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ANCILLA MARIA ANTONINI

Perugia

De Auxiliis: aspetti teologici


di una controversia nell'opera tirsiana

Una delle tematiche che interessa la produzione di Tirso de Molina*, è


quella relativa alla Controversia De Auxiliis, questione alla quale la critica,
spesso, è ricorsa nel tentativo di far luce su aspetti ancora irrisolti dell'opera
del frate drammaturgo. Tratteremo, quindi, degli aspetti che, della vicenda, ci
sembrano emblematici e talmente incisivi da connotare i maggiori protagoni-
sti della creazione tirsiana: Paulo ed Enrico del Condenado por desconfiado e
Don Juan del Burlador de Sevilla y Convidado de piedra. Al fine di meglio
chiarire i complessi rapporti che legano le opere in questione alla Controver-
sia, abbiamo ritenuto opportuno suddividere il presente studio in due parti:
nella prima abbiamo trattato della vicenda storica (paragrafo la) e degli
aspetti teologici che causano la disputa tra gli Ordini monastici di domenica-
ni e gesuiti; come pure della posizione di Tirso (paragrafo lb). Nella secon-
da, abbiamo mostrato come Tirso, attraverso Paulo ed Enrico, si rivolga criti-
camente a certe posizioni difese dai domenicani (paragrafo 2a); come pure,
attraverso il personaggio di Don Juan, polemizzi contro certi principi soste-
nuti dai gesuiti (paragrafo 2b).
la - Come è noto, alla fine del Cinquecento, la Spagna è coinvolta in
una delle più clamorose controversie che l'epoca moderna ricordi: trattasi
della Controversia de Auxiliis, propagata con vis polemica di eccezionale riso-
nanza anche al di fuori dei chiostri monastici ed in tale misura da operare un

* Precisiamo che, per le citazioni di seguito, il testo di riferimento è il seguente: Tirso


de Molina, Teatro, prefazione di Carmelo Samonà, edizione di Maria Grazia Profeti, Trad.
con testo a fronte: El Vergonzoso en palacio/Il Timido a Palazzo, trad. di Giulia Poggi; E/ Bur-
lador de Sevilla y Convidado de piedralL'ingannatore di Siviglia e il Convitato di pietra, trad. di
Roberto Paoli: El condenado por desconfiado/Dannato per disperazione, trad. di Mario Luzi,
Milano, Garzanti, 1991.
66 Ancilla Maria Antonini

vero e proprio coinvolgimento popolare. Ripercorreremo, ora, brevemente, i


momenti più significativi della vicenda, in base ai dati forniti dal Bonet1.
La polemica esplode nel 1588, all'apparire il libro del gesuita Luis de
Molina Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis, frutto di trenta anni di la-
voro 2. L'opera viene denunciata all'Inquisizione dal domenicano Domingo
Báñez che vi ravvisa la perniciosità di alcuni principi teologici. Il Molina, a
sua volta, non solo denuncia le opere del domenicano, ma anche quelle del
suo alleato, Francisco Zumel dell'Ordine della Merced. Il tribunale inquisito-
riale incarica allora le Università di Alcalá e di Sigiienza di esaminare le opere
denunciate. Frattanto, però, la disputa divampa a tal punto da raggiungere il
popolo: persino dai pulpiti gesuiti e domenicani non cessano di attaccarsi re-
ciprocamente. Nel 1594, data la rilevanza della polemica, interviene il ponte-
fice, Clemente Vili. Proibisce ad entrambi gli Ordini la pubblica discussione
delle tesi, la cui disamina affida alla Sede Apostolica. Nel 1599, alla presenza
del cardinal Madrucci, vengono convocati i rappresentanti dei due Ordini,
accompagnati dai rispettivi generali. Dopo un anno di incontri e discussioni,
però, non si riesce a pervenire ad una soluzione. Nel 1602, a Roma, si apro-
no le "Congregazioni papali", istituite appositamente per risolvere la Contro-
versia. Poco dopo muore Clemente Vili. Gli succede Paolo V che riduce la
questione al problema della "Predeterminazione fisica". Il 18 agosto 1607 co-
munica ai cardinali del Santo Uffizio la sentenza: libertà per ogni Ordine di
difendere e sostenere le proprie tesi e divieto assoluto di giudicare eretiche
quelle avversarie. La grande risonanza della Controversia si intende se si fa ri-
ferimento al clima ed al momento storico nei quali si svolge.
Nel periodo successivo all'evento tridentino, la Chiesa cattolica cerca di
ricondurre l'uomo e le sue aspirazioni, ad una visione trascendente dell'esi-
stenza. Proposito che investirà i diversi settori dell'esperienza umana e la cui
maggiore difficoltà consisterà nel delicato tentativo di innestare la nuova
realtà post tridentina, sul ramo ancora verde del Rinascimento: "l'amalgama
degli ideali del Rinascimento e quelli della Controriforma, fu l'opera cui atte-
sero tanti esponenti della cultura spagnola negli ultimi decenni del Cinque-

