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CORSO DI

Letteratura inglese
1° semestre
a.a 2020/2021

Bibliografia: libro (obbligatorio) + dispenda testi su Blackboard + appunti


Primo semestre -> esame gennaio / febbraio (è in italiano) con traduzione e lettura testi
Primo modulo: storia della letteratura inglese + autori principali fino al periodo della
Repubblica

The Anglo - Saxon period


Gli anglosassoni sono popoli che invano la Gran Bretagna e cominciano una vera e
propria cultura. Sono popolazioni barbariche che avevano una propria tradizione
poetica e orale infatti, non abbiamo grandi documenti che li riguardano.

Le vere notizie riguardanti l’isola britannica derivano dai romani. Infatti, nel 55 a.C, ha
inizio la colonizzazione dell’isola che però, si rivela molto ardua sin dall’inizio. Il
completamento di questa complicata colonizzazione ha coinvolto quasi un secolo e nel
45 d.C, sotto l’imperatore Claudio, questa colonizzazione viene completata anche se,
Scozia e Irlanda non sono messe sotto il piene controllo romano.
Per difendere i possedimenti che avevano conquistato dai continui attacchi delle
popolazioni barbariche, i romani fecero costruire il cosiddetto Vallo di Adriano
(Hadrian’s Wall).
Il nome “Britannia”, che viene dato all’isola e che tutt’oggi si mantiene, deriva dai
mercanti che venivano chiamati “Britains” nella lingua celtica.
A partire dal IV secolo d.C, queste tribù celtiche, che si erano ormai adattate alla
civilizzazione romana, si convertono al cristianesimo come il resto dell’impero Romano.
Nel 410 d.C, talmente è diventato problematico tenere sotto controllo l’isola, i romani
decidono di abbandonarla lasciando i britanni soli contro tutti gli attacchi delle
popolazioni barbariche.
Nel 449 inizia la cosiddetta invasione anglosassone: Beda il Venerabile, primo grande
storico della storia inglese, ci dice che questi popoli invasori provenivano da 3 tribù
germaniche:
- Sassoni -> provenivano dall’attuale Danimarca meridionale e dall’Olanda orientale;
- Angli -> provenivano dallo Jutland, una penisola che divide il Mare del Nord dal Mar
Baltico;
- Juti -> provenivano dalla zona del basso Reno, quindi l’attuale Germania.
Quindi da Sassoni e Angli deriva il termine “anglosassoni”, mentre gli Juti erano
considerati meno importanti, perché esclusi da questa denominazione.
In seguito a questi cambiamenti, tra il VI e il VII secolo, nell’isola britannica si ha una
suddivisione in bari gruppi:
- Il regno sassone nella zona del sud-ovest;
- Il regno juta nel sud-est;
- Il regno anglico nella restante parte dell’isola.
Nel continente non c’era nessuna unità politica ma, diversamente da prima, c’è un’unità
culturale: hanno tutti e tre in comune il linguaggio germanico.
Erano tutti popoli guerrieri ed il re era a capo di tutte le piccole unità poligarchiche. Il
re, inoltre, era un guerriero, cioè il primo pronto a sacrificare la sua vita anche per
garantirsi una fama che significava sopravvivere dopo la morte. Per garantirsi
quest'immortalità l’unico modo era la poesia: doveva esserci qualcuno che cantava e
narrava la storia di questi eroi.
Da qui, data l’importanza che ha la poesia per gli anglosassoni nasce la figura del poeta
di corte.
Non ci è arrivato molto della letteratura anglosassone, ma quel poco che abbiamo è la
poesia epica, cioè poesia che parla di eroi, in cui la lingua utilizzata è l’anglosassone,
definito come “old english”, proprio per la sua evoluzione che attraversa 3 fasi.
“Old English” è sinonimo di anglosassone ma è una lingua ricca di differenze molto
elevate tra i dialetti sassoni e i dialetti anglici.
In questa lingua e in questa traduzione poetica non esiste il concetto di rima, che
arriverà soltanto dopo l’invasione normanna. Infatti, per dare il senso di musicalità e per
favorire la trasmissione memonica, cioè a memoria, si ricorreva agli accenti e
all’allitterazione, cioè al verso allitterativo -> ripetizione solitamente all’inizio del verso di
un fonema, cioè un suono.
Un fatto importante che avrà una forte ripercussione sulla storia della letteratura è la
cristianizzazione di queste popolazioni. Il cristianesimo arriva verso la fine del VI secolo.

Infatti, nel 597 il monaco Agostino è mandato dal papa Gregorio Magno a cristianizzare
l’isola e comincia dal Kent e subito, stabilisce a Canterbury la sede del suo vescovato.
Il verso allitterativo è il prodotto di una tradizione orale poetica dovuta ai cosiddetti
“bardi” (scop), cioè i menestrelli erranti che frequentavano i palazzi de ore e dei capi
tribù che giravano di corte in corte. È una figura molto simile all’aedo greco, cioè i
custodi della tradizione poetica che imparavano a memoria interi poemi per
tramandarli. In seguito, questi poemi vengono trascritti.
Le tecniche principali della poesia epica anglosassone sono:
- Il verso allitterativo;
- Il cosiddetto Kenning -> tipo di metafora utilizzata a fini ornamentali e a volte per
enfatizzare l’eroicità della poesia; invece che dite una parola semplice, si usava una
metafora per creare maggiore enfasi;
- I riddle -> indovinelli, enigmi.
Una delle prime poesie anglosassoni che sono arrivate a noi è il canto autobiografico di
uno di questi menestrelli: Widsith è il nome del personaggio, dell’autore e anche il nome
dell’opera.
In anglosassone questa parola dovrebbe significare “viaggiatore verso terre lontane”.
Widsith ci racconta la sua vita e i suoi vagabondaggi attraverso tutto l’intero mondo
germanico e ci racconta di tutti i re a cui ha fatto visita e a cui ha prestato servizio. La
versione originale dovrebbe risalire tra il VII e il VIII secolo. Racconta di aver conosciuto
quasi tutti i principi germanici vissuti in un periodo di 200 anni. Infatti, dal punto di vista
storico non ha nessun valore e nessuna credibilità. Non è realistico e non è
autenticamente autobiografico, ma è interessante come opera di letteratura e
soprattutto colpisce per quest’idea molto universalistica che man mano si perderà.
Widsith distribuisce lodi imparzialmente a tutti i popoli che incontra e per questo,
nonostante da un punto di vista qualitativo è un’opera abbastanza rozza, è motivo di
grande interesse perché ci offre una descrizione di un mondo germanico e dei popoli
barbari.

Beowulf -> unico poema anglosassone famoso, visto che è l’unico che ci è arrivato nella
quasi totale completezza. Poema di oltre 3000 versi e quasi sicuramente composto da
un unico autore che ha raccolto una tradizione orale secolare e risalente alla prima
meta del VIII secolo, è contenuto in un unico manoscritto denominato “Nowell Codex”.
È la storia di Beowulf, eroe dei Geati, che non è un personaggio divino ma che
sicuramente ha una forza sovrumana. Nel corso dell’opera, è chiamato a risolvere
diverse imprese e ad affrontare principalmente tre avversari: Grendel, la madre di
Grendel e un drago.
L’opera può essere divisa in due o tre parti:
- Due parti se guardiamo il tempo in cui si svolge l’azione:
- Tre parti se guardiamo gli avversari.
In questa storia, ambientata tutta in Scandinavia, probabilmente si narrano cose non
accadute realmente ma riferibili a un periodo introno al VI secolo.
Nella prima parte, Beowulf, nipote di Hygelac, re dei geati, fa visita al re dei Dani,
Hrothgar, che gli chiede di uccidere Grendel, un mostro divoratore di uomini che sta
facendo strage tra i suoi guerrieri. Beowulf ferisce Grendel strappandogli un braccio ma
non muore subito, si rifugia nella sua caverna che si trova sotto il mare e probabilmente
muore dissanguato nella sua tana. Essendo riuscito a tornare nella sua tana, la madre
vuole reclamare vendetta. Infatti, il secondo mostro che Beowulf deve affrontare è la
madre di Grendel. Beowulf riesce nell’impresa e uccide la madre di Grendel. Beowulf
torna in patria dai geati ricoperto di onori, glorie e ricchezze.
La seconda parte si svolge oltre 50 anni dopo; ritroviamo un Beowulf invecchiato che
ormai da tempo è diventato il re dei geati e si verifica un problema, questa volta
proprio nel suo regno: un drago, custode di un ricco tesoro, inavvertitamente era stato
disturbato da un incauto soldato di Beowulf e per vendetta aveva cominciare a razziare
il regno dei geati. Beowulf nonostante l’età avanzata, riaffronta anche questo terzo
nemico, ma sebbene riesca ad ucciderlo, viene ferito mortalmente.

Il poema si chiude con il racconto dei funerali di Beowulf. Il corpo del re viene bruciato
su un grande rogo funebre tra i lamenti dei guerrieri. Beowulf è un poema di grande
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valore perché, al di la del fatto che ha un metro allitterativo di grande livello rispetto a
Widsith, colpisce per l’efficacia con cui sono rappresentati i valori delle popolazioni
anglosassoni che sono aspetti fondamentali del temperamento germanico.
Beowulf non è un poema perfetto, infatti ha molte debolezze strutturali: per esempio
non ha unità di tono, ci sono molti sbilanciamenti narrativi tra gli episodi principali e
quelli secondari e non è nemmeno di facile lettura. Ci sono elementi della tradizione
cristiana biblica che servono ad approfondire ed enfatizzare la solennità con gli ideali
eroici, come il riferimento alla creazione del mondo e alla storia di Caino ed Abele.

Ci sono anche molti difetti: è un’opera ancora piuttosto rozza e primitiva; ovviamente
non ha lo spessore epico dell’Iliade e dell’Odissea e nemmeno la raffinatezza
dell’Eneide. Beowulf è l’unico poema completo ma anonimo.

Poesia religiosa
Beda ci racconta nella sua “Historia ecclesiastica gentis Anglorum” di Caedmon, che è il
primo poeta di cui conosciamo il nome.
Trama: Caedmon si sveglia al mattina con il dono del canto poetico e comincia a
cantare e comporre lodi per Dio.
L’unica composizione che è arrivata a noi e che si può attribuire con una certa sicurezza
a Caedmon è una piccola poesia in dialetto di nove versi che ci racconta della creazione
presa dalla storia della Genesi.
Come negli scritti magari si respira un’aria cristiana, anche negli scritti cristiani si
respira un’aria pagana.
Questi personaggi delle sacre scritture hanno i caratteri degli eroi epici (assomigliano
un po’ a Beowulf).

Possiamo dire che tutta la letteratura anglosassone che ci è arrivata, è contenuta in soli
4 manoscritti:
1. The Junius manuscript (Bodleian Library, Oxford University) -> contiene 4 poemi
caedmoniani accompagnati da illustrazioni. I primi 3: Genesis, Exodus e Daniel sono
tratti dall’Antico Testamento, mentre Christ and Satan è una descrizione di Satana
all’Inferno;
2. The Exeter book (Exeter Cathedral Library) -> contiene Widsith e frammenti dei
poemi anglosassoni;
3. The Vercelli book (Biblioteca della cattedrale di Vercelli) -> contiene l’opera di
Cynewulf;
4. The Nowell Codex -> oltre a Beowulf contiene frammenti di prosa e di poesia.

Le opere del Junius Manuscript sono influenzate dalla scuola di Cynewulf. Per la prima
volta si parla di una scuola, cioè di altri poeti di cui non sappiamo nulla.
Cynewulf è il secondo poeta di cui conosciamo il nome. Visse intorno al IX secolo e
sappiamo con certezza il nome perché è il primo autore che firma le sue opere. Di lui
abbiamo 4 opere autobiografiche.
Scrive anche lui opere sacre:
- Christ -> episodi del Vangelo;
- Juliana -> storia del martirio di Santa Juliana;
- Elena -> storia della madre di Costantino, del famoso episodio sulla scoperta della
vera croce di Gesù;
- The Fates of the Apostles -> martirio dei 12 apostoli.
L’opera di Cynewulf è stata talmente importante che da vita a una scuola. L’opera di
Cynewulf era un passo avanti rispetto a Caedmon perché lo stile di Cynewulf mostra
tracce evidenti di un’influenza classica oltre che germanica, mentre Caedmon scrive
opere prettamente di stile germanico. Quindi questi poemi di Cynewulf rivedono una
notevole abilità letteraria, una notevole consapevolezza di sé e anche un tono profondo,
contemplativo.

Fra le sue opere più interessanti di questa scuola, che hanno subito l’influsso del poeta,
ricordiamo:
- The dream of the rood (il sogno della croce) ->è forse il più interessante ed è anche il
più antico poema arrivato fino a noi che abbia la forma del sogno allegorico (sogno
di una visione). In questo caso il poema vede il narratore che racconta di aver avuto
questa visione di questa croce luminosa. A un certo punto questa croce si personifica
ed è lei stessa a narrare in prima persona il sogno. Racconta la sua storia, cioè che
era all’inizio di un albero della foresta, di come viene strappato dalle radici e poi
come viene destinato a essere la croce sulla quale verrà crocifisso Gesù. C’è questa
narrazione che è quasi un monologo. Esprime orrore per il destino che le è stato
assegnato, cioè ad essere strumento di morte, ma al tempo stesso orgoglio per il
destino a lei assegnato, cioè come strumento di redenzione. Quindi è strumento di
morte e di redenzione.

Alfred The Great (849 - 899), re del Wessex nell’871, è molto importante come sovrano
perché è il primo re la cui autorità viene riconosciuta da tutte le tribù. È il primo che
riesce a dare una svolta di unità politica all’Inghilterra. Riesce ad arrestare l’incursione
Vichinga in Inghilterra. È il primo re che contribuisce a conferire alle popolazioni
dell’isola britannica l’idea di appartenenza comune. Ha avuto un ruolo molto importante
anche nella letteratura perché nonostante tutti i problemi molto più concreti che
dovette affrontare nella sua vita, fu il primo re a promuovere la cultura e l’istruzione.
Fece della sua corte un centro di propulsione delle arti. Un fatto molto importante è che
promosse la cultura e l’istruzione, cioè l’alfabetizzazione; quindi si preoccupò del livello
culturale del suo popolo e soprattutto dei giovani e dei bambini, cercando di creare un
sistema di istruzione abbastanza stabile. I popoli anglosassoni avevano con sé una certa
tradizione poetica, ma non possedevano una loro tradizione di prosa letteraria.
Possiamo dire che la storia della prosa inglese si svolge interamente in Inghilterra e
cominciano dopo la cristianizzazione. Un fatto comune a tutte le letterature è che la
prosa si sviluppa dopo la poesia e questo perché un primo impulso alla diffusione
artistica è quasi sempre di natura poetica. La prosa si sviluppa dopo perché servono
ambienti più avanzati: perché si sviluppi, sono necessarie determinate condizioni, cioè
ci vogliono forse delle condizioni politiche e culturali più avanzate.

Prosa inglese
Ha inizio sotto il regno di Re Alfred perché consapevole del fatto che la cultura cristiana
era una sorta di sintesi di tutta la conoscenza di derivazione ebraica, latine e greca e
quindi poteva contenere tutto quello che bisognava conoscere. Per fare questa aveva
bisogno, essendo molto scarsa, la conoscenza del latino, considerata lingua della Chiesa
e della cultura letterale di quel tempo. Per renderla accessibile al maggior numero di
persone possibile, dovette intraprendere una seria di operazioni di traduzioni in lingua
volgare, la lingua utilizzata dal popolo, cioè da quelle poche persone che sapevano
leggere. Alfred comincia di persona a tradurre alcune opere, scegliendo le opere più
recenti, perché pensava, non a torto, fossero una sorta di sintesi di tutta la saggezza
antica. La prima opera tradotta da Alfred fu “Cura Pastoralis” di Papa Gregorio Magno: è
una sorta di manuale sui doveri e le responsabilità dei vescovi (enciclica). Alfred non
scelse a caso quest’opera: infatti, una sua preoccupazione principale è quella
dell’istruzione e quindi anche della formazione degli insegnanti che, secondo Alfred,
dovevano essere ecclesiastici, cioè uomini di Chiesa.
Altre traduzioni di Re Alfred:
- Histories against the Pagans -> scritta agli inizi del 400
- Ecclesiastical History of the English People -> originale in latino scritta da Beda
- Consolation of philosophy
- I Soliloquia di Sant’Agostino
Oltre a queste opere, Alfred fa anche altre cose: per esempio traduce dei passi della
Bibbia (è un fatto moto importante perché prima non si potevano tradurre le sacre
scritture). La cosa più importante che fa Alfred oltre alle traduzioni è quella di
inaugurare la compilazione delle “Cronache Anglosassoni” (Anglosaxon Chronicles) che
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sono degli annali, cioè narrazioni anno per anno dei principali avvenimenti inglesi; è
preceduta da un sommario della storia inglese dall’invasione di Giulio Cesare fino alla
metà del V secolo. Quest’opera continua ad essere aggiornata fino al 1154. È un
documento molto importante perché anno per anno vediamo il progressivo mutare
della lingua che passa gradualmente dall’anglosassone (Old English) ad un inglese
molto vicino a quello moderno, cioè l’inglese dell’età di mezzo (Middle English).
Altri scrittori anglosassoni di un certo rilievo furono:
- Elfric of Eysham -> autore di sermoni e qualche traduzione dell’Antico Testamento;
- Wulfstan -> scrive “Sermo Lupi ad anglos” e parla di questi lupi, che sono gli invasori
danesi, che continuano a tormentare la Britannia. È una sorta di lamento per le
devastazioni. Sia Elfric che Wulfstan sono portatori della riforma benedettina, che ha
conseguenza sulle arti e sulla letteratura.
Molto più importante è un altro avvenimento storico che come tutti gli avvenimenti
storici influisce sulla storia della letteratura: è la cosiddetta invasione normanna (14
ottobre 1066 -> battaglia di Hastings), popolo di origine scandinava, ma che si erano da
tempo stanziati sulle coste francesi e avevano un po’ mutato la loro identità e le loro
caratteristiche.

middle - English
Nel 1066 ci fu la Battaglia di Hastings, più precisamente di William il Conquistatore sulle
truppe di re Harold. Questo avvenimento cambia tutto sull’isola britannica e infatti viene
completamente riorganizzata, sia da un punto di vista politici che da un punto di vista
sociale. I normanni operano principalmente una centralizzazione del nuovo stato, che
ha le caratteristiche di un nuovo rigido sistema feudale molto centralizzato,
diversamente da prima gli anglosassoni erano caratterizzati da una certa autonomia.
Cambia tutto: il re diventa padrone assoluto di tutte le terre e concede parte delle sue
terre a baroni, vassalli ecc. in cambio della loro obbedienza e della loro lealtà. A volte i
baroni si affidavano ai cavalieri per la protezione delle loro terre. Era un sistema feudale
che escludeva dalla scala sociale i contadini, chiamati servi della gleba, contadini legati
alla terra e privi di qualsiasi diritto.
Solo dal 1200, con Enrico III, si può parlare di un sovrano normanno diventato re inglese,
perché prima stavano in Francia.

Questo avvenimento ha degli effetti importanti sulla lingua e di conseguenza anche


sulla letteratura inglese. Dopo la conquista normanna e il suo consolidarsi, l’Inghilterra si
ritrova governata da una classe dominante e diligente di lingua francese e per alcuni
decenni l’inglese viene relegato nelle classi intermedie, cioè lo parlavano solamente le
classi più basse. Nel 1300 l’inglese avrebbe avuto la meglio sul francese come lingua
colta e letteraria, ma il francese lasciò le sue tracce profonde per quanto riguarda il
lessico, i vocaboli e la grammatica.

Per quanto riguarda la letteratura, l’influenza principale della lingua e della letteratura
francese su quella inglese è la rima. Non esisteva per gli anglosassoni che ricorrevano al
verso allitterativo per creare musicalità nella poesia, per tramandare oralmente le
poesie. Il verso allitterativo lascia il posto al metro rimato francese, anche se poi questa
tendenza all’allitterazione inglese tornerà più volte e ogni tanto riemerge nella storia
della letteratura inglese. Una volta consolidati questi mutamenti avremo una nuova
lingua molto diversa rispetto all’anglosassone che sarà chiamato Middle English,
l’inglese di mezzo.

È una lingua molto diversa rispetto all’anglosassone, molto più vicina all’inglese attuale.
Costretta a regredire e a ritirarsi negli ambienti più popolari, la letteratura cominciò una
lenta risalita e acquistò gradualmente un’eleganza che le permisero di competere con
quella francese. Alla fine, risulterà una lingua e una letteratura di livello continentale,
cioè una lingua e una letteratura che grazie a poeti come Chaucer riusciranno a
competere con tutte le altre lingue europee. Grazie alla letteratura francese la prosa
promossa da Alfred torna in secondi piano a favore della poesia. Il Middle English
all’inizio era ben lontano dall’essere una lingua unitaria: era un gran numero di dialetti
molto diversi tra di loro.
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Se con Alfred, nonostante l’autonomia delle realtà locali, si era creata una certa
centralità per quanto riguarda il Wessex e di conseguenza il dialetto di quella
particolare zona si era affermato sugli altri il Middle English e con l’invasione normanna
anche questo primato del Wessex perse prestigio. Alla fine, quando l’inglese stava
riconquistando gradualmente la sua importanza, prevale il dialetto nei dintorni di
Londra, che era ormai divenuta la città principale dell’Inghilterra. Man mano l’inglese
torna ad affermarsi come lingua ufficiale.

1362 -> inglese torna come lingua ufficiale anche nei tribunali
1385 -> inglese diventa lingua ufficiale nelle scuole

L’invasione normanna porta l’Inghilterra ad essere a contatto con le principali correnti


culturali, principali mutamenti letterali, conosce i più importanti autori francesi perché
Italia e Francia erano le culture di riferimento all’epoca. Nello stesso tempo si corre il
rischio di perdere la produzione in lingua anglosassone di quel periodo. Infatti, sono
molto pochi i documenti in lingua anglosassone dopo l’invasione normanna che sono
arrivati fino a noi, ma non hanno alcun valore letterario. Il Middle English riesce a
salvarsi quando ingloba alcuni elementi della letteratura francese (rima per esempio).
Alla fine, riusciranno a ottenere i risultati in una lingua completamente nuova e a
produrre opere letterarie più raffinare rispetto a quelle dei loro predecessori. Il motivo
per cui l’inglese riesce a sopravvivere è proprio grazie alla scarsa conoscenza del
latino. In realtà questo fenomeno era stato diffuso in altre tradizioni, in altre culture e a
promuovere lo sviluppo della letteratura in volgare è proprio l’ignoranza della lingua
alta. È uno dei motivi per la prosa letteraria anglosassone grazie ad Alfred si ritroverà
ad essere una delle più progredite in Europa.
Non sarebbe stato così così se in qualche modo le invasioni avvenute nell’isola
britannica dopo la conquista romana non avessero causato la decadenza della lingua
latina. Quando arrivarono i normanni cercarono di integrare il latino in ambito religioso,
facendo una riforma ecclesiastica che impongono il latino come lingua delle opere
didattiche, orali e religiose a scapito della prosa volgare.
Ci sono infatti delle opere in latino abbastanza interessanti; l’unica che ricordiamo è
quella di Goffredo di Monmouth, Historia regum Britanniae: è un’opera di circa 1500
versi, decisiva ai fini della diffusione arturiana, come per esempio la storia di Ginevra.

In merito di questa sopravvivenza della prosa della lingua inglese, lingua ancora di tipo
anglosassone, riesce in qualche modo a salvarsi grazie ad alcuni scritti religiosi.

