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24/02/22, 14:49 Spiegazioni semplici a un mondo complicato – Paolo Fabbri

Ci sono evidentemente delle mode. Nel caso della semiotica, le arti visive costituiscono un campo
fortunato. Però l’applicazione letteraria è stata particolarmente deludente secondo me. Perché?
Perché i testi erano troppo complessi – il gioco dell’enunciazione testuale è così complicato ed i
modelli di teoria dell’enunciazione in semiotica sono ancora molto deboli. Anche la teoria del
discorso – che è essenziale – non è ancora ben descritta. Quindi molto spesso l’analisi semiotica
applicata alla letteratura non ha dato la soddisfazione che si sperava, mentre è stata molto efficace
a descrivere testi come i testi mitici ed i testi folklorici. Io penso però che Geninasca14 sia
un’eccellente guida per questo tipo di ricerca.

La semiotica per le scienze umane ha giocato un ruolo decisivo, e penso che non abbiano ancora
utilizzato a fondo questo tipo d’ipotesi – vale per la sociologia e per la psicologia cognitiva.

Un altro vantaggio della semiotica è la possibilità di Gedankenexperiment che permette. Cioè di


prendere dei piccoli testi – il caso di Maupassant – e di estrarre problemi molto complessi da
piccoli testi. Generalmente non abbiamo dei modelli per passare dal micro al macro. Abbiamo
grandi teorie sociologiche o psicanalitiche, siamo molto contenti, poi andiamo a guardare un
piccolo testo e diciamo: cosa facciamo? come fare? Oppure abbiamo delle analisi molto raffinate
linguistiche e stilistiche e non abbiamo nessuna connessione – se non opportunistica – con grandi
macro-modelli. Invece ho l’impressione che la semiotica sia ancora una disciplina capace di usare
con successo le stesse categorie al livello macro ed al livello micro.

Lei si è occupato molto delle passioni nella Semiotica. Quale ruolo occupano le passioni in una
teoria semiotica?

Visto che abbiamo parlato prima di Barthes, Barthes ha scritto anche un altro libro fondamentale
che si chiama il piacere del testo. E in questo libro Barthes aveva posto chiaramente un’idea di
una definizione non puramente cognitiva della dimensione testuale. E sia per il piacere di chi
prende il testo, sia il piacere che è iscritto nel testo. Ma se pensi anche a tutta la tradizione
fenomenologica fino a Deleuze, ha sempre pensato che accanto al percetto e al concetto c’era
l’affetto. Non a caso Deleuze pensa che Hjelmslev – che chiama l’altro principe nero di
Danimarca confrontandolo con Amleto – sia uno spinozista. Secondo Deleuze il segno per
Spinoza era affetto. La risposta di Greimas è stata quella di dire che Barthes aveva ragione. Ma
allora come descrivere la dimensione affettiva iscritta nel testo? Una possibilità è di dichiararla
ineffabile, che è una tendenza romantica. Allora ci sarebbe l’analisi testuale e più ci sarebbe il
sublime. Greimas aveva avuto un’idea interessante che era quella di dire: “Non opponiamo
ragione e passione, ma mettiamo in relazione azione e passione, come attivo e passivo”. E
siccome la semiotica aveva sviluppato una complessa teoria delle azioni, programmi narrativi,
l’idea era di parlare delle passioni non come sistema gerarchico di passioni, ma analizzarle come
processi di azione, di trasformazione e di percezione. La semiotica non è più quella di prima dopo
che ha studiato la dimensione passionale ed è stata obbligata a tener conto del valore,
dell’aspettualità, e del ritmo. Credo che sia importantissimo e che abbia aperto la strada a quello
che gli amici di Limoges chiamano la semiotica tensiva15 che però – secondo me – è ancora uno
slogan.

Ci sarebbe un’altra lacuna della semiotica generativa (oltre alle passioni) che deve tenere conto e
sviluppare?