1
Alberto Bonet, La filosofia de la libertad en las controversias teológicas del siglo XVI y
primera mitad del XVII, Barcelona, Subirana, 1932. In particolare cfr. pp. 133-137.
1
II titolo completo dell'opera è il seguente: Concordia liberi arbitrii cum gratiae donis,
divina praescientia, providentia, praedestinatione et reprobatione ad nonnullus primae partís D.
Thomae artículos. Cfr. Enciclopedia Cattolica, s.v. Molina Ludovico, Firenze, Sansoni, 1952.
De AUXÌIÌÌR aspetti teologici di una controversia nell'opera tirsiana 67

cento. Il primo settore in cui il tentativo di fusione venne fatto fu quello del-
la filosofia e, di fatto, la scolastica rinnovata della scuola di Salamanca fu di
quel tentativo il frutto più originale"3.
lb — Nel corso delle sessioni tridentine è la teologia scolastica a trionfa-
re: domenicani e gesuiti si eleggono paladini di quel pensiero. Ed è alla loro
accurata preparazione che si ricorre nel tentativo di formulare delle risposte
agli interrogativi scaturiti in seguito alla scissione protestante. Come espone
chiaramente Bonet, il nucleo centrale della teologia luterana è costituito dal
dogma della volontà schiava e della salvezza attraverso la sola fede"4. Il rap-
porto dell'uomo con Dio, una volta frantumatasi l'armonia medievale, viene
riproposto in termini di squilibrio: o è l'uomo che, caduto nella condizione
di peccato, non" può salvarsi se non attraverso la grazia di Dio, trovandosi in
una condizione di passività (tesi protestante); oppure, fermo restando il prin-
cipio secondo il quale non vi è salvezza se non attraverso la grazia, si discute
sulla natura di questa, sull'onnipotenza divina, sulla libertà umana 5. Tali
questioni diventano allora emblematiche del sentire dell'epoca. A Trento,
però, non si perviene ad una soluzione definitiva su molti degli aspetti ri-
guardanti i dogmi riaffermati. Sarà allora sulla mancanza di postulati risoluti-
vi che insorgerà la Controversia, la cui grande portata popolare è spiegabile,
secondo Trubiano, se si fa riferimento a: "la nuova toma de conciencia de ca-
da individuo que le impulsaba a sentirse capaz de buscar nuevos confines y
horizontes, bien fueran personales, institucionales o nacionales; el número ca-
da vez mayor de estudiantes universitarios ansiosos de propagar y vivir' su en-
señanza; la amenaza cada vez inminente del protestantismo y el ímpetu que
la Contrarreforma añadió a la lucha [...] no pudo por menos afectar a la gen-
te de manera decisiva en el decurso de su vita diaria"6.
Dal punto di vista teologico, il motivo che spinge domenicani e gesuiti
su fronti opposti è determinato, paradossalmente, dalla comune formazione

3
John H. Elliot, La Spagna Imperiale, 1469-1716, trad. italiana, Bologna, II Mulino,
2
1982 , p. 280.
4
A. Bonet, La filosofia..., cit., p. 15.
5
Cfr. Giuseppe Rambaldi, "Problemi teologico-filosofici della Riforma Cattolica" in
AA.VY, Grande Antologia Filosófica, diretta da M.F. Sciacca, Milano, Marzorati, 1964; IX,
pp. 1720-853.
6
Mario F. Trubiano, Libertad, grada y destino en el teatro de Tirso de Molina, Madrid,
Alcalá, 1985, pp.12-13.
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tomista. I domenicani si mantengono rigidamente ancorati ai principi espres-


si dall'aquinate, mentre i gesuiti, più sensibili alle esigenze della nuova epoca,
cercano di adeguare tali principi alla nuova realtà della Riforma.
Per quanto riguarda il concetto di libero arbitrio, nella grande impalca-
tura ideologica medioevale, libertà umana e soccorso divino non potevano
entrare in contraddizione perché questo rapporto rientrava nel grande e mi-
sterioso disegno divino. Come sostiene Bonet, la maggiore difficoltà è segna-
ta dal fatto che: "se buscaba en Santo Tomás lo que no contiene, es decir, un
sistema de conciliación para extremos que no se precisaron sino hasta tres si-
glos después de él"7.
Relativamente alia natura della grazia e della sua influenza sulla volontà
umana ai fini della salvezza, la dottrina bannesiana si fonda sul principio
aristotelico di "Premozione o Predeterminazione fisica". L'intelligenza divina,
cioè, preordina dall'eternità la creazione e quanto ricade nelle azioni umane,
compresa la volontà, che è determinata, allora, a compiere l'azione salutare. È
soltanto dopo aver affermato la nozione di Causa Prima ed aver inferito le te-
si del concorso divino sulle azioni umane, che i domenicani formulano la de-
finizione di libertà umana, soggetta ed inserita nella sfera d'azione di Dio.
All'interno di questa concezione è importante stabilire una netta distinzione
tra due diverse forme di grazia. Ricordiamo, brevemente, che grazia, teologi-
camente significa, dono gratuito, soprannaturale, concesso da Dio all'anima
umana ai fini della salvezza. Essa agisce nell'intimo dell'anima, illuminando le
capacità intellettive e volitive dell'essere umano. Relativamente alla sua natu-
ra, si divide in due categorie: "abituale" ed "attuale", secondo che abbia carat-
tere permanente o transitorio. È sulla definizione di quest'ultima, la più im-
portante, che sorgono le dispute teologiche delle quali ci stiamo occupando.
Per i bannesiani, è fondamentale la distinzione tra due diversi tipi di
grazia, "sufficiente" ed "efficace". La "sufficiente" prepara il soggetto all'azio-
ne, mentre Inefficace" è tale da piegare infallibilmente la volontà umana ad
un determinato atto. Atto comunque libero, perché scaturisce da una volontà
che potrebbe resistere (in sensu diviso), sebbene di fatto non resista (sensu
composito)8. La "sufficiente" viene concessa a tutti gli uomini, mentre la "effi-
cace" viene concessa solo ai predestinati. La grazia "sufficiente", infatti, non

