- Inno simposiale: c’era un’invocazione prima degli dei prima del banchetto.
Callimaco mischia tutto in modo originale e nuovo e vuole mostrare le caratteristiche umane e i riverberi che
gli dei hanno sugli uomini. Anche in Callimaco il mito ha valore simbolico, ma diventa una riflessione sui
desideri umani.
Inno a Zeus: ci racconta la nascita e il mito di Zeus in modo eziologico racconta anche i fiumi
dell’arcadia catalogandoli (fiumi che la tradizione collega a Zeus). Vuole darci una nuova
enciclopedia che non è più tribale, ma Callimaco spiega l’esistente attraverso il mito che viene visto
attraverso i riflessi che possono avere sull’animo umano.
Inno ad Apollo: questo inno mimetico accompagna il rituale delle feste Carnee di Cirene in onore di
Apollo. Spiega anche la fondazione di Cirene, l’istituzione delle carnee e presenta apollo come dio
che guida le azioni e innovazioni dei poeti. Apollo non è più un dio vero e proprio, ma è colui che
spinge gli uomini ad essere se stessi. Vediamo il tema dell’INVIDIA che ha accompagnato
Callimaco per tutta la sua vita. Lui non si sentiva compreso, ma percepiva l’invidia di chi era rimasto
ancorato ai vecchi modelli e non aveva il coraggio di sperimentare.
Inno ad Artemide: Artemide bambina sulle ginocchia di Zeus che vede il petto peloso del padre. È
protetto sa suo padre, umanizza la divinità. In modo eziologico ci presenta i luoghi cari alla dea
facendo riferimento alle ninfe e alle armi.
Inno a Delo: descrive il vagabondare di Latona nel cercare un luogo dove partorire Apollo e
Artemide, è come se Callimaco si identificasse con apollo.
Pe i lavacri di Pallade: inno mimetico che fa riferimento all’immersione rituale della statua di Atena
nelle acque dell’Inaco, presso Argo. Vediamo Tiresia che vede la dea Atena nuda. Per l’uomo non è
possibile conoscere tutto e capire gli dei in modo integro. Viene acciecato, ma lui acquisisce la
capacità di vedere oltre, ha trasformato questo suo deficit in un’occasione da cui si sente tormentato,
ma anche eccezionale /riferimento a Callimaco che si è sentito così).
Inno a Demetra: descrive la processione delle canefore in onore di Demetra instituita da Filadelfo ad
Alessandria. Ci descrive la ricerca di ogni uomo di trovare la propria felicità, consapevoli di non
poter essere felici sempre. Proprio nei momenti di crisi capiamo che siamo stati e che saremo felici.
Vita simboleggiata dal cesto di Demetra che scopre le risorse. Viene fuori il mito di Erisittone che
aveva abbattuto un pioppo sacro e che era stato condannato ad avere una fame eterna. espressione
di questo continuo cercare che non può mai finire.
poema unitario e continuato (αεισμα διηνεκες) riferimento alla Poetica di Aristotele che aveva
proposto per il poema epico tradizionale, unità, completezza, estensione. Callimaco dice che per lui è
importante la brevità (Ολιγοστιχία ) che permette il labor limae.
È come se Callimaco avesse conservato un animo fanciullo capacità di vedere i sensi nascosti dei
bambini, capacità di stupirsi, il poeta è colui che riesce a descrivere questo momento di stupore in
cui tutto si svela perché ha l’animo di un bambino ( PASCOLI).
Callimaco riesce a descrivere questo attimo che è eterno, sarà cantore del vero come Esiodo, ma
come un bambino, in modo breve.
Mimnermo anche era stato un innovatore perché aveva usato l’elegia per descrivere la nascita della
città di Smirne (La Smirneide), ma in tantissimi versi nessuno se li ricorda, ma di lui si ricordano
le brevi poesie sulla vecchiaia. I Telchini gli rinfacciano la grande cultura del passato e lui fa questo
confronto con Mimnermo.
Invidiosi possono danneggiare la persona invidiata (come dice Catullo), tema del Malocchio.
Riferimento a quando insegnava come maestro elementare (tavoletta sulle ginocchia).
Apollo parla a Callimaco e lo indirizza (investitura poetica).
Callimaco diventa sempre più poeta dotto perché cita Pindaro (“Per sentieri non battuti, κελευθους
ατριπτους) anche se diventano originali in Callimaco.
Cita le cicale del Fedro. Aristotele parla delle cicale che sono una stirpe di uomini che amava
talmente tanto il canto che si era trasformata in cicale. La poesia deve essere quel momento d’estate
con i profumi, il tepore, e il canto delle cicale, non un tuono, non il ragliare degli asini. Secondo le
credenze le cicale non invecchiavano mai e si nutrivano di rugiada (freschezza del mattino,
limpidezza, rinascita) che è qualcosa di divino. Callimaco vuole vivere come le cicale e spogliarsi
del peso della vecchiaia (cita Encelado).
I GIAMBI
Ritmo concitato utile al contenuto di aggressività. L’inventore del genere era stato Ipponatte di cui
ricordiamo le invettive un po’ ironiche rivolte a Bupalo. Visto che Ipponatte aveva scritto i giambi in
dialetto ionico, lo ionico era diventato il dialetto letterario del giambo.
