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1
In occasione del Convegno internazionale Mantegna e Roma. L’artista davanti all’antico
(Roma 8-10 febbraio 2007) questo testo – letto in versione di intervento – aveva il titolo provvi-
sorio di Andrea Mantegna e il Codex Escurialensis: una proposta di lavoro. Con l’occasione rin-
grazio il professor Leandro Ventura per aver accolto con entusiasmo la proposta d’intervento di
un neofito negli studi su Mantegna; infine mi preme ricordare che questa ricerca si iscrive nel-
l’ambito dei progetti del Grupo de investigación dell’Università Complutense di Madrid-Co-
munidad de Madrid, Arte, Arquitectura y Civilización de Corte en España (Siglos XV-XVIII).
2
La questione dell’assimilazione dei modelli degli Antichi nel Rinascimento è un tema
la cui estensione bibliografica non possiamo riassumere in questa sede, dove però ci inte-
ressa comunque segnalare i contributi di Ernst H. Gombrich, Lo stile all’antica: imitazione
e assimilazione, in Ernst H. Gombrich, Norma e Forma. Studi sull’arte del Rinascimento,
Torino 1973, pp. 178-188 (già pubblicato negli Atti del XX congresso di Storia dell’arte del
1961, Princeton 1963, pp. 31-42); Hubertus Günter, La rinascita dell’antichità, in Rinasci-
mento da Brunelleschi a Michelangelo. La rappresentazione dell’architettura, catalogo del-
la mostra (Venezia 1994), a cura di Henry Millon, Vittorio Magnago Lampugnani, Milano,
Bompiani, 1994, pp. 259-306, dove, a parte le questioni generali, si presta una particolare
97
Matteo Mancini
lo da riprodurre per poter essere imitato e rielaborato nelle opere dei Moderni.
Ma andiamo per ordine e cerchiamo di restituire cronologie e contesti.
I.
attenzione alla rappresentazione grafica dell’antico, citando numerosi album di disegni tra i
quali si include il Codex Escurialensis, pp. 276-283; in tal senso è interessante sottolineare
i legami che Hubertus Günter stabilisce tra i disegni degli album e i modelli vitruviani, inter-
pretandoli come parte del processo di assimilazione dell’antico. Per intendere il clima gene-
rale di quegli anni possiamo ricorre anche alla prima parte del saggio di Sylvie Deswarte-
Rosa, Antiquité et noveau mondes. A propos de Francisco de Holanda, in «Revue de l’Art»,
n. 68, 1985, pp. 55-72, particolarmente pp. 55-59.
3
Sulla Biblioteca dell’Escorial vedi: Louis Prosper Gachard, La Bibliothèque de El
Escorial, Brusselles, M. Hayez, 1844; Gregorio de Andrés, La Real Biblioteca de El Escorial,
Madrid, Aldus, 1970; José Luis Checa Cremades, La encuadernación renacentista en la bi-
blioteca del Monasterio de El Escorial: introducción al estudio de la decoración exterior del
libro en la España de Felipe II, Madrid, Ollero y Ramos, 1998; José Luis Gonzalo Sánchez-
Molero, La Real Biblioteca de el Escorial, hoy, in Federico Borromeo fondatore della Biblio-
teca Ambrosiana, atti del convegno (Milano 2004), a cura di Fanco Buzzi e Roberta Ferro,
Roma, Bulzoni, 2005 («Studia borromaica», XIX, 2005), pp. 139-190.
4
Antonio Ponz, Viage de España: o cartas, en que se da noticia de las cosas más aprecia-
bles, y dignas de saberse que hay en ella, particularmente del Escorial, tomo II, Madrid, Ibar-
ra, 1773, carta V, n. 9, p. 207; su Antonio Ponz e la funzione delle arti nel quadro dell’Illumi-
nismo spagnolo cfr. la recente (e inedita) tesi di Dottorato di ricerca di Daniel Crespo Delgado,
El Viaje de España (1772-1794) de Antonio Ponz, Madrid, Univerisidad Complutense, 2006,
particolarmente pp. 319-333, dove, si spiegano parte delle ragioni ideologiche che muovono il
Ponz alla stesura del suo volume, in tale contesto si offre una sintesi efficace per interpretare
la funzione che aveva la citazione di opere singolari, come il Codex, considerate uno strumen-
to efficacissimo per il recupero dei valori più alti del classicismo rinascimentale.
5
Un concetto perfettamente coerente con i criteri di classificazione esposti Arnold
Nesselrath, I libri di disegni di Antichità. Tentativo di una classificazione in Memoria del-
98
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
to nei suoi termini essenziali da Eugène Müntz nel suo articolo di presenta-
zione che diede al volume una dimensione critica a livello europeo6. In effet-
ti, la descrizione che Ponz riserva al Codex Escurialensis ricorre ripetuta-
mente a modelli e allusioni proprie di un oggetto da collezione7. In primo
luogo perché se ne cita immediatamente il proprietario principale8, don Diego
Hurtado de Mendoza (1504-1575), il celebre letterato, ambasciatore, politico,
collezionista e intellettuale spagnolo, a lungo presente in diversi scenari ita-
liani9, dove fu ben conosciuta la sua intensa attività di acquisizione di opere
l’antico nell’arte italiana, a cura di Salvatore Settis, tomo terzo, pp. 87-147, Torino, Einaudi,
1986, in particolare pp. 89-93, dove si propone una efficace distinzione tra Album e taccui-
no, rispondendo il primo alle esigenze del collezionista, e il secondo a quelle dell’artista in
quanto quaderno di appunti.