A. Bonet, La filosofia..., cit., p.123.


Cfr. Enciclopedia Cattolica, s.v. Grazia, cit.
De Auxiliir. aspetti teologici di una controversia nell'opera tirsiana 69

consente di realizzare l'azione salvifica, ma permette solo la condizione di po-


ter agire in questo senso: "es un benefìcio para llegar al 'agere' o acto sobre-
natural de la conversión y de la salvación. Esta doctrina recibe el nombre de
'sistema de la premoción o determinación física"9. Pertanto la predestinazione
al cielo, avviene in base al Decreto predeterminante con il quale Dio decide di
concedere la grazia "efficace" ai soli eletti. Il punto debole della dottrina ban-
nesiana, allora, è costituito dall'affermazione di tale decreto, in quanto viene
tenuta in considerazione soltanto la grazia concessa da Dio. Anche per quan-
to riguarda la condanna, la volontà divina svolge il ruolo principale poiché
viene decisa da Dio e non causata dal libero comportamento umano: "Esto
equivale a una reprobación antecedente negativa"10.
Su questo punto cruciale (come vedremo tra poco), Tirso svilupperà la
vicenda di Paulo. Al fine di chiarire meglio la posizione di Fray Gabriel Té-
llez ", è necessario soffermarsi sulla soluzione proposta dal suo confratello,
Francisco Zumel che, pur collocandosi all'interno del bannesianesimo, si di-
scosta da questo per alcune soluzioni originali. Zumel introduce delle novità
relativamente alla questione della grazia ed alla "premozione fisica". Egli so-
stiene il principio di "gradi intrinseci di efficacia della grazia", annullando,
quindi, la differenza innalzata da Báfiez, tra i due tipi di grazia. Secondo Zu-
mel, la grazia ha dei gradi di efficacia e, la efficacia, può essere annullata nel
rapporto con la libertà umana n . Riguardo alla salvezza, Zumel prende le di-
stanze anche dal concetto di "Predeterminazione" proponendo, attraverso il
sistema della Ciencia de visión, una dottrina che lascia all'uomo ed alle sue
capacità volitive, maggiori possibilità. Dio, cioè, nel suo progetto di salvezza
dell'umanità, per mezzo della Ciencia de visión, con la quale comprende tutti
i mezzi della libertà umana, concede la grazia necessaria alla salvezza con il
grado di efficacia opportuno. L'ausilio si rende operante nel momento in cui
l'individuo si rimette in completa "nudità" ed abbandono di sé ad esso 13. La

9
J. M. Delgado Várela O. de M., Psicología y teologia de la conversión en Tirso, in Je-
sús María "Estudios" Madrid, Orden de la Merced, 5, 1949, 341-377, p.360.
10
Ivi, p.361.
" Nel riferirci a Tirso de Molina, abbiamo adottato il criterio di chiamarlo con il no-
me canonico di Fray Gabriel Téllez, quando trattiamo del suo pensiero teologico e Tirso,
quando ci rivolgiamo al drammaturgo.
12
J. M. Delgado Várela O. de M., Psicología..., cit., pp.361-362.
13
Ivi, p.365.
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predestinazione alla gloria, allora, si manifesta attraverso il perseverare nella


cooperazione con tali ausili in un rapporto che Trubiano definisce di "armò-
nico tándem" 14. "No acude Zumel a la ciencia media, ni tampoco al decreto
predeterminante con el cual Dios decide dar una gracia suficiente o eficaz a
natura sua, para declarar el conocimiento ab aeterno que Dios tiene de los
predestinados y precitos, sino a la ciencia de visión [...]. Así, pues, la predesti-
nación tiene en cuenta: primero la gracia eficaz en el grado de eficacia conve-
niente y luego el libre consentimiento humano 15.
Tali questioni sono affrontate da Molina nella Concordia, con una im-
postazione spiccatamente antropocentrica. Il gesuita, preoccupato di salva-
guardare la libertà umana, compromessa dagli attacchi luterani, pur non ne-
gando l'influenza e la subordinazione del creato a Dio, innalza la volontà
umana al suo livello. "La gracia, para Molina, es un don sobrenatural gratui-
to, pero que realiza el acto saludable o deja de realizarlo, según que la volun-
tad libre consienta a no consienta. Es lo que se llama eficacia y suficiencia ab
extrínseco"1S.
L'azione della grazia è dunque un influsso che non agisce direttamente
sulla volontà umana portandola a compiere questa o quella azione, ma si ri-
duce ad un concorso simultaneo 17. Molina basa la sua dottrina sulla Ciencia
media, che si contrappone al Decreto predeterminante dei banesiani. Attraver-
so questa, dall'eternità, Dio scruta nel libero arbitrio di ogni uomo e conosce
(non determina) cosa l'individuo sceglierà dinanzi ad una pluralità di situa-
zioni; concederà allora la grazia in conformità alla scelta dell'uomo ed alla
realizzazione dell'atto. Quindi, tanto la salvezza, come la condanna, avvengo-
no in base alla decisione dell'uomo.
2a - Sul rapporto esistente tra alcune opere di Tirso e le questioni di-
battute nel corso della Controversia, la critica, non sempre, è pervenuta a giu-
dizi unanimi. Gli studi, fecalizzati per la maggior parte sul dramma del Con-
denado, hanno dimostrato la filiazione teologica di Zumel. È il caso della De
Los Ríos, che definisce Tirso "nieto en teología de Zumel" 18, ed anche di

