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GLOSSARIO IMMUNOLOGIA

Esotossine: molecole tossiche secrete dai patogeni che inducono febbre scarlattina,
difterite, tetano e colera

Endotossine: molecole tossiche contenute nei patogeni che provocano sepsi, tifo,
meningite, polmonite, dissenteria e peste

PAMPs: patogen associated molecular pattern. Determinanti molecolari presenti solo sulle
cellule dei patogeni: proteine con residui di mannosio, lipolisaccaride (tossina endogena
riconosciuta da CD14), RNA virali a doppia elica, N-formil-metiolil peptidi, DNA non metilato.

Segnali d’allarme che inducono attivazione immunità innata: coagulazione, stress,


citochine e chemochine, attivazione complemento, ROS, acido urico, metaboliti delle purine,
heat shock protein, lipoproteine a bassa densità, neuromediatori, metalloproteasi, DNA,
RNA, ipossia, rottura matrice extracellulare, necrosi cellulare.

PRM/PRR: pattern recognition complex/receptor, riconoscono DAMPs e PAMPs


scatenando una fast and furious response. Sono espressi dalle cellule dell’immunità innata.

Caratteristiche immunità adattativa:specifica, task division, diversità, memoria, tolleranza

Risposta umorale dell’immunità innata: lisozima, betalisina e bacteriocidina prodotte dai


macrofagi, Tuftsina, lattoperossidasi, interferoni, cascata coagulativa con la formazione di
coaguli che impediscono la diffusione sistemica a livello capillare, sistema del complemento.

Caratteristiche prima linea di difesa, costituita dalla cute: barriera fisica continua
resistente, elastica, impermeabile, in continua rigenerazione, coinvolta nel meccanismo
omeostatico, antibatterica grazie ad esempio al sebo e al sudore (rende la pelle acida),
ripara dai raggi UV, risponde a stress meccanici.

Barriere biochimiche biologiche: lacrime e lisozima, secrezione di ghiandole sebacee,


flora batterica sulla cute e sulle mucose

Barriere chimico-fisiche: secrezioni nasali, epitelio ciliato della mucosa, acido cloridrico a
livello gastrico, la cute.

Barriere chimiche: peptidi, citochine, chemochine, allarmine

PEPTIDI:
- Famiglia delle β-defensine: peptidi in grado di distruggere le membrane microbiche,
attrarre le cellule dendritiche immature, attivare la fagocitosi dei polimorfonucleati e
regolare il microbioma. Sono prodotte dalle cellule di Paneth (anche cellule mucosa),
NK, neutrofili e dai linfociti T citotossici. Sono prodotte costitutivamente, ma durante la
risposta immunitaria sono molte di più.

- Famiglia delle α-defensine: α e β e si differenziano per il tipo di cellula produttrice e


quindi per la localizzazione.

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- Famiglia delle catelicidine: peptidi con diretto effetto citossico, in grado di
distruggere l’involucro lipoproteico dei batteri.
Prodotte dai neutrofili, dalle cellule epiteliali del tratto gastrointestinale e dalla mucosa
dell’apparato respiratorio, sotto stimolo delle citochine infiammatorie o di alcuni microbi.
Prodotte sottoforma di un precursore poi clivato in due peptidi attivi. Le citochine
infiammatorie sono importanti per indurne la sintesi e la maturazione.

- Famiglia delle istatine: peptidi in grado di distruggere le membrane microbiche,


provocando crisi osmotica

- Famiglia delle pentraxine Considerati anticorpi ancestrali con struttura ciclica ad


anello in grado di legare la superficie dei patogeni, in modo da renderne difficile. Si tratta
di proteine multimeriche, pentameri con cinque peptidi globulari che possiedono
particolari sequenze definite domain pentraxinici.
Si trovano nella linfa e nel sangue. Sono in grado di attivare la fagocitosi (di fagociti,
granulociti e macrofagi). Fanno parte dei PRM (fanno da ponte tra il patogeno e recettori
delle cellule immunitarie in grado di legarli). Esistono due famiglie:
1. pentraxine a catena corta: prodotte dagli epatociti, come la proteina C-reattiva, sotto
l’azione delle prime citochine infiammatorie. E’ anche componente P dell'amiloide sierica
(SAP), proteina della fase acuta, prodotta sempre dal fegato sottoazione di IL6. Vengono
prodotte anche da cellule linea mieloide, macrofagi, CD.
2. pentraxine a catena lunga (PTX3), prodotta da cellule mieloidi, epiteliali ed endoteliali.

CITOCHINE (o Interleuchine). Prodotto di secrezione delle cellule dell’immunità. Sono i


messaggeri orchestranti della risposta immunitaria. Sono più di 40 e ognuna possiede un
proprio recettore specifico. Agiscono sulle cellule endoteliali, in cui inducono l'espressione
delle molecole di adesione. Attirano più cellule, aumentano la permeabilità endoteliale,
favoriscono l’extravasazione. Le citochine antivirali inibiscono la replicazione e/o
l'imballaggio dei virus, la deposizione di fibrina e la coagulazione del sangue. Alcune
coinvolte nello spegnimento della risposta immunitaria. Vengono percepite esclusivamente
dalle cellule che esprimono i recettori specifici per legarle. Ne esistono 5 famiglie:
1. interleuchine
2. interferoni
3. tumor necrosis factor
4. colony simulating factor
5. transforming growth factor: importante ruolo nella tolleranza immunitaria

Caratteristiche comuni delle famiglie:


- molecole molto piccole e dunque molto diffusibili
- hanno un emivita molto breve data la loro potenza biologica (pericolose se persistono)
- agiscono raramente come monomeri
- altamente regolate da inibitori presenti nel sangue
- trasmissione a breve distanza e polarizzata (per agire in maniera precisa vengono
rilasciate solo nel punto in cui c’è il contatto con la cellula che possiede il recettore)
- vengono eliminate dal catabolismo renale

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- sono molto ridonanti, difetti genetici possono essere silenti
- hanno capacità di sinergizzare tra loro, amplificando l’effetto, o farsi da antagonisti
- hanno capacità pleiotropica

SEGNALE SOS: in caso di infezione le citochine inducono la proliferazione delle cellule del
sistema immunitario a livello del midollo osseo

Interleuchina 1 (IL1), citochina pro-infiammatoria:


- Scatena importanti funzioni per la difesa innata
- agisce a livello dell’ipotalamo inducendo la febbre
- Induce attivazione NFkB.

Interleuchina 2 (IL2):
- promuove l’attivazione e la proliferazione delle cellule B, T e NK (molto importante)
- Prodotta da cellule NK, promuove l’attività litica.
- Fondamentale per proliferazione e il funzionamento di T-reg e dei CD8+;
- Principale citochina prodotta dai linfociti T, lega CD25 (IL2Rα), IL2Rβ e CD132.
- Induce l’attivazione dei fattori trascrizionali t-bet e eomes nei CD8+

Interleuchina 3 (IL3):
- importante per proliferazione dei B
- prodotta dai Th2 per reclutare mastociti e basofili
- favorisce la differenziazione dei precursori midollari (da precursore comune a PRO-B)
Interleuchina 4 (IL4):
- prodotta dalle cellule NK e dalle iNKT
- Ha come funzione principale quella di regolare le reazioni mediate da IgE e
mastociti/eosinofili.
- Promuove la maturazione delle cellule T in Th2, delle cellule B e delle mastcellule.
- Prodotta anche dalle Th2 per indurre i linfociti B a secernere IgE e ad attivare macrofagi
M2, cellule epiteliali, muscolari lisce e mastociti

Interleuchina 5 (IL5):
- citochina secreta dai Th2 e ILC2;
- induce i linfociti B a produrre IgA
- recluta e attiva gli eosinofili e le mastacellule.
- Induce la ricombinazione della catena pesante durante la differenziazione dei B
Interleuchina 6 (IL6), citochina pro-infiammatoria, simile a IL1
- Agisce nel fegato attivando le proteine della fase acuta (come proteina C reattiva)

Interleuchina 7 (IL7):
- promuove la maturazione delle cellule T e delle cellule B
- induce alla formazione della memoria per le cellule T
Interleuchina 9 (IL9):
- induce l’ematopoiesi e la proliferazione delle mastcell
- citochina secreta dai Th2
- come IL3 recluta mastociti e basofili
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Interleuchina 8 (CXCL8): chemochina che induce migrazione dei neutrofili
Interleuchina (IL10), citochina anti-infiammatoria:
- sopprime la risposta immunitaria, inibendo il rilascio di citochine (in particolare IL2)
- Rilasciata dalle cellule T-reg, Th2, cellule Th della lamina propria, cellule dendritiche,
macrofagi, mastociti, iNKT, microfold cells
- Inibisce nelle APC l’espressione delle molecole HLA, l’espressione di molecole co-
stimolatorie, la differenziazione Th1 (inibendo IFNγ),
- Induce lo switch di classe anticorpale e il differenziamento dei T regolatori
- Omologie tra la sequenza di IL10 e Epstain Barr: l’assenza della citochina può portare
allo sviluppo di sintomi con potente componente infiammatoria

Interleuchina 12 (IL12):
- secreta dalle DC immature e dai macrofagi.
- Induce le cellule T e cellule NK a produrre interferone gamma, che viene prodotto in
quantità fino a cento volte maggiori (funzione immunoregolatoria nell’attivare i macrofagi
e uccidere i patogeni). Attiva le cellule NK.
- Stimola l’espressione di T-bet e Eomes nei linfociti T citotossici
- se lega un Th0 si differenza in Th1.

Interleuchina 13 (IL13):
- citochina prodotta dai Th2 che promuove la differenziazione delle cellule B
- coinvolta nella riparazione tissutale.
- Induce la produzione di interferoni.
- Se secreta da ILC2 induce le cellule mucipare caliciformi a produrre muco.

Interleuchina 15 (IL15):
- favorisce sopravvivenza CD8 della memoria
- attiva T, NK cell e NK-T
- Viene secreta da NK.

Interleuchina 17 (IL17):
- prodotta da ILC3 (attiva azione antibatterica cellule di Paneth).
- induce il differenziamento de linfociti T
- Viene secreta dallo stroma del midollo per maturazione B e T.

Interleuchina 18 (IL18):
- azione simile ad interleuchina 12, aumenta produzione di interferone gamma e di IL1.
- Se lega il suo recettore induce attivazione NFkB.
- Induce differenziazione di CD4+ in Th1
- inibisce la produzione di IgE.
- Attiva le cellule NK.

Interleuchina 22 (IL22), interleuchina pro-infiammatoria:


- secreta da NK e ILC3
- attiva azione antibatterica cellule di Paneth

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Interleuchina 21 (IL 21):
- prodotta dai linfociti CD4+ Thf
- Importante per la generazione dei CD8+ della memoria ed effettori

Interleuchina 23 (IL23):
- Regola l’infiammazione
- Induce il differenziamento dei linfociti T

Interleuchina 25 (IL25): citochina pro-infiammatoria e promuove l’attivazione delle


cellule T in Th2. Attiva le ILC2.

Interleuchina 33 (IL33): citochina pro-infiammatoria e promuove l’attivazione delle


cellule T in Th2. Attiva le ILC2.

TNF-alpha, citochina pro-infiammatoria:


- Sintetizzato dai basofili e mastacellule dopo la loro attivazione, da macrofagi dopo
interazione con TLR, CD immature, cellule NK.
- Innesca un effetto a cascata che amplifica la risposta pro-infiammatoria, reclutando
sempre più cellule del sistema immunitario.
- L’effetto diretto sui macrofagi: aumenta il metabolismo (brust respiratorio).
- Induce la sintesi di CIITA

INF-γ:
- Prodotto dai macrofagi innesca un effetto a cascata che amplifica la risposta pro-
infiammatoria, reclutando sempre più cellule del sistema immunitario.
- Viene prodotto da Th1, CD8+, NK, ILC1, iNKT.
- Regola la composizione dell’immunoproteasoma e anche l’attività della componente
regolatoria.
- Stimola la produzione di MHC II su APC e su altre cellule estranee al sistema immunitario
(e.g.: cellule dell’endotelio vascolare).
- Aumenta anche l’espressione di 2 unità del proteasoma: LMP2 e LMP7.
- Induce la sintesi di CIITA

TGF-BETA, citochina regolatoria con funzione di soppressione della risposta immunitaria:


- rilasciata dalle cellule Treg, cellule Th2, dalle cellule Th mucosali, cellule intestinali…
- in assenza di IL6 determina la differenziazione delle cellule T CD4+ vergini in cellule T
regolatori indotte
- La sua assenza determina diminuzione di Treg e lo sviluppo di infiammazioni sistemiche.
- Attiva fibroblasti e riparazione dei tessuti
- inibisce la risposta infiammatoria, Th1, Th2 e cellule B, produzione di citochine
- Può indurre lo switch di classe anticorpale di IgM in IgA
- può combinarsi con IL3 per indurre la differenziazione di basofili e eosinofili, combinarsi
con IL1 e IL6 per indurre la differenziazione dei CD4 in Th17
RECETTORI DELLE CITOCHINE, caratteristiche:
- altamente specifici e affini alla propria citochina (necessaria bassissima concentrazione:
costante di dissociazione 10^-11 molare). In questo si differenziano con le chemochine
- possono essere costitutivamente espressi o inducibili
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- a singola catena o a multipla catena
- I recettori Decoy sono privi di capacità di segnalazione ma legando la citochina ne
limitano l’effetto

Tipologie di recettori:
1. A singola catena (recettore per GM-SCF)
2. Recettori a doppia catena: eterodimeri costituiti da una catena α e una catena β,
attraverso fosforilazione attivano la trasduzione del segnale (IL3, IL5, GM-SCF)
3. Recettori con una sola catena che prende contatto con il ligando e una solo
associata al complesso recettoriale (IL6, LIF, leuchemia inhibator factor)
4. Recettori a 3 catene: recettori regolatori costituiti da catena beta e gamma comune
e da catena alpha inducibile che ne aumenta molto l’affinità (IL2, IL4, IL7, IL9, IL15)

Recettori per gli interferoni: eterodimeri che legati gli INF inducono via JAK-STAT

Recettore della famiglia a catena γ comune: eterodimero o eterotrimero, recettore per


IL2, IL4, IL7, IL9, IL13, IL5, IL21, via di segnalazione JAK-STAT

Recettore della famiglia a catena β comune: eterodimero, recettore per IL3, IL5, GM-CSF,
via di segnalazione JAK STAT

Recettore per l’interleuchina 1 e eritropoietine: omodimeri che sfruttano TIR per


trasdurre (simile ai tool like receptor).

Recettori per TNF: omotrimeri che utilizzano come trasduttori TRADD e FADD.
VIA DI TRASDUZIONE della maggior parte delle citochine:
Legame con il recettore che solitamente dimerizza→ attivazione JAK che fosforilano le code
tirosin chinasiche intracitoplasmatiche→ attivazione cascata di fosforilazione che induce un
aumento di calcio nel citoplasma, questo ha 3 esiti sulla cellula del sistema immunitario:
- Degranulazione
- Riorganizzazione del citoscheletro per favorire la secrezione di sostanze citotossiche
- Attivazione di fattori trascrizionali che migrano nel nucleo (STAT reclutato a livello delle
code tirosin chinasiche fosforilate che dimerizzano e divengono F.T attivo)

A questo punto il recettore viene internalizzato per non amplificarne troppo l’effetto.

Meccanismi regolatori che spengono il segnale indotto da JAK (legame citochina):

1. SOCS: famiglia di proteine che spegne il segnale mediato da JAK defosforilandolo

2. CIS: famiglia di proteine che spegne il segnale mediato da JAK agendo su STAT
3. ubiquitinazione di JAK

4. facile degradazione dell’RNA delle citochine, data la sua instabilità

Recettore delI’interleuchina 2: recettore multicatenario composto in maniera costituitiva


da catena beta e gamma (hanno un ruolo nella trasduzione) e in alcuni casi può possedere
anche la catena alpha (CD25) che aumenta moltissimo l’affinità del recettore. IL2 è la
principale citochina prodotta dai linfociti T, fondamentale per l’espansione clonale. A seguito

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di legame con catena alpha o beta la catena gamma si avvicina inducendo cambiamento
conformazionale reclutando JAK associato a β e γ. Espressi anche da cellule B e NK.