6
Posteriormente alle citazioni di Ponz possiamo individuare altri momenti fondamen-
tali nel processo di diffusione scientifica del Codex Escurialensis: il primo legato all’epilo-
go del celebre libro sulle antichità di Roma di Eugène Müntz, Notes sur un recueil de des-
sins du XVe siècle representant les principaux monuments de Rome in Les Antiquités de la
ville de Rome aux XIVe, XVe et XVIe siècles (topographie, monuments, collections), d’après
des documents nouveaux, Pargi, E. Leroux, 1886, pp. 157-161; intervento poi ampliato con
la introduzione di alcune immagini in: Idem, Les Arts à la cour des papes Innocent VIII,
Alexandre VI, Pie III (1484-1503), recueil de documents inédits ou peu connus, publié sous
les auspices de l’Académie des inscriptions et belles-lettres, Pargi, E. Leroux, 1886, pp. 157-
161. Il secondo passaggio chiave lo costituisce la pubblicazione dell’edizione di Hermann
Egger, Christian Hülsen, Adolf Michaelis, Codex Escurialensis. Ein Skizzenbuch aus der
Werkstatt Domenico Ghirlandaio, Vienna, Cloth, 1905-1906 (1975); dove si propone una
possibile attribuzione dell’autografía del Codex a Domenico Ghirlandaio su base stilistico-
formale attraverso una serrata collazione filologica dei diversi documenti grafici. L’intero
processo di attribuzione critico-bibliografica del Codex viene riassunto da Margarita
Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12. Libro de dibujos o antigüedades, Murcia,
Consejo General de la Arquitectura Técnica de España-Patrimonio Nacional-Consejería de
Cultura de la Región de Murcia, 2000, pp. 6-49, anche se con una chiara propensione verso
le tesi favorevoli all’attribuzione a Domenico Ghirlandaio.
7
Sul collezionismo nella Spagna del Cinquecento vedi José Miguel Morán Turina,
Fernando Checa Cremades, El coleccionismo en España: De la cámara de maravillas a la
galería de pinturas, Madrid, Cátedra 1985. Riguardo al Codex inteso come oggetto di colle-
zione dobbiamo far di nuovo riferimento al concetto espresso da Nesselrath citato alla nota 5.
8
«Hay otro que fue del insigne y doctísimo varón D. Diego Hurtado de Mendoza, Em-
baxador de España en Venecia, Roma, en el Concilio de Trento y otras partes»; cfr. Antonio
Ponz, Viaje de España, op. cit. a nota 4, tomo II, carta V, n. 10, p. 208.
9
Sulla figura di Diego Hurtado de Mendoza vedi Angel González Palencia, Eugenio
Mele, Vida y Obra de Diego Hurtado de Mendoza, Madrid, E. Maestre 1941-1943; Erika
Spivakovsky, Son of Alhambra, Austin, University of Texas Press, 1970; sul suo ruolo a
Venezia vedi Matteo Mancini, Tiziano e la corte di Spagna nei documenti degli archivi spa-
gnoli, Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, 1998, pp. 28-34; il problema dell’in-
troduzione del Rinascimento in Spagna in rapporto alla famiglia Mendoza in Fernando Marías
99
Matteo Mancini
100
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
1. Anonimo, Codex Escurialensis, “Pagina Iniziale”, segnatura 28-II-12, fol. 1, Biblioteca del Mo-
nastero de El Escorial, San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional.
12
Il processo di inventario e di trasferimento viene perfettamente ricostruito a cura di
Gregorio de Andrés La biblioteca di Don Diego Hurtado de Mendoza in Documentos para
la Historia del Monasterio de San Lorenzo el Real de El Escorial, VII, Madrid 1964, CSIC,
pp. 235-323; in particolare le pp. 235-240 per quanto riguarda il processo d’inventario e le
questioni bibliografiche annesse, mentre p. 283, n. 591, per quanto riguarda il riferimento
diretto al Codex Escurialensis.
101
Matteo Mancini
13
L’inventario si trova nell’Archivo Histórico de Protocolos di Madrid, ref. Rodrigo de
Vera, Leg. 494, fol. 844 e ss., come lo cita Fernando Marías Franco, El Codex Escurialensis:
Problemas e incertidumbres de un libro de dibujos de antigüedades del último Quattrocento,
in «Reales Sitios», XLII (2005), n. 163, pp. 14-35, in particolare mi riferisco alla nota 39, p.
32. Sulla trasmissione dell’eredità del Mendoza a Felipe II vedi Raymond Fulché-Delbosc,
Un point contesté de la vie de don D. H. de Mendoza. Appendice D. Aceptación par Philippe
II de l’Heritage de Mendoza in «Revue Hispanique», II (1895), pp. 208-303, particolar-
mente pp. 284-303 e il già citato Gregorio de Andrés La biblioteca di Don Diego Hurtado
de Mendoza, op. cit. a nota 12, pp. 253-240.
