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Michela Pereira

IL SANTO ALCHIMISTA.
INTRECCI LEGGENDARI ATTORNO A
RAIMONDO LULLO *

Dall’autobiografia alla leggenda

Alla fine dell’estate del 1311, prima di partire da Parigi – dove


aveva soggiornato negli ultimi due anni, impegnandosi in un af-
fondo polemico contro la dottrina degli averroisti e ottenendo per
la prima volta un documento ufficiale di approvazione della propria
ars – Raimondo Lullo narrauit scribique permisit su richiesta di alcuni
amici il resoconto autobiografico della conversione (1263) e del suc-
cessivo corso della sua vita fino a quell’anno, dopo il quale sarebbe
vissuto ancora per un lustro 1. L’andamento del racconto autobiogra-
fico, frutto di narrazione orale e scrittura, è alquanto diseguale:
disteso e ricco di particolari laddove illustra elementi significativi

* Un vivissimo ringraziamento a Lola Badia, che ha letto la prima bozza di


questo saggio e ha contribuito a renderlo più corretto e completo con i suoi
commenti e suggerimenti. Limiti, lacune ed eventuali errori rimangono, ovvia-
mente, del tutto miei.
1. Il testo latino della Vita Coetanea (VC), di cui nel XV secolo venne rea-
lizzata una traduzione catalana (cfr. sotto, n. 26), è edito in Raimundi Opera
Latina (ROL) VIII, a c. di H. Harada,Turnhout 1980 (CCCM, 34), 259-309. Una
versione inglese commentata si legge in A. Bonner, Selected Works of Ramon
Llull, 2 voll., Princeton 1984, I, 13-48, «Historical Background and Life»: il testo
lulliano viene integrato da notizie concernenti i primi trent’anni e gli ultimi
cinque della vita del filosofo e quelli di cui la VC tace (1265-74, 1276-1287; un
terzo periodo di cinque anni, 1302-1307, vi è trattato in maniera estremamente
succinta), offrendo così un resoconto biografico completo. Alle annotazioni di
Anthony Bonner rinviamo per una puntuale documentazione bibliografica. Fra
gli studi da lui citati è di particolare rilievo la monografia di J.N. Hillgarth,
Ramon Lull and Lullism in Fourteenth Century France, Oxford 1971; a quest’ul-
timo autore si deve anche il più rilevante contributo alla biografia lulliana suc-
cessivo allo studio di Bonner: Id., Diplomatari lulliàn. Documents relativs a Ramon
Llull i a la seva família, Barcelona 2001.

«Micrologus» XXI (2013)


MICHELA PEREIRA

per lo sviluppo della vita interiore del soggetto narrante (la conver-
sione, il conflitto con lo schiavo saraceno, la visione sul monte
Randa, la crisi psicologica vissuta a Genova, la predicazione presso i
musulmani), mentre i viaggi e l’attività di scrittura sono delineati
con rapidi tratti e terminano con la lista dei libri, che chiude la Vita
e costituisce il più antico catalogo delle opere lulliane.
La narrazione ampia e dettagliata dell’evento della conversione
conferisce alla Vita Coetanea fin dalla prima pagina una coloritura
agiografica, particolarmente evidente nei dettagli che richiamano la
leggenda di Francesco d’Assisi, il cui exemplum è ricordato in ma-
niera esplicita. Lullo infatti, dopo che la sua vita dedita ai doveri
e ai piaceri di cortigiano era stata sconvolta dall’irrompere ripetuto
della visione del Cristo crocifisso, rese pubblica la propria scelta di
abbandonare i beni del mondo proprio nel giorno della festa di San
Francesco, «praedicante quodam episcopo apud fratres Minores [...]
quomodo sanctus Franciscus relictis et reiectis omnibus, ut soli
Christo firmius inhaereret etc., et ipse Raimundus, tunc sancti Fran-
cisci prouocatus exemplo, uenditis mox possessionibus suis [...]
committens se totum Christo, abiit, cum intentione numquam
reuertendi ad propria» (VC 277). Il tono auto-agiografico s’intensi-
fica nel racconto della visione angelica sul monte Randa, dove a
Raimondo, che in seguito a un’improvvisa ‘illuminazione’ aveva
concepito l’arte combinatoria e scritto il primo trattato a essa dedi-
cato, si presentò «quidam pastor ouium, adolescens, hilaris facie et
uenusta» che gli rivelò i segreti del mondo divino e baciò i libri da
lui composti, profetizzando «quod per illos libros multa bona Chri-
sti ecclesiae prouenirent» (VC 281) 2.
La scelta di iniziare il proprio racconto autobiografico con gli
episodi della conversione, dell’illuminazione e della visitazione an-

2. Cfr. R. Planas Ferrer, «La proyección de Llull», in Ramon Llull: història, pen-
sament i llegenda, Palma de Mallorca 2008, 97-106: 97: «La leyenda de Llull se
inició en vida del autor, cuando él mismo se encargó de dar a conoscer el carác-
ter de revelación de su Arte, una obra magna inspirada directamente por Dios.
Ésta fue una de las razones que fomentaron su fama, pero también el punto de
partida de una leyenda esotérica que no tendría parangón con ningún otro per-
sonaje de la historia occidental». Nonostante questa promettente premessa, il
saggio di Rosa Planas Ferrer, in coerenza con la natura sintetica del volume ove
è inserito, non presenta sviluppi sul tema della leggenda in senso proprio, salvo
richiamare rapidamente, oltre agli episodi e ai personaggi salienti del lullismo
intellettuale e dello pseudolullismo, la tradizione del lullismo popolare.

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IL SANTO ALCHIMISTA

gelica è una delle modalità, e certo non la più irrilevante, con cui
Lullo si adopera a realizzare la costruzione programmatica della pro-
pria immagine pubblica, perseguita anche nei non rari passi auto-
biografici che si incontrano nelle sue opere 3. Lola Badia in un suo
saggio ha messo in luce lo sviluppo e il significato dell’autoraffigu-
razione di questo «apologeta autodidacta, esdevingut el seu propi
personatge» 4, offrendo così anche un prezioso punto di partenza per
comprendere come da un lato certi aspetti degli scritti autentici fun-
zionino da relais per l’emergere della leggenda agiografica, dall’altro
costituiscano il modello seguito nel processo di formazione della
leggenda di Lullo alchimista. Quest’ultima infatti trae origine da
spunti presenti nei testi pseudolulliani alchemici per delineare un
autore-personaggio, i cui tratti rendano verosimile proprio l’attribu-
zione pseudoepigrafa di tali scritti.
I temi della leggenda, che si forma attorno alla carismatica ma
controversa figura storica di Lullo, hanno dunque una duplice ori-
gine. I più sono collegati alla VC e/o alle opere autentiche di Lullo:
l’episodio amoroso, il martirio, la pianta con le foglie scritte, due
visioni ulteriori rispetto a quelle narrate nella VC, l’incontro con
Duns Scoto. Sono motivi diversamente sviluppati e diffusi negli
scritti biografici, eruditi, poetici, drammatici, romanzeschi che, dal
XVI al XIX secolo, con propaggini nel Novecento e nel mondo vir-
tuale, sono stati dedicati al Doctor Illuminatus 5. Dalle opere alchemi-

3. A proposito di questi motivi agiografici, si deve sottolineare che la reda-


zione della VC è tarda, decisamente lontana dagli anni cui tali episodi si riferi-
scono. L’elemento più celebre fra i tre, l’illuminazione, alla quale si deve il
soprannome tradizionale dato a Lullo di Doctor Illuminatus, era stata menzionata
da Lullo per la prima volta una ventina d’anni dopo l’epoca in cui, secondo il
racconto della VC, sarebbe avvenuta: J.M. Ruiz, A. Soler, «Ramon Llull in his
Historical Context», Catalan Historical Review 1 (2008), 47-61: 52. Il proposito
di Lullo nel dettarne il racconto è visibilmente quello di supportare la diffu-
sione delle proprie opere, analogo all’intento con cui redasse due anni dopo il
testamento, nel quale stabiliva tre luoghi di deposito delle loro copie mano-
scritte: uno di questi luoghi era appunto la Certosa di Valverde, dove la VC era
stata redatta (cfr. Hillgarth, Ramon Llull, 142-43).
4. L. Badia, «Ramon Llull: Autor i Personatge», in Aristotelica et Lulliana
magistro doctissimo Charles H. Lohr septuagesimum annum feliciter agenti dedicata, F.
Dominguez, R. Imbach, T. Pindl, P. Walter edd., The Hague 1995, 356-73: 373.
5. Un repertorio esauriente di questo tipo di scritti si trova nella LullDB,
prezioso strumento di ricerca curato dal gruppo di studiosi del Departamento
de Filologia Catalana dell’Universitat de Barcelona, coordinato da Lola Badia e
Albert Soler: www.orbita.bib.es/llull, sez. Obres, Vita Coetanea. Gabriel Llom-

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MICHELA PEREIRA

che hanno invece origine altri temi, che si articolano in modi più o
meno complessi: l’insegnamento ricevuto da Arnaldo da Villanova; il
viaggio in Inghilterra e la trasmutazione operata per il re ingle-
se, con i drammatici eventi che ne seguono; a questi due temi si
aggiunge, nella letteratura occultistica ottocentesca, quello della
lunga vita del filosofo 6. Solo relativamente tardi i temi agiografici –

part, «La leyenda del desengaño», Analecta Sacra Tarraconensia, 36 (1963), 283-98,
si sofferma su un poema ottocentesco in castigliano, Raimundo Lulio, di Gaspar
Nuñez de Arce, noto anche fuori dalla Spagna (ne esiste addirittura una tradu-
zione in svedese: ibid., 284-87), che influì sulla formazione del ‘mito’ di Lullo
come eroe dell’identità catalana (cfr. J.E. Rubio, «Ramon Llull com a mite
identitari (més ençà de la Renaixença)», Mirabilia, 5 (2010), www.revistamirabi
lia.com/Numeros/Num5/art3.htm). Per una rassegna della presenza letteraria
della figura di Lullo nella cultura catalana contemporanea si veda J. Molas,
«Ramon Llull i la literatura contemporània» in Ramon Llull, il lullismo interna-
zionale, l’Italia. Omaggio a M. Batllori, a c. di G. Grilli, Napoli 1992, 399-412; e,
nello stesso volume, i saggi di R. Arquès, «Ramon Llull mirall Orsià i noucen-
tista», 413-32; A.M. Saludes i Amat, «Suggestioni lulliane in Mercé Rodoreda:
Aloma in Aloma», 433-43; R. Bertran i Casanoas, «Llull ed il Mediterraneo.
Appunti per l’analisi di un mito letterario», 445-48. Al di fuori della Catalogna,
nel contesto europeo del XX secolo si deve in primo luogo allo studioso
inglese E. Allison Peers il rilancio della figura del filosofo catalano, col suo libro
Ramon Lull. A Biography, London 1929, nonché con una sintesi di piacevolis-
sima lettura: Fool of love.The life of Ramon Llull, London 1946, tradotta anche in
catalano (Foll d’amor. La vida de Ramon Llull, Palma de Mallorca 1966). Nel pre-
sente studio non ho affrontato tuttavia questi sviluppi, limitandomi (per motivi
di competenza e di spazio) a esaminare cinque biografie fra le più rilevanti della
tradizione lulliana: quelle scritte da Charles de Bouelles, Nicolau de Pacs, Joan
Seguí, Antoine Perroquet, Jean-Marie de Vernon; e due capisaldi dell’erudi-
zione settecentesca, gli Acta B. Raimundi Lulli di Jean-Baptiste Sollier e le Vin-
diciae Lullianae di Antonio Pasqual (per i dettagli sui singoli testi v. sotto, note
11, 12, 15, 16, 44).
6. Sulle varianti della leggenda alchemica v. M. Pereira, The Alchemical
Corpus Attributed to Raymond Lull, London 1989, 38-49. Lullo è un personaggio
talmente presente nel contesto occultistico che il recente Dictionary of Gnosis
and Western Exotericism (ed. W.J. Hanegraaff, Leiden 2005) contiene una voce
biografica a lui dedicata. Tuttavia Anthony Bonner, che ne è l’autore, segnala
che sono «misperceptions of Llull’s system» (ibid., II, 696) ad averne legato il
nome all’alchimia e alla magia. J. Ferguson, Bibliotheca Chemica, London 1906
(rist. anast. 1954), 49-56, elenca come opere di Lullo solo i testi alchemici; e
sebbene segnali nella nota biografica (ibid., 54) il loro carattere pseudoepigrafo,
mescola però nella bibliografia riferimenti eruditi e riferimenti alchemici,
ponendoli sullo stesso piano. La letteratura occultistica vera e propria continua
a riprodurre il racconto che della biografia di Lullo fece nel XVIII secolo
Nicolas Lenglet-Dufresnoy, a partire dall’autorevolissima, in quel contesto,
Histoire de la Magie di Éliphas Lévi (Alphonse Louis Constant), pubblicata nel
1860, ristampata e tradotta in molte lingue fino a oggi. Gli esempi della sua

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IL SANTO ALCHIMISTA

in realtà soltanto i due più diffusi, la leggenda amorosa e quella del


martirio – confluirono in un racconto unico con quelli alchemici.
Seguiremo dunque i due percorsi dapprima separatamente, dedi-
cando i paragrafi 2-4 alla leggenda agiografica e il quinto alla leg-
genda alchemica, per poi (par. 6) mostrarne la convergenza nel con-
testo della letteratura ermetica del Settecento.

La trasformazione dell’amore profano

Il primo episodio leggendario è quello che Gabriel Llompart anni


fa ha definito la leyenda del desengaño: Raimondo si sarebbe conver-
tito in conseguenza della delusione amorosa subita quando la bellis-
sima dama, che egli amava con una passione così violenta da spin-
gerlo una volta a inseguirla a cavallo fin dentro una chiesa, gli
mostrò il petto divorato da un cancro 7.

influenza si potrebbero moltiplicare a volontà: mi limiterò a due casi italiani, la


cui risonanza è amplificata dalla fruibilità attraverso Internet. L’annata 1931 de
Il Loto. Rivista trimestrale della Società Teosofica, (ristampato dalla ed. Melchisedec
e oggi reperibile in Google Libri) contiene un saggio «La leggenda di Rai-
mondo Lullo», che ne riporta tutti i motivi imperniandosi sul tema dell’im-
mortalità. L’occultista contemporaneo che si firma Giuliano Kremmerz, nel suo
sito www.giulianokremmerz.it/OPERE/Dialoghi_sull’Ermetismo/Testi/7.htm,
pur presentando la leggenda di Lullo con un certo distacco, vi fa più di un rife-
rimento nel corso dell’esposizione. Nella LlullDB troviamo, fra i molti links a
testi disponibili in Internet, quello al dramma The great elixir (http://www.
archive.org/details/raymondlullysgr00lullgoog). La presenza della figura di
Lullo nell’occultismo contemporaneo, in effetti, potrebbe dar luogo a uno
studio a sé stante, che dovrebbe prenderne in considerazione anche, e forse in
primo luogo, le influenze sugli ambienti letterari e artistici: per esempio Joa-
quim Molas, nel contributo citato alla nota precedente, ricorda l’accoglienza di
Lullo come «un del gran patrons de l’occultisme» nelle Avanguardie del Nove-
cento, citando i casi di Foix, Breton e Dalì (408-09). Anche l’ars combinatoria, il
contributo originale di Lullo al pensiero occidentale, viene in tali contesti
spesso presentata come se fosse un dispositivo occulto – cosa che naturalmente
non è! Per una presentazione completa e corretta della combinatoria v. A.
Bonner, The Art of Ramon Llull. A User’s Guide, Leiden 2008. Una lettura non
occultistica ma che presenta alcuni aspetti vagamente New Age è quella che
dell’arte lulliana dà Yanis Dambergs nel sito da lui curato, http://lullianarts.net
(peraltro documentatissimo e spesso utile).
7. Si tratta di un episodio tanto noto quanto criticato a partire dall’erudi-
zione settecentesca e considerato del tutto inattendibile dalla maggior parte
degli studiosi novecenteschi di Lullo; a tal punto che Tomàs e Joaquin Carreras
y Artau, nella loro ricostruzione biografica di Lullo, si limitano a ricordarlo in

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MICHELA PEREIRA

Nella VC il racconto della conversione si apre in effetti con l’ac-


cenno a un amore profano, che occupava il cuore e la mente di Lullo:

Raimundus senescallus mensae regis Maioricarum, dum iuuenis adhuc


in uanis cantilenis seu carminibus componendis et aliis lasciuiis saeculi
deditus esset nimis, sedebat nocte quadam iuxta lectum suum, paratus ad
dictandum et scribendum in suo uulgari unam cantilenam de quadam
domina, quam tunc amore fatuo diligebat (VC 172).

In questa situazione venne sorpreso dalla visione del Cristo cro-


cifisso, che si ripeté cinque volte nelle notti successive, producendo
in lui una profonda e indelebile trasformazione psicologica e spin-
gendolo a dedicare la propria vita a Cristo e, per amor suo, alla con-
versione degli infedeli 8. La rapida menzione della dama di cui Rai-
mondo era innamorato trova un piccolo ma significativo sviluppo
nel Breviculum, di Thomas Le Myesier 9. La Praefatio, praticamente un

una nota senza alcuna indicazione di fonti né motivazione critica: «La leyenda
de la hermosa dama que exhibe a Ramón su pecho cancerado, a fin de conte-
ner al galàn en su desbordada pasión, leyenda que ha inspirado a novelistas y
dramaturgos, carece de fundamento y es hoy unánimemente rechazada por
los biógrafos documentados» (T. y J. Carreras y Artau, Historia de la filosofia
española. Filosofia cristiana de los siglos XIII al XV, 2 voll., Madrid 1943, I, 240 n.
7). Lo studio di Gabriel Llompart sopra citato (n. 5), pubblicato nel 1963, fa il
punto su questo tema in maniera equilibrata, attraverso un’ampia disamina delle
fonti e un’illuminante comparazione con il tema iconografico e letterario della
Frau Welt, rappresentazione plastica del duplice volto del mondo, che dietro la
bellezza delle apparenze nasconde sporcizia e miseria (Llompart, «La leyenda»,
295-97, richiamandosi allo studio di W. Stammler, Frau Welt, Freiburg 1959).
8. A. Vega, Ramon Lull y el segredo de la vida, Madrid 2002, 18-21, sottolinea
che questa trasformazione si innesta comunque sull’identità profonda di Rai-
mondo: dalla poesia amorosa all’amore per Cristo, il cambiamento di orienta-
mento è radicale, ma l’intensità passionale del poeta innamorato permane,
riversandosi nella missione di cui si sente investito e alla quale, fattosi filosofo,
dedicherà tutta la lunga vita restante: «La naturaleza de su carácter no cambiará:
el fundamento es el amor, con la misma intensidad y pasión».
9. Su Thomas Le Myesier, magister Artium e discepolo parigino di Lullo, v.
Hillgarth, Ramon Lull and Lullism, 150-268, 348-462. Il Breviculum condensa in
dodici splendide miniature (visibili anche on-line nel sito di Dambergs,
http://lullianarts.net/miniatures/index.HTM) la vita e il pensiero del filosofo
catalano. La compilazione più ampia del Le Myesier, l’Electorium magnum (ms.
Paris, BnF, lat. 15450), contiene il testo latino della VC, ff. 86ra-89va (Hillgarth,
Ramon Lull, 353-34). Cfr. anche T. Pindl-Büchel, «Ramon Llull, Thomas Le
Myésier und die Miniaturen des Breviculum ex Artibus Raimundi electum», in Ari-
stotelica et Lulliana, 501-16.