Il recettore αβγ è espresso dai linfociti T preattivati (antigene incontrato). Ad alta affinità.

Il recettore βγ è espresso dai linfociti T naive. Possiede bassa affinità.

La via di trasduzione prevede sempre meccanismo mediato da JAK-STAT.

CD25: catena alpha del recettore IL2R

Catena γ comune, associata a specifici recettori di diverse citochine:


- Interleuchina 2: la usa per l’attivazione e la proliferazione dei T, dei B e delle NK
- Interleuchina 4: la usa per l’attivazione e la maturazione di Th2, linfociti B, mastociti
(coinvolti nelle reazioni allergiche)
- Interleuchina 7: la usa per la maturazione T e B
- Interleuchina 9: la usa per indurre emopoiesi
- Interleuchina 15: la usa per differenziamento dei B, riparazione dei tessuti
- Interleuchina 21: la usa per maturazione e differenziazione dei T, dei B e delle NK

Difetti genetici della catena gamma comune causano fenotipi di immunodeficienza (X-SCID)

CHEMOCHINE: citochine con funzione chemiotattica, indirizzano il movimento delle


cellule immunitarie permettendo la localizzazione della risposta immunitaria, controllando
l’extravasazione fisiologica. Regolano inoltre l'homing delle cellule immunitarie, sono molto
importanti durante l’embriogenesi. Si suddividono in 3 diverse famiglie:
- Famiglia CXC: sequenza amminoacidica con due cisteine tra cui c’è un amminoacido X
- Famiglia CC (o β): presentano nella sequenza amminoacidica due cisteine adiacenti
- Famiglia CX3C: sequenza amminoacidica con due cisteine tra le 3 amminoacidi X

Chemiotassi: movimento di un organismo in risposta a uno stimolo chimico.


La chemiotassi POSITIVA si verifica se il movimento è verso una maggiore concentrazione
della sostanza chimica in questione.

CHEMOCHINE SPECIFICHE:
CCL3 e CXCL8 (interleuchina 8): favoriscono la diapedesi dei neutrofili. Questi dopo averle
legate seguono il suo gradiente di concentrazione raggiungendo la sede di infezione.

CCL7: chemochina che induce le cellule di langherans verso i linfonodi


CCL19, CCL21: chemochine che guidano i linfociti T nella zona paracorticale del linfonodo

CXCL12, CXCL13: regolano l’homing delle cellule immunitarie. CXL12 è fondamentale per
la sopravvivenza delle cellule B della memoria nel midollo osseo
CCL19, CCL21: chemochina costitutiva che promuove l’estravasazione

CXCL12: chemochina costitutiva che promuove l’estravasazione

CXCL13: chemochina costitutiva che promuove l’estravasazione, guida i linfociti B all’interno


dei follicoli primari all’interno del linfonodo

CCL2, CCL5: chemochina che recluta le cellule immunitarie nel sito dell’infiammazione
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CD69: citochina che inibisce l’azione di sfingonisina-1-P
RECETTORI DELLE CHEMOCHINE caratteristiche:
- Recettori promiscui, non specifici.
- A 7 domini transmembrana legati a proteine G che trasducono il segnale

La proteina gp120, proteina pericapsidica dell’HIV, può essere legata dai recettori delle
chemochine CCR5 e CXCR4, espressi rispettivamente dai macrofagi e dai linfociti T CD4
(il legame è necessario all’HIV per penetrare nel linfocita CD4)
Mutazione di CCR5 (variante CD32) conferisce resistenza all’HIV, allele presente in oltre l’8% della
popolazione nord europea.

ALLARMINE: forniscono segnali di pericolo alle cellule immunitarie. Sono espresse dalle
cellule epiteliali e dalle cellule sentinella. Si legano ai PRR, espressi dalle cellule innate.

- Acido urico: allarmina in grado di attivare la risposta infiammatoria e di favorire la


differenziazione delle cellule CD4 in Th2
- High mobility group box1 (HMGB1): allarmina che insieme alle proteine S100 è
in grado di attivare la risposta immunitaria, anche durante infiammazioni sterili,
suscitate da danni UV. È presente in ogni situazione di stress o danno cellulare.
- Lisozima: enzima scoperto da Alexander Fleming nel 1922. Ha proprietà antibatterica: in
grado di attacca il peptidoglicano presente nella parete cellulare dei batteri, in particolare
GRAM+. Idrolizza il legame 1-4 glicosidico tra acido N-acetil-muramico e acido N-
acetil-glicosamminico (in questo modo la loro parete diventa meno rigida e tende a
danneggiare il batterio. Prodotto dalle cellule di Paneth, dai granulociti e dai monociti. Si
trova nel muco, sudore, saliva e lacrime.
MALT: tessuto linfoide associato alle mucose
GALT: tessuto linfoide associato all’intestino
BALT: tessuto linfoide associato alla mucosa bronchiale.
SALT: tessuto linfoide associato alla pelle
CELLULE IMMUNITA’ INNATA
Fibroblasti: interagiscono con il sistema immunitario producendo sostanze che modulano il
comportamento delle cellule immunitarie, come metalloproteasi e collagene. Sono coinvolte
nel meccanismo di risposta al danno.
Segnali di pericolo prodotti dalle cellule preesistenti nei tessuti periferici: monossido di
azoto, istamina, serotonina, bradichinina. Sono sostanze che agiscono nei capillari sanguigni:
le cellule endoteliali, una volta percepiti i segnali, modificano la struttura della loro membrana.
Cellule endoteliali: sotto stimolo dei segnali d’allarme, aumentano l’espressione di molecole
che frenano il flusso sanguigno, rallentando e bloccando le cellule immunitarie (che
possiedono specifici recettori che lo permettono) che scorrono nel circolo, modificano il
volume del capillare, e modificano le tight giunction. A questo punto agiscono i segnali
chemiotattici che inducono diapedesi.

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Processo del rolling: grazie allo spazio creatosi tra le cellule endoteliali per la modifica delle
tight giuncton, le cellule immunitarie rallentate sono attratte dai gradienti chimici delle
chemochine, in modo da giungere nel sito di infezione.
Formula leucocitaria: basofili 0-1.5%; neutrofili 40-70%; eosinofili 0-7%; moniciti 3.4-9%;
linfociti 19-48%.
Neutrofili:
- Multilobati
- rappresentano la fanteria di prima linea.
- Emivita bassa (1/2 giorni → muoiono dopo aver agito e i detriti derivanti dalla loro necrosi
sono fagocitati dai fagociti).
- Seguono i segnali chemiotattici di CCL3 e CXCL8.
- Possiedono granuli primari, azzurrofili, e secondari.
- Hanno funzione di sentinella, fagocitosi, effetto spiderman producendo reti NETS, effetto
kamikaze (uccidono con violenza microbi e muoiono).
- Interagiscono con gli anticorpi e il sistema del complemento (opsonizzano il microbo).
La fagocitosi avviene attraverso l’emissione di due pseudopodi → endocitosi del microbo →
granulo di fagocitosi → fusione con fagosoma (digestione parziale) e formazione
fagolisosoma (digestione totale). La loro azione è causa della formazione di pus.
Effetti degranulazione neutrofili: uccisione rapida dei patogeni, rendono la sede di infezione
altamente tossica (anche x cellule tumorali), attivano le cellule endoteliali, rilasciano segnali
chemiotattici. Producono fattori del complemento come properidina.
RETI NETS: molecole di DNA associato ad enzimi come mieloperossidasi, lattoferrina,
Catepsina, elastasi, gelatinasi. Intrappolano i microbi e ne favoriscono la distruzione.
Basofili:
- bilobati, grandezza 9/10 micron.
- Vengono legati da IgE attraverso i loro recettori tetramerici
- la loro degranulazione induce manifestazioni delle reazioni allergiche.
Mastociti (o mastacellule):
- grandezza 20/30 micron, nucleo circolare non bilobato e piccolo,
- sono ricchi di organelli e granuli, contenenti mediatori che attivano le cellule endoteliali.
- Sono correlati ai basofili, possiedono i medesimi recettori tetramerici
Istamina, eparina, serotonina, precursori della serina, proteasi, triptasi e chijmasi, TNF:
preformati in basofili e mast cells, secreti così come sono.
Cachessia: stadio terminale dei malati oncologici. Il metabolismo muscolare si modifica ed è
associata la produzione di grandi quantità di Tumor Necrosis Factor che porta alla morte.
Tronboxano, leucotriene, prostaglandine, PAF, fattore chemiotattico degli eosinofili :
mediatori sintetizzati e rilasciati dai basofili e dalle mast cells velocemente. Inducono la
degranulazione una volta secreti
TNF-α, IL3, IL4, IL5, IL13 eotaxina e IL8: mediatori sintetizzati ore dopo l’attivazione di
basofili e mastacellule.

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Eosinofili:
- simili ai neutrofili. Hanno nucleo bilobato unito.
- Emivita 6/12 ore.
- Possiedono granuli primari e granuli di cristalli contenenti proteina basica maggiore.
- Sono fagociti, hanno funzione antielmintica e anti-tumorale.
- Sono antigen presenting cells.
Funzione antielmintica: in grado di eliminare parassiti extracellulari.
Monociti:
- Hanno emivita più lunga (anche mesi) soprattutto se all’interno di tessuti.
- Nel sangue vengono nominati monociti, nei tessuti divengono più grandi e si
differenziano. A seconda della sede: cellule di Langherans, macrofagi alveolari o
interstiziali, cellule della microglia, cellule di Kupfer, osteclasti, cellule dendritiche in
forma immatura e matura.
- più capaci a fagocitare: ricchi di fagosomi e lisosomi, corpi lipidici, glicogeno, mitocondri,
esteso RE (per favorire la loro azione di fagocitosi).
- Oltre a fagocitare i patogeni, rimuovono qualsiasi sostanza di scarto attraverso
autofagia (come globuli rossi invecchiati nella milza, detriti, cellule morte).
- Sono antigen presenting cells.
- Come i neutrofili emettono pseudopodi e posseggono recettori per anticorpi e fattori del
complemento che hanno mediato opsonizzazione

Macrofagi M1: promuovo l’infiammazione

Macrofagi M2: inibiscono l’infiammazione (si differenziano a seconda delle citochine


prodotte). Il bilancio tra i due tipi di macrofagi determina come si risolve la risp. Infiammator.

Endocitosi e macropinocitosi: forme di fagocitosi mediate dai macrofagi per le molecole


più piccole.

Sistema lattoperossidasi: mediato dai macrofagi tissutali che secernono metaboliti


dell’acido arachidonico e radicali attivi dell’ossigeno per combattere i patogeni.

Cellule denditiche: non particolarmente numerose. Nella cute cellule di langherans.


Originano dai progenitori linfoidi e dai monociti.

CD immature: attività di fagocitosi e produzione interleuchine pro-infiammatorie (producono


IL1, IL6, IL12, TNF-alpha). Dalla sede di infezione sono attratte dalla chemochina CCL17
che le spinge verso i linfonodi.

CD mature (o license): vanno verso i linfonodi e una volta in sede cambiano assetto
molecolare. Cominciano a esprimere molecola HLA e acquisiscono la capacità di entrare in
contatto con i linfociti T. Esprimono molecole co-stimolatorie che attivano i linfociti T (CD40,
CD80, CD86, OX40). Sono le cellule più efficienti a presentare l’antigene (effettuano Cross
presentation).

Cellule dendritiche convenzionali: piccola percentuale nel sangue periferico, hanno come
azione principale l’attivazione dei linfociti T naive. Sono APC professioniste quando mature.

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Cellule dendritiche plasmacitoidi: derivano da progenitori linfoidi. Importanti produttrici di
interferoni soprattuto alpha e beta.

Cellule Natural Killer:


- di origine linfoide.
- Si trovano nel sangue, nella milza, nei polmoni, nel fegato, nell’utero e nei villi intestinali
- Costituiscono 2-10% dei linfociti periferici.
- Producono IL2, IL4, IL12, IL15, IL18, IL22, INF-α e β, GM-CSF, INF-gamma, TNF-alpha.
- Possiedono accentuato meccanismo litico.
- Contengono granuli con all’interno granzimi e perforine.
- Non hanno bisogno di presentazione, quando vedono una cellule infette, stressate e
neoplastiche tendono a eliminarle.

GM-CSF: fattore stimolante le colonie granulocite monocitarie.

Recettori attivatori cellule NK: se legati dall’antirecettore sulla cellula bersaglio attivano
capacità litica. Associati in membrana a molecole con code intra-citoplasmatiche fosforilabili
che attivano la trasduzione del segnale.

Recettori inibitori cellule NK: il legame dell’antirecettore sulla cellula bersaglio induce
fosforilazione e attivazione di fosfatasi che inducono il blocco dell’attività litica. Legano
soprattutto HLA-I presente sulle cellule dell’organismo. Legano le molecola HLA-G
espresse dalle cellule del trofoblasto per indurre tolleranza durante la gravidanza
NCRs, NKG2, KIR: classi di recettori sulle cellule NK con dominio extracellulare simile

Missing self: le cellule dell’organismo infettate/neoplastiche esprimono una minor quantità


di molecole MHC-I leganti peptidi self in modo che i recettori inibitori delle NK non vengano
attivati. Viene sfruttato per i trapianti di midollo per pazienti neoplastici ematologici, perché
inibisce l’attacco dei CD8+ verso le cellule dell’organo del donatore di midollo osseo. In più
attiva le cellule NK che avranno un effetto antitumorale accentuato.
Recettori CD16: recettori presenti sulla membrana delle cellule NK, attiva fenomeno ADCC.

Fenomeno ADCC: attraverso i recettori CD16 le cellule NK legano gli anticorpi IgG legati a
loro volta alla superficie delle cellule infette, che hanno opsonizzato un patogeno.
Il legame tra CD16 e IgG scatena la degranulazione dei granuli di NK.

Attività NK:
- innesco risposta pro-infiammatoria
- regolazione risposta adattativa (stimolano maturazione attivazione cellule T)
- regolano l’emopoiesi (secrezione di GM-CSF)
- inducono maturazione cellule dendritiche, regolano T-regolatorie al bisogno.

ILCs (innate linphoid cells): popolazione eterogenea di cellule linfocitarie categorizzate in


ILCs 1/2/3. Si espandono in relazione al microambiente che si genera nelle mucose e in
funzione alle varie citochine che incontrano.
Attività ILCs:
- Promuovono l’infiammazione in forma acuta
11
- orientano la risposta e l’attività dei macrofagi (M1/M2),
- regolano la differenziazione CD4,
- inducono produzione di muco
- inducono le cellule di Paneth a produrre defensine e altre sostanze.

ILC1:
- attivate da IL1 e TNF-alpha.
- Producono interferone gamma e inducono attivazione infiammazione cronica.
ILC2:
- attivate da IL25, IL33, TLSP.
- Producono citochine come IL13 che favorisce produzione di muco, IL5 recluta gli
eosinofili e attiva le mastacellule. Producono anche l’anfiregulina.

Anfiregulina: fattore importante per la riparazione dei tessuti. Prodotta da ILC2.

ILC3:
- Se attivate da IL1 e TNF-alpha, producono GM-CSF (induce a sua volta produzione
acido arachidonico e differenziazione di T-regolatori).
- Se attivate da IL23 inducono produzione di IL17 e IL22 che promuovono l’infiammazione
e inducono la risposta antimicrobica mediata dalle cellule di Paneth.

1,4 x 10^14: cellule del sangue prodotte in un anno.

PATTERN RECOGNITION RECEPTOR


Scavenger receptor:
- PRR endocitici.
- Riconoscono lipidi e lipoproteine a bassa densità (LDL) modificate (acetilate ed ossidate)
su batteri e cellule danneggiate.
- Sono coinvolti nella fagocitosi e promuovo la secrezione di proteine infiammatorie e di
radicali dell’ossigeno. Hanno funzione di presentazione dell’antigene.
C-type lectine:
- riconosco zuccheri presenti su virus e funghi.
- Promuovo la fagocitosi, la secrezione di citochine pro-infiammatorie e ROS
- Aumentano l’adesività cellulare e la migrazione, inducendo diapedesi.
- Sono anche in grado di attivare le componenti del sistema del complemento.