John Wycliffe è il primo che traduce integralmente la Bibbia in inglese, cioè la prima
traduzione in lingua volgare.
Grazie all’influenza francese e all’invasione normanna, si affermerà il romanzo
cavalleresco. È un genere molto più leggero e di intrattenimento. Non si prende molto
sul serio a differenza della poesia epica e fa molto più riferimento all’elemento
soprannaturale; infatti, c’è molta fantasia nella narrazione. Il modello di questo romanzo
è quello della “Chanson de Geste”, la più nota delle quali è la “Chanson de Roland”.
Erano dei brevi poemi che narravano le avventure e disavventure di personaggi
puramente inventati, cavalieri immaginari.
L’elemento che caratterizza il romanzo cavalleresco rispetto alla poesia epica è un
maggiore influsso del soprannaturale. Nella poesia epica il soprannaturale serve per
enfatizzare il personaggio, mentre nel romanzo cavalleresco il soprannaturale a volte è
un elemento caratterizzante insieme all’amore.
La poesia epica anglosassone è tipicamente maschile, c’è l’amicizia virile e le donne
quasi non esistono; nel romanzo cavalleresco, invece, non solo le donne esistono, ma
sono determinanti. I romanzi cavallereschi medievali vengono divisi in 3 categorie a
seconda degli argomenti trattati, più una quarta:

- Materia di Francia-> hanno come oggetto le vicende di Carlo Magno e dei suoi
cavalieri/paladini. Sono storie ambientate nella corte continentale. La maggior parte
delle vicende sono avvenute in Francia, quindi ci sono pochissime opere ben
comprensibili riguardanti la materia di Francia;

- Materia di Bretagna -> raccoglie tutti quei romanzi che andranno a formare il ciclo
arturiano*, tutte le storie che compongono il mito di Artù. È quella più importante. Ci
sono romanzi che trattano tutta la vita di Artù, romanzi che trattano della giovinezza
di Artù; infine ci sono tutta una serie di opere che raccontano la storia degli altri
cavalieri. I contenuti principali sono: avventure di re Artù, avventure di Galvano,
avventure di Lancillotto, avventure della ricerca del sacro Graal e la leggenda di
Parsival;

- Materia di Roma -> prende spunto con molta libertà e fantasia da storie di origine
classica, o comunque storie originali ma ambientate nel mondo classico, quindi il
mondo dei poemi omerici, dell’Eneide, tutto ciò che è latino e greco. Non c’è molto
materiale su questa materia. Si può ricordare “The Gest Historae of the Destruction of
Troy”.

A queste 3 si aggiunge:

- Materia d’Inghilterra -> narra la storia inglese. Narra del periodo delle invasioni
danesi e delle continue invasioni vichinghe sull’isola britannica. C’è una sensibilità ben
diversa e non possono essere definiti romanzi cavallereschi perché mancavano di
quegli elementi che sono caratterizzanti del romanzo cavalleresco (elemento
amoroso e il tema soprannaturale). Sono romanzi in cui prevale ancora l’eroismo,
l’azione.

Per comprendere il significato di questo nuovo genere, bisogna parlare della nuova
concezione dell’amore che emerge dai romanzi cavallereschi. Tutta la poesia ruoterà
intorno al concetto dell’amor cortese -> porta una nuova concezione del rapporto tra
uomo e donna, che come si è visto Beowulf, la donna non esisteva; in altri casi l’amore
era esclusivamente considerato a livello di attrazione fisica gli eroi di una volta non
passavano molto tempo a pensare alla moglie, tante volte l’amore lo rivolgevano a
persone dello stesso sesso. Il concetto di amicizia virile era qualcosa di più simile
all’amore rispetto a quello che provavano per la moglie. Oppure l’amore come malattia:
nel medioevo un uomo innamorato era considerato disturbato.

Invece la novità di questa concezione è per la prima volta nella poesia dei trovatori. Nel
romanzo cavalleresco, la concezione dell’amore è vista come devozione, come servizio:
un cavaliere sceglierà una donna e a quella donna dedicherà la sua esistenza, supererà
qualunque prova, avrà un’unica ossessione, cioè la sua dama e per lei avrà un rispetto,
un’adorazione che sfiora il sentimento religioso. Non importa se la dama non
corrisponde l’amore perché al cavaliere è sufficiente amare e non importa essere
contraccambiato. Deve essere fedele a questa dama, a discapito di tutto ciò che
succede. La dama che il cavaliere sceglie non è la moglie e infatti l’amore coniugale è
molto lontano dall’amore cavalleresco.
Si può affermare che l’amor cortese è la negazione dell’amor coniugale.
Ha avuto molta opposizione in ambienti ecclesiastici perché in qualche modo
idealizzava l’adulterio visto che molto spesso queste dame erano sposate. Il cavaliere
non si pone minimamente il problema se la dama è sposata.
Il marito non rappresenta un rivale per il cavaliere, mentre il vero rivale è chi come lui
vuole diventare amante di questa dama.
Si aggiunge, inoltre, una serie di doveri che compongono il codice cavalleresco che per
estensione porta il cavaliere a correre in aiuto di qualsiasi donna in pericolo.
La dama che il cavaliere sceglie deve servirla per tutta la vita, anche se non è amore
corrisposto.

*L’opera più notevole del ciclo arturiano è Sir Gawain and the Green Knight -> è
contenuta in un manoscritto insieme ad altri 3 poemi: Pearl, Patience and Cleanness. È
composta da circa 2500 versi e risale all’ultimo quarto del Trecento. Non sappiamo
l’autore. È divisa in 4 parti e presenta 3 dimensioni temporali:
- Mitologica -> riferimenti ad Artù e alla mitologia classica;
- Ciclica -> susseguirsi delle stagioni e delle ricorrenze ecclesiastiche;
- Quotidiana -> attività del giorno e la notte.
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Trama: In questo racconto Galvano accetta la sfida lanciata da un misterioso cavaliere


completamente verde nei capelli, vestiti e pelle. Il Cavaliere Verde dichiara che
permetterà a chiunque di infliggergli un colpo di ascia senza che esso si difenda se egli
stesso potrà restituire il colpo esattamente dopo un anno e un giorno. Gawain accetta la
sfida e con un sol colpo decapita lo sfidante, questi non muore ma raccoglie la sua
testa, balza a cavallo e ricorda a Galvano che gli deve soddisfazione alla data
concordata. La storia di Sir Galvano, impegnato nell'avventuroso viaggio per
raggiungere il luogo prescelto dove riceverà il colpo, dimostra il suo spirito di cavalleria
e lealtà.
Combina 2 motivi letterari: sfida della decapitazione e motivo della tentazione a cui il
cavaliere deve resistere.
La lingua che viene usata è un dialetto settentrionale -> opera scritta lontana dalla corte
di Londra.
La figura del Green Knight risale a una figura molto antica del folclore inglese, legata
alla natura. Galvano è il cavaliere degli ideali dei valori cristiani, pronto a rischiare la
sua vita.
Il sistema metrico è complesso: stanze variabili in lunghezza composte da versi
allitterativi non rimati, seguite da cinque versi brevi rimati e allitterativi. Il primo di
questi versi, chiamato bob, è il più breve e rima col secondo e col quarto, mentre i
seguenti, chiamati wheel, seguono lo schema BABA:

Ci vuole una notevole abilità tecnica ed è l’unico che lo usa.Il romanzo cavalleresco è il
genere più importante che viene importato dai normanni.
Dalla Francia, oltre al romanzo cavalleresco, giunsero altri generi. Questi generi li
ritroviamo tutti nelle novelle di Chaucer; sono di origine continentale importati dai
normanni con la loro invasione.

- Fablieaux -> poesie molto brevi anche di pochi versi. Sono molto diverse dal romanzo
cavalleresco: c’è una visione dell’amore completamente diversa e sembra quasi la
risposta popolare ai romanzi cavallereschi. Una narrazione molto scurrile e oscena.
Visto che il romanzo cavalleresco era pensato per l’intrattenimento delle classi
aristocratiche, il fablieaux si diverte a prendere in giro queste classi e ci mostra una
visione dell’amore molto terra terra. Non ci sono gli ideali cortesi dell’amore, ma si
parla principalmente di adulterio, un amore molto sensuale e fisico senza tanti
fronzoli. Esempio: “Dame Sirith” unico fablieaux inglese sopravvissuto.

- Favola -> si intende esclusivamente le storie che hanno per protagonisti gli animali
antropomorfi. Esempio: “The fox and the wolf”.

- Bestiario -> sempre con protagonisti gli animali. È di antichissima origine; si diverte a
fare paralleli tra i difetti degli uomini e le caratteristiche degli animali. Sono sempre
correlati da un’interpretazione morale, cioè avvertimenti al lettore: su come devono

comportarsi, sul non seguire l’esempio di chi racconta le storie. Il fine è quello di
educare.

Altri generi di origine francese diffusi nel Medioevo in Inghilterra:


- Carole -> è una sorta di ballata/canzone che aveva come caratteristica il fatto che
c’erano delle parti cantate da un solista, delle parti in cui si aggiunge il coro e
prevedeva anche una di balli.

- Il componimento poetico di argomento politico


- La lirica religiosa -> spesso composta con un misto di inglese e latino
- Allegoria -> il concetto di narrazione allegorica sarà centrale per tutta la prima fase
della poesia inglese. Sono racconti che hanno valore simbolico. Si racconta una storia,
ma in realtà se ne vuole raccontare un’altra. È presente un utilizzo di immagini
concrete per definire quantità astratte). Un esempio è “The Pearl”: è il primo esempio
di sogno allegorico nella quale viene descritto un sogno da parte del poeta, che è
narratore del suo stesso sogno, dove questo sogno ha una serie di significati che al
lettore moderno o al lettore che non ha una preparazione teologica questi significati
sfuggono. Il poeta ha perso la figlioletta molto piccola e fa un sogno che è pieno di
simboli e di immagini religiose. Il poeta cerca questa perla immacolata, cioè la figlia
morta. La narrazione comincia con il sogno: si ritrova in una terra meravigliosa, una
sorta di paradiso terrestre (forse è proprio il paradiso) e si ritrova su questo fiume e
dall’altra parte vede una città ancora più bella, il vero paradiso. Dalla riva opposta
vede la sua bambina che prende la parola e racconta la vita nella nuova
Gerusalemme. Ovviamente il poeta vorrebbe raggiungerla, ma lei dice che questo
non è possibile perché in seguito al peccato originale, il peccato di Adamo ed Eva,
quel fiume può essere attraversato solamente dopo la morte. È lo spunto per questa
bambina di parlare di tutte le vie possibili per raggiungere la salvezza, cioè
raggiungere la redenzione. Alla fine, diventa un trattato teologico vero e proprio. Il
poeta si ritrova dove si era addormentato e c’è questo sentimento molto combattuto
del poeta che da una parte è molto triste per non aver potuto raggiungere la terra
che cercava, mentre dall’altra parte ha una serena rassegnazione di voler accettare la
volontà di Dio. È un poema di grande valore formale nell’uso delle rime, cioè dello
schema delle rime, e soprattutto di grande intensità emotiva. È molto più convincente
di tanti romanzi cavallereschi.

- Ballata -> importante per lo sviluppo di un altro mito tipicamente inglese che è Robin
Hood (eventi storici velati di leggenda). È un genere popolare e per tradizione ha
come tema l’amore, la vendetta. Si diffonde in modo particolare in Scozia.

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Geoffrey Chaucer (1343 - 1400)


Fu il primo poeta a dare, prima alla lingua e poi al metro, quella ricchezza, quella
flessibilità e quell’eleganza tramite le quali si poteva portare la letteratura inglese sullo
stesso livello delle altre lingue europee, visto che la storia cella letteratura inglese parte
molto in ritardo rispetto alle altre letterature.
Con Chaucer, il Middle English raggiunse la sua massima espressione. Riesce a
sintetizzare e a fondere le influenze estere con una forte identità, una forte conoscenza
della propria identità nazionale.
Chaucer è talmente avanti rispetto ai suoi contemporanei che nessuno riesce a
proseguire sul sul cammino,
Infatti, il middle English raggiunge il culmine e si esaurisce con Chaucer.
Chaucer nasce a Londra nel 1343 e muore nel 1400. Della sua infanzia non si sa molto. I
primi documenti che riguardano Chaucer li abbiamo soltanto nel 1357 quando diventa
paggio della contessa dell’Ulster.
A 16 anni entra a far parte dell’esercito inglese e nel 1359 viene fatto prigioniero durante
un assedio in Francia e liberato pagando una somma di denaro. Questo ci fa capire che
già a quel tempo era considerato importante.

Nel 1366 sposa Philippa Roet dalla quale ebbe almeno 3 o 4 figli. Come tutti i poeti di
quel periodo, anche lui aveva un lavoro presso la corte e svolgeva diversa mansioni
anche molto importanti. Fu mandato molto spesso all’estero (Francia e Italia) e grazie a
ciò riesci a venire a contatto con la letteratura di quei paesi. Sappiamo che ha fatto
almeno 3 viaggi lunghi importanti in Italia. I viaggi in Italia saranno sempre importanti
perché prende molto spunto dalla letteratura italiana, come per esempio nel
“Decameron” di Boccaccio. Il primo avvenne nel 1368, perché invitato a un matrimonio a
Milano insieme a Petrarca e a uno storico francese, Fruissant.
In questi anni in cui lavora a corte scrive tutte le sue opere principali e continua la sua
carriera diplomatica con incarichi sempre più importanti.
Muore nel 1400 e viene sepolto nell’Abbazia di Westminster ed è il primo di tanti poeti
che verranno sepolti lì.
La carriera di Chaucer viene tradizionalmente suddivisa in 3 fasi di influenza:

- Prima fase influenzata dalla letteratura francese;


- Seconda fare dove predomina l’influenza italiana;
- Terza fase, quella del “Canterbury Tales” in cui sintetizza tutto per dar vita a un’opera
veramente inglese.

Chaucer fin dall’inizio della sua attività impara a conoscere bene tutta la poesia di
stampo cortese, sicuramente molti dei romanzi cavallereschi precedenti e tutto ciò che
rappresenta la prima fase.
La seconda fase è rappresentata dai viaggi in Italia, che gli permettono di conoscere le
opere di Dante, Petrarca e Boccaccio. Questi autori permettono a Chaucer di assimilare
un tipo di letteratura più profonda e più intensa. La cosa importante è che si rende
conto che è possibile scrivere in volgare, quindi delle opere che per qualità e intensità
non avessero niente da invidiare e non fossero per niente inferiori ai classici latini e
greci.
L’ultima fase, cioè quella inglese, è quella in cui Chaucer raccoglie ciò che ha seminato
e quindi riesce a conferire alla lingua inglese la migliore estensione possibile.

La prima opera importante scritta da Chaucer è “The Book of Duchess”, poema che
rientra nella categoria del sogno allegorico. Viene iscritto intorno al 1370 in
un’occasione particolare -> la morte della duchessa di Lancaster.
Ci racconta che il poeta sta leggendo Ovidio, si addormenta durante la lettura e fa un
sogno: sogna di incontrare un cavaliere vestito di nero a causa della morte dell’amata.
Fino alla fine Chaucer non capisce che la morte della donna amata, di cui il cavaliere
inizia a raccontare tutta la loro storia, è la ragione attuale per il dolore del cavaliere.
In tutte le sue opere di descrive ottuso, perché viole che la storia si svolga da sé.

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“Anelide e Arcite” -> seconda opera e molto influenzata dalla Teseida di Boccaccio;
infatti, viene considerata poco più che un’imitazione.
È poco considerata dagli studiosi di Chaucer, ma in realtà ha molta importanza perché
è quella che segna il passaggio dalla prima alla seconda fase, cioè il passaggio da una
poesia attualmente influenzata dalla letteratura francese, ovvero da quei momenti
raffinati, a una letteratura più meditativa, più seria di stampo italiano.

“The House of Fame” -> è forse l’opera più importante dopo i “Canterbury Tales”. Scritta
nel 1379-80, è un lungo poema diviso in 3 sezioni ed è un sogno allegorico.
È molto forte ed evidente l’influenza dell Divina Commedia, oltre che l’influenza di
Ovidio e Virgilio. Anche qui ci descrive un sogno:

- Libro I -> ci racconta di ritrovarsi in una specie di tempio fatto tutto di cristallo e su
ogni parete è iscritta la storia dell’ “Eneide” di Virgilio, in particolare Chaucer si
sofferma a descrivere la storia di Enea e Didone. Riesce con grande capacità di sintesi
a raccontare nuovamente questa storia a modo suo e in un breve spazio di pochi
versi;

- Libro II -> ci racconta come il poeta sempre in questo sogno viene rapito da un’aquila
dorata che lo porta a questa House of Fame;

- Libro III -> ci racconta dell’ardua salita verso questa casa. Man mano che sale verso
questa “casa della fama” vede inciso sulle pietre di ghiaccio il nome di persone più o
meno famose. Alcune di queste scritte sono cancellate perché il sole le ha sciolte e
questi sono coloro la cui fama è stata effimera, non è stata durevole; continuando il
cammino verso questa casa trova inciso su queste pietre i nomi di personaggi antichi,
i cui nomi sono integri e perfettamente leggibili e sono quelli che hanno raggiunto la
fama eterna. All’ingresso di questa casa si affollano tutte le anime degli uomini che
chiedono disperatamente di essere ricordate dai posteri. Aspirano a entrare nella
“House of Fame”. Queste anime a volte vengono respinte, mentre a volte il loro
desiderio esaudito a seconda di come si sono comportati nella loro vita terrena.

“The Parlement of Foules” -> è un altro sogno allegorico ed è molto più complesso nello
stile e nella struttura rispetto alle opere precedenti. È più complesso nello stile perché
per la prima volta Chaucer utilizza un verso molto difficile -> strofa reale.
Inoltre Chaucer affronta il tema dell’esperienza e dell’autorità.
Da una parte l’osservazione personale, diretta e dall’altra l’autorità deriva dagli antichi
percepito dai libri.
L’osservazione diretta e l’eredità percepita dagli antichi sono le due fonti principali della
sapienza umana e la capacità di comprendere gli uomini è data dall’uso che gli uomini
sanno fare di queste due fonti di sapienza. È un sogno nello stile della divina commedia
perché è una specie di viaggio come quello di Dante in cui il poeta, che è quasi sempre
il protagonista, viene accompagnato da Scipione.
Questo avviene perché lui prima di addormentarsi stava leggendo “Il sogno di
Scipione”, un libro di Cicerone. Si ritrova in questo giardino pieno di uccelli e di
personaggi allegorici, cioè persone che rappresentano delle qualità, quindi non sono
uomini (qualità come il piacere, la gentilezza). Questo è il giorno di San Valentino ed è
con Chaucer che nasce la tradizione di questo giorno perché ci racconta che gli uccelli
si sono ritrovati in questo giardino per trovare la propria compagna e perciò San
Valentino deriva come giorno degli innamorati. Oltre che un’occasione per trovare la
propria compagna è anche un’occasione per questi uccelli per riprendere su argomenti
di vario tipo, come per esempio argomenti politici, letterari e di critica.

“Troilus and Criseyde” -> è forse l’opera più raffinata di Chaucer. È la rielaborazione del
Filostrato di Boccaccio. Da due personaggi secondari dell’Iliade, Troilo e Criseide
divengono protagonisti di una storia d’amore nel medioevo grazie a quelle opere
appartenenti alla materia di Roma, da cui Boccaccio prende spunto per questi due
personaggi. Infatti in questa storia Troilo non ha più niente a che fare con il
personaggio originario dell’Iliade. La cosa più importante di questo romanzo è
l’importanza che viene data al personaggio femminile di Criseide, che diventerà la
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protagonista dell’opera (nella letteratura epica le donne non erano presenti, nel
romanzo cavalleresco erano importanti, ma mai da diventare protagoniste. È il primo
personaggio femminile descritto in modo veramente completo. Il poema tratta della
storia di Troilo e Criseide. Troilo è innamorato di Criseide, i due passano una notte
d’amore insieme, ma poi sono costretti a separarsi. Il momento della separazione è
particolarmente drammatico. In seguito Criseide viene fatta prigioniera dai Greci e per
convenzione diventa l’amante di uno dei due guerrieri greci.
La storia si conclude con Troilo che, perso nel suo amore, non ha più nulla d perdere;
diventa spregiudicato in battaglia e finirà per sfidare Achille e ovviamente farò una
brutta fine. Quest’opera fa riflettere sull’influenza delle scelte che uno fa e l’equilibrio
rispetto all’influenza del destino, un fato che è descritto attraverso l’immagine efficace
della ruota della fortuna.
Questo poema è caratterizzato dall’equilibrio tra il fato, simboleggiato dalla ruota della
fortuna e il libero arbitrio.
Il poema ha una conclusione di tono morale - religioso che invita il lettore a rivolgersi
dall’amore umano all’amore divino, parafrasando un canto del Paradiso dantesco.

“The legend of Good Women” -> anche questa è una visione. Chaucer è uno degli autori
dell’epoca molto attento al personaggio femminile. Quest’opera è una rassegna di
personaggi femminili della storia della mitologia che si sono distinte per essere fedeli.
Ci sono vari personaggi: Cleopatra, Thisbe, Lucrezia, Arianna, Filomena…
Le fonti sono principalmente classiche: Omero, Ovidio, Virgilio.

“The Canterbury Tales” -> è la storia di un gruppo di pellegrini. Il progetto originale di


Chaucer era quella di far raccontare due novelle all’andata e due novelle al ritorno a
ciascun pellegrino della compagnia che avrebbe portato più o meno a ottenere 120
novelle.
In realtà le novelle complete sono solamente 22 e in più ci sono i frammenti di altre.
Viene scritta tra il 1386 e il 1393.
Nella realtà molte delle cose che troviamo scritte in queste novelle probabilmente erano
state scritte da Chaucer molto tempo prima. È una raccolta di novelle scritte sul modello
del “Decameron” di Boccaccio. La cornice di questi “Canterbury Tales” è questo gruppo
di pellegrini che più o meno per caso si ritrova insieme.
Il narratore dice di trovarsi in una caverna nei pressi di Londra a Southwark (attuale
sobborgo di Londra). Tutti questi pellegrini sono diretti a Canterbury, alla cattedrale,
dove sono custodite le spoglie mortali di San Thomas Becket. Era considerato un
martire della chiesa inglese e quindi questi pellegrini sono diretti alla sua tomba per
rendergli omaggio.
Chaucer ha l’idea di riunire tutte le classi sociali presenti in Inghilterra all’epoca, fatta
eccezione per le più alte e le più basse, i nobili e i servi della gleba. Li riunisce a tavola
perché pensa che a tavola ci sia uno spirito che porta per tradizione a parlare
liberamente.
È il primo autore che mescola liberamente il comico e il tragico, che secondo le regole
classiche non era consentito.
Si ha anche una mescolanza di linguaggio antico e linguaggio basso.
C’è quindi una mescolanza tra tragico e comico, tra storie raccontate con un linguaggio
e uno stile aulico insieme ad altre molto popolari.
Il narratore dice espressamente che vorrà registrare le parole dei pellegrini per quanto
grossolanamente parlassero.

Il racconto comincia con un prologo generale nel quale i pellegrini, che rappresentano
ognuno una classe sociale, vengono descritti uno a uno con molta ironia (a volte
un’ironia abbastanza cattiva). Chaucer fa sempre la sua parte, cioè quella del narratore
un po’ ottuso e un po’ ingenuo, che non capisce subito al volo le cose. Solamente due
figure si sottraggono all’ironia dell’autore: quella del cavaliere, Nant, e il povero parroco
di campagna; probabilmente si sottraggono questi due personaggi perché si tratta di
due figure anacronistiche in una società in rapida evoluzione, in rapido progresso e
forse Chaucer vede con nostalgia queste due figure del cavaliere e del parroco di
campagna che secondo lui credono ancora agli ideali che si stavano perdendo. Un’altra
cosa importante è che le novelle del “Canterbury Tales” ci offrono un campionario
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completo di tutti i generi letterari dell’epoca importati dalla Francia li ritroviamo nei
“Canterbury Tales”.

Troveremo:

- Romanzo cortese (Knight’s tale);


- Fablieaux (Miller’s tale);
- Lai Bretone (Franklin’s tale);
- Leggende dei santi (Prioress’s tale);
- Exemplum (Pardoner’s tale);
- Favola animalesca (Nun’s Priest’t tale);
- Sermone (Parson’s tale).