14
Su questo argomento rimandiamo al testo di Fernando Marías Franco dove si speci-
ficano dettagli e comparazione in modo sistematico; cfr., Fernando Marías Franco, El Codex
Escurialensis, op. cit. a nota 13, pp. 14-16, con amplia bibliografia sul tema alla quale ci
sembra interessante rimandare; mentre in relazione alla nostra prospettiva di ricerca è inte-
ressante citare il saggio di Oswald Mathias Ungers, Ordo, pondo et mesura: criteri archi-
tettonici del Rinascimento in Rinascimento da Brunelleschi a Michelangelo, op. cit., (nota
2), pp. 307-318; specialmente per quanto riguarda la relazione tra la figura umana, le misu-
re architettoniche e i modelli tratti dall’antico, considerati come elementi essenziali nel pro-
cesso di elaborazione di architetture specifiche e coerenti con il significato simbolico delle
immagini rappresentate o della funzione dello spazio/edificio architettonico.
15
Fernando Marías Franco, El Codex Escurialensis, op. cit. a nota 13, p. 16.
16
Fernando Marías Franco, El Codex Escurialensis, op. cit. a nota 13, p. 14.
102
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
17
Fernando Marías Franco, El Codex Escurialensis, op. cit. a nota 13, p. 18.
18
In questo senso la proposta di Fernando Marías Franco, El Codex Escurialensis, op.
cit. a nota 13, p. 19. Assai diversa è l’interpretazione di questo stesso numero d’inventario
avanzata da dal Dodson che propone di identificarlo con uno dei volumi di architettura di
maggior diffusione e importanza nella spagna del Cinquecento: il celebre libro di Diego de
Sagredo, Medidas de lo Romano necesarias y oficiales que quieren seguir las formaciones
de las bases columnas y otros edificios antiguos, Toledo 1526; cfr., Trevor J. Dadson, Libros,
lectores y lecturas. Estudio sobre bibliotecas particulares españolas del Siglo de Oro, Ma-
drid, Arco,1998, in particolare, pp. 110-118 per le caratteristiche della sua biblioteca e, p.
330, n. 31, per quanto riguarda l’identificazione del volume.
19
In tal senso possiamo trovare problemi analoghi nell’attribuzione mantegnesca del
Codice Destailleur di Berlino; cfr. Luca Leoncini, Il codice detto del Mantegna. Codice
Desteilleur Oz 111 della Kunstbibliothek di Berlino, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1993,
in particolare pp. 27-29, per la straordinariamente simile vicenda storiografica; e pp. 71-72
per i problemi relativi all’identificazione storica della descrizione del volume. Una prospet-
tiva generale sul rapporto tra Mantegna le sue raccolte di disegni e le proiezioni artistiche
degli stessi in Giovanni Romano, Verso la maniera moderna: da Mantegna a Raffaello in
Storia dell’arte italiana. Dal Cinquecento al Seicento, parte II, vol., II, I, a cura di Federico
Zeri, Torino, Einaudi, 1981, pp. 5-83, particolarmente pp.12-17.
103
Matteo Mancini
2. Anonimo, Codex Escurialensis, “Vista di Roma con l’Arco di Settimo Severo”, segnatura 28-II-
12, fol 20., Biblioteca del Monastero de El Escorial, San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio
Nacional.
che, che tanta importanza ebbe tra il Quattrocento e gli anni immediatamente
precedenti al “Sacco di Roma”. Proprio la molteplicità formale e estetica dei
differenti contributi grafici rappresenta l’elemento essenziale per comprendere
l’importanza contestuale del volume, trasformato, in tal modo, in un prezioso
strumento al servizio di artisti e collezionisti mossi da una medesima coerenza
ideologica nei confronti dello studio o del collezionismo dell’antico. Infatti, è
proprio attraverso l’analisi individuale di quei disegni, che possiamo verificare
come si tratti di una raccolta il cui minimo comun denominatore risiede nella
rappresentazione grafica di alcune delle anticaglie più rappresentative dell’im-
maginario rinascimentale (fig. 2). Con ragione, è attraverso le presenze o le
assenze di alcune di esse che una parte della critica ha provato a stabilire una
cornice cronologica per la realizzazione del Codex. Un insieme di proposte, che,
pur nella loro logicità non superano lo stato della ragionevole e solida conget-
104
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
3. Anonimo, Codex Escurialensis, “Dettaglio degli affreschi della Domus Aurea”, segnatura 28-II-
12, fol. 10v, Biblioteca del Monastero de El Escorial, San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio
Nacional.
20
Per questa cronologia è inevitabile rimandare alle preziose indicazioni di Claudia La
Malfa, The Chapel of San Girolamo in Santa Maria del Popolo in Rome. New Evidence for
the Discovery of the Domus Aurea in «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes»,
LXIII (2000), pp. 259-270.