Toll like receptor:


- Famiglia di 10 recettori, strutturalmente simili ai recettori per IL-1 (porzione TIR,
intracitoplasmatica). Codificati da 13 geni differenti.
- Sono molto conservati in natura.
- Possono essere espressi sia sulla membrana delle cellule dell’immunità innata che a
livello dei loro endosomi (TLR 3,7,8,9).
- Permettono di riconoscere batteri, LPS, lipoproteine, flagelli, shock protein 60.
- Sono importanti anche per i fenomeni di autoimmunità, in quanto sono in grado di
discriminare bene le nostre cellule e l’assenza di infezione.
- Stimolano la modifica della morfologia vasale e la diapedesi.
12
- Eterodimerizzano.
Risposta scatenata da legame con Toll like receptor: Il legame tra PAMPs e TLR induce
l’associazione del recettore con adattore citoplasmatico MyD88 che recluta a sua volta il
fattore TRAF6, insieme formano il complesso IRAF6 ad attività chinasica. IRAF6 attiva
diversi fattori trascrizionali: AP1, MAP chinasi, NFkB, IRF7. Questi traslocano nel nucleo e
inducono codifica di importanti citochine.

TLR2+TLR2: riconosce acido lipoproteico dei GRAM+ portando alla produzione di TNF
TLR1+TLR2: riconoscono componenti glicidiche dei lieviti.

TLR2+TLR6: riconoscono peptidoglicani batterici

TLR3: espresso sugli endosomi, riconosce DNA e RNA virale.


Induce produzione di interferone 1, attivando i fattori trascrizionali IRF3 e IRF7.

TLR4: riconosce LPS, peptidoglicani, N-metil-formil peptide, sostanze prodotte in


situazione di stress cellulare, come heat shock protein prodotte da cellule tumorale.
Induce la produzione di TNF e interferone gamma. Induce anche l’espressione di HLA-II.

TLR5: espresso in membrana come omodimero, riconosce flagelli batterici dei GRAM-

TLR9: espresso a livello degli endosomi, riconoscono sequenze di DNA non metilato.
Induce produzione di TNF, INF-alpha, IL6, IRF7, NFkB.

TLR8 e TLR7: espressi sugli endosomi, riconoscono RNA a singola catena.

Burst respiratorio sui macrofagi: effetto mediato dall’interferone gamma prodotto a


seguito di legame del TLR sulla superficie dei macrofagi. Aumento del metabolismo dei
macrofagi che si manifesta con la produzione di enzimi citossici, fagocitosi più efficiente e
capacità litica maggiore.

Feedback positivo mediato da TLR sui macrofagi: produzione di IL12 da parte dei
macrofagi → amplifica 10/100 volte produzione di interferone gamma da parte di linfociti T
e NK → amplificano la risposta pro-infiammatoria attivando ulteriormente i macrofagi.
Ectodermic hypohidrotic dysplasia X linked: mutazione NEMO/IKKgamma → NFkB
non viene trascritto → non vengono trascritte e tradotte determinate citochine e chemochine
e ciò comporta drammatica suscettibilità alle infezioni batteriche (la risposta ai virus si). Si
associano difetti a livello della dentatura, dell’apprendimento, e dello sviluppo. Problemi a
livello intestinale di tipo infiammatorio, bolle, infezioni acute, meningite pneumococcica.

N-formil-metionil peptide receptor: riconoscono metionina, leucina e felinanina presente


sui microbi.

Recettori presenti sulla membrana dei macrofagi:


- CD206: recettore macrofagico del mannosio
- CD11: recettore macrofagico del complemento
- CD18 = recettore macrofagico del complemento
- MARCO = recettore macrofagico con struttura collagenica

13
- SR A/B (recettore scavenger A/B): fagocitosi; presentazione dell'antigene; secrezione
di citochine infiammatorie e ROI
- CD14 = recettore di macrofagi dei lipopolisaccaridi (LPS) batterici (PAMPs)

TLR su cellule dendritiche: ne permettono la regolazione e la differenziazione. Le cellule


dendritiche esprimono moltissimi TLR che se legati dai rispettivi ligandi inducono
l’espressione di:
- CCR7: legato da CCL7 induce la cellula dendritica immatura a migrare verso il linfonodo.
- CCR1 e CCR2: legati da chemochine inducono il movimento della cellula dendritica
- CD80 e CD86: molecole co stimolatrici importanti per l’attivazione dei linfociti T.
- CD40: lega il suo ligando sui linfociti T
- MHCII

Morbo di Crohn: indotto da sovraespressione di TLR a livello intestinale

Sindrome da Shock tossico: mutazione di glicina 299 su TLR4 induce sovrapproduzione


di TNF e interleuchina 6 → rapido calo di pressione dovuto ad alterazione della permeabilità
vascolare che porta a insufficienza multiorgano.

E’ utile utilizzare i PRR in ambito terapeutico:


- Sequenze CpG per indurre produzione di interferoni. Vengono utilizzati come adiuvanti
nei vaccini (rendono l’attivazione della risposta immunitaria più efficiente).
- Imiquimod: farmaco che lega TLR in grado di stimolare importanti risposte pro-
infiammatorie. Usato per infezioni da HPV.
- Inibitori di TLR9: per inibire progressione di sindromi autoimmuni

PRR citosolici, riconoscono componenti patogene all’interno del citosol. NLR, RLR, CDS

NLR: recettori intracitoplasmatici che riconoscono peptidoglicani di origine batterica,


come muramil-dipeptide (MDP).

Dominio di oligomerizzazione NOD (nucleotide-binding Oligomerization Domain):


utilizzato dai NLR per riconoscere i patogeni. Attivano sempre NFkB, attivato dal
complesso RIP2 (al posto di IREF6). Possono indurre il rilascio di alpha-difensine.
Maggiormente espresse da cellule di Paneth e epiteliali.

NOD1: riconosce acido glutammil amminopimelico dei batteri gram-

NOD2: riconosce muramil-dipeptide che deriva dalla degradazione del proteoglicano

Inflammosoma: complesso proteico citoplasmatico finalizzato alla promozione


dell’infiammazione. La sua attivazione porta a secrezione di interleuchina 1-beta e
interleuchina 18. Induce la scissione di Gasdermin-D

Gasdermin-D: induce piropoptosi (una forma di apoptosi)

Inflammosoma NLRP3: se stimolato recluta ASC → recluta a sua volta forma inattiva di
Caspasi 1 e per associazione di varie molecole ne induce l’attivazione

CASPASI 1: una volta attiva può agire sul precursore dell’interleuchina 1-beta, clivandola e
facendola maturare. In questo modo viene secreta e può svolgere la sua azione attivatoria
14
RLR: recettori intracitoplasmatici che riconoscono RNA virale a singola e doppia elica,
mediante un dominio RNA-elicasico. Ne esistono due tipologie RIG e MDA5. Grazie al
dominio CARD, attivano caspasi 1 che induce la maturazione di interleuchina 1.
Analogamente a TLR3 inducono attivazione fattori di trascrizione IRF7 e IRF3 (inducono la
produzione di interferone 1)

RIG: Retinoic acid Inducible gene 1, legato dall’acido retinoico

MDA5: melanoma Differentation-Associated gene 5


CDS: recettori intracitoplasmatici che riconoscono DNA microbico. Inducono secrezione di
interferone 1 e autofagia (sting). I due più conosciuti sono STING e DAI.

STING (stimulator of IFN genes): attivato da GMP ciclico attiva IRF 3 che induce
produzione di interferone I. Può anche indurre autofagia.

DAI (DNA dependent activator of IFN-regulatory factors): attiva IRF 3 che induce
produzione di interferone I.
Sistema dell’interferone, sistema di recettori che controlla le infezioni virali. Costituito da:
- INF-1 (alpha e beta): funzione antivirale. Induce l’espressione di t-bet/eomes nei CD8+
- INF-3 (gamma): funzione antivirale, ma recettore diverso rispetto ad INF-1

Interferone 1 e 3 convergono nell’attivazione di ISGF3, complesso trascrizionale formato da


3 fattori trascrizionali, STAT1, STAT2, IRF9. Inducono la produzione della maggior parte
delle proteine antivirali.
ISGF3: una volta attivato migra nel nucleo e induce la codifica di proteine antivirali che
inibiscono la replicazione del virus (mx1, oas, pkr).

MX: importante per il blocco della replicazione del virus dell’influenza

Oligoadenilato sintetasi: polimerizza ATP in oligomeri 2’-5’ e attiva la ribonucleasi

Ribonucleasi: degrada RNA virale

PKR chinasi: fosforila ELF-2


ELF-2: inibisce la traslocazione e la replicazione virale

- INF-2 (delta): importante immunoregolatore.

Lega recettore JAK che attiva il complesso trascrizionale GAF (omodimero di STAT1).
GAF induce la codifica di IP10, MIG, IRF1.

IP10: chemochina che guida il reclutamento di cellule della linea mieloide

MIG: chemochina che agisce sul movimento dei macrofagi


IRF1: importante fattore di differenziamento dei linfociti T

SISTEMA DEL COMPLEMENTO: scoperto da Jules Bordet. Fenomeno a cascata di attività


litiche di diverse proteine che determinano la lisi del batterio (attraverso crisi osmotica).

15
Moltissime di queste proteine sono proteasi inattive che si attivano attraverso sensori che
percepiscono la presenza di un batteri.

Attivazione proteasi del complemento attraverso il clivaggio in due della proteasi inattiva:
- Frammento grande attivo ha attività proteasica
- Frammento piccolo attivo diviene segnale solubile (anafilotossine, inducono anafilassi):
segnale chemiotattico che sostiene l’infiammazione locale.

Funzioni del complemento:


- lisi batterica
- opsonizzazione dei batteri da parte di C3 reattivo che rende maggiormente sensibile
alla fagocitosi
- induzione della risposta infiammatoria locale dai frammenti solubili
- rimozione immunocomplessi: gli immunocomplessi si formano per accumulo di
anticorpi che in grande quantità tendono ad aggregarsi e precipitare causando danni e
infiammazioni. I frammenti del complemento, legandosi agli immunocomplessi, vengono
riconosciuti dai recettori CR1 dei globuli rossi, che li legano e li veicolano al fegato.

VIA CLASSICA
1. 2 frammenti Fc di IgM o IgG (1,2,3), che hanno opsonizzato la superficie batterica,
devono essere molto vicini in modo tale da attivare il meccanismo della via classica
2. Attivazione di C1q che riconosce i frammenti FC (CH2/CH3) di IgG e IgM
3. C1q attivo determina l’attivazione di C1r e di conseguenza di C1s

C1: primo componente della via classica, costituito da: C1q, C1r, C1s (quest’ultime ad
attività enzimatica). Formato da uno stelo centrale e sei catene disposte radialmente che
terminano con una testa globulare (tulipano rovesciato). Coinvolta nel legame alle porzioni
costanti CH2 delle IgG e CH3 delle IgM.

C1r e C1s: componenti di C1 ad attività enzimatica proteasica


4. C1s agisce direttamente su C4, effettuando un taglio proteasico che la scinde in
C4a e C4b.
5. C4b determina la scissione della frazione C2 in C2a e C2b.
6. Sulla superficie del microbo C4b e C2a legati formano il complesso C3 convertasi
7. C3 convertasi agisce sul componente C3 scindendolo in C3a e C3b.
Ogni C3 convertasi creata porta alla formazione di 1000 frammenti C3b.

C3: maggior componente sierico del complemento. E’ costituito da due catene alpha e beta,
tenute insieme da legame tioestere, che viene scisso da C3 convertasi o spontaneamente
perché altamente reattivo.

8. C3b si associa a C3 convertasi sulla superficie del microbo a formare C5


convertasi
9. C5 convertasi agisce sul componente C5 scindendolo in C5a e C5b
10. L’assemblaggio di C5b e C5 convertasi (insieme alle componenti C6 + C7 + C8
+C9) porta alla formazione di MAC

16
MAC, membrane attack complex: forma un poro di 100 amstrong sulla superficie batterica
causandone la crisi osmotica e dunque la lisi

Fenomeno di amplificazione: attraverso il taglio proteolitico ogni qualvolta che una


componente viene clivata in due si ha un amplificazione esponenziale del segnale.

C2b C3a, C4a, C5a: anafilotossine, leganti granulociti, macrofagi, DC, cellule endoteliali

VIA LECTINICA

Lectine: mediano la via lectinica per l’attivazione del complemento. Sono sensori che
riconoscono zuccheri presenti sulle superfici microbiche

MBP (Mannose binding protein): lectina di tipo C legante il mannosio. Grande proteina
multimerica. Il monomero di base è costituito da una coda simile al collagene collegata a
una testa di lectina C che funge da dominio di riconoscimento dei carboidrati. Tre monomeri
si aggregano per formare la struttura di base dell'MBP.
Nei fluidi corporei, questi trimeri formano grandi aggregati.
Le ficoline: famiglia più grande di lectine rispetto a MBP. Molto simili strutturalmente a C1,
componente della via classica. Riconoscono n-acetil glucosammina. La loro struttura di
base è simile a quella di MBP. Il loro dominio di riconoscimento dei carboidrati è costituito
da una testa simile al fibrinogeno.

MBP e le ficoline hanno azione analoga a C1q :il legame non avviene attraverso il
frammento fc di anticorpi che hanno opsonizzato, ma residui glicidici presenti sui microbi.
MASP1 e MASP2: analoghi molecolari di C1r e C1s. Una volta legati i residui glisidici queste
proteine ad attività enzimatica vengono attivate e determinano il clivaggio di C4.

VIA ALTERNATIVA
1. Idrolisi spontanea di C3 in C3b e C3a.
2. C3b, la componente più reattiva, grazie al gruppo tioestere si lega covalentemente
alle catene polisaccaridiche presenti sulla superficie batterica
3. Essendo C3b altamente reattivo è necessario che venga stabilizzato dal fattore B

Fattore B: componente del sistema del complemento, presente nel siero

4. Attivazione della via alternativa


5. Clivaggio del fattore B (legato a C3b per la sua stabilizzazione) da parte del fattore
D in Ba e Bb
6. Il fattore Bb rimane legato a C3b sulla componente batterica: insieme formano il
complesso BbC3b

BbC3b: analogo molecolare di C3 convertasi. Molto instabile.

7. BbC3b è molto instabile viene dunque legato e stabilizzato dal fattore P, properidina
(secreta dai neutrofili)
8. BbC3b scinde C3 in C3b e C3a
9. Si forma C3bBbC3b

17
C3bBbC3b: l’analogo molecolare di C5 convertasi
10. C3bBbC3b scinde C5 in C5a e C5b
11. Si forma MAC che induce la lisi batterica

RIASSUMENDO:
via classica e lectinica: C1→C1s e C1r/ MASP1/MASP2→ C4b+C2a→C3 convertasi
+C3B→ C5 convertasi + C5b +C6 +C7+C8+C9 → complesso MAC → crisi osmotica

via alternativa: C3→ C3b (stabilizzato da fattore B) → C3b+Bb (scisso da fattore D)→
C3bBb (stabilizzato da fattore P) + C3b→ C3bBbC3b + 5b → complesso MAC → lisi

DEFICIENZE PROTEINE DEL COMPLEMENTO:


- Mancanza di C1, C2, C4 comportano quadro autoimmune molto simile al Lupus.
L’organismo non riesce a eliminare gli immunocomplessi che si accumulano
- Mancanza di C3 provoca mancata opsonizzazione
- Mancanza di fattore P, MBP, MASP 1-2: rendono suscettibili al meningococco
RECETTORI DEL COMPLEMENTO
- CR1: recettore di C3b e C4b. Serve per l’opsonizzazione e il trasporto degli
immunocomplessi da parte dei globuli rossi
- CR2 (o CD21): recettore di C3b. Agisce insieme a BCR per riconoscere l’antigene
- CR3, CR4, CRIg: recettore di C3b, favorisce la fagocitosi e l’adesione agli endoteli.
Deficienze di CR3 e CR4 provocano mancato richiamo e mancata fuoriuscita dei
granulociti dall’endotelio vasale.
- C5aR1: recettore di C3a, favorisce l’opsonizzazione e l’infiammazione locale
- C3aR1: recettore di C3a, favorisce l’opsonizzazione e l’infiammazione locale.