STRUTTURA DELL’OPERA

- FRAGMENT A General Prologue, Knight, Miller, Reeve, Cook


- FRAGMENT B Sergeant of the Law
- FRAGMENT D Wife of Bath, Friar, Summoner
- FRAGMENT E Clerk, Merchant
- FRAGMENT F Squire, Franklin
- FRAGMENT C Physician, Pardoner
- FRAGMENT B2 Shimpman, Prioress, Sir Thopas, Melibee, Monk, Nun’s Priorest
- FRAGMENT G Second Nun, Canon’s Yeoman
- FRAGMENT H Manciple
- FRAGMENT X Parson

PROLOGO GENERALE

Chaucer descrive i pellegrini e sofferma su tre cose in particolare: la condizione sociale


(il loro lavoro), gli abiti che indossano e l’aspetto fisico (ma non per tutti). L’abilità di
descrivere i personaggi inaugura una tradizione che sarà tutta inglese -> sarà poi una
dote particolare dei più grandi autori inglesi, a partire da Shakespeare fino ad arrivare
a Dickens.
Il primo personaggio che incontriamo è l’oste che, dopo che Chaucer ha descritto tutti i
personaggi è il primo a prendere la parola e si autonomina capo di questa compagnia
di pellegrini. È proprio lui che propone la gara di novelle: ogni pellegrino dovrà
raccontare quattro novelle (due all’andata e due al ritorno) e al vincitore, cioè chi
racconta la novella più bella, verrà offerta una cena al Tabard’s Inn dagli altri pellegrini.
Alla fine si comporranno 22 novelle più qualche frammento, rispetto alle 120 pensate
dall’autore in partenza. Ci sono inoltre due novelle scritte direttamente da Chaucer.
Durante il viaggio ai 29 pellegrini iniziali si uniranno altri due personaggi, un canonico e
il suo valletto, ma in realtà il canonico scapperà dalla compagnia e rimarrà solamente il
valletto.

Questi 20/30 personaggi rappresentano una società. C’erano due condizioni essenziali:
essere uomini liberi e il fatto di avere un mestiere, cioè di appartenere a una
determinata classe sociale. Visto che erano escluse le due estremità in questo gruppo,
era presente solamente la fascia intermedia.

Chaucer usa diversi stili e diversi metri, ma il metro prevalente è il DISTICO – EROICO,
una coppia di versi (PENTAMETRI GIAMBICI).

L’umorismo di Chaucer è un umorismo da una parte ironico, si prende un po’ gioco di


tutti, e dall’altra parte uno sguardo particolarmente umano. Questi pellegrini offrono a
Chaucer l’occasione di affrontare vari temi.
Questi attacchi alla Chiesa da parte di Chaucer sono addolciti e temperati dal fatto che
questi personaggi sono abbastanza simpatici e divertenti, quindi Chaucer non ce li fa
odiare.
-> Emerge che Chaucer è divertito e incuriosito da questi personaggi: prende atto delle
debolezze umane e lui stesso si inserisce nella società.

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RAPIDA PANORAMICA SU ALCUNE NOVELLE

Knight è un rifacimento della “Teseida” di Boccaccio. Presenta la situazione tipica di


un triangolo amoroso. È un racconto breve senza grandi pretese che però denota
l’abilità narrativa di Chaucer: non c’è una grande descrizione dei personaggi e
nemmeno una grande profondità psicologica.

Miller -> racconto del mugnaio. Si tratta di un fablieaux molto grossolano in cui c’è la
storia del falegname che viene tradito dalla moglie che va con lo studente bello e
furbo.

Pardoner -> colui che vendeva indulgenze, cioè dei ciarlatani che andavano in giro
dicendo di avere le bolle papali con le quali loro potevano dare l’assoluzione completa
di questi peccati in cambio di denaro. Questo indulgenziere racconta la storia di 3
allegri compagnoni che pensavano ad andare a divertirsi con le donne e per gioco si
mettono in cerca della morte; senza saperlo inconsapevolmente questa morte la
incontrano sotto forma di mucchio di denaro per la quale si uccidono a vicenda.

Prioress -> storia di un santo minore ucciso nel quartiere ebreo per aver cantato un
inno alla Vergine.

Nun’s Priest -> è la più famosa delle novelle ed è forse la più perfetta dal punto di
vista formale. È la storia di una favola con protagonisti animali con caratteristiche
umane. Il protagonista è un gallo molto orgoglioso di se stesso, ha 7 galline a sua
disposizione ma ha la sua preferita con la quale rappresa le dinamiche del rapporto
coniugale. Questo gallo sogna che un animale, che non sa identificare (volpe), si
avvina al pollaio per ucciderlo. Lo racconta alla sua gallina preferita che lo prende in
giro, offendendolo. Il gallo risponde raccontando tutta una serie di casi presi dalla
letteratura in cui i sogni si sono rilevati premonitori. La volpe arriverà davvero,
rapendo il gallo perché cede all’adulazione. Il gallo però, si dimostrerà furbo dicendo
alla volpe di girarsi e riesce a scappare. -> Morale: cedere all’adulazione porta a dei
risultati negativi.

Nel prologo generale ci fa una descrizione di una scena di rinascita.

THE WIFE OF BATH’S TALE

Questa novella è nota per il suo prologo, lungo oltre il doppia della novella. In questo
lungo prologo, la comare di Bath ci racconta molto di sé e offre molti indizi su come era
la condizione della donna nel Medioevo.
Tra tutti i pellegrini è quella meglio descritta: è una donna molto decisa e determinata,
sensuale, cioè ha una concezione dell’amore molto fisica, senza tanti fronzoli. Fa parte
delle novelle matrimoniali.

Nel prologo spiega che se non ci fosse altra autorità al mondo, a lei basterebbe
l’esperienza per dire quanti guai ci sono nel matrimonio.
Procede raccontandoci di aver avuto cinque mariti, 4 seppelliti e uno attuale.
Lei cercava sempre di dominarli e di avere il dominio nel rapporto coniugale.

Capiamo che è una donna benestante soprattutto dalla descrizione che Chaucer fa dei
suoi abiti: vestiti molto costosi e colorati (a quel tempo la pittura dei vestiti costava
molto).
Ci descrive i mariti: i primi tre erano ricchi e vecchi e lei esercitava su di loro un
completo controllo, mentre il quarto aveva l’amante così lei gli rese pan per focaccia.

Seguiva molto i pellegrinaggi e Chaucer ci fa capire che ci andava solo per trovare
marito.
Questo quarto marito viene accusato dalla donna di averle rubato la ricchezza e la
giovinezza e morì al suo ritorno da Gerusalemme.

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Il quinto marito, Jankyn, è quello attuale ed è quello che la donna descrive più a fondo.
È l’unico che ha sposato per amore e non per interesse. Era studente ad Oxford. È il più
amato nonostante la tempestosa relazione: lui la tratta male e lei ha modo di
conoscere questo uomo più giovane di lei.
Ci racconta tutta la lotta tra lei e il marito per predominare nel matrimonio.
Tutti e due lottano per averla vinta e alla fine vince Alyson.

È evidente che Chaucer ha simpatia per questo personaggio.

La comare di Bath sostiene che la felicità coniugale è possibile solo se il marito si


arrende al completo dominio della donna, cioè accetta la donna come padrona e
ovviamente anche il racconto della comare di Bath è legato al tema del dominio nel
matrimonio.

La novella vera e propria è un racconto in stile arturiano, infatti è ambientato proprio ai


tempi di re Artù.
Il racconto vero e proprio ci narra di questo cavaliere che fa parte dei cavalieri di re
Artù e un giorno si trova a passeggiare per la campagna e vede una donna che gli
piace e la violenta lì sul momento.
Ovviamente è quanto di più contrario al codice d’onore di un cavaliere, che dovrebbe
correre in aiuto di ogni donna in pericolo.
Per la legge di Artù una cosa del genere è di condanna a morte.
Interviene la regina e gli offre una seconda possibilità: avrà salva la vita se si metterà
alla ricerca per scoprire cosa vogliono di più le donne nella vita.
Il cavaliere gira in vari villaggi, paesi, incontra gente e chiede;
ottiene molte risposte diverse senza mai ottenere quella che lo entusiasma veramente.
A un certo punto questo cavaliere si rende conto che non ce la farà mai a scoprire ciò,
visto che manca un giorno; quindi lui si comincia a incamminare per essere condannato
a morte, quando improvvisamente compaiono delle donne. Quando arriva là si trova
davanti a una vecchia orribile, che gli dice che lei poteva aiutarlo dicendogli quello che
lui stava cercando da così tanto tempo, cioè quello che le donne vogliono più di tutto,
ma in cambio di una cosa che lei gli avrebbe chiesto. Alla fine lei dice semplicemente
quello che sosteneva la comare di Bath, cioè che le donne vogliono dominare il loro
marito e essere al comando in maniera superiore a lui.

Al cavaliere sembra la risposta giusta e perciò si presenta a corte e da la risposta alla


regina e in questo modo ha la vita salva.
Ad un certo punto la vecchia dice che è stata lei a dirgli questa risposta e vuole che
venga mantenuta la promessa: se avesse avuto salva la vita avrebbe fatto la prima
cosa che gli avesse chiesto, e quindi la donna esprime il desiderio di essere presa in
moglie dal cavaliere.
Il cavaliere preferiva la morte, ma per il codice cavalleresco, già infranto in precedenza,
è costretto ad accettare.
Il problema non è il matrimonio, ma la prima notte di nozze.
Trascorsa questa prima notte, la moglie gli dice che deve fare una scelta perché nella
vita bisogna sempre scegliere: avere una moglie brutta ma fedele o una moglie bella
ma infedele? Il coraggio del cavaliere viene premiato e quindi come per magia la
moglie si trasforma in una bella fanciulla, che sarà anche fedele.

Questo episodio è incentrato sul motivo della “loathly lady” che è presente in molte
opere del folklore irlandese. Il motivo è quello di una donna che appare poco attraente,
ma subisce una trasformazione dopo essere stata avvicinata da un uomo, diventando
estremamente desiderabile. La sua bruttezza era il risultato di una maledizione che è
stata spezzata dalle azioni del cavaliere.

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THE CLEARK OF OXFORD

È lo studente di Oxford.
Nel prologo, Chaucer ce lo descrive dicendoci che da molto tempo aveva finito di
studiare. Il curriculum universitario in epoca medievale prevedeva 7 materie, divise in
TRIVIUM (comprendeva le materie di grammatica, logica, retorica e corrisponde alla
laurea triennale) e in un QUADRIVIUM (comprende le materie di aritmetica, geometria,
astronomia e musica e corrisponde alla laurea specialistica).

Dopo questi studi, ognuno prendeva la sua specializzazione. Questo studente di Oxford
conosceva appunto queste materie. Chaucer descrive anche il suo cavallo secco come
un rastrello.
Questo studente ha l’aspetto classico che dovrebbe avere uno studioso (molto magro)
e ci dice che per lui i libri erano la priorità assoluta.

Preferiva avere ai piedi del letto molti libri piuttosto che abiti sfarzosi. Non diceva mai
una parola in più del necessario e i suoi dis
corsi riguardavano sempre la virtù morale; era disposto a imparare e a insegnare.
Questa descrizione è quella che ci fornisce Chaucer nel prologo generale.

Nel prologo alla novella è proprio lo studente a prendere la parola; dice che narrerà
una storia che apprese a Padova da un letterato illustre, che adesso è morto. Il suo
nome era Francesco Petrarca.
Un riferimento abusivo a un incontro avuto da Chaucer con lo stesso Petrarca.
È molto importante il riferimento a Petrarca perché aveva fatto una traduzione dal
volgare al latino di una novella del Boccaccio dal Decameron, per esattezza l’ultima
dell’ultimo giorno, che è la storia che ci racconta questo studente.

È la storia di Griselda che sopporta tutto in nome dell’amore ed è il contrario della


comare di Bath. È disposta ad accettare qualsiasi cosa pur di accontentare il marito.
La storia narra di questo Walter, marchese di Saluzzo, un paese in Piemonte, che non
pensava minimamente a sposarsi. I suoi sudditi, però, erano preoccupati per la
successione e quindi cercano di convincerlo che è arrivato il momento di prendere
moglie. Allora, per amore dei suoi sudditi, decide di accettare e dice che appena avrò
trovato la donna giusta, si sposerà.
Decide di cercare la sua futura sposa non nelle corti, bensì nella famiglia più povera del
villaggio e trova questa Griselda, molto obbediente, prima al padre poi al marito.
Si fissa il giorno delle nozze e viene celebrato il matrimonio. Griselda è piaciuta e
amata da tutti i suoi sudditi anche perché l’avevano vista crescere: nonostante questo
colpo di fortuna che aveva cambiato la sua vita, non si vantava di nulla ed era sempre
molto umile. È troppo perfetta che quasi neanche Walter ci crede e non crede alla
fortuna di avere una donna così.
Decide di metterla alla prova, mettendo alla prova soprattutto la sua pazienza: quando
nasce la prima figlia, lui le dice che questa figlia la vuole portare via e fa intendere di
volerla affidare ad un uomo losco. È abbastanza chiaro che questa bambina venga
uccisa. La moglie afferma che lei e la bambina appartengono completamente a lui e
quindi tutto quello che decide, accetterà. In realtà, questa bambina viene affidata con
tutte le cure a una parente lontana di Walter che abitava a Bologna. Dopo qualche
anno, nasce anche un bambino, ma anche questa volta volta il marchese vuole mettere
alla prova la moglie e fa la stessa cosa: richiama il solito personaggio, fa portare via il
figlio e fa credere alla moglie di averlo fatto uccidere; in realtà anche questo viene
portato insieme alla sorella. Ovviamente, comincia anche il popolo a non essere tanto
contento perché si ritrova questo marchese spietato e malvagio.

Ultima prova: dice alla moglie che è stanco di lei e la ripudia: sostiene che c’è un’altra
donna pronta a prendere il suo posto. Lei non solo accetta questa cosa, ma si offre
anche di lavorare per i preparativi alle nozze. Arriva il giorno di queste seconde nozze
e fra tutti i sudditi che aspettano questa nuova sposa c’è anche la stessa Griselda che
ha accettato tutto.

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La sorpresa sarà che la donna che arriverà non sarà altro che la figlia ormai cresciuta e
lui può svelare che è stata tutta una messa in scena per metterla alla prova; dice che ha
avuto prova di una fedeltà e una benevolenza superiore di quella di qualsiasi donna sia
nella ricchezza sia in misere condizioni e ormai conosceva la sua costanza e la sua
pazienza e nella realtà non ha mai avuto nessun altra donna.
Successivamente mostra a Griselda che la sposa è la figlia e l’altro è il figlio.

È una storia al contrario rispetto alla donna di Bath. Griselda incarna l’assoluta
sottomissione e l’assoluta obbedienza femminile.

Come al solito non si capisce la posizione di Chaucer perché, subito dopo la novella, c’è
una specie di poesia intitolata “Envoy” (commiato): ironicamente Chaucer invita le
donne a fare tutto il contrario di quello che ha fatto Griselda e quindi di seguire le orme
della comare di Bath (mostrarsi combattive durante il matrimonio).
Rimane quindi il dubbio sulla posizione che deve assumere la donna nel matrimonio.

Con Chaucer, la lingua inglese raggiunge la massima espressione. Non c’è nessuno
nell’epoca di Chaucer che ha la sua stessa abilità nell’uso della lingua e del metro. Non
c’è nessuno che ha un’ampiezza di interessi cosi vasta e soprattutto non c’è nessuno
che abbia la sua comprensione dell’animo umano.

La lingua e la letteratura inglese è ancora in fase di evoluzione e continuerà ad


evolversi. Già pochi anni dopo l’uscita dei “Canterbury Tales”, molte cose erano
cambiate: erano cambiate certe pronunce, certe parole e anche certi accenti.

Quindi la conseguenza di questi cambiamenti rapidi fu che pochi anni dopo la loro
pubblicazione, la gente non sapeva più leggerli e capirli.

Questo comporta che i successorii di Chaucer non riescono a sfruttare i risultati che lui
stesso aveva raggiunto. Per trovare un altro poeta della sua stessa grandezza, si deve
aspettare fino a Shakespeare.
Entrambi riescono a capire i sentimenti dell’uomo. Hanno la capacità di unire
un’eccellente tecnica alla grande penetrazione psicologica e sono in grado di mettere
una al servizio dell’altra. Ci fu qualcuno che cercò di seguire un po’ Chaucer sulla sua
strada ma senza grandi risultati.

JOHN GOWER

È uno dei seguaci di Chaucer. Scrive in inglese, ma anche in latino.


La sua opera principale, anche se ha un titolo in latino, è in inglese ed è “Confessio
amantis”. Come i Canterbury Tales, è una raccolta di novelle, ma con un verso
leggermente diverso, cioè utilizza distici di tetrametri (versi di 8 sillabe/4 piedi), tenuti
insieme da una cornice comune.
È un poeta un po’ moralista e un po’ conservatore; dal punto di vista tecnico è molto
abile, ma manca un pizzico di originalità.
La cosa principale che manca nelle novelle di Gower è sicuramente l’ironia e la vivacità
nella narrazione che hanno le opere di Chaucer.

WILLIAM LANGLAND

È un autore anonimo, ma è stato identificato così da molti studiosi.


Autore di Piers Plowman, è un autore che si dedica molto ai problemi religiosi del suo
tempo rispetto a Chaucer.
È di nuovo un poema allegorico che va a recuperare anche il verso allitterativo. È una
nuova versione della visione/sogno allegorico. È un sogno incentrato sulla religione ed è
una raccolta di dieci sezioni (passus). Ognuno di questi “passus” è accompagnato da
un prologo che spiega dal punto di vista teologico il significato del racconto e ognuno
di questi “passus” riguarda la ricerca di una virtù. Si tratta di una sorta di precursore
dei miracles e delle morality plays del Cinquecento, spesso imperniati sulla
psychomachia, la lotta tra i vizi e virtù per il possesso dell’anima dell’uomo.

18

THOMAS OCCLEVE

Era allievo di Chaucer e aveva avuto da lui molti consigli.


Nelle sue opere, gli rende spesso omaggio e lo definisce “il primo fondatore della nostra
bella lingua”. Insieme a Lydgate, è uno dei seguaci e degli imitatori di Chaucer.
La sua opera più importante è “La male régle”, una sorta di autobiografia con un
linguaggio vivido ed efficace che gli conferisce un tocco realista.

JOHN LYDGATE

Scrisse “Fall of Princes” tratto da un’opera di Boccaccio.


Scrive anche una storia che potremmo definire nella materia di Roma, cioè quelle
storie basate sui racconti classici ed è “The Troy-Book” tratto dalla famosa opera in
latino di Guido de Colonne che parla della storia della distruzione di Troia.
È importante perché ha inventato (già presente in Francia, quindi lo inventa per
l’Inghilterra) il motivo della DANZA MACABRA: è un motivo molto importante nella
letteratura medioevale e molto importante anche nel dramma inglese.
Riguardava l’idea della morte livellatrice, cioè della morte che non fa differenze di
classe, di condizione sociale, di ricchezza e quindi falcia in egual misura il povero
contadino e il re. Non ha pietà per nessuno.
Lydgate è famoso anche perché inventa nuovi espressioni e nuovi termini che sono poi
entrati nell’uso comune.

Il XV secolo, per la letteratura inglese, è un’epoca di transizione. In questo secolo, di


positivo c’è l’affermazione della lingua inglese rispetto a quella francese. Il genere
letterario si afferma del tutto in Inghilterra e ciò porta alla formazione di una nuova
classe di lettori e l’umanesimo inizierà a influenzare la cultura inglese.

La società comincia a trasformarsi da un sistema prettamente feudale e gerarchico in


una società gradualmente un po’ più libera, con un’economia che si basava sul denaro e
non sul possesso di terre.

I tre generi principali di questo periodo sono la letteratura cortese, le satire politiche e
sociali in versi e gli scritti didattici, moralisti e religiosi.

Un evento importante in questo periodo è l’introduzione della stampa che, inventata da


Gutenberg, arriva in ritardo in Inghilterra.
Viene introdotta da William Caxton che stampa il primo libro in lingua inglese, ma non
avendo i macchinari per fare ciò, lo stampa a Bruges in Belgio -> Recuyell of the
Histories of Troye. (1474)
Fa una traduzione del libro sulle storie di Troia e quello è il primo libro stampato in
lingua inglese. Sempre a lui si dovrà il primo libro stampato proprio in Inghilterra.
(1477)

Thomas Mallory è uno dei poeti da ricordare di questa fase di transizione. Attraverso
una serie di opere in prosa racconta e riadatta quasi al completo tutto il ciclo arturiano.
Ha una vita particolarmente turbolenta e molti guai con la giustizia; infatti, quasi tutto il
suo capolavoro è la morte di re Artù. Si può definire un romanzo cavalleresco.

Per quanto riguarda la poesia, John Skelton è l’unico poeta originale.


Scrive soprattutto poesie satiriche; prende di mira costumi dissoluti della corte, le varie
mode (di pensiero e filosofiche), la corruzione in ambito religioso e più in generale i
comportamenti di massa.
Le sue opere principali sono “The Bowge of Court e Speak” e “Parrot”.
Quest’autore è importante perché è uno sperimentatore del metro; infatti, utilizza un
metro particolare, costituito da brevi versi e due soli accenti che da lui presero il nome
di “skeltonics”. -> soprattutto in “Colyn Cloute e in “Why come ye not to Court”
Sarà anche il precettore di Enrico VIII.
Inaugura una serie di sperimentazioni metriche che in seguito continueranno con i vari
poeti del rinascimento.
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Wars of the Roses (1455-1485)


È una lotta cominciata nel Medioevo, ma la guerra vera e propria dura 30 anni.
Le cause della guerra risalgono prima del 1455.
È una guerra tra i due rami della casa regnante dei Plantageneti: York e Lancaster.
Rosa Bianca (York) e Rosa Rossa (Lancaster).
Questa guerra alla fine sarà vinta da uno che non è né York né Lancaster, bensì Tudor.

Edoardo III ebbe 6 figli: i 4 maschi, con la loro discendenza creano i presupposti per la
guerra. Questi 4 figli sono:

1. Edoardo of Woodstock - Principe di Galles (chiamato Principe Nero perché muore


prima del padre e quindi non diventa mai re);
2. Lionel of Antwerp - Duca di Clarence;
3. John of Gaunt - Duca di Lancaster (protettore di Chaucer);
4. Edmund of Langley - Duca di York.

Muore Edoardo (principe di Galles), e poi muore il re Edoardo III.


Diventa quindi re il secondogenito Edward of Woodstock a soli 10 anni e prende il nome
di Riccardo II.

Riccardo II non è ben visto sia dal popolo che dall’aristocrazia feudale e quindi, quando
un re non è ben visto, è facilmente esposto a detronizzazione.
Riccardo II viene detronizzato da Henry Bolingbroke, duca di Lancaster, che si proclama
re con il nome di Enrico IV. Anche se è un re arrivato al trono illecitamente, è un re che
governa bene.
Alla sua morte diventa re il figlio Enrico V che, anche se in gioventù viene considerato
un ragazzo scapestrato, quando diventa re, diventa, per Shakespeare, l’esempio del
sovrano modello.
Riesce a governare per tutta la vita senza problemi. Quando muore, sale al trono il figlio
Enrico VI, che al contrario del padre, è un incapace; inoltre, ha molti problemi di salute
sia fisica che mentale. Visto questa situazione, si fanno avanti i rivendicatori del trono:
uno di questi è Riccardo di York che discendeva dal re originario, sia da parte del padre
sia della madre.
Quando Enrico VI è incapace di governare, già malato e comincia a dare segni di
squilibrio mentale, Richard of York ne approfitta e si fa nominare “protettore del regno”
contro la volontà degli stessi Lancaster.

