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NUT-
ELLA
STORIA A PERDIFIATO

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Chi insegue le proprie suggestioni è orfano del destino…è
predestinato alla pazzia;

non è poi così grave, in un mondo com’è di pazzi nessuno


se ne accorgerà ,
chi oserà tradire il proprio senso di appartenenza?...

…a meno di non essere veramente folli!

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A mamma, papà,
alla compagna di oggi, all’incontro con Gioèle il più poetico,

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alla pervicace generosità della mia amica Emanuela..

grazie ad ogni istinto di conservazione


alla squisita crudeltà di questo pormi con gli altri!

Grazie davvero a chi mi ha svegliato con l’eloquenza di un sorriso…

e a Selena la cui Nutella, una volta mangiata, genera momenti di


depressione cosmica…as you like it!

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Prolusione:

Apposta sulle pareti di una vecchia chocolaterie


stava impressa su una targa in legno laccata
pervinca, seguendo un declivio in corsivo che sa
di antico, una profetica iscrizione; il racconto
che segue intende seguire le suggestioni che tale
insegna suggerì senza troppo badare alla
verosimiglianza ma piuttosto addentro a
quell’idea di favola simile a un sospiro: leggera,
perenne e vitale!

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Grazioso è lo scorrere di odori
che conduce – impertinente -
dove volevi: presso la disassata
stamberga di colui che rivestito
d’argilla non sapeva far altro che
recitare se stesso; e tu bambina
incurante di tutto scopristi

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l’ambizione di spiccare il volo
dentro la casetta di cioccolata!

Accipicchia, non trovo i miei colori, eppure lì avevo


dismessi non più di due ore fa –
Emanuela….manuelaaaa…rispondi su bambina! – eccola
di nuovo con il suo vociare garrulo, mi mette i brividi
solo a pensarlo che possa avere una voce così – sì ora
vengo mamma … dammi un tempo almeno di “andante
con brio” per finire le mie co… - E-M-A-N-U-E-L-A

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scendi immediatamenteeee! – miseria quanto fiato
sprecato, e poi per cosa saltellare in strada e schivando le
teorie di precipitazioni intestinali di piccioni più simili a
caccia bombardieri imbucarsi nella boulangerie -come la
chiama lei! - e una volta dentro dissimulare disattenzione
e di nascosto da me infiltrarmi tra la fila e fare la mia
richiesta –Vorrei una… baguette ben tostata rigirata
secondo rotazioni euclidee e indorata tanto da richiamare
i tordi in assenza di luce …; già così piccola e subito
iniziata all’arte del farla franca, Franca non la zia
naturalmente che poi anche lei aveva il suo bel da fare in
quel di Sollicciano, ma franca per franca ovvero senza
possibilità di passati pronti a venire a galla. Dimenticavo
il mio nome è Emanuela della Vattelappesca, contessa dei

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marroni altrui o così mi piacerebbe diventare un giorno e
guardate che se dico marroni con due R non è solo per
scansare equivoci o malintesi o fare battute da guitto di
periferia né per inscenare qualche comizio pro Lega ma
soprattutto perché il pediatra mi ha detto di sforzarmi
‘ché mi manca la..parietale, parancale…la surrenale ah ci
sono la “vibrante alveolare” insomma mi manca qualcosa
in bocca che le R scemano un po’, ecco diciamo che si
ammosciano come i fiori di zucca in estate se lasciati
fuori, ad asciugare da cosa non si è mai capito poi, e
insomma la mia R o r ammosciata o come piace a me
ingentilita alla Cavour poi così male non sembra, e
questo tono piemontese che mi dà credito è una bella
novità, soprattutto se ostentato ai passanti e agli avventori

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che qua, antistante la cappella palatina, a parte MIIInchia
e MAddonnamiasanta non dicono, tant’è ho pensato
fossero addirittura i grani del rosario recitato – perché
cos’altro è la religione se non una messa in scenografia
dei nostri pregiudizi?! - visto che indistintamente uno
segue l’altro o l’altro l’uno e spesso è proprio il preposto
della cappella che una volta contabilizzati i cespiti
provenienti dal ticket d’ingresso al monumento pronuncia
tutto di un botto : Miiinchia madonnamiasanta! – o
Madonnammiasanta minchiiia, in questo caso il minchia
viene 5 secondi dopo e procede ad libitum, e subito
guardingo registra l’introito nel librone rosso, apre il
cassetto di quercia del gabbiotto in cui è rinchiuso e tirata
fuori dalla palandrana di alpaca la sua chiave di ottone