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IL SANTO ALCHIMISTA

calco della pagina iniziale della VC, narra come, ascoltata la predica
del vescovo nel giorno di San Francesco, Lullo si spogliò dei propri
abiti nobili «induens se de uiliori panno quod inuenire potuit»; e
aggiunge a conclusione: «Sed audiui dici, quod per manum episcopi
fuit factum in illa praedicatione, praesente existente domina, pro qua
cantilenam facere uolebat» 10. Sarebbe interessante sapere da chi Le
Myesier aveva ‘sentito dire’ di questa presenza: se non dallo stesso
Lullo, che avrebbe forse citato, si può pensare che la ‘voce’ della pre-
senza della dama alla manifestazione pubblica della conversione di
Lullo fosse giunta a Parigi da Maiorca, con cui certamente il disce-
polo di Lullo ebbe contatti negli anni in cui preparava l’Electorium e
il Breviculum.
La leyenda del desengaño compare in forma compiuta per la prima
volta nell’Epistola di Charles de Bouelles (1511), che aveva potuto
raccoglierla oralmente quando, nel 1506, aveva frequentato il circolo
di studiosi lullisti di Alcalà de Henares 11. Proprio in apertura l’au-
tore dichiara infatti di aver sentito narrare la vita di Lullo da quodam
Hispano amico, al quale accenna nuovamente prima di introdurre l’e-
pisodio saliente dell’inseguimento e della conversione:

Nam ut mihi retulit qui historiam ipsam denarrabat. Quum quadam die
Raemundus equo conscenso in foro spaciaretur videretque eam quam fatuo
amore diligebat, in vicinum templum divinae precis causa profectam mox
(tametsi eques) illam in templum prosecutus est, ex quo confestim (velut
amens et incompos sui factus) cum ingenti omnium risu explodi meruit 12.

10. Breuiculum seu Electorium Paruum Thomae Migerii, edd. Ch. Lohr, T. Pindl-
Büchel, W. Büchel, ROL Suppl. I, Turnhout 1990, 6 (corsivo mio) e Pl. II. Nel-
l’immagine è rappresentanto anche un volto che sembra femminile, in mezzo
a una folla composta di uomini per lo più tonsurati, fra i quali si trovano lo
stesso Lullo e, anacronisticamente, Thomas Le Myesier (cfr. Hillgarth, Ramon
Llull, 178).
11. J.M.Victor, «Charles de Bouelles and Nicolas de Pax: Two XVIth Cen-
tury Biographies of Ramon Lull», Traditio, 32 (1976), 316-46: Epistola in vitam
Raymundi Lulli, 322-32.
12. Victor, «Charles de Bouelles», 322-23. Analizzando criticamente questo
episodio, il gesuita Jean-Baptiste Sollier sottolinea il carattere tradizionale e
orale di questa fonte: «Crediderim scriptori Gallo ea excidisse, quae Hispano-
rum memoriae inhaerebant altius; ex qua deinde in Bovilli notitiam pervenerint,
annis prope ducentis post sancti Martyris obitum, perpetua popularium traditione
conservata. Neque id sane adeo insolitum, cum in aliis Sanctorum Actis exempla
hujusmodi recurrant saepius, ubi priora Acta adhuc informiora, ut ita dicam,
aliis, quae ante omissa fuerant, postmodum illustrantur: idque eo potissimum

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MICHELA PEREIRA

La dama, addolorata alla vista di un uomo importante, funziona-


rio del re, reso folle dall’amore per lei e ridotto in fabulam vulgi,
decise e ottenne dal marito il permesso di invitare Raimondo cui
mostrò il petto «ut cancrino erat exesum morbo utque teterrimo
odore squalebat» e così gli si rivolse:

‘Vide quid, o Raemunde, diligas! Agnosce quam olidum cadaver ipse


tantopere ames. Studium quod hactenus erga me tam stulto amore impen-
disti Christo cautius fuit abs te dicandum. Potuisses equidem iam ab illo
regna promeruisse caelestia’. His verbis dum vir insipiens a sapienti muliere
corripitur, infirmus ab infirma sanatur, cancer a cancro expellitur [...] Tanto
enim perfusus animi dolore, Raemundus [...] illico domum repetiit seque
orationi subdens, omnem suam operam summis votis Christo in posterum
dicavit. Apparuit igitur mox eidem sacra quaedam ac propitia visio, imago
inquam crucifixi in haec verba ipsum alloquentis, ‘Raemunde, sequere me’
[…] 13.

valere hic debet, quod cum in caeteris passim Anonymo Bovillus consentiat,
censeri non debeat finxisse quidquam; nec Hispanum incusaverim, quod id,
procul dubio ex vetustissima illa Majoricensium traditione acceptum, retulerit»
(J.B. Sollier, Acta B. Raymundi Lulli Maioricensis, Doctoris Illuminati, Bugiae in
Africa Martyris, et ab eo denominatae Lullisticae Academiae Patroni, collecta, digesta et
illustrata a Joanne Baptista Sollerio Societatis Jesu Theologo, Antverpiae Typis Viduae
Petri Jacobs, 1708, 22, corsivi miei). Nonostante questa ‘tradizione antichissima’,
il racconto non risulta del tutto credibile ai suoi occhi: sostiene infatti che
potrebbe semplicemente trattarsi di una confusione dovuta ad omonimia, come
nel caso dell’attribuzione a Raimondo Lullo di scritti alchemici e magici: «Scio
equidem ex nominum affinitate factum non semel, ut quod uni accidisset, tri-
bueretur alteri […] Etenim scriptores plurimi, tam constanter hunc nostrum,
chymicum fuisse asserunt […] Alii non multo pauciores, teterrima scelera, artes
infernales, & cum daemonibus commercium Lullo affricare non dubitant. Mera
nihilominus commenta haec esse, ex nominum prognata similitudine» (ibid.).
13. Victor, «Charles de Bouelles», 323. Più breve e meno romanzesco il rac-
conto di Nicolau de Pacs (Nicolas de Pax), di qualche anno successivo all’Epi-
stola di Charles de Bouelles (Vita illuminati doctoris et martyris Raimundi Lulli,
1519: in Victor, «Charles de Bouelles», 332-45): il giovane poeta di bell’ingegno,
nonostante avesse figli e una moglie castissima «adhuc alterius feminae cui
pridem servierat inflammatis plusquam dici posset amoribus tene[ba]tur. Intera
res vulgo manifesta multorum exposita iudicio loquendi materiam ministrabat.
Solet ignobilis turba de alienis rebus facile contendere, facilius iudicare. Itaque
mirabatur indoctum vulgus et Raymundum iam non amantem sed mente
captum dicere considerati vero partim misereri potius quam damnare, partim
fortunae ascribere et causari miram feminae pulchritudinem, quod eam infelix
iuvenis soluta delectione coleret. Post ubi divina providentia contigit illam sub
pectore letali ulcere laborare, Raymundus factus certior infortunii tristicia vin-
citur. Et quum non posset membris consistere prostratus in lecto nihil nisi

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IL SANTO ALCHIMISTA

Uno stringatissimo cenno a questo episodio leggendario si incon-


tra già qualche anno prima in un tipico testo di transizione fra ora-
lità e scrittura, il poema recitato da Gaspar Verí nel Certamen in
onore di Raimondo Lullo a Palma de Mallorca nel 1502: il filosofo
vi è raffigurato come un giovane che segue pasos i actes del mondo,
ed è

… galant famosíssim,
donat a la pompa, comprès d’amor vana
d’aquella seguíeu los mortales efectes
amant una casta, mostrant los defectes
qui us dix: Ramon, mira, fes lo que Crist mana 14.

L’esortazione religiosa, che è una costante in tutte le versioni del-


l’episodio, lega il racconto leggendario alla narrazione autobiogra-
fica, anzi nel poema del Verí e nelle biografie scritte da Charles de
Bouelles e dal maiorchino Nicolau de Pacs (queste ultime saranno
testi di riferimento del movimento lullista fino alla fine del XVIII
secolo), è proprio il rifiuto della dama ad aprire la strada alla con-
versione 15. L’episodio occupa un ampio spazio anche nella Vida

tenebras et solitudinem cupiebat. Lachrymis igitur atque suspiriis maerore


animi parumper exhausto meditanti calamitatem suam et longum a salute
digressum rhythmis vulgaribus deplorare Iesus crucifixus dextrorsum apparuit»
(ibid., 334).
14. Cit. in Llompart, «La leyenda», 292. I componimenti poetici presentati al
Certamen, che fu vinto proprio dal Verí, sono conservati col titolo Procés origi-
nal de les obres fetes per diversos trobadors en lehor de la vida, doctrina e mort del egre-
gio e gran monarcha mestre Ramon Llull, doctor Illuminat, nato en la insigna Ciutat d
Mallorques, nel manoscritto Palma di Mallorca, BP 1184 (sec. XVI-XVII) e in
una copia conservata a Mainz, MB 220m (1727), verosimilmente legata ai fitti
scambi fra la patria d’origine di Lullo e la città dove operava il suo editore set-
tecentesco Ivo Salzinger. Le notizie essenziali sui partecipanti al Certamen e il
link ai siti dove è riprodotto il manoscritto maiorchino si trovano nella Llul-
lDB (cfr. sopra, n. 5). Sul Certamen v. anche M. Barceló i Crespi, R. Urgell
Hernández, «La Universitat de Mallorca: origen i evolució fins al segle XVIII»,
in Les universitats de la Corona d’Aragó, ahir i avui, ed. J.J. Busquets i J. Pemán,
Barcelona 2002, 157-192: 171.
15. Cfr. anche la biografia scritta dal devoto sacerdote francese Antoine Per-
roquet, La vie et le martyr du docteur illuminé le Bienheureux Raymond Lulle avec
une Apologie de sa sainteté et de ses oeuvres contre la mensonge, l’enve et la Médisance,
Vendôme 1667, 4: «Cette Dame fut la cause de sa conversion […] Dieu se vou-
lant servir d’elle pour faire d’un pecheur un grand saint, d’un courtisan de la
terre un Seraphin, d’un ignorant un Cherubin en science, d’un homme de

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MICHELA PEREIRA

scritta da Joan Seguí per Filippo II che, come ci dice l’autore nel
prologo, venne elaborata in fretta durante il viaggio compiuto per
raggiungere il sovrano a Lisbona 16. Il canonico e Rector maiorchino
raffigura Lullo come un giovane scavezzacollo, che non si acquieta
nemmeno con le nozze volute dai genitori e dal sovrano. Solo la
rivelazione del seno dell’amata «encancerados de una hedionda
llaga» fa breccia nella sua sensualità: «como su amor era puro sensi-
tiuo, con lo que vio, y con la misericordia diuina, le tomo tanto
aborrecimiento de lo que auia tanto querido que dexada la ciudat,
su casa, y Real palacio, se retiro à una su heredad que tenia en una
montaña muy alta llamada Randa, en cuya cumbre auia vna Ermita,
que oy dia sirue de publica Escuela» 17.

monde un saint hermite, et d’un amant passioné un glorieux Martyr». Critico


su questo aspetto si dimostra il lullista erudito A.R. Pasqual, Vindiciae Lullianae,
sive Demonstratio Critica Immunitatis Doctrinae Illuminati Doctoris B. Raymundi
Lulli Martyris, ab erroribus eidem a Nicolao Eymerico impactis, a Censuris ab Albitio
Cardinali relatis; reliquisque aliorum lituris … Praemittitur Vita ejusdem B. Raymundi
Lulli, ex ipsius operibus potissime deprompta, Avenione Apud J. Garrigan, 1778, 4
voll., I, 31-33: «Modo praedicto [ovvero come narrato nella VC] contigit Ray-
mundi conversio, & causa suae reductionis fuit Christi crucifixi apparitio &
vocatio; non autem prout refert Carolus Bovillus ex relatione cujusdam Hispani
neque prout describit Nicolaus de Pax Patricius Majoricanus, qui magis funda-
tas potuit considerare memorias […] uterque jam Raymundum mutatum supponit
ante Christi apparitiones […] at hoc est contra expressa Raymundi verba supra adducta
[…] In relatis descriptionibus attribuitur Raymundi mutatio, & in bonam
frugem reductio, non immediate Christo crucifixo Raymundo se spectabilem
praebenti, sed vel illi Dominae increpanti, vel cognitae deceptioni, qua illam
Dominam deperibat». (corsivo mio) Paqual ritiene comunque credibile che la
donna amata da Lullo cui accenna la VC soffrisse di cancro: «forte alia ab ipso
adamata illo morbo laboravit, & hoc affictum fuit huic, sub cujus flagrantis
amore misericorditer fuit a Christo attractus».
16. J. Seguí, Vida y Hechos del Admirable Doctor, y Martyr Ramon Lull vezino
de Mallorca, En Mallorca, por Gabr. Guasp, 1606, *4r: «lo qual hize con la breue-
dad que requeria cosa hecha caminando.Y llegado en Lisbona, cabeça de Por-
tugal, acabe dicha relacion, y la di en sus Reales manos». Queste circostanze
redazionali spiegano, almeno in parte, la confusa cronologia e i dettagli impre-
cisi di un testo in apparenza dimentico della VC, ma che dovette godere di una
certa autorevolezza anche fuori dalla Spagna. Molto critico è a suo riguardo
Pasqual, Vindiciae Lullianae, I, 8: «taceo tamen de illis, qui nulla observata tem-
poris rationem ut Johannes Seguinus, Canonicus Majoricensis, nunc huc, nunc
illuc faciunt Raymundum discurrere […] Fateor tamen, citatum Seguinum
venia dignum esse, cum eam vitam scripserit in itinere, quo Regiam Aulam
Hispanam sequebatur, exarando quae menti occurrebant; potuit tamen dum
Majoricis fixo pede Libellum edidit, accuratius recensere Lulli gesta».
17. Seguí, Vida, 4r.

10
IL SANTO ALCHIMISTA

Un episodio simile è narrato in uno dei romanzi filosofici lulliani,


il Felix (Libre de meravelles, 1288-1289): un libro intessuto di racconti
ed exempla, che costituiscono le varie tappe dell’educazione del gio-
vane protagonista, portando il lettore a percorrere insieme a Felix i
gradini della scala dell’essere attraverso i capitoli di una vasta enci-
clopedia moralizzante 18. Lullo riporta fra i tanti l’exemplum di un
vescovo lussurioso che si era innamorato di una donna molto casta;
costei, dopo aver cercato invano di convincere il prelato innamorato
a non «donar a menjar al lop les ovelles qui li eren comanades», lo
attirò nella propria camera alla presenza di due ancelle e di un gio-
vane parente, si spogliò delle vesti e gli mostrò la sottoveste «sutza de
sutzetat vergonyosa a nomenar e a tocar», poi si denudò del tutto e
lo invitò a guardare «per qui perdia castidat e Déu, e avilava lo cors
de Jesucrist con lo sanctificava», facendolo così vergognare e pen-
tire 19.
Questo exemplum può certamente essere considerato uno dei
motivi che confluiscono nella leggenda, della quale tuttavia non ha
il tono intensamente drammatico, né può a mio avviso esserne con-
siderato l’unica fonte o quella principale. La passione violenta che si
manifesta nell’inseguimento della dama nella chiesa da parte di Lullo
a cavallo assomiglia più a una minaccia che a un corteggiamento, e

18. Il Felix è una delle opere lulliane tramandateci soltanto in lingua vol-
gare: scritta nel 1287-9 (Bonner, Catalogue, II.B.15) in catalano, ne esiste una
versione occitanica coeva e altre varie traduzioni risalenti ai secc. XV-XVI
(LlullDB, Obres, Felix). Cfr. L. Badia, J. Santanach i A. Soler, «Per la lingua di
Ramon Llull: un’indagine intorno ai manoscritti in volgare di prima genera-
zione», Medioevo Romanzo 33, 1 (2009), 49-72; L. Badia, J. Santanach i A. Soler,
«Le rôle de l’occitan dans la production et la diffusion des oeuvres de Raymond
Lulle (1274-1289)», La voix occitane. Actes du VIIIe Congrès de l’Association
Internationale d’Études Occitanes. Bordeaux, 12-17 septembre 2005, ed. Guy
Latry, Bordeaux 2009, 369-408.
19. Le citazioni sono tratte dall’edizione del Felix in A. Bonner, Obres Selec-
tes de Ramon Llull, 2 voll., Mallorca 1989 (si tratta dell’edizione catalana dell’o-
pera citata sopra, n. 1), II, 236. Nella versione castigliana, ivi richiamata in nota,
la sporcizia della sottoveste è detta essere il sangue mestruale, fluido fisiologico
tabu nel contesto medievale (e oltre). Bonner ritiene che questo episodio sia la
fonte dell’episodio leggendario seguendo un suggerimento formulato da Alli-
son Peers (Ramon Lull, 18-19) e raccolto da Llompart («La leyenda del desen-
gaño», 294-95) e da Hillgarth (Ramon Lull and Lullism, 3). Su questo exemplum
si veda anche L. Badia, «Generació o luxúria. Què diu Ramon Llull sobre el
sexe? 2. La casuística», Actes del tretzè Colloqui internacional de llengua i literatura
Catalanes (Girona, 2003), ed. Sadurní Martí, Miriam Cabré, Francesc Feliu i
David Prats, Barcelona 2007, 125-44: 137-38.