Nel 1455 i Lancaster dichiarano Richard of York “traditore” e quindi lo fanno decadere
dalla sua mansione.
Richard of York non rimane con le mani in mano e si crea un piccolo esercito con i suoi
sostenitori e i suoi alleati e dichiara guerra ai Lancaster.
Comincia così questo scontro con gli York da una parte e i Lancaster dall’altra.

Questa guerra si divide in varie fasi:

- AFFERMAZIONE DEGLI YORK ->Richard of York imprigiona il re Enrico VI nella torre di


Londra e si proclama suo erede, diseredando il figlio di Enrico VI;

- RIVINCITA DEI LANCASTER (1460-61)-> nella battaglia di Wakefield viene ucciso


Richard of York;

- TRIONFO DEGLI YORK (1461-83)-> il figlio di Richard of York detronizza Enrico VI e si


proclama re lui stesso con il nome di Edoardo IV, che, nonostante alcuni problemi
causati dalla resistenza della moglie di Enrico VI, regna fino alla morte;

- PACE DEI TUDOR (1483-85) -> Edoardo IV aveva due figli molto giovani, Edoardo e
Riccardo. Il primo figlio diventa re Edoardo V, ma, essendo un bambino, c’è sempre
qualcuno che vuole approfittare ed è il caso di Richard of Gloucester, fratello di
Edoardo IV.
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Fa imprigionare i due bambini nella torre di Londra e si inventa una causa di illegittimità
nei loro confronti e li fa diseredare; così diventerà lui re con il nome di Riccardo III.

Riccardo III è per Shakespeare la contrapposizione di Enrico V.


Riccardo III -> re malvagio e tirannico che non governava bene
Enrico V -> sovrano modello e re amato dai propri sudditi

Enrico Tudor, figlio di un fratellastro di Enrico VI, era fuggito in Francia da bambino con
un zio.
Una volta cresciuto, vedendo il regno tirannico e barbarico di Riccardo III decide di
rivendicare il trono sapendo di avere il sostengo dei nobili e del popolo.
Arriva in Inghilterra con un piccolo esercito, grazie al tradimento dei generali di
Riccardo III e sconfigge il re nella battaglia di Bosworth, dove Riccardo muore. (ultimo re
che muore in battaglia)

Enrico Tudor si fa incoronare re con il nome di Enrico VII. -> INIZIO EPOCA TUDOR
Per mettere fine alle ostilità con gli York, sposa Elisabetta di York, prima figlia di Edoardo
IV.
Finalmente si raggiunge la pace.
Il simbolo d’Inghilterra diventerà una rosa bianca con una rosa rossa -> fusione degli
York con i Lancaster.

Con Enrico VII l’Inghilterra vive un periodo di pace e di prosperità.

In questo periodo, di letterario non rimane quasi niente perché troppo impegnati a farsi
la guerra a vicenda.

Dopo 30 anni di guerra spietata, si riorganizza lo stato: viene riformato l’esercito e si


creano nuove alleanze diplomatiche attraverso dei matrimoni politici mirati.

L’Inghilterra nel periodo Tudor che arriverà fino a Elisabetta I, è forse il periodo d’oro
della letteratura inglese influenzato dal Rinascimento e dall’Umanesimo (grammatica,
logica, retorica e poesia).
Il Rinascimento è molto più legato all’Italia e, in Inghilterra, l’influenza di questa corrente
si esercita in varie forme:

• Dal punto di vista filologico -> riscoperta dei classici latini e greci anche nel teatro
elisabettiano;
• Dal punto di vista stilistico -> retorica e critica letteraria;
• Dal punto di vista etico e morale -> fusione tra gli ideali del pensiero greco-romano e
gli insegnamenti cristiani;
• Dal punto di vista laico -> passaggio da una visione teocentrica con Dio al centro
dell’universo a una concezione basata sull’uomo.

A questa nuova visione contribuiscono le nuove scoperte sia scientifiche che


geografiche -> RIVOLUZIONE COPERNICANA = stravolge il pensiero tolemaico che
vedeva al centro dell’universo la terra, ponendo al centro dell’universo il sole.
Si succedono poi le varie scoperte geografiche, come la scoperta dell’America avvenuta
nel 1492.

Alla morte di Enrico VII, succede al trono il figlio Enrico VIII nel 1509.

Porta avanti la politica del padre a livello di promozione della cultura. Con Enrico VIII, la
corte diventa centro della moda e della cultura e le ville nobiliari diventano centri di
propulsione e protezione delle arti.

Con la diffusione della stampa, i libri si moltiplicarono raggiungendo un pubblico


sempre più vasto. La diffusione dei libri diede impulso al propagarsi delle idee e delle
controversie politiche, sociali e religiose.

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Si impose il nuovo ideale di “gentlemen” rinascimentale descritto in opere di


derivazione italiana, primo fra tutti “Il Cortegiano” di Baldassarre di Castiglione, tradotto
in Inghilterra nel 1561 da Thomas Hoby: è una sorta di manuale del perfetto gentiluomo.
THOMAS ELYOT -> THE GOVERNOR = galateo inglese.

In questo periodo l’Italia è un po’ il punto di riferimento per tutta la cultura: per la
poesia Dante e Petrarca, per la prosa soprattutto le novelle di Boccaccio, ma anche altri
autori di novelle meno famosi che sono conosciuti in Inghilterra e hanno riadattato e
rielaborato le novelle come nel caso di Shakespeare.

L’Italia ha anche delle accezioni negative che nascono da una cosa essenziale, cioè dal
fatto che l’Italia è legata al Papa. Infatti Enrico VIII romperà i rapporti con la Chiesa
cattolica.

Il nome di Enrico VIII è legato alla RIFORMA RELIGIOSA: all’inizio, aveva rapporti ottimi
con la Chiesa di Roma, tanto che il papa lo aveva nominato “difensore della fede” e
l’aveva quasi contrapposto a Martin Lutero.

In seguito, succede che Enrico VIII era sposato con Caterina D’Aragona ma, non
riuscendogli a dare un figlio, chiede l’annullamento del matrimonio.
Questa richiesta di divorzio e di sposare Anna Bolena venne rifiutata -> Enrico VIII
decide di fare da sé, dichiarando nullo il proprio matrimonio, contrapponendosi al Papa
Urbano VI.
In realtà, il motivo del divorzio è la punta dell’iceberg di una situazioni che si è
deteriorata in precedenza.
Nel 1534, Enrico VIII stabilisce, con l’Atto di Supremazia, che il re, oltre che capo dello
Stato, diventa capo della Chiesa, una Chiesa nuova: la Chiesa anglicana. -> chiesa che si
dichiara indipendente da Roma.

In seguito a questa legge, cominciano anche le confische dei beni dei monasteri
cattolici in favore delle famiglie protestanti che giurano eterna fedeltà al re anche come
capo della Chiesa.

Ovviamente, non tutti accettano questa situazione. Infatti, ci sono anche dei dissidenti,
tra cui Thomas More che era stato primo ministro del re.
È anche famoso per diverse opere letterarie; la più famosa è “Utopia”: è un’opera scritta
in latino e solo più tardi è tradotta in inglese.
È ambientata in quest’isola immaginaria in cui gli abitanti vivono in pace, armonia e
giustizia.
Quest’opera è divisa in due parti: nella prima parte confronta questo regno, cioè la
Repubblica ideale di Utopia, paragonandola all’Europa contemporanea; si concentra sui
problemi sociali dell’Inghilterra; la seconda parte del libro descrive meglio questa
comunità di Utopia e Thomas More ci dice quali sarebbero per lui le soluzioni ideali per
un buon governo.

Thomas More è anche uno storico, quindi ci racconta anche della storia d’Inghilterra, fra
cui una storia su Riccardo III, che è una delle opere fondamentali sia per il genere
biografico, sia per quello storiografico inglese. È l’opera che circonda di aura negativa
Riccardo III

Nel 500, sotto i Tudor, abbiamo un rinascimento della poesia inglese con una lingua
molto più rinnovata rispetto a quella di Chaucer. Verso la fine del regno di Enrico VIII, si
affermano in particolare due poeti: Thomas Wyatt e Henry Howard.
Entrambi, hanno avuto l’opportunità di fare dei viaggi in Italia, grazie ai quali scoprono
e importano a loro modo la poesia italiana. Daranno alla poesia inglese una raffinatezza
e un’eleganza formale che fino ad allora non aveva mai avuto.

Furono anche dei sperimentatori in metrica: infatti, provarono ad adattare alla lingua
inglesi metri in uso nel continente e cercarono di adattare i loro modelli italiani alla
lingua e al metro inglese.
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Quasi tutte le loro pere sono contenute in un’unica opera intitolata “Tottel’s Miscellany”,
una raccolta di varie opere di vari poeti dove loro sono i principali e viene stampata nel
1557. È una sorta di manifesto della poesia rinascimentale. Ha riscosso molto successo
presso la corte, infatti, ci sono state 9 ristampe in 30 anni -> la poesia di corte era al
massimo dello splendore in quegli anni.

L’unico altro poeta che ci ricordiamo in questa raccolta è Nicholas Grimald.

La principale forma poetica introdotta da Wyatt e Howard è il sonetto, che sarà la forma
privilegiata della poesia per tutto il Rinascimento.

Il sonetto ha origini molto più antiche di quando arriva in Inghilterra: nasce in Italia, più
precisamente in Sicilia e la sua invenzione viene attribuita a Giacomo Da Lentini, un
poeta del 1200.

Sonetto = composizione di 14 versi

SONETTO ITALIANO O PETRARCHESCO

1 ottava (2 quartine) + 1 sestina (2 terzine)


In genere, il verso utilizzato è l’endecasillabo.
La rima può essere:
• ALTERNATA -> ABAB
• INCROCIATA -> ABBA
• Altre varianti
Punto di svolta al nono verso -> nei primi 8 si introduce un tema che poi viene risolta
nella sestina finale, a partire dal nono verso.

SONETTO INGLESE O SHAKESPEARIANO

È stato introdotto da Wyatt e perfezionato da Howard.


3 quartine + 1 distico finale a rima baciata
Schema tipico delle rime: ABAB, CDCD, EFEF, GG

Il verso tipico è il pentametro giambico (endecasillabo italiano). Ogni verso ha 5 piedi


con l’accento che cade sempre sulla seconda sillaba -> c’è un’alternanza tra sillaba corta
e lunga o accentata e non accentata.

La differenza sta nel punto di svolta che non sta più nel mezzo della poesia, bensì al
finale. -> il finale delle poesie inglesi è sempre una sorpresa perché, l’essenza della
poesia si trova nei due versi finali.

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THOMAS WHYATT (1503 - 1542)


Nasce nel Kent e studia a Oxford. Svolge diverse attività a corte anche a livello
diplomatico come ambasciatore per Enrico VIII. È impegnato a Roma presso la corte
pontificia e anche in Spagna presso Carlo V.
In questi viaggi in Italia viene a contatto con forme poetiche che sono molto più evolute
e raffinate di quelle inglese.
Lui importa il sonetto italiano in Inghilterra adattandolo alle esigenze della lingua
inglese.
La maggior parte delle opere di Wyatt sono contenute nella Tottel’s Miscellany.

Non pubblica nulla, ma le sue opere circolano in forma manoscritta negli ambienti della
corte.
Per la prima volta, le opere di Wyatt vengono pubblicate da Richard Tottel nel 1557,
quindi 15 anni dopo la morte dell’autore.
Quasi tutte le sue opere sono rifacimenti petrarcheschi.
Si impegna a sperimentare diversi metri, diverse forme poetiche e soprattutto ha la
necessità di ridare alla poesia inglese quella coerenza espressiva che dopo Chaucer è
venuta a mancare, anche in seguito ai continui mutamenti linguistici in cui la pronuncia
di molte parole era cambiata e di conseguenza anche la rima, perciò anche gli schemi
metrici erano molto cambiati.
Va a cercare aiuto nel sonetto italiano, adattandolo alla poesia inglese per ridare questa
coerenza espressiva che era venuta a mancare alla poesia inglese.
Non a caso, sceglie il sonetto: il sonetto ha una forma metrica che esige una certa
rigidità e per lui era quindi una sorta di sfida quella di riadattare l’inglese a questa
forma metrica: doveva modellare il suo pensiero, ciò che voleva dire, necessariamente
in questi 14 versi che dovevano essere perfettamente equilibrati.
Introduce nella poesia inglese anche altri metri, come il rondò, la terza rima, ma
soprattutto utilizza in alcuni dei suoi sonetti il tetrametro giambico anche se nei sonetti
prevarrà il pentametro giambico.

Non prende dalla poesia italiana e soprattutto dal Petrarca solo gli aspetti formali e gli
aspetti metrici, ma prende anche dal punto di vista dei contenuti, concetti e alcune cose
molto importanti.
La cosa più importante è il rapporto tra l’io lirico (il poeta) e la donna amata.
Aveva una concezione dell’amante come umile servitore della donna, a sua volta
crudele, fredda e indifferente nei confronti del poeta.
Così il poeta si distrugge quando il suo amore viene respinto e non viene preso
nemmeno in considerazione.

Wyatt non è un semplice imitatore, ma mette anche del suo nelle opere perché cerca di
trasferire alla lingua inglese quelle raffinatezze tipiche dei classici e dei poeti italiani e
francesi.
Una caratteristica della poesia di Wyatt è che è una poesia abbastanza diretta, pure
facendosi a modelli convenzionali conserva una sua originalità: tutto ciò rende le poesie
di Wyatt abbastanza interessanti anche per il lettore moderno.

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Pag 68 dispensa Maura


WHOSO LIST TO HUNT
Whoso list to hunt, I know where is an hind,
But as for me, hélas, I may no more.
The vain travail hath wearied me so sore,
I am of them that farthest cometh behind.

Yet may I by no means my wearied mind


Draw from the deer, but as she fleeth afore
Fainting I follow. I leave off therefore,
Sithens in a net I seek to hold the wind.

Who list her hunt, I put him out of doubt,


As well as I may spend his time in vain.
And graven with diamonds in letters plain
There is written, her fair neck round about:

Noli me tangere, for Caesar's I am,


And wild for to hold, though I seem tame.

TRADUZIONE
Chi desidera cacciare, io so dove c’è una cerva
Ma per quanto mi riguarda, ahimè, io non posso più.
L’inutile fatica mi ha reso cosi esausto,
Sono fra coloro che hanno inseguito questa cerva più a lungo.

Eppure, in nessun modo, riesco a distogliere


La mia stanca mente dalla cerva, e mentre lei fugge,
Io, nel seguirla, mi sento mancare. Ci rinuncio quindi
Dal momento che è come cercare di trattenere il vento in una rete. (metafora)

A chi volesse cacciarla, dico chiaramente,


Che come me potrebbe gettar via il suo tempo,
In lettere chiare di diamante,
Sta scritto infatti intorno al suo bel collo:
Noli me tangere, poiché sono di Cesare
E non sono facile da tenere, benché sembri docile.

ANALISI

La prima pubblicazione è avvenuta nel 1557. Questo sonetto è adattato da un sonetto di


Petrarca (Rima 190).
L’idea della cerva accomuna le due poesie, ma in Petrarca ha un significato e in Wyatt
ne ha uno leggermente diverso. Nella poesia del Petrarca, la cerva ha un significato più
elevato, è un riferimento all’amore stesso, mentre in quella di Wyatt ci si riferisce a una
donna ben precisa, Anna Bolena.

Nella prima quartina abbiamo ovviamente l’introduzione del tema, della situazione:
abbiamo il poeta che sostiene di essere esausto per la caccia di una cerva. Questa
cerva rappresenta una donna.

Se prestiamo attenzione ai suoni che la poesia racconta, notiamo che, nel primo verso
con tutte le aspirate (whose, hunt, hind) il poeta vuole evocare qualcuno che ha il fiato
corto perché è stanco per la caccia, per l’inseguimento; notiamo ancora allitterazioni,
per esempio con il suono “m” (me, may, more).

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Nella seconda stanza abbiamo una elaborazione del sentimento iniziale: il poeta ci dice
che anche se lui è consapevole dell’inutilità del suo sforzo, non può fare a meno di
inseguire questa cerva.
Da un punto di vista razionale Wyatt è consapevole dell’inutilità del suo sforzo, ma non
riesce in qualche modo a ricondurre i propri sensi alla ragione: c’è un prevalere della
forza dei sensi sulla ragione.

Finalmente si può immaginare davanti a questa cerva tanto inseguita, che ha intorno al
collo un cartello che incide con i diamanti a chiare lettere la scritta “NON MI TOCCARE”
perché appartengo a Cesare ed è troppo selvaggia/troppo libera per essere catturata
anche se sembro docile.

L’ultima parte della poesia ci fa una rivelazione, cioè il motivo per cui questa caccia
risulta impossibile: non tanto perché questa cerva è imprendibile, ma perché appartiene
a qualcun altro; infatti appartiene a qualcuno di più potente e infatti risulta intoccabile.

Il rifermento alla cerva con il cartello è un riferimento storico e si diceva che le cerve
appartenenti a Cesare avessero un segno distintivo che le rendevano intoccabili dagli
altri cacciatori, cioè erano riservate all’imperatore.

Wyatt prende questo riferimento storico e gli aggiunge un riferimento biblico: la frase
“noli me tangere” è una frase che dice Gesù a Maria Maddalena subito dopo la
Resurrezione. Maria Maddalena va al sepolcro e lo trova vuoto e poi è la prima che
incontra Gesù risorto ma non ancora asceso al cielo ed è per questo motivo che Gesù
disse la frase “non mi toccare”.

Wyatt in gioventù aveva probabilmente conosciuto Anna Bolena: lei è la *seconda


moglie di Enrico VIII; Enrico VIII era sposato con Caterina d’Aragona e decide di
ripudiarla. Si dice che in passato Anna Bolena aveva avuto una relazione amorosa con
Wyatt avvenuta molti anni prima il matrimonio con Enrico VIII.

Nella poesia Cesare rappresenta Enrico VIII ed è stata giudicata dalla maggior parte
dei critici come la frustrazione di Wyatt per Anna Bolena, che era diventata intoccabile
perché era la moglie del re.
Wyatt infatti verrà arrestato con accusa di adulterio proprio con Anna Bolena.
Ad un certo punto Enrico VIII si stanca della seconda moglie perché capisce che non è in
grado di darle un figlio maschio e quindi trova dei pretesti per far capire che tutte le
accuse erano inventate.

Anna Bolena verrà decapitata con altri cinque uomini con l’accusa di adulterio, mentre
Wyatt si salverà grazie a delle conoscenze presso la corte.

Per quanto riguarda lo stile, diversamente da Petrarca, Wyatt evita un gergo


eccessivamente cortese e convenzionale e utilizza uno stile quasi colloquiale.
Si distacca quasi completamente da Petrarca perché l’autocommiserazione non è
eccessiva.
Utilizza questa metafora della cerva quasi per esplorare i propri sentimenti.

*Anna Bolena è la seconda moglie di Enrico VIII, la prima era Caterina D’Aragona. Enrico
VIII si libera da lei sostenendo anche davanti al papa che il matrimonio non era valido. Il
problema di Enrico VIII era quello di garantirsi un successore maschio al trono ed è
proprio per questo che Enrico VIII si sposa diverse volte. Caterina D’Aragona ebbe 6
gravidanze, quasi tutte finite male.
L’unica gravidanza porta a una figlia femmina Mary che diventerà regina nel 1553
Dopo Caterina D’Aragona, corteggia Anna Bolena chiedendo l’annullamento del
matrimonio al papa, che però rifiuta.
Anche Anna Bolena non darà alcun figlio maschio ma riuscirà a dare una figlia Elisabetta
-> regina dopo Mary nel 1558.
Anna Bolena viene accusata di alto tradimento e muore nel 1536.

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La terza moglie di Enrico VIII, Jane Seymour è la donna che riesce a dare un figlio
maschio Edward VI (re nel 1546, che però non governa perché aveva solo 9 anni). Dopo
Edoardo VI va al trono Mary e poi Elisabetta.
La quarta moglie è Anne of Claves (matrimonio combinato che però dura poco perché
la trova di brutto aspetto e viene annullato).
La quinta moglie Catherine Howard è una donna piena di amanti e viene accusata di
adulterio e morta decapitata.
La sesta moglie è Catherine Parr che resiste fino alla morte di Enrico VIII (1547) e si
occupa di crescere i suoi 3 figli legittimi (Elisabetta, Mary ed Edward).

Pag 69 dispensa Maura

THEY FLEE FROM ME

They flee from me that sometime did me seek,


With naked foot, stalking in my chamber.
I have seen them gentle, tame, and meek,
That now are wild, and do not remember
That sometime they put themselves in danger
To take bread at my hand: and now they range,
Busily seeking with a continual change.

Thankèd be fortune it hath been otherwise


Twenty times better, but once in special,
In thin array after a pleasant guise,
When her loose gown from her shoulders did fall,
And she me caught in her arms long and small;
Therewithall sweetly did me kiss
And softly said, “Dear heart, how like you this?”

It was no dream; I lay broad waking.


But all is turned, through my gentleness,
Into a strange fashion of forsaking;
And I have leave to go of her goodness,
And she also to use newfangleness.
But since that I so kindly am served,
I would fain know what she hath deserved.

TRADUZIONE
Scappano da me quelle stesse donne che una volta mi cercavano
A piedi nudi, in agguato nella mia stanza
Le ho viste gentili, docili e miti
Che adesso sono selvagge e non ricordano
Quando una volta loro si mettevano in pericolo
Per prendere il pane dalla mia mano e adesso vagano
Indaffarate e senza sosta.

Ringraziando la sorte, ci sono stati altri tempi


20 volte migliori di questa, ma una speciale,
Vestita con una veste molto leggera
Quando le cadde dalle spalle
Mi prese fra le sue braccia lunghe ed esili;
All’improvviso mi baciò dolcemente
E sottovoce disse: “Caro, che te ne pare?”

Non era un sogno, ero completamente sveglio


Ma tutto è cambiato per colpa della mia gentilezza
Tutto per questa strana mania di cacciarmi;
A me è concesso, grazie alla bontà di lei, di andarmene,
A lei è concesso di essere incostante.

27

Ma poiché sono stato trattato con cosi tanta cortesia,


Vorrei sapere cosa lei si è meritata.

ANALISI

Riflette sul fatto che tutte le donne che lo corteggiavano quando era più giovane, ora
fuggono da lui, che si considera ormai vecchio.

Le poesie di Wyatt hanno come tema quasi sempre l’amore ma anche la vita di corte e
la vita delle classi aristocratiche.

Questa poesia non è un sonetto: la forma metrica utilizzata è la STROFA REALE.

È una poesia abbastanza diretta con elementi autobiografici: anche in questo caso è
una poesia profonda ma senza eccessiva commiserazione tipica della poesia del tempo.

Abbiamo una descrizione autentica dell’amore di cui ci mostra i diversi aspetti. Ci sono
delle cose abbastanza originali: abbiamo una prima stanza in cui abbiamo l’inversione
dei ruoli tradizionali della poesia amorosa, solitamente il cacciatore è il poeta e la preda
è la donna amata. Mentre in questa poesia c’è un inversione dei ruoli: nella prima parte
è il poeta ad essere inseguito dalle donne e anche la visione dell’amore è piuttosto
completa, cioè non è solo quel lato dell’amore idealizzato, ma l’amore descritto anche in
aspetti fisici, sensuali, cioè l’amore sia spirituale che fisico.
È presente una metafora animalesca: le donne vengono paragonate a degli uccellini.
Queste donne un tempo lo cercavano perché da giovane era potente nella corte,
facendo di tutto per incontrarlo, mentre adesso, che è un po’ più vecchio, le stesse
donne scappano e, che un tempo erano docili, sono diventate intrattabili.
Nella seconda strofa abbiamo un ricordo molto sensuale e fisico di uno di questo
incontri amorosi.