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lavorata a champlevé chiude a doppia mandata (la terza
oramai da tempo va a vuoto, a forza di chiudere sempre
più forte alla fine si deve essere rotto l’ingranaggio e ora
va serrato con perizia tecnica da Arsenio Lupin, mica
strano comunque lo sanno tutti che i migliori ladri sono i
guardiani!!!) dicevo appunto che qua a Palermo non è
così innaturale essere piemontesi, passarono non più di
150 anni che tra una ritirata e l’altra, una strage e una
conquista per l’Unità d’Italia cioè unità nei debiti che il
Piemonte aveva e di cui decise generosamente di
omaggiarci, immagino che qualcuno avrà inteso
conoscere le usanze locali e trovandosi bene ha lasciato
presso qualcuna , mia nonna, un ricordino per i posteri,
che poi sarebbe mia madre, e poi saltando una

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generazione e qualche frasca di troppo l’erre ingentilita
me la ritrovo IO, che acquisto eh, una moretta tutta sale e
pepe e fichi d’india che parla come un gianduiotto…
questa sì che è monelleria!

Manuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu – eccolo questo è il


rantolo finale, le trombe dell’apocalisse, dopo sarà il
finimondo appunto - Sono già per le scale…come la vuoi
la baguette? –

-Come? Ma come diavolo vuoi che la prenda…? Come


sempre no?

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-Sì è sempre la solita zolfa come se sempre volesse dire
tutto e non niente, e poi è la terza volta che dice come
sempre mentre è passata da una pagnotta a un filoncino
alla baguette ritorta… la solita confusionaria… e con
questo pane che ci deve fare a parte nutrire i gatti randagi
del rione? L’altro giorno poi anche Zàzà Gabor lo ha
rifiutato il pane, - è il gatto porcino non perché sappia di
funghi o sottobosco umido ma per il contributo che da
nello spazzare via gli avanzi alimentari, Gasmann docet,
del quartiere rovistando in prossimità delle botteghe e
scegliendo quelle che adescano la buona società, infatti
ho notato che ama le gonne plissettate e gli uomini con le
ghette, la sola che possa permettersi di fare scarti - la
baguette era troppo dura, asciutta, quasi un’ ostia poco

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poco più tronfia, quel troglodita di Tumminiello, sì sì il
fornaio, deve avere intuito che il pane lo diamo alle bestie
e ci confeziona quello stagionato…dico io: duro va bene
ma almeno l’ebrezza di scalfirlo col bulino…niente
neanche questo divertimento…

Però mi piace uscire a quest’ora, l’aria è tersa e ai rumori


ininfluenti dei passanti si sovrappone il suono chiassoso
dell’odore del latte, perché lo penso veramente che gli
odori ti tramortiscono proprio entrandoti dalle orecchie…
l’olezzo del siero vaccino subito mi rimanda al
rumoreggiare dell’ammucchiata disinvolta di macchine e
congegni atti alla scrematura, pulitura, confezionatura

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della materia prima, quindi a questo luogo della natura
umana in cui l’artificio genera un prodotto finito che
all’inizio era comunque già buonissimo, l’uomo vi ha
introdotto il sovrapprezzo del lavoro, lo ha sindacalizzato
e ha trasformato la mucca in uno sciopero ad interim,
dentro un odore vi è oltre all’incantesimo di un sogno
fuggito a metà anche l’essenza di una realtà che dura
eternamente, almeno nella memoria…e l’uomo ne fa
parte che lo voglia o no!

