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MODERNISMO

Con l’espressione “Movimento moderno” si indica l’architettura che si sviluppò negli Usa e in Europa negli
anni tra le due guerre. Protagonisti di tale movimento furono architetti e ingegneri che volevano prendere
le distanze dagli stili accademici, traendo spunto dall’Art Nouveau (anche se poi ne rigettarono l’aspetto
decorativo). Importante fu la cosiddetta Scuola di Chicago, che contribuì in maniera decisiva allo sviluppo
della nuova tipologia edilizia dei grattacieli, operando in una città come Chicago che, nel 1897, era stata
quasi rasa al suolo da un incendio e, per questo, necessitava di essere ricostruita in brevi tempi con
materiali ignifughi, quali il cemento e l’acciaio. Alla base della costruzione vi era uno scheletro di acciaio
autoportante, costituito di travi e pilastri, che consentiva il raggiungimento di altezze considerevoli.
All’interno del Movimento moderno si svilupparono essenzialmente due correnti fondamentali: quella del
Razionalismo (Le Corbusier) e quella dell’architettura organica (Wright). Il Razionalismo mirava al
raggiungimento della massima essenzialità e funzionalità, voleva utilizzare materiali in stretto rapporto con
la produzione industriale, rifiutava ogni elemento decorativo ed era caratterizzato da un forte impegno
sociale e politico (si proponeva di realizzare abitazioni economiche e funzionali per permettere anche ai ceti
meno abbienti di vivere in condizioni dignitose). Ornamento e delitto è un testo di Adolf Loos, uno dei più
grandi sostenitori dell’abolizione degli ornamenti. Egli sosteneva che l’architettura dovesse essere
ricondotta a principi di pura utilità, eliminando dunque ogni aspetto superfluo, come appunto le
decorazioni. Questo atteggiamento è evidente nelle sue opere, come Casa Steiner, a Vienna, considerata
emblema dell’architettura del XX secolo per l’estrema semplificazione che ne caratterizza le facciate. Le
Corbusier è stato uno dei più grandi architetti del XX secolo; egli effettuò numerosi viaggi nel corso della sua
formazione e rimase affascinato dall’architettura greca, in particolare dal Partenone, che egli riteneva
essere un fondamentale modello di essenzialità, misura e proporzione, caratteristiche fondamentali nella
ricerca del bello. Caratteristiche fondamentali della sua architettura sono la struttura modulare in cemento
armato e l’utilizzo di procedimenti industriali; egli pubblicò un saggio, nel 1926, in cui erano presenti i
Cinque punti per una nuova architettura: (la casa come macchina da abitare)

- i pilotis, piloni che permettono di sollevare l’abitazione dal terreno;

- il tetto-giardino, che introduce la natura nell’abitazione;

- la pianta libera

- la facciata libera

- la finestra a nastro continua.