14
M. E Trubiano, Libertad..., cit., p.79.
15
J. M. Delgado Várela O. de M., Psicología..., cit., p.362.
16
Ivi, p.360.
17
Enciclopedia Cattolica, cit., s.v. Grazia.
18
Blanca De Los Ríos Lampérez, Tirso de Molina obras dramáticas completas, 3 voli.,
Madrid, Aguilar, 19622, 19682, 1969 3 ,1, p.95 e II p.423.
DeAuxitiis: aspetti teologici di una controversia nell'opera tirsiana 71

Delgado Várela19, di Ortúzar20, di Trubiano21, e di Sullivan22. L'origine mo-


linsta, invece, è difesa da Menéndez - Pidal23 e Vossler24.
Riferendoci allo studio di Trubiano25 e quindi alla linea critica che privi-
legia l'adesione alla teologia di Zumel, cercheremo di mostrare come Tirso,
nelle sue opere, metta in luce i pericoli latenti negli atteggiamenti estremi del
molinismo e del bannesianesimo, non venendo mai meno, al duplice impe-
gno, di teologo e di autore teatrale.
Indubbiamente, fin dagli anni della gioventù, Tirso si nutre delle
vicissitudini legate alla Controversia, come studioso di teologia e come indivi-
duo che partecipa agli avvenimenti del suo tempo. Materiale che non igno-
rerà quando scriverà le sue opere teatrali e che saprà organizzare con la mae-
stria di quel: "sagace burattinaio che muove una numerata serie di figure e fi-
gurine in altrettante situazioni - tipo", di cui parla Samonà26. Sul problema
della libertà umana, sulla grazia e sulla questione del libero arbitrio, intervie-
ne il frate drammaturgo allo scopo di rendere fruibile al pubblico dei corrales
le complesse posizioni teologiche dibattute tanto aspramente dai due Ordini.
Relativamente al problema della predestinazione, è emblematica la vi-
cenda di Paulo ed Enrico, protagonisti del Condenado; personaggi dei quali
Tirso si serve allo scopo di far emergere, nel primo caso, il rischio esistente
nel postulato bannesiano di "riprovazione negativa" e, nel secondo, di mo-
strare la propria posizione sulla questione e di offrire, al tempo stesso, l'inse-
gnamento che reputa più opportuno per il suo pubblico.
Per quanto riguarda Paulo, la ragione che causerà la sua condanna sarà la
convinzione di essere macchiato da una colpa oscura. La critica a Báfiez ci ap-

19
J. M. Delgado Várela O. de M., Psicología..., cit..
20
Martín Ortúzar O. de M., El condenado por desconfiado depende teológicamente de
Zumel. Nueva aclaración, in "Estudios", Madrid, Orden de la Merced, 1948, 7-41.
21
M. F. Trubiano, Libertad..., cit..
22
Henry Sullivan, Tirso de Molina and the Drama ofthe Counter Reformation, Amster-
dam, Radopi, 1981.
23
Ramón Menéndez Pidal, Estudios literarios, Madrid, Espasa-Calpe, 197310.
24
Karl Vossler, Lecciones sobre Tirso de Molina, Madrid, Taurus, 1965.
25
M. F. Trubiano, Libertad..., cit.. Reputiamo questo studio di grande rilevanza per
l'approfondita analisi della tematica teologica all'interno della produzione tirsiana. Ad esso,
pertanto, facciamo precipuo riferimento.
26
Carmelo Samonà, prefazione a Tirso..., Milano, Garzanti, 1991, p.13.
72 Ancilla Maria Antonini