11
MICHELA PEREIRA

la reazione della dama che espone il proprio corpo malato ha una


radicalità più forte del mostrare la sua ‘sporcizia’ fisiologica. Se que-
st’ultima richiama temi della letteratura misogina ampiamente dif-
fusa nell’età medievale, il petto devastato dal male evoca l’ombra
della morte che insidia i piaceri del mondo, e meglio si addice alla
profondità irreversibile del cambiamento spirituale avvenuto nel
protagonista. E soprattutto c’è una significativa verità psicologica
nella leggenda, che l’ha resa credibile a lungo 20, anche se non così
inattaccabile quanto si è rivelato tenace e radicato anche nella sto-
riografia critica l’altro racconto leggendario innestato con salda
presa sulla biografia lulliana, quello del martirio.

La palma del martirio

Il tema del martirio è infatti tanto verosimile rispetto ai tratti


autentici della personalità di Raimondo Lullo da aver trovato credito
fino a non molti anni fa anche nella storiografia scientifica, nono-
stante si fossero manifestate da tempo alcune prese di posizione cri-
tiche contro il racconto della morte del filosofo come conseguenza
della lapidazione subita in terra musulmana 21. Numerosi sono, in

20. Non si spiega altrimenti che Allison Peers, Ramon Lull, 17, consideri sia
l’inseguimento a cavallo, sia il denudamento del seno «related by authorities suf-
ficiently credible». Del resto, questo aspetto della leggenda è stato fatto proprio
dagli autori che fra XIX e XX secolo hanno fatto di Lullo il rappresentate
mitico dell’identità catalana: cfr. Rubio, «Ramon Llull com a mite», 5: «La força
de la nova nació s’encarnen en la fogositat de Llull. Ací pren relleu el mite del
Llull jove, impetuós, el Llull que, mogut pel seu instint indomable, entra a cavall
a l’Església de Santa Eulàlia de Mallorca perseguint la seua dama (imatge popu-
laritzada entre tots aquestos autors gràcies en part a la poesia del romàntic
Núñez de Arce)». Cfr. Llompart, «La leyenda del desengaño», 298 n. 36; Hill-
garth, Ramon Lull and Lullism, 32-36. Scrive quest’ultimo: «There is a dualism in
Lull when he writes of human love. It had its origins in the Neoplatonic tradi-
tion […] reinforced in Lull by an almost pathological insistence on the corrup-
tion and filth behind the beautiful exterior. The legend of the woman with a
cankered breast may well not be devoid of some foundation in fact» (ibid., 35).
21. Accettano ancora la leggenda i Carreras y Artau, Historia de la filosofía
española, 256, che si appoggiano sulla revisione settecentesca della vita di Lullo,
contenuta in Pasqual, Vindiciae Lullianae, cap. XXIX (I, 323-37). Antonio
Pasqual analizza in modo molto dettagliato la presenza di Lullo a Tunisi e a
Bugia nell’ultimo viaggio e, senza sollevare alcun dubbio, racconta l’episodio
del martirio citando Nicolau de Pacs (p. 326, che lo avrebbe appreso ex antiquis
schedis), e Pedro Bennassar, secondo cui nel luogo della lapidazione non crebbe

12
IL SANTO ALCHIMISTA

effetti, i passi delle opere lulliane in cui viene ardentemente richia-


mato il desiderio di offrire «vitam et animam suam» per l’amore e in
onore di Cristo, il proposito enunciato nella VC in risposta alla
domanda su come potersi mettere effettivamente al servizio di
Dio 22. E sebbene la narrazione autobiografica, redatta cinque anni
prima della morte di Lullo, non possa evidentemente offrirci alcun
ragguaglio sulla fine dell’autore, è assai verosimile che il racconto di
alcuni episodi avvenuti durante i viaggi di predicazione nel 1293 e
nel 1307 abbia stimolato l’immaginazione dei posteri 23.

più erba né piante; ricorda inoltre l’ispezione del cadavere di Lullo fatta il 5
dicembre 1611, riportando alcuni documenti maiorchini. Non dubita dell’epi-
sodio della lapidazione Jean-Baptiste Sollier, che segnala soltanto quella che
ritiene un’incongruenza nella narrazione di Charles de Bouelles: «Constans
scriptorum omnium & concors sententia est, non Tuneti, sed Bugiae in Africa
martyrium subiisse Raymundum, ut mirum sit, urbem unam pro altera a
Bovillo acceptam, nisi forte ex Hispani narratione deceptus fuerit» (Acta, 41).
Allison Peers, Ramon Lull, 371-75, pur ritenendo credibile il martirio, segnala
alcune difficoltà: «Considering the large number of Lullian manuscripts extant
[…] it is astonishing how scanty is the testimony, not only to the details of
Lull’s martyrdom – for we have no certain evidence as to either the date or the
place or the manner of it – but even to the very fact that he was martyred at
all»; e annota che Gaston Paris ne era così meravigliato da considerare «de plus
en plus douteux le martyr qu’il aurait souffert en Afrique» (ibid., 372-73; la cita-
zione di Paris era ripresa dalla Revue historique, 63, 1897, 375-77). Critica deci-
samente la leggenda Pérez, «La muerte y el martirio de Ramón Llull. Entre la
leyenda y la historia», Revista Balear 5 (1969), 15-27. Per una rassegna di altre
posizioni pro e contro la realtà storica del martirio v. S. Garcias Palou, «Sobre
el origen de la supuesta leyenda martirial de Ramon Llull», Scripta Theologica,
16 (1984), 307-21: 307 n. 2; Hillgarth, Ramon Lull and Lullism, 134 n. 369;
Bonner, Selected Works, I 52 n. 201.
22. Vita Coetanea, 274-75: «Coepit ergo intra se, cogitando tractare, quod
esset seruitium maxime Deo placens. Et uisum est, quod melius siue maius
seruitium Christo facere nemo posset, quam pro amore et honore suo uitam et
animam suam dare; et hoc in conuertendo ad ipsius cultum et seruitium Sara-
cenos, qui sua multitudine christianos undique circumcingunt». Una lista di
passi in cui Lullo esplicitamente dichiara di aspirare al martirio, effettuata da F.
Marzal O.F.M., Quaestionum difficilium pii eremitae summa lulliana (Palmae 1673),
è stata riproposta da Pérez, «La muerte», 19.
23. L’idea che l’origine della leggenda del martirio sia da riportare a spunti
offerti dalla VC è stata sostenuta da Miquel Batllori in due saggi: «Certeses i
dubtes en la biografia de Ramon Llull», Estudios Lulianos, 4 (1960), 317-20;
Ramon Llull en el mon del seu temps, Barcelona 1960. Scrive l’erudito gesuita: «La
veneració que hom tingué de bell antuvi envers el terciari franciscà, l’embol-
callà de pies llegendes. Bastava traspassar als seus darrers dies molts detalls de
l’expedició de Bugia del 1307: l’intent de lapidació fou ja una lapidació real i
martirial […] Cal no oblidar que el culte dels màrtirs que no havien mort en

13
MICHELA PEREIRA

Anche in questo caso il motivo è supportato dalla peculiare resa


di uno di questi episodi in una miniatura del Breviculum, che raffi-
gura il filosofo bersagliato di pietre, riferendosi al racconto di quanto
era accaduto durante il suo viaggio a Bugia nel 1307 24: in seguito
alla sua attività di predicazione Lullo era stato minacciato di lapida-
zione dalla folla («irruerunt multi nefandis manibus super eum,
uolentes ipsum penitus lapidare», VC 297), come già era avvenuto
alla fine del suo primo viaggio oltremare. Anche a Tunisi nel 1293,
infatti, era stato imprigionato per aver predicato pubblicamente la
conversione alla religione cristiana e, quando venne scarcerato per
intercessione di un saggio musulmano, uscendo dal carcere «passus
est a multis multa opprobria, uerbera et aerumnas» (VC 292). L’am-
bito semantico del termine aerumna è piuttosto ampio, significando
danni di ogni genere, ma non sembra includere quello molto speci-
fico di lapidazione. Tuttavia una condanna alla lapidazione era stata
effettivamente emessa mentre Lullo veniva condotto a una nave
genovese con l’obbligo di lasciare la città, e sarebbe stata eseguita se
egli fosse rimasto sul suolo di Tunisi: «Denique tamen deductus est
ad quandam nauim Ianuensium proxime recessura. Et dum proces-
sisset, edictum est a rege, ut penitus lapidaretur si quo modo amplius
reperiretur in patria» (ibid.). Un malcapitato che gli assomigliava
rischiò veramente di essere lapidato, narra ancora la VC, mentre Rai-
mondo rimase clandestinamente a Tunisi tre settimane, ma poi se ne
andò constatando che in tali condizioni «nihil posse ibi pro Christi
seruitio adimplere» (VC 293).
La visualizzazione dell’episodio di Bugia offerta nel Breviculum, in
cui tre grosse pietre stanno per raggiungere il capo di Raimondo e
uno dei suoi aggressori ne sta scagliando un’altra, fa prevalere sulla
fedeltà letterale ai testi l’orrore scenografico della lapidazione, pena
– come ben sappiamo ancora oggi – effettivamente prevista dalla
legge islamica. Circa un secolo dopo, il traduttore maiorchino cui si
deve la versione catalana della vita impiegherà, per tradurre il latino

el mateix acte del martiri no era pas cosa nova en la història hagiogràfica»
(Mon, 61).
24. Breviculum, Pl. X. Nella didascalia Le Myesier non parla né di lapidazione
né di morte: «et hoc fuit in civitate Bugiae, ubi diu incarceratus remansit, sed
per Dei gratiam postea sanatus euasit, et ad partes nostras rediit, laborans continue
pro uniuersali Christianorum passagium» (Beviculum, p. 42, cfr.VC, 297; corsivo
mio).

14
IL SANTO ALCHIMISTA

aerumnas, il termine pedrades; e questo dettaglio non da poco si


aggiunge a vari altri elementi di drammatizzazione presenti nella
Vita catalana, che nell’insieme mostra l’intenzione di accentuare i
patimenti di Lullo e di mostrarlo come un martire 25. Tuttavia i ter-
mini ‘martire’ e ‘martirio’ non compaiono né nelle due versioni del-
l’autobiografia, né nei testi che accompagnano la decima miniatura
del Breviculum.
Curiosamente, il documento più antico fino a oggi noto in cui si
nomina esplicitamente il martirio di Lullo è un testimone dello
pseudolullismo alchemico: il manoscritto Oxford, Corpus Christi
College 244, scritto per mano di John Kirkeby, cappellano del re
d’Inghilterra Enrico VI, nel 1455 26. Il passo più significativo, il primo
che incontriamo nel manoscritto, è un colophon che nel testo latino
segue l’explicit della prima parte del Testamentum, al f. 145vb: «Hic
finitur prima pars Testamenti magni Reymundi litteratissimi viri, qui
pro confessione et predicacione nominis Christi gloriosi per Sarace-
nos meruit coronari martirio; et sepulcrum eius est in insula Maio-
ricarum» 27. Oltre a questo colophon, in altri due luoghi del codice

25. La traduzione catalana della VC viene fatta risalire concordemente alla


metà del XV secolo; S. Garcias Palou, «Estudios histórico-lulianos: Llucmayor
en la historia del lulismo, IV, Fray Bartolomé Catany y la traducción mallor-
quina de la Vita coetanea» Estudios Lulianos 18 (1974), 103-08, ne suggerisce
come autore il frate Bartomeu Catany, fondatore dell’Hospital General de Mal-
lorca (v. LlullDB, Lullistes, Catany). Fra le numerose edizioni (v. LlullDB, Obres,
Vita Coetanea) ho utilizzato quella di M. Batllori in Obres Essencials Barcelona
1957-69, 2 voll., I, 31-54: 46, pedrades. Garcias Palou, «Sobre el origen», 310, sot-
tolinea che né questo episodio né quello del 1307 (VC 297) possono essere
considerati ‘martirio’ secondo il significato che questo termine ha nel diritto
canonico. Ma si veda il giudizio di Miquel Batllori riportato sopra (n. 23), forse
più adeguato a comprendere le dinamiche psicologiche che dovettero caratte-
rizzare la venerazione per Lullo nell’isola di Maiorca a partire dagli anni imme-
diatamente successivi alla morte.
26. Il primo a darne notizia è stato J.M. Batista y Roca, Catàlech de les obres
lulianes d’Oxford, Barcelona 1916, 46; mentre il dato non è menzionato nelle
pagine che Pere Bohigas ha dedicato al Testamentum e al manoscritto oxoniense
in particolare (P. Bohigas, «El repertori de manuscrits catalans: Missió a Angla-
terra», Estudis Universitaris Catalans 12, Barcelona, 1927). Sulla base di Batista y
Roca, Lorenzo Pérez elenca questo documento fra i ‘Documentos literarios’:
Pérez, «La muerte», 22. Il manoscritto è stato studiato ed edito da M. Pereira,
B. Spaggiari, Il Testamentum alchemico attribuito a Raimondo Lullo. Edizione del
testo latino e catalano dal ms Oxford, Corpus Christi College 244, Firenze 1999; si
veda in particolare la descrizione completa del codice, Appendice VI, 591-600.
27. Pereira-Spaggiari, Il Testamentum alchemico, 594 (cfr. 304, ll. 35-38).
Questo passo non ha corrispondenza nel testo catalano, che nel manoscritto

15
MICHELA PEREIRA

Kirkeby attribuisce esplicitamente a Raimondo il titolo di ‘martire’:


alla fine del testo intitolato Aphorismi, uno degli scritti satellite del
Testamentum, e al termine della lunga e articolata sezione del codice
dedicata al Liber de secretis naturae seu de quinta essentia 28.
Il manoscritto di Oxford, elegante e arricchito da accurate figure
alchemico-combinatorie, venne redatto da Kirkeby con l’intento
‘filologico’ di offrire al sovrano una raccolta fededegna dei testi
pseudolulliani sull’elixir, per promuovere la ricerca della medicina
alchemica presso la corte 29.Trovando scorretta quella che supponeva
essere una traduzione latina del Testamentum catalano, datata a
Londra nel 1443 30, si era messo in cerca di materiali da utilizzare per
ottenere redazioni sicure e complete dei testi di maggior rilievo
dell’‘alchimista’ Raimondo Lullo 31, e in questa ricerca era entrato in
rapporto con ambienti della penisola iberica: dichiara infatti di aver
ottenuto un esemplare della Tertia distinctio del Liber de secretis na-
turae seu de quinta essentia «transcriptum non parvis expensis de
bibliotheca Episcopi de regno Portugalie mihi et alteri amico meo
transmissum» 32.
La versione catalana del Testamentum, che Kirkeby riteneva fosse
quella originale, è in realtà di pochi anni posteriore alla stesura del
testo latino, che risale al secondo o terzo decennio del XIV secolo e

affianca quello latino capitolo dietro capitolo. Il corpo di Lullo, il cui primo
luogo di sepoltura era stato la sacrestia della chiesa di San Francesco, fu traslato
in una cappella della stessa chiesa nel 1448, dove alla fine del secolo venne
costruito, per impulso del maestro Joan Llobet, un imponente monumento
sepolcrale (cfr. sotto,xx-xx e n. 34).
28. Oxford, CCC 244, f. 82vb: «Expliciunt afforismi magni Raymundi mar-
tiris»; f. 124vb: «Finitur hic libellus 5e essencie Magni Reymundi martiris»
(Pereira-Spaggiari, Il Testamentum alchemico, 596, 599; cfr. 593).
29. M. Pereira, «Introduzione storica», in Pereira-Spaggiari, Il Testamentum
alchemico, XXXI-XXXV; Ead., «Mater Medicinarum: English Physicians and the
Alchemical Elixir in the Fifteenth Century», in Medicine from the Black Death to
the French Disease, ed. by R. French, J. Arrizabalaga, A. Cunningham, L. García
Ballester, Aldershot 1998, 26-52.
30. Forse un manoscritto del testo latino oggi perduto o non identificato.
L’unica notizia di tale ‘traduzione’ è quella che ne dà John Kirkeby.
31. L’attribuzione a Lullo del Testamentum e di alcuni scritti a esso collegati
comincia a essere attestata negli anni ’70 del XIV secolo: M. Pereira, The Alche-
mical Corpus Attributed to Raymond Lull, London 1989, 11.
32. Pereira-Spaggiari, Il Testamentum alchemico, 593. Il Testamentum e il Liber
de secretis naturae seu de quinta essentia sono i due capisaldi del corpus alchemico
pseudolulliano: Pereira, The Alchemical Corpus, 6-8, 11-15.