Il poeta conclude la poesia con ironia amara: dice che visto che lui è stato trattato con
così tanta cortesia, vorrebbe sapere cosa si è meritata la donna, cioè se io sono stato
tanto buono mi sono meritato di essere trattato così, lei che è così incostante, così
malvagia cosa le è capitato.

Questa poesia ha una nota malinconica, ma leggendo attentamente questa poesia


possiamo notare come Wyatt ci fa un’analisi della vita di quei tempi, cioè ci spiega quali
leggi impietose regolano la vita di corte e soprattutto quali leggi mutano i rapporti degli
uomini a seconda del posto che occupano nelle gerarchie di corte.
Wyatt un tempo era cercato, ambito, mente adesso e rifiutato, evitato. Wyatt ci vuole
far capire che l’amore e la politica della corte seguono le stesse regole e queste regole
sono spietate perché sono leggi di dominio e sottomissione.

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Henry Howard, earl of Surrey (1517 - 1547)


Riceve un’educazione ad altissimi livelli. Ha l’opportunità di trascorrere un anno in
Francia alla corte di Francesco I. Fu accompagnato dal re e dalla moglie Anna Bolena
che era sua cugina.
In questo suo periodo in Francia, ebbe l’opportunità di entrare in contatto con la poesia
francese e italiana, come Wyatt.

Per quanto riguarda le sue opere la maggior parte sono rifacimenti petrarcheschi.
Anche lui tratta il tema dell’amore petrarchesco.
Howard viene arrestato due volte: la prima volta per debito di gioco va in prigione solo
per pochi giorni, mentre la seconda volta è più grave perché verrà arrestato e
giustiziato insieme al padre per alto tradimento. Morto decapitato nel 1547.
Era un periodo in cui Enrico VIII aveva perso la testa perché era ossessionato dall’idea
che chi lo circondava lo volesse tradire.

Howard è discepolo di Wyatt e come lui continua sulla strada della sperimentazione nel
tentativo di adattare alla lingua inglese nuove forme metriche: è più raffinato di Wyatt
ma meno originale.
Perfeziona, dandogli una forma definitiva, il sonetto inglese, attribuendogli quella fluidità
che mancava fino ad ora.
Introduce diverse forme metriche.
Molto importante è il fatto che introduce il BLANK VERSE che sarà il verso principe della
letteratura inglese: è il pentametro giambico non rimato, che sarà molto utilizzato da
Shakespeare e Milton.
Howard utilizza per la prima volta questo verso nella traduzione di alcuni libri
dell’Eneide (secondo e quarto).

La differenza tra Wyatt e Howard è che Howard è più raffinato e ricercato, mentre
Wyatt è più diretto ma più efficace.

Nella poesia ‘So cruel prison’ l’autore racconta la sua infanzia paragonandola alla sua
prigionia presso la corte.

THE SOOTE SEASON

The soote season, that bud and bloom forth brings,


With green hath clad the hill and eke the vale;
The nightingale with feathers new she sings,
The turtle to her make hath told her tale.

Summer is come, for every spray now springs,


The hart hath hung his old head on the pale,
The buck in brake his winter coat he flings,
The fishes float with new repairèd scale,

The adder all her slough away she sling,


The swift swallow pursueth the fliès smale,
The busy bee her honey now she mings.
Winter is worn that was the flowers' bale.

And thus I see, among these pleasant things


Each care decays, and yet my sorrow springs.

29










TRADUZIONE

La dolce stagione che porta con se boccioli e fiori,


Ha rivestito di verde la collina e anche la valle;
L’usignolo canta con piume nuove,
La tortora racconta la sua storia al suo compagno.

L’estate è arrivata e ogni frasca verdeggia,


Il cervo ha appeso la sua vecchia testa al palo,
Il capriolo nel bosco getta il suo manto invernale,
I pesci nuotano con nuove e riparate scaglie.

La vipera getta via la sua vecchia pelle,


La svelta rondine insegue i moscerini,
L’ape indaffarata mescola il suo miele,
L’inverno è finito che era la rovina dei fiori.

E così vedo tra tutte queste piacevoli cose


Ogni mia tristezza decadere eppure il mio dolore rinasce.

ANALISI

Anche questo è un rifacimento di un’opera di Petrarca (Rima 310).


È il classico sonetto e si può notare che le rime sono soltanto due.
Alla fine è presente il distico finale che rima con se stesso.
È un fatto molto raro la presenza di solo due rime perché solitamente il sonetto ha uno
schema complesso di rime.
Il sonetto di Petrarca ha un riferimento alla teologia pagana. In Howard vediamo come
ogni riferimento mitologico scompare (non ci sono riferimenti mitologici come in
Petrarca) perché è molto legato alla natura.
Ciò ci fa capire che Howard, come Wyatt, ispirandosi a Petrarca non si limita a ripetere
senza provare a dare qualcosa di originale.

Questo suo contributo di originalità deriva, come spesso accade nella letteratura
inglese, dall’esperienza diretta.

L’atmosfera della poesia è un’atmosfera festosa, cioè quella della rinascita.


È una tradizione inglese quella della celebrazione della primavera (prima volta nei
Canterbury Tales nel prologo) perché si parla del gusto dell’osservazione della natura:
un’osservazione diretta, cioè realistica rispetto al Petrarca con riferimenti mitologici.
Petrarca descrive la campagna italiana (Howard invece descrive la campagna inglese)
e la sua descrizione è meno realistica: è più derivata dalla letteratura pastorale, quindi
più un’idea convenzionale della natura. Invece quella di Howard è molto più realistica.

Ci sono tutti gli aspetti festosi, i colori che contraddistinguono la rinascita della
primavera. Nella seconda strofa continua la descrizione della primavera con immagini
di animali diversi.
In molti sonetti inglesi la funzione del distico finale è quella di ribaltare il significato del
resto della poesia, cioè quello di dare una nota inaspettata.
Nella poesia il distico finale è una nota di lamento totalmente inaspettata.

In quest’ultima parte del regno di Enrico VIII, che ormai è diventato pazzo, non ci sono
grandi progressi nella letteratura inglese. Infatti, la poesia di Wyatt e Howard continua
ad essere popolare presso la corte e tra le famiglie nobili.
Tra i poeti della seconda metà del XVI secolo ricordiamo Thomas Churchyard e George
Gascoigne. Sono dei poeti non particolarmente originali, ma erano molto popolari.

Gascoigne è l’autore della prima commedia in prosa inglese giunta fino noi, ‘The
Supposes’, utilizzando il blank verse in una sua tragedia.

30

Edmund Spenser (1552 - 1599)


Spenser nasce a Londra da una famiglia del ceto medio piuttosto benestante. Ha
l’opportunità di studiare a Cambridge e dopo gli studi entra a servizio di un nobile.

Cerca subito di farsi notare a corte, infatti, tutto ciò che scrive, lo scrive per farsi bello
agli occhi della regina.

L’obiettivo di Spenser è quello di guadagnarsi la protezione reale. Infatti, dopo la


stesura dell’opera ‘The Faerie Queen’, otterrà una sorta di vitalizio (pensione a vita)
garantitagli dalla regina; ma per tutta la vita soffrirà del fatto di sentirsi sottostimato
dalla corte.

Viene considerato il primo grande poeta dell’inglese moderno e compone un’opera che
in tanti avrebbero voluto fare: raggruppa in un’unica opera, ‘The Faerie Queen’, un po’
tutte le correnti letterarie e filosofiche del suo tempo. Opera una sorta di sintesi fra i
diversi elementi operanti nella poesia dell’epoca Tudor:

• L’influenza dei poeti volgari italiani e francesi;


• L’influenza dei poeti che scrivevano in latino nel Rinascimento;
• L’eredità dei classici;
• Le più avanzate teorie filosofiche di pensiero circolanti in Europa.

La prima opera importante di Spenser è “The Shepheardes Calender”, una raccolta di


dodici dialoghi pastorali ispirate ai 12 mesi dell’anno. Quest’opera è dedicata a Philip
Sidney e prende a modello le “Bucoliche virgiliane”, ma anche opere pastorali ben più
recenti come quelle di Battista Spagnoli il Mantovano.
Inoltre, prende a modello anche opere di Petrarca e di Boccaccio.

La letteratura pastorale era sinonimo di poesia fiacca.


Spenser però insiste su questo genere perché vede un vero potenziale in questo
genere. Con la sua opera inizia il Rinascimento inglese.
L’introduzione è molto elogiativa e vengono magnificate le doti poetiche di Spencer; è
firmata da E.K., probabilmente identificato con Edward Kirk, compagno di studi del
poeta a Cambridge.

È una poesia che si compone di dodici egloghe: ogni egloga è il nome di un mese
diverso che rappresenta la svolta della stagione.
Un’egloga è una breve poesia nella forma di un dialogo o di un soliloquio.
Questi mesi sono scritti tutti in forma diversa, infatti utilizza rime diverse in ogni mese.
I mesi hanno tutti ripetizioni di elementi o argomenti.
Lo stile di questa poesia è influenzata anche da scrittori come Chaucer e Skelton.

Durante il suo viaggio in Irlanda conosce Elizabeth Boyle, che diventerà sua moglie nel
1594 e alla quale dedicherà alcune opere.

Un’altra opera importante è “Amoretti” e fu pubblicata nel 1595 a Londra.


È una raccolta di 89 (88 perché uno si ripete) sonetti amorosi in stile petrarchesco
dedicati e ispirati alla moglie Elizabeth Boyle. Sono ispirati alla tradizione delle poesie
dell’amor cortese, che illustrano il corso del corteggiamento del poeta ad Elizabeth
Boyle, della quale loda la bellezza sia fisica che spirituale. Rappresentano anche un
allontanamento dalla poesia petrarchesca perché Spenser riuscirà a coronare la sua
storia d’amore. Non si parla quindi di amore non corrisposto.

Sempre nel 1595 pubblica l’Epithalamion, un poema che celebra il suo matrimonio,
fondendo temi convenzionali con i sentimenti personali. Il complesso schema metrico
deriva dalla canzone italiana ma gli spunti narrativi provengono dalla tradizione
classica, dal folklore inglese e irlandese e dall’influenza di Chaucer.

31

ONE DAY I WROTE HER NAME UPON THE STRAND

One day I wrote her name upon the strand,


But came the waves and washed it away:
Again I wrote it with a second hand,
But came the tide and made my pains his prey.

“Vain man,” said she, “that dost in vain essay


A mortal thing so to immortalize;
For I myself shall like to this decay,
And eke my name be wiped out likewise.”

“Not so,” quoth I; “let baser things devise


To lie in dust, but you shall live by fame;
My verse your virtues rare shall eternize,
And in the heavens write you glorious name:

Where, whenas Death shall all the world subdue,


Our love shall live, and later life renew.”

TRADUZIONE

Un giorno ho scritto il suo nome sulla spiaggia,


Ma arrivarono le onde e venne lavata via:
Ci provai una seconda volta,
Ma arrivò la marea e fece della mia fatica la sua preda.

“Uomo vano” disse lei, “che cerchi invano di immortalare


una cosa mortale;
io stessa, come questa scritta, sono destinata a morire
E anche il mio nome sarà cancellato allo stesso modo”.

“Non è cosi” dissi io “lasciamo che siano le cose futili


A giacere nelle polvere, mentre tu vivrai per fama;
La mia poesia renderanno eterne le tue virtù,
E scriveranno nei cieli il tuo nome glorioso.

Dove, quand’anche morte dovesse sottomettere tutto il mondo,


Il nostro amore vivrà e sempre avrà vita.”

ANALISI

È sonetto n° 65 dalla raccolta “Amoretti” pubblicato nel 1595.


La donna in tutta la poesia rinascimentale è l’oggetto della poesia, mentre in questa
poesia parla e spiega alcune cose al poeta. C’è un punto di svolta a partire dal nono
verso, dove il poeta riprende la parola.
I canoni sono quelli del sonetto italiano; la novità è che la donna amata prende la parola.
Questa poesia ha il potere di rendere immortale con i suoi versi la donna amata.
Idea della poesia come “poesia eternatrice”: le cose della vita passano, ma ciò che è
stato immortalato attraverso l’arte poetica merita di restare.
E’ la prima volta che la donna cantata nella poesia prende la parola rivolgendosi
direttamente al poeta.
Qui non si celebra la bellezza esteriore della donna, ma si celebra la sua virtù.
Nel finale, viene espressa la capacità di poter superare i limiti terreni grazie alla forza
della poesia.

32








Nel 1596 pubblica “Four Hymns”, quattro composizioni sull’Amore, sulla Bellezza,
sull’Amore Celeste e sulla Bellezza celeste, nelle quali è molto evidente l’influsso del
neoplatonismo rinascimentale.

Il neoplatonismo nasce nel III secolo, in età ellenistica, in un periodo di grandi


sconvolgimenti storici, che di lì a poco porteranno alla caduta dell’Impero Romano, e di
grande fermento filosofico e religioso con il diffondersi del Cristianesimo. Si tratta di
un’interpretazione del pensiero di Platone, data da Plotino che si regge sull’idea
dell’anima Mundi: interpretazione della natura come principio unificante dal quale
prendono forma i singoli organismi che, per quanto diversi fra loro, sono legati fra loro
da una comune anima universale.

Nel Rinascimento, questo interesse per la dottrina rifiorisce per l’interesse nei confronti
di Platone e Spencer ne viene a contatto, soprattutto con le opere dei neoplatonici
italiani, studiando a Cambridge.

Questa dottrina neoplatonica verrà ripresa in chiave cristiana da Sant’Agostino.

A Firenze, nel 1459, nasce l’Accademia Neoplatonica fondata da Marsilio Ficino che
aveva esponenti importanti come Pico della Mirandola e Lorenzo de Medici, i quali
riprendono il discorso di Platone mediato da Plotino e secondo questa dottrina
neoplatonica l’uomo ha la possibilità di ascendere da un’incarnazione terrena della
bellezza alla contemplazione della bellezza in sé, come se dietasse una bellezza divina
e quindi la contemplazione della bellezza diventa quasi un’esperienza religiosa.

I neoplatonici rinascimentali, come Marsilio Ficino, riprendono questa idea e la uniscono


alla concezione medievale di amor cortese, dando luogo a una strana combinazione di
idee che potevano apparire quasi in antitesi.

Amor cortese, platonismo e cristianesimo si fondono insieme nel pensiero di questi


scrittori neoplatonici rinascimentali

Spenser combinerà tutto questo con il suo idealismo protestante, cercando di fare una
sintesi di tutte queste idee presenti nell’idea alla base della Faerie Queen.

La più grande opera di Spenser è ‘The Faeire Queen” ed è un capolavoro incompiuto. È


un poema epico. Viene considerato il tentavo di riunire in un’opera ampia e unitaria
tutte le correnti di pensiero contemporanee. È un’opera molto complessa anche per la
molteplice presenza di toni e registri differenti.

Le ispirazioni sono molteplici: l’allegoria e il romanzo medioevale, l’epica classica, l’etica


aristotelica, il platonismo e il neoplatonismo, l’umanesimo rinascimentale, l’idealismo
protestante, il folklore inglese, l’epica italiana e il patriottismo elisabettiano. Il modello a
cui Spenser si ispira è l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, ma prende ispirazione
anche dalla Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, dall’Eneide di Virgilio e da Omero
che nelle persone di Agamennone e Ulisse ha presentato l’esempio perfetto di un buon
governatore e di un uomo virtuoso.

Inizialmente, l’opera prevedeva 24 libri: 12 libri, ciascuno basato su un diverso cavaliere


che doveva rappresentare 12 virtù private e altri 12 incentrati su Re Artù che dovevano
illustrare 12 virtù pubbliche. La scelta delle virtù era basata sull’etica aristotelica,
mediata dalla visione cristiana di San Tommaso d’Aquino.

Nella lettera di presentazione, Spencer spiega qual è il significato dell’opera, quali sono
le idee alla base, quali sono i modelli di riferimento e qual è il piano dell’opera. Questa
lettera è inserita nella prima pubblicazione. Lo scopo generale di quest’opera è quello
di educare un gentiluomo alla disciplina gentile e cortese. Spencer ha scelto come linea
narrativa la storia di Re Artù perchè rappresenta al meglio il popolo inglese.

33

The Faerie Queen è stato scritto in stanza spenseriana, creata appositamente per la
stesura di quest’opera.

La stanza spenseriana è composta da 9 versi ( 8 pentametri giambici + 1 esametro


giambico, detto verso Alessandrino). Lo schema metrico è ABABBCDCC.

Vengono pubblicati solo 6 libri: 3 nel 1590 e 3 nel 1596.

Libro I -> narra le avventure del Cavaliere della Croce Rossa (rappresenta San Giorgio)
che rappresenta la Santità e viaggia accompagnato da una donna di nome Una, che
rappresenta la Verità. Il cavaliere porta una bandiera bianca con una croce rossa,
simbolo dell’Inghilterra. Il cavaliere deve affrontare una serie di ostacoli sulla via della
santità: Errore (che rappresenta la Chiesa cattolica), Ipocrisia, Falsa Devozione (che
sono altri personaggi allegorici). Ha bisogno della Grazia (personificata da King Arthur)
e della Verità (Una) per vivere nel bene e raggiungere la santità.

Libro II -> ha per protagonista il cavaliere Sir Guyon, simbolo della Temperanza,
insidiato nella salute dell’anima e del corpo da eccessi e malattie di ogni genere. La
casa della Temperanza è abitata da Alma (il corpo umano governato dall’anima) ed è
posta sotto assedio da diverse passioni (il più pericoloso è la ricchezza materiale,
personificata da Mammona) che ne minacciano la salute fisica e spirituale.

Libro III -> ha per protagonista Britomart, un cavaliere donna simbolo della Castità che,
innamoratasi a prima vista di Artegal (simbolo della Giustizia), lo cerca per tutto il
mondo. La sua lancia magica permette a Britomart di sconfiggere qualunque cavaliere
ma viene sconfitta da un cavaliere che si rivelerà essere proprio Artegal. L’influenza di
Ariosto è evidente in questo personaggio che sembra modellato sulla Bradamante
dell’Orlando furioso.

Libro IV -> ha per protagonisti Cambell e Triamond che simboleggiano l’Amicizia


maschile. Il tema generale è quello dell’amore nelle sue varie sfumature. Spencer fonde
idee platoniche con elementi della tradizione dell’amor cortese, il tutto mediato da una
sensibilità cristiana, per dar vita al suo ideale di amore. Prende dell’amor cortese le
passioni più nobili e le armonizza con gli ideali cristiani di matrimonio, mentre rifiuta
con decisione i lamenti, i piagnistei e l’autocommiserazione.
Solo una piccola parte ha per protagonisti questi due cavalieri, perché la maggior parte
del libro riprende la storia del terzo libro.

Libro V -> ha per protagonista sir Artegal, incarnazione della giustizia, che gira per il
mondo riparando torti e infliggendo punizioni. È accompagnato da Talus, un uomo fatto
di ferro, instancabile e invincibile, che uccide senza pietà qualunque malvagio.
Il libro è pieno di allusioni al concetto elisabettiano di giustizia e ai problemi politici
dell’Europa contemporanea.

Libro VI -> ha per protagonista sir Calidore, simbolo della Cortesia: concetto
privilegiato nel rinascimento che non è semplicemente gentilezza ma raggruppa una
serie di virtù previste dal codice cavalleresco, sempre mediato dagli ideali cristiani ->
qui Spenser affronta il tema della gentilezza che riunisce in sé umiltà cristiana, nobile
comportamento, semplicità pastorale e senso cavalleresco dell’onore.

34

PHILIP SIDNEY (1554 - 1586)


Spenser lo vede come un punto di riferimento. È un ideale di gentleman rinascimentale
e non è solo un poeta, ma anche uno studioso e un diplomatico. È un soldato e morirà in
guerra.

Nasce nel 1554 nel Kent, ha la possibilità di studiare ma abbandona gli studi prima di
ottenere il diploma a causa di diversi viaggi diplomatici.

La sua attività diplomatica di ambasciatore, lo porta a viaggiare principalmente presso


le più importanti corti europee -> grazie a ciò verra in contatto con forme culturali più
evolute.

Nel 1579 è andato in Francia per tentare di negoziare un matrimonio fra la regina
Elisabetta e il duca francese d’Alençon, che però non avverrà.

Le sue opere circolano in forma manoscritta e in vita non pubblica mai nulla.

Muore in battaglia nella guerra degli 8 anni tra Olanda e Spagna, a sostengo degli
olandesi.

La prima raccolta di poesie è ‘Astrophel and Stella’: è il suo canzoniere -> una raccolta
principalmente di sonetti, ma anche di canzoni (108 sonetti e 11 canzoni).

Astrophel è il poeta: infatti c’è un gioco di parole con il nome del poeta (Phel), ma è
anche colui che ama le stelle, in particolare colui che ama Stella.
Stella è la protagonista femminile di questo romanzo in forma di poesia perché ci
racconta l’amore del poeta per questa donna.
Ci racconta dalla prima volta che lui la vede fino a quando capisce che non c’è più nulla
da fare perché non potrà mai averla.
Stella è Penelope Deveraux che era la fidanzata del poeta in gioventù: si pensava che le
loro nozze erano imminenti, ma ad un tratto, per ragioni oscure, il fidanzamento viene
rotto e la donna sposa un altro uomo.
Successivamente Sidney sposò Frances Walsingham.
La maggior parte dei sonetti di questa raccolta sono di tipo petrarchesco, tralasciando
un po’ le novità introdotte da Wyatt e Howard.

Nonostante il modello preciso di Petrarca, le sue poesie sono molto originali.

Da un punto di vista formale sono di altissimo livello e segnano un passo in avanti


rispetto a Spenser e Howard.

WITH HOW SAD STEPS, O MOON, THOU CLIMB’ST THE SKY

With how sad steps, O moon, thou climb’st the skies!


How silently, and with how wan a face!
What! may it be that even in heavenly place
That busy archer his sharp arrows tries?

Sure, if that long-with-love-acquainted eyes


Can judge of love, thou feel’st a lover’s case:
I read it in thy looks; thy languished grace
To me, that feel the like, thy state descries.

Then, ev'n of fellowship, O Moon, tell me,


Is constant love deemed there but want of wit?
Are beauties there as proud as here they be?
Do they above love to be loved, and yet

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Those lovers scorn whom that love doth possess?


Do they call ‘virtue’ there—ungratefulness?

TRADUZIONE

Con che stanchi passi, O luna, tu sali per il cielo!


Quanto silenziosamente e con che volto pallido!
Ma come! È possibile che persino nei luoghi celesti
Quell’arciere provi le sue frecce acuminate (cupido)?

Certo, se quegli occhi che da lungo tempo conoscono l’amore


Possono giudicare a proposito dell’amore, tu puoi capire il caso di chi è innamorato:
Lo leggo nei tuoi sguardi; la tua languida grazia,
A me, che simil cosa provo, il tuo stato rivela.

Dimmi allora, o Luna, se non altro per comunanza di sorte,


È lassù l’amore costante giudicato mancanza di ingegno?
Sono lassù le bellezze cosi fiere come qui?
Amano lassù essere amate, e disprezzano pure lì
Gli innamorati che l’Amore ha in suo possesso?
Chiamano lassù Virtù l’ingratitudine?

ANALISI

È il sonetto 31 tratto da ‘Astrophel and Stella’. La struttura è all’inglese, quindi si può


definire petrarchesco per spirito, ma inglese per la forma.
Nella prima quartina abbiamo il poeta che si rivolge direttamente alla luna, alla quale
rivolgerà una serie di domande retoriche dove non c’è risposta se non quella che può
dare il lettore. L’inizio ha un ritmo quasi, con tutti questi monosillabi, che vuole evocare
il passo lento e strascicato della luna, la lentezza e la malinconia e anche lo stesso stato
d’animo dolente per il poeta.
La luna spesso è simbolo di castità perché legata alla dea Diana, la protettrice della
castità e inoltre i raggi della luna sono considerati sterili.
È spesso associata all’amante indifferente, cioè quell’amante che respinge il poeta.
Il poeta si chiede, vedendo l’atteggiamento malinconico e triste della luna, che forse
anche lassù nel cielo sono soggetti all’amore.
In questa prima quartina si può notare molto chiaramente la luna che si fa partecipe dei
sentimenti umani e di conseguenza la condizione esistenziale del poeta e il suo stato
d’animo si dilata fino ad assumere una valenza cosmica, quasi universale.