Ma sì sicuramente. La teoria dell’enunciazione è molto incompleta e la teoria del discorso16 è


drammaticamente incompleta. Manca un anello tra una teoria dei generi e una teoria dei discorsi.
Questo è molto importante. Oggi l’unità di consumo dei testi nella società contemporanea sono i
generi: quando vai al cinema dici “vado a vedere un western, un poliziesco, vado a vedere un film
pornografico”. Hai già in mente una tipologia dei generi. Ora il problema è: come a partire dalla
strutturazione dei contenuti si creano delle configurazioni discorsive17. Manca una teoria del
discorso che però deve essere molto complessa. All’inizio erano più semplici le organizzazioni del
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significato ma poi, mano a mano che i livelli di generazione si fanno più vicini alla manifestazione
linguistica, più complessa è la situazione. In questo senso non ti devi meravigliare perché il
mondo è complicato, non le nostre spiegazioni del mondo. Il linguaggio naturale non è
ingenuamente dato e semplice e le spiegazioni complicate. No! Il mondo naturale ed il linguaggio
sono complicatissimi e sono là, già. E non possiamo revocarli o ricostruirli. Però possiamo tentare
di rispecificarli e i meccanismi di rispecificazione sono di una grandissima complessità. Però è
anche molto eccitante. La forza della semiotica è una della linguistica: tutti siamo buoni giudici.
Nelle scienze contemporanee non lo siamo: chi di noi è buon giudice sul funzionamento della
malattia della mucca pazza? Nel caso della semiotica e della linguistica, delle cattive spiegazioni
sono subito giudicate del parlante o del lettore. Il mondo è complicato, bisogna dare spiegazioni
semplici.

Note

1. La tensività è definita come la relazione tra l’elemento durativo e l’elemento terminativo di


un processo. La relazione tra i due dà l’effetto di senso: “tensività”. Questa ha soprattutto
conseguenze per l’aspettualità. Questo argomento si studia molto a Limoges, dove è
impiegato Fontanille (n. 1948), co-autore con Greimas di Sémiotique des Passions.
2. Se ne possono elencare tre: induzione, deduzione e abduzione. Specialmente l’ultima
interessava Peirce, che da una parte la considerava una congettura qualificata, dall’altra
come un’analogia. Anche Eco ha dedicato un grande interesse all’abduzione, vedendola
come il fondamento di ogni tipo di decodificazione e perciò di interpretazione.
3. Intra-testualmente ci saranno delle trasformazioni orizzontali e verticali. Al livello profondo
si effettuano delle trasformazioni sintagmatiche, per esempio, per via di operazioni sul
quadrato semiotico: uno stato è negato in uno stato di sospensione, che forse condurrà allo
stato opposto dello stato iniziale. Anche questo potrà essere negato e forse condurre a una
ripetizione dello stato iniziale – come in alcune fiabe. Le trasformazioni verticali si
presentano nel passaggio dal livello profondo al livello superficiale e comportano un
incremento di senso. Perciò non si può dire che la descrizione della sintassi fondamentale e
della semantica fondamentale descrivono il testo in modo esauriente.
4. Peirce, Collected Papers, 2.277 e 4.530. Deleuze usa molto il concetto di “diagramma” nel
suo libro su Francis Bacon – che era l’oggetto del seminario connesso al corso di Fabbri
l’anno scorso – e tratta anche il concetto di Peirce del “diagramma”. Deleuze prende come
punto di partenza l’intervista di Sylvester con Bacon, in cui l’espressione di Bacon “graph”
(Sylvester, Interviews with Francis Bacon, Thomas & Hudson, London, p. 56) nella
traduzione italiana (e forse anche in quella francese?) è diventata “diagramma”.
5. Fabbri afferma la differenza tra l’espressione semiologia, che si riferisce alla tradizione
saussuriana e l’espressione semiotica che si riferisce alla tradizione peirciana.
6. V. Benveniste: “Les relations de temps dans le verbe français”, “La nature des pronoms”,
“De la subjectivité dans le langage”, in Problèmes de linguistique générale I, Gallimard,
1966; “L’appareil formel de l’énonciation”, in “Problèmes de linguistique générale II,
Gallimard, 1974; Roman Jakobson, “Shifters, verbal categories, and the russian verb”, in
Russian Language Project, Department of Slavic Languages and Literatures, Harvard
University, 1957 (tradotto in francese: “Les embrayeurs, les categories verbales et le verbe
russe”, in R. Jakobson, Essais de linguistique générale, t. 1/2, Les Editions de Minuit, Paris,
1963).
7. V. Eco, Trattato di semiotica generale, Bompiani, 1975, cap. 2.12.
8. In Violi, P. & Manetti, G: Semiotica: Storia, teoria, interpretazione. (Saggi intorno a U.
Eco), Bompiani, Milano 1992.