Seguirò il porticato di genziane e clematide abortite, che


tenere nella loro malinconia dissimulata, già le vedo
crudeli in tutto e per tutto bisticciarsi per esasperare

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l’ultimo passante e lui ignaro della faida in atto a loro
avvicinarsi per cospirare pensieri da cui prendere
commiato, inutilmente visto che l’indomani indagheranno
il solito olezzar e la solita accidia nel pensarsi diversi…
ahia…il solito buco da marciapiede…ma il sindaco si
decidesse ogni tanto a fare la manutenzione del selciato…
minchia che spera di ammortizzare i costi sociali
eliminandoli fisicamente? Vito Vito ma lo sanno anche i
muli –ma non lo dicono mai questo è il guaio! – che
senza i debiti nella sanità le tasche dei sindaci sarebbero
vuote e ancor più misere le urne e quindi per strada e
dentro alle buche e probabilmente eliminati ci sarebbero
loro, non vorrai darti la zappa nei piedi della vostra
sinecura? – No - dice il sindaco nel mio lobo temporale

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sinistro, -e infatti la zappa non me la do sui piedi, anzi
faccio girare l’economia, guarda che la mafia per non
accomodare la buca riesce a far lavorare 3 persone o
impiegati comunali…mica male come miracolo italiano,
e poi suvvia un salto nel fosso è un’esperienza esaltante
non solo per le caviglie ma per tutta la circolazione, non
parlo di quella stradale ovvio ma della corporea…e dimmi
non sei carina quando diventi paonazza per la paura e la
collera? Diventi old fashion voglio dire: una bella
contadinotta!

Ancora poco e saRò arrivata, intravedo Tumminiello


dietro il banco e lui vede me, ha avuto quasi un gesto di

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ipertensione atriale mascherato da un riso che lui crede di
affabilità ma che se ritratto da David sarebbe sardonico…

…ma quella mano, lunga e distesa che si affaccia dalla


baracchetta circonfusa da bricolage vari, vetri, legna,
repertori di origami e ferramenta, falegnameria utensileria
varia, insomma - …ciao ciao …AlfRedo?! - è la mia
bottega preferita, l’incontro che ognuno di noi vorrebbe
fare non perché al di fuori del tempo ma semplicemente
senza tempo, lì in quel luogo che potrebbe essere il
lavoroo di una tartaruga stakanovista che del suo carapace
ha fatto scudo contro ogni luce e ogni dove, quindi
vivendo di ombre e va da sé di sé non può che sgusciare
fuori per aggiornarsi sulle disgrazie altrui…e l’altrui oggi
sono io…_ Alfredo AlfRredooo, qua in fondo…-

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Gli occhiali spessi da miope disegnano un volto curioso,
modigliano, allungato a dismisura sembra comporsi
dinanzi a me e i capelli non so di quale pece contraffatti
riempiono il cranio di striature meglio di un campo
arato… _ Alfredo ciao come te la passi…lui non parla
mai, sta all’interlocutore di turno fare entrambi i termini
del discorso- Sono oramai sul limitare d’ingresso di
questa caverna iniziatica, un cartello con la scritta
“cianfrusaglieria” mi fa pensare alla consorteria umana
che questo bipede deve avere raccolto in millenni di
professata ignoranza cattolica; il suo corpo è una sfinge,
impassibile senza farlo a vedere risulta vano capirci
qualcosa oltre all’evidenza: un pastrano scuro lo divora e

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lo appesantisce più dell’età che porta senza
rendicontazione, lui in fondo è un tempo.

Ciò che mi colpisce di Alfredo è il suo ostentato e


secolarizzato mutismo, non si può dir che faccia scena
muta perché con lui è la scena che si fa muta attorno; lo
amo anche per questo perché non cambierà mai il suo
rigore apotropaico; Alfredo allora con Alessia vi siete
capiti? E Calogero ha confezionato i vasetti ai mirtilli da
portare alla fiera di Monreale?

Le mie domande non lo scuotono, le risposte le ha date


secoli fa e non ha voglia di replicarne i contenuti
cambiando la forma, sta a me andare negli archivi e

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capire; si scosta ruotando il bacino e dando respiro e luce
all’ambiente; vedo abbozzare un mezzo sorriso che mi fa
terrore: cerca un’intesa!