Questo è un atteggiamento che ha poco di Rinascimentale, ma è molto più romantico;


Sidney è molto più avanti rispetto agli autori del periodo perché con la sua opera
sembra anticipare il Romanticismo. C’è un misto di petrarchesco e inglese: abbiamo il
punto di svolta al nono verso, ma anche il distico finale.
Nella terza quartina abbiamo una serie di domande retoriche dove la luna non può
ovviamente rispondere. C’è una chiara contrapposizione tra there, ovvero il cielo e here,
ovvero la terra. Il poeta sa questa netta distinzione e chiede alla luna come funzioni
lassù.

La contrapposizione tra love e wit è un simbolo: da una parte l’amore è passione che
viene contrapposta alla razionalità e al controllo e in contemporanea c’è la
contrapposizione cielo-terra.

Un’altra opera importante di Sidney è ‘Arcadia’ ed è stata scritta per la sorella minore
Mary. È un romanzo in prosa intercalato da poesie.

36

Esistono due versioni: la versione originale, ‘Old Arcadia’, che non è mai stata
pubblicata fino agli anni 20 del 1900; la versione riveduta, invece, viene pubblicata
direttamente dalla sorella ed è la ‘New Arcadia’ dopo la morte dell’autore.

È un racconto pastorale dalla trama fantasiosa e intricata, con riferimenti politici e


morali. Lo stile è molto sofisticato, ricercato e concettoso e si può definire eufuismo,
cioè quel tipo di linguaggio molto ricercato pieno di metafore di difficile comprensione,
che non lasciano nemmeno una parola al caso.

Prende il nome da un’opera di John Lyly, drammaturgo di questo periodo: nella sua
opera utilizza molti giochi di parole, parallelismi e metafore, allitterazioni e similitudini.

LEAVE ME, O LOVE WHICH REACHEST BUT TO DUST

Leave me, O love which reachest but to dust,


And thou, my mind, aspire to higher things;
Grow rich in that which never taketh rust:
Whatever fades but fading pleasure brings.
Draw in thy beams, and humble all thy might
To that sweet yoke where lasting freedoms be,
Which breaks the clouds and opens forth the light
That doth both shine and give us sight to see.

O, take fast hold; let that light be thy guide


In this small course which birth draws out to death,
And think how evil becometh him to slide
Who seeketh heaven, and comes of heavenly breath.

Then farewell, world! thy uttermost I see:


Eternal Love, maintain thy life in me.

TRADUZIONE

Lasciami, o amore, che non conduci ad altro che alla polvere,


E tu, anima, mia aspira a cosa più elevate;
Arricchisciti in ciò che non arrugginisce mai:
Tutto ciò che svanisce non porta ad altro che a piaceri effimeri.
Ritira i tuoi raggi e umilia tutta la tua potenza,
A quel dolce giogo in cui ci sono le libertà durevoli,
Che rompe le nuvole e apre alla luce
Che allo stesso tempo ci illumina e ci da modo di vedere.

O, tieni duro; lascia che quella luce sia la tua guida


In questo breve corso della nostra esistenza,
E pensa come il male faccia scivolare
colui che cerca il cielo e aspira a un respiro celestiale.

Addio mondo! Vedo il tuo limite massimo:


Amore eterno, mantieni la tua vita in me.

ANALISI

È un sonetto nella forma inglese, quindi con il distico finale. Non fa parte di una raccolta
ma è stato raccolto successivamente sotto il titolo di Sidney’s sonets.

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Dal primo verso, capiamo che si rivolge direttamente all’amore; inoltre abbiamo il rifiuto
dell’amore terreno che è destinato a svanire e a finire in polvere e nello stesso tempo
l’aspirazione a concetti che siano durevoli, cioè la religione e la conoscenza.
La tensione verso l’amore divino è presente in tutto il sonetto, insieme alla necessità di
allontanarsi da tutto ciò che, essendo umano e mortale, svanisce.

Dice alla sua anima di rinunciare ai beni materiali per quelli eterni. Le forze materiali
temporali devono cedere il passo alla durevolezza dell’anima che sia capace di donare
la luce vera della conoscenza.

Quel dolce giogo significa che rinunciare ai piaceri materiali comporta una rinuncia
fissa e materiale che ha il potere di infrangere le nubi e far penetrare la luce che
rappresenta la luce della conoscenza.

Alla fine della terza quartina ci mette in guardia dalle continue tentazioni, da tutti quegli
elementi che sviano l’uomo dalla strada della conoscenza. Il male può essere sconfitto
solo dalla ricerca del bene e del paradiso.
Il distico finale concentra tutto il significato della poesia: si rivolge anche all’amore
eterno che gli chiede di mantenere la tua vita dento di me. Inoltre ci vuole dire che non
scriverà più su cose lontane, di amore carnale, ma scriverà dell’amore di Dio.
Il dolce giogo rappresenta la rinuncia ai materiali, cioè il raggiungere questo stato di
pace dei sensi e di amore eterno comporta chiaramente delle rinunce e dei sacrifici. Il
giogo è qualcosa che ti tiene insieme per forza.

Sidney è un autore importante anche perché scrive quella che è considerata la prima
opera critica della letteratura inglese, intitolata “Defence of poesie”: è stata scritta tra il
1580 e il 1585, ma come tutte le opere di Sidney viene pubblicata dopo la sua morte,
cioè nel 1595.
È molto influenzata dalle teorie di Aristotele e di Orazio filtrati attraverso i critici del
Rinascimento.

La poesia serve e ha bisogno di essere difesa perché è apparentemente inutile, come


tutta la letteratura. Se noi le analizziamo in termini utilitaristici, la letteratura e la poesia
non servono a nulla, ma se le analizziamo in termini di ciò che è utile e indispensabile la
cultura non avrebbe fatto questi enormi progressi.

Sidney risponde alle obiezioni che i puritani, che cominciavano a emergere e ad


affermarsi, muovevano alla letteratura di fantasia.

I puritani sostenevano che nulla era concesso al puro svago e al puro piacere, ma tutto
doveva essere finalizzato a qualcosa di concreto o di relativo.

Sidney sostiene che la poesia è importante. Quindi per lui la poesia ha una funzione
civilizzatrice: aiuta a rendere l’uomo migliore, dandogli dei valori.

Inoltre sostiene che il ruolo del poeta è importante perché il poeta è una specie di
creatore, un artefice, perché crea le cose meglio di come le generi la natura oppure
crea forme completamente nuove mai esistite in natura.

Fa intendere che la poesia è superiore a qualunque altra disciplina, a qualunque altra


arte. È superiore alla filosofia perché la filosofia ci dice come bisogna comportarsi, ma
non fa nulla per incoraggiare il lettore a seguire quei precetti ed è superiore alla storia
perché ci può dire soltanto quello che è accaduto, ma non spinge il lettore alla virtù,
quantomeno non lo fa direttamente visto che il lettore dovrebbe capire dalla storia
come comportarsi, anche se non sempre è così.

La poesia secondo Sidney, oltre a creare un mondo migliore di quello che abbiamo, ci
dà anche delle indicazioni morali e allo stesso tempo come seguirle. Discute i vari

38

generi di poesia e le varie forme; ne fa una sorta di tassonomia discutendo sui vari tratti
di eccellenza: di etica, di amore etc.
Alla fine fa uno stato dell’arte della poesia, cioè esamina la situazione della poesia
contemporanea.

Walter Raleigh (1552 - 1618)


È il destinatario della lettera prefatoria di ‘The Faerie Queen’ in quanto era uno stimato
gentiluomo di corte e anche lui, come Sidney, incarna il perfetto uomo rinascimentale,
un uomo dalle molteplici qualità, versatile e che ha svolto molte attività (esploratore,
chimico, navigatore, politico, soldato, cortigiano e storico). Il suo nome è legato
all’importazione in Europa del tabacco ed è stato uno dei primi ad avviare la
colonizzazione degli Stati Uniti.

Rappresenta la quintessenza del gentiluomo rinascimentale.

Di lui ricordiamo ‘The Ocean to Cynthia’ dedicato alla regina Elisabetta e ‘The Lie’.

Fulke greville (1554 - 1628)


È ricordato per avere scritto la prima biografia su Sidney.
Era un poeta e un drammaturgo e pubblica una raccolta di sonetti ‘Caelica’ e scrive due
tragedie ‘ Mustapha’ e ‘Alaham’.

Dopo Spencer, ci sono una serie di autori che cercano di imitarlo. William Warner e
Michael Drayton prendono da Spencer soprattutto l’elemento di celebrazione
patriottica: in “The Faerie Queen”, un elemento importante è proprio la celebrazione del
nazionalismo patriottico.
William Warner scrisse ‘Albon’s England’ che è una specie di storia d’Inghilterra in forma
di versi; Michael Drayton scrisse delle opere poetiche con scopo storiografico e
didattiche come ‘Mortimeriados’.

In questo periodo, anche sulla poesia comincia a farsi sentire l’influsso dei classici latini
e greci e ritornano le attività di traduzione di opere classiche, come ‘Le vite parallele’ di
Plutarco che vennero tradotte Thomas North, dalla quale prenderanno molti spunti per
le loro opere drammatiche sia Shakespeare che Marlowe. ‘Le metamorfosi’ di Ovidio
tradotte da Arthur Golden saranno una fonte di ispirazione per Shakespeare. Anche i
poemi omerici tradotti da Chapman (Iliade e Odissea).

Tutte queste traduzioni permisero a molti poeti che non conoscevano l’italiano, il latino e
il greco di essere ispirati in maniere diverse.

In questo periodo, oltre ai poemi didattici abbiamo anche le satire: i modelli di


riferimento classici sono di Orazio e Giovenale. Scrivono satire Thomas Lodge, John
Marston e tanti altri.

Un altro genere ripreso in questo periodo è l’epigramma (breve poesia particolarmente


breve ed efficace perché doveva essere incisa su materiali durevoli come pietra e
bronzo. Spesso erano poesie encomiastiche o di elegie funebri) di cui il modello
classico fu Marziale: in Inghilterra, i migliori autori di epigrammi sono John Harrington,
Ben Jonson e John Davies.

Un altro genere tipico è l’emblema, cioè un’illustrazione di carattere simbolico


accompagnata da un breve testo epigrammatico. Hanno sempre come tema quello di
ammonire il lettore oppure invitarlo a fare qualcosa. Il tono è principalmente
moralistico, etico e religioso. Il principale autore inglese di emblemi è Francis Quarles
mentre in Italia, Andrea Alciati.
39

In generale, l’età elisabettiana è l’età di maggior splendore per la letteratura inglese e


anche per la poesia perché vengono sperimentati nuovi generi e nuove forme metriche.

Viene introdotto un nuovo genere che è la canzone che inizialmente, era destinata ad
essere accompagnata con uno strumento musicale.
Il miglior autore di canzoni è Thomas Campion, che era anche musicista e che tentò di
operare una fusione fra musica e poesia. Scriveva sia le liriche sia le musiche, gli
spartiti. Una sua raccolta di canzoni per liuto è ‘Books of Airs’. Era anche lui un uomo da
molti talenti perché era medico, ma ha studiato anche legge ed è morto probabilmente
di peste nel 1619.

La poesia inglese, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, viene divisa in due scuole
originate dalle opere di Ben Jonson e di John Donne: quella dei Cavalier Poets, più
influenzati dai classici latini e greci e quella dei Metaphysical Poets, anche loro
influenzati dai classici ma combinavano i sentimenti individuali del poeta con una certa
sottigliezza intellettuale dei riferimenti filosofici e scientifici che raramente venivano
trattati prima

Questi poeti si staccano dai modi spensierani e ottengono dei risultati migliori rispetto
agli imitatori di Spencer.

I poeti metafisici
Il termine ‘metafisico’ fu usato per la prima volta da John Dryden in senso spregiativo
che non apprezza questi poeti, ma fu reso popolare dal dottor Samuel Johnson in ‘Lives
of the Most Eminent English Poets perché anche lui non apprezza questi poeti e in
questa raccolta, parla anche di alcuni poeti metafisici, criticandoli.

Il giudizio di un critico così importante era in grado di determinare la fortuna di certi


poeti. Se ne parla, hanno un futuro altrimenti, vengono accantonati.

I poeti metafisici, all’inizio ignorati per tutto il 700 e l’800, vennero rivalutati grazie a un
celebre saggio di T.S Eliot, The Metaphysical Poets (1921).
Lui riteneva che questi poeti avessero quello che mancava alla poesia dei primi del
1900: quella forza intellettuale unita a una profonda passione.

Secondo molti, il primo poeta che può essere definito metafisico è stato George
Chapman: è il primo che introduce nella poesia d’amore una nota filosofica e quindi i
suoi versi cominciano a diventare molto più complessi rispetto alla poesia precedente.
Per interpretarli è necessario conoscere alcune teorie e alcuni dettagli filosofici.
Lui fa una raccolta di sonetti che si possono definire anti-petrarcheschi perché vanno
contro quelli che erano i canoni della poesia petrarchesca.

La sua opera più importante è ‘Ovid’s Banquet’. Era una poesia sia intellettualistica che
passionale.

La caratteristica distintiva della poesia metafisica non va identificata in un acuto


intellettualismo, ma nella fusione di pensiero e sentimento, di linguaggio alto e basso, di
stile colloquiale e altamente formalizzato, di realismo e di intellettualismo.

Tutti questi elementi contrastanti vengono usati dai poeti metafisici dando origine a un
prodotto poetico completamente nuovo, soprattutto per la poesia inglese.

40

John donne (1572 - 1631)


Nasce a Londra in una famiglia cattolica, viene allevato perciò secondo questa dottrina.
Aveva tra i suoi antenati Thomas More e uno zio gesuita, martire per la fede.
La sua famiglia ha una lunghissima tradizione cattolica.

Lui studia a Oxford e Cambridge ma non gli viene concesso il titolo, poiché all’epoca
per ottenere i titoli derivanti dagli studi era necessario pronunciare il giuramento di
fedeltà al re come capo religioso.

Si dedica molto ai piaceri nella sua fase giovanile, conduce una vita piena di avventure
amorose e nel frattempo studia legge, viaggia molto anche in Europa.

Questa sua vita gaia finisce bruscamente quando, nel 1553, il fratello Henry viene
arrestato per aver dato rifugio a un prete cattolico (viene rinchiuso nel carcere di
Londra dove muore di peste).

Tutti gli episodi ai danni dei cattolici (e di chi in generale non si piegava alla chiesa
inglese) fanno riflettere Donne sull'opportunità di mantenere la sua fede.
Dopo un periodo di crisi si converte all’anglicanesimo e finisce per coprire ruoli
importanti nella chiesa inglese.
Il vero passaggio avviene nel 1610 quando diventa improvvisamente anticattolico,
prendendo poi gli ordini della Chiesa Anglicana sotto sollecitazione del re Giacomo I.

Dopo alcune esperienze militari intraprende una carriera diplomatica, diventando


segretario di Thomas Egerton.

Si distingue per la sua sregolatezza, innamorandosi della nipote di Egerton, Ann More,
sposandola in segreto.

Quando si viene a sapere, lo zio e il padre non la prendono bene e ciò rovina la sua
carriera politica, finendo per un certo periodo in prigione con il prete che celebra il
matrimonio.

Qualche anno dopo otterrà il perdono del suocero e dopo ciò si ritira in campagna,
dedicandosi al lavoro dell'avvocato per cui aveva studiato e alla poesia.

Da Ann avrà 12 figli e lei morirà nel 1617.

Fino alla sua morte non si risposerà mai, nonostante le abitudini dell’epoca
prevedessero il contrario avendo così tanti figli.

Muore nel 1631.

Riconosciamo 2 fasi della sua carriera:

Nella prima parte della sua carriera, Donne si dedica soprattutto alle satire che
vengono pubblicate dopo la sua morte, ma circolavano come manoscritti durante la sua
vita.
Sono scritte in modo volutamente provocatorio, usa molte espressioni colloquiali, tra cui
alcune volgari ma molto efficaci, mescolate con sofisticati e bizzarri ragionamenti e
metafore ardite.

La caratteristica più importante e più evidente di cui fa uso Donne sarà un espediente
poetico che prenderà il nome di Wit, ovvero raziocinio arguto e ingegnoso, che sarà
l’elemento cardine di tutta la poesia di Donne.

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La parola wit in origine significava intelligenza; dai poeti metafisici in avanti comincia a
essere interpretata come capacità che hanno questi poeti, cioè la loro abilità con le
parole e l’abilità di creare immagini poetiche insolite e inaspettate.
Questo wit non è un elemento esclusivo della poesia inglese perché già all’inizio del
Seicento diverrà l’elemento chiave della poesia inglese, spagnola (con Gongora) e
italiana (con Giambattista Marino).

Ognuno di questi due autori dà origine a due movimenti poetici: il marinismo e il


concettismo, mentre in Inghilterra ci sono i poeti metafisici.

Nelle opere di questi poeti troveremo molta ironia, intrecciata a concetti di profonda
riflessione filosofica; c’è una mescolanza di linguaggio alto e basso, cioè un linguaggio
che si utilizza tutti i giorni con espressioni talvolta oscene unite con dette poetiche
inattese.

Sono molto presenti similitudini insolite e metafore particolare che spesso erano
ricavate dai campi più disperati, cioè che con la poesia non avevano niente a che fare,
per esempio metafore geografiche, astronomiche e riferimenti al mondo magico, fatto
della mescolanza di generi non è una novità assoluta perché lo stesso Shakespeare
aveva utilizzato nella stessa opera generi diversi (per esempio in “Romeo e Giulietta”
mischia due generi ben diversi, cioè la tragedia e la commedia; mischia un linguaggio
basso, come quello dei servitori, con un linguaggio altamente formalizzato, come quello
di Romeo).

Anche lo stesso Sidney nella sua “Arcadia” aveva alternato momenti di linguaggio
colloquiale a momenti poetici molto più elevati.
La differenza tra Shakespeare e Sidney rispetto ai poeti metafisici è che se
Shakespeare e Sidney vanno incontro al concetto del wit solo occasionalmente, per i
poeti metafisici invece è il centro della loro poesia.

Donne scrisse alcune elegie, cioè delle poesie che possono essere funeree, in memoria
di qualcuno, oppure possono essere encomiastiche ovvero di elogio a qualcuno.

in queste elegie comincia a trattare l’amore in maniera abbastanza insolita rispetto a


quello che era la tradizione: ci sono alcune poesie più ciniche che hanno per argomento
i paradossi e le vanità della passione, dell’amore dei sensi, altre che sono dei semplici
esercizi di ingegnosità, in cui l’autore fa le prove per la poesia successiva, mentre alcune
sono anche dedicate alla moglie dove raccontano il loro amore con una nota ironica e
divertita, anche se la sua storia d’amore con la moglie non è stata una storia facile.

Per quanto riguarda il primo periodo di attività di Donne, l’opera più importante è
“Songs and Sonnets”: quest’opera, come il titolo fa capire, contiene canzoni e sonetti e
verranno pubblicati nel 1633 solamente dopo la morte del poeta, ma come sempre
circolano in forma manoscritta. Il tema predominante è l’amore, la passione ma molte
sono anche ciniche; sono scritte in momenti diversi e quindi sono anche indirizzate a
persone diverse.

Una caratteristica delle poesie di Donne sono gli inizi, perché lui punta molto sull’inizio
folgorante e spesso viene ricordato nel primo verso; ribalta quello che è il sonetto
inglese che ha negli ultimi versi il finale con la novità, mentre nelle sue poesie si inizia
con la novità e poi si sviluppa il pensiero.

Molte volte è una domanda e in qualche modo con questo inizio attira l’attenzione del
lettore.
Lo sviluppo del pensiero nella maggior parte dei casi è un ragionamento logico.

SONG: GO AND CATCH A FALLING STAR

Go and catch a falling star,


Get with child a mandrake root,

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Tell me where all past years are,


Or who cleft the Devil's foot,
Teach me to hear Mermaids singing,
Or to keep off envy's stinging,
And find
What wind
Serves to advance an honest mind.

If thou be'est born to strange sights,


Things invisible to see,
Ride ten thousand days and nights,
Till age snow white hairs on thee;
Thou, when thou return'st, wilt tell me
All strange wonders that befell thee,
And swear
No where
Lives a woman true and fair.

If thou find'st one, let me know,


Such a Pilgrimage were sweet;
Yet do not, I would not go,
Though at next door we might meet:
Though she were true, when you met her,
And last, till you write your letter,
Yet she
Will be
False, ere I come, to two or three

TRADUZIONE

Vai a prendere una stella cadente,


Metti incinta una radice di mandragola*,
Dimmi dove sono tutti gli anni passati,
E dimmi chi ha diviso il piede del diavolo,
Insegnami ad ascoltare il canto delle sirene**,
Oppure insegnami a scansare le frecce dell’invidia,
E scopri
Quale vento
Serve per fare avanzare un animo onesto.

Se tu sei nato per vedere strani prodigi,


Cose impossibili da vedere
Cavalca per migliaia di giorni e notti,
Fino a quando invecchi;
Quanto ritornerai,
Mi dirai
Tutti gli strani prodigi che ti sono accaduti
E giurerai
Che da nessuna parte
Vive una donna fedele e bella***.

Se ne trovi una fammelo sapere,


Sarebbe do lce un tale pellegrinaggio;
No ma non farlo, non ci verrei nemmeno,
Anche se fosse alla porta accanto non vorrei
Perchè dal tempo che l’hai incontrata
Lei non sarà
Già più fedele
E ti avrà già tradito due o tre volte.

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* pianta che si narrava nascesse dallo sperma degli impiccati nel momento della morte
e che al suo suo strappo si sentisse un urlo umano.
** quelle considerate benevole, e precisa il tipo di sirene, ovvero quelle raffigurate come
metà umane e metà pesce.
***facendo intendere che questi prodigi sono niente in confronto a trovare una donna
bella e fedele.

ANALISI

Questa è una poesia misogina che rappresenta l’idealizzazione delle donne con il
tradizionale pregiudizio che bellezza e fedeltà non possano essere associati. In questa
poesia si può vedere l’uso del Wit considerando gli accostamenti insoliti e originali.

Fase intermedia:
Nella piena maturità di Donne, la sua poesia si spostò su tematiche più filosofiche e
religiose. ‘The progress of the Soul’ è un poemetto che narra il viaggio fatto dal frutto di
proibito di Eva (ovvero l’anima dell’eresia) dalla sua comparsa nell’Eden fino alle
successive incarnazioni in tutti i grandi eretici della storia.

Altre opere notevoli di Donne sono i due “Anniversaries”, ovvero elegie funebri in morte
della figlia di Robert Drury, all’epoca sua patrono.

Gli ultimi anni della sua vita Donne scrisse i “Divine Poems”, dove il mondano e arguto
poeta giovanile (Jack Donne) si è trasformato in un ecclesiastico (John Donne). È una
raccolta di poesie religiose. I migliori componimenti affrontano con originalità di temi e
stile il rapporto fra uomo e Dio, con tutte le sue contraddizioni e i suoi paradossi. Queste
poesie furono scritte dopo la morte della moglie, quando ormai Donne aveva
abbandonato completamente la vita mondana e sensuale per dedicarsi esclusivamente
a riflessioni religiose.

Le migliori poesie religiose di Donne sono solo i diciannove “Holy Sonnets”, dove ritorna
la combinazione fra passione e raziocinio della poesia giovanile. I componimenti
mostrano la mescolanza di speranza e angoscia che caratterizza l’uomo religioso alla
ricerca del giusto rapporto con Dio.

BATTER MY HEART

Batter my heart, three-person'd God, for you


As yet but knock, breathe, shine, and seek to mend;
That I may rise and stand, o'erthrow me, and bend
Your force, to break, blow, burn, and make me new.

