La formazione di Freud
La psicoanalisi nasce in un rapporto di continuità e discontinuità rispetto alla psichiatria dell'epoca. Nel
clima positivistico e materialistico di fine Ottocento, anche la psichiatria, come il resto della ricerca
scientifica, cercava di spiegare la sofferenza mentale come conseguenza di lesioni cerebrali. Se esiste
un disturbo, deve esserci una corrispondente patologia organica che ne costituisce la causa. E’ tuttavia
in questo ambiente che Freud si forma: frequenta a Vienna il liceo e, poi, la Facoltà di medicina
manifestando precocemente eccellenti doti intellettuali. Il giovane è particolarmente attratto dallo studio
delle scienze naturali e dalla dottrina di Darwin. Segue contemporaneamente un corso di filosofia,
s'interessa alla dissezione anatomica, alla fisiologia e alla zoologia. Nel laboratorio di fisiologia soddisfa
la sua curiosità, studiando l'istologia del sistema nervoso: è affascinato dalla potenza del microscopio.
Dopo la laurea in medicina il giovane Freud inizia a lavorare in vari laboratori di ricerca, approdando
quindi al reparto di malattie nervose all'ospedale di Vienna. Qui la curiosità scientifica lo porta tra l'altro,
a sperimentare un alcaloide allora poco noto, la cocaina, di cui studia gli effetti psicologici. Scopre con
meraviglia le qualità stimolanti e analgesiche del prodotto e ne rimane entusiasta. Lo sperimenta
innanzitutto su se stesso, ma anche sull'amico Ernst Fleischl, che soffre di una nevrite acuta e che,
pertanto, è diventato morfinomane. Freud è convinto della perfetta innocuità della cocaina e spera di
farne un sostituto della morfina contro il dolore. Ma si sbaglia. Dopo la morte dell'amico, contro Freud si
rileva un coro di critiche per non aver tenuto conto degli effetti collaterali della sostanza. Questo
episodio è l’errore di valutazione compiuto avranno un peso notevolissimo sulla sua vita, come
testimonierà lui stesso raccontando alcuni sogni ricorrenti.
Lo studio dell'isteria
Il lavoro condotto nel reparto di malattie nervose dell'ospedale di Vienna porta il giovane Freud a
interessarsi ben presto dei casi di isteria. Il termine designa uno stato patologico della psiche, che si
manifesta con fenomeni di trasposizione sul corpo di disturbi psichici, con sintomi a carico dei vari
apparati. Ai tempi di Freud si pensava che fosse una malattia di tipo organico e che, come indicato
dalla stessa etimologia del nome, riguardasse solo le donne. Il massimo esperto in materia era il dottor
Charcot, che lavorava all'ospedale La Salpetrière di Parigi, dove Freud, grazie a una borsa di studio, si
reca nell'ottobre del 1885 dopo aver conseguito la qualifica di docente in neurologia. Si tratta di
un'esperienza fondamentale nel suo cammino verso la psicoanalisi. Grazie a Charcot Freud può
approfondire il metodo dell'ipnosi, che aveva già avuto modo di apprendere frequentando il medico
Breuer, il quale curava l'isteria mediante tale tecnica. Breuer è un medico conosciuto e stimato quando
incontra Freud, con cui stringe un rapporto di profonda amicizia diventando per lui un punto di
riferimento molto importante. Ma il debito di Freud nei confronti dell'amico non si limita a questi aspetti
"pratici": è attraverso Breuer, infatti, che Freud in lunghi colloqui avuti nel 1882 e nel 1883 apprende i
dettagli più stimolanti del caso di Anna O., determinante per le sue successive scoperte. A Parigi
Freud richiama più volte l'attenzione di Charcot su questo interessante paziente, ma il grand'uomo
mostra una certa indifferenza.