REGOLAZIONE DEL COMPLEMENTO


RCA, regulator of complement activation: costituito da 3 tipi di regolatori (inibitore C1,
inibitori C3 o C5 convertasi, inibitori MAC)

- C1 INH: inibisce l’attività enzimatica di C1, legandosi a C1r e C1s.


Angioedema Ereditario: edemi e infiammazioni diffuse causate dall’assenza di C1 INH

- MCP/CP46, insieme al recettore CR1: agiscono come cofattori per la scissione


proteolitica C3b da parte del fattore I con una produzione di C3f (inattivo).
Loro mancanza porta a mancata eliminazione di immunocomplessi e predisposizione a
glomerulonefrite.
- DAF: proteine ancorate in membrana, inibiscono la C3 convertasi. In caso di edeficienze
di DAF il paziente manifesta emoglobinuremia parossistica notturna.
- Fattore I: solubile, cliva C3b rendendolo inattivo (produce C3f).
Deficienza porta ad un eccessivo consumo di C3 che diviene non più disponibile.
- Fattore H: blocca l’attività di C5 convertasi agendo sul fattore Bb. Deficienza porta a
mancata eliminazione di immunocomplessi e predisposizione a glomerulonefrite.
- CD59: blocca il complesso MAC non permettendo l’ancoraggio di C9
- Proteina S: lega il complesso C5bC6C7 inibendolo prima che possa ancorarsi in
membrana
18
SISTEMA HLA
Caratteristiche complesso maggiore di istocompatibilità:
- poligenia (più geni codificano per molecole simili),
- poliallelismo (a cui consegue polimorfismo),
- codominanza: i figli esprimono per codominanza entrambi i due aplotipi dei genitori
- 200 loci specifici compattati sul braccio corto del cromosoma 6.
- I geni HLA maggiormente tipizzati e maggiormente polimorfici sono per la classe I
HLA-A/B/C, per la classe II HLA-DP/DQ/DR.
- Importanti per definire la nostra individualità biologica: è fondamentale controllarli
prima effettuare un trapianto d’organo (guardo prima HLA-II, perché l’attivazione dei CD4
potrebbe essere causa di azioni di rigetto tardive)

HLA-A/B/C: codificano ciascuno per tre domini globulari alpha 1-2-3 che si associano a
costituire un monomero instabile. Sono i loci della classe I maggiormente polimorfici. Per
non collassare ha bisogno di β2-microglobulina. Sono espresse da tutte le cellule nucleate
eccetto cellule neuronali, endocrine, muscolari e spermatiche in quanto è necessario
evitare il danneggiamento di questi tessuti specializzati da parte dei CD8 citotossici.

Spazio tra alpha 1 e alpha 2: tasca in cui si inserisce il peptide su HLA di classe I. E’
sempre occupato sia in caso di infezione che in situazione fisiologica,

sequenze ancora: piccole catene sulla molecola, amminoacidi presenti alle estremità di
alpha1 e alpha 2, fondamentali per presentare e legare il peptide alla tasca dell’HLA

LOCI HLA di classe I meno polimorfici di HLA-A/B/C, codificanti proteine importanti:


- HLA-E e HLA-F: importanti nel processo di presentazione dell’antigene ai linfociti T che
in membrana possiedono TCR formato da catena gamma e catena delta
- HLA-G: espressa in età fetale dalle cellule del trofoblasto, permette di legare i recettori
inibitori delle cellule NK che ne inattivano l’azione killer.
- MIC-A e MIC-B: espressi dalle cellule stressate/neoplastiche, vengono riconosciuti da
CD8, cellule NK e macrofagi
- HFE: lega il recettore della trasferrina, sequestrando il ferro

Molecole di classe I non codificate dai geni del compl. maggiore di istocompatibilità:
- ULPB: molecola inducibile espressa da cellule neoplastiche o infette da citomegalovirus.
Attiva le cellule NK.
- MR1: coinvolta nell’infiammazione
- CD1: diverse tipologie espresse dalle cellule dendritiche. Attiva i linfociti T presentando
antigeni a componente lipidica derivanti da batteri. E’ molto efficiente nella
presentazione di antigeni derivanti da micobatteri della tubercolosi. CD1a/b/c/e
presentano l’antigene ai Th helper, CD1c anche ai Tgamma/delta, CD1d alle iNKT.
- FcγRn: si occupa di trasportare le immunoglobuline, IgG, dalla madre al fegato
- ZAG: proteina coinvolta nell’omeostasi lipidica

HLA-DP/DQ/DR: eterodimeri costituiti da due catene (alpha e beta) associate da legami


non covalenti. Ogni catena è costituita a sua volta da due domini globulari. Sono codificate
dai geni di classe 2 maggiormente polimorfici.
19
→Le variazioni fenotipiche tra gli allotipi delle molecole MHC II sono concentrate nella
catena alpha essendo la catena beta monomorfica.

La tasca molecolare che accoglie il peptide nelle molecole MHC di classe II è più grande,
riesce dunque a presentare peptidi di dimensione maggiore

Le molecole MHC di classe 2 possono essere costitutive o inducibili:


- espresse in maniera costitutiva da cellule dendritiche mature, cellule timiche,
linfociti B
- espresse in alcune occasioni da cellule endoteliali, epiteliali, macrofagi, eosinofili,
neutrofili, fibroblasti. L’interferone gamma e il TNF, in misura minore, inducono la
sintesi e l’attivazione del fattore trascrizionale CIITA tramite via di trasduzione
JAK/STAT

CIITA: fattore trascrizionale che induce l’espressione di molecole MHC-II. Quanto attiva
trasloca nel nucleo, si lega a promotori a valle di MHC e induce la trascrizione delle catena
alpha e beta. Fa parte delle molecole NLR

Sindrome del linfocita nudo: si manifesta in mancanza di CIITA. Il linfocita che in fase
precoce di maturazione possiede sia CD8 che CD4 nel caso in cui non riesca riconosca
molecole con uno dei due non esprime alcun recettore (non riconosce neanche classe I in
quanto CD8 meno affine di CD4)

LOCI HLA di classe II meno polimorfici di HLA-DP/DQ/DR, codificanti proteine importanti:


- DM-A e DM-B: chaperonine importanti nel processo di presentazione dell’antigene
- DO-A e DO-B: importanti nel processo di presentazione dell’antigene
- LMP2 e LMP7: costituenti inducibili del proteosoma. La loro espressione è indotta in
fase di infezione dall’interferone gamma. Anche se poco polimorfiche,differenze possono
rendere l’esposizione dell’antigene più o meno efficiente in individui con diverso aplotipo
- TAP1 e TAP2: permettono il passaggio del peptide all’interno del RE in modo che questo
possa essere presentato correttamente all’interno della tasca molecolare.
- Tapasina: chaperonina con funzione associata a TAP1/2, attivamente coinvolta nel
/processo di presentazione dell’antigene. Anche se poco polimorfica, piccole differenze
possono rendere l’esposizione dell’antigene più o meno efficiente in individui con diverso
aplotipo HLA, vantaggio importante per infezioni nuove (studi a riguardo per il covid)

MOLECOLE MHC DI CLASSE III, gruppo di geni localizzati nell’aplotipo HLA che codifica
per diverse proteine con diversa funzione:
- CYP21B: enzima coinvolto nella depurazione (clearance) del colesterolo
- citochine
- C4, C2,fattore B: proteine della cascata del complemento
- LT linfotossina
- TNF alpha

Cellule dendritiche le migliori cellule nella presentazione dell’antigene ai linfociti T


naive per 3 motivi:
1. Possono circolare liberamente
20
2. Hanno differenti PRR per poter captare i patogeni
3. Sono molto efficienti nel migrare all’interno degli organi linfoidi secondari grazie a
CCL7, CCL19, CCL21, in cooperazione con le allarmine e molecole co-stimolatorie.
Grazie a queste perdono adesività tissutale e migrano nella zona paracorticale del
linfonodo per presentare il peptide ai linfociti T

Cellule B e macrofagi presentano molto bene l’antigene ai linfociti T preattivati,


potenziandone l’attivazione.
Proteosoma: struttura tubulare formata da 4 anelli circolari impilati uno sull’altro. Al suo
interno vengono degradate proteine ubiquitinate in peptidi di 8-10 amminoacidi.

MECL-1: subunità del proteasoma

PA28: complesso regolatorio del proteasoma

IMMUNOPROTEOSOMA: proteosoma leggermente modificato dalle proteine di classe II


LMP2 e LMP7 (la cui espressione viene indotta da INF-gamma in fase di infezione).
Differisce dal proteosoma per le subunità beta 1, 2 e 5. La degradazione delle proteine
viene velocizzata in quanto non è necessario che queste siano ubiquitinate. In più i peptidi
risultanti dalla degradazione sono più piccoli, 8-9 amminoacidi, la giusta dimensione perché
vengano alloggiati all’interno di MHC-I. E’ utile:
- per velocizzare la presentazione dell’antigene (esclusivamente in MHC-I)
- per evitare un accumulo eccessivo di ubiquitina nell’organismo in caso di infezione
CARICAMENTO DEL PEPTIDE ENDOGENO NELLA TASCA MOLECOLARE di MHC-I

1. TAP1 e TAP2 trasportano il peptide nel RE per evitare che venga digerito delle
aminopeptidasi citosoliche (trasportano 10'000 amminoacidi in un minuto)
2. Nel RE si trova anche la molecola MHC-I provvista solo della catena alpha: questa
viene dunque stabilizzata dalle chaperonine Calnexina e Carleticulina
3. La β2-microglobulina viene sintetizzata da un altro distretto e quando giunge nel
RE provoca il distacco di calnexina e carticulina
4. Nel RE è presente la tapasina: fa da ponte con TAP1 e TAP2 e media in questo
modo l’alloggiamento del peptide nella tasca molecolare
5. MHC-I + peptide migra in membrana all’interno di vescicole che gemmano dal Golgi.

CARICAMENTO DEL PEPTIDE ESOGENO NELLA TASCA MOLECOLARE di MHC-II


1. Il patogeno viene fagocitato
2. Si forma il fagolisosoma (il granulo di fagocitosi si fonde con il fagosoma) e le proteine
vengono digerite in peptidi
3. A livello del RE avviene l’assemblamento di mhc-II: la catena alpha e la catena beta
sono sinterizzate separatamente, quando si assemblano nel RE a queste si associa
una catena invariante
Catena invariante: ha funzione di sostegno, tiene insieme catena alpha e beta che si
stanno correttamente assemblando. Possiede una testa globulare denominata CLIP, che
occupa la tasca molecolare del peptide.

21
CLIP: trimero che si assembla a 3 molecole HLA (DP/DQ/DR). Quest’ultime si legheranno
a DM-A/DM-B e DO-A/DO-B a formare un trimero.

4. La dinemina e la chinesina inducono la migrazione del trimero dal RE


5. A livello del post golgi DM e DO si staccano per abbassamento di ph e la catena
invariante viene degradata per azione di proteasi chiamate catepsine. La testa
molecolare CLIP rimane associata
6. La molecola MHC con CLIP raggiunge le vescicole endosomiali in cui sono
accomulati molti peptidi digeriti, tra questi uno potenzialmente affine alla tasca
molecolare della molecola.
7. La molecola completa migra in membrana.

Affinità di legame: forze deboli di legame tra peptide e tasca molecolare

Avidità di legame: forza di legame tra il recettore TCR e la molecola MHC

Restrizione del MHC: il linfocita T con il suo recettore TCR non riconosce solo l’antigene
nella tasca molecolare ma riconosce l’intero complesso molecola MHC+ peptide.

CROSS PRESENTATION: fenomeno messo in atto dalle cellule dendritiche (grazie a


SEC61) che permette a proteine esogene di essere presentate in MHC di classe I per
amplificare la presentazione dell’antigene. Messo in atto sia durante in infezione che in caso
di trasformazione in senso neoplastico. Si chiama anche cross-printing

SEC61: canale citosolico presente sulle cellule dendritiche. Permette alle proteine
fagocitate di uscire fuori dal fagolisosoma.

Autofagia: permette a proteine endogene di essere presentate in MHC-II

CELLULE DELL’IMMUNITA’ ADATTIVA

Linfociti T, caratteristiche generali:


- possiedono un nucleo di grandi dimensioni, citoplasma scarso
- possiedono in superficie un recettore TCR in grado di riconoscere l’antigene in un
contesto MHC
- sono CD3+, CD4+ o CD8+
- possiedono in superficie molecole di adesione che ne permettono il contatto con l’APC,
recettori di sopravvivenza in grado di guidare il destino cellulare, recettori ormonali,
recettori per citochine e chemochine (guidano i linfociti nella sede di infezione o nei
linfonodi per l’homing post maturazione)
- mediano una risposta immunitaria cellulare: CD4 attivati rilasciano citochine e attivano
le cellule per indurre la degradazione del patogeno, CD8 hanno azione citotossica.

Linfociti B, caratteristiche generali:


- nucleo grande e citoplasma scarso
- Possiedono in superficie un recettore BCR che riconosce il peptide anche nella sua
forma nativa, non in contesto MHC.
- sono in grado di endocitare il peptide da presentare in contesto MHC-II

22
- possiedono in superficie corecettori di BCR, molecole di adesione che ne permettono
il contatto con l’APC, recettori ormonali, recettori per citochine e chemochine
(guidano i linfociti nella sede di infezione o nei linfonodi per l’homing post maturazione)
- mediano una risposta immunitaria umorale: dopo aver eseguito espansione clonale, i
linfociti B maturano divenendo plasmacellule e secernendo anticorpi

Fasi dell’azione immunitaria adattativa:


1. riconoscimento
2. attivazione ed espansione clonale
3. eliminazione del patogeno
4. declino della risposta immunitaria
5. memoria immunitaria

precursore emopoietico staminale: da cui originano tutte le cellule presenti nel sangue.

precursore linfoide comune: sotto influenza delle cellule stromali del midollo induce la
formazione di progenitori dei T (presenta recettore di NOTCH1 e GAT3) e progenitori dei B
(non presenta recettore di NOTCH)

E2F, PAX5, E2A: fattori trascrizionali che inducono ulteriore differenziamento delle cellule
pre-T e pre-B, che si andranno a localizzare rispettivamente nel timo e nel midollo

Recettore per NOTCH: se presente indirizza i progenitori linfoidi comuni nel timo
generando timociti (al contrario questi vengono indirizzati a livello del midollo). Dati recenti
sembrano evidenziare che anche le cellule NK possiedono segnalazione per NOTCH.

Precursore pre-T → cellula pre-T che va incontro a ricombinazione → linfocita T

Dal precursore pre-T originano anche le cellule NK, iNKT, e precursore delle cellule linfoidi
di tipo innato (ILCS 1/2/3), quest’ultime sotto il controllo del fattore trascrizionale IG2

Zona paracorticale del linfonodo: sede dei linfociti T, guidati qui da CCL19 e CCL21

Follicoli primari del linfonodo: sede dei linfociti B, guidati qui da CXCL13
HEV: venule ad endotelio alto. Permettono l’entrata e l’uscita dei linfociti nel/dal linfonodo.

l-selettina: lectina di tipo-C che permette l’entrata e l’uscita dei linfociti naive nel linfonodo.
Nei linfociti attivati la molecola viene degradata in modo che rimanga all’interno del
linfonodo per comunicare con APC

LSA1: molecola di adesione che permette l’uscita e l'entrata dei linfociti nel linfonodo

Chemochina CCL7: permette e controlla l’entrata dei linfociti nel linfonodo


Sfingonisina I fosfato: fattore chemoattrente lipidico molto abbondante nel circolo
sanguigno che induce l’uscita dei linfociti T dal linfonodo. Se il linfocita T naive è all’interno
del linfonodo i suoi recettori per la sfingonisina I-P vengono attratti dalla molecola, in modo
che possa raggiungere una nuova stazione linfatica, al contrario se il linfocita è pre-attivato
questo viene legato dalla molecola CD69. Unico meccanismo dei linfociti T (i linfociti B

23
risentono della presenza della sfingonisina ma possiedono anche moltissimi recettori per
citochine e chemochine).