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9. Semio-linguista francese, n. 1945. Direttore di Ricerca al Centre de Linguistique Française


(INaLF-CNRS). Ha collaborato con Greimas e ha diretto la publicazione dei Nouveaux
Essais di Hjelmslev (1985, PUF). Publicazioni scelte: Sémantique interprétative, PUF,
Paris, 1987; Sens et textualité, Paris Hachette, 1989, Sémantique et recherches cognitives“,
Paris, PUF, 1991. Al sito benfatto: www.msh-paris.fr/texto c’è una presentazione
(/equipe/rastier) ed articoli vari (/biblio_equipe).
10. Braudel, Fernand-Paul (1902 – 1985), storico francese. Direttore delle Annales (1956-68).
Distingueva tra “la durata breve” – il tempo degli eventi – “la durata medio-lunga” o
“durata congiunturale” e “la lunga durata” o “durata strutturale”. Un esempio degli oggetti
di queste tre durate sarebbero rispettivamente “La pace a Westphalen, 1648”, “La guerra dei
30 anni, 1618-1648” e “Conclusione della pace in Europa dal medioevo fino ad
oggigiorno”.
11. Eco, Umberto: La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea, Laterza, Roma-Bari,
1993.
12. Greimas, Maupassant. La sémiotique du texte. Exercices pratiques, Paris, Seuil, 1976.
13. La Democrazia Cristiana era al governo in Italia dal 1948 al 1992. Approfittava di questa
dominanza dando interpretazioni tendenziose alle trasmissioni e controllando gli impieghi
alla TV statale, RAI.
14. Insegna storia della letteratura francese all’università di Zurigo e la semiotica all’università
Roma 1. Ha tra l’altro pubblicato: Analyse structurale des chimères de Nerval, Neuchatel,
1971; “Découpage conventionnel et signification”, in Greimas (red.), Essais de sémiotique
poétique, Larousse, Paris, 1972; Signes et paraboles: sémiotique et texte évangelique,
groupe d’Entrevernes avec une étude de Jacques Geninasca, Paris, 1977; e recentemente La
parole littéraire, PUF, Paris, 1997.
15. V. nota 1.
16. In questo contesto il “discorso” comprende gli enunciati che vanno al di là del livello
frastico. Una teoria del discorso si occuperebbe al livello medio tra la narratologia e la
linguistica frastica.
17. Una configurazione è una combinazione di figure nel senso hjelmsleviano, cioè le unità
minime al livello più profondo. Si potrebbe immaginare un testo costruito sulla differenza
tra uno spazio aperto e uno spazio chiuso. Per configurazioni discorsive si intende delle
mini-fabule che possono essere incorporate in discorsi vari e così adottare nuovi sensi nella
concatenazione. È perciò vicino al concetto folkloristico di un “motivo” che può migrare da
un racconto ad un altro. La configurazione discorsiva è fatta di una rete di connessioni
figurative, che possono comprendere più sequenze. Allo stesso tempo comprende un
paradigma di figure del contenuto interconnesse, di cui quella manifestata in un contesto
concreto si chiama il ruolo tematico. Esempio: il tema “evasione” potrà essere
figurativizzato in diverse maniere. Se “evasione da una prigione moderna di una isola” si
manifesta, sarà in un ruolo tematico. Ovvero nella novella di Maupassant Deux-amis il ratto
e la cloaca apparterranno alla stessa configurazione discorsiva. La configurazione discorsiva
sta perciò – con le parole di Greimas – nella stessa relazione al ruolo tematico che il
lessema al semema. V. “Les actants, les acteurs et les Figures”, in Greimas, Du sens II,
Seuil, Paris, 1983 e Marsciani & Zinna, Elementi di semiotica generativa, Progetto
Leonardo, Esculapio, 1991.

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