A questo schema possiamo senz’altro aggiungere altri tre aspetti fondamentali. 1Primo: l’utilizzo del
cemento armato. Tecnica invisa ai sostenitori dell’architettura tradizionale. Solo con un’anima di ferro è
infatti possibile immaginare e realizzare una struttura che sia allo stesso tempo solida e leggera, ariosa ma
stabile. I sottili e agili pilotis non potrebbero altrimenti sostenere il peso dell’edificio, spingerlo verso l’alto
con slancio quasi atletico. Solo attraverso il cemento armato è inoltre possibile liberare i piani da un
disegno ripetitivo. 2 Secondo: l’utilizzo di uno schema modulare. Partendo da un modulo prestabilito
(l’altezza dei pilastri, la distanza tra loro o, come chiarità più avanti lo stesso Le Corbusier l’altezza
dell’uomo, il modulor) ogni elemento dell’edificio dovrà essere un multiplo o un sottomultiplo del modulo
stesso. Solo così potrà mantenere un aspetto armonico pur con infinita varietà di combinazioni, con
variazioni tra i piani, tra le facciate, tra gli elementi aggettanti e rientranti. 3 Terzo: razionalità è semplicità.
Linee rette, perpendicolari, pulite descrivono le superfici. Colori essenziali, campiture uniformi. Seppure Le
Corbusier si formi nell’ambito dell’Art Nouveau, dove tutto è decorazione, linea curva e forma biomorfa, la
sua ricerca si spinge su una strada completamente diversa. Le forme della natura non hanno bisogno di
essere contemplate nell’architettura perché l’architettura stessa non le opprime, non le nasconde, anzi, le
rispetta e le esalta con i suoi vuoti e le sue trasparenze.
"Una casa è una macchina per abitare"- cit. Le Corbusier - Nordhaus. Una frase che rappresenta una sintesi,
riportata nel lontano 1923 da Le Corbusier nel manuale teorico Vers une architecture; il celebre architetto
enuncia alcuni principi tecnici fondamentali, alcuni di essi ancora attuali. Cosa intende dire Le Corbusier con
questa frase?...”La casa è una macchina per abitare, non tanto in quanto automobile, ma come
meccanismo, strumento per abitare, per realizzare spazi di qualità per la vita dell’uomo”. Molti non ci
pensano, ma quando si costruisce la propria casa, si possono commettere errori molto complicati poi da
correggere! senza parlare dei risparmi gettati all’aria per rimediare ad essi. La casa come una macchina ha
bisogno per funzionare, di impianti, di elettricità, riscaldamento, spazio, comfort e cosi via…”Alloggiare?
Vuol dire abitare, saper abitare. L’alloggio è lo specchio della coscienza di un popolo. Saper abitare è il
grande problema, e alla gente nessuno lo insegna”.
Bauhaus: nel 1919 Gropius fondò, a Weimar, riunendo una scuola di artigianato e una di arte, il Bauhaus
(“casa del costruire”), con lo scopo di abolire la distinzione tra le singole arti e generare una classe di
professionisti in grado di produrre manufatti di altissima qualità. Era una scuola di arte globale, nella quale
gli insegnamenti pratici avvenivano parallelamente a quelli teorici e che poteva vantarsi di insegnanti del
calibro di Kandisky e Klee. Nel 1924 la sede di Weimar dovette chiudere a causa dei tagli all’istruzione che il
governo nazista aveva imposto allo scopo di boicottare le scuole. L’anno successivo il Bauhaus si trasferì a
Dessau, dove fu costruita in due anni la nuova sede, il cui progetto fu realizzato dallo stesso Gropius ed è
caratterizzato da una fortissima chiarezza compositiva; ad ogni funzione, infatti, corrispondeva un diverso
corpo di fabbrica che si adattasse al suo utilizzo. Il complesso e quindi formato di cinque blocchi autonomi
che però sono coordinati in un’unica forma coerente. Il Bauhaus è considerato uno degli edifici simbolo
dell’architettura moderna ed è realizzato con criteri che rispondono alla massima razionalità ed
essenzialità. Il progetto, inoltre, aveva una forte matrice etica: quello di offrire all’attività didattica le
migliori strutture per una formazione a tuttotondo degli studenti. Frank Lloyd Wright è considerato il padre
dell’architettura organica, che vede il suo nome legato al concetto della necessità di un rapporto armonico
tra le parti e il tutto, tra una costruzione e l’ambiente in cui essa è situata. Wright scrisse in sei punti i
principi che l’architettura doveva rispettare:

- la semplicità;

- la necessità che ci siano tanti stili di edifici quanti sono gli stili degli uomini;

- il rapporto armonico tra edificio e ambiente;

- la scelta di colori in armonia con il paesaggio;

- la valorizzazione dei materiali nel loro aspetto naturale

- l’esigenza di un’integrità spirituale dell’edificio, che doveva possedere qualità analoghe a quelle umane,
che ne avrebbero garantito la durevolezza.