21
Riguardo alle cronologie dell’Apollo Belvedere e soprattutto delle sue differenti loca-
lizzazioni tra la fine del Quattro e l’inzio del Cinquecento vedi Deborah Brown, The Apollo
Belvedere and the Garden of Giuliano della Rovere in «Journal of the Warburg and
Courtauld Institutes», LXIII (1986), pp. 235-238. .
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Matteo Mancini
4. Anonimo, Codex Escurialensis, “Apollo Belvedere”, segnatura, 28-II-12, fol. 64, Biblioteca del
Monastero de El Escorial, San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional.
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Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
22
Per quanto riguarda l’identificazione dell’autore ripassiamo rapidamente le più signifi-
cative posizioni critiche, che hanno oscillato da quella storiche a Giuliano e Antonio da Sangallo
del Hülsen a quella dell’Egger del 1906 a Domenico Ghirlandaio che trova fondamento nelle
indicazione di Condivi e Vasari sulla presenza a Roma dell’artista fiorentino e del suo suo stu-
dio sistematico delle antichità romane e anche per la somiglianza tra alcuni disegni del Codex e
quelli di Ghirlandaio. Più recenti le posizioni difese da Arnold Nesselrath che indicava come
alcune delle citazione classiche già apparissero in opere di Ghirlandaio anteriori al soggiorno
romano, risaltando inoltre il carattere di prodotto meccanico e storicamente secondario del
Codex. Seguendo questo ragionamento lo studioso argomenta che una parte del Codex corri-
sponde a Giuliano da Sangallo, un’altra vedrebbe l’intervento di Filippino Lippi, del quale
Cellini ricordava i libri disegnati delle belle antichaglie di Roma e una terza sarebbe di Baccio
d’Agnolo. Shearman, oltre ad aver identificato la presenza di tre quaderni che compongono il
Codex nel suo attuale stato di rilegatura, aveva proposto il nome di Raffaello per alcuni disegni.
Benzi più recentemente ha proposto il nome di Baccio Pontelli per la parte principale. Una pro-
posta fondata sulla la sua presenza a Senigallia, sulla somiglianza tra alcuni disegni del Codex
e quelli dipinti da Baccio nella cattedrale di Pisa e nel Palazzo di Urbino e sul legame araldico
tra alcune delle immagini rappresentate e la famiglia Della Rovere, alla quale era legato l’arti-
sta nel suo soggiorno romano. Inoltre questo autore procede a una dettagliata ricomposizione
delle differenti mani presenti nel Codex in modo molto interessante. Marías non entra diretta-
mente nella questione dell’autografia, pur contraddicendo in parte la tesi di Benzi, al sostenere
che il Codex è più opera di un artista figurativo che di un architetto, segnalando, inoltre, che nel
contesto degli anni ottanta del secolo, alcune delle viste rappresentate nel Codex risultano esse-
re assolutamente estrane alla tradizione romano/fiorentina. Ne è un buon esempio la vista di
Roma da Monte Mario, che «rivela la mano e l’occhio di uno specialista». Contemporanea-
mente e sulla stela di Nesselrath utilizza il Codex, e soprattuto alcuni dettagli, come punti di fu-
ga, tracce dell’uso del compasso per vincolar strettamente il libro alla trasposizione dei model-
li alla fabbrica del castello della Calahorra. Nello specifico dell’autografia sembra comdividere
la posizione di Nesselrath per giungere alla conclusione che la presenza dei nomi di Giuliano e
Antonio da Sangallo, Rafaello, Filippino Lippi, Baccio d’Agnolo «sembra vincolare il Codex
con le riunioni invernali nella casa fiorentina di Baccio ricordate da Vasari» e trasformarlo in un
107
Matteo Mancini
sciente – l’idea vasariana del primato del disegno fiorentino rispetto ai contem-
poranei interessi degli artisti di altre scuole regionali italiane. Eppure l’insieme
degli studi filologici degli ultimi anni hanno dimostrato dal punto di vista tec-
nico, da quello stilistico e, soprattutto, da quello ideologico che anche gli artisti
del nord Italia erano profondamente interessati allo studio del disegno e allo stu-
dio dell’antico, i due elementi fondamentali e caratterizzanti del Codex. L’insie-
me di queste considerazioni ci spinge a mettere in discussione la matrice tosca-
na dei disegni del Codex praticamente mai messa in dubbio finora. E lo faremo
verificando le sue inquietanti coincidenze compositive e formali con numerose
opere di Andrea Mantegna, in altri termini verificheremo come molte delle
ragioni e degli argomenti di comparazione formale spesi per affermare l’origi-
ne fiorentina del Codex possano essere utilizzati con la medesima efficacia nei
confronti di un esponente di primo piano della pittura veneto-lombarda interes-
sato allo studio del classico.