pare evidente fin dal primo atto, quando l'eremita, in seguito ad un sogno, du-
bita della salvezza della propria anima: Sin duda que a mi Dios tengo enojado27.
Tirso, con una straordinaria sottigliezza psicologica, ritrae il processo in-
teriore e spirituale dell'anacoreta che, scatenatosi con il dubbio della propria
salvezza (ciò che lascerebbe supporre il postulato bannesiano di riprovazione
antecedente le opere), conduce Paulo, dapprima al dubbio, poi alla superbia,
quindi alla sfiducia in Dio 28 , fino a raggiungere il punto più oscuro della co-
scienza dell'eremita dove si annida quel "vértigo metafisico en que el indivi-
duo se destruye a sí mismo" di cui parla González29.
Ma procediamo per gradi. Paulo chiede a Dio, una volta risvegliatosi
dal sogno, che gli faccia conoscere il suo destino ultimo, vanificando, con
tale richiesta, il valore di dieci anni trascorsi da eremita ¿ Qué fin he de tener,
pues un camino/ sigo tan bueno?30. Interrogativo che presuppone il concetto
di salvezza realizzabile attraverso la solo fede: "actitud de soberbia en estimar
sus obras en mucho y juzgarse por ellas predestinado. Las obras buenas son
efecto de la predestinación positiva antecedente" secondo Báñez31. Paulo, al-
lora, è indotto dalle parole del demonio, a ricercare Enrico, per verificare il
suo destino ultimo e non dubita assolutamente della natura di questi: ¡Gran
santo debe de ser!32. Ma la conoscenza di Enrico e della sua reale indole, pro-
vocherà in Paulo un atteggiamento di sfiducia nei riguardi della divinità, ed
il cambiamento radicale della propria esistenza verso una vita criminosa; la
stessa, cioè, che conduce Enrico: En el monte hay bandolerosil bandolero
quiero ser,/ porque así igualar pretendo/mi vida con la de Enrico,/ pues un mi-
smo fin tendremos30.
Nel giudicare la vita di Enrico come manifestazione di un cammino de-
stinato alla dannazione, Paulo si sente già bruciare tra le fiamme. L'invocazio-
ne a Dio, allora, si solleva in tutta la sua drammaticità: Señor, perdonai si
injustamente me vengo./ Tu me has condenado ya:/ tu palabra, es caso cierto/ que

27
Ivi, I, 3.
28
J. M. Delgado Várela O. de M., Psicología..., cit., p. 367 e ss.
29
Gabriel González, Drama y teología en el Siglo de Oro, Salamanca, Univ. Salamanca,
1987, p.82.
30
El Condenado..., cit., I, 3.
31
Cfr. Delgado Várela O. de M., Psicología..., cit., p.368.
32
El Condenado..., I, 5.
33
Ivi, I, 13.
De Auxiliiy. aspetti teologici di una controversia nell'opera tirsiana 73

atrás no puede volver./ Pues si es ansí, tener quiero/ en el mundo buena vida,/
pues tan triste fin espero./ Los pasos pienso seguir/ de Enrico5*.
"Todo esto explica perfectamente cómo en Paulo al experimentar la vida
de Enrico, que por sus obras, efecto de la reprobación, juzga ya condenado, se
desata una soberbia satánica contra Dios, que hace se entregue a la vida más
criminal y pecaminosa para tomar venganza del cielo"35. È proprio questo, lo
ribadiamo, il punto più delicato ed anche pericoloso della dottrina bannesia-
na, secondo Tirso e cioè, sia le buone opere che realizzi il predestinato alla
gloria, sia gli atti malvagi che compie il reprobo, sono effetto, nel primo caso,
di una predestinazione al cielo e, nel secondo, di una riprovazione negativa e
antecedente per l'inferno36. Fray Gabriel, allora, con Zumel, intende mostrare
come la bontà salvifica divina interessi tutti gli uomini: Paulo ed Enrico, sem-
bra dire Tirso, sono entrambi destinati alla salvezza. Per questo hanno a loro
disposizione gli aiuti della grazia con la quale raggiungerla. Il differente esito
delle due vicende dipende allora dal rapporto che questi stabiliscono tra il li-
bero arbitrio e gli ausili. Soccorsi che si presentano ai due personaggi sotto
forme diverse. Per Paulo, Tirso ricorre, oltre alla voce dei cori (espediente tea-
trale che tornerà nel Burlador), al personaggio del pastorello, che si presenta
sulla scena proprio nel momento in cui Paulo ha abbracciato la vita criminale.
Il suo fine è di indurre Paulo al pentimento e di farlo rimettere completamen-
te alla benevolenza divina in completa "nudità" come richiede la dottrina Zu-
mel, al fine di rendere operante la grazia di Dio sulla sua volontà. Su questo
punto ci pare estremamente significativa la spiegazione che lo stesso Téllez ci
offre, attraverso le parole del pastorello: il libero arbitrio è una condizione es-
senzialmente umana e come tale è soggetto alla fragilità, del corpo e dell'ani-
ma. L'uomo può quindi sbagliare e proprio per questo ha la possibilità di un
riscatto attraverso la misericordia di Dio. Perdono mai negato ad alcuno, altri-
menti la fragilità umana, e con essa il libero arbitrio, sarebbero un'imperfezio-
ne nella grande e gloriosa opera divina: Diole Dios libre albedrío,/ y fragilidad
le dio/ al cuerpo y al alma; luego/ dio potestad con acción de pedir misericordia,/
que a ninguno le negó01. Infatti, poco dopo, nella scena seguente, Paulo sembra
per un attimo ravvedersi, anche se poi decide di non cambiare e di perseverare