Dai vetri azzurrognoli e giustapposti a placche a tratti


embricate la gente fuori segue altre direzioni e da qui
dentro sembra di partecipare alla storia del resto del
mondo che ancora non vuole morire; osservo con
scrupolosa accidia quanto non avrò mai, un mondo tutto
mio, ma l’obbiettivo è un altro: tra una mostra di articoli
in ferro e una sgorbia vedo lampeggiare presso la finestra
liberty del retrobottega una teoria di dolciumi allineati ma
non troppo, zigzagando percorrono l’intero piano della

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mensola: “boli” alla frutta, colorati e gommosi incrostati
di grani di zucchero, “boli" e “pesciolini” neri di morbida
liquirizia, bastoncini di radice di liquirizia infilati in un
bicchiere in secondo piano, e ancora caramelle “fruttino”
in carte oleose variopinte, “mou” cubici incartati come
un pacchetto contenente nitroglicerina, da aprire con cura
e ingurgitare subito dopo perché quello che avverrà sarà
subito dimenticato dallo scoppio fragoroso che tanta
bontà comporta, in carta rossa o gialla e poi, al centro,
piccolissime e sottilissime “tavolette di cioccolato”
formato bambola, confezionate con modestia e sigillate
da una fascetta di carta decorata con un fotogramma di
“Cenerentola”, un film a cartoni animati che mi aveva
fatto sognare, e poi ancora i cioccolatini con pezzetti di

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nocciola, incartati in stagnola dorata a forma di
“formaggino”, sull’etichetta triangolare di ciascuno la
testa di un personaggio dei cartoni animati Disney:
Ezechiele il Lupo, Jimmy il Porcellino, Pluto.

Certo che forse Tumminiello oggi può fare a meno di me,


e anche la mamma del suo pane, e ZàzàGabor ne sarà
entusiasta se una volta tanto gli prospettiamo una
succulenta dieta…circa 20 lire basteranno per azzardare
un assaggio di tutto?…mmm sono incerta sul da farsi
mentre sono più che sicura sul come disfarmi di ogni
pedanteria e incertezza a venire, agire ora e subito…

Inaspettatamente Alfredo si avvicina, il sorriso smorzato


di prima ora sembra abbacinante, catapultato su di me in

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un abbraccio di empatie mi trascina via con gli occhi che
insieme vanno a cadere su una deliziosa casetta rosa col
tetto rosso a spioventi, un cubetto con sui lati esterni
stampate porte, finestre e persiane, è lì sul palmo della
sua mano…-è un giocattolo? – invoco con prudenza e
alzandone il tetto scopre una crema molle e plastica allo
stesso tempo e una voce impastata di gratitudine recita:
crema alla nocciola!!! Il riso di entrambi si spiega in una
confidenza senza esitazioni, ci partecipiamo…io…
Alfredo… che meraviglia, e quella voce sentirla animata
per la prima volta…lui e il suo carapace finalmente
distrutto, quella testuggine che sapeva tutto dei miei gusti,
ed io infinitamente niente di lui… che buona la nutella!!!

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-Ehi Zà za Gabor che ci fai tu qui? Mi hai pedinata?
Come?

…E mi viene il dubbio che la risposta sia stata: Sono


Alfredo, ma solo ora te ne accorgi…miaoooo!!!

Certo era sempre stato con me!

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FINE…
 

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...e di lontano soltanto un baffo mi lecco perché gli altri il
vento se li coccola...miao...mi sembra di impazzire con
questo senso di nausea che mi dà l’aria ingolfata e allora
devo...miaooooo...stemperare il tempo e lo spazio in un
colpo refrattario in un guizzo dentro un balzo che rintocca
nei miei artigli e dico miaooooooooo; e subito penso se son
gatto che me la batto perché questo miao mi rincorre e dice
spesso sono un’eco del tuo misfatto, ti credi fiero alto e vero
ma nel tuo miao io vedo solo il mio...riflesso, la mia
utopia...e allora sento che quel mio altro non è che un …

Maramaooooo…che fatto strano...il sapore umano

E il candore dilatato di un presentimento

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miaooooooooooooooooooooo

…e di soppiatto non son più gatto...sono finalmente un


altro

semplice e povero

distrattamente matto!

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