II.
prodotto unitario per il suo carattere di copia meccanica e riflesso dell’intercambio intellettuale
e pratico tra gli artisti dei modelli che dell’antico che avevano raccolto tra Roma e Firenze; infi-
ne, la posizone della Fernández Gómez, che torna alla proposta unitaria identificado di nuovo
con «un artista toscano muy interesado por la Roma clásica, rasgos que no contradicen, sino,
por lo contrario respaldan la atribución a Domenico Ghirlandaio». La bibliografia di riferimen-
to rispettivamente in: Hermann Egger, Christian Hülsen, Adolf Michaelis, Codex Escurialensis,
op. cit. (nota 6); Christian Hülsen, Il libro di Giuliano da Sangallo. Codice Vaticano
Barberiniano Latino 4424, Lipsia 1910, ristampa anastatic Biblioteca Apostolica Vaticana, Città
del Vaticano 1984; Arnold Nesselrath, I libri di disegni¸ op. cit., (nota 5), pp. 123-124; John
Shearman, Raphael, Rome, and the “Codex Escurialensis” in «Master Drawings», XV (1977),
2, pp. 107-145; Fabio Benzi, Baccio Pontelli a Roma, e il ‘Codex Escurialensis’, in Sisto IV. Le
arti a Roma nel primo Rinascimento, Atti del convegno internazionale di studi (Roma 23-25
ottobre 1997), a cura di Fabio Benzi con la collaborazione di Claudio Crescentini, Roma,
Associazione Culturale Shakespeare and Company, 1997, pp. 475-496; Margarita Fernández
Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, pp.44-49.
23
In tal senso possono risultare importanti le note che Ferdinando Salomon dedica a
Mantegna e al rapporto dell’artista con i modelli formali proposti dall’artista e la loro somi-
glianza con quelli fiorentini «Dedicandosi occasionalmente all’incisione tra 1470 e 1500. le sue
108
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
derni di disegni tra cui spiccano quelli di Jacopo Bellini24. In essi possiamo veri-
ficare non solo un rinnovato interesse nei confronti del disegno come strumento
di studio delle costruzioni in prospettiva e della collocazione delle figure nello
spazio in termini praticamente analoghi a quelli predicati da Leon Battista Alberti
nel suo trattato sulla pittura25, ma soprattutto possiamo verificare l’attenzione nei
confronti della rappresentazione di elementi architettonici, spaziali, decorativi e
gestuali tratti da differenti forme classiche o almeno intesi nella prima metà del
XV secolo come tali. Ci riferiamo a titolo di esempio al foglio 76 del quaderno
di schizzi di Londra, dove è rappresentata l’Annunciazione in un pregevole e
ricercato contesto di edifici rinascimentali; o la ancor più interessante ricerca di
un equilibrio formale tra gli elementi architettonici che compongono il Tempio
ebreo della Presentazione al foglio 68 dell’album appena citato. Lasciando le
composizioni generali e centrando la nostra attenzione nei confronti di alcuni
dettagli significativi, citiamo il foglio 39 del volume conservato a Parigi raffigu-
rante Cristo davanti a Pilato. Un disegno di gran importanza per quanto riguar-
da la tipologia iconografica dell’arco di trionfo che da passo al Palazzo del gover-
natore romano, dove spiccano per il loro classicismo due Vittorie alate, tratte
quasi direttamente dagli archi di trionfo romani e che ritroveremo rappresentate
tanto nel Codex Escurialensis26, quanto nei Trionfi di Mantegna27. Stesso discor-
stampe sono molto simili ai sui disegni, ricordano nel tratto le maniere larghe usate dai fioren-
tini, le figure sono piene di forza, aspre, in risalto, quasi bassorilievi» in Ferdinando Salomon,
Il conoscitore di Stampe, Torino 1961, Umberto Allemandi e C., (III ed. 1992), p. 46; ancor più
concreto, se fosse possibile, Giovanni Romano nella definizione del ruolo del disegno nella pro-
duzione di Mantegna e nella percezione/ricezione dello stesso dalle prime fonti che parlano del-
l’artista. In particolare mi riferisco alle considerazioni del Romano sulla Cronaca di Giovanni
Santi che identifica in «disegno e invenzione» gli elementi qualificanti dell’arte di Andrea; cfr.,
Giovanni Romano, Verso la maniera moderna op. cit. (nota 19), particolarmente pp. 6-7.
24
Su questo argomento rimando al volume di Otto Pächt, La pintura veneziana del
Quattrocento, Torino, Bollati Boringhieri, 2005, in particolare mi riferisco al capitolo su
Jacopo Bellini e Mantegna e rispettivamente alle pp. 40-92 e 106-110.
25
Leon Battista Alberti, La Pittura, trad. di Ludovico Domenichi, Venezia 1547, Gabriel
Giolito de Ferrari, in particolare alludo al libro secondo, pp. 18-36 dell’edizione citata.
26
Concretamente ai fogli 46v e 47; cfr. Margarita Fernández Gómez, Codex Escuria-
lensis 28-II-12 a nota 6, p. 105.
27
Sui Trionfi di Cesare dipinti da Andrea Mantegna vedi Charles Hope The Triumphs
of Caesar, in Andrea Mantegna, catalogo della mostra a cura di Jane Martineau, Londra-
New York 1992, Thames and Hudson-Electa-Royal Academy of Art, pp. 350-356, con
amplia bibliografia essenziale; anteriormente dello stesso Charles Hope, The Chronology of
Mantegna’s Triunph in The Reinassance Studies in honour of Craigh Hugh Smith, a cura di
Andrew Morrogh – Fiorella Superbi Gioffredi – Piero Morselli – Eve Borsook, Firenze,
Giunti Barbéra,1985, vol. 2, pp. 297-316.