La terapia psicoanalitica
L'attività di interpretazione critica dell'analisi si avvale, oltre che del materiale associativo offerto dal
paziente, anche dei racconti relativi alle sue esperienze affettive, sociali in lettuali ecc; queste non
valgono soltanto per ciò che affermano, ma soprattutto per ció che "non dicono", per i vuoti, le lacune,
le incertezze, cioè per tutti quegli aspetti che rivelano sospette "interferenze", elaborazioni di
compromesso dovute all'intervento di censura e resistenze inconsapevoli. La materia su cui si sviluppa
l'analisi è pertanto prevalentemente linguistica, si lavora soprattutto sulle parole e i discorsi del malato;
l'analista, tuttavia, è tenuto a considerare anche tutto l'insieme delle espressioni delle persone che
costituiscono un messaggio criptato di cui è indispensabile operare un'interpretazione. La prassi
psicoanalitica consiste proprio nel lavoro di decostruzione di ogni verità e convinzione apparenti, al fine
di ampliare il suo dominio riconquistando territori perduti dell'inconscio. Si tratta di un’attività che
richiede tempo, impegno e che, soprattutto, non può prescindere dalle circostanze particolari create
dalla «situazione analitica». Con questa espressione si intende il particolare contesto in cui si svolgono
le sedute di psicoanalisi, durante le quali il paziente viene invitato a sdraiarsi, a rilassarsi e a
raccontare, senza censura, sogni, fantasie e ricordi, anche quelli più lontani e apparentemente meno
significativi. Si stabilisce un patto tra il medico e il paziente: quest'ultimo parlerà con la massima
sincerità, il primo ascolterà e manterrá il massimo riserbo. L'obiettivo è quello di vincere la rimozione e
di far emergere gli elementi inconsapevoli all'origine della patologia. A questo scopo concorre la
positiva interazione che si instaura tra i due soggetti, che Freud definisce transfert o traslazione
affettiva: essa è dovuta al fatto che il nevrotico, sempre carente a livello affettivo, dopo le prime sedute
acquista fiducia nel proprio medico, sviluppando sentimenti di amore nei suoi confronti; un trasporto
emotivo che in qualche modo riproduce e riproponie quello provato, nell'infanzia, per le figure
genitoriali. Tale circostanza risulta favorevole al buon esito dell'analisi, perché il soggetto "innamorato"
cerca in ogni modo di compiacere il terapeuta, o almeno di non deluderlo, collaborando con lui e
assumendo inconsapevolmente il compito della guarigione.
Il concetto di libido
La concezione dell'istinto sessuale come forza indipendente da un oggetto e da una finalità specifici
permette a Freud di collegare tre ambiti: quello della sessualità "normale", quello della "perversione" e
quello della "nevrosi" Le persone, infatti, risultano normali, pervertite o nevrotiche a seconda
dell'evoluzione dell'istinto sessuale, che può incorrere (o meno) in condizioni che ne modificano il
corso. A questo proposito, in relazione alla pulsione sessuale Freud parla di libido, intendendo con
questo termine un'energia specifica che può subire variazioni nei diversi momenti dello sviluppo, che
può indirizzarsi a oggetti o a finalità multiplici e differenti, che, insomma, possiede il carattere della
plasticità e del polimorfismo (assume forme differenti a seconda delle situazioni). La visione dinamica
dell'istinto sessuale come energia in sviluppo e l'allargamento del concetto di sessualità consentono di
gettare una nuova luce sul periodo dell'infanzia e di comprendere uno aspetto in precedenza mai
esplorato dalla psicologia: la sessualità dei bambini. Freud ritiene infatti che anche nell'infanzia siano
attive le pulsioni erotiche: il bambino è un essere che vive una complessa vita sessuale, la quale si
esprime in gesti semplici e istintivi come la suzione del latte materno.