16
IL SANTO ALCHIMISTA

venne tradotto in volgare probabilmente dall’autore stesso 33. Non si


sa dove e come esattamente Kirkeby avesse trovato l’antigrafo da cui
nel suo manoscritto copia il testo catalano, alternandolo capitolo per
capitolo a quello latino, ma è verosimile che lo avesse cercato nel
contesto dei suoi contatti ‘portoghesi’ (o non piuttosto catalani?), e
che fosse venuto a conoscenza della leggenda del martirio di Lullo
proprio durante la ricerca dei manoscritti alchemici lulliani, che
dovette condurre in anni vicini alla compilazione di CCC 244,
attorno o poco dopo il 1450, cioè proprio nel periodo in cui si regi-
strava un incremento della fama di santità e del culto locale per il
‘Beato’.
Nell’isola di Mallorca la venerazione per Lullo era nata in maniera
spontanea immediatamente dopo la sua morte e aveva ottenuto una
diffusione crescente anche fuori dall’isola, in quei circoli valenciani
dove a metà del Trecento l’inquisitore Nicolas Eymerich poneva ai
lullisti, da lui sospettati di eresia e perseguitati con accanimento,
questa interrogazione: «Peto a vobis utrum scitis vos hunc Raymun-
dum pro fide fuisse mortuum insultibus impiorum» 34. La risposta a
questa domanda fu negativa, e del resto nel Directorium Inquisitorum
Eymerich nega il martirio di Lullo; ma il fatto stesso che se ne par-
lasse e scrivesse segnala che l’idea era già in circolazione. Nel 1448
le spoglie mortali di Raimondo vennero traslate dalla sacrestia del
convento di San Francesco in una cappella della stessa chiesa, dove
in seguito fu costruito il sepolcro monumentale terminato verso la
fine del secolo, ed è assai verosimile che questo episodio possa aver
ulteriormente acceso la devozione popolare 35. Lorenzo Perez dà

33. Il colophon che dedica il Testamentum al re Edoardo III d’Inghilterra


reca la data 1332. Tutti gli aspetti qui esposti sinteticamente sono analizzati in
maniera dettagliata nelle due introduzioni all’edizione più volte citata del
manoscritto oxoniense. L’analisi della lingua del testo romanzo condotta da
Barbara Spaggiari («Introduzione linguistica», in Pereira-Spaggiari, Il Testa-
mentum alchemico, LXV-CXXXIV), la comparazione fra le due versioni e quella
della versione latina con gli altri testimoni latini del XV secolo, fra i quali
figura almeno un codice più antico di CCC 244, hanno definitivamente smen-
tito l’idea sostenuta in precedenza che il testo fosse stato redatto originaria-
mente in catalano. Cfr. anche L. Cifuentes, La Ciència en Català a l’Edat Mitjana
i el Renaixement, Barcelona 20062, 235.
34. J. Roura, Posición doctrinal de Fr. Nicolás Eymerich, O.P., en la polémica
luliana, Girona 1959, cit. in Pérez, «La muerte», 24-25.
35. Perez, «La muerte», 23. Anche l’epoca di composizione e la personalità
del traduttore della Vita catalana (cfr. sopra, n. 25; e Batllori, in Obres Essencials,

17
MICHELA PEREIRA

notizia di un documento notarile maiorchino risalente al 1453, in


cui si trova un cenno alla «sua [di Lullo] martirizada mort second es
fama publicada»; altri documenti locali risalenti al 1460 e al 1491 ne
fanno cenno 36. Nel volume dell’Ars metaphysicalis edita da Jaume
Janer (Valencia 1506) è stampato anche l’Officium gloriosissimi et bea-
tissimi martyris magistri Raymundi Lulli, qui passus est pro Christi
nomine in Tunici civitate. La narrazione della lapidazione è riportata
nell’Epistola di Charles de Bouelles, e il martirio viene in piena evi-
denza nel titolo della Vita Illuminati Doctoris et Martyris Raymundi
Lulli, scritta nel 1516 dal maiorchino Nicolau de Pacs 37.
Pacs racconta dei viaggi a Bugia e Tunisi, e come Lullo fosse tor-
nato nel mondo cristiano per promuovere apud Christicolas principes
la crociata ma, constatando che nulla si muoveva su quel fronte,

ne optatissimi martyrii decus amitteret, Bogiam denuo transvectus est.


Ibique inter Christianos mercatores initio latens cepit paulatim quosdam
Sarracenos clandestine alloqui [...] Illis in fide orthodoxa firmatis diutius
fidei silentium ferre non potens in plateam urbis progressus audacter Chri-
stianae legis praeconia declamavit 38.

Rinfrancato dalla conversione dei suoi interlocultori segreti, Rai-


mondo si scaglia contro «illorum dementiam qui in tam obscenis
Mahometi traditionibus ponebant fiduciam» e ricorda alla folla il
suo precedente soggiorno a Bugia, affermando di esservi tornato
soltanto per il desiderio della salvezza dei suoi ascoltatori e del pro-

I, 31-33) risultano coerenti con questa crescita della venerazione per Raimondo
sull’isola.
36. Pérez, «La muerte», 22. Al XV secolo risale, sempre secondo questo stu-
dioso, anche la più antica testimonianza iconografica del martirio di Lullo, un
retablo che è stato successivamente smembrato e le cui parti sono conservate
in musei diversi (Barcelona, Museu Marée e Museo de Arte de Catalunya;
Palma, Museo Mulet de Génova); cfr. C. Cantarellas Camps, «Sobre la icono-
grafia de Ramon Llull», in Ramon Llull: història, 109-15. Allison Peers, basandosi
su uno studio di Jordi Rubio, segnala che un’edizione di Siviglia 1491 contiene
l’affermazione che Lullo fu lapidato a Tunisi (Allison Peers, Ramon Lull, 373,
citando J. Rubio, «Ramon Llull», Revista dels Llibres, 2 (1926), 89).
37. Per l’edizione della Vita del Pacs v. sopra, n. 13. Nicolau de Pacs appar-
tenne a una famiglia maiorchina di cui numerosi esponenti supportarono la dif-
fusione e lo studio dei testi di Lullo, a partire dalla nobildonna Agnes, finan-
ziatrice di una delle prime cattedre lulliane sull’isola (Barcelo Crespi - Urgell
Hernàndez, «La Universitat», 164-68).
38. Victor, «Charles de Bouelles», 342.

18
IL SANTO ALCHIMISTA

prio martirio: «Nunc vero ad vos iterum sola me vestrae salutis


meique martyrii produxit expectatio». Come la prima volta, la sua
predicazione suscita la rabbiosa reazione della folla e la condanna a
morte:

His et pluribus commota plebis congeries raptum furibundo impetu


alapis [a lapidibus?] contumeliisque affectum ad palatium regis pertranxit
cuius mandato Raymundus Christianae fidei praeco iussus interfici extra
urbis moenia tam beate quam crudeliter lapidatus est anno aetatis suae (cir-
citer) octogesimo et salutis humanae 1315, die festo (ut a maioribus accep-
tum creditur) sanctorum Petri et Pauli 39.

Anche Nicolau de Pacs si richiama dunque a una tradizione («ut


a maioribus acceptum») che converge con le testimonianze maior-
chine sopra ricordate, ma non sembra appoggiarsi su altri testi che la
VC.
Il racconto prosegue con la presa in carico del corpo di Rai-
mondo da parte di certi mercanti cristiani intenzionati a portarlo a
Genova; ma la nave venne miracolosamente guidata nel porto di
Maiorca. Quest’ultima parte dell’episodio era stata narrata da Char-
les de Bouelles in termini diversi, che ne sottolineano il carattere
miracoloso: una piramide di luce avrebbe indicato ai mercanti (dal
Bouelles definiti non genericamente ‘cristiani’, ma maiorchini) la
presenza del corpo del martire sotto il mucchio di pietre che lo
aveva seppellito.

Sequenti vero nocte quum forte (ut Deo placuit) Maioricenses quidam
negociatores Thunitiensium portum praeternavigaverunt, viderunt a longe
immensam luminis pyramidem e cumulo lapidum (quo obrutum Rae-
mundi corpus erat) procedentem, admiratique rei novitatem illuc sine mora
divertentes, subruta lapidum congerie, defuncti corpus invenerunt. Quod
quum statim Raemundi (quippe qui Maioricensis civis erat) esse cognovis-
sent, impositum navibus Maioricas secum retulerunt 40.

La piramide di luce comparirà nuovamente nelle biografie fran-


cesi di Lullo (Perroquet e Vernon), e non sollevano dubbi nei con-
fronti di essa nemmeno Sollier e Pasqual. Non è ricordata invece

39. Ibid.
40. Ibid., 331.

19
MICHELA PEREIRA

nella Vida del Seguí, dove i mercanti diventano ‘genovesi’ e sono


indicati per nome:

Hallaronse en esta ocasion vnos mercadores Genoueses, el nombre del


vno era Esteuan Colon, y del otro Luys de Pastorga, los quales como en su
tierra y prouincia tenian tanta deuocion a este santo varon, fueron a pedir
su cuerpo al gouernador. Otorgado el santo cuerpo, y lleuandolo a sus naus,
vieron que no estaua muerto; luego al siguiente dia hizieron vela para
Genoua, empero dos dias despues se hallaron milagrosamente en Mallorca,
vista de la qual el varon santo dio su alma a su creador y señor, en cuyo
nombre auia tomado las piedras del tyrano, como odoriferas rosas del espi-
noso carço 41.

Tutti i racconti del martirio hanno come fulcro il rapporto fra


Raimondo e Maiorca, segnalato in maniera speciale dal miracoloso
dirottamento della nave verso l’isola. In questo modo indicano in
maniera trasparente il contesto della lunga ‘incubazione orale’ che
questo tema, come anche la leggenda amorosa, hanno avuto, a par-
tire da spunti presenti nel testo autobiografico, rielaborati con
intenti agiografici in un processo parallelo alla crescente venerazione
per la fama del celebre isolano 42.

41. Seguí, Vida, 22r. Anche qui l’intenzione dei mercanti di portare il corpo
a Genova, è impedita per volere divino e all’episodio viene aggiunto il rac-
conto del funerale solenne di Raimondo. Come già Antoine Perroquet (Vie,
29-30) e Vernon (L’Histoire, 64-68), il Pasqual raccoglie insieme tutti i moti-
vi, fra cui da Seguí i nomi dei mercanti (Stephanus Colon, & Ludovicus de
Pastorga), da Charles de Bouelles la notizia sulla magna rutilantis Piramide lucis,
ecc. Ecco il lungo titolo descrittivo del cap. XXIX delle Vindiciae Lullianae,
323-37: Majoricas adveniens Raymundus, aliquanto post tempore, Bugiam navigat,
deinde Tunetum; iterum Bugiam regreditur, & ibi publice Christianam praedicat fidem,
quapropter decreto Regio morti addicitur. Lapidibus obruitur: piramide lucida quaeren-
tibus detegitur; semivivus inde extrahitur & ad Navem a Liguribus advehitur. Majori-
cas defertur, in cujus conspectu moritur.Tentant Ligures Genuam adferre sacrum Corpus,
at disponente Deo Majoricensibus illud tradere coguntur. Defertur festiva processione ad
sepulturam, tot tamen & tanta patravit miracula, ut separatim in Sacristia Ecclesiae
Minoritarum depositum fuerit. Tunc cepit & sacer cultus exhiberi, qui nuncusque per-
severat.
42. Riguardo a questi motivi si può cogliere un’interessanta analogia con gli
autoschediasmi presenti nelle vidas e nelle razos trobadoriche: cfr. M.L. Mene-
ghetti, «Vidas e razos: sondaggi di stratigrafia funzionale (con una riflessione su
fonti e significato del Sirventes lombardesco», in I trovatori nel Veneto e a Venezia.
Atti del Convegno internazionale (Venezia, 28-31 ottobre 2004), a c. di G.
Lachin, Roma, Padova 2008, 227-51; Ead., «Uc e gli altri. Sulla paternità delle
biografie trobadoriche», in Il racconto nel Medioevo romanzo. Atti del Convegno,

20
IL SANTO ALCHIMISTA

Eventi mirabili e dispute sottili

Degli altri racconti leggendari, che affondano ancor più aeree


radici in aspetti autentici della vita di Lullo, tre su quattro sono
ambientati anch’essi nell’isola di Maiorca, a conferma del legame fra
l’origine della leggenda e la devozione popolare per l’eccezionale
personaggio, che sull’isola era nato e in essa era tornato a morire, per
quanto gli innumerevoli viaggi lo avessero tenuto per lo più da essa
lontano. Si noti che né Charles de Bouelles né Nicolau de Pacs
introducono questi episodi nei loro resoconti biografici. Ma che si
tratti di tradizioni maiorchine lo apprendiamo da autori più tardi:
dalla Vida del Seguì alle biografie devote del Perroquet e del Vernon,
fino ai testi eruditi del XVIII secolo. Sono tutti testi in cui la bio-
grafia di Lullo è esaminata con senso critico variabile, raccogliendo
testimonianze di ogni tipo con l’intenzione esplicita di sostenere il
processo di canonizzazione, che peraltro non è mai stato concluso 43.
Si deve premettere che tanto il sacerdote Antoine Perroquet e il
terziario francescano Jean-Marie de Vernon, autori di due vite di
Lullo pubblicate in Francia nel 1667-1668 44, quanto il gesuita Jean

Bologna, 23-24 ottobre 2000 (= Quaderni di filologia romanza della Facoltà di Let-
tere e Filosofia dell’Università di Bologna, 15 [2002], 147-62). Ringrazio Barbara
Spaggiari cui devo questo suggerimento.
43. Oltre a essere oggetto di culto locale nell’isola di Mallorca, Lullo è vene-
rato come beato con ‘culto immemorabile’ sia nella sua isola natia che nell’or-
dine francescano. La causa di canonizzazione, tuttavia, venne contrastata da un
forte movimento antilullista che aveva avuto inizio con le prese di posizione di
Nicola Eymerich, inquisitore della Corona d’Aragona a fine Trecento, e subì
numerose interruzioni, fino alla decisione di fermarla finché non fossero stati
accuratamente esaminati tutti gli scritti lulliani, decisione presa dal papa Bene-
detto XIV, Prospero Lambertini, con la lettera Avendo noi (1751). Si vedano su
questo argomento in primo luogo gli studi di Lorenzeo Pérez, citati e sintetiz-
zati in G. Ramis, «Historia de la Causa de Canonización del Siervo de Dios
Ramón Llull, Llamado Beato (1232c.-1315)», Analecta TOR, 31 (2000), 307-25.
Un’amplissima bibliografia sull’intreccio fra la Causa Lulliana e l’antilullismo
fino al XX secolo è fornita da Josep Perarnau i Espelt nel suo saggio «De
Ramon Llull a Nicolau Eimeric» (1997), rist. in Da Raimondo Lullo a Nicola
Eimeric. Storia di una falsificazione testuale e dottrinale, a c. di S. Muzzi, Roma
2010, 41-174: 49-53.
44. Per la Vie del Perroquet v. sopra, n. 15. Jean-Marie de Vernon, terziario
francescano, pubblicò a Parigi nel 1667 – lo stesso anno del Perroquet – una
biografia di Lullo nel primo volume della sua Histoire générale et particuliere du
Tiers Ordre de Saint François. Nell’anno successivo ne diede alle stampe una ver-

21
MICHELA PEREIRA

Baptiste Sollier (il quale, scrivendo nel 1708, utilizzò come base la
Disertacion historica del culto immemorial del Beat Ramon Llull di Jaime
Custurer pubblicata nel 1700, nonché la Historia del Reyno de Ma-
llorca di Vicente Mut edita nel 1650), e infine anche il cistercense
Antonio Raimundo Pasqual (1778), esercitano la loro più o meno
acuta facoltà critica soprattutto per difendere la memoria di Lullo
dagli elementi che ne contraddirrebbero la santità, ma sono pronti
ad accettare episodi ‘miracolosi’ che la confermino: è il caso del rac-
conto sull’arbusto di lentisco del monte Randa presso il quale, si
dice, Lullo concepì la propria arte combinatoria, e le cui foglie si
coprirono miracolosamente di scritte in arabo, in ebraico, in caldaico
e in altre lingue sconosciute, a simboleggiare le popolazioni cui
Lullo doveva predicare la fede cristiana.
La leggenda della mata escrita è narrata brevemente da Joan Seguí,
che nella sua confusa cronologia colloca la rivelazione dell’arte
combinatoria fra la terza e la quarta visione del crocifisso, e racconta
che Lullo si mise sotto un arbusto di lentisco a scrivere quel che gli
era stato rivelato, trascorrendo così tutta la notte. Al mattino,

sione ampliata, L’Histoire veritable du Bien-Heureux Raymond Lulle Martyr du


Tiers Ordre S. Francois, & la reparation de son honneur (René Guignard, Paris
1668). In questa seconda redazione, arricchita anche da nuovi elementi leggen-
dari, amplifica soprattutto la parte apologetica, servendosi di nouveaux memoires
(documenti di origine maiorchina tradotti in francese), in cui discute le varie
questioni connesse alle condanne del pensiero di Lullo, sempre con l’ottica di
mostrarne l’ortodossia, anzi la santità; il volume si chiude con un catalogo delle
opere. Tutto ciò dietro richiesta di «vn certain personnage assez connu dans le
monde» e con dedica al papa Clemente IX (Preface, in L’Histoire, a iiii r).Vernon
conosceva la Vie del Perroquet, alla quale fa cenno nelle pagine finali de L’Hi-
stoire. E. Rogent, E. Duran, Bibliografia de les impresiones lul•lianes, Barcelona
1927, nell’annotazione al volume del Perroquet (RD 257), segnalano anche una
terza vita scritta in Francia, vent’anni prima dei due appena citati, dal poeta
Guillaume Colletet (RD 226, 227, 236), che non ho potuto vedere. Ho potuto
rintracciare i due volumi del Vernon a Lyon (Bibliothèque Interuniversitaire,
Bibliothèque Municipale) grazie al prezioso aiuto della Dott.ssa Ilaria Betoc-
chi, della Biblioteca della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di
Firenze, e consultarli grazie alla Dott.ssa Martine Stremsdoerfer, della Bi-
bliothèque Interuniversitaire de Lyon. L’unica sede presso cui i due rarissimi
volumi si trovano insieme mi risulta essere la Bibliothèque des Capucins di
Parigi. L’Histoire générale si può leggere in Google Books mentre la Vie del Per-
roquet è reperibile in Gallica (link dalla sezione ‘Edicions electroniques’ della
DB Llull). Su Perroquet,Vernon e il contesto parigino in cui le loro biografie
lulliane furono redatte v. Hillgarth, Ramon Lull, 295-313, che sottolinea anch’e-
gli la rarità dei testi qui considerati (299, n. 171)

22
IL SANTO ALCHIMISTA

despues de acabada el Arte se cato que auian quedato escritas todas la hojas
de la mata o lentisco de diuersos caracteres y letras Griegas, Hebreas, Cal-
deas, Latinas y Arabigas, y otras que oy no se conoscen, la qual mata esta oy
viua, y todauia escrita, y quantas ojas nacen, nacen escritas: lo qual sino
fuera cosa tan notoria y publica à todos aunque yo la huuiera visto mas
vezes de lo que he visto, no lo creyera 45.