34
Ibidem.
35
J.M. Delgado Várela O. de M., Psicología..., cit., p.369.
36
Ivi, pp.369 e ss.
37
El Condenado..., cit., II, 11.
74 Anelila Maria Antonini

nella nuova vita che ha scelto: [...] Ya vengo a pensar I que ha sido grande mi
error./ Mas ¿ cónto dará el Señor/ perdón a quien tiene nombre,/; ay de mí!, del
más mal honbrel que en este mundo ha nacido?0*. È quindi evidente, come rile-
va Trubiano, che l'eremita ha, in questo punto-chiave della vicenda, frustrato
un ausilio. Il fatto che Paulo non venga ancora soccorso con altri aiuti, non
dipende da una reprovazione antecedente negativa, ma dall'evento che Dio,
attraverso la ciencia de visión, sa che l'anacoreta frustrerà ulteriori ausili39. In
Paulo non vediamo dunque realizzarsi quel processo di conversione, di radica-
le cambiamento, che si attua invece in Enrico, personaggio che appare, fin
dalle prime battute, segnato da una negatività totale. Tirso insiste molto nel
voler tracciare la natura corrotta del criminale partenopeo: Yo nací mal incli-
nado,/ come se ve en los efetos I del discurso de mi vida/ que referiros pretendo*0;
esordisce Enrico nell'atto primo, ripercorrendo una serie di crimini di ogni
sorta. Natura questa, che, secondo la dottrina bannesiana, lascia presupporre
una condanna ante praevista merita. Come, infatti, deduce erroneamente lo
stesso Paulo: Pues al cielo, hermano mío,/ ¿ cómo ha de ir éste, si vemos/ tantas
maldades en él, /tantos robos manifiestos,/ crueldades y latrocinios,/ y tan viles
pensamientos?41. Paulo, giudicando Enrico negativamente riprovato, trascura la
dottrina della grazia e dunque la sua possibilità di salvezza. Ma, non ostante
l'esistenza perversa, Enrico non cade mai nell'errore di Paulo. Il profondo
amore che nutre nei confronti del padre, gli consentirà di aprirsi agli ausili
della grazia e quindi di rendere operante la propria salvezza. È infatti attraver-
so la figura del genitore che giungono ad Enrico i soccorsi della benevolenza
divina: l'ammonizione del padre, ad accettare i sacramenti, poco prima
dell'esecuzione, costituisce allora una sorta di grazia esterna che precede quella
interna analoga42. La vicenda di Enrico comincia a trasformarsi profondamen-
te nel momento in cui il criminale partenopeo, in procinto di uccidere il per-
sonaggio di Albano, esita, pensando al genitore. Processo che culminerà, come
poc'anzi accennato, nel terzo atto, quando Enrico, tentato dal demonio, deci-
de di non fuggire dal carcere dove è rinchiuso e di accettare la propria sorte
"la fuerza que ejerce la figura del padre es vista por Enrico con perspectiva y

38
Ivi, II, 12.
39
E Trubiano, Libertad..., cit., pp.199-200.
40
El Condenado..., cit., I, 12.
41
Ivi, I, 13.
42
Cfr. J.M. Delgado Várela O. de M., Psicología..., cit., p.363.
De Auxiltir. aspetti teologici di una controversia nell'opera tirsiana 75

proporción no humana, sino suprahumana"43. Tale cambiamento radicale nel


personaggio di Enrico, ci ha richiamato alla concezione di "processi lenti" e
"processi esplosivi", sostenuta da Lotman. Il personaggio, infatti, attraverso
l'"esplosione" che attua la grazia nelle sue facoltà intellettive e volitive, realizza
il trapasso da uno stato esistenziale ad un altro, completamente nuovo, che lo
porta a godere di una maggiore autocoscienza44. L'opposizione tra i due perso-
naggi emerge in tutta la sua drammaticità alla fine del secondo atto, quando i
protagonisti si trovano l'uno dinanzi all'altro. Paulo, ormai irrimediabilmente
certo di aver offeso Dio, manifesta la sua totale sfiducia: pues ya de Dios de-
sconfío^. Enrico, invece, con grande slancio afferma: Aunque malo, confianza/
tengo en Dios46. Opposizione che culminerà alla fine del dramma quando En-
rico, in punto di morte, riuscirà a salvarsi, mentre Paulo si dannerà47. Si può
allora affermare con Várela che Paulo non si salva perché "no quiere"48. Signi-
ficative, in questo senso, sono le parole che pronuncerà Paulo alla fine
dell'opera: No doy la culpa a ninguno/ de los tormentos que paso:/ sólo a mí me
doy la culpa,/pues fui causa de mi daño49.
2b - Passando ora al Burlador de Sevilla y Convidado de piedra, ci pare
emblematica la vicenda di Don Juan. Relativamente alla figura di questo per-
sonaggio, Trubiano rileva la singolare abilità di Tirso nel riuscire, nelle sue
opere, a superare il limite dogmatico, per giungere poi, nel profondo, il dram-
ma esistenziale di quell'uomo moderno che si stava formando50. Nella vicenda