I, like an usurp'd town to another due,


Labour to admit you, but oh, to no end;
Reason, your viceroy in me, me should defend,
But is captiv'd, and proves weak or untrue.

Yet dearely I love you, and would be lov'd fain,


But am betroth'd unto your enemie;
Divorce me, untie or break that knot again,
Take me to you, imprison me, for I,

Except you enthrall me, never shall be free,


Nor ever chaste, except you ravish me.

TRADUZIONE

Sfasciami il cuore, Dio di tre persone,


Perchè tu fin ora ti sei limitato a fare luce, sussurrare e cercare di correggermi;
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Affinché io possa alzarmi e restare in piedi, tu fammi cadere e usa


La tua forza per spezzarmi, farmi esplodere, bruciarmi e rendermi una persona nuova.

Io, come una città usurpata, dovuto a un altro,


Cerco di ammetterti, ma oh, non ci riesco;
La ragione, il tuo vincere me, dovrebbe difendermi,
Ma è catturato, e si rivela debole e infido.

Tuttavia, ti amo e sarei amato volentieri,


Ma sono fidanzato col tuo nemico.
Lasciami, snoda o rompi ancora quel nodo;
Prendimi con te, imprigionami, perchè io,

A meno che tu mi faccia schiavo, non sarò mai libero,


E nemmeno casto, a meno che tu mi violenti.

ANALISI

È il sonetto 14 dei holy sonnets ed è composto da pentametri giambici


Donne rivolge una richiesta a Dio, vista nella sua triplice persona. Solo Dio, è in grado di
educare gli uomini, correggendo i loro errori e rivolgendosi a lui, Donne gli chiede di
distruggerlo e di farlo rinascere come persona nuova perché solo Dio, secondo il poeta,
è capace di fargli superare le preoccupazioni di tutti i giorni.

Dalla seconda quartina si nota come il poeta sia ossessionato in negativo dal peccato e
cerca sempre di usare in tutti modi la razionalità per sfuggire alla tentazione.
Afferma anche che le sue azioni siano false e cattive e per questo si onderà un vero e
proprio prigioniero del diavolo. Considera Dio come buono e sostiene che ogni uomo
deve farsi guidare da lui e amarlo, perché conduce alla salvezza.

In questa poesia, si intravede la duplice condizione di Donne: da un lato è peccatore ma


dall’altro vorrebbe poter amare Dio in maniera incondizionata.
Per Donne ci si può considerare liberi solo se siamo ‘schiavi di Dio’. Ha infatti come unico
desiderio quello di voler cambiare stile di vita, liberandosi dalle passioni e dal peccato
per poter diventare uomo nuovo.

Ultima fase:

Negli ultimi anni Donne scrisse essenzialmente sermoni tra cui particolarmente famoso
è ‘Devotis Upon Emergent Occasion’, il quale tratta di meditazioni sulla morte e che
contiene l’espressione conosciuta “no man is an Island”, per far intendere che nessun
uomo basta a se stesso ma ogni uomo è parte del tutto e che se una sola zolla venisse
portata via dal mare l’Europa sarebbe diminuita.
“Ogni morte d’uomo condiziona anche me poiché io sono coinvolto nell’umanità e
perciò quando sentite suonare una campana non chiedetevi per chi suona quella
campana perché sta suonando per te” -> passaggio più conosciuto e citato.

I poeti metafisici si dividono in religiosi e non religiosi.

45

George herbert (1593 - 1633)


È uno dei più conosciuti tra i poeti metafisici di ispirazione religiosa ed entrerà in
politica. Sarà un membro del parlamento e ripiegherà poi sulla vita ecclesiastica,
prendendo gli ordini della chiesa anglicana e ritirandosi poi in campagna fino alla
morte.

Lui non pubblicò mai nulla nel corso della vita ma sul letto di morte darà il suo
manoscritto a un amico intitolato ‘THE TEMPLE SACRED POEMS AND PRIVARE
EJACULATION’, dicendo di pubblicarlo se l’avesse ritenute di aiuto a qualche anima
bisognosa oppure di bruciarla. Ha una sensibilità diversa da Donne e non viene
presentato il suo rapporto personale con Dio ma Herbert metterà il suo lavoro pastorale
al primo posto.

Si percepisce nella sua poesia una tensione ma allo stesso tempo uno spirito di calma e
di fiducia con la semplicità di un pastore saggio e comprensiva.

Userà la PATTERN POETRY (POESIA CONCRETA) -> le parole vengono disposte in modo
da suggerire un’immagine, non viene inventata da lui ma verrà particolarmente
sfruttata da lui.

Come ad esempio, in 'THE ALTAR’ dove i versi sono posti in modo da suggerire un altare.

Un altro esempio è ‘EASTER WINGS’ che è posta in una maniera che va a suggerire la
forma delle ali.

EASTER WINGS

Lord, who createdst man in wealth and store,


Though foolishly he lost the same,
Decaying more and more,
Till he became
Most poore:
With thee
Oh let me rise
As larks, harmoniously,
And sing this day thy victories:
Then shall the fall further the flight in me.

My tender age in sorrow did beginne:


And still with sicknesses and shame
Thou didst so punish sinne,
That I became
Most thinne.
With thee
Let me combine
And feel this day thy victorie:
For, if I imp my wing on thine
Affliction shall advance the flight in me.

TRADUZIONE

Signore, che hai creato l’uomo in ricchezza e abbondanza,


Benché stupidamente le perse,
Decadendo sempre di più,
Finché diventò,
Infinitamente povero:
Con te
46

Lasciami salire
Come allodole, armoniosamente,
E canta oggi le tue vittorie:
Po che possa il caso dare maggiore impulso in me.

La mia dolorosa età cominciò nel dolore:


E ancora in malattia e vergogna
Tu hai punito così il peccato,
Che diventai
Estremamente misero.
Con te
Lascia che io mi unisca,
E sentire oggi la tua vittoria;
Poiché, se innesto le mie ali sulle tue,
L’afflizione possa dare impulso al volo in me.

ANALISI

Richard crashaw (1613 - 1649)


È l’unico poeta metafisico religioso cattolico e ha vissuto a Roma e morirà in Italia in
circostanze misteriose, a Loreto.

La sua raccolta più notevole è ‘Steps to the Temple’, chiaro riferimento al tempio di
Herbert.

Caratteristica di questo poeta è l’uso dell’erotismo e di altre immagini di desiderio fisico


per descrivere il suo anelito religioso.

Lo stile ricco di arguzie e la mescolanza di immagini sensuali e spirituali riflettono il


gusto europeo dell’epoca.

Henry Vaughan (1621 - 1695)


Si considerava discepolo di Herbert e a lui attribuiva l’allentamento dalle acque torbide
e traboccano della poesia profana e la conversione alla poesia religiosa.

È conscio del velo che separa il tempo dall’eternità, l’uomo da Dio, ed è perennemente
alla ricerca di mezzi per penetrarlo.

Il mondo della natura e delle cose per lui è un mondo di creature e di oggetti che,
esistendo a un livello più primitivo di quello dell’uomo, hanno un contatto più stretto con
la realtà spirituale.

Un altro tema frequente in questo autore è l’infanzia, proprio perché il bambino è più
vicino a Dio e Vaughan vorrebbe tornare ai giorni felici dell’infanzia quando risplendeva
e quando nell’anima era puro.

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Thomas traherne (1637 - 1674)


Al centro delle sue poesie, c’è l’idealizzazione della fanciullezza. È un poeta che rimase
sconosciuto fino alla fine dell’800, quando venne scoperto il manoscritto che contenga
tutte le sue poesie e un’opera in prosa che meglio esprime la sua filosofia, ovvero la
ricerca dell’innocenza e della gioia.

Il suo atteggiamento di fronte alla vita è quello di un bambino che apprezza tutto ciò
che lo circonda.

I temi delle sue opere sono: il mondo, la natura e l’infanzia. Le maggiori poesie dove è
presente questi temi sono ‘Wonder’ e ‘Eden’.

Alcuni temi sono molto simili a Vaughan, infatti all’inizio le sue poesie erano state
attribuite a lui.

Fra i poeti metafisici, ci furono anche autori di poesie profane che non trattano quindi il
tema religioso.

Questi autori continuano l’opera del Donne giovanile, ma preferiscono ispirarsi al poeta
che scrive poesie d’amore, d’omaggio e meditative.

Fra i più importanti ricordiamo Abraham Cowley e Andrew Marvell.

Abrham Cowley (1618 - 1667)


Era una sorta di bambino prodigio perché scrive la sua opera a soli 10 anni, ispirata alla
Metamorfosi di Ovidio.

Samuel Johnson, il grande critico della letteratura inglese, critica molto le sue opere
perché sostiene che la sua poesia non ha alcun potere di seduzione e non producono
sul lettore alcun effetto emotivi.

La critica moderna ha tentato di addolcire questa critica, all’inizio molto cruda.

La sua poesia ha molte influenze classiche. Incarna il passaggio da un’epoca all’altra: la


sua poesia preannuncia il neoclassicismo del 700 e al tempo stesso richiama allo stile
dei metafisici.

Fu molto popolare in vita e la raccolta completa delle sue opere, pubblicate dopo la sua
morte, fu racchiuso nella raccolta ‘Works’.

Andrew Marvell (1621 - 1678)


Nasce nello Yorkshire e studia a Cambridge.

Fin dall’inizio prende la parte dei repubblicani, come Milton ed è un poeta molto simile a
Donne della poesia amorosa.

Nei suoi versi migliori riesce a combinare il wit metafisicò con una certa eleganza di
stampo classico.

Tutte le sue poesie vengono pubblicate nel 1681, qualche hanno dopo la sua morte.

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Come Milton è un poeta a sé, isolato ma che ha molti contatti con la letteratura.

Quando i repubblicani salgono al potere, Milton sarà nominato segretario del Latino
(una sorta di ministro della cultura e degli esteri) e Marvell diventerà suo assistente.

Nel 1650 comincia anche il lavoro di tutor: diventa il precettore della figlia di un
importante uomo politico puritano. E proprio durante questo periodo in cui è precettore,
scrive per questa ragazza la maggior parte dele sue opere.

Dal punto di vista formale, è molto preciso e disciplinato ma in questi libri, riesce a
introdurre con grande abilità il wit, tipico dei metafisici.

Marvell tentò con la sua poesia una sintesi personale degli elementi contrastanti che
caratterizzavano il suo tempo.

Talvolta, il poeta riesce a inserire le sue arguzie fantasiose nel ritmo austero dei versi,
producendo una poesia al tempo stessa contemplativa e stimolante, solennemente
formale e misteriosamente suggestiva.

La sua poesia più nota è “W”, nella quale il poeta si dimostra un abilissimo manipolatore
di immagini paradossali e fa anche il miglior uso del wit nei campi più paradossali.

Marvell sarà il maggio esempio di Elliot, il quale fa chiari omaggi a lui in alcuni suoi
versi.

Altre poesie memorabili di Marvell: ‘The definition on love’ e ‘on a drop of dew (poesie
amorose); ‘the oration ode upon Cromwell’s’ e ‘return from Ireland and
Bermudas’ (poesie politiche e sociali).

La prima è un ode al re Carlo I, mentre la seconda è la storia di un gruppo di puritani


che attraversa l’Atlantico.

C’è sempre una ricchezza di immagini e austerità nei versi, quasi perfetta nel suo
genere e perfettamente strutturata.

TO HIS COY MISTRESS

Had we but world enough, and time,


This coyness, Lady, were no crime
We would sit down and think which way
To walk and pass our long love's day.
Thou by the Indian Ganges' side
Shouldst rubies find: I by the tide
Of Humber would complain. I would
Love you ten years before the Flood,
And you should, if you please, refuse
Till the conversion of the Jews.
My vegetable love should grow
Vaster than empires, and more slow;
An hundred years should go to praise
Thine eyes and on thy forehead gaze;
Two hundred to adore each breast,
But thirty thousand to the rest;
An age at least to every part,
And the last age should show your heart.
For, Lady, you deserve this state,
Nor would I love at lower rate.

But at my back I always hear


Time's wingèd chariot hurrying near;

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And yonder all before us lie


Deserts of vast eternity.
Thy beauty shall no more be found,
Nor, in thy marble vault, shall sound
My echoing song: then worms shall try
That long preserved virginity,
And your quaint honour turn to dust,
And into ashes all my lust:
The grave's a fine and private place,
But none, I think, do there embrace.

Now therefore, while the youthful hue


Sits on thy skin like morning dew,
And while thy willing soul transpires
At every pore with instant fires,
Now let us sport us while we may,
And now, like amorous birds of prey,
Rather at once our time devour
Than languish in his slow-chapp'd power.
Let us roll all our strength and all
Our sweetness up into one ball,
And tear our pleasures with rough strife
Thorough the iron gates of life:
Thus, though we cannot make our sun
Stand still, yet we will make him run.

TRADUZIONE

Alla sua signora ritrosa

Se avessimo abbastanza mondo e tempo,


Signora mia, questa sua ritrosia non sarebbe un delitto.
Ci potremmo sedere a pensare in che modo
Trascorrere la nostra lunga giornata d’amore.
Tu potresti andare sulle rive del Gange
A cercare pietre preziose: mentre io me ne starei
Sulle rive dell’Humber a lamentarmi.
Ti amerei da 10 anni prima del diluvio universale,
E tu se vuoi potresti rifiutarti
Fino alla conversione degli ebrei.
Il mio amore vegetale crescerebbe
Più vasto e più lentamente degli imperi.
100 anni impiegherei per elogiare
i tuoi occhi e il tuo sguardo;
200 anni impiegherei per adorare ciascun seno,
Ma trentamila per il resto;
Un’epoca intera per ciascuna parte del tuo corpo,
E l’ultima epoca svelerebbe il tuo cuore,
Perché signora, tu meriti questa celebrazione,
E io non vorrei amarvi a minor prezzo.

Ma alle mie spalle sento sempre


Il carro alato del tempo avvicinarsi più velocemente;
E laggiù davanti a noi si aprono
Deserti di vasta eternità.
Della tua bellezza non ci sarà più traccia,
E nella tua tomba di marmo non si sentirà
Più echeggiare il mio canto: allora solo i vermi
tenteranno quella verginità che a lungo avete preservata,
e il vostro strano Onore sarà mutato in polvere,

50





















tutta la mia lussuria trasformata in cenere.
Certo la tomba è un luogo intimo e bello,
ma dubito che alcuno vi voglia fare all’amore.

Dunque, mentre la tinta della giovinezza


Ora si posa sulla pelle come rugiada del mattino,
E mentre la tua anima generosa
Sprizza da ogni poro di entusiasmo,
Divertiamoci finché possiamo,
E ora come uccelli da preda amorosi,
subito divoriamo il nostro tempo
piuttosto che farci masticare noi dal tempo.
Tutta la nostra energia, tutta la nostra dolcezza
cerchiamo di addensarla in un'unica Sfera:
gettiamo i nostri piaceri con rude violenza
oltre i cancelli di ferro della Vita. Così
sebbene non si possa obbligare il nostro sole
a fermarsi, possiamo tuttavia obbligarlo a correre.

ANALISI

È una poesia composta da 3 stanze. Nella prima si introduce un’ipotesi, nella seconda si
nega e nella terza si conclude e si risolve, c’è una sorta di conquista del tempo, una
volontà di farsi più forti del tempo grazie alla passione presente.

Prima stanza -> Se avessero a disposizione tutto il tempo del mondo, allora andrebbe
tutto bene e lui non dovrebbe insistere con lei per una relazione sessuale. Ma non c'è
tempo da perdere.

Seconda stanza -> Davanti a loro c'è l'eternità, un vasto deserto dove entrambi si
trasformeranno in polvere e cenere nella tomba. La bellezza morirà.

Terza stanza -> Dovrebbero divorare il tempo prima che li divori.

Alternanza di dimetri e tetrametri giambici in distici rimati.


Venne scritta intorno al 1650-51.

Anche se parla in prima persona, sembra che riporti le parole di qualcun altro, cioè che
si immedesimi nel ruolo di un giovane innamorato.

Sono presenti dei riferimenti biblici: il diluvio universale e la conversione degli ebrei
(secondo le sacre scritture dovrebbe avvenire prima della fine del mondo).

Fa riferimento ad un amore vegetale, cioè un amore che richiede tempo per curarlo e
farlo crescere come una pianta per anni e anni.

Il wit metafisico viene utilizzato nei campi più disperati, per esempio nella geografia,
nell’esotismo (India), la religione (con le Sacre Scritture: diluvio universale e
conversione degli ebrei), scienza (vegetable), storia (imperi), anatomia (ciascuna parte
del tuo corpo).

La caratteristica principale di questa poesia è che è una sorta di sillogismo, cioè di


ragionamento intellettuale.

Questa poesia è il classico motivo del “carpe diem”. Ci sono due motivi classici della
letteratura:

-> Dottrina della ‘Wasted Beauty’ (bellezza sprecata): è un invito a non sprecare la
bellezza. La bellezza è sinonimo di ricchezza, come se la ricevesse in prestito dalla

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natura. Chi la riceve in prestito ha il dovere di investirla, cioè di procreare per poterla
tramandare ai posteri.
Infatti la castità è il sinonimo di avarizia, povertà.
Shakespeare affronterà il tema della “Wasted Beauty” nei cosiddetti “sonetti
matrimoniali”: spingerà il suo interlocutore a sposarsi e fare figli.

-> Tema del ‘Carpe Diem’: è un concetto diffuso nella poesia classica. Viene ripreso nel
Rinascimento in chiave meno filosofica rispetto ad Orazio, come semplice invito a
godere del presente. Un particolare esempio è la ‘Canzone di Bacco’ di Lorenzo de
Medici.

“Quant’è bella giovinezza


Che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.”

Queste due dottrine si ritrovano nell’ultima parte di questa poesia.

I cavalier poets

Ben johnson (1572 - 1637)


È il punto di riferimento dei Cavalier Poets. È il più grande drammaturgo insieme a
Shakespeare e Marlowe nel teatro elisabettiano.

Nasce a Westminster, già orfano di padre, e studia alla Westminster School grazie al
sostegno economico di alcuni amici di famiglia, ma non frequenta l’università.

Comincia la sua carriera drammatica e poetica intorno al 1595 – 96 e comincia ad avere


problemi con la censura.

Attraverso una presa in giro del modo di parlare e i costumi scozzesi, vuole prendere in
giro James I, che era di origine scozzese. Per questo motivo viene incarcerato; finisce in
prigione anche per aver ucciso in duello un'altra persona.

Ha una vita segnata da diverse disavventure, ma ha grande successo come


drammaturgo e soprattutto ha una grande consapevolezza di sé come autore.

È il primo autore in assoluto che pubblica ancora in vita una raccolta delle sue opere,
intitolata ‘Works of Ben Johnson’.

Il genere per cui si distinse Ben Jonson furono gli epigrammi, destinati a essere incisi su
materiale durevole (marmo, bronzo): infatti dovevano avere due caratteristiche, cioè
essere brevi e essere efficaci.
Tutte le sue opere poetiche le pubblicò nel 1616 con il titolo di “Epigrammes”, l’opera che
Jonson considerò la sua migliore e che preferì ai suoi drammi.
Le sue opere migliori furono proprio gli epigrammi satirici, con modello Marziale, o
quelli commemorativi, come quello per l’attore fanciullo Salomon Pavey.

AN EPITAPH ON S.P., A CHILD OF QUEEN ELIZABETH'S CHAPEL

Weep with me all you that read


This little story:
And know, for whom a tear you shed,
Death's self is sorry.
'Twas a child that did so thrive
In grace and feature,
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As heaven and nature seemed to strive


Which own'd the creature.
Years he number'd scarce thirteen
When fates turn'd cruel
Yet three fill'd Zodiacs had he been
The stage's jewel;
And did act (what now we moan)
Old men so duly,
As, sooth, the Parcæ thought him one,
He play'd so truly.
So, by error, to his fate they all consented;
But viewing him since, (alas, too late),
They have repented.
And have sought (to give new birth)
In baths to steep him;
But, being so much too good for earth,
Heaven vows to keep him.

TRADUZIONE

Piangete con me voi tutti che


Leggete questa piccola storia:
E sappiate che, per colui che state piangendo,
La morte è dispiaciuta.
Era un bambino che era florido
di grazia bellezza.
Al punto che il cielo e la terra sembravano
Lottare su chi possedesse questa creatura.
Aveva a malapena 13 anni
Quando il fato si fece crudele
Eppure già da 3 anni era
Il gioiello del teatro;
E recitava (che è ciò che adesso piangiamo)
I vecchi cosi bene
Che forse le parche lo credettero uno di loro
Per quanto era bravo.
Tutte e 3 si trovarono d’accordo sul suo destino
ma poi vedendolo,
Si sono pentite
E per ridare la vita
Lo hanno cercato di immergere nell’acqua;
Ma essendo troppo bello per la terra,
il cielo ha deciso di tenerselo.

ANALISI

Sono dimetri e tetrametri giambici in distici rimati.

È una rielaborazione di un epigramma di Marziale (n°53 del X libro).


Nel suo epigramma ci parla di un attore bambino: fino a Shakespeare nessuna donna
poteva recitare e per interpretare le parti femminili c’erano questi ragazzini
adolescenti.

Salomon Pavey aveva circa 13 anni quando è morto e nonostante la sua giovane età era
un famoso attore; faceva parte di una compagnia patrocinata direttamente dalla regina
Elisabetta, dove c’era un gruppo di giovani attori. Aveva recitato in alcune opere dello
stesso Jonson e lo stesso autore piange la morte prematura del ragazzo.

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Muore nel 1602 e viene scritta nell’immediato, ma tutte le poesie di Jonson vengono
pubblicate nel 1616 tutte insieme. Il riferimento alla cultura classica non si ritrova solo
nella forma e nello stile, ma anche nel riferimento degli ultimi versi alle Parche, divinità
mitologiche che avevano il compito di vegliare sulla vita degli uomini dalla vita alla
morte, tagliandone il “filo”.
Le Parche erano l’equivalente latino delle Moire, cioè quelle tre divinità che erano
arbitre del destino umano: Nona (Clotho) tesseva il filo della vita, Decima (Lachesis)
misurava il filo della vita e Morta (Atropos) lo tagliava.

ON MY FIRST SON

Farewell, thou child of my right hand, and joy;


My sin was too much hope of thee, lov'd boy;
Seven years tho' wert lent to me, and I thee pay,
Exacted by thy fate, on the just day.
O, could I lose all father, now! For why
Will man lament the state he should envy?
To have so soon 'scap'd world's and flesh's rage,
And if no other misery, yet age?
Rest in soft peace, and, ask'd, say, “Here doth lie
Ben Johnson his best piece of poetry.”
For whose sake henceforth, all his vows be such,
As what he loves may never like too much.

TRADUZIONE

Addio, figlio della mia mano destra, e gioia;


Il mio peccato è stato quello di riporre troppe speranze in te;
Per 7 anni tu mi fosti prestato e adesso ti pago,
Esatto dal fato, nel giorno preciso.
Potessi perdere l’essere padre, adesso! Perché l’uomo
Dovrebbe lamentare una condizione che dovrebbe invidiare?
Di essere sfuggiti cosi presto all’ira del mondo e della carne,
E se non ad altra miseria, alla vecchiaia?
Riposa in pace, e se ti viene chiesto, dì ‘Qui giace la più bella poesia di Ben Johnson’.
Per amore della quale, giura che
Tutto ciò che ama, non amerà mai troppo.

ANALISI

Sono distici di pentametri giambici.

È un’elegia composta poco dopo la morte di peste del figlio nel 1603.
È una testimonianza del dolore di Jonson sulla scia della morte del figlio. Nella sua
disperazione, Jonson deve affrontare alcune delle domande più difficili che un poeta - e
una persona - possa affrontare. Si chiede se potrà mai riprendersi da un colpo così
violento e si chiede se qualcosa possa compensare la sua perdita.