109
Matteo Mancini
28
British Museum, Londra, n. 1976-6-16-I, citato in Otto Pächt, La pintura veneziana,
op. cit., (nota 24), p. 107, n. 101.
29
Agostino Taja, Descrizione del Palazzo Apostolico Vaticano, Roma, Niccolò
Pagliarini, 1750, pp. 43-44.
110
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
ne, cosciente della sua storia e dei suoi limiti. Ecco allora che la cappella di
Innocenzo VIII è «più tosto cosa miniata che dipintura»30 e che le citazioni dal-
l’antico si trasformano in vezzi naturalistici del suo autore, pur trattando alcuni
dei topici iconografici di maggiore successo durante tutto il Rinascimento: «E fra
gli altri gli venne in capriccio di fare una figura che si cava una calza che per
essersi il sudore appiccicata alla gamba, colui la tira a rovescio, appoggiandosi
all’altro stinco, con tanta forza e disagio che e l’una e l’altro gli appare in viso,
cosa che fu tenuta molto in quei tempi in maraviglia e venerazione»31. Un sin-
golare vezzo naturalistico del quale lo stesso Vasari non riesce a occultare la reale
importanza, come dimostra l’ultimo capoverso nel quale si parla di meraviglia e
venerazione, due termini assolutamente appropriati in quanto definiscono bene
uno degli obiettivi fondamentali dell’imitazione dell’antico e del suo supera-
mento. Nella seconda edizione del 1568 il giudizio, sempre di parte è più pon-
derato rispetto alla precedente del 1550, riferisce di un Andrea capace di «cava-
re il buono dalle cose vive e naturali, che di quelle fatte dall’arte»32. Possiamo
facilmente intendere che l’arte alla quale allude lo scrittore aretino non è altro che
quella degli antichi per la sua capacità di riunire in un solo artefatto le migliori
parti delle proporzioni umane. Ce lo ricorda di nuovo Vasari al riportare l’opi-
nione di Andrea Mantegna, favorevole alla supremazia dell’antico rispetto allo
studio del naturale: «Ma con tutto ciò ebbe opinione Andrea che le buone statue
antiche fussino più perfette et avessino più belle parti, che non mostra il natura-
le»33. D’altro canto la vanità e/o l’incoscienza tradiscono Vasari che non riesce a
nascondere la qualità dei disegni del Mantegna, che, anzi, evidenzia con orgo-
glio, vanagloriandosi di possederne uno34.
Quindi, in una fonte di prima mano, come le Vite di Vasari, arriviamo ad
30
Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze, Lorenzo
Torrentino 1550, p. 511; riferimento che rimane invariato nella seconda edizione, Idem, Le vite
de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze, Giunti, 1568, vol. I, p. 490.
31
Giorgio Vasari, Le vite, op. cit. a nota 30, Firenze 1550, p. 511; anche in questo la
considerazione di Vasari sull’opera di Mantegna si mantiene nella seconda edizione Giorgio
Vasari, Le vite, op. cit. a nota 30, Firenze 1568, vol. I, p. 490.
32
Giorgio Vasari, Le vite, op. cit. a nota 30, Firenze 1568, p. Firenze 1568, vol. I, p. 488.
33
Giorgio Vasari, Le vite, op. cit. a nota 30, Firenze 1568, vol. I, p. 489.
34
«Nel nostro libro è in un mezzo foglio reale un disegno di mano d’Andrea finito di
chiaroscuro, nel quale è una Iudith che mette nella tasca d’una sua schiava mora la testa
d’Oloferne, fatto d’un chiaroscuro non più usato, avendo egli lasciato il foglio bianco che
serve per il lume della biacca, tanto nettamente che vi si veggiono i capegli sfilati e l’altre
sottigliezze non meno che se fussero stati con molta diligenza fatti dal pennello, onde si può
in un certo modo chiamar questo più tosto opera colorita che carta disegnata». Cfr., Giorgio
Vasari, Le vite, op. cit. a nota 30, Firenze 1568, vol. I, p. 491.
111
Matteo Mancini
35
«Mentre che Andrea stette a lavorare in Roma, oltre la detta capella dipinse in un
quadretto piccolo una Nostra Donna col Figliuolo in collo che dorme, e nel campo, che è una
montagna, fece dentro a certe grotte alcuni scarpellini che cavano pietre per diversi lavori,
tanto sottilmente e con tanta pacienza che non par possibile che con una sottil punta di pen-
nello si possa far tanto bene; il qual quadro è oggi appresso lo illustrissimo signor don
Francesco Medici, principe di Fiorenza, il quale lo tiene fra le sue cose carissime»; Giorgio
Vasari, Le vite, op. cit. a nota 30, Firenze 1568, vol. I, p. 491.