Il complesso di Edipo
All'analisi delle tre zone erogene che caratterizzano lo sviluppo della sessualità infantile è connessa
una delle più note teorie della psicoanalisi: quella relativa al complesso di Edipo. Con tale espressione
Freud indica il particolare sentimento che unisce il bambino ai suoi genitori e che è universalmente
presente in tutte le civiltà. Esso si manifesta durante la fase fallica, tra i tre e i cinque anni, e si presenta
come un attaccamento erotico del bambino verso il genitore di sesso opposto. Il maschio, dunque,
sviluppa sentimenti ostili verso il padre, considerato come un rivale, e desidera avere la madre tutta per
sé; pretende di dormire nel suo stesso letto e, spesso, promette di sposarla o di non abbandonarla mai.
La femmina si sente attratta verso il padre da un analogo sentimento d'amore, che tende a escludere la
madre. Freud aggiunge che, molto spesso, questi sentimenti sono incoraggiati dai genitori, che si
abbandonano a preferenze dello stesso tipo. Freud nell'indicare il «complesso», cioè la costellazione di
emozioni a carattere sessuale che la situazione descritta comporta, si ispira alla celebrità tragedia
Edipo Re di Sofocle, il quale aveva narrato le sventure dell'eroe greco a cui il destino aveva riservato la
triste sorte di sposare la madre e uccidere il padre. Secondo Freud, l'orrore che l'uomo di tutti i tempi
prova di fronte a tale tragedia deriva dal fatto che in ognuno di noi c'è un analogo desiderio nella fase
infantile. In altre parole, l'impulso inconfessabile di uccidere il padre e possedere la madre è una
presenza costante nella fantasia di ciascuno. Il complesso di Edipo riveste una funzione essenziale, in
quanto ogni uomo deve superare per poter maturare, cioè per raggiungere uno stato adulto e una
sessualità serena e consapevole: ciò implica lo spostamento verso una meta esterna dell'attrazione nei
confronti del genitore di sesso opposto, e la riconciliazione e l'identificazione con l'altro. Coloro che non
riescono a superare pienamente tale complesso e a liberarsi dall'attaccamento materno o paterno si
portano dietro per tutta la vita un ambiguo sentimento di colpa e oscure nostalgie, che impediscono di
vivere una sessualità matura e soddisfacente.
Totem e tabù
Le ultime opere di Freud, in particolare L'avvenire di un'illusione (1927) e Il disagio della civiltà
(1929), sono dedicate allo studio della società, dell'antropologia e della morale. Freud focalizza la
sua attenzione sull'istituto del totemismo, che si ritrova in popolazioni primitive talora
geograficamente molto distanti tra loro (ad esempio gli indigeni dell'Australia, dell'America
settentrionale...). In tale forma di organizzazione sociale i componenti di una comunità sono divisi
in tante unità caratterizzate da un totem, cioè nella maggior parte dei casi un animale sacro. Il
legame totemico si tramanda per via materna e rappresenta un vincolo più forte di quello familiare.
La cosa interessante è che coloro che appartengono a un'unità totemica si comportano nei
confronti del totem, cioè dell'animale simbolico assunto come autorità, in modo caratteristico, ad
esempio evitando di dare la caccia ai membri della specie che esso rappresenta. Il legame
totemico sembra finalizzato a evitare rapporti tra consanguinei, perché implica la proibizione di
sposare donne appartenenti allo stesso gruppo totemico e, dunque, impedisce legami di tipo
incestuoso; proibizione che, come osserva Freud, non può certo derivare da valutazioni di
carattere medico o eugenetico, dato il livello primitivo delle società in cui si sviluppa, ma a livello
storico. Al totem è legato il concetto di tabù, cioè di tutti quegli aspetti che, in riferimento al totem,
sono ritenuti sacri e quindi proibiti. Il totem e i tabù sarebbero dunque il nucleo originario di quelle
norme sociali, morali e religiose create dagli uomini per proteggersi da impulsi considerati
inaccettabili, elaborandoli collettivamente e rendendoli inoffensivi.