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Agricoltura sostenibile:

Dalla green revolution alla riscoperta


dell’agrosistema
SOSTENIBILITÀ E CULTURA SOSTENIBILE

ROMANO IRENE | V sez. D | 12.06.2021


INDICE

Introduzione ………………………………………………………………....….….… 3
L’agricoltura sostenibile ………………………………………………………………3
L’agroecologia ………………………………………………………………………...4

La dimensione ecosistemica .………………………………………………..………...4


La dimensione culturale ...…………………………………………………….…..…...5
Conclusioni ...……...….……..…………….…………………………………...……...6
Collegamenti …………………………………………………………………………..7

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INTRODUZIONE

Grazie alla professoressa Elena Curti, abbiamo avuto la possibilità di entrare in contatto con l’ingegnere Stefano
Barontini, il quale ci ha presentato diverse lezioni riguardanti l’agricoltura sostenibile e approfondimenti
sull’idrologia del suolo.

Questo intervento da parte di un esperto ci ha permesso di


ampliare le nostre conoscenze in questo ambito, e nello stesso
tempo, di sviluppare una visione critica sulla situazione che ci
ha descritto.

Il professore è stato molto chiaro, entrando nel dettaglio in ogni


argomento e specificando il significato di ogni termine che
sarebbe potuto sembrare ambiguo, in modo da permetterci di
comprendere al meglio ciò che stava spiegando. Inoltre,
abbiamo avuto modo di vedere, attraverso diverse immagini, le
varie tecnologie e tecniche utilizzate in questo settore.

Ho trovato questo argomento molto interessante, perché


nonostante non fosse una tematica sconosciuta, ha però
evidenziato diversi particolari che ognuno di noi trascura.

L’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

L’agricoltura sostenibile fa affidamento su biodiversità, pratiche tradizionali e innovazione tecnologica per la


piccola azienda agricola, al fine di garantire l'accesso al cibo, conservare la qualità del suolo, combattere la
desertificazione e contribuire a mitigare il cambiamento climatico. La sua pratica richiede tuttavia una
dimensione culturale che trascende il coinvolgimento degli specialisti e si apre a tutta la società.

Prima di tutto, bisogna introdurre le definizioni di sostenibilità, di agricoltura sostenibile e di locuzioni a esse
legate, per mostrare come l'agricoltura sostenibile richieda di reinterpretare sia la produzione agricola che la
gestione del territorio e del paesaggio, in prospettiva ecosistemica.

La definizione di sostenibilità per prima sposta l'attenzione dalla sola


produttività agricola, ampliando la prospettiva a tre direzioni, quella
ambientale, quella economica e quella sociale. Una definizione più recente,
proposta dalla FAO (Food and Agriculture Organization) nel 2018, fonda
l'agricoltura sostenibile su cinque principi cardine:

1) Increase productivity, employment and value addition in food systems

2) Protect and enhance natural resources

3) Improve livelihoods and foster inclusive economic growth

4) Enhance the resilience of people, communities and ecosystems

5) Adapt governance to the new challenges.

I primi tre principi sono consonanti con i tre pilastri proposti dalla UE ADG (Agriculture Directorate-
General). Gli altri due li integrano individuando l'obiettivo della sostenibilità, non come valore individuale ma
come valore comunitario ed ecosistemico, da conseguire con un approccio adattivo.

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L’AGROECOLOGIA

Da qualche decina di anni, la multidimensionalità dell'agricoltura sostenibile è sottolineata con il termine


agroecologia, che intende lo studio e la pratica dell'agricoltura in prospettiva ecosistemica, cioè tenendo conto
delle relazioni che le pratiche hanno con l'ambiente e con il territorio nella definizione dei paesaggi
antropogenici. L'agroecologia abbraccia quindi tutti livelli ecologici e sociali di coevoluzione, struttura e
funzione dell'agroecosistema e può essere un potente strumento di investigazione in paesaggi antichi e
profondamente antropogenici come quelli mediterranei.

Essa, per migliorare la resilienza nei confronti del cambiamento


climatico, favorisce se possibile l'agricoltura tradizionale. In
America Latina l'agroecologia è spesso posta in stretta relazione
con la cultura andina del buen vivir (anche vivir bien, o, in lingua
quechua, sumac kawsay), sulla base dell'idea che il benessere
dell'agroecosistema implica il benessere di tutte le sue
componenti, compresa quella umana, sociale ed economica.

Dal punto di vista pratico e da quello dell'approccio


ecosistemico, l'agroecologia e l'agricoltura organica presentano alcune consonanze con la pratica dell'agricoltura
biodinamica, la quale guarda al paesaggio e all'azienda agricola come ad un organismo vivente. Esse mostrano,
tuttavia, una significativa differenza epistemologica, perché laddove l'agroecologia si basa sui concetti di
simbiosi e coevoluzione sviluppati da Charles Darwin per le scienze biologiche, l'agricoltura biodinamica è
fondata sulla ipotesi pregalileiana di corrispondenza tra macrocosmo (natura) e microcosmo (uomo) riproposta
dal filosofo Rudolf Steiner nel primo quarto del secolo scorso.