Le costruzioni, secondo Wright, sono paragonabili ad esseri viventi, e dunque devono essere in armonia con
l’ambiente in cui sorgono. Il tema dell’integrazione dell’architettura con il paesaggio è fondamentale in
tutte le opere di Wright, e anche quando egli dovette misurarsi con il tema delle città, assunse un
atteggiamento fortemente antiurbanistico; esempio di ciò è la città ideale da lui progettata, Broadacre City:
città di grandi dimensioni, “diffusa” nel territorio in modo che ciascuna famiglia potesse avere un’abitazione
con un appezzamento di terreno.

--Le Corbusier Charles Édouard Jeanneret Gris, classe 1887, nasce in una famiglia di orologiai. Studia in
patria ma presto si trasferisce a Parigi dove incontra il pittore Amédée Ozenfant, con cui stringe un sodalizio
umano, artistico e intellettuale. I due fondano una rivista, Avant Garde - L’Esprit Nouveau, che affronta le
nuove tendenze dell’arte e dell’architettura europea. I due scrivono tutti gli articoli e li firmano con
pseudonimi per mascherare il fatto che le idee espresse abbiano un’unica fonte. Nasce così Le Corbusier,
che si ispira al nome del nonno Lecorbesier e al cognome del suo maestro L’Eplattenier. Presto diventa il
suo nome d’arte, come di moda tra gli artisti parigini, e molti lo abbreviano in Le Corbu, che in francese
suona come le courbeau, il corvo. Il nostro si affeziona a questo soprannome e spesso firma lettere e
disegni con una piccola testa di corvo stilizzata. L’esperienza critica nella rivista matura nel 1923 in un
trattato organico, Verso una Architettura, opera in cui sostiene che l’arte del progettare e costruire può
essere più efficace della politica nella realizzazione di una società giusta e democratica. Cinque sono i
principi che devono guidare la mente e la mano dell’architetto. Come abbiamo detto prima essi sono:
1 I pilotis, pilastri sottilissimi che sorreggono l’edificio e lo sollevano dal suolo. Questa scelta comporta
l’eliminazione del pianterreno, una zona dell’edificio spesso umida e buia, e riduce al minimo l’impatto
ambientale.
2 Il toit terrasse, ovvero il tetto a terrazza, con giardino pensile e lucernario, che non isolino lo spazio
architettonico da quello esterno. Via gli spioventi che conferiscono all’edificio un aspetto lugubre e nuove
superfici da restituire allo spazio vitale.
3 La fenêtre en longueur, finestra a nastro, una lunghissima vetrata orizzontale che attraversa tutte le
superfici perimetrali. Non più quindi una semplice apertura nel muro ma la sostituzione della parete stessa
con una membrana leggera e trasparente, che inondi l’interno di luce.
4 Il plan libre, cioè piante dei vari piani dell’edificio liberee indipendenti l’una dall’altra, ognuna con la
disposizione degli ambienti adatta alla sua funzione.
5La façade libre, la facciata libera. Tutte le superfici esterne hanno uguale dignità e diversa funzione.