36
Su Mantegna e Mantova vedi Leandro Ventura, Mantegna e la corte di Mantova,
Firenze, Giunti, 2006; e il cataloghi delle Mostre Mantegna a Mantova, 1460-1506, a cura
di Mauro Lucco, Milano, Electa, 2006; e, A casa di Andrea Mantegna. Cultura artistica a
Mantova nel Quattrocento, catalogo della mostra (Mantova 2006), a cura di Rodolfo
Signorini, Milano, Electa, 2006. Sulla “Camera degli Sposi” e le sue prospettive vedi Luigi
Coletti, La Camera degli Sposi del Mantegna a Mantova, Milano, Rizzoli, 1959.
37
Giorgio Vasari, Le vite, op. cit. a nota 30, Firenze 1568, vol. I, p. 492.
38
Fernando Marías Franco, El Codex Escurialensis, op. cit. a nota 13, pp. 14-16.
112
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
39
In tal senso merita di essere citata la corrispondenza tra il mercante Fiorentino
Angelo Tovaglia e Federico Gonzaga del 1476, in essa si riferisce di un libro di disegni, indi-
candone con precisione il contenuto chiaramente ispirato in modelli dell’antichità classica:
«uno libro del retracto de certe sculture antiche, le quale più parte sono bataglie di centauri,
di fauni et di satiri, così ancora d’uomini et di femmine accavallo et appiè, et altre cose simi-
li». Il Tovaglia ne vuole una copia indipendentemente dall’autore della stessa, ma il volume
era impossibile da reperire proprio perché Andrea Mantegna, secondo quanto raccontato dal
Marchese di Mantova nella sua risposta, l’avrebbe cedulo in prestito a un non meglio iden-
tificato artista locale; su questo episodio vedi Clifford M. Brown, Gleanigns from the Gon-
zaga Monuments in Mantua-Gian Cristoforo Romano and Andrea Mantegna in «Mitteilun-
gen des Kunsthistorischen Institut in Florenz», XVII (1973), n. 1, pp. 153-159; Arnold
Nesselrath, I libri di disegni, op. cit. a nota 5, pp. 123-124. Un segnale ancor più evidente
della cultura antiquaria di Mantegna, profondamente vincolata con la realizzazione, la circo-
lazione e il collezionismo di album di disegni tratti dai modelli degli antichi, la possiamo
riscontrare nell’attribuzione “storica” alla sua mano del Codice Desteilleur Oz 111 della
Kunstbibliothek di Berlino, esemplarmente presentato nel già citato volume di Luca
Leoncini, Il codice detto del Mantegna, op. cit. a nota 19, in part. pp. 71-82.
113
Matteo Mancini
40
Una posizione analoga viene proposta attraverso cammini diversi dal già citato
Giovanni Romano, Verso la maniera moderna, op. cit. a nota 19, pp. 12-17; e, in termini più
generali, da Fritz. Saxl, La antigüedad clásica en Jacopo Bellini y en el Mantegna, in La
vida de las imágenes. Estudios iconográficos sobre el arte occidental, Madrid, Alianza,
1989 (ediz. or. Londra 1957), pp. 139-147.
41
Charles Hope, Canvas II: Captured statues and siege equipment, a representation of
a captured city and inscription (The Triumphal Carts) in Andrea Mantegna, op. cit. a nota
27, nota, pp. 359-360, n. 109. Hampton Court (1486-1500), tempera a colla (?) su tela, cm
268 x 278.
42
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 112.
43
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 121.
44
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 122.
45
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 123.
114
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
5. Anonimo, Codex Escurialensis, “Demetra”, segnatura 28-II-12, fol. fol. 54v, Biblioteca del
Monastero de El Escorial, San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional.
115
Matteo Mancini
46
Charles Hope, Canvas III: Trophies and bearers of coin and vases (The Trophy and
Bearers) in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27, pp. 361-362, n. 110. Hampton Court (1486-
1500), tempera a colla (?) su tela, cm 268 x 278.
47
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, pp. 63-64.
48
Su questi temi vedi Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, XXXIV, 49, traduzione e
note a cura di Antonio Corso, Rossana Mugellesi, Giampiero Rosati, Torino, Einaudi, 1988; Gian
Paolo Lomazzo, Scritti sulle arti, a cura di Roberto Paolo Ciardi, Firenze, Marchi e Bertolli 1973,
vol. I., pp. 126-127 (Libro dei Sogni); Leopoldo Cicognara, Storia della scultura dal suo risor-
gimento in Italia fino al secolo di Canova, Prato, Giacchetti, 1823, vol. III, pp. 310-311.
49
Charles Hope, Canvas IV: Bearers of coin and vases, youths leading oxen, trumpe-
ters (The Vase Bearers) in Andrea Mantegna, op. cit., a nota 27, pp. 363-364, n. 111.
Hampton Court (1486-1500), tempera a colla (?) su tela, cm 268 x 278.
50
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6,
pp. 110-111.
51
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, pp. 22-123.
52
Chales Hope, Canvas V: Trumpeters, youth leading oxe, elephants with attendants
(The Elephant) in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27, pp. 365-366, n. 112. Hampton Court
(1486-1500), tempera a colla (?) su tela, cm 268 x 278.
53
In questo senso sono particularmente interessanti i confronti con quelli raffigurati al
foglio 18v.