Callimaco non vuole usare un dialetto letterario e soprattutto si allontana anche dai contenuti dei giambi.
Callimaco è criticato fortemente dai dotti alessandrini che non capiscono le sue scelte. Queste critiche
per Callimaco erano solo segno d’invidia. Scrive un giambo che vuole aggredire i dotti alessandrini, ma
racconta un aneddoto quotidiano, tranquillo, immagina che Ipponatte torni dagli inferi e che si rivolga
direttamente ai dotti alessandrini. Racconta una storia semplice, infantile, che parla di un uomo che vive
in Arcadia e che prima di morire dà al figlio una coppa da consegnare a Talete (uno dei sette sapienti con
Solone e Pittaco). Talete riceve questa coppia e non si ritiene degno e la dà ad un altro sapiente. Questa
coppa passa di mano in mano e torna a Talete che decide di offrirla al dio Apollo. Questa storia mostra la
volontà di Callimaco di capovolgere il genere del giambo con gentilezza mostra che gli alessandrini
stanno spagliando perché solo il dio può essere veramente sapiente. Ottiene l’obiettivo dei giambi, ma in
modo del tutto diverso. (pag. 254)
Tutti possono essere poeti perché la bellezza appartiene a tutti, basta mettersi d’impegno. Non condivide
che basti la chiamata divina, ma serve la τεχνη. Callimaco è talmente audace ( πολυειδεια) da praticare
generi diversi contro la tradizione di specializzarsi in un unico genere. (pag. 257). Ποικιλια (epiteto di
Odisseo) indica la mutevolezza di Callimaco.
Elogio alla brevità (pag. 258) fa parte dell’Inno ad Apollo in cui cerca di spiegare il culto della
celebrazione delle Carnee. Inno mimetico con grande attenzione all’ Ολιγοστιχία e alla grande
elaborazione formale possibile solo con la brevità. Apollo dice a Callimaco di non curarsi degli
invidiosi e di seguire la propria inclinazione.
La “demoniaca fiera” è il serpente che uccise Apollo e la cui pelle era ai piedi della Pizia di
Delfi e aveva dato il nome alla sacerdotessa. Molte allitterazioni, poliptoti, onomatopee
(riproduce la velocità della saetta di Apollo).
Callimaco sta introducendo il passo successivo: Apollo è il difensore. Interrompe l’inno ad
Apollo vero e proprio per parlarci della sua scelta poetica metapoetica.
Invidia furtiva riferimento all’invidia degli accademici alessandrini nei confronti di
Callimaco.
È bella la corrente grande del fiume assiro, ma quanto è torbida, rende l’acqua non trasparente.
Le api che sono piccole (contrapposizione al grande fiume) portano solo l’acqua pura.
Sensazione di freschezza, semplicità e l’enumerazione finale trasmette proprio questo (ολιγη
λιβας).
Epigramma funebre a suo padre Batto (pag. 259) che diventa la persona loquens che non parla di sé, ma
di suo padre e di suo figlio. Entrambi si chiamano Callimaco: il padre rispetta l’etimologia del suo nome,
bella battaglia (καλος μαχη), essendo comandante e il figlio fa sentire il suo canto nonostante l’invidia
della gente. Batto è vissuto tra due Callimaco, tra due belle battaglie.
Il consiglio di Pittaco (pag. 260) è una favola (αινος) con funzione moraleggiante. Uno straniero chiede
consiglio a Pittaco perché ha due donne e non sa se scegliere quella con una condizione economica
simile alla sua o superiore. Gli dice di guardare il gioco dei bambini (sempre riferimento ai bambini)
della trottola. I bambini dicevano “Segui la tua via (την κατά σαυτον έλα)” ricorda la gnome “γνωθι
σεαυτον”. Lo straniero decide di sposare la donna più povera per seguire la sua inclinazione, non bisogna
adattarsi a quello che è ritenuto migliore se il rischio e non sentirsi se stesso.
Un mito genealogico (pag. 263) in cui Aconzio si innamora perdutamente di Cidippe facendosi aiutare
da Eros. Le dà una mela con su scritto “per Artemide, io sposerò Aconzio”. La ragazza legge ad alta
voce questa frase senza rendersi conto di aver fatto un giuramento. Quindi ogni volta che i genitori di
Cidippe cercano di darla in sposa, lei si ammala gravemente. I due quindi si sposano e da qui nasce una
stirpe molto influente che Callimaco ha voluto ricostruire in modo dettagliato con sottofondo di una
storia d’amore semplice.
“Odio il poema ciclico” (pag. 283): vedi analisi fatta e sul libro. Carme apparentemente sulla brevità e
sulla chiarezza, ma in realtà parla di cose quotidiane e di vita vissuta. Parla di amore (molti contatti con
Catullo). L’ultimo distico contribuisce all’unitarietà, infatti l’eco è centrale e unisce tutta la poesia.
“Per i lavacri di Pallade” (pag. 274): inno mimetico che viene immaginato come inno cantato nel
giorno in cui veniva praticato un rito: l’immersione della statua di Atena nel fiume Inaco. Callimaco usa
un tono medio e colloquiale come in una favola, non il tono altisonante dell’inno. Miti di Tiresia e
Atteone che hanno peccato di ubris. Tiresia non può far altro che cambiare, diventa l’indovino, colui che
davvero è, nel momento in cui viene punito.