CD69: citochina che inibisce l’azione di sfingonisina-1-P, legando il recettore per la


sfingonisina 1-P (internalizzato e riesposto in membrana solo a seguito di completa
attivazione). Viene degradata in seguito a completa attivazione dei linfociti T all’interno del
linfonodo che in questo modo saranno in grado di agire nel sito d’infezione.

→escono dal timo i linfociti che hanno bassa affinità per il self e non affinità nulla, altrimenti
non saprei discriminare se sono o non sono funzionanti.

SOTTOGRUPPI LINFOCITI T:
- CD4 con funzione helper I linfociti CD8 e CD4 sono in rapporto 2:1!
- CD8 con funzione citotossica
1
- linfociti T γ-ẟ: TCR eterodimero formato da una catena γ e una catena ẟ. Risiedono per
1
lo più in epiteli e nella mucosa intestinale. Poco polimorfici e riconoscono fosfoantigeni
- MAIT: mucosal associated invariant cells
- linfociti iNKT: cellule con caratteristiche in comune sia con le cellule NK che con i
linfociti T. Possiedono un recettore alpha-beta invariante (i sta per invariante, in quanto
il recettore varia pochissimo all’interno della popolazione). Sono positive per CD3, CD56
e CD16 (usati come marcatori), negative per CD4 e CD8. Sono poche e sono in grado
di interagire con CD1. Hanno azione antivirale e antibatterica in quanto secernono, se
attivate, IL-4, IL-10 e INF-gamma. Sono coinvolte nell’immuno-sorveglianza dei tumori.
Per essere attivate necessitano di presentazione da APC.

TCR: recettore dei linfociti T in grado di riconoscere l’antigene associato a molecole MHC.
Si tratta di un eterodimero costituito nella maggior parte dei casi da una catena α e una
catena β (altrimenti da catena γ e da catena ẟ). In entrambe le catene si riconoscono un
dominio costante, e un dominio variabile, alla base della specificità del recettore per
l’antigene. Possiede una porzione transmembrana, una extracellulare e una coda molto
corta intracitoplasmatica. Possiede una sequenza Hinge. Sempre associato al corecettore
CD3 e all’omodimero Z.

Porzione transmembrana: costituita da amminoacidi a catena positiva che conferiscono


carica positiva fondamentale per l’associazione con il co-recettore CD3 fosforilato e dunque
che possiede carica negativa.

Sequenza Hinge: importante per la flessibilità e l’adattamento della molecola in modo da


favorire l’adesione con le strutture con cui entra a contatto.

CD3: co-recettore fondamentale per la trasduzione del segnale a seguito di interazione


antigene-TCR (possiede una lunga coda di tirosine fosforilabili a seguito del contatto tra
TCR e peptide-MHC). Una volta fosforilato funge da sito di aggancio per i traduttori a valle.
Marker per identificazione dei T.

FAMIGLIA DELLE IMMUNOGLOBULINE: costituita da molecole con funzioni diverse ma


struttura molto simile, ovvero più domini globulari stabilizzati da ponti di solfuro che li rende
flessibili e in grado di contattare diverse molecole. Nel tempo questa struttura si è

24
conservata perché determina allo stesso tempo stabilità, flessibilità e grande capacità
comunicativa con altre cellule. Appartengono alla famiglia:
- gli anticorpi
- i recettori per l’antigene delle cellule T
- le molecole MHC di classe I e II
- i co-recettori espressi su alcune cellule T (come CD2, CD3, CD4, CD8, CD28, B7)
- i recettori della co-stimolazione (molecole che cooperano con i segnali del TCR)
- i recettori per le porzioni Fc delle IgG
- alcune molecole adesive (come ICAM e VCAM)
- i recettori per le interleuchine (IL1R) o per fattori come PDGF.

BCR (IgM di membrana): recettore dei linfociti B in grado di riconoscere l’antigene senza
necessità che venga presentato in un contesto MHC. E’ costituita da una molecola di
anticorpo espressa e inserita in membrana, formata da 4 catene, due pesanti e due leggere
ciascuna di esse legata all’altra da ponti di solfuro. Anche BCR possiede una regione Hinge,
in cui compaiono anche ponti di solfuro che legano tra loro le due catene pesanti. A
differenza dei linfociti T BCR è associato a Igα-Igβ.

Igα-Igβ: analogo molecolare del co-recettore CD3, appartenente alla famiglia delle
immunoglobuline ed è costituito da una coda di tirosine fosforilabili.

CDR1, CDR2, CDR3: parti di BCR e TCR denominate Complementary Determining


Regions, ovvero le regioni che determinano la complementarità con l’antigene (regione
ipervariabile dei recettori). Nei linfociti T riconoscono sia il peptide che la molecola MHC.
Presenti anche nelle catene pesanti e leggere delle immunoglobuline.
Ricombinazione genetica somatica: evento fondamentale per la formazione di diversità e
la potenziale possibilità di riconoscere infinito numero di antigeni (specificità):
- ricombinazione casuale di geni multipli: i segmenti che formano la porzione variabile
della molecola appartengono a pacchetti genici e sono scelti in maniera indipendente .
V+D+J per catene beta, sigma o catene pesanti o solamente V+J per le catene alpha e
gamma vengono scelti tra tutti quelli presenti nel locus, montati insieme a formare un
esone → trascritto in mRNA → tradotto come porzione variabile
- errori casuali durante il processo di ricombinazione nei siti di giunzione tra i vari segmenti
che compongono la catena variabile: errori di variabilità giunzionale. Divengono le
porzioni ipervariabili della molecole CDR3.
Caratteristiche:
- tessuto specifica: fegato fetale e timo
- avviene solo in T e in B
- stadio specifica: solo pre-B e pre-T, non linfociti maturi
- regolata nel tempo: avviene solo nelle fasi G0 e G1 del ciclo cellulare e la
ricombinazione dei frammenti D-J avviene prima di V-D-J
- caratterizzata da esclusione allelica
DNA germinale lungo che codifica per la catena β di TCR: nel cromosoma 7 prevede
25 segmenti V, 1 solo segmento D, 8 segmenti J che vanno a costituire la porzione variabile.
Questi sono seguiti dai geni C codificanti la catena costante, un segmento D2, con a valle

25
7/8 segmenti J e un ultimo segmento C2. Il locus della catena gamma si trova sul
cromosoma 7 distante dalla catena beta.

DNA germinale lungo che codifica per catena α e ẟ di TCR: posizionato sul braccio lungo
del cromosoma 14. La parte codificante per la catena alpha è costituita da 75 segmenti
variabili V, 61 segmenti variabili J seguiti da una sequenza costante. Immersa nella regione
genica si trova il locus genico che codifica per la catena sigma, ed essendo costituito da
molti meno geni, è molto più probabile che venga rimosso.
DNA germinale lungo codifica per catena pesante di BCR: si trova sul cromosoma 14,
costituito da 46 segmenti V, 23 segmenti D e 6 segmenti J seguiti da più di una catena
costante in quanto definiscono le varie sottoclassi di anticorpi.

Locus genici che codificano per catena leggera di BCR: la catena leggera può essere
frutto di due isotipi, pur essendo un omodimero:
1. κ: dna germinale costituito da 38 segmenti V, 5 segmenti J e una porzione costante
2. λ: dna germinale che segue la porzione costante Cκ costituito da 33 segmenti V, 7
segmenti J e 4 regioni costanti per λ. La sua ricombinazione è frutto di riarrangiamento
non produttivo di κ.

Negli anticorpi la catena leggera può essere costituita o solo dalla catena κ o dalla catena
λ in quanto avviene il fenomeno dell’esclusione allelica → se la ricombinazione di κ non va
a buon fine allora ricombino la regione genica di λ (la presenza di una o dell’altra non
definisce differenze).

catena alpha: 75V x 61 J


catena beta: 25v x 2D x 12J x 2C
catena leggera:
- κ: 38 V x 5J
- λ: 33v X 7 J x 4C
catena pesante: 46V x 23D x 6 J

fenomeno dell’esclusione allelica: quando si ricombina un set su un cromosoma e la


ricombinazione va a buon fine, il suo omologo viene spento e inattivato al fine di evitare la
formazione di recettori con specificità diversa su uno stesso linfocita.

Eliminazione dell’episoma: nell’unione di un segmento casuale D e un segmento casuale


J tutto il DNA in mezzo si circolarizza e viene eliminato sottoforma di episoma. Stessa cosa
nell’unione di eventuale DJ e segmento casuale V (DJV associato alla porzione costante
formeranno un esone che verrà trascritto e tradotto).

RAG1 e RAG2, recombination activating Genes: enzimi orchestranti la ricombinazione,


in quanto operano il taglia e cuci. Espresse solo dai linfociti durante il loro processo di
maturazione nel timo o nel midollo. Individui con mutazioni genetiche nei geni che codificano
per RAG1 e RAG2 manifestano immunodeficienza molto grave.
RSS, sequenze segnale di ricombinazione: riconosciute da RAG1 e RAG2, favoriscono
la loro azione. Sono costituite da eptameri seguiti da nonameri posizionati al 5’ (a valle di

26
V) e al 3’ (a monte di D) rispettivamente separati da sequenze spaziatrici costituite da 23
basi al 5’ e 12 basi al 3’

HMG1: enzima associato a RAG1 e RAG2, che insieme formano un complesso


fondamentale per il riconoscimento delle RSS.

Regola 12-23: fenomeno fondamentale per il riarrangiamento della sequenza. Le due


sequenze RSS al 3’ e al 5’ vengono giustapposte, la sequenza di 12 basi si accoppia con
quella di 23 → i nonameri e gli optameri si associano → struttura che favorisce il taglio.
Eliminazione dell’episoma: nell’unione di un segmento casuale D e un segmento casuale
J tutto il DNA interposto tra i segmenti scelti si circolarizza e viene eliminato da RAG1/2
sottoforma di episoma. Stessa cosa nell’unione di eventuale DJ e segmento casuale V (DJV
associato alla porzione costante formeranno un esone che verrà trascritto e tradotto).

A seguito dell’eliminazione dell’episoma:


1. eliminazione ossidrili reattivi al 3’
2. formazione harpain, per complementarietà delle basi a seguito della rimozione di OH
3. artemis taglia la forcina
4. TDT aggiunge casualmente nucleotidi non template per chiudere la catena
5. Endonucleasi elimina le basi non appaiate
6. DNA polimerasi sintetizza usando lo stampo complementare

Artemis: endonucleasi che taglia la struttura a forcina (unisce le basi complementari delle
due elice separate a seguito dell’azione di RAG) formatasi come primo evento per l’unione
dei segmenti D e J) → tagliando la struttura genera squilibrio e strutture asimettriche

TDT, Terminal Deossinucleotidil Transferases: enzima che aggiunge casualmente


nucleotidi per completare la chiusura della doppia elica, senza l’utilizzo di uno stampo.

Nucleotidi N (Non template): nucleotidi aggiunti da TDT, rappresentano la regione


maggiormente variabile dei recettori, ovvero la sequenza genica che codifica per CDR3.
1017→ numero di recettori formati a seguito di ricombinazione somatica

1011→ numero di recettori formati a seguito di ricombinazione somatica, tolleranti.

Passaggi comuni nel differenziamento dei linfociti T e linfociti B:


- dipendenza dalle cellule del microambiente e dalle citochine
- proliferazione a seguito dei primi eventi di ricombinazione positivi: ad esempio se
la ricombinazione della catena beta va a buon fine, le cellule proliferano, poi avviene la
ricombinazione della catena alpha → in questo modo si favorisce la formazione del
repertorio linfocitario

bruton kinase (BDK): proteina chinasi che induce la proliferazione dei linfociti con catena
beta produttiva, stessa cosa per gli anticorpi di membrana

- selezione negativa e positiva per la tolleranza immunitaria

sindrome di George: individuo che nasce senza il timo. Vive normalmente pur possedendo
pochissimi linfociti T e T della memoria, in quanto è garantita la risposta anticorpale.
27
Zona corticale del timo: linfociti immaturi (senza TCR e CD3), cellule epiteliali e stromali
della corticale, ricchi di molecole MHC-I e MHC-II con i linfociti T possono entrare in contatto,
macrofagi che fungono da APC

Zona midollare del timo: molto più ricca di cellule dendritiche e cellule epitaliali midollari,
linfociti T all’ultimo stadio di maturazione che verranno guidati per l’homing nella zona
paracorticale dei linfonodi (CCL19, CCL21)

Giunzione corticomidollare: separa la zona corticale da quella midollare nel timo


K167: marcatore che indica la capacità dei linfociti di proliferare

Recettore provvisorio beta-psi-alpha: recettore montato in membrana a seguito della


ricombinazione della catena beta. La catena beta tradotta viene associata ad un surrogato
invariante (uno pseudorecettore). Questo recettore, interagendo con le cellule timiche:
- avvia un segnale di trasduzione che blocca il riarrangiamento dei segmenti Vγẟ (non
eliminati durante il riarrangiamento, in quanto distanti dal pacchetto genico della catana
beta) e dei segmenti VDJ della catena beta, già riarrangiati.
- permette di testare la funzionalità della catena: riarrangiamento produttivo

Evento di ricombinazione positivi → proliferazione grazie a BDK→ riarrangiamento


catena alpha → TCR funzionante → espressione di CD3.

Il recettore TCR CD3+ diviene un linfocita T doppio positivo (CD8+ e CD4+)

Fenomeno della selezione positiva:


- il linfocita T immaturo doppio positivo diviene esclusivamente CD4+ o CD8+, a seconda
se più affine rispettivamente a MHC-II o MHC-I, inattivando l’espressione del recettore
meno affine (sindrome del linfocita nudo: motivo per cui nessun linfocita T è funzionale) .
- i linfociti T doppi positivi o singoli positivi che legano un peptide self con troppa affinità o
non lo legano proprio vengono selezionati negativamente

In caso di selezione negativa dei linfociti T:


- apoptosi: coinvolge l’80% dei linfociti nel timo
- editing: indotti a ricombinare i geni che trascrivono per alpha e beta più volte
- divengono t-regolatori

complesso SMAC, supra molecular activation cluster: molecole di adesione e integrine


favoriscono il contatto tra APC e linfocita T per la presentazione dell’antigene, in modo da
formare una sinapsi immunologica
DC-SIGN, LFA-3, ICAM 1/2: componenti del complesso SMAC tendenzialmente sulla
superficie delle cellule dendritiche, con corrispettivo ligando sulla superficie del linfocita T

Contatto a pistone: interazione di 15-30 ore tra APC e linfocita T, in cui il complesso SMAC
si forma e si stacca diverse volte (se il contatto dura meno, TCR non è complementare)

Attivazione del linfocita T via di trasduzione:


1. riconoscimento dell’antigene in contesto MHC

28
2. CD45, tirosina fosfatasi, defosforila Fyn e Lck al C-terminale, due chinasi della famiglia
Src, di solito fosforilate e inattive
3. Fyn e Lck vanno a fosforilare la coda di tirosine fosforilabili ITAM di CD3
4. Le sequenze ITAM fungono da attracco per ZAP-70 che viene reclutata
5. ZAP70 fosforila SLP-76 e LAT, attivandole

PRIMA VIA MEDIATA DAL CALCIO: attivazione NF-AT


1. Lat, una volta fosforilata, attiva la fosfolipasi gamma che scinde PIP2 in DAG e PIP3
2. PIP3 si lega ai recettori del calcio sul RE che si aprono
3. L’aumento della concentrazione citosolica di calcio induce l’attivazione della
calmodulina
4. La calmodulina defosforila, attivandola, la calcineurina
5. La calcineurina defosforila il fattore trascrizionale NF-AT
6. NF-AT trasloca nel nucleo e induce la codifica di citochine che comportano
l’attivazione del linfocita T

SECONDA VIA MEDIATA DA PCK: attivazione NF-KB


1. Lat attiva fosfolipasi gamma
2. DAG attiva PCK
3. PCK fosforila attivandolo il fattore trascrizionale NF-KB

TERZA VIA MEDIATA DA RAS: attivazione AP-1


1. LAT mediato da GEFs attiva RAS
2. RAS tramite proteine G attiva la cascata delle MAP chinasi
3. In ultimo vengono fosforilati cJUN e cFOS che si complessano a formare il fattore
trascrizionale AP-1

NF-AT, NF-KB, AP-1: inducono l’espressione di geni coinvolti nell’attivazione dei linfociti t
come il gene che codifica per interleuchina 2, secreto con modalità autocrina induce
l’espansione clonale della colonia del linfocita attivato (induce l’espressione della catena α).