54
Charles Hope, Canavas VI: Bearers of coin and vases, youths leading oxen, trumpe-
ters (The Vase Bearers) in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27, pp. 367-368, n. 111.
Hampton Court (1486-1500), tempera a colla (?) su tela, cm 268 x 278.
55
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, pp. 87-88.
56
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 67.
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57
David Ekserdjian, The Senator, in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27, p. 389, n. 125;
Suzanne Boorsch The Senator, in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27, p. 389, n. 125-126.
58
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 89.
59
Charles Hope, Canvas IX: Julius Caesar on his Chariot in Andrea Mantegna, op. cit. a no-
ta 27, pp. 371-372, n. 115. Hampton Court (1486-1500), tempera a colla (?) su tela, cm 268 x 278.
60
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 63.
61
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 61.
62
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, pp. 74-75.
63
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 105.
64
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 105.
65
Mi riferisco in particolare a quelle dipinte in grisaille, nelle quali l’interesse per i
modelli proposti da Andrea si estende alla sua bottega; cfr. Keith Christiansen, Paintings in
grisaille, in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27, p. 394-400.
66
David Ekserdjian, Battle of Sea Gods, in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27, pp.
285-286, n. 79.
67
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 57.
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6. Anonimo, Codex Escurialensis, “Mausoleo di Cecilia Metella, segnatura 28-II-12, fol. 33,
Biblioteca del Monastero de El Escorial, San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional.
118
Andrea mantegna e il Codex Escurialensis
7. Anonimo, Codex Escurialensis, “Arco di Vespasiano (sic. Tito), 28-II-12, fol. 46v, Biblioteca del
Monastero de El Escorial, San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional.
119
Matteo Mancini
mo, a titolo esemplificativo, la già citata Demetra del foglio 54v68 (fig. 5) che
può essere assimilata alla Didone del Montreal Museum of Fine Arts, opera
datata intorno al 1500-1505; ma anche alla Giuditta con la testa di Oloferne69,
della National Gallery di Londra, la cui cronologia è di poco anteriore, verso il
1495-1500. Agli stessi anni si data il Giudizio di Salomone70 del Museo del
Louvre, un’opera che possiamo accostare al Giove Farnese, anch’esso studiato
in un disegno del foglio 5671 del Codex (fig. 8) e che, si trasformò in uno dei
principali modelli iconografici usati per la rappresentazione della maiestas in
trono, come dimostrano le opere prodotte in quegli anni da artisti tanto diversi
come Amico Aspertini, Jacopo Sansovino, Hemskerck, Martin de Vos o lo stes-
so Raffaello. Infine, una delle opere più tarde di Mantegna, la Calunnia di
Apelle72, che già di per sé è luogo comune dell’immaginario iconografico dei
pittori rinascimentali73, offre diversi spunti di comparazione con il già ripetuta-
mente citato foglio 10v74, ma anche con i fogli 51v75 e 5476 per quanto riguarda
posizione e gesti delle figure femminili.
Arrivati a questo punto si potrebbe iniziare a sospettare l’intenzione di
sostenere un’attribuzione a Mantegna dell’autografia del Codex Escurialen-
sis, soprattutto se, a quanto esposto fino a ora, aggiungiamo un dato ulteriore,
ricordando la coincidenza tra il soggiorno romano del pittore, solitamente fis-
sato tra il 1488 e il 1490, e le date nelle quali viene indicate per la realizza-
zione dei disegni che compongono il Codex Escurialensis. Si potrebbe tratta-
re di un’ipotesi più che sostenibile, date le stringenti prove filologiche, il
68
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 112.
69
Keith Christiansen, Judith with the Head of Holofernes e Dido, in Andrea Mantegna,
op. cit. a nota 27, pp. 411-413 rispettivamente n. 133 e 134.
70
Keith Christiansen, Judgment of Salomon, in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27,
pp. 405-407, n. 130.
71
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 116.
72
David Ekserdjian, The Calumny of Apelles in Andrea Mantegna, op. cit. a nota 27,
pp. 467-468, n. 154.
73
Un tema iconografico ampiamente inteso come parte del processo di dimostrazione
delle capacità intellettuali del pittore, secondo quanto indicato da Leon Battista Alberti, La
pittura, op. cit. a nota 25, p. 38: «Piacemi il pittore sia dotto, in quanto è possa, in tutte l’ar-
ti liberali; ma in prima desidero sappi geometria [...]. Lodasi leggendo quella discrezione
della Calunnia, quale Luciano racconta dipinta da Apelle. Parmi cosa non aliena dal nostro
proposito qui narrarla, per ammonire i pittori in che cose circa alla invenzione loro conven-
ga essere vigilanti» e come dimostrano le numerose repliche iconografiche, iniziando con
quella celebre di Botticelli.
74
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, pp. 63-64.
75
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 109.
76
Margarita Fernández Gómez, Codex Escurialensis 28-II-12, op. cit. a nota 6, p. 112.
120
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8. Anonimo, Codex Escurialensis, “Giove Farnese”, segnatura, 28-II-12, fol. 56v, Biblioteca del
Monastero de El Escorial, San Lorenzo de El Escorial, Patrimonio Nacional.
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