Ben prima del Seguì il racconto sembra essere stato presente nella
tradizione locale, perché ne troviamo cenno in un poema scritto per
il Certamen del 1502, riportato dal Vernon:

Randae montis, ut Alvernae


Flammescunt cacumina
Dum expandit Rex aeterne
Maiestatis lumina,
Raimundus fert supernae
Scientiae flumina.
Stat in signum tantae molis
Stellatum arbusculum
Generosae matris prolis
Conservans munusculum:
Bullatum in frondis volis
Caeli stat opusculum 46.

Avvertiamo in questo episodio fiabesco un’eco deformata e po-


polaresca degli ‘alberi’ lulliani: lo schema di organizzazione del
sapere che il filosofo adotta in molte delle sue opere, come per
esempio il Liber Principiorum Medicinae, il Llibre del Gentil e del los tres
Savis, l’Arbre de Ciencia e l’Arbre de Filosofia d’Amor. Alle varie parti
di ogni albero, comprese le foglie, sono attribuiti determinati prin-
cipi rappresentati dalle lettere dell’alfabeto combinatorio, cosicché
l’insieme mostra in maniera schematica ma molto efficace l’organiz-
zazione dei contenuti dottrinali cui i vari ‘alberi’ rimandano. Nei
manoscritti questi alberi sono spesso raffigurati con immagini mi-

45. Seguí, Vida, 6v-7r.


46. Vernon, L’Histoire, ch. 42, 298-310: 304. Fra le fonti che riferiscono l’e-
pisodio del lentisco meraviglioso Vernon cita Bonaventura Armengual, autore
di un Archielogium vitae, doctrinae et martyrii Raymundi Lulli presentato nel 1643
ai magistrati di Maiorca (LlullDB, Lullistes, Armengual, Bonaventura), e Lucas
Wadding. Cfr. Histoire générale, 230.

23
MICHELA PEREIRA

niate di notevole impatto, che rappresentano la pianta in maniera


naturalistica, ma con le lettere dell’alfabeto o i termini salienti della
trattazione inscritti nelle varie parti: ne è un esempio particolar-
mente bello l’albero della filosofia d’amore raffigurato proprio in un
manoscritto maiorchino degli inizi del XIV secolo (Palma, BDM,
Col•legi de la Sapiència, f. 1v).
La forza del meraviglioso è così grande che il racconto del lenti-
scus viene accolto nell’analisi critica del gesuita Sollier, il quale a
partire dall’opera del maiorchino Custurer si appoggia a un instru-
mento authentico redatto nel 1596 in risposta a un ordine del papa
Clemente VIII: la testimonianza di due vecchissimi contadini dell’i-
sola, che raccontano esser stata vista incisa nella piantina addirittura
l’effige di Cristo crocifisso. In seguito a ciò l’illustre signore Hie-
ronymus Tagamanent Zaforteça 47 tagliò propriis manibus alcuni
rametti, per mandarli alla curia romana; e un’incisione fatta eseguire
a partire da un esemplare essiccato dei prodigiosa folia & miraculosa fa
bella mostra di sé nella pagina degli Acta, con l’aggiunta che «non
immerito miraculosa ea folia nuncupari, utpote quae aegris infirmis-
que sanitatem attulerint, invocato beati Martyris patrocinio» 48.
Restando in tema di guarigioni miracolose, Antoine Perroquet e
Jean-Marie de Vernon raccontano che sul monte Randa Lullo,
ammalatosi gravemente, ebbe un’altra visione di Cristo, che lo risanò:
«Le Sauveur du monde estoit tout rayonnant, & répandoit une odeur
si agreable, que les fleurs les plus odoriferantes, les parfums les plus
delicieux n’ont rien de comparable» 49. A seguito di questa appari-
zione, il profumo sarebbe ricomparso ogni anno nella stessa data (25
gennaio), e sul luogo sarebbe infine stata costruita una cappella 50.

47. Lagamanent Çafortera nella documentazione riportata dal Vernon, L’Hi-


stoire, 273-76.
48. Sollier, Acta, 25. Cfr. Perroquet, Vie, 13. Non c’è da stupirsi che anche
Pasqual (Vindiciae I, 91-93) riporti questa storia miracolosa, aggiungendo alcuni
particolari locali, come il fatto che il lentiscus non poteva trovarsi sulla cima del
monte Randa bensì sulle sue pendici, e che le altre piante della stessa specie
(Pistacia lentiscus) presenti sull’isola di Maiorca non hanno scritte sulle foglie.
Tutti gli ‘insoliti favori’ concessi da Cristo a Raimondo sono credibili, conclude
Pasqual: omnia credibilia fiunt. Un letterato catalano di fine Ottocento, Miguel
Costa i Llobera, dedica all’episodio il poemetto «La mata escrita del Puig de
Randa», in Tradicions i fantasies, Palma de Mallorca 1903, rist. 1987 (cit. in Molas,
«Ramon Llull i la literatura», 404).
49. Vernon, L’Histoire, 24-25.
50. Ibid., 256-60. Lo stesso racconto, in maniera più sintetica, in Perroquet,
Vie, 10-11.

24
IL SANTO ALCHIMISTA

Questa guarigione miracolosa non è riportata dal Sollier, il quale


si allinea però con i due devoti biografi, pur richiamando una fonte
diversa, nel riferire di una visione della Vergine col Bambino che si
sarebbe presentata a Lullo nei pressi del palazzo dell’Almudaina, e di
cui sarebbe rimasta memoria in un’immagine sacra ivi conservata
fino alla metà del XVII secolo:

Narrat Vincentius Mut, Virginem Deiparam, infantem brachiis gestan-


tem, Raymundo se exhibuisse ad portam Almudai, vicinam horto palatii
Episcopalis; in cujus perpetuam memoriam imago illic collocata fuerit; quae
usque hodie, inquit, eo loci conspiciuntur: mutata est postmodum, uti testatur
Custurerius 51.

Sono le concezioni mariane di Lullo, continua il Sollier citando


un passo dal Blaquerna, a rendere in qualche misura plausibile questa
narrazione, non certo le testimonianze riportate («quorum omnium
suffragiis nihil prorsus tribuerem, nisi me ejusmet Beati moveret
testimonium»). Narrando questo stesso episodio il Vernon (L’His-
toire, 28-29) sottolinea come Lullo abbia sostenuto l’Immacolata
Concezione «avec beucoup plus d’estendüe et de force que le subtil
Scot, qui n’en ayant touché qu’un mot en passant, a toute la gloire
de cette deffense» (ibid., 30), e mostra una certa vena polemica nel
definire il Terz’ordine come il vero escadron destinato a combattere
questa battaglia. Inoltre ci informa che nel Certamen del 1502 questo
episodio era stato cantato da Francesc Prats 52.
Indubbiamente la devozione di Raimondo per la Vergine e la
riflessione originale che ha dedicato alla sua figura, attestata dalle sue
opere a essa dedicate e ripresa negli scritti mariani pseudoepigrafi
prodotti nel contesto del lullismo valenciano, sono l’humus in cui
questo racconto, per quanto estremamente semplice e privo di rife-
rimenti teologici, si radica 53. Anch’esso ci rinvia comunque alla tra-

51. Sollier, Acta, 23.


52. Vernon, L’Histoire, 28-30. I versi del Prats furono pubblicati per la prima
volta da J.M. Bover, Biblioteca de escritores baleares, Palma de Mallorca 1868, rist.
Barcelona 1976, II, 162. Cfr. L. Pérez Martinez, «Una nueva versión del poema
de Francisco Prats sobre Ramon Llull», Estudios Lulianos, 18 (1974), 143-51.
53. F. Domínguez Reboiras, «El discurso luliano sobre María», Gli studi di
mariologia medievali. Bilancio storiografico, ed. Clelia Maria Piastra, Firenze 2001,
277-303; Id., «Els apòcrifs lul·lians sobre la Immaculada. La seva importància en
la història del lul·lisme», Del frau a l’erudició. Aportacions a la història del lul·lisme
dels segles XIV al XVIII = Randa, 27 (1990), 11-43.

25
MICHELA PEREIRA

dizione maiorchina quattrocentesca, collegandosi a un’immagine


sacra che si trovava sul palazzo reale di Palma; sembra che il primo
cenno a questa visione si debba a un magister lullista di rilievo come
Joan Bulons, che ne parla nella sua Lectura super artificium artis gene-
ralis (1433) 54.
Fuori Maiorca ci porta invece un altro racconto leggendario, l’u-
nico nel quale si avverta un’eco dell’attività filosofica di Lullo. Tro-
vandosi a Parigi nel 1309, Raimondo avrebbe frequentato, vestito
con l’abito da eremita, le aule universitarie dove teneva le sue affol-
latissime lezioni il celebre maestro francescano Giovanni Duns
Scoto. Durante una di queste lezioni il filosofo catalano mormorò
un qualche commento dando segni di disapprovazione, cosa di cui
gli allievi, a lezione finita, avvisarono Duns. Allora

haziendo burla Escoto, fue por el Ermitaño, y le pregunto: Dominus que


pars? Respondio como quien era, respuesta digna de su santidad, y de
hombre que siempre estaua eleuado en la contemplacion diuina, y dixo:
Dominus non est pars, sed totum. Con estas pocas palabras hizo tanto
effecto en Escoto, y los demas que con el estauan, que luego le tuuuieron
(sic) en gran opinion, y pensaron ser hombre graue, como lo era 55.

Perroquet e Vernon, sulla scorta di Wadding, aggiungono che da


questo botta e risposta si originò una dotta discussione, che Lullo
avrebbe poi trascritto in un libro di cui (non occorrerebbe neppure
precisarlo) non si trova traccia nel catalogo delle opere lulliane
autentiche: Liber disputationis cum Scoto, cuius titulus est, Dominus que
pars 56. Non era difficile attribuire a un autore prolifico come Rai-
mondo Lullo un libro in più, fra l’altro di tipologia simile ad alcune
delle opere effettivamente scritte da lui in quel periodo nel conte-
sto dell’università di Parigi 57. Del resto, il catalogo delle opere lul-

54. Riprendo la notizia da G. Llompart, «La leyenda del desengaño», 293, il


quale rileva che Bulons non riporta l’episodio del disinganno amoroso.
55. Seguí, Vida, 9v.
56. Perroquet, Vie, 19: «Et mesme Lucas Waddingus, hybernois, témoigne
que Scot fit grande estime de Raymond Lulle, lors qu’il l’eut entendu parler.
Car un jour ce Divine Philosoph [segue il racconto] D’ou vient que parmy ses
oeuvres […] il se trouve un petit Traité, qui porte pour titre Liber disputationis
cum Scoto ecc.».Vernon, L’Histoire, 49-51, colloca la disputa con Scoto nel 1295.
All’episodio aveva dato risalto anche nella Histoire générale, 235-36.
57. Per esempio la Disputatio Raimundi et Averroistae, 1310 (Bonner, Selected
Works II, Cat., IV.33).

26
IL SANTO ALCHIMISTA

liane si era gonfiato nel corso dei secoli per l’apporto di numerosi
scritti pseudoepigrafi, soprattutto alchemici, che avevano contri-
buito a diffondere la fama del filosofo maiorchino e ad arricchire
ulteriormente il repertorio di motivi leggendari che lo vedono pro-
tagonista.

Nascita di un alchimista

Oltre ai motivi agiografici, che abbiamo fin qui ripercorso, la leg-


genda di Raimondo Lullo conobbe infatti ulteriori sviluppi legati
all’esistenza del corpus di scritti d’alchimia a lui attribuiti. Non solo,
come abbiamo visto, proprio a un alchimista si deve la prima noti-
zia della leggenda del martirio (e vorrei sottolineare che questo ele-
mento porta un’ulteriore conferma all’ipotesi che l’alchimia pseu-
dolulliana abbia avuto origine e si sia diffusa in ambienti contigui a
quelli dell’insegnamento lulliano autentico, mantenendosi in un
parallelismo ambiguo ma costante con esso) 58. Ma proprio negli
scritti alchemici cominciano ben presto a emergere altre narrazioni
riguardanti il ‘personaggio’ Raimondo Lullo, che dapprima trovano
espressione separatamente rispetto alla leggenda agiografica, per poi
andare a formare con essa una fiction che ha trovato credito in
ambienti della cultura europea fra il XVIII e il XIX secolo.
Gli episodi della leggenda alchemica si formano, come abbiamo
già accennato, secondo una dinamica di auto-amplificazione per

58. Basti ricordare, ad esempio, la comparsa di una generica, ma significativa


voce libri alkimie alla fine del catalogo dei libri lulliani che accompagna l’edi-
zione dell’Ars generalis ultima curata da Alfonso di Proaza e stampata a Valencia
nel 1505. Lo spunto del Proaza venne ampiamente sfruttato dal Perroquet (che
segnala quarantanove Livres de Chymie nel suo catalogo di opere lulliane: Vie,
377-79) e dal Vernon (L’Histoire, 367-69, cfr. Hillgarth, 312-13), che tuttavia cri-
ticano l’attribuzione delle opere d’alchimia a Lullo, sulla scorta degli argomenti
di Mut e di Wadding (cfr. Pereira, The Alchemical Corpus, 50-53).Vernon, in par-
ticolare, scrive: «Ie souhaiterois qu’on revist tous les livres de nostre Bien-heu-
reux martyr avec exactitude, & que ceux qui ne sont pas sortis de sa plume fus-
sent retranchez, particulierement les Chymiques, & les discours de la meta-
morphose des metaux, où de la pierre Philosophale, tel étant le sentiment du
Pere Waddinghes, & de plusieurs autres grands personnages» (L’Histoire, 387); e
passa completamente sotto silenzio tutti gli aspetti della leggenda alchemica. Al
viaggio in Inghilterra aveva accennato, ma solo per confutarlo sempre sulla base
della discussione di Lucas Wadding, in Histoire générale, 241.

27
MICHELA PEREIRA

certi aspetti analoga a quella dei motivi agiografici, e tale processo


avviene anch’esso in larga parte durante il XV secolo; tuttavia non è
di origine orale, come la leggenda agiografica, risultando invece
legato alla comparsa di scritti d’alchimia, la cui attribuzione a Lullo
si riscontra a partire dagli anni ’70 del XIV secolo. Non è stata
dunque la leggenda di Lullo alchimista a dare il via alla produzione
del corpus di scritti, che inizia nel secondo o terzo decennio del XIV
secolo, ma è da spunti presenti all’interno dei testi che venne len-
tamente formandosi un racconto con diverse varianti e articola-
zioni 59.
Uno dei motivi della leggenda alchemica chiama in causa la que-
stione del rapporto fra Lullo e l’altro grande catalano del suo tempo,
Arnaldo da Villanova, agganciandosi così a un elemento biografico
non implausibile 60. L’intento di fondo è quello di giustificare l’at-

59. La convinzione di Tomàs e Joaquim Carreras y Artau (Historia, II, 47, n.


75; «Dues notes sobre el lul.lismo trecentista», Estudios Lulianos 16, 1972, 231-
39), che la leggenda alchemica risalisse al XIV secolo, si basa su una notizia
riportata da Pierre Brantôme (cfr. sotto, xx-xx e n. 87). Il riesame della que-
stione nel contesto della rassegna dedicata al corpus pseudolulliano ha invece
portato alla conclusione qui richiamata: Pereira, The Alchemical Corpus, 40-41.
60. Entrambi gli autori furono in relazione con le correnti spirituali dell’e-
poca, incontrandosi tuttavia forse una sola volta nel 1308: cfr. Hillgarth, Ramon
Lull, 55-56, 97-98, 102-05 e passim; Bonner, «Historical Background», 45 n. 167;
Selected Works, II, 716-17 n. 62. Sulla vicinanza di idee relative alla politica reli-
giosa, ma senza alcun elemento biografico nuovo, P. Evangelisti, «Paradigmi del-
l’identità comunitaria e strategie del confronto con gli infideles nei progetti
politici di Arnau de Vilanova e Ramon Llull», in Il Mediterraneo del ’300: Rai-
mondo Lullo e Federico III d’Aragona, Re di Sicilia, a c. di A. Musco e M.M.M.
Romano, Turnhout 2008, 99-118. Si riconoscono alcuni motivi della medicina
arnaldiana sia nelle opere mediche lulliane autentiche (M. Pereira, «Le opere
mediche di Lullo in rapporto con la sua filosofia naturale e con la medicina del
XIII secolo», Estudios lulianos 23, 1979, 1-31: 28-30; cfr. anche Bonner, Selected
Works, II, 1143 n. 3) sia in alcuni testi alchemici pseudolulliani (M. Pereira,
«Maestro di segreti o caposcuola contestato? Presenza di Arnaldo da Villanova
e di temi della medicina arnaldiana in alcuni testi alchemici pseudo-lulliani», in
Actes de la II Trobada Internacional d’Estudis sobre Arnau de Vilanova, Barcelona
2005, 381-412). I testi alchemici attribuiti ad Arnaldo da Villanova cominciaro-
no a circolare contemporaneamente ai più antichi del corpus pseudolulliano
(Testamentum, Codicillum) e, al pari di questi ultimi, sono quasi unanimemente
riconosciuti come pseudoepigrafi (cfr. A. Calvet, «La tradition alchimique latine
(XIIIe-XVe siècle) et le corpus alchimique du Pseudo-Arnaud de Villeneu-
ve», Médiévales 52 (2007), 39-54; M. Pereira, «Arnaldo da Villanova e l’alchimia.
Un’indagine preliminare», in Actes de la I Trobada Internacional d’Estudis sobre
Arnau de Vilanova, Barcelona 1995, II, 95-174). Nella Vita di Nicolau de Pacs il
rapporto fra Raimondo e Arnaldo è esattamente rovesciato e non contiene

28
IL SANTO ALCHIMISTA

tribuzione di scritti d’alchimia a un autore come Lullo, che nelle sue


opere autentiche mostra di essere al corrente delle ricerche sulla tra-
smutazione, ma le critica radicalmente. La storia dell’insegnamento
dell’alchimia da parte di Arnaldo da Villanova si incontra in due
opere appartenenti allo strato più antico del corpus pseudolulliano,
il Codicillus – che appartiene al gruppo di testi connessi al Testamen-
tum – e l’Ars operativa medica – che invece si collega, per la tematica
distillatoria, al Liber de secretis naturae seu de quinta essentia 61. Nel
Codicillus questo episodio è richiamato in termini piuttosto strin-
gati, riconoscendo ad Arnaldo di aver dato solido fondamente alla
conoscenza della natura, che un altro maestro aveva solo illusoria-
mente fornito al nostro alchimista:

Cum sola praesumptione et temeritate scientiae alterius naturam fir-


miter intelligere credebamus idem ullo modo nec intellexerimus donec
tempus fuit in quo spiritus non immediate sed mediate per M. Arnoldum
de Villa Nova qui immediate sua largitate immensa reficienter inspiravit in
nobis 62.