LA DIMENSIONE ECOSISTEMICA E PAESAGGISTICA DELL’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

Le definizioni introdotte condividono alcuni concetti comuni. Essi sono anzitutto l'obbiettivo di identificare
un'agricoltura rispettosa delle limitate risorse naturali disponibili (essenzialmente di suolo e acqua) e della
biodiversità, resiliente al cambiamento climatico e possibilmente prona alla mitigazione di questo. Due punti
considerati imprescindibili sono inoltre l'aumento della produzione agricola, per soddisfare le richieste
alimentari in aumento, e del reddito, per garantire la sostenibilità della coltura anche attraverso la sostenibilità
economica dell'azienda agricola. Due strade considerate sono la tutela delle biodiversità e l'aumento della
tecnologia, e in particolare della tecnologia adatta alla piccola azienda agricola e all'agri coltura familiare, che
è la colonna portante dell'accesso al cibo in molti Paesi a economia prevalentemente rurale.

La EU Thematic strategy for soil protection evidenzia otto maggiori cause di degrado del suolo cui sono esposti
suoli europei e molte di queste sono strutturalmente legate all'agricoltura di fondovalle praticata a partire
dall'epoca della «rivoluzione verde». Queste sono:

1) Erosione (precipitazione, vento, esposizione dei campi)


2) Diminuzione di sostanza organica
3) Compattazione (eccessivo calpestio, uso di meccanica agricola pesante)
4) Salinizzazione (evaporazione da falda, intrusione salina, precipitazioni ricche di sali)
5) Frane superficiali
6) Inquinamento
7) Sigillazione
8) Decadimento della biodiversità

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A fronte di ciò l'agricoltura sostenibile non entra in conflitto
con i servizi ecosistemici del suolo, ma ne valorizza le
relazioni, avvalendosi per esempio delle rotazioni, della lotta
integrata per la difesa dei patogeni, della selezione
localizzata delle varietà più adatte al terreno coltivato e
stimolandone, quindi, la biodiversità.

Essa ha quindi ricadute positive in tutti i servizi ecosistemici


introdotti dal Millenium Ecosystem Assessment, perché non
inibisce ma stimola e regola le funzioni del suolo e la
biodiversità, ne combatte il degrado e la desertificazione, ha
una funzione di approvvigionamento, mitiga la pericolosità
idrogeologica e tutela le strutture storiche, culturali e antropologiche delle popolazioni.

Nell'ambito dell'agricoltura sostenibile, l'agricoltura di versante è basata sull'uso di terrazzamenti, che riducono
l'erosione, la formazione delle piene e la pericolosità degli scivolamenti superficiali. Inoltre l'agricoltura di
versante richiede di essere intrinsecamente biodiversa perché, al mutare dell'altitudine, diverse varietà mostrano
attitudini diverse nell'essere produttive. Infine l'agricoltura sostenibile stimola l'arricchimento di contenuto
organico da parte del suolo, contribuendo così all'immagazzinamento di gas serra.

LA DIMENSIONE CULTURALE DELL’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

L'agricoltura sostenibile è, quindi, una questione culturale?

Se intendiamo per cultura, secondo la definizione di Gramsci, non soltanto un'elaborazione teorico-sistematica
compiuta, ma anche una concezione del mondo e della vita condivisa trasversalmente, per quanto in modo
spesso implicito, capace di produrre effetti politici attraverso la trasformazione delle pratiche quotidiane, allora
possiamo a buon diritto affermare che sì, l'agricoltura sostenibile si configura innanzitutto come una questione
culturale, e che ciò si pone in un duplice senso.

Con riferimento infine ai fruitori dell'agricoltura, la dimensione culturale e informativa gioca un importante
ruolo nella scelta dei prodotti. In questa direzione l'associazione Slow Food ha, per esempio, recentemente
introdotto l'etichetta narrante, che racconta il percorso produttivo e il significato in termini di biodiversità del
prodotto che si sta acquistando. Iniziative come queste sono fondamentali per riconnettere il consumo alla
produzione, passando per i vari processi di trasformazione subìti dai prodotti, e consentono di riportare alla luce
le numerose dimensioni della produzione agricola, quali quella culturale, economica, sociale, ecologica,
sanitaria ecc. Inoltre, fare riemergere le connessioni tra consumo e produzione significa anche riscoprire le
relazioni tra territori, passando attraverso le culture, le economie, la creatività, le comunità di ciascuno di essi.