Nulla meglio delle sue opere serve a dimostrarci quale fosse il suo modo di concepire l’architettura.
Ricordiamo la sua opera Villa Savoye. Nella beaVilla Savoye costruita a Poissy, in Francia, tra il 1929 e il
1931, Le Corbusier dimostra di avere già messo perfettamente a punto il proprio innovativo linguaggio. La
costruzione, di due soli piani, ha una pianta rigorosamente quadrata e si regge su degli esilissimi colonnini
in cemento armato chiamati pilotis. Partendo dal basso si ha un portico coperto sotto il quale si può
accedere direttamente in automobile. Oltre al garage con tre posti auto vi sono anche i servizi di lavanderia
e un piccolo appartamento per l’autista. Dal portico si accede al primo piano mediante due rampe inclinate
con dolce pendenza. Poiché la struttura è in calcestruzzo armato le pareti non hanno funzione
portante( sono solo i pilotis a reggere i solai) e dunque possono essere disposte in piana libertà. Dal grande
soggiorno rettangolare si accede a una singolare terrazza a , invisibile da fuori in quanto chiusa su entrambi
i lati eterni dalle bianche pareti della facciata. Un ulteriore rampa, infine, conduce alla copertura piana,
dove è ricavato il solarium, protetto dagli sguardi indiscreti per mezzo di un settori muro sagomato. Nel
complesso la costruzione appare come un assemblaggio di volumi geometrici puri, assolutamente estraneo
all’ambiente circostante, dal quale emerge con voluta e singolare ricchezza. Il vestibolo denuncia
chiaramente i due elementi architettonici di distribuzione verticale che caratterizzano la villa Savoye: la
rampa, posta in lieve pendenza, e le scale a chiocciola. La rampa: è l'elemento di sezione del volume
principale che con decisione spezza il primo piano in una parte interna e una esterna e crea, attraverso il
salto di quota, un percorso verticale che connette gli spazi e irrompe nella modalità di fruizione e
percezione del visitatore. Esempio e rappresentazione fisica del concetto di “promenade architecturale”,
spesso utilizzato da Le Corbusier per indicare la sua visione spaziale come metodo di rottura rispetto ai
canoni usuali, rigidi e poco vitali, dell'architettura tradizionalista dell'epoca. Con la sua inclinazione
attraversa e unisce tutti gli ambienti dell'abitazione, garantisce al visitatore un'esperienza spaziale fluente e
continua e rende l'ascesa verticale dell'edificio quasi impercettibile. La scala a chiocciola: è uno degli
archetipi fondamentali dell'architettura di Le Corbusier; in Villa Savoye parte dalla cantina al di sotto del
piano stradale e giunge fino al terrazzo, torcendosi come una spirale elicoidale, protetta da un parapetto
anch'esso in cemento armato. I corridoi: al primo piano un corridoio centrale partendo dalla hall
all'ingresso, coinvolge un piccolo lavabo dove sciacquarsi le mani appena arrivati e si collega alla rampa
centrale, fino ai locali del personale; al secondo piano il corridoio è un filtro stretto e lungo, in una
prospettiva che inquadra la stanza progettata per il figlio dei Savoye.
La Villa Savoye nasce da una maglia strutturale di base rettangolare formata da elementi verticali cilindrici
(pilotis) posti a un ritmo perimetrale di 4,75 metri l'uno dall'altro e disposti verso l'interno quasi
simmetricamente secondo uno schema che favorisce il percorso di un'automobile e consente l'appoggio
delle chiusure orizzontali principali. Tutti gli elementi principali, dalle fondamenta ai pilastri ai solai, sono in
cemento armato. Di particolare interesse risultano le facciate della villa Savoye, brano tra i più riusciti del
cubismo architettonico: se l'edilizia tradizionale, infatti, concepiva un edificio in termini di facciata
principale, prospetti laterali e retro, Le Corbusier svuota tale prassi di qualsiasi significato, rendendo quasi
identiche le facciate. Partendo dal basso si ha un portico coperto, scandito dall'arioso succedersi dei pilotis,
e il piano terra, dove troviamo la hall di ingresso, il garage per le automobili, un piccolo alloggio riservato
all'autista e alla cameriera, l'appartamento per gli ospiti e i servizi di lavanderia. L'automobile, per la sua
formidabile perfezione tecnico-industriale, era particolarmente ammirata da Le Corbusier, il quale la
considerava paradigmatica dello sviluppo tecnologico del XX secolo: per questo motivo, una volta giunto a
villa Savoye con la propria autovettura, il visitatore può quasi ritualisticamente entrare nell'abitazione dal
garage mediante la porta d’ingresso in metallo collocata nel vestibolo del piano terra. La stessa villa rimane
influenzata dalle dinamiche motorie dell'automobile, presentando al piano terra dove vi è l’ingresso una
vetrata industriale il cui arco curvo, dalla notevole sensazione di movimento, è determinato proprio dal
raggio di sterzata di un'autovettura.
Il primo piano come un heures claires (una scatola sospesa), così chiamata dallo stesso Le Corbusier in uno
dei suoi scritti del 1930, è un prisma monocolore stereometricamente ben definito, dalla radicale
elementarità, avvolto da superfici candide, diafane, e spezzato longitudinalmente dai vuoti delle finestre
che, configurandosi come «nastri continui, vitrei e panoramici» (Zevi)[1], incidono a metà ogni prospetto e
incentivano l'interazione tra esterno e interno. In questo piano si trova la parte “viva” della casa e un
giardino pensile da cui poter ammirare gli spazi circostanti.[17] Il parallelepipedo puro, monoprismatico del
primo piano, infatti, comprende gli spazi più formali e pubblici: la zona giorno (soggiorno, cucina, salottino),
la zona notte (camera degli ospiti, camera del figlio e camera dei genitori) e i servizi (bagno piccolo e bagno
grande), e un giardino pensile. La camera da letto padronale ha dimensioni notevoli, ma non eccessive (in
linea con la destinazione d'uso di villa Savoye, non dimora stabile, bensì rifugio per i fine settimana estivi),
ed è comunicante sia con l'esterno - con l'adozione di fenêtre en longueur - che con il bagno contiguo, dal
quale risulta separato solo per mezzo di un'esigua tenda-membrana, la quale non raggiunge neanche il
soffitto, a ribadire la continuità vigente tra questi due ambienti. Notevole, nel bagno, il rivestimento con
tasselli ceramici smaltati di azzurro, funzionali per il raggiungimento di un'igiene ottimale, e la presenza di
una chaise longue, progettata dallo stesso Le Corbusier. La cucina, delimitata da armadi a muro con ante
scorrevoli in alluminio, è estremamente compatta, a differenza del soggiorno, che si presenta come
l'ambiente più ampio dell'abitazione: è scarsamente arredato e si arricchisce non tanto della mobilia,
quanto della visuale sul panorama circostante offerta dalle finestre a nastro, oltre che da un caminetto
centrale che conferisce all'intero spazio un carattere intimo, conviviale. Il piano superiore o terrazzo è il
coronamento dell'edificio oltreché la conclusione del percorso della promenade architecturale, senza
alcuna barriera architettonica, che parte dal piano terra dove si trova il garage, motore e idea del luogo
abitativo, fino a sbarcare tramite una rampa sul solarium, come sul ponte di una nave. Sulla copertura,
infatti, le fantasticherie nautiche di Le Corbusier si fanno più vivide, grazie all'impiego di balaustre di tipo
navale in tubolare di acciaio tinto bianco e alla presenza del vano-ciminiera dalla curiosa forma imbutiforme
in cui è alloggiata la scala. La rigorosa disciplina formale cui era sottoposto il prisma del primo piano,
inoltre, qui si attenua con l'azione dinamica di volumi basati su archi di cerchio e archi ellittici, i quali in una
«danza di sagome ondulate»(Zevi)[1] richiamano esplicitamente la rotondità di alcuni dipinti di Le Corbusier
come La dame au chat et à la théière (Jeannerette 1928) e sembrano anticipare la futura tensione plastica
di un'altra sua opera come cappella di Ronchamp. Il toit-terrasse (o terrazzo giardino) qui presente grazie ai
solai in calcestruzzo armato non pesa sulla struttura sottostante, ma anzi funge da coibente e garantisce
agli ambienti del primo piano, una maggiore frescura d'estate e un buon isolamento d'inverno. Il terrazzo
ospita oltre a un giardino coltivabile anche un solarium protetto da una parete tagliavento che riprende la
forma delle curve al piano terra.

