si innalza (innalzamento ebulloscopico);


• il punto di congelamento si abbassa (innalzamento crioscopico).

La temperatura di ebollizione di un solvente è la temperatura alla quale la tensione di vapore diventa


uguale alla pressione atmosferica. Visto che la tensione di vapore di una soluzione è minore di quella di
un solvente puro, occorre raggiungere una temperatura più alta affinchè la tensione di vapore della
soluzione uguagli la pressione atmosferica. Questo aumento è detto innalzamento ebullioscopico e
corrisponde alla differenza tra la temperatura di ebollizione della soluzione e quella del solvente puro.
L’innalzamento ebullioscopico è una conseguenza dell’abbassamento della tensione di vapore della
soluzione, che a sua volta dipende dalla concentrazione della soluzione.

La temperatura di congelamento è la temperatura alla quale un liquido diventa solido. In una soluzione
le particelle di soluto si inseriscono tra le particelle di solvente ostacolando la solidificazione che
normalmente avviene. Il punto di congelamento di una soluzione è minore di quello di un solvente
puro. Questo abbassamento di temperatura è detto abbassamento crioscopico e corrisponde alla
differenza tra la temperatura di congelamento del solvente e quella della soluzione.
Osmosi e pressione osmotica

L’osmosi è quel fenomeno per cui si assiste al movimento di acqua da una soluzione meno concentrata
a una soluzione più concentrata, attraverso una membrana semipermeabile. Per semipermeabile si
intende una membrana che permette il passaggio del solvente (per esempio l’acqua) ma non di
determinati soluti (per esempio zuccheri e proteine).

Ponendo in contatto un solvente puro e una soluzione attraverso una membrana semipermeabile è
possibile verificare sperimentalmente che si ha uno spostamento di molecole dal solvente alla soluzione.
Questo processo è noto come osmosi. Il fenomeno può essere spiegato dal punto di vista
microscopico: la faccia della membrana a contatto con il solvente puro è urtata da un numero maggiore
di molecole di solvente, rispetto all’altra faccio a contatto con la soluzione. Infatti, anche le particelle di
soluto urtano la membrana ma esse vengono respinte.

Il solvente tende quindi a diluire la soluzione fino a che tra la soluzione e il solvente non si stabilisce un
equilibrio di concentrazione. Nel caso delle soluzioni acquose tale equilibrio si verifica quando nella
soluzione, l'eccesso di acqua penetrata crea una pressione osmotica che tende ad opporsi all'ulteriore
passaggio delle molecole del solvente dal solvente alla soluzione.

La pressione osmotica è la pressione che bisogna esercitare sulla soluzione più concentrata per
impedire il flusso di solvente attraverso la membrana semipermeabile che la separa dal solvente puro (o
dalla soluzione più diluita).

Se si applica alla concentrazione più concentrata una pressione maggiore della pressione osmotica si
ottiene il processo inverso, ossia l’osmosi inversa impiegata per ricavare acqua dolce dal mare.

Maggiore è il numero delle particelle disciolte cioè la concentrazione della soluzione, maggiore sarà la
pressione osmotica. Nelle soluzioni reali la pressione osmotica è proporzionale al numero di molecole
all’unità di volume e alla temperatura assoluta.

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