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CONCLUSIONI

Questi passaggi segnano il percorso di una progressiva assimilazione culturale dei concetti di sostenibilità nel
senso comune, e, compiendoli, è possibile per il fruitore dell'agricoltura evidenziare gli impatti che via via si
creano, in modo diretto e indiretto, nei processi di produzione e consumo di cibo (includendo in ciò anche il
packaging, i trasporti e la distribuzione), al fine di operare le proprie scelte anche sulla base della comprensione
delle potenzialità ecosistemiche o delle ricadute ambientali del consumo.

Un ruolo fondamentale nella strada verso la sostenibilità è svolto dall’innovazione tecnologica. La nuova
frontiera si chiama agricoltura smart o agricoltura 4.0 e consiste nell’applicare al settore le innovazioni
dell’industria 4.0: digitalizzazione, geolocalizzazione, connessione in rete, Internet of Things. Questi strumenti
sono usati in particolare nell’agricoltura di precisione, che calibra le tecniche e le sostanze da usare in base alle
caratteristiche dei singoli terreni (in termini di suoli, risorse idriche, colture e rischi ambientali) e a un
monitoraggio in tempo reale delle condizioni meteorologiche: una gestione efficiente che è in grado di
ottimizzare la produzione minimizzando gli sprechi e gli impatti sul pianeta.

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Per quanto riguarda i collegamenti interdisciplinari:

scienze naturali: i terremoti


educazione civica: il disastro del Vajont

LA DIGA DEL VAJONT


Uno dei disastri naturali più gravi avvenuti in Europa è la strage del Vajont. La sera del 9 ottobre 1963 una
massa di oltre 260 milioni di metri cubi di rocce e detriti precipitò ad altà velocità dal versante settentrionale
del monte Toc in provincia di Belluno all’interno della diga costruita nella valle del torrente Vajont. Il corpo di
frana prese in poco tempo il posto occupato precedentemente dall’acqua del lago e creò due onde d'acqua e
detriti, di dimensioni considerevoli lungo la valle, che inondarono le abitazioni sulle rive del lago ma persero
poi energia grazie alla maggiore ampiezza della vallata del Vajont. Mentre ad ovest, scavalcarono la diga
acquistando maggior energia e si riversarono nella valle del Fiume Piave dove l’onda, alta 70 metri, rase al
suolo diversi abitati come Longarone, Rivalta, Pirago, Faè, e Villanova.

Questa catastrofe con circa 1910 vittime, fu il risultato di una combinazione di responsabilità umane e di fattori
naturali. Al giorno d’oggi vi sono diversi articoli da cui si può capire come la diga fu costruita in una zona
geologicamente inadatta ad ospitare un invaso artificiale a causa dell’instabilità dei versanti. Il progetto della
diga del Vajont fu voluto dalla SADE (Società Adriatica di Elettricità) e successivamente nel 1943, durante la
Seconda Guerra Mondiale, fu approvato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nonostante il procedimento
di approvazione fosse palesemente irregolare.

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Però, poiché all’epoca l'attenzione era rivolta al conflitto mondiale in atto, questo accaduto passò facilmente in
secondo piano. Inoltre le città dell’Italia del Nord dell'epoca si stavano sviluppando molto rapidamente e
l’energia elettrica era diventata una necessità importante. Per tale motivo, la SADE decise successivamente di
apportare un ampliamento rispetto al progetto originario, in modo tale da realizzare la diga più alta del mondo
di 266 metri di altezza che fosse capace di contenere al suo interno 115 milioni di metri cubi d'acqua.

La frana aveva un fronte di 2 chilometri, un'altezza media di oltre 150 metri ed una velocità stimata tra i 20 e i
25 m/s, e riuscì a risalire sul versante opposto fino a più di 160 metri; l'acqua carica di detriti superò la diga con
un fronte alto circa 150 metri ed impiegò 4 minuti per raggiungere Longarone. La principale causa dell’energia
dell’onda d’acqua e detriti fu dovuta
all’elevata velocità della frana, causata a
sua volta dal riscaldamento provocato
dall’attrito durante il movimento. Inoltre
pare che un’alta velocità di deformazione
comporti per i materiali un’elevata
diminuzione di resistenza a taglio; quindi
il superamento di un certo valore di
velocità della massa avrebbe innescato un
processo a catena di riduzione resistenza a
taglio, che in combinazione con il calore
prodotto dalla frizione avrebbe provocato
un movimento così veloce.

È inaccettabile come gli interessi di un numero ristretto di persone abbiano provocato la morte di una notevole
quantità di vittime. Non riesco a spiegarmi come tali individui, consapevoli di aver messo in pericolo un’intera
località siano riusciti a dormire la notte; e nemmeno come i sopravvissuti che hanno collaborato alla creazione
della diga siano riusciti a vivere con il peso di decine di centinaia di morti sulla coscienza. Tali persone
dovrebbero comprendere che la vita è il dono più importante che si possa avere e nessuno ha il diritto di decidere
di mettere in pericolo quella degli altri.

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