43
M. F. Trubiano, Libertad..., cit., p.185. Secondo quanto rileva l'autore, è interes-
sante vedere come, all'interno della produzione tirsiana, assuma grande rilevanza l'associazio-
ne Dio-padre. Giudizio sostenuto anche da G. González, in: Drama..., cit., e da Francisco
Fernández-Turienzo in El Burlador, mito y realidad "Romanische Forschungen", Frankfurt am
Main, 1974, 86 3/4, pp.282-00.
44
Cfr. Jurij M. Lotman, Cercare la strada. Modelli della cultura, Intr. di M. Corti, trad.
di N. Marcialis, Venezia, Marsilio, 1994, p.100 e ss.
45
El Condenado..., cit., II, 17.
46
Ibidem.
47
Secondo quanto osserva la Profeti, la dannazione di Paulo ripropone il problema del
pentimento e quindi della salvezza in punto di morte, affrontato dal cardinale Bellarminio nel
De arte bene moriendi. Opera alla quale Tirso fa esplicaito riferimento negli ultimi versi
dell'opera. Cfr. M.G. Profeti, nota introd. a El Condenado..., cit., p. 662; e III, 22.
48
J. M. Delgado Várela O. de M., Psicología..., cit., p. 366.
49
El Condenado..., cit., Ili, 22.
50
M. F. Trubiano, Libertad..., cit., pp.203 e ss.
76 Ancilla Maria Antonini

del Burlador, infatti, le finalità teologiche e dottrinali sono strettamente legate


alla critica della mentalità che faceva gravitare il principale centro d'interessi
sull'uomo, definendo, quindi, una concenzione antropologica dell'esistenza.
In Don Juan potremmo leggere allora la concezione di Tirso relativa-
mente al problema del libero arbitrio. Nella sola creazione di questo perso-
naggio, il Nostro, estremizza, da un lato, la critica alle esagerate prese di posi-
zione del molinismo che, dichiaratosi paladino della libertà umana, sembra
voler concedere troppo alle forze dell'"io"; dall'altro, manifesta la sua posizio-
ne sulla questione, riconducendo l'uomo, al quale riconosce, comunque, am-
pie possibilità, sotto l'influenza della divinità51.
Fin dall'entrata in scena, Don Juan ci appare un personaggio connotato
da caratteristiche eccezionali: egli è la causa scatenante l'azione teatrale ed an-
che la figura attorno alla quale si intessono le vicende degli altri personaggi.
Don Juan, a differenza di Paulo, è credente e fiducioso nella misericordia di-
vina. La sua storia si svolge attorno a due poli e cioè, sull'affermazione in-
condizionata della personalità, che determinerà una serie di azioni criminose;
e sull'affidamento in una benevolenza trascendente che gli avrebbe permesso,
comunque, di salvarsi poco prima di morire. Tale atteggiamento viene sotto-
lineato dalla reiterazione della frase: ¡tan largo me lo fiáis! che Don Juan ama
pronunciare ogni qualvolta venga ammonito per la sua condotta. Frase che
racchiude il nucleo più intimo e profondo del personaggio52 e che, allo stesso
tempo, ci definisce Don Juan come credente ed inserito, quindi, in una pro-
spettiva cattolica della vita. All'interno di questa, però, egli rierce come unico
signore della propria esistenza e di quella altrui, irrompendo persino contro
l'ordine morale e sociale costituito. In questo senso, allora, il Burlador rap-
presenta, nel teatro di Tirso, la "culminación, la fusión de todos los perso-
najes prepotentes, libertinos, y falsos santos" 53. È attraverso la burla M che

51
Cfr. M.F. Trubiano, Libertad..., cit., p.216.
52
"El 'tan largo me lo fiáis', encierra el nucleo más íntimo del personaje y denuncia su
forma de instalarse en el tiempo. No sería extraño que Tirso, discípulo de Lope, hubiera conce-
bido, la obra a partir precisamente de esta tondilla que tanto repite, de esa fórmula para pospo-
ner las cosas a que somos tan propensos los españoles. En todo caso el 'tan largo me lo fiáis' no
niega, sino que relega y aplaza". F. Fernández-Turienzo, El Burlador..., cit., pp.286-287.
53
M. F. Trubiano, Libertad..., cit., p.216.
M
Come fanno notare Wade e Hesse, i termini Burlador, burla, burlar, appaiono in
media sette volte per ognuna delle tre giornate, per cui è evidente che Tirso non vuole che si
De Auxilüs: aspetti teologici di una controversia nell'opera tirsiana 77

Don Juan inganna, seduce, mente, uccide ed infine fugge, in un crescendo


che lo trova sempre più preda della sua pericolosa convinzione che avrebbe
trovato ad attenderlo, al termine della propria esistenza, la misericordia divi-
na, come si evince dalla risposta che da al servo Catalinón, che invano cerca
di farlo rawedere: Mira lo que has hecho, y mirai que hasta la muerte, señor.l es
corta la mayor vida,/ y que hay tras la muerte infierno". "Si tan largo me lo
fias,/ vengan engaños55.
Il rinvio continuo della propria conversione provoca, inevitabilmente, la
frustrazione degli ausili che gli vengono concessi ai fini della salvezza. Aiuti
che Tirso fa giungere al protagonista ricorrendo, anche in questo caso, al co-
ro. Tali richiami accrescono d'intensità drammatica nella parte finale della co-
media, quando Don Juan ed il suo servo Catalinón si trovano nella cappella
dove è sepolto don Gonzalo: Adviertan los que de Dios/ juzgan los castigos
grandes,/ que no hay plazo que no llegue/ ni deuda que no se pague56. E poi,
molto più significativamente: Mientras en el mundo viva,/ no es justo que diga
nadie;/ qué largo me lo fiáis!/ siendo tan breve el cobrarse57. Ausili ai quali, do-
po qualche timore iniziale, Don Juan decide di non prestare ascolto e di con-
tinuare secondo la sua solita condotta. In questo atteggiamento, pensiamo di
leggere la critica a Molina soprattutto perché, così facendo, è l'uomo a dirige-
re la volontà divina, oltrepassando la sfera d'azione umana: "Es esta irrespon-
sable y herética confianza, de contar ciega y exclusivamente con la misericor-
dia de Dios, sin ninguna virtud atenuante, y sin que sea necesario un míni-
mo de temor reverencial ante la divina justicia, lo que Tirso reprueba con
censura doctrinal precisa" 58. L'impostazione del molinismo, infatti, secondo
quanto abbiamo detto 59 , considera l'azione salvifica della grazia strettamente
legata alla volontà umana e quindi, in una situazione-limite come quella del
Burlador, resterebbe inoperante fino al momento in cui il protagonista deci-
desse di ravvedersi e, di muoversi poi, in base a preoccupazioni morali. Ma
Don Juan, fino alla fine, sembra non rispondere a tali sollecitazioni, spingen-