I cavalier poets vengono chiamati anche ‘Sons of Ben’ e sono quei poeti che subirono
maggiormente l’influsso di Ben Jonson. Hanno un impostazione più classicista rispetto ai
poeti metafisici. La loro caratteristica era l’eleganza e la chiarezza espositiva piuttosto
che le stravaganti arguzie dei seguaci di Donne. Per esempio il tema dell’amore non
l’affrontano con quell’arguzia tipica dei metafisici, ma lo fanno tenendo a modello la
poesia greca e latina, quindi con una certa raffinatezza. Di questo gruppo fecero parte
Robert Herrick, Richard Lovelace, Thomas Carew e John Suckling.

Robert Herrick (1591 - 1674)


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È fra i seguaci di Jonson quello più importante. Si ispira alla lirica classica e cerca di
perseguire l’ideale poetico dell’eleganza e della timidezza formale.

Nasce a Londra e comincia il lavoro di apprendista orafo presso uno zio; studia a
Cambridge e nel 1623 prende gli ordini sacri.

Nonostante sia uomo di Chiesa, nella sua poesia emergono molti elementi
paganeggianti: allo stesso tempo, si ispira al paganesimo antico, quindi alla mitologia, e
a un paganesimo più moderno e locale, quindi al folklore inglese, riuscendo a
sintetizzare elementi classici, cristiani e della tradizione inglese.
La sua opera principale, le “Hesperides”, viene pubblicata nel 1648 e si apre con un
componimento, “The Argument of This Book”, nel quale il poeta elenca tutti i temi che
tratterà: la vita di campagna, il mutare delle stagioni, le usanze dei villaggi, l’amore, la
gioventù, le credenze mitiche della tradizione inglese.

Herrick prende come modelli, oltre che Ben Jonson a cui dedicò almeno 5 poesie, poeti
classici come Catullo, Anacreonte ma soprattutto Orazio, dal quale sfrutta il tema del
“carpe diem”. Diversamente da Marvell, per Herrick l’amore è legato più a modelli
classici, il che non significa che sia privo di sensualità.
L’amore verso la donna è da lui celebrato più come godimento sensuale che come
passione.
Le sue liriche sono spesso indirizzate a donne immaginarie con nomi classicheggianti
come Julia.

Altri cavalier poets furono Thomas Carew, che cerca di operare una sintesi tra l’influsso
classico di Jonson e le arguzie metafisiche di Donne, attraverso una poesia allo stesso
tempo arguta e formalmente raffinata, e Sir John Suckling, che scrisse opere molto
raffinate e con molti riferimenti classici, spesso inserendole all’interno di opere
drammatiche, la più nota delle quali è Aglaura.

Richard Lovelace è forse il più autentico cavalier poets perché la sua poesia d’amore
rivela una vena di spirito cavalleresco che lo avvicina alla miglior poesia cortese
rinascimentale.
Nelle sue poesie migliori, Lovelace ricorda il vigore di Wyatt e, sull’esempio di Spencer e
Sidney, combina l’ideale dell’amore e della bellezza con quello dell’onore e della vita
esemplare.
La sua poesia più nota, in cui il concetto chiave è la vera libertà come quella racchiusa
nello spirito non quella determinata dalle condizioni fisiche, è “To Althea, from Prison”,
scritta in carcere (problemi al livello politico per la sua opposizione a determinati
uomini di potere).

Dal 1625, dopo James I sale al potere Charles I ma nessuno dei due riesce a
confrontarsi con un parlamento sempre più forte e cosciente della sua forza. Non
capiscono nemmeno i cambiamenti sociali di quel periodo, tra cui l’ascesa della
borghesia.

L’incapacità di Carlo I di trattare con il parlamento e di vedere le condizioni gravi in cui


erano i sudditi porterà in una guerra civile alla fine della quale verra condannato a
morte (1649). -> nascita di un governo non monarchico (per un tempo di 17 anni circa).

Prima guerra civile 1642 1645, in seguito alla quale venne chiesto al re di trasformare la
sua monarchia assoluta in monarchia costituzionale. Tuttavia lui, sentendosi un re per
volere divino, rimase indifferente alla richiesta e cercò nuove alleanze per riprendere il
potere.

Seconda guerra civile 1645 1649 -> il re fu sconfitto, processato, condannato e


decapitato nel 1649.
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Fu instaurato il Commonwealth of England (il primo e ultimo di stampo non monarchico)


che, dal 1653 al 1658 fu guidato da Oliver Cromwell come Lord Protector, cui successe il
figlio Richard per pochi mesi fino alla restaurazione della monarchia con Charles II.

La maggior parte dei letterati si schiera dalla parte della monarchia perché la corte era
il centro delle arti e delle lettere.

Alcuni, anche se da una parte ritenevano moralmente giuste le richieste del Parlamento,
avevano un grande interesse personale e scelgono di continuare a prestare fedeltà al re;
gli altri non presero parte e restarono neutrali.

Il Parlamento era quindi appoggiato dai borghesi, mentre la Chiesa e la nobiltà


appoggiavano il re.
Milton, convinto del proprio genio e deciso di metterlo a disposizione del paese,
appoggia la nascita dell’Inghilterra. Prende qui la parte del parlamento: questa sua
presa di posizione influì sulla sua carriera letteraria.

John milton (1608 - 1674)


È un poeta solitario, isolata nella letteratura inglese. Ma più di altri risente dell’influsso
degli avvenimenti storici e religiosi al suo tempo, che influiscono sulla sua carriera.

Nasce a Londra da una famiglia benestante, ma non nobile: il padre era un compositore
e un notaio e fin da piccolo spinge il figlio a interessarsi degli studi letterari e infatti
viene affidato a un precettore privato.

Frequenta la St. Paul’s School e poi studia a Cambridge.

Comincia la sua carriera letteraria facendo parafrasi dei salmi e delle elegie latine di
Ovidio.

Vuole fondere i due aspetti della sua formazione: l’aspetto religioso e l’ispirazione
classica, anche se all’inizio della sua carriera li tiene separati.

Espulso (resticated) dal college per un litigio con il suo tutor per il piano di studi, scrive
la sua prima elegia in latino ‘Elegia I’ e la dedica ad un suo compagno, mostrando
padronanza della lingua e della poetica.

È una lettera con la quale descrive la sua vita a Londra dove dice di preferita a quella di
Cambridge perché è libero di leggere quello che vuole e di passeggiare, di andare a
teatro e godersi la natura.

All’inizio scrive solamente in latino, ma vuole anche scrivere in inglese. Il suo primo
componimento inglese è ‘On the morning of Christ’s nativity’: è un’ode molto ricca di
immagini e concetti sofisticati, che allo stesso tempo esprime una semplicità di
sentimenti.

È la prima di una serie di poesie religiose. Il tema è quello della sconfitta del
paganesimo da parte del bimbo divino, che ha la forza e l’aspetto di un eroe classico
perché rifiuta l’immagine del Cristo sofferente.

Nel periodo di Cambridge scrive due poemetti collegati “L’allegro” e “Il pensieroso”:
sono due poesie che propongono immagini contrapposte; la prima, attraverso immagini
e riferimenti mitologici e pastorali, celebra il giorno allegro.
L’altro, in un’atmosfera di contemplazione e profondo impegno intellettuale celebra la
notte.
Dopo aver ottenuto il titolo di Master of Arts, Milton si ritira a Horton: per 6 anni si
dedica alla storia, ai classici e alle sacre scritture.
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Le uniche opere che scrive in questo periodo sono ‘Comus’ (cosiddetto Masque:
intrattenimento tipico da corte che coinvolgeva anche gli spettatori. Esso parla di castità
ed è presentato nell’ambiente del cortigiano, famoso come ambiente libertino, quindi
non risulta molto gradito) e ‘Lycidas’ (è un’elegia pastorale pubblicata nel 1638 e
dedicata ad Edward King, compagno di studi morto in un naufragio nel mare d’Irlanda.
Il tema è quello della morte prematura di giovani dotati di talento. Ci dice che non è
possibile accettare in un mondo in cui prosperano i malvagi e gli incompetenti, che
giungono al potere e a cariche importanti, un giovane che invece ha sacrificato la sua
vita allo studio e al servizio del suo paese e viene stroncato dal destino prima di poter
completare la sua preparazione e prestare la sua opera.)

Finito il ritiro ad Horton, Milton fa il classico viaggio in Europa, che era una cosa
irrinunciabile per un intellettuale inglese, dove rimarrà per 15 mesi e trascorre quasi
tutto il suo tempo in Italia.

Quando gli arrivano notizie allarmanti dall’Inghilterra, rientra in patria.

Nel 1640 la situazione stava precipitando e ci sono le Bishop Wars, scontri tra Carlo I e
coloro che sostenevano una religione più popolare e anti-episcopale.

Milton partecipa in prima persona prima come moderato e poi in chiave anti-episcopale
(riteneva che i vescovi moderni non erano necessari perché avevano tradito lo spirito
che Dio voleva tramandare).

In questi anni, Milton è attivo nella polemica italiani e finisce per trovarsi nel gruppo
minoritario di coloro che avrebbero sostenuto l’iniziativa di condannare a morte il re:
Carlo I dopo una serie di episodi vien condannato nel 1649 e venne decapitato.

Scrisse “The tenure of kings and magistrates” dove difendeva la sua posizione e
sostiene la legittimità di esigere da un monarca la spiegazione del suo operato. Nel
caso in cui questo monarca venga riconosciuto colpevole di non avere svolto il suo ruolo
nel modo corretto è anche possibile, secondo Milton, procedere a una condanna e
arrivare fino alla condanna a morte.

Milton rifiuta nettamente l’assolutismo dei Tudor e degli Stuart e dice che il re deve
essere espressione della volontà popolare e deve quindi essere soggetto alla volontà
popolare; una volta che tradisce il popolo e che non fa quello che il popolo richiedere
può anche essere tolto dal trono.

Diventa quindi sostenitore attivo del nuovo governo repubblicano.

Nel marzo del 1649 viene nominato segretario per il latino del Consiglio di Stato, una
specie di Ministro degli Esteri e della Cultura.

La restaurazione di Charles II nel 1660, mise fine alle speranze politiche di Milton per
una nuovi Inghilterra riformata e rigenerata.

Critica molte decisioni prese dal Parlamento: per esempio critica una legge sulla
decisione della censura preventiva dei libri. Milton non era a favore della stampa
completamente libera, però diceva che il libro doveva avere il permesso di essere
pubblicato, poi se questo libro conteneva cose scandalose e pericolose si poteva
intervenire con la censura.
Dopo la restaurazione, Milton era diventato completamente cieco: molti avevano
interpretato questa cosa come punizione divina, la giusta posizione per aver sostenuto
l’esecuzione del re.
Milton invece, accetta la sua disgrazia con forza e dignità, come si può notare dal
sonetto “When I consider how my light is spent”.
Le opere migliori Milton le scrive quando ormai è già diventato cieco completamente.

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XVI - WHEN I CONSIDER HOW MY LIGHT IS SPENT

When I consider how my light is spent


Ere half my days in this dark world and wide,
And that one talent which is death to hide
Lodg'd with me useless, though my soul more bent
To serve therewith my Maker, and present
My true account, lest he returning chide,
Doth God exact day-labour, light denied?"
I fondly ask. But Patience, to prevent
That murmur, soon replies: "God doth not need
Either man's work or his own gifts: who best
Bear his mild yoke, they serve him best. His state
Is kingly; thousands at his bidding speed
And post o'er land and ocean without rest:
They also serve who only stand and wait."

TRADUZIONE

Quando rifletto su come si è spenta la mia luce,


Prima della metà dei miei giorni (circa 30-35 anni), in questo mondo buio e ampio,
e che quell’unico talento, che è peccato mortale nascondere,
Giace in me inutile, anche se la mia anima sia ben disposta
a servire con questo talento il mio creatore (Dio), e a presentare a Dio
il mio vero resoconto, per paura che lui, rispondendomi, mi sgridi.
Riscuote Dio la giornata di lavoro all'uomo, a luce spenta?
Ingenuamente mi chiedo; ma è la Pazienza a prevenire
Questa lamentela rispondendo subito: “Dio non ha bisogno
ne del lavoro dell’uomo ne dei doni dell’uomo, chi meglio
sopporta il dolce giogo di Dio, meglio lo serve, Regale
e' la sua condizione. Migliaia di persone corrono ai suoi ordini
e si affrettano per terre e mari senza riposo:
Serve Dio anche chi resta fermo e aspetta.”

ANALISI

È un sonetto e uno dei temi è quello della cecità dell’autore.

Sono presenti riferimenti evangelici importanti:

C’è il riferimento alla parabola dei talenti (soldi) [Matteo 25,14]: in riferimento a questa
parabola Milton parla sempre del talento sprecato, cioè che bisogna investire quello
che ci è dato in prestito: dobbiamo quindi restituire a Dio più di quello che ci viene dato
a noi (lui ci ha dato la vita e noi dobbiamo impiegarla nel bene).
Milton non vuole essere un servo infedele. Egli ritiene che il suo talento è poesia. Ha
paura di sentire il suo creatore "rimproverare". Egli desidera ancora servire il suo
creatore, per la paura che Dio lo castigherà per il possesso della capacità e non
riuscendo a metterlo in uso.

Inoltre è presente il riferimento alla luce [Luca 11,33]: Milton, usando la parola luce, si
riferisce a come usa il suo genio, la sua pienezza di luce dentro di sé, il suo essere,
quella che uscì da lui per dare al mondo.

Nelle ultime righe, il tono cambia leggermente. Milton sente che il suo dono è inferiore
ad alcuni che possono essere più "attivi" nelle loro missioni.

Conoscendo il dono che Dio gli ha dato, si chiede come il Signore poteva dargli un
valore pratico e tuttavia esigere che l'ha messa da utilizzare.
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Capisce che può servire il suo creatore attraverso il servizio al Signore che non deve
essere necessariamente attivo, ma anche contemplativo come fa Milton.

Anche un cieco può fare la sua parte: si può servire anche rimanendo in attesa, perchè
l’importante è avere la coscienza pulita su quello che è il bene dove noi impieghiamo la
nostra vita.

Milton, rimasto deluso dalla prima moglie, visto che concepiva il matrimonio come
un’unione perfetta (fisica, mentale e sentimentale), fu il primo a sostenere il divorzio,
dicendo che se c’era stato un errore di valutazione all’inizio bisogna rimediare.

Successivamente, scrive un sonetto in dedica alla seconda moglie, poco tempo dopo
che si sono sposati.

Paradise lost
Anche se l’opera è stata cominciata molti anni prima, viene pubblicata solo nel 1667,
quando, ormai cieco, la fa scrivere alle figlie sotto dettatura.

È un poema epico su materia cristiana. Il poema epico ha queste caratteristiche:

- È un poema lungo diviso in 2 o più libri;


- L’argomento è importante: tratta di grandi eventi come una guerra o la distruzione
della città;

- I personaggi sono solitamente nobili, ma sono presenti anche dei ed eroi. ! Hanno
molto in comune e spesso si muovono fianco a fianco. Gli dei interferiscono sulle
vicende umane e si innamorano;

- Anche lo stile deve essere importante tanto quanto l’argomento trattato;


- Il metro prediletto era l’esametro.
Milton individua come metro adeguato il blank verse, cioè il pentametro giambico
sciolto non rimato (5 piedi, 10 sillabe senza necessità di rima), rispecchiando la metrica
classica perché ai tempi dei latini e greci non c’era il concetto di rima.

Ci sono delle situazioni classiche nel poema epico:

- L’invocazione della Musa all’inizio del poema (nel caso di Milton, essendo un poema
cristiano non c’è un’invocazione alla Musa, bensì allo Spirito Santo);

- Battaglie tra eroi uomini nell’epica classica (in Milton ci sono angeli e demoni che
combattono);

- Lunghe liste di dei, eroi, eserciti (in Milton lunghi elenchi delle varie schiere angeliche
e anche delle schiere dei demoni);

- Presenze di personaggi e posti mitici immaginari, cioè l’Ade, la Terra e l’Olimpo (in
Milton abbiamo Inferno, Paradiso e la Terra dopo la caduta);

- Presenza del soprannaturale (in Milton abbiamo Satana che sale al Paradiso terrestre
per tentare l’uomo e lo stesso gli angeli scendono al paradiso terrestre. Uno dei
momenti più importanti dell’opera di Milton è quando parlerà l’arcangelo Michele.
Milton sceglie come tema per la sua opera la caduta dell’uomo in particolare, una
narrazione di un episodio della Genesi sul peccato originale.

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Sceglie il blank verse perché ci voleva un verso piuttosto elastico, ma allo stesso tempo
molto solenne che poteva esprimere tutti i mutamenti di ritmo e di tono che
caratterizzano l’opera e poteva anche rispettare l’oscillare della condizione umana da
uno stato di perfezione, a uno stato di caduta, a un inizio di risalita.

Milton attinge a tutte le risorse delle tradizioni letterarie ed europee (biblica, classica,
medievale e rinascimentale).

L’opera è divisa in 12 libri:

Libro I -> si apre all’inferno con gli angeli ribelli dopo essere stati cacciati dall’inferno
insieme a Lucifero: li vediamo nel momento in cui cominciano a riprendersi dalla
sconfitta; infatti ci sono i discorsi tra i vari demoni (gli angeli caduti ormai sono
diventati demoni), sono molto pieni di retorica. Non scelse a caso quello stile: Milton
sostiene che il male per farci del male deve sapere parlare, infatti Satana avrà un
discorso molto convincente. C’è più logica nei discorsi di Satana che in quelli di Dio e
infatti questo è uno dei punti deboli dell’opera.

Libro II -> abbiamo un primo piano su Satana e sulla sua nuova condizione di Re degli
Inferi; è forse il personaggio più complesso, malvagio ma a tratti affascinante e persino
eroico che colpirà molto la fantasia degli scrittori romantici e fungerà da modello per
molti villains dei romanzi gotici. Milton ci vuole dire che la corruzione del migliore è la
peggiore (Lucifero era considerato il primo degli angeli e adesso è a capo dei demoni),
cioè ogni virtù umana nasconde dei pericoli morali che può aspirare a ragioni sbagliati.
Libro III -> ci spostiamo in Paradiso; Dio spiega in maniera logica che bisogna far
parlare Dio con la logica umana, anche se non è del tutto convincente. Le ragioni per cui
Dio giustifica la sua decisione di punire l’uomo non sembrano proprio inconfutabili.
L’errore di Milton è quello di far parlare Dio con la logica umana.

Libro IV -> è uno dei più importanti e ci descrive l’arrivo di Satana nell’Eden. C’è una
descrizione meravigliosa dell’Eden e della perfetta innocenza di Adamo ed Eva,
attraverso gli occhi di Satana.

Libro V e VI -> sono dedicati al classico flashback. L’Arcangelo Raffaele racconta ad


Adamo tutte le guerre avvenute in Paradiso tra angeli e gli angeli ribelli guidati da
Lucifero.

Libro VII -> parla sempre l’Arcangelo Raffaele dove racconta la creazione del mondo.

Libro VIII -> prende la parola Adamo che racconta dal suo punto di vista tutte le cose
che ha fatto e tutte le sensazioni che ha provato dopo essere stato creato.

(IMPORTANTE!) Libro IX -> è il libro più importante ed è il libro centrale del “Paradise
Lost”. Qui avviene la tentazione: comincia con Adamo ed Eva che discutono. Eva
inizialmente era totalmente dipendente da Adamo, ad un certo punto chiede di andare
a fare un giro da sola (quest’idea gli è stata già suggerita da Satana che si era
presentato a lei sotto forma di rospo e aveva dormito accanto all’orecchio di Eva che le
aveva suggerito di chiedere ad Adamo questa cosa. Comincia il primo distacco tra i due
che fino ad allora avevano vissuto in totale simbiosi. Avviene la tentazione: il serpente
tenta prima Eva e poi c’è questa descrizione dilata di quest’ultimo pasto consumato
insieme nella perfetta innocenza, l’ultima volta che stanno mano della mano. Qua c’è un
paradosso teologico: Eva viene ingannata dall’astuzia del serpente e si dice che
avrebbe dovuto essere più saggia; se fosse stata più saggia non sarebbe stata
perfettamente innocente, Eva disobbedisce spinta dalle menzogne del tentatore, ma lei
non aveva mai avuto a che fare con le menzogne. Si sostiene che forse Adamo avrebbe
dovuto intervenire presso Dio a nome di Eva finché lei era ancora innocente (era stato
Adamo il primo ad assaggiare la mela) e quindi Adamo avendo ormai la coscienza
macchiata avrebbe dovuto intercedere per Eva, mentre invece preferisce condividere la
colpa con lei, compiendo un’altissima prova d’amore.

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Libro X -> ci racconta i cambiamenti che succedono sulla terra e all’inferno in seguito
alla caduta dell’uomo. Abbiamo Adamo ed Eva che cominciano a riprendersi e si trovano
all’inferno: lui inizialmente la ripudia e lei esprime il suo pentimento attraverso la
preghiera ma successivamente si riuniscono.

Libro XI -> l’Arcangelo Michele parla con Adamo e anticipa la futura storia del mondo:
da Caino e Abele ai suoi giorni.

Libro XII -> Adamo ed Eva abbandonano il paradiso terrestre con una fiducia serena e
pronti ad affrontare la vita di lavoro e fatica dove dovranno sostenersi reciprocamente.

Le ultime opere di Milton sono state pubblicate nel 1671 e sono:

PARADISE REGAINED -> è un seguito in 4 libri del ‘Paradise Lost: ci parla delle tentazioni
di Cristo nel deserto da parte di Satana = è una seconda ripetizione della prima storia,
ma questa volta con un esito ben diverso, cioè la tentazione, quindi il male, questa volta
viene sconfitto. Cristo in quest’opera di Milton affronta questa tentazione come uomo,
non come Dio, e quindi il suo trionfo sul male rappresenta la redenzione di tutto il
genere umano dal peccato originale. Il vero protagonista di quest’opera è Cristo e il
Satana è molto più scialbo, sconfitto in partenza rispetto a quello del Paradise Lost.

Abbiamo un’opposizione nel modo di parlare tra Satana e Cristo: Satana, che
inizialmente si presenta sotto forma di un vecchio, ha sempre quel linguaggio molto
retorico stavolta per niente efficace, mentre Cristo ha un linguaggio molto semplice,
quasi colloquiale.

Nel primo libro Gesù viene tentato per la fame, gli viene chiesto di trasformare le pietre
in pane.

Nel secondo libro viene tentato da tentazioni di lussuria, potenza e sensuali.

Nel terzo libro Satana spinge Gesù a rendere pubbliche le sue virtù divine per riceverne
gloria e onore, ma Cristo dice che le vere virtù sono la pazienza e la temperanza e che
l’ammirazione degli altri non vale nulla.

Nell’ultimo libro Satana descrive tutte le magnifiche virtù della civiltà greca e romana,
ma anche in questo caso Gesù, dopo che gli viene offerto potere su tutti questi popoli,
non cede alla tentazione e Satana è sconfitto definitivamente.

SAMSON AGONISTES -> è un’opera sempre tratta dalle sacre scritture. È un


adattamento del Libro dei Giudici in forma di tragedia classica, sull’esempio di Eschilo e
Sofocle.
Il tema della tragedia è il processo di rigenerazione spirituale di Sansone e i vari
personaggi che lo vanno a trovare, mentre è prigioniero dei Filistei, cieco e privato dei
capelli, rappresentano ciascuna una tentazione. Anche quest’opera presenta in qualche
modo la terza versione della tentazione.
È presente anche il coro che commenta la condizione di Sansone e che si incarica di
raccontare in flashback le sue glorie passate.

Infine, Sansone acquista gradualmente la sua giusta condizione spirituale: attraverso il


pentimento e il riconoscimento dei propri errori, si sottomette al volere di Dio e gli viene
svelata la sua volontà.

Sansone decide di morire e di portare tutti i Filistei con sé -> durante una festa fa
crollare una colonna).

Milton muore nel 1674.

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