Non sappiamo chi sia l’altro alchimista da cui l’autore del Codicil-
lus si era illuso di aver imparato qualcosa di utile. Stando alle fonti
da cui Testamentum e Codicillus dipendono, un buon candidato
potrebbe essere Paolo di Taranto, il ‘Geber latino’ autore della Summa
perfectionis magisterii, le cui dottrine sono presenti ma modificate e
per molti aspetti superate negli scritti del Magister Testamenti 63.

alcun riferimento all’alchimia: «Ab hoc fonte [cioè da Lullo] plurima bibisse
comperti sunt Arnaldus de Villanova eximius philosophus, et sidus illus Italiae
Ioannes Picus Mirandulae princeps […]» (Victor, «Charles de Bouelles», 338).
61. Pereira, The Alchemical Corpus, 38-39, 66-67.
62. Raimundi Lulli Codicillus, in J.J. Manget, Bibliotheca Chemica Curiosa I,
Ginevra 1702, 903. Con analoghi accenti il racconto torna nell’inedita Conver-
satio philosophorum (Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, lat.VI.215, f. 155r-
58r; cit. in Pereira, The Alchemical Corpus, 44). Questo testo e quello dall’Ars
Operativa Medica, citato poco oltre, erano già stati richiamati ibid., 38 n. 6. A
quello studio queste pagine rinviano per un più ampio e dettagliato sviluppo
dell’argomento. La prospettiva in cui viene qui ripresa la discussione della leg-
genda di Lullo alchimista è tuttavia diversa, orientata a ricostruire il formarsi
della leggenda in quanto tale e non, com’era in quel contesto, a utilizzarne le
tracce in ordine alla ricostruzione delle vicende del corpus alchemico pseudo-
lulliano.
63. Per i contenuti dottrinali delle due opere, il legame fra esse e con altri
testi del primo strato del corpus pseudolulliano, e il rapporto con l’alchimia del

29
MICHELA PEREIRA

Il racconto del Codicillus non è tuttavia veramente riferibile a


Lullo: se infatti l’autore di quest’opera è lo stesso Magister Testa-
menti, come abbiamo altrove argomentato, l’identificazione del
discepolo con Lullo non è evidentemente originaria, ma deriva dalla
successiva attribuzione di Testamentum e Codicillus al filosofo cata-
lano 64. E, dal momento che il primo testo in cui si afferma esplici-
tamente che Lullo è l’autore del Testamentum e degli scritti a esso
collegati è il Liber de secretis naturae seu de quinta essentia, possiamo
ipotizzare che il più compiuto ed esplicito resoconto che troviamo
nell’Ars operativa medica – un testo sulla distillazione del farmaco
alchemico vicino al De secretis naturae – sia uno sviluppo ‘lullificato’
proprio di questo cenno presente nel Codicillus.
Nell’introduzione viene enunciata la suddivisione del trattato in
quattro parti

quarum prima et quarta non fuerunt mihi Raimundo revelate, sed solum
secunda et tertia; ipsas autem recepi a serenissimo rege Roberto sub sigillo
secreti, que quidem secreta habuerat ab expertissimo doctore magistro
Arnaldo de Villanova, qui merito fons scientie vocatur: quia pre ceteris
hominibus in omnibus scientiis floruit, cuius scientiam libenter amplector;
a quo quidem doctore multa experimenta didici et de eius doctrina confi-
sus illa que dicta sunt in hoc libro ad laudem tanti doctoris catholici appo-
sui, ut eius recolibilis memoria a filiis meis recoli possit in vita perenni 65.

Il prologo dell’Ars operativa medica è anche citato dal Perroquet,


nell’Apologie che segue la Vie più volte citata; ivi richiama i due

tempo, si veda M. Pereira, L’oro dei filosofi. Saggio sulle idee di un alchimista del
Trecento, Spoleto 1992. Appoggiandosi indubbiamente sulle innovazioni tecni-
che di Paolo di Taranto, ma leggendole in un più articolato quadro di rapporti
fra natura e ars, il Magister Testamenti sviluppa una teoria del prodotto alche-
mico come medicina (anche) dei corpi umani, l’elixir, che collega il discorso
alchemico a quello filosofico e medico, svolgendo un filo inaugurato da Rug-
gero Bacone, che porta a riconoscere nell’elixir alchemico il farmaco della pro-
longevità.
64. Pereira, The Alchemical Corpus, 10-11.
65. Ars operativa medica, in Bernardi de Lavinheta Explanatio compendiosaque
applicatio artis Lulli, Lione 1523, f. 175r (si noti che è l’unico testo alchemi-
co accolto in un contesto schiettamente lulliano qual è l’enciclopedia del
Lavinheta). Trattandosi di ‘segreti’ riguardanti la distillazione delle acque medi-
cinali, potrebbe anche esservi un rinvio a opere del corpus medico autentica-
mente arnaldiano (cfr. M. Pereira, «Maestro di segreti», 382-84).

30
IL SANTO ALCHIMISTA

motivi della leggenda alchemica, questo dell’insegnamento arnal-


diano e quello del viaggio in Inghilterra, che vedremo fra breve 66.
Fra gli altri biografi di tradizione lulliana, Jean-Marie de Vernon
riserva alla leggenda alchemica la damnatio silentii, mentre Joan Seguí
aveva fatto i conti con essa in maniera più drammatica, rivelando di
aver praticato l’alchimia ma di essersi poi distaccato da quell’errore
che ora vorrebbe correggere 67.

66. Perroquet, Vie, 44-45. Mi sembra significativo che questo richiamo, forse
dovuto proprio all’influenza durevole del Lavinheta sul lullismo parigino, sia
fatto separatamente rispetto alla ricostruzione biografica, per quanto fantasiosa
anch’essa potesse essere. Il parallelismo che si riscontra anche nella tradizione
manoscritta (praticamente le tradizioni di manoscritti lulliani sono due, quella
delle opere autentiche da un lato, e quella delle opere alchemiche dall’altro, con
pochissime intersezioni), viene mantenuto nella tradizione biografica: anche se
evidentemente non si poteva nel XVII secolo (e anche prima) non far men-
zione dell’alchimia pseudolulliana, nel contesto del lullismo ci si trattiene dal
mescolare i motivi della leggenda alchemica a quelli della biografia più o meno
arricchita di motivi agiografici.
67. Seguí, Vida, 18v-20r. Il discorso sull’alchimia è introdotto dal viaggio in
Inghilterra, che Seguí elenca fra i vari spostamenti di Lullo: «Despues vino al
Reyno de Boemia, anduuo toda la costa de Bretaña y el Reyno de Inglaterra,
adonde algunos, no se en que fundados, dizen que hizo grande cantidad de oro,
del qual ay mucho numero de moneda en aquel Reyno, como si la alquimia
fuera conforme a su doctrina, y solida philosophia, verdadera, y tan fundada en
razones muy importantes. Quisiera tener mas licencia de la que me concede el
corto termino de la digression, para poder prouar el error en que esta gente
Alquimista cae acerca desto, y pensando que los libros de Alquimia que anden
por ay en nombre deste santo sean suyos; pero esto tengo declarato en la
Biblioteca, y dado muchas muestras de su engaño. Quanto al oro que dizen de
Inglaterra, solo dare esta razon superficial. Este santo varon andaua muriendo
por esta general conquista, no podia acabarla de concertar por falta de gastos,
y por no querer deshazer haziendas particulares para bien tan comun y univer-
sal. Este principio es verdadero, como se ve en su vida: luego si esta en su mano
hazer oro quanto el quiere (como esta gente dize que hizo en Inglaterra) o
deuanea y es loco (que es impiedad pensar) o no es verdad que hizo oro, pues
con el acabara la general conquista […] Esta digresion he hecho, no pudiendo
detener la pluma, que no la mezclasse a este proposito, mayormente siendo la
contraria opinion de Alquimistas, a los quales desseo tanto bien como verles salidos deste
error; y no queriendo salir del, quisiera verles tam desterrados del comercio
humano, como ellos destierran las verdaderas letras, y philosophia, de su enten-
dimiento.Y porque non piensen que hablo como ciego en colores, muy de pro-
posito tengo escrita la disputa acerca desto en la Biblioteca, quando se exami-
nan los libros de alquimia si son adulterinos, y como falsamente se atribuyen a
este santo; en la qual disputa se tratan tambien cosas tocantes a la operatiua que
traygo grauada en los callos que me causo en las manos quando seguia la alquimica per-
tinacia» (corsivo mio). Il silenzio di Charles de Bouelles e di Nicolau de Pacs
sull’alchimia è invece probabilmente legato al fatto che una vera e propria ‘leg-

31
MICHELA PEREIRA

Il nome del re Roberto, che compare nel prologo dell’Ars opera-


tiva medica, è presente anche in altri scritti del corpus alchemico
pseudolulliano 68, e compare come Rupertus serenissimus Anglorum rex
in una più tarda versione della leggenda alchemica, l’anonima Histo-
ria, testimoniata soltanto a partire dalla fine del ’500, che ebbe grande
diffusione nell’ambito della tradizione ermetica del secolo succes-
sivo 69: se ne trova riscontro fra l’altro nel De ortu et progressu chemiae
dissertatio di Ole Borch, cioè in uno dei monumenti dell’erudizione
alchemica del Seicento 70, e fu nota all’editore degli Opera omnia di
Lullo (Mainz, 1721-42) Ivo Salzinger. Un altro re inglese, Edoardo
III, è storicamente associato al Testamentum, di cui è il dedicatario 71,

genda alchemica’ prende forma e si diffonde al di fuori degli ambienti erme-


tici soltanto nel XVI secolo.
68. In particolare nell’Epistola accurtationis, che si presenta in vari manoscritti
col titolo di Epistola accurtatoria lapidis ad Robertum Anglorum regem e che viene
citata nel Liber de secretis naturae. In un manoscritto dell’Epistola, tuttavia, il testo
è dedicato ad Robertum Ciciliae regem, il che ha fatto pensare che potrebbe anche
trattarsi di Roberto d’Angiò. (opinione espressa dapprima da E.W. Platzeck e
ripresa in Pereira, The Alchemical Corpus, 38-39, 71-72, 77-78).
69. Historia quando Raymundus Lullus Maioricanus Comes scientiam transmuta-
tionis didicerit et quando ac qua de causa traiecerit in Angliam ad Regem Rupertum,
edita in M. Pereira, «La leggenda di Lullo alchimista», Estudios Lulianos, 27
(1987), 145-63; cfr. The Alchemical Corpus, 46-48. In questa versione della leg-
genda l’insegnamento di Arnaldo è rapidamente richiamato all’inizio («Ego
Raymundus Lullus […] cum mihi Deus misericors propter suam infinitam
bonitatem concessisset, quod famosissimus Arnaldus Novavilla Doctor et Prin-
ceps medicinae instruxerit in scientia philosophiae secreta; postquam cum
eodem doctore et magistro meo aliquot annos in studio Parisiensi commoratus
fui per Dei gratiam satis bonam cognitionem habens rerum naturalium occul-
tarum, maxime vero in scientia vegetabilium, animalium et mineralium, et in
medicina universali ad sananda omnia corpora infirma […]»). Il racconto pro-
segue poi con un ampio sviluppo dell’altro motivo fondamentale, il viaggio in
Inghilterra.
70. O. Borrichius, De ortu et progressu chemiae dissertatio (1668), in Manget,
Bibliotheca Chemica, I, 1-37. Borch, convinto dell’autenticità degli scritti alche-
mici pseudolulliani, cerca di conciliare le date della vita di Lullo e le genealo-
gie dei re di Napoli e d’Inghilterra con le vicende narrate nella Historia. Cfr.
Pereira, «La leggenda», 153. Su Borch cfr. F. Abbri, «Alchemy and Chemistry:
Chemical Discourses in the Seventeenth Century», Early Science and Medicine, 5
(2000), 214-26.
71. Pereira-Spaggiari, Il Testamentum, 512-14: «Fecimus nostrum Testamentum
per voluntatem de A in insula Anglie in Ecclesia Sante Katerine prope Londo-
num versus partem castri ante Tamisiam regnante iam Rege Eduardo de
[Woodstoc] per graciam Dei. In cuius manus mittimus in custodiam per volun-
tatem de A presens Testamentum anno post Incarnacionem domini 1332 cum
omnibus suis voluminibus […]».

32
IL SANTO ALCHIMISTA

nonché alla prima versione, ancora parziale, della leggenda di Lullo


alchimista: quella presentata da un autore che si presenta come
Cremer, abate di Westminster, ma di cui non esistono tracce docu-
mentarie 72.
Nel Testamentum Cremeri, trattatello alchemico risalente al XV
secolo, Lullo è presentato come colui che ha rivelato al benedettino
Cremer i segreti dell’alchimia:

Quantoque magis legi, tanto magis erravi, usque dum in Italiam divina
providentia me contulerim, ubi Deo optimo maximo visum fuerit, me in
sodalitium unius viri non minus dignitate, quam omni genere eruditione
praediti, Raymundi nomine destinare [...] Posteaquam hunc virum egre-
gium in conspectu inclitissimi Regis Edovardi deduxi, a quo merita digni-
tate recipitur et omni humanitate tractatus, ibique multis promissis, pactis,
conditionibusque a rege inductus, erat contentus Regem pro missione
divina sua artem divitem facere. Hac solummodo conditione, ut rex in pro-
pria persona adversus Turcas, inimicos Dei, bellum gereret impenderetque
super domum Domini, minimeque in superbia aut bello gerendo adversus
Christianos 73.

C’è in questo racconto un elemento di sapore autenticamente lul-


liano, il legame fra l’opus trasmutatorio e il progetto di crociata:
come Lullo aveva davvero fatto molte volte, l’approccio al sovrano
viene ricercato in relazione alla missione divina sua, cui però in
questo contesto non è finalizzata l’arte combinatoria, bensì l’arte
alchemica. Coerentemente con l’autorevolezza riconosciutagli (Rai-
mondo è in grado di porre condizioni al re), il filosofo catalano non
è qui rappresentato come discepolo di Arnaldo, bensì come maestro
di Cremer, quasi a delineare per quest’ultimo una prestigiosa genea-
logia alchemica. Per quanto, però, Arnaldo fosse noto come alchimi-
sta in Inghilterra già nel XIV secolo (lo attesta fra l’altro la Canon’s
Yeoman Tale di Chaucer) 74, il suo nome non compare nel Testamen-

72. Ferguson, Bibliotheca Chemica, 184-85, riferisce su Cremer esclusivamente


notizie ricavate dal testo a lui attribuito, citato alla nota seguente.
73. Testamentum Cremeri, Abbatis Westmonasteriensis, Angli, Ordinis Benedictini,
in Michael Maier, Tripus aureus, Frankfurt 1618, 535.
74. R. Halleux, Les Textes Alchimiques, Turnhout 1979, 147-48; E.H. Duncan,
«The Literature of Alchemy and Chaucer’s Canon’s Yeoman Tale», Speculum, 43
(1968, 633-56); S.J. Linden, Darke Hierogliphicks: Alchemy in English Literature from
Chaucer to the Restoration, Lexington 1996.