dimentichi questa caratteristica, già annunciata nel titolo dell'opera. Cfr. Tirso de Molina, El
Bulador de Sevilla y Convidado de piedra, a cura di Gerald E. Wade e Everett W. Hesse, Sala-
manca, Almar, 1978, pp. 20 e ss.
» El Burlador..., ciulll 6.
56
MIII, 20.
57
Ibidem.
58
M. E Trubiano, Libertad..., cit., pag.214.
59
Paragrafo lb, p.7.
78 Ancilla Maria Antonini

dosi, invece, fin oltre la soglia concessa al libero agire umano, superata la
quale, esite soltanto prevaricazione. Sarà allora la statua del comendador, Don
Gonzalo de Ulloa, invocata da Tirso quale personificazione della giustizia di-
vina, a limitare l'azione di Don Juan ed a condurlo, con un esito spettacolare
all'Inferno 60. "Condenado por confiado" sarà allora giudicato dalla critica il
Burlador61. La smisurata fiducia che Don Juan affida alle proprie capacità e
che lo porta a dilatare il proprio "io" sulla scena, quasi fosse l'unico perso-
naggio esistente, lo spinge erroneamente a credere che, anche nei confronti
della divinità, avrebbe potuto realizzare la stessa situazione. Ma Don Juan,
nell'eccessivo esercizio del proprio libero arbitrio, non riesce a burlare la divi-
nità. Il pentimento dell'ultimo minuto, invocato da Don Juan, non è
ammissibile per Tirso, in quanto non vi può essere salvezza se non avviene
quella trasformazione interiore resa operante attraverso l'accettazione della
grazia e la cooperazione cori gli aiuti divini. In questo senso, allora, ci sia
consentito leggere una precisazione dottrinaria da parte di Fray Gabriel e
cioè, che la salvezza in punto di morte è possibile, come nel caso di Enrico,
se è avvenuto un reale cambiamento nella coscienza dell'individuo. L'atteggia-
mento di Don Juan, invece, rappresenta soltanto un fatto esteriore che per
Tirso non ha alcun senso.
È quindi evidente come la tematica della Controversia De Auxiliis per-
mei di sé i personaggi tirsiani a tal punto che appaiono indissolubilmente le-
gati a questa. Paulo, Enrico e Don Juan, sono, evidentemente, espressione
delle idee teologiche di Téllez. E, come si è visto, mentre nel Condenado la
riflessione viene sollecitata dalla presenza sulla scena di due personaggi anta-
gonisti, nel Burlador, Tirso fonde in un unico personaggio le sue preoccupa-
zioni. Tre vicende la cui reale intenzione dottrinaria emerge nel momento
della morte. Don Juan, allora, costituisce, sia il completamento di Enrico,
per la fiducia in Dio, sia il prolungamento di Paulo per l'atteggiamento sacri-
lego e ribelle62.

60
Cfr. M.G. Profeti, nota intr. a El Burlador..., cit., p.368.
61
Rafael Hornedo, S.J., El Condenado por desconfiado. Su significación en el teatro de Tirso,
"Razón y Fe", CXX, 1940, pp.170-91, apud, M.F. Trubiano, Libertad.., cit., p.213. Sullivan, in-
vece, attribuisce l'espressione "condenado por demasiado confiado" a W. Margaret Wilson, Spa-
nish drama ofthe GoldenAge, Oxford, Pergamon, 1969, pp. 116-17, apud, Tirso..., cit., p.39.
62
Cfr. M.F. Trubiano, Libertad..., cit., p.208 e Pierre Guenon, Crimen y castigo en el
Burlador de Sevilla, in Homenaje a Tirso, "Estudios" Madrid 1981, pp.381-92.
De Auxiliis: aspetti teologici di una controversia nell'opera tirsiana 79

Lo studio della produzione tirsiana, secondo questa prospettiva, alla


quale la critica, negli ultimi tempi sta guardando con attenzione, ci rivela
nuovi orizzonti di indagine e di ricerca che meritano maggiore attenzione.
Quello che meraviglia, comunque, è la sottile abilità di Tirso nel trasformare
in teatro vigoroso e vivente complesse sfumature teologiche63.

Cfr. H.W. Sullivan, Tirso..., cit., p.40.

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