SEGNALI CO-STIMOLATORI, necessari per l’attivazione del linfocita T, per impedire che
vengano attivati in situazioni di non necessarietà:
- ligando CD28 presente sui linfociti T deve legarsi sul recettore B7 (CD80 e CD86)
presente su APC (due immunoglobuline)
- ligando CD40L presente sui linfociti T deve legarsi sul recettore CD40 presente su APC
- ligando OX40L presente sui linfociti T deve legarsi sul recettore OX40 presente su APC

Meccanismo a feedback positivo per autoregolazione: una volta che CD28 ha legato
CD80 o CD86 su APC viene stimolato il posizionamento in membrana di CD40 su APC e
del ligando CD40L sul linfocita T

Funzioni delle molecole costimolatorie:


- aumentano la segnalazione mediata da TCR (CD3 dipendente)
- forniscono al linfocita T segnali di sopravvivenza
- attivano la secrezione di citochine
- inducono il differenziamento cellulare e la maturazione del linfocita pre-attivato

29
quando avviene questo evento tutte queste molecole da essere sparse su tutta la superficie
si concentrano nell’area di contatto in cui si forma il complesso SMAC, dal centro verso
l’esterno TCR, molecole co-stimolatorie, molecole adesive.

→ i CD4 necessitano di più co-stimolo rispetto ai CD8 (fun fact)

→ anche le cellule t-regolatorie sono molto dipendenti da B7

Espansione clonale dei linfociti T attivi: indotta dall’interleuchina 2 che lega il suo
recettore trimerico → si espande più di 50'000 volte in una settimana.
Fenomeno del bystander: in minima parte viene indotta la proliferazione anche delle
cellule adiacenti ai linfociti T facenti parte della colonia di cloni che si sta espandendo, data
la secrezione elevata di interleuchina 2, e dato che tutti i linfociti T, anche quelli naive,
possiedono IL2R (pur non possedendo CD25)

7 giorni: il tempo necessario a montare e rispondere in maniera efficacie a seguito del


riconoscimento del peptide in contesto MHC.
Linfociti della memoria, due teorie per la loro origine:
1. a seguito dell’espansione clonale e dell’azione immunitaria non tutte le cellule vanno
incontro ad apoptosi, alcune di queste permangono come cellule della memoria
2. originano da una linea differenziativa diversa rispetto alle cellule effettrici

Caratteristiche cellule della memoria:


- fanno in modo che gli organismi siano in grado di rispondere in maniera più rapida e
specifica in caso di secondo contatto con uno stesso patogeno
- esprimono alti livelli di molecole antiapoptotiche grazie al quale, grazie anche al
coinvolgimento di specifiche citochine, sopravvivono per molto tempo
- proliferano in maniera lenta e costante
- migrano nel sito d’infezione
- sono più abbondanti dei linfociti T naive che li hanno generati
Differenze linfocita NAIVE e linfocita EFFETTORE/MEMORIA:

1. gli effettori, rispetto al naive, per svolgere la sua funzione, necessita di riconoscere solo
il peptide in contesto HLA. Non necessita del legame, con i rispettivi recettori, delle
molecole co-stimolatrici CD28, CD40L, OX40L
2. La reazione, a seguito del riconoscimento del peptide, avviene 100/1000 volte più
velocemente: in caso di seconda infezione da patogeno non ci accorgiamo di essere
venuti a contatto (o al massivo lieve sintomatologia)

LINFOCITI T CITOSSICI: CD3+, CD8+ (rari casi di linfociti T citotossici CD4+). Riconoscono
il peptide esclusivamente in contesto MHC-I

Meccanismo linfociti CD8+:


1. una volta attivo esprime i fattori trascrizionali T-BET e EOMES, sottostimolo di
interleuchina 2, interleuchina 12, interferone 1 (alpha e beta).

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T-BET e EOMES: fattori trascrizionali che traslocati nel nucleo inducono la codifica di
interferone gamma, granzimi, perforine, serglicina

2. Dal linfonodo si recano nella sede d’infezione, sotto stimolo di l-selettina,


sfingonisina1-p, CCR7, LSA1
3. In sede d’infezione le cellule dell’immunità innata secernon IL15 e IL21 che aumenta
l’attività citossica dei CD8+
4. Bacio della morte: in sede il linfocita CD8 deve riconoscere esclusivamente
antigene-HLAI, anche in questo caso l’interazione è mediata da molecole di adesione

Fas e Fas ligando, recettori per TNF, recettori per ATP: facilitano l’interazione

5. Una volta in stretto contatto il linfocita riorganizza microtuboli e golgi in modo da


secernere correttamente i granuli contenenti granzimi e perforine.
6. Rilascio dei granuli consente di eliminare la cellula per apoptosi

Perforine: enzimi che creano dei pori sulla membrana della cellula infetta → azione simile
a MAC ma creano un poro più piccolo di 100 amstrong. L’afflusso di calcio nella cellula
indurrà l’attivazione delle caspasi e la morte per apoptosi. Strutturalmente simile a C9.

Granzimi: sfruttano i pori formati dalle perforine per entrare all’interno della cellula e
rilasciare il contenuto tossico. Inoltre, hanno attività serina proteasica che induce
l’attivazione di caspasi effettrici e DNasi

Catepsina: protegge i CD8. E’ una proteasi presente nei granuli di esocitosi dei CD8 che
degrada la perforina dal lato del CD8 in modo che questo non venga intaccato. Se non si
creano i pori, non entrano neanche i granzimi.

→ l’azione citotossica dei CD8 non si interrompe dopo la morte di una singola cellula, si
interrompe quando termina perforine e granzimi. Nel caso in cui questi esauriscono, capita,
si interviene somministra farmaci che attivino le cellule NK.

Funzioni CD8+:
- ruolo importante nelle infezioni virali (in generale infezione intracellulari)
- combattono bene micobatterium tubercolosi
- coinvolti nel rigetto di trapianto
- coinvolti nell’immunosorveglianza dei tumori

LINFOCITI T HELPER: CD3+, CD4+. Riconoscono il peptide esclusivamente in contesto


MHC-II.
Diverse tipologie di CD4+:
- l’attivazione del subset specifico è regolato dalle citochine, rilasciate dalle APC, che
indirizzano il Th0 (CD4+ naive) verso una specifica linea differenziativa. In base alla
citochina che agisce verrà attivato uno specifico fattore trascrizionale che indurrà
la trascrizione di uno specifico pattern di geni.
- Il sistema immunitario si è evoluto in questo modo, per rispondere efficacemente e in
maniera specifica in base al patogeno che è necessario combattere
- Si può avere contemporaneamente l’attivazione di più subset

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differenziazione di Th0 in Th1: IL12 + DELTA → T-BET → INF-gamma+IL2
1. APC rilascia IL12 e esprime in membrana il ligando delta (costimolatore)
2. legame con IL2R e il recettore di NOTCH su Th0
3. Attivazione del fattore trascrizionale t-bet induce differenziamento in Th1
4. Produzione di interferone gamma

Th1: importante nelle le risposte contro virus e batteri. L’interferone gamma prodotto:
- induce l’attivazione di cellule NK, macrofagi M1, complemento, e produzione di IgG
- stimola la fagocitosi e la presentazione dell’antigene
- attivano e inducono la maturazione dei B che ha presentato il medesimo antigene

differenziazione di Th0 in Th2: IL4 + JAGGED → GATA3 →IL4, IL5, IL9, IL13
1. APC rilascia IL4 e esprime in membrana un altro ligando di notch, jagged
(costimolatore insieme ai soliti)
2. legame con IL4R e il recettore di NOTCH su Th0
3. Attivazione del fattore trascrizionale GATA 3 induce differenziamento in Th2
4. Produzione di IL4, IL5, IL9, IL13

Th2:
- agisce sulle mast cell e basofili (IL13 e IL19) a livello intestinale e sui macrofagi M2
- attiva le cellule della muscolatura liscia (peristalsi)
- inducono la secrezione di muco
- IL4 e IL13 inducono le cellule B a secernere IgE
- IL5 importante per la stimolazione degli eosinofili e per la produzione di IgA

→ dai Th2 sembra derivino anche i Th9

→ i Th22 sembrano essere importanti per quadri autoimmunitari

differenziazione di Th0 in Th17: IL1, IL6, IL23, TGFβ → RORγ → IL17, IL22, IL21, TGFβ
1. APC rilascia IL1, IL6, IL23, TGFbeta
2. Attivazione del fattore trascrizionale RORγ
3. Produzione di IL17, IL22, IL21, TGF-beta

Th17:
- attiva neutrofili, fibroblasti, cheratinociti, T helper follicolari e cellule B
- Inducono la produzione di GM-CSF che stimolano la produzione di granulociti e
attivazione neutrofili
- Importanti nelle infezioni da funghi
- Importanti nei quadri immunitari (gran quantità nei pazienti con sclerosi multipla)

differenziazione di Th0 in T helper follicolari: IL6+ICOS → BCL-6→IL21


1. APC rilascia IL6 esprime la molecola costimolatrice ICOS
2. Attivazione del fattore trascrizionale BCL-6
3. Produzione di IL21
La loro azione è guidata dalla:
- chemochina CCL7 che li guida dove sono presenti linfociti T
- chemochina CXCL5: che li guida dove sono presenti linfociti B
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I thf:
- secernono IL21
- attivano linfociti B
- fondamentali per il passaggio lo switch di classe dei linfociti B

LINFOCITI B

malattia di Bruton (Agammaglobulinemia): mutazione della brutan chinasi BDK, comporta


completa assenza di cellule B e dunque assenza di risposta anticorpale

Tolleranza centrale dei linfociti B: ogni giorno vengono creati 5 x 107 linfociti B ma solo un
decimo di questi sopravvive, a causa della selezione negativa che impedisce ai B autoreattivi di
raggiungere la periferia del corpo

Selezione positiva: sopravvivono le cellule che esprimono precocemente CD19 e B220

Maturazione linfociti B:
1. precursore linfoide comune interagisce con le cellule dello stroma midollare e
specifiche citochine: questo esprime IL3R, CD19, CD44

CD19: marcatore dei linfociti B da ora a quando sono maturi


CD44: interagisce con l’acido ialuronico dello stroma sostenendo la differenziazione

2. interazione con IL3 e acido ialuronico induce la maturazione a PRO-B


3. PRO-B interagisce con IL4, stromal Cell Factor, VCAM, E2A, Pax5

VCAM: lega VLA 4

stromal Cell Factor: lega recettore KIT

4. IL5 induce il riarrangiamento della catena pesante


5. Controllo per evidenziare se il riarrangiamento è produttivo: catena pesante si
associa a un surrogato e la espone in membrana per testarne la funzionalità.

Invariant Surrogate Light Chain: catena leggera di prova, invariante, formata da due
subunità VpreB e Lambda 5.

VpreB: permette al recettore di prova di dimerizzare in modo da poter legare gli antigeni
presenti sulle cellule stromali midollari

6. Una volta dimerizzato viene controllato se la catena pesante è in grado di mandare


segnali all’interno della cellule ed è dunque funzionale
7. La bruton chinase nel caso di riarrangiamento produttivo induce la proliferazione
dei B con catena pesante funzionale
8. Ricombinazione della catena leggera
9. Se va tutto ok: fenomeno dell’esclusione allelica. In caso contrario prima si usa il
secondo allele di k poi si va si ricombina catena delta (rapporto 60:40)
10. Diviene PRE-B: il linfocita B immaturo perde adesione con lo stroma midollare in
quanto ora espone in membrana il suo recettore BCR per uno specifico antigene.
11. il linfocita B immaturo dà origine ai B1 e al linfocita B di transizione

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12. questo a seconda che esprima in membrana il recettore NOTCH diviene B2 della
zona marginale o B2 follicolare

Selezione negativa, mediata dallo stroma midollare che invia specifici segnali di
sopravvivenza al linfocita B immaturo:
- Se questi segnali sono sotto una certa soglia il linfocita B non è funzionante
- se questi segnali sono al di sopra di una certa soglia il linfocita b è autoreattivo

Se viene selezionato negativamente va incontro a receptor editing, viene riarrangiata la


regione D della catena pesante (25% dei linfociti)

3 tipologie di linfociti B:
- B1
- LINFOCITI DELLA ZONA MARGINALE
- LINFOCITI B2 FOLLICOLARI

Linfociti B1, caratteristiche:


- originano precocemente a livello embrionale nel fegato
- rappresentano il 5% dei linfociti B totali
- Hanno capacità di autorinnovamento
- esprimono IgM di membrana
- esprimono un marcatore specifico CD5, fondamentale per la sopravvivenza cellulare
- non posseggono l’enzima TDT e dunque non sono molto variabili
Linfociti B della zona marginale, caratteristiche:
- si localizzano alla periferia dei follicoli formando un anello intorno ad essi
- esprimono Igm di membrana
- esprimono il recettore Notch che legando il ligando Delta ne indirizza il differenziamento
- esprimono il recettore per BAFF, fondamentale per la sopravvivenza cellulare
- possono esprimere CD1, come le cellule dendritiche, e CR2
CR2: costimolatore di BCR, recettore che lega C3b, componente del complemento, induce
l’attivazione dei linfociti B

Linfociti B2 follicolari, caratteristiche:


- linfociti B più comuni: in grado di generare la maggior parte degli anticorpi, con grande
variabilità, e di generare le cellule B della memoria
- sono presenti nel sangue e negli organi linfoidi secondari, a livello dei follicoli primari
- vengono prodotti precocemente in età embrionale, ma nel primo anno di vita aumentano
esponenzialmente
- esprimono il recettore per BAFF, fondamentale per la sopravvivenza cellulare
- quando maturi, a differenza dei MZ, esprimono in membrana IgD quando mature
- non esprimono il recettore per NOTCH
- vengono attivati completamente dai T helper follicolari che inducono il fenomeno
dell’ipermutazione somatica e lo switch di classe anticorpale

Microfold cells (M cells):


- non presentanti l’antigene, associate alle mucose.

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- Mediano il passaggio dell’antigene attraverso la mucosa intestinale, dal lume al
tessuto linfoide associato alle mucose.
- Stimolano le plasmacellule a secernere Iga In quanto viene secreta IL 10
- Promuove la differenziazione di T effettori e T regolatori

Risposta anticorpale T-dipendente:


- riguarda i B follicolari: questi sono in grado di riconoscere autonomamente l’antigene,
ma in assenza di interazione con i linfociti T non si può avere lo switch di classe anticorpale,
con formazione di plasmacellule a lunga vita (in grado di produrre IgG, IgA, IgE) e lo
sviluppo di cellule B della memoria. Il primo contatto con l’antigene, in assenza di contatto
con T, consente di rilasciare solamente IgM

Risposta anticorpale T-indipendente: riguarda i linfociti B1 e BMZ, con produzione


esclusivamente di IgM e dunque formazione di plasmacellule a breve vita

Centroblasti: nella zona marginale del follicolo i linfociti B attivati divengono centroblasti e
effettueranno ipermutazione somatica

Centrociti: centroblasto che ha smesso di proliferare e giunge nella zona centrale del
follicolo, il centro germinativo, per testare se il suo nuovo recettore BCR mutato casualmente
è più affine o meno all’antigene.

CXCL13: chemochina fondamentale per il trasporto dei B all’interno del follicolo,


riconosciuta dal recettore CXCR5
Meccanismo risposta anticorpale T-dipendente:
1. Il linfocita B follicolare riconosce l’antigene che viene endocitato
2. Il T helper follicolare riconosce sulla superficie del B il medesimo antigene che ne ha
permesso la proliferazione e la differenziazione, in contesto MHC
3. Il B va incontro a completa attivazione grazie all’attivazione mediata da Thf che rilascia
specifiche citochine
4. È necessario un segnale costimolatore: CD40L sulla superficie dei T lega CD40 sulla
superficie dei B

Hyper IgM sindrome: In mancanza di segnale CD40L-CD40, il paziente produce solo IgM
poco affini. Possono anche manifestarsi tolleranze o anergie, a causa di incompleta
attivazione dei linfociti B.