33
MICHELA PEREIRA

tum Cremeri; inoltre i procedimenti alchemici ivi descritti non cor-


rispondono a quelli delle opere d’alchimia attribuite ad Arnaldo.
Mentre queste ultime insegnano la produzione dell’elixir, farmaco
dei metalli e del corpo umano, la breve practica di Cremer contiene
operazioni esclusivamente finalizzate alla trasmutazione dei metalli;
in tal modo esclude anche, o rende molto improbabile, una deriva-
zione della figura dello stesso Cremer da quella del monaco bene-
dettino i cui dialoghi con Lullo sono riportati a mo’ di prologo ed
epilogo del Liber de secretis naturae seu de quinta essentia 75.
Nonostante le ottime premesse, il racconto di Cremer finisce
male: «Sed (proh dolor!) hoc promissum erat irritum a rege viola-
tumque, tum ille vir prius in spiritibus penetralibusque cordis sui
afflictus hinc trans mare lamentabili miserabilique more aufugit,
quod cor meum urit non mediocriter» 76. Nella Historia cinquecen-
tesca, sopra ricordata, il sobrio resoconto della fuga e del dolore che
essa ha provocato nel cuore del discepolo diventerà il racconto in
prima persona dell’incarcerazione nella Torre di Londra e della pri-
vazione del cibo, da cui Raimondo verrà salvato per l’intervento del
figlio del re 77 e dell’arcangelo Gabriele, riuscendo a sfuggire alla

75. Sulla distinzione fra l’alchimia dell’elixir e l’alchimia metallurgica v. M.


Pereira, «Teorie dell’elixir nell’alchimia latina medievale», Micrologus, 3 (1995),
103-48. Sui dialoghi fra Raimondo e il monaco benedettino nel Liber de secre-
tis naturae seu de quinta essentia, che peraltro contraddicono la leggenda dell’in-
segnamento arnaldiano sostenendo che l’alchimia non era disapprovata nelle
opere autentiche di Lullo, ma anzi necessario complemento della sua dottrina
dinamica dell’essere, M. Pereira, «Filosofia naturale lulliana e alchimia. Con l’i-
nedito epilogo del Liber de secretis naturae seu de quinta essentia», Rivista di storia
della filosofia, 41 (1986), 747-80.
76. Testamentum Cremeri, 535. Cfr. Pereira, The Alchemical Corpus, 39.
77. Qui, peraltro, il re che contravviene ai patti è Roberto, e il principe soc-
correvole è Edoardo. In questo contesto compare poi anche il figlio di
Edoardo, Carlo, continuatore dell’opera alchemica. (Pereira, «La leggenda»,
152). I due re ‘buoni’ sono i destinatari di due gruppi diversi di scritti, testi-
moniando dall’interno del corpus la sua stratificazione (cfr. M. Pereira, «Strati-
ficazione dei testi nella tradizione degli scritti alchemici pseudolulliani», in Le
edizioni dei testi filosofici e scientifici del ’500 e del ’600, a c. di G. Canziani e G.
Paganini, Milano 1986, 91-97). In una rielaborazione della Historia conservata
in un unico manoscritto col titolo di Lumen claritatis et flos florum (Firenze,
Biblioteca Nazionale Centrale, Magl. XVI.50, ff. 55r-65r), l’autore del testo si
denomina Ladislaus Lullus, consobrinus Raymondi, e mette in gioco un altro re,
Filippo (Pereira, The Alchemical Corpus, 49). Quest’ultima versione della leg-
genda dovette essere nota ad Antonio Pasqual, che chiude il suo esame critico
della vita di Lullo con un capitolo De Libris Alchimicis B. Raimundo Lullo attri-

34
IL SANTO ALCHIMISTA

morte; memore della brutta esperienza, conclude raccomandando ai


suoi seguaci di tenersi alla larga dai potenti: «vide si potes ne acce-
das ad ullos principes magnos»! 78.
Il tema del viaggio in Inghilterra ha origine in un passo del Com-
pendium animae transmutationis metallorum, opera che come il Codicil-
lus è strettamente legata al Testamentum; in essa l’autore racconta di
un viaggio che ha toccato le coste atlantiche della penisola iberica
(Conil, Lisbona, Finisterre) «dum ad Angliam transivimus, propter
intercessionem domini Regis Eduardi Illustrissimi» 79. E il nome di
Edoardo compare anche in un altro racconto delle vicende di Lullo
alchimista negli anni ’40 del XV secolo, dove l’insegnamento di
Arnaldo, il viaggio e il rapporto col re sono forse per la prima volta
connesso 80. L’autore ne è Guglielmo Fabri, decano della chiesa di
Die nel Delfinato e funzionario del papa Felice V, alle cui compe-
tenze mediche (o meglio medico-alchemiche) il papa si rivolge per
curare la paralisi a una mano che i medici della curia non erano riu-
sciti a guarire 81. Fabri narra, in vari passi del suo Liber de lapide phi-

butis (Vindiciae, 437-39), in cui confuta la possibilità del viaggio in Inghilterra,


collega la produzione di testi alchemici pseudolulliani alla falsa notizia sull’ap-
partenenza di Lullo all’ordine dei Domenicani, e conclude seccamente: «illa,
quae ex Cremmero, Abbate Westmonasteriensi adducuntur de appulsu Ray-
mundi in Angliam; quae de Ladislao Lullo, nostri Raymundi consobrino; quae
de auro facto per Alchimiam in Anglia a nostro Raymundo, sunt merae fabu-
lae, & somnia dormientium» (ibid., 439).
78. Historia, in Pereira, «La leggenda», 158-63: 161. Lullo è citato come esem-
pio in un trattatello scritto in francese da Jean Saulnier nel 1432 (trascritto nel
1516 da Pierre Bureteau, ms Orléans, Bibliothèque Municipale 291, 57r-58v)
per dimostrare che gli alchimisti possono evitare i pericoli derivanti dall’atteg-
giamento dei potenti soltanto mantenendo il più rigoroso segreto sulle proprie
ricerche: «[…] le roy […] promist de faire ce que maistre Raymond luy avoit
dit et requis dilligemment et commanda audit Raymond a besogner ce qu’il
fist. Ce nonobstante le roy le gardoit tousjours secretement comme prisonnier
en sa terre […] Et pour ce mon filz je te prie de rechef et expressement te
commande et enjoinctes que ceste science tu vueilles bien tenir secrette pour
les grans inconvenients qui sen pourroient ensuivre» (ff. 57v-58r, trascr. in J.
Corbett, Catalogue des manuscrits alchimiques latins, II, Bruxelles 1951, 153). Sul
rischioso rapporto fra alchimisti e potere v. C. Crisciani, Il papa e l’alchimia.
Felice V, Guglielmo Fabri e l’elixir, Roma 2002, 81-87.
79. Manget, Bibliotheca Chemica, I, 789.
80. Crisciani, Il papa, 89. I due motivi compaiono entrambi, ma separati,
negli scritti di un altro alchimista di tradizione lulliana, Cristoforo da Parigi:
Pereira, The Alchemical Corpus, 44-46.
81. C. Crisciani, Il papa, 64-66, 73-74. Nel Liber de lapide philosophorum, ivi
edito con traduzione italiana e commento (111-83), Fabri richiama anche il re

35
MICHELA PEREIRA

losophorum, di un terzetto di alchimisti, Raimondo, Arnaldo e John


Dastin 82, che operano presso il re d’Inghilterra, o meglio con lui, per
produrre l’elixir e scriverne insieme:

Quot labores sumpserit rex Anglie Odoardus, qui in habitu heremite pro
hac arte circuivit orbem terrarum; et quomodo tractavit Arnaldum, Ray-
mondum et Johannem de Testym, reperiuntur cronice laudabiles [...] ultra-
montani habuerunt eodem tempore concurrentes Arnaldum de Villa Nova,
Raymundum Lulii et Johannem de Testym, qui cum rege Odoardum
Anglie, domino insulanorum inhabitantium mare oceanum, opus perege-
runt et libros scripserunt 83.

La ricerca a cui i tre insieme al sovrano si dedicavano aveva per


obiettivo la produzione del farmaco alchemico per eccellenza, l’oro
potabile, in relazione al quale Fabri cita testi attribuiti ad Arnaldo e
a Lullo, oltre a diversi altri nomi autorevoli della tradizione medica
e alchemica 84. Scopo dell’alchimia è infatti la conquista del farmaco
capace di guarire tutti i mali e donare lunga vita, piuttosto che la
ricchezza o il potere, perché di tali cose «veri philosophi non curant,
quia habent quicquid desiderant, ut patet de Arnaldo, Raymondo et
Johanne de Testym, cum quibus rex Odoardus, completo opere et
inter eos diviso, voluit dividere regnum suum. Sed dixerunt regi
quod regnare et philosophare essent duo incompatibilia» 85. L’in-

Roberto, ma solo come dedicatario di opere lulliane, «ut Raymondus scripsit


regi Roberto» (144). Cfr. Pereira, The Alchemical Corpus, 41-43.
82. Sulla presenza di questo terzo alchimista, di cui conosciamo diverse ope-
rette sulla trasmutazione metallica e sull’elixir, e che fu in rapporto col cardi-
nale Napoleone Orsini e col papa Giovanni XXII, v. Crisciani, Il papa, 52-53.
83. Crisciani, Il papa, 146, 168. È difficile immaginare che le chronice laudabi-
les nominate dal Fabri siano il trattatello di Cremer, dato che in esso il finale
del racconto parrebbe piuttosto adatto a esemplificare «contrarium autem
facientes tyrampnos et paganis deteriores», che lo stesso Fabri contrappone
all’atteggiamento benevolo di Edoardo. Sui viaggi del re in cerca dell’alchimia
si diffonde un testo risalente al XIV secolo, la Visio Edwardi, su cui ha richia-
mato l’attenzione Chiara Crisciani (ibid., 90). La Visio è edita in. P. Barthélemy
e D. Kahn, «Les voyages d’une allegorie alchimique», in Comprendre et maîtriser
la nature au Moyen Âge. Mélanges d’histoire des sciences offerts à Guy Beaujouan,
Genève 1994, 481-530; cfr. anche M. Pereira, «Sogni e visioni alchemiche», in
Atti del convegno. I sogni e la scienza nella letteratura italiana, ed. N. Tonelli, Pisa
2008, 5-15.
84. Sull’oro potabile v. Crisciani, ll papa, 92-94.
85. Ibid., 164.

36
IL SANTO ALCHIMISTA

sieme delle notizie date dal Fabri, e in particolare quest’ultima,


sembra riecheggiare un passo della terza parte del Testamentum, nel
quale l’autore ricorda una piccola societas di alchimisti: «Fuimusque
tres, euntes simul cum magna fidelitate, unde millesima fuit tercii;
complevimus autem anno MCCCXXX et fuit opus completum,
unde quilibet accepit suam partem de tribus cognoscentibus artem;
vasa remanserunt quarto, qui remansit in suo regno, regnans ut
prius» 86.
Anche l’elaborazione del Fabri conferma dunque che la leggenda
alchemica dipende nella sua formazione da motivi presenti nei testi,
che in quanto tali costituiscono possibili indizi per chi volesse
andare più a fondo nel tentativo di identificazione degli scritti pseu-
dolulliani 87. Agli alchimisti questi racconti servivano per confer-
marsi nella convinzione che l’autore fosse Raimondo Lullo, e nel
tentativo di collegarli tutti insieme arrivarono a costruire un rac-
conto articolato, talora arricchito da abbellimenti idiosincratici 88,
ma che non lascia mai intuire fonti extra-testuali: la leggenda alche-
mica si costruì al riparo da quelle spinte popolari, che invece ebbero
un ruolo significativo nella costruzione della leggenda agiografica. E
d’altra parte per molto tempo nessuno fra gli autori che raccontano
in maniera più o meno articolata le vicende del Lullo alchimista si
preoccupò di collegare questo racconto a quello della vita del Lullo
storico o della leggenda costruita attorno a essa, così come, specu-
larmente, i lullisti cercarono di tener separati i libri alchemici e gli
episodi narrati dagli alchimisti dalle opere e dalla vita del filosofo
catalano finché non furono in grado di confutarli 89.

86. Pereira-Spaggiari, Il Testamentum alchemico, p. 468; Crisciani, Il papa, 90.


87. Ho lavorato su questi indizi, ma senza ottenere risultati decisivi, nel-
l’«Introduzione storica» a Pereira-Spaggiari, Il Testamentum alchemico, X-XXI;
cfr. Pereira, «’Maestro di segreti’», 408-11.
88. È il caso dell’alchimista milanese Ettore Ausonio, che nel 1551 scrive un
Trattato sopra l’arte dell’alchimia (cfr. sotto, n. 104 e 105), in cui presenta separa-
tamente i due episodi della leggenda alchemica: l’insegnamento arnaldiano è da
lui considerato come un insegnamento reciproco, in cui Arnaldo avrebbe inse-
gnato la pratica e Lullo spiegato la teoria dell’alchimia. Nel raccontare il viag-
gio in Inghilterra, Ausonio ci informa che Lullo aveva appreso l’alchimia dal
libro dei sette sigilli del re Salomone (Pereira, The Alchemical Corpus, 48; e cfr.
sotto, n. 102). In entrambi i casi lo scopo è evidentemente quello di esaltare la
sapienza di Raimondo.
89. Joan Segui è il primo a ricordare gli scritti alchemici pseudolulliani e il
viaggio in Inghilterra, a cui non dà tuttavia credito, pur non negando di essere

37
MICHELA PEREIRA

Un personaggio a tutto tondo

Per trovare il primo racconto che collega episodi tratti dalle due
leggende occorre uscire sia dagli ambienti dei lullisti che da quelli
degli alchimisti: un tale racconto fu infatti opera di Pierre de
Brantôme, avventuroso personaggio che in un intervallo forzato della
sua vita di cortigiano e diplomatico – i quattro anni di infermità che
seguirono a una rovinosa caduta da cavallo nel 1583 – si dedicò alla
scrittura di una serie di Discours. Il lavoro di revisione si protrasse fino
alla sua morte (1609), e i Discours vennero editi per la prima volta a
Leida nel 1665-1666, in una serie di nove volumetti dal titolo Les
Dames galantes 90. Si tratta, scrive Paul Morand, di un lavoro letterario
sui generis, perché «plutôt qu’un écrivain, Brantôme est un parleur,
un hablador»; dunque la sua redazione ‘completa’ della leggenda di
Lullo, che ne mette insieme vari frammenti – lasciando però fuori il
tema del martirio – è una scrittura molto vicina all’oralità; e nel pre-
sentarsi come il racconto di un informatore anonimo a essa ricon-
duce, per quanto l’informatore a sua volta rinvii a fonti scritte.
Il racconto prende il via dalla riflessione, nel secondo dei Discours,
sul senso della vista e sulla possibilità di esserne tratti in inganno,
quando ad esempio la bellezza di un volto si rivela illusoria. Niente di
più ovvio che introdurre, a questo proposito, la leyenda del desengaño di
Lullo, e questa è esattamente la mossa narrativa proposta da Brantôme:

Nous en avons un bel exemple d’un gentilhomme de l’isle de Majorque,


qui s’appelloit Raymond Lulle, de fort bonne, riche et ancienne maison,
qui, pour sa noblesse, valeur et vertu, fut appelé en ses plus belles années au

stato egli stesso coinvolto nell’alchimia. Cfr. sopra, n. 68. Decisa è la confuta-
zione degli episodi alchemici a partire dagli scritti di Mut, Wadding, Vernon,
Custurer, Sollier, Pasqual (Pereira, The Alchemical Corpus, 50-53, 56-58). Un caso
a parte è quello di Ivo Salzinger, che si era accostato alle opere di Lullo a par-
tire dalla tradizione alchemica ed era un convinto assertore della verità dell’al-
chimia e dell’autenticità dei testi alchemici a Lullo attribuiti. Salzinger attaccò
frontalmente le critiche di Sollier e Custurer, ma rinunciò comunque a pub-
blicare opere d’alchimia nella sua edizione degli Opera omnia lulliani (Pereira,
The Alchemical Corpus, 53-56).
90. Dopo l’edizione di Leida, curata da J. Sambix il giovane, il testo venne
ristampato a L’Aia nel 1740. Fra le varie edizioni recenti, che per lo più si
basano su quella classica del Lalanne, ho utilizzato P. de Brantôme, Les dames
galantes, ed. P. Pia, Gallimard, Paris 1981, Préface di Paul Morand.

38
IL SANTO ALCHIMISTA

gouvernement de cette isle. Estant en ceste charge, comme souvent arrive


aux governeurs des provinces et places, il devint amoureux d’une belle
dame de l’isle, des plus habilles, belles et mieux disantes de là. Il la servit
longuement et fort bien; et, luy demandant tousjours ce bon point de
jouissance, elle, aprés l’en avoir refusé tant qu’elle put, luy donna un jour
assignation, où il ne manqua ny elle aussi, et comparut plus belle que jamais
et mieux en poinct. Ainsi qu’il pensoit entrer en paradis, elle luy vint à
descouvrir son sein et sa poitrine toute couverte d’une douzaine d’em-
plastres, et, les arrachant l’une aprés l’autre, et, de despit les jettant par terre,
luy monstra un effroyable cancer, et, les larmes aux yeux, lui remonstra ses
miseres et son mal, luy disant et demandant s’il y avoit tant de quoy en elle
qu’il en deust estre tant espris; et, sur ce, luy en fit un si pitoyable discours
que luy, tout vaincu de pitié du mal de cette belle dame, la laissa; et, l’ayant
recommandée à Dieu pour sa santé, se defit de sa charge et se rendit her-
mite. Et, estant de retour de la guerre sainte, où il avoit fait voeu, s’en alla
estudier à Paris, sous Arnaldus de Villanova, sçavant philosophe; et, ayant fait
son cours, se retira en Angleterre, où le roy pour lors le receut avec tous les
bons recueils du monde pour son grand sçavoir, et qu’il transmua plusieurs
barres et lingots d’or et d’argent en lingots et barres de fer, de cuivre et d’es-
tain, mesprisant cette commune et trivialle façon de transmuer le fer et le
plomb en or, parce qu’il sçavoit que plusieurs de son temps sçavoyent faire
cette besogne aussi bien que luy, qui sçavoit faire l’un et l’autre; mais il vou-
loit faire un pardessus les autres 91.

Il tema della conversione è quasi scomparso e gli elementi alche-


mici sono ridotti al minimo, perché l’interesse di Brantôme è tutto
centrato sull’esempio dell’illusorietà della bellezza esteriore. Il fatto
però che i motivi alchemici compaiano attesta che nell’immaginario
relativo al ‘personaggio Lullo’ essi si erano ormai saldati al racconto
della vita integrato con gli episodi leggendari. Nel rapido riferi-
mento all’alchimia, inoltre, incontriamo un elemento nuovo rispetto
a quanto abbiamo visto fin qui, e piuttosto strano: la trasmutazione
‘alla rovescia’, ovvero fare ferro, rame e stagno dall’oro e dall’ar-
gento: un aspetto che non si riscontra in alcuna delle versioni della
leggenda, ma che richiama la valorizzazione del ferro in un testo
cinquecentesco strettamente connesso all’alchimia pseudolulliana, il
Lignum vitae di Giovanni Bracesco (1542), nel quale comunque non
si fa menzione di nessun episodio leggendario 92.

91. Brantôme, Les dames, 245-47.


92. La data del 1542 si riferisce alla prima edizione del dialogo del Bracesco,

39
MICHELA PEREIRA

Pierre de Brantôme dichiara di aver raccolto questo racconto

d’un gallant homme qui m’a dit le tenir du jurisconsulte Oldrade qui parle
de Raymond Lulle au commentaire qu’il a fait sur le code de falsa moneta.
Aussi le tenoit-il, ce disoit, de Carolus Bovillus, Picard de nation, qui a
composé un livre en latin de la vie de Raymond Lulle.