----Lo studio dei rapporti tra lo spazio e la figura umana è alla base del progetto per l’Unité d’habitation a
Marsiglia(1945-52), un grande complesso residenziale costituito da Artunk un unico edificio di 135 metri di
lunghezza, 24 di larghezza e 56 di altezza pensato per ospitare 1600 persone: una piccola “città” - «une cité
radieuse» (“una città radiosa”) per usare le parole di Le Corbusier - ad alta densità abitativa, concepita per
essere autosufficiente grazie all’inserimento di una serie di servizi collettivi. Con l'edificio di Marsiglia, Le
Corbusier si confrontava direttamente con le questioni estremamente attuali della ricostruzione postbellica
e dell’abitazione sociale a basso costo. Se infatti i Ciam, inaugurati nel 1928, avevano aperto il confronto
teorico sull'alloggio minimo e sui nuovi scenari di crescita urbana, l’Unité d’habitation recepiva gli esiti di
quel dibattito in un concreto e programmatico progetto urbanistico e sociale. Il tema della progettazione
della città, del resto, era da sempre al centro della riflessione dell’architetto. II risultato fu controverso:
benché in seguito replicato a Nantes, a Berlino, a Briey-en-Forèt e a Firminy, l’edificio fu criticato per il suo
forte impatto sul contesto esistente e non riuscì realmente a esplicitare il progetto urbano e sociale
immaginato da Le Corbusier, che ebbe di nuovo modo di confrontarsi con un cantiere a scala urbana in
occasione degli studi per il piano urbanistico di Chandigarh, nuova capitale della regione del Punjab, in
India, cui si dedicò a partire dagli anni cinquanta. II complesso si sviluppa su 18 piani, compreso l’attico. I
337 appartamenti sono configurati secondo 23 varianti diverse, a partire dalla singola cellula abitativa, in
modo da soddisfare una vasta casistica di fruitori: dal single alla famiglia con otto figli. Ogni due piani, in
posizione centrale, si apre un corridoio interno, otto in totale, definiti da Le Corbusier «rues intérieu¬res»
("strade interne”), che distribuiscono gli accessi agli appartamenti. Questi, nella configurazione standard, si
sviluppano su due piani secondo uno schema a L U che consente un incastro perfetto tra ciascuna
abitazione e quella prospiciente rispetto alla strada interna. La casa tipo ospita un soggiorno a doppia
altezza dotato di terrazza per favorire la presenza di aria e luce diretta all’interno dell'appartamento,
mentre la cucina e le stanze da letto hanno un’altezza semplice.