5. Intervengono le cellule follicolari dendritiche che legano il frammento Fc delle IgM


in siti particolari detti iccosomi concentrandoli molto bene

cellule follicolari dendritiche: fondamentali nel permettere il riconoscimento dell’antigene


ai centrociti e dunque selezionare positivamente i linfociti maggiormente affini all’antigene .
Le igM infatti legate alla loro superficie attraverso i siti iccosomi sono legate a loro volta
all’antigene, che verrà presentato molto bene alle cellule B.

6. Fase di proliferazione in cui la cellula va incontro a ipermutazione somatica: il


centroblasto diviene centrocita

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AID, activation induce deaminase: enzima chiave dell’ipermutazione somatica dei linfociti
B, deamina le citosine in uracili, in modo che avvengano mutazioni casuali che possono
rendere maggiormente affine il sito di legame dell’antigene su BCR

N-glicosidasi: scinde le uridine che vengono sostituite con nucleotidi casuali da parte della
DNA polimerasi in quanto il processo avviene su DNA a singolo filamento

7. All’interno del centro germinativo, grazie alle cellule follicolari dendritiche, il centrocita
testa se il suo recettore è maggiormente affine al legame con l’antigene:
- Se il centrocita supera la fase di verifica esce dal follicolo divenendo plasmacellula, in
quanto riceve specifici segnali anti-apoptotici
- Se la mutazione non è sufficiente il centrocita torna nella zona marginale del follicolo
divenendo nuovamente centroblasto

Possono avvenire più tentativi, nel caso in cui nessuno di questi vada a buon fine: apoptosi

SWITCH DI CLASSE, meccanismo molto simile a ricombinazione somatica, regolato dalle


citochine:
- IL4→ IgE
- INF-gamma→IgG
- TGF-beta→IgA

Sequenza regolatoria S: si trova davanti a ogni diversa sequenza costante responsabile


della caratterizzazione della specifica classe anticorpale. Sarà il sito di taglio: a livello del
segmento S specifico si forma un anello di DNA contenente le sequenze che verranno
eliminate sottoforma di episoma:
- Se il segmento costante di un’altra classe anticorpale si trova a monte rispetto a quello
scelto, questo verrà perso con l’eliminazione dell’episoma durante lo switch e non sarà
più possibile codificare un anticorpo di quella classe anticorpale
- Se il segmento si trova a valle è possibile produrre l’anticorpo di un’altra classe in quanto
la catena costante che ne permette la codifica non viene eliminata

Meccanismo che caratterizza la formazione dei B della memoria:


- Sottostimolo di Blimp-2 il centrocita diviene plasmablast che sottostimolo di IRF4
poi plasmacellule
- Sottostimolo di BCL-6 (che blocca a livello trascrizionale la codifica di Blimp-2 e
diminuisce il segnale IRF4) il centrocita viene indirizzato a divenire B della memoria
Plasmacellule: non sono più in grado di rispondere ai linfociti T e avranno dunque la
capacità di rispondere ad un’unica classe anticorpale e riconoscere un unico antigene.
Hanno citoplasma più abbondante e grande nucleo

B della memoria: si attivano con una piccola quantità di antigene (recettore molto affine),
hanno lunga emivita, possiedono marcatore CD27. Hanno la massima espansione un mese
dopo l’infezione primaria.
Differenze risposta primaria, mediata da plasmacellule, e risposta secondaria:
- Picco di anticorpi più alto raggiunto in un tempo molto minore (3 giorni contro 7-10)
- Fase di declino della risposta più rapida
36
- Quantità di antigene per attivare i B della memoria molto basso
- Produzione esclusiva di antigeni affini: IgG, IgA, IgE

I B1:
- Non cooperano con i Th follicolari
- Produzione costante di anticorpi naturali (IgM) contro antigeni glicidici (gr. sanguigno)
- Non sviluppano memoria immunitaria

B della zona marginale:


- Addetti al riconoscimento di glicolipidi e antigeni attraverso IgM di membrana
- Possiedono in membrana il recettore CR2.
- Producono grande quantità di IgM che formano immunocomplessi fondamentali per la
verifica dell’affinità del BCR a livello dei centri germinativi: vengono catturati dalle cellule
follicolari dendritiche, per legarli a livello degli iccosomi e presentarli ai centrociti.
- Rari casi di switch anticorpale
La loro attivazione, che impiega circa 3 giorni, è mediata:
- da C3b, componente del sistema del complemento, che lega CR2. Il legame comporta
l’attivazione della chinasi gamma.
- da crosslink di diversi BCR a seguito del riconoscimento dell’antigene (cambiamento
conformazione che induce l’attivazione delle catene Igα Igβ che presentano le sequenze
ITAM fosforilabili e fungono da attracco per le chinasi Syc)
LE IMMUNOGLOBULINE possono essere presenti come:
- recettori di membrana sui linfociti B
- secreti: non possiedono porzione transmembrana dei recettori ma solo una piccola
coda. Sono in grado di legarsi ad altri anticorpi
- secretori: simili a quelli secreti ma possiedono una componente secretoria che li
unisce ulteriormente (come il frammento del recettori pIgR legato ad IgA dimerica)
La loro sintesi segue specifici passaggi: sintesi e ricombinazione catena pesante → catena
leggera→ a livello del golgi vengono glicosilate.

Tail piece: residuo aggiunto alle immunoglobuline che devono essere secrete

papaina: taglia le Ig sopra la regione cerneria ottenendo il frammento costante separato dai
frammenti in cui è presente il sito di legame per l’antigene

pepsina: taglia le Ig sotto la regione cerneria, ottenendo i frammenti leganti l’antigene


separati mentre la regione costante viene degradata.

Idiotipo: anticorpo diverso nella regione ipervariabile

Isotipo: anticorpo diverso nella regione costante

Allotipo: anticorpo diverso nella catena costante, a causa di un diverso polimorfismo

J chain: dominio che unisce i frammenti Fc delle immunoglobuline

Epitopo: specifica sequenza dell’antigene, riconosciuta dall’anticorpo. Può essere lineare


o conformazionale.
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Valenza antigenica: somma degli epitopi di un antigene. Maggiore è il numero degli epitopi,
la valenza, maggiore è la probabilità che l’antigene venga riconosciuto e legato.

Affinità antigene anticorpo, forza con cui l’anticorpo interagisce con l’antigene (ogni
anticorpo monovalente possiede due siti di legame). E’ dettata da legami chimici
reversibili, deboli, non covalenti:
- legami a idrogeno, legami idrofobici, legami elettrostatici
- forze di Van Der Wals
Forze di legame influenzate dalla complementarietà spaziale: più anticorpo e antigene
sono vicini più la forza di legame cresce

Avidità: affinità dell’anticorpo che tiene conto della valenza. Capacità vera e propria di
legare l’antigene. Le IgG hanno valenza 2, le IgA valenza 4, le IgM valenza 10.

Funzione dei domini monomerici di un anticorpo:


- VH e VL: sito di legame e riconoscimento dell’antigene
- CH1, CL: domini in grado di interagire con il complemento. Costituiscono la regione
flessibile Hinge.
- CH2: interagisce con il complemento ed è implicata nel catabolismo Implicati nella transocitosi
- CH3: frammento Fc placentare e tissutale

Frammento Fc, media l’attività indiretta degli anticorpi


- Può subire switch di classe
- È in grado di opsonizzare,
- In grado di attivare il complemento (via classica e lectinica)
- Induce l’attivazione di recettori espressi sulle membrane delle cellule immunitarie:
• Ad alta affinita: si legano direttamente alla regione costante dell’anticorpo. Possiedono
sequenze ITAM, attivatorie del segnale.
• A bassa affinità: per l’attivazione è necessario un legame con tante immunoglobuline
che si legano (crosslinking recettoriale). Alcuni sono Importanti nel declino della
risposta anticorpale, in quanto possiedono sequenze ITIM che inibiscono il segnale di
produzione anticorpi e inducono apoptosi delle plasmacellule (Fc-gamma RIIIb / CTLA4)
• Recettori che legano gli anticorpi ma non attivano vie di trasduzione
• Recettori FcγRn: passaggio IgG madre-feto

IMMUNOGLOBULINE IgG, caratteristiche:


- Le più presenti nel siero e con emivita maggiore
- Monomeri. 4 diversi domini globulari: 1, 2, 3, 4. Si differenziano per la quantità presente
nel siero, il peso molecolare e la regione cerniera che varia leggermente.
- Sono in grado di interagire con i recettori FcγR (FcγR1 ad alta affinità + 4 a bassa affinità)

FcγR: il legame con IgG induce l’attivazione di cellule dendritiche, neutrofili, monociti. Via
di trasduzione simile a CD3 ma con catene segnale diverse

FcγRn (recettori neonatali), funzione fondamentale in gravidanza: media il passaggio


delle IgG materne attraverso la placenta, garantendo la protezione del neonato (3 mesi)

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Malattia di Graves (ipertiroidismo): mamma malata può trasmettere la malattia al feto
tramite le sue IgG. Risolta rimuovendo gli anticorpi attraverso plasmaf eresi.

Eritroblastosi fetale: mamma Rh-, secondo figli Rh+ → alla prima gravidanza fa gli
anticorpi alla seconda combatte i globuli rossi del feto, causando epatite.

IMMUNOGLOBULINE IgA, caratteristiche:


- Le più presenti \nel nostro corpo, 10/15% di quelle espresse nel siero
- 4 domini globulari che le differenziano in due tipologie A1 e A2.
- Emivita breve di circa 6 giorni
- Possono dimerizzare grazie alla J chain
- Importanti per l’attività mucosale: il passaggio dalla mucosa al lume avviene grazie
all’interazione del recettore Poli Ig receptor

A1: maggiormente presente nel sangue e nelle mucose. Possiede strutture glicidiche, che
ne inducono una maggiore flessibilità a differenza delle A2 (più presenti nel colon)
Poli Ig receptor (pIgR): permette la transocitosi delle IgA dimeriche nel lume dell’organo in
cui agiscono. Una volta che le IgA raggiungono il muco il recettore si spezza in due parti:
1. Una parte rimane legata alle cellule della mucosa
2. Un frammento rimane legato all’IgA dimerica (componente secretoria) che in questo
modo non viene degradata dagli enzimi presenti nel muco

Deficienze a carico della produzione di IgA possono comportare suscettibilità alle


infezioni della mucosa intestinale e respiratoria, fenomeni di allergia, fenomeni
autoimmunitari. Si è notato che in alcuni casi la mancanza è transitoria. Molto grave nelle
zone in cui le condizioni igienico sanitarie sono scarse.

IMMUNOGLOBULINE IgM, caratteristiche:


- Si associano a formare dei pentameri attraverso il legame della J chain: valenza 10
- Sono più grandi delle IgA
- Possiedono 5 domini globulari
- Sono recettori di membrana
- Sfruttano il poli Ig receptor per essere secreti nel latte e nelle secrezioni
- prime immunoglobuline ad essere prodotte in seguito a infezione/ immunizzazione
- Attivano insieme alle IgG il complemento nella via classica
- Ruolo importante di difesa nel sangue
ISOEMOAGGLUTINE
IgM prodotte dalle cellule B1, si tratta di anticorpi naturali in grado di agglutinare i globuli
rossi nel caso riconoscano l’antigene specifico presente su questi:
- IgM anti-B: presenti nel sangue di individui di gruppo sanguigno A e 0
- IgM anti-A: presenti nel sangue di individui di gruppo sanguigno B e 0

Antigeni glicidici del gruppo A: sostanza H legata a N-acetilgalattosammina


Antigeni glicidici del gruppo B: sostanza H legata alpha-D-galattosio

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→Si tratta di zuccheri normalmente presenti sulla parete dei batteri che scatenano una
risposta anticorpale che non coinvolge l’interazione tra B e T

IMMUNOGLOBULINE IgE, caratteristiche:


- Possiedono 5 domini globulari
- Emivita di soli due giorni a meno non si leghino a recettori tetramerici e trimerici
- Associate per lo più ai mastociti nel tratto respiratorio, gastrointestinale e cute.

RECETTORI TRIMERICI
- Espressi sulla membrana di APC e eosinofili
- Formato da una catena α, legante il frammento Fc di IgE, e due gamma

Il legame tra il recettore e IgE porta all’attivazione di una via di trasduzione che comporta
l’endocitosi di IgE e alla presentazione del peptide in membrana in contesto MHC.

RECETTORI TETRAMERICI
- Espressi sulla membrana di basofili e mastacellule
- Formato da una catena α, legante il frammento Fc di IgE, una catena beta e due gamma

Il legame tra il recettore e IgE porta, alla produzione di mediatori implicati nelle risposte a
parassiti e nematodi, al giorno d’oggi per le reazioni allergiche. Tra questi:
- Effetto precoce: rilascio di istamina, eparina, proteoglicani, serotonina
- Effetto tardivo: rilascio mediatori della sintesi lipidica, come quelli dell’acido
arachidonico, citochine e chemochine
Questi inducono aumento della permeabilità vascolare, aumento adesione cellulare,
vasodilatazione e broncocostrizione. Favoriscono la contrazione muscolare viscerale.

➔ Immunoglobuline che oltrepassano la placenta: IgG 1, 2, 3

Attivita’ dirette degli anticorpi, dovute ad interazione tra antigen binding site e antigene:
- NEUTRALIZZAZIONE: gli anticorpi riescono a bloccare l’attività enzimatica delle
molecole che legano, inibendone dunque l’effetto biologico che possono provocare.
Scoperta da Von Bering e Kitasato (chiamano gli anticorpi anti-tossine)
- INIBIZIONE DELL’INFEZIONE di virus e microbi: adsorbimento della superficie dei
virus che in questo modo non riescono più a legarsi ai recettori target per infettare
(fenomeno importante nel covid)
- FORMAZIONE DI IMMUNOCOMPLESSI: gli antigeni e gli anticorpi interagendo
formano reti. Normalmente eliminati dai fagociti è importante che non si accumulino. Se
l’immunocomplesso possiede quantità bilanciate di antigene e anticorpo è grande al
contrario, se c’è sbilanciamento da un lato o dall’altro è piccolo.
- AGGLUTINAZIONE: sfruttata in diagnostica per test gruppo sanguigno e droghe
- AGGREGAZIONE E INTERNALIZZAZIONE DEI RECETTORI DI MEMBRANA: gli
anticorpi possono legarsi a specifici recettori sulla superficie cellulare, causando
internalizzazione e degradazione (viene dunque bloccata la funzione recettoriale).
Miastenia grave: formazione di autoanticorpi che si legano ai recettori per l’acetilcolina
causandone internalizzazione → blocco impulso neuronale → paralisi flaccida

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→ Fenomeno sfruttato in ambito terapeutico: tumore della mammella, internalizzazione di
Her-2, da parte degli anticorpi monoclonali Herceptin e Trastuzumab, che dimerizza anche
in assenza di ligando amplificando il segnale di iperproliferazione,

Attivita’ indirette degli anticorpi, mediate dal frammento Fc:

- FAGOCITOSI attraverso opsonizzazione: patogeno ricoperto da anticorpi è reso più


riconoscibile e legabile da CD16 su NK (recettore attivatore a bassa affinità) e macrofagi.
- CITOTOSSICITA’ MEDIATA DA ANTICORPI: sempre facendo come esempio le cellule
NK, dopo che il recettore CD16 ha legato l’anticorpo, quest’ultimo oltre che indurne la
degranulazione, guida l’azione dell’NK che rilascerà i granuli in maniera polarizzata
- DEGRANULAZIONE DI MASTOCITI e BASOFILI: IgE legato ai recettori tetramerici
quando arriva in membrana un antigene induce crosslink recettoriale che attiva segnale
di trasduzione che comporta il rilascio dei mediatori precoci e tardivi.