Dunque siamo di fronte a un passaggio scrittura-oralità-scrittura,


in cui il richiamo a Charles de Bouelles – concernente evidente-
mente l’episodio amoroso – conferma la diffusione e l’autorevolezza
della sua biografia di Lullo. Invece sul richiamo a Oldrado – che
riguarda il versante alchemico del racconto – il gallant homme (o
forse lo stesso Brantôme?) barava, perché il testo richiamato, un
commento al capo de falsa moneta del codice giustinianeo, non esiste:
e se è vero che Oldrado aveva dedicato un consilium alla liceità del-
l’alchimia, è altrettanto certo che in esso non si fa cenno a Lullo 93.
Con questo racconto riportato da Brantôme siamo giunti alla fase
conclusiva di formazione della leggenda di Lullo, che s’intreccia con
la redazione delle vite devote di ambiente francese e con l’inizio
delle analisi erudite volte ad appurare l’autenticità degli scritti alche-
mici e la credibilità della leggenda stessa: già nel 1625 Gabriel Naudé
l’aveva attaccata nella sua Apologie 94. Più avanti sarebbe stato Vicente
Mut, nella sua Historia del Reyno de Mallorca (1650), a passare al setac-
cio tutti gli aspetti della leggenda, come anche Lucas Wadding (Scrip-
tores Ordinis Minorum, 1650) e, agli inizi del secolo successivo, Jaume
Custurer e Jean Baptiste Sollier nelle loro ricerche sulla vita di Lullo
per gli Acta Sanctorum 95. Questo imponente lavoro di critica pro-
dusse i suoi effetti nel campo del lullismo, inducendo l’editore set-
tecentesco delle opere di Lullo Ivo Salzinger, che pure era un con-

redatto in lingua italiana: cfr. L. Baldacchini, «Edizioni di Lullo e Cusano e un


dialogo di Bracesco», in Ramon Llull und Nikolaus von Kues. Eine Begegnunc im
Zeichen der Toleranz, Turnhout 2005, 247-60: 253. La traduzione latina venne
edita per la prima volta nel 1561 e ristampata in varie raccolte di testi alche-
mici, fra cui Manget, Bibliotheca Chemica I, 911-38.
93. F. Migliorino, «Alchimia lecita e illecita nel Trecento. Oldrado da Ponte»,
Quaderni medievali, 11 (1981), 6-41. Come abbiamo già segnalato, cade in questo
modo l’unico argomento che era stato portato in favore dell’antichità della leg-
genda alchemica.
94. G. Naudé, Apologie pour toutes les grands personnages qui ont été faussement
soupçonnés de magie, Paris 1625, 246-85.
95. Pereira, The Alchemical Corpus, 50-53, 56-57.

40
IL SANTO ALCHIMISTA

vinto assertore dell’autenticità degli scritti alchemici attribuiti al


filosofo catalano, a soprassedere all’edizione dei due volumi degli
Opera omnia che dovevano contenere i testi d’alchimia 96. Ma non
trovò ascolto nel campo dell’occultismo, la cui distanza dal contesto
della cultura ufficiale andava sempre più accentuandosi.
Come già abbiamo accennato, nel ricostruire la storia dell’alchi-
mia Ole Borch si serve ancora dell’anonima Historia – dove la leg-
genda di Raimondo alchimista era stata sviluppata in tutti i suoi
aspetti – per difendere contro gli attacchi di Mut l’autenticità del-
l’alchimia ‘lulliana’. Ma sarà soprattutto un erudito del XVIII secolo,
Nicolas Lenglet-Dufresnoy (1674-1755), a fornire una ricostruzione
della biografia di Lullo in cui gli episodi alchemici trovano posto
entro i limiti cronologici della vita del filosofo, contro ogni evidenza
di datazione dei testi più antichi del corpus; ed è questa ricostruzio-
ne che fornirà la base alle narrazioni ottocentesche, dalle Lives of
Alchemystical Philosophers di E.A. Waite (1888) alla Histoire de la magie
(1859) di Eliphas Levi, riecheggiate in innumerevoli pubblicazioni di
matrice occultistica, la cui diffusione è oggi moltiplicata da Inter-
net 97.
Nella primo volume della sua Histoire de la philosophie hermétique
(1742) l’erudito francese riserva a Lullo uno spazio molto ampio 98,
narrando con dovizia di particolari e con riferimenti alle fonti l’e-
pisodio della dama, che denomina Ambrosia del Castello 99, e colle-
gandolo alla visione del crocifisso:

Voyez, lui dit-elle & jugez si ce miserable corps mérite vos éloges &
votre estime. Je vous le conseille donc encore une fois, Seigneur, changez
d’objet, vous le meritez, élevez-vous à ce qu’il y a de plus grand, recher-

96. Ibid., 53-56.


97. Cfr. sopra, n. 6. Di Waite si deve ricordare anche il volume espressamente
dedicato a Lullo: Raymund Lully: Illuminated Doctor, Alchemist and Christian
Mystic, London 1922. Le versioni ottocentesche della leggenda aggiungono in
genere ai motivi tradizionali quello della lunga vita, che discende chiaramente
dai testi pseudolulliani dedicati all’alchimia dell’elixir ma è assente da tutte le
versioni precedenti della leggenda, compresa quella del Lenglet-Dufresnoy.
98. N. Lenglet-Dufresnoy, Histoire de la philosophie hermétique, 144-87. Torna
sulla leggenda di Lullo anche nel breve capitolo dedicato a Cremer, 221-26.
99. Ibid., 146-49. Sui nomi della dama in diverse versioni della leggenda v.
Llompart, «La leyenda», 288-89. Una romanzesca Lettre de la Signora Ambrosia di
Castello de Genes à Raymond Lulle è riportata dal Perroquet (Vie, 5) e dal Vernon
(L’Histoire, 6-7).

41
MICHELA PEREIRA

chez ce qui seul est digne de l’attention d’une ame chrétienne. Cet aspect
toucha moins les yeux que le coeur de Raymon, & après avoir temoigné à
cette sage personne combien il étoit sensible à son infortune, il se ritire
chez lui, & se sentant tout autre qu’il n’etoit auparavant, il se jette aux pieds
d’un Crucifix, resolu de se consacrer au service de Dieu 100.

Di seguito il Lenglet racconta, in maniera molto sintetica, la


visione ripetuta di Cristo e continua seguendo a grandi linee la VC,
ma integrandola con l’apporto di altre fonti, fra cui alcune apparte-
nenti alla tradizione alchemica (Ole Borch, Robert Constantin,
Edmund Dickinson) 101. Sostiene così che nel 1281 a Parigi Lullo
incontrò per la prima volta Arnaldo da Villanova, e di nuovo nel
1291 i due si ritrovarono a Montpellier 102. In queste occasioni non
avrebbero ancora discusso di alchimia, come invece avvenne se-
condo il Lenglet nel terzo incontro, che ritiene abbia avuto luogo
a Napoli nel 1293-94, durante il quale Arnaldo avrebbe dimostrato
praticamente a Raimondo la verità della trasmutazione 103.
Poi, inserendo un riferimento al Testamentum, e collocando l’epi-
sodio narrato in una data ‘compatibile’ con la VC, Lenglet racconta
che negli anni 1295-1296 Raimondo, convintosi di non poter più
fare niente di utile a Roma «[...] se rendit à Milan, Ville alors plus
tranquile pour un Philosophe. Raymond s’y arrêta donc quelque
tems, & y fit quelques operations de la Science Hermetique; et l’on

100. Lenglet Dufresnoy, Histoire, 149-50.


101. Su Borch v. sopra, n. 70. Robert Constantin è l’autore di un Nomencla-
tor insignium scriptorum citato nella prefazione della collezione alchemica Verae
alchemiae … doctrina, edita da Robert Duval a Basilea nel 1561. Su Edmund
Dickinson v. A. Clericuzio, «Alchemica vetus et vera. Les théories sur l’origine de
l’alchimie en Angleterre au XVIIe siècle», in Alchimie: Art, histoire et mythes edd.
D. Kahn, S. Matton, Paris, Milan 1995, 737-48: 744ss.
102. Lenglet-Dufresnoy, Histoire, 154.
103. Ibid., 175: «D’ailleurs d’anciens Ecrivains rapportent que Raymond
Lulle avoit eu une dispute, dans laquella il prétendoit montrer à Arnauld deVil-
leneuve, que la transmutation des Métaux étoit moins appuyée dans le fond de
la nature même, que sur l’imagination des hommes. Et pour convaincre Ray-
mond, il fallut qu’Arnaud fît devant lui la trasnmutation métallique; & ce fut à
Naples, où il se trouva avec Arnaud de Villeveuve en 1293 & 1294». Arnaldo
riuscì a convincere Raimondo, che di conseguenza divenne suo discepolo,
come Lenglet aveva già dichiarato alla fine del capitolo dedicato al villanovano:
«Mais Arnaud a fait dans cette Science un Eleve, qui a extrêmement brillé dans
touls les genres, & dont la vie a merité d’être écrite par cinq ou six Auteurs
distingués […] Cet Homme celébre est Raymond Lulle» (144).

42
IL SANTO ALCHIMISTA

y montre encore la maison ou ce pieux Philosophe a travaillé» 104. In


nota aggiunge che «Lullius de Mercuriis narrat se Mediolani anno Ch.
1333 (lege 1296) Chymica quaedam experimenta absolvisse» 105; in
questo modo, correggendo la data sulla base delle considerazioni di
Ole Borch, riesce a coniugare fonti attendibili con altre del tutto
fantasiose, e a inserire nell’arco temporale della vita del Lullo storico
tutti gli aspetti della leggenda alchemica 106.
Il viaggio in Inghilterra viene collocato nel 1312-3, dopo la par-
tecipazione di Lullo al concilio di Vienne e dopo la data di redazione
della VC, dunque in un’epoca della sua biografia che sembrava poter
accogliere proiezioni fantastiche come quella derivante dal racconto
di Cremer 107:

Il estoit encore à Vienne en 1312 lorsqu’il reçut des Lettres d’Edouard,


Roy d’Angleterre, & de Robert, Roy d’Ecosse, quil’exhortoient de passer
dans leurs Etats. Ces deux Princes qui avoient oui parler de Raymond, vou-

104. Ibid., 158. L’aggancio è l’affermazione della VC che dopo aver tentato
invano di convincere Bonifacio VIII, appena eletto papa, della bontà dei suoi
progetti di crociata, «Denique tamen videns Raimundus, se a summo pontifice
aliquid obtinere non posse, profectus est ad ciuitatem Ianuae» (VC 294). Non è
chiaro tuttavia da dove venga il dettaglio relativo alla città di Milano, a meno
che il Lenglet non conoscesse la versione della leggenda di Lullo data da Ettore
Ausonio, un medico milanese, che la presenta in forma molto amplificata e con
dettagli del tutto inediti: E. Ausonio, Trattato sopra l’arte dell’alchimia, Milano,
B. Ambrosiana, Q 118 Sup., 4r-31r. Cfr. Pereira, The Alchemical Corpus, 48; e so-
pra, n. 88.
105. Ibidem. Il riferimento testuale è alla terza parte del Testamentum, lo
stesso passo citato sopra alla n. 86, in cui il Magister Testamenti diceva anche di
aver avuto un rapporto d’insegnamento scambievole con un socius, che l’Auso-
nio aveva identificato con Arnaldo da Villanova: «Raimondo Lulio et Arnaldo
da Villa nova […] l’uno non cognosceva la possibilità dell’arte; l’altro quantun-
que per isperienza la mostrasse a Raymondo non sappeva però assignarli fon-
damento veruno» (Trattato, 13r). Cfr. sopra, n. 86.
106. Nella cronologia che conclude il capitolo (Histoire, 183-87) scrive che
nell’anno 1293 Lullo «se rend à Naples, & y reste jusqu’en Juillet 1294. C’est là
que Raymond apprend d’Arnaud de Villeneuve la Science hermetique, & y fait
quelques Ouvrages». Nel 1296: «Quitte Rome, passe par Milan, y travaille à la
Science Hermetique, & se rend à Genes». Infine nel 1312: «Revient à Paris
[dopo essere stato al Concilio di Vienne nel 1311], après Mars passe en Angle-
terre».
107. Il viaggio è del resto «une composante obligée du récit alchimique»
secondo Robert Halleux («Le mythe de Nicolas Flamel ou le mécanisme de la
pseudoépigraphie alchimique», Archives internationales d’histoire des sciences, 33,
1983, 234-55: 250).

43
MICHELA PEREIRA

loient voir un homme qu’on pouvoit regarder comme le Phenomene le


plus extraordinaire de l’humanité. Raymond s’y rendit, il crut trouver dans
l’ardeur de ces Princes toutes les dispositions nécessaires, soit pour la décla-
ration d’une guerre contre les Infideles, soit pour le recouvrement de la
Terre Sainte 108.

Più del racconto sono però interessanti le annotazioni, in cui il


Lenglet giustifica il richiamo ai due re facendo espresso riferimen-
to alla versione più completa della leggenda narrata nell’anonima
Historia 109; riporta il racconto di Cremer – sul quale torna anche
in seguito 110 –; appoggia la notizia delle monete coniate con oro
alchemico sull’autorità, fra altre, di un personaggio poco conosciuto
della tradizione lulliana rinascimentale, Pierre Gregoire di Tolosa 111;
e infine sostiene che nella Torre di Londra, dove Raimondo era stato
imprigionato, si è trovata secoli dopo beaucoup de poudre, annove-
rando così Lullo fra i protagonisti delle numerose le leggende sei e
settecentesche imperniate sulla polvere di trasmutazione misteriosa-
mente trovata, o ricevuta in eredità 112.
Lenglet non poteva evidentemente ignorare le numerose critiche
che da circa un secolo avevano iniziato a scalzare l’attribuzione a
Lullo degli scritti alchemici, perciò si applica scrupolosamente a
demolirle, esaminando con dovizia di particolari la cronologia dei re
d’Inghilterra 113 e le critiche all’alchimia presenti nelle opere auten-
tiche del filosofo – entrambi argomenti sollevati contro l’attribu-
zione delle opere alchemiche a Lullo fin dalla Historia del Reyno de

108. Lenglet Dufresnoy, Histoire, 164-65.


109. Cfr. sopra, n. 69.
110. Lenglet Dufresnoy, Histoire, 221-26.
111. Ibid., 168: «Raymundum Lullium Edoardo Regi Angliae sex aurimillio-
nes a se confectos obtulisse ad Bellum contra Infideles in Terra Sancta promo-
vendum. Petrus Gregorius Tholosanus». Su Pierre Gregoire, P. Rossi, Clavis uni-
versalis. Arti mnemoniche e logica combinatoria de Lullo a Leibniz, Milano-Napoli
1960, 57-59. Sulle monete alchemiche, V. Karpenko, «Coins and Medals Made
of Alchemical Metal», Ambix, 35 (1988), 65-76 e le fonti citate in Pereira, The
Alchemical Corpus, 40 n. 16.
112. Ibid., 169. Un racconto celebre di trasmissione della polvere di trasmu-
tazione è quello che riguarda gli alchimisti Alexander Seton e Michael Sedjzi-
voj (Sendivogius), cfr. Ferguson, Bibliotheca Chemica, 368-69, 374-76. Le peripe-
zie di Seton richiamano molti dei temi della leggenda alchemica di Lullo, che
erano del resto motivi topici delle vite degli alchimisti: il viaggio, l’insegna-
mento, il rapporto travagliato col potere.
113. Lenglet Dufresnoy, Histoire, 169-73.

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IL SANTO ALCHIMISTA

Mallorca di Vicente Mut. Utilizzando uno stereotipo dell’occultismo,


dichiara che l’atteggiamento negativo del filosofo nei confronti del-
l’alchimia altro non è che una copertura delle sue attività trasmuta-
torie:

Mais il n’est rien de si facile que de lever cette legere difficulté. Croi-
ton que Raymond ait été moins discret que les autres Philosophes Herme-
tiques? Ceux qui sont les plus experts se font un principe de déclamer
publiquement contre la transmutation des Métaux, dans le tems qu’eux-
mêmes se livrent entierement à la pratique de cette Science 114.

Ma l’argomento principe che adduce è che l’insegnamento del-


l’alchimia impartito da Arnaldo da Villanova a Lullo negli anni ’90
avrebbe provocato in quest’ultimo un cambio radicale di atteggia-
mento, che lo avrebbe portato a scrivere le opere alchemiche negli
ultimi anni di vita: «Aussi convient-on que Raymond n’a eu cette
connoissance que sur la fin de sa vie. Ainsi le Philosophe mieux
instruit, a rectifié, & par sa pratique, & par ses derniers ouvrages, ce
qu’il avoit d’abord avancé contre la Science Hermetique» 115. Con
tutto ciò, anche Lenglet mantiene ferma l’idea che il proposito mis-
sionario sia rimasto sempre al centro dei pensieri di Lullo, il quale
avrebbe lasciato furtivement l’Inghilterra nel 1313, per recarsi a Mes-
sina, a Maiorca e in Africa, dove andò incontro al martirio, riferito
in termini molto sobrii 116.
Nelle pagine dell’erudito francese viene sancita dunque in ter-
mini espliciti e definitivi la saldatura di ermetismo e santità, che
conferisce a Raimondo Lullo la statura di un gigante della tradi-
zione occulta, conservandogli comunque il tratto più caratteristico
del personaggio storico: l’impulso missionario che ne motivò ogni
scritto, ogni gesto, ogni viaggio, nella realtà come nella leggenda.

114. Ibid., 174.


115. Ibid., 175-76. Sembra quasi che questa osservazione dell’erudito sette-
centesco abbia trovato un’eco, con la cautela che il metodo storico impone,
nell’affermazione di Robert Halleux (Les Textes, 100) secondo cui non si può
negare «au savant médiéval la possibilité de changer d’avis au cours d’une exis-
tence qui fut souvent longue». Nel caso di Lullo, tuttavia, l’esame delle critiche
all’alchimia contenute nelle sue opere autentiche mostra piuttosto un loro
rafforzarsi col passare degli anni (Pereira, The Alchemical Corpus, 2 n. 6).
116. Ibid., 179-81. La tipologia del racconto fa pensare alla Vida del Seguì (o
a qualche suo derivato) come possibile fonte del Lenglet-Dufresnoy.

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MICHELA PEREIRA

ABSTRACT
Lull’s autobiography, a relevant contribute to his self-presentation as
Doctor Illuminatus, was also at the origin of legendary motives (love desen-
chantment, martyrdom, visions and other wonderful episodes witnessing
his wisdom), that converged into a tale first developed in Mallorquine tra-
dition and later accepted by Lull’s pious followers and by Lullian scholars.
At the same time, an alchemical legend was slowly emerging from motives
embedded in the works on alchemy falsely attributed to Lull: his being
taught alchemy by Arnald of Villanova, the journey to England, the ambi-
valent relationship to the English king. Eventually the two tales conflate
into one in XVIIIth century Hermeticism, outside Lullian and pseudo-
Lullian environments. Thus Lull, saint and alchemist, became an outstan-
ding representative of the occult tradition.
Michela Pererira
Università di Siena
mpereiry@tiscali.it

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