Le facciate mostrano l’articolazione interna riproponendo nella scacchiera regolare delle aperture
l’alternanza tra doppi volumi e volumi semplici. Tale ripetizione regolare è mediata dall’uso del colore,
particolare inedito nell’architettura del primo periodo di Le Corbusier. Nell’edificio tornano anche gli
elementi ricorrenti del linguaggio dell’architetto: i pilotis, che qui si fanno monumentali per liberare il piano
terra e destinarlo a verde pubblico; il tetto attrezzato; la cellula abitativa su doppio livello; le finestre a
nastro. Essi sono però rielaborati in modo più spontaneo e meno rigido, come dimostra la scelta di lasciare
a vista il cemento armato (il béton brut), esibendo tanto il colore grigio, quanto le imperfezioni delle
casserature. Un elemento di rottura nel disegno della facciata è rappresentato dalla serie di frangisole
verticali che si possono notare tra il settimo e l’ottavo piano, in corrispondenza dell’area destinata a
ospitare negozi, un albergo e un ristorante. Per enfatizzare la dimensione urbana dell'edificio, Le Corbusier
descrisse questo corridoio di servizi come una «rue commerçante»: una vera e propria "strada del
commercio” cui potevano accedere non solo i residenti interni, ma anche chi viveva all'esterno del
complesso, grazie a una grandiosa scala elicoidale posta sulla facciata laterale dell’Unité.

Un’altra parte di servizi destinati ai bambini e allo svago è situata sulla sommità dell’edificio: il tetto-
terrazza si tra¬sforma così in uno spazio funzionale che ospita un asilo, una pista da corsa, una piscina ed è
popolato da oggetti scultorei come i grandi camini.

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