Recettore Fc gamma receptor di tipo 2: ha azione di feedback anticorpale, bloccando


eccessiva produzione di anticorpi. Legano immunocomplessi che inducono la
defosforilazione delle regioni ITAM del BCR e blocco della via di trasduzione.

- ATTIVAZIONE DEL COMPLEMENTO nella via classica mediata da IgG 1,2,3 e IgM

Individui diversi hanno anticorpi diversi in risposta ad uno stesso antigene:


- I linfociti di un organismo riconoscono epitopi diversi di uno stesso antigene
- L’ipermutazione somatica per sua naturale variabilità avviene diversamente
Anticorpo monoclonale: anticorpo contro uno stesso epitopo derivato da un unico clone
espanso di cellule immortali. Inventati da Koeler e Milstein nel 1984. Vengono usati in
terapia e in diagnostica.

Per immortalizzare le cellule → linfociti B di organismo immunizzato fusi con cellule di


mieloma (formando ibridomi) all’interno di terreni HAT

terreno HAT: non permette la crescita di cellule tumorali ma solo di cellule ibride, mentre i
B normali muoiono normalmente. Questo è permesso dall’enzima aminopterina.

Aminopterina: blocca la deifrolato reduttasi necessaria per proliferazione cellule tumorali

CD: cluster of differentation

W: molecola identificata da un solo anticorpo monoclonale

Anticorpi monoclonali omab: interamente derivanti da topo. Inoculati nell’uomo si


riscontra poca affinità e grande stimolazione di Th2 con conseguenti reazioni allergiche
Anticorpi monoclonali umab: interamente derivanti dall’uomo

Anticorpi monoclonali zumab: con sequenze ipervariabili di topo, per il resto umano
Anticorpi monoclonali zimab: chimerico, frammento Fc umano, parte variabile di topo

Terapie più importanti con mAb approvate dall’FDA:

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- Rituzimab: diretto verso CD20. Utilizzato nella terapia di linfomi delle cellule B e
leucemie. Quello di nuova generazione induce l’apoptosi delle cellule tumorali
- Trastuzumab e Herceptin: lega her2 causandone internalizzazione e blocco
- Cetuzimab: lega VEGFR stimolando l’azione dei fagociti
- Trattamento psioriasi, diabete

Caratteristiche vaccino:
- Sicuro: deve essere somministrato a persone sane. No bambini, persone con sistema
immunitario deficitario, trapiantati immunosoppressi. Vaccini profilattici.
- Stabile
- Poco costoso
- In grado di suscitare risposta immunitaria

Dati da tener conto nei protocolli vaccinali:


- Tempo tra una somministrazione e l’altra in base alla durata delle cellule memoria
- Dose: troppo causa esaurimento cellule immunitarie o inattivazione dei linfociti (possono
legare recettori e inattivarne la risposta), poco non induce risposta
- Via di immunizzazione: orale, endovena (poco efficacie), iniezione intramuscolare
(via preferenziale perché attiva le cellule dendritiche presenti nel tessuto muscolare)

VACCINO UCCISO: poliomelite, rabbia, epatite A


- Vantaggi: facili da conservare e trasportare, rischio bassissimo di effetti collaterali
- Svantaggi: bassa risposta immunitaria indotta, necessità di più dosi di somministrazione

VACCINO VIVO ATTENUATO: coltivo il virus dove non replica bene


- Vantaggi: attiva bene le cellule T, poche somministrazioni,
- Svantaggi: difficile da conservare e trasportare (da refrigerare), da somministrare solo
a persone con ottimo sistema immunitario perché può causare effetti collaterali

VACCINO CON SUBUNITA’ DI PATOGENO, come alcune sue proteine:


- Vantaggi: stimola bene il sistema immunitario, rischio basso di effetti collaterali. Indicato
per persone che hanno problemi a livello del sistema immunitario
- Svantaggi: necessità di più dosi di somministrazione, costo elevato

VACCINO CON TOSSINE inattivate


- Vantaggi: rischio basso di effetti collaterali, stabile e facilmente conservabile
- Svantaggi: necessità di più dosi di somministrazione per mantenere attiva la protezione
VACCINO CON SPECIFICHE SEQUENZE (epitopi maggiormente immunogenici)
Attiva risposta t-indipendente: da solo stimola poco il sistema immunitario (solo IgM)
Per poter attivare una risposta ottimale, richiede che gli antigeni vengano legati da peptidi
carrier a cui lego zuccheri che vengono endocitati dai linfociti: in questo modo da indurre
cooperazione tra linfociti T e B (così da produrre IgG e IgA)

VACCINO A DNA O RNA: quello del covid incapsulato all’interno di vescicole liposomiali in
modo che proteggessero l’mRNA della proteina spike dalla degradazione.

Vaccino sperimentale edibile usando piante transgeniche

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Vaccino anti-idiotipo: permette di avere anticorpi diversi diretti verso lo stesso antigene
Formulazioni che rendono il vaccino maggiormente efficace:
- Aggiunta di adiuvanti: squalene e Sali di alluminio. Da utilizzare con cautela
- Sequenze CpG derivanti da batteri che stimolano PRR)
- Molecole che attivano le cellule dendritiche
- Sequenze segnale che indirizzano l’antigene verso i ribosomi per indurlo all’esposizio ne
in contesto MHC
- Utilizzo di sequenze ISCOM: inducono l’antigene ad essere presentato in classe I.
Possono essere ad esempio liposomi che si fondono in membrana e rilasciano l’antigene
all’interno delle cellule. In questo caso voglio stimolare maggiormente i CD8+.
- molecole SMAA a cui lego epitopi per stimolare ancor di più T e B

TOLLERANZA:
- nel timo per linfociti T, nel midollo per linfociti B.
- Non viene ereditata
- Si divide in tolleranza centrale e tolleranza periferica
- La tolleranza centrale è molto più stringente per i T che per i B in quanto un B per essere
totalmente attivo necessità della co-attivazione mediata dai T
- Fondamentale per l’educazione dei linfociti T: fattore trascrizionale AIRE

AIRE: fattore trascrizionale che induce le cellule timiche ad esporre in superficie antigeni
provenenienti dalle cellule di tutto l’organismo in modo da testare se i TCR sono funzionanti

- Fenomeno differente in ognuno di noi a seconda dell’aplotipo ereditato alla nascita

SHP-1: segnale che blocca la fosforilazione delle sequenze ITAM di CD3/ IgαIgβ

Tolleranza periferica dei linfociti B: mediata dai T-regolatori e citochine che rendono
cellule B autoreattive anergiche. Può essere di breve durata. Questo viene effettuato
attraverso:
- l’internalizzazione dei suoi recettori
- l’utilizzo di segnali inibitori
- induzione ad apoptosi

Tolleranza periferica dei linfociti T:


- internalizzazione dei recettori sulle cellule dendritiche mediata dai T regolatori o
eliminazione ligandi dai T→ se mancano molecole co-stimolatorie il linfocita non è in
grado di attivarsi.
- Possono anche indurre apoptosi.
- Attraverso CTLA-4 e PD1 ligandi inibitori dei linfociti: legano B7 con maggiore affinità
di CD28. Sono dunque implicati nello spegnimento della risposta immunitaria. Il
medesimo segnale viene indotto dalle cellule tumorali che esprimono i ligandi ed
inibiscono l’attivazione dei linfociti T.
CTLA4: può agire con un meccanismo intrinseco legando B7 con maggiore affinità, o
attraverso un meccanismo estrinseco, mediato dai T regolatori. Questi possono esprimere
il ligando in membrana che lega B7 sulle APC, inducendo l’internalizzazione del recettore.

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Difetti a carico di CTLA-4 possono portare a patologie autoimmuni quali:
- sindrome di Graves: iperitiroidismo. Causato da autoanticorpi che stimolano
eccessivamente le cellule a produrre ormoni
- tiroide di Hoshimoto: ipotiroidismo. Autoanticorpi inducono una segnalazione troppo
debole che causa scarsa produzione di ormoni. Le cellule NK legano gli autoanticorpi
rilasciando granuli citotossici che distruggono il tessuto follicolare.
- diabete
CELLULE T REGOLATORIE NATURALI
- maturano nel timo.
- Esprimono FOXP3, fattore trascrizionale indispensabile per il loro funzionamento:
spengono la risposta immunitaria attraverso la secrezione di TGF-beta, IL10
- Posseggono alti livelli di IL2R in modo da sequestrare l’interleuchina 2 dall’ambiente

CELLULE T REGOLATORIE INDOTTE:


- Produzione indotta da TGF-beta e assenza di IL6
- CD4+, CD25+ FOXP3+
- Inducono la produzione di indoleamina diossigenasi da parte delle DC
- Interrompono la produzione di triptofano e ciò blocca l’attivazione dei linfociti

IPEX: sindromi indotte da mancanza di FOXP3

IPERSENSIBILITA’, reazioni immunitarie esagerate contro antigeni self, patogeni, antigeni


innocui. Può essere di quattro tipi (tutte caratterizzate da fase di sensibilizzazione seguita
da una fase effettrice). Può essere contro antigeni solubili o superficiali.

TIPO 1: mediata da IgE legato a basofili e mastociti, contro antigene innocuo. Induce
l’attivazione delle cellule a cui è legato provocando reazioni allergiche e atopia (le cellule
attivate rilasciano i loro granuli

Meccanismo fase di sensibilizzazione


1. Presentazione allergene in MHC-II sulle mastacellule ai linfociti T
2. In presenza di IL4 → CD4 naive si differenziano i Th2
3. Th2 attiva i linfociti B che secernono IgE (sempre sottostimolo di IL4)
4. Si sono formate IgE che legandosi ai recettori tetramerici su mast cells e basofili,
agiranno in seguito a seconda esposizione dell’antigene

Fase effettrice:
- Immediata: rilascio dei granuli contenenti sostanze preformate
- Tardiva: rilascio leucotrine e postglandine, citochine. Ulteriore richiamo di cellule

Cause fenomeni allergici: Genetiche, Stress, Ambientali.

Approcci terapeutici per le allergie:


- Antistaminici e corticosteroidi
- iposensibilizzazioni con dosi crescente di antigene innocuo
- anticorpi monoclonali contro IL4 e IL5
- interferone alpha inibisce la risposta cellulo mediata

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TIPO 2: mediata da IgG che legano antigeni di superficie sulle cellule attivando attivazione
esagerata di macrofagi, NK e neutrofili.
E’ causa di sindrome di Goodpasture, malattie emolitiche, eritroblastosi fetale

TIPO 3: mediata da immunocomplessi IgG/IgM che legano antigeni solubili, provocando:


- danno all’endotelio vasale a cui consegue la penentrazione al di sotto e attivazione della
fagocitosi e del complemento
- lisi tissutale per motivi sovrastanti
- aumento permeabilità vasale
- fagocitosi frustrata da parte dei neutrofili: incapacità di fagocitare

E’ causa di artite, vasculite, lupus eritematoso sistemico (SLE), artide reumatoide

lupus eritematoso sistemico (SLE): immunocomplessi a livello di cute, derma e a livello


renale. Può comportare attivazione del complemento e dei granulociti che comporta la
distruzione tissutale. Complicanze maggiori se gli immunocomplessi si depositano a livello
di membrane basali e giunzioni dermo-epidermiche.

TIPO 4: mediata dai linfociti T e dai macrofagi che legano un antigene (solubile o
superficiale): gli antigeni self divengono non self a causa di sostanze che ne modificano
leggermente la sequenza amminoacidica (es. edera velenosa) o in conseguenza a infezioni
persistenti, punti di sutura o schegge infette.
E’ causa di dermatite da contatto e formazione di granulomi (infiammazioni localizzate)

SINDROME AUTOIMMUNITARIA, perché si manifesti è necessario:


- linfocita T sfugge a tolleranza centrale (raro, causato da mutazione gene AIRE)
- in periferia incontra un peptide self a lui affine
- fallisce la tolleranza periferica (maggio parte dei casi)
- il linfocita T deve indurre un danno clinico

Mutazione gene AIRE: induce sindromi poliendrocrine autoimmuni, poliendocrinopatia


autoimmunitaria con candidosi, displasia ectodermica

Errori tolleranza periferica dovuti a:


INFIAMMAZIONE, causata da:
- assenza T regolatori
- troppe cellule dendritiche (terapie pensano di rimuoverle)
- rilascio autoanticorpi contro i nostri tessuti
- cytochin storm indotto da eccessiva quantità di interferone gamma durante infezioni
virali (che richiama tantissimissime cellule che rilasciano citochine pro-infiammatorie e
espongono MHC-II che attiva i CD8). In più la morte eccessiva di cellule dell’organism o
provoca la presentazione di peptidi self da parte delle APC che comporta attivazione
linfociti T autoreattivi e B che producono autoanticorpiiii

somiglianze antigeni self e non self (cross reactivity):


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- mielina e proteina HVS8 (epstein barr)
- miosina e proteina della parete dello streptococco (RRDL). Può essere causa di
sclerosi multipla e encefalite autoimmune,

errori nelle componenti del sistema immunitario


- malattie IPEX per mutazione FOXP3
- APC presentano quando non devono
- B attivi quando non devono a causa di Fas anomalo che non permette l’inattivazione
- T preattivati si attivano più velocemente con meno controlli
- Aumento IL12, IL6, IL23, TNF→ attivazione CD8, Th17 (con produzione di IL16/1L17)
- Anomalie componenti C1, C2, C4 a cui consegue l’abbassamento dei livelli di C3b.
Questo comporta immunocomplessi contro i patogeni durano poco, immunocomplessi
contro il self induce ipersensibilità di tipo 3

epitope spreading: riconoscimento di epitopi criptici che sarebbero rimasti sconosciuti nel
caso non avessi già riconosciuto un epitopo precedentemente (causata dunque da infezioni
pregresse)
Causa il pemphigus o diabete di tipo I

DIABETE MIELLITO DI TIPO I


- Sindrome autoimmune (20% dei casi di diabete).
- Nasce dall’inabilità di produrre insulina o di rispondere all’ormone.
- Alla base del fenomeno c’è il coinvolgimento di CD4 e CD8, linfociti B, macrofagi e
autonticorpi che si infiltrano nelle isole Beta e comportano la distruzione delle cellule
e dunque degli enzimi coinvolti nell’anabolismo insulinico (glutammico decarbossilasi e
tirosina fosfatasi) e della stessa insulina.
- Si supponga avvenga per:
• Infezioni pregresse da patogeni aventi antigeni simili al target self (epitope spreading)
• sostituzione amminoacidica nella catena beta di TCR che comporta una minima
modifica del antigen binding site (non basta a dimostrarne causa assoluta) presente
nella maggior parte dei pazienti: in posizione 57 Val, Ser, Ala al posto di Asp

Fattori determinanti malattie autoimmuni


- predisposizioni genetiche HLA o non HLA

HLA-B27 unico allele HLA 100% associato a spondilite anchilosante

- fattori esterni: infezioni pregresse (gli antibiotici sembrano aiutare) o agenti chimici
- influenze ormonali in individui predisposti. In questo caso più colpite le donne.
- Glucorticoidi alterando il metabolismo possono predisporre
TERAPIE CONVENZIONALI contro sindromi autoimmuni:
- Antinfiammatori
- Immunosoppressori
- plasmaferesi

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IMMUNOTERAPIA (nuova frontiera che tenta di rendere più tolleranti i linfociti e aumentare
l’attività dei T-regolatori):
- peptidi modificati presentati al posto di antigeni self:
• pro-insulina per diabete I
• cellule dendritiche con peptidi citrullinati per l’artride
- cellule T ingegnerizzate:
• per eliminare linfociti B autoreattivi
• per modificare specificità dei T regolatori
- rendere più tollerogeniche le cellule dendritiche che presenteranno meno MHC-II
- vaccini a DNA
- somministrazione graduale e crescente di antigene per indurre tolleranza

Info in più nelle domande

CD56: espresso dalle NK e iNKT, recettore a bassa affinità per le IgG

Cellule fibroblastiche reticolari: organizzano il network di contatti nella zona paracorticale


dei linfociti T

La milza non ha connessioni con i vasi linfatici solo con il circolo sanguigno

CXL12: fondamentale per la sopravvivenza delle cellule B della memoria nel midollo osseo

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