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LEGGE REGIONALE

Fino al 2001 Lo stato poteva esercitare un controllo preventivo sulla legge regionale, ma dato
questo fatto era considerata una fonte più debole della legge statale.
La delibera legislativa approvata dal consiglio veniva trasmessa al commissario di governo che
aveva il potere di vistarla, poiché la legge venisse approvata, la mandava al governo che diceva se
promulgare la legge o se aveva qualche riserva poteva rinviare la legge alla regione con richiesta
di riesame. La regione doveva rifare il procedimento, lo stato poteva decidere se impugnare la
legge davanti alla Corte costituzionale se riteneva la legge non consona o viziata.
Questo meccanismo secondo alcuni poteva servire come forma di confronto tra stato e regioni, ma
per le regioni era negativa questa cosa perché molto vincolate.

Dopo il 2001 il vecchio procedimento non esiste più il 127 si esprime in altri termini: il governo se
ritiene che la legge regionale ecceda il potere della regione può sollevare la questione di legittimità
costituzionale. Ma questa impugnazione è successiva.
Questo controllo però configura una maggior garanzia in favore dell’autonomia regionale. Sotto
questo profilo si può dire che il controllo dello stato sulle regioni sia delle regioni sullo stato sono
successivi.
Tuttavia, dire che c’è assoluta parità è sbagliato è vero che c’è parità per quanto riguarda il
tempo di impugnazione, ma per quanto riguarda le ragioni giustificatrici no:
- L’art 127 quando parla dell’impugnazione su legge regionale dice che lo può fare se ritiene
che la legge regionale ecceda la competenza della regione;
- Per la regione invece può farlo se ritiene che la legge dello stato leda la sua sfera di
competenza.

REGIONI A STATUTO SPECIALE DOPO IL CICLO DI RIFORME 99/2001


Non sono investite dalla riforma del titolo V perché i loro statuti sono delle deroghe al vecchio titolo
v. Il legislatore del 2001 ha immaginato un meccanismo di tutela per le regioni a statuto speciale
attraverso l’art 10 legge cost. 3/2001 CLAUSOLA DI MAGGIOR FAVORE.

CLAUSOLA DI MAGGIOR FAVORE: se in certi casi le regioni ordinarie acquisiscono competenze


maggiori di quelle normali, le competenze devono essere estese anche alle regioni speciali.
Questo serve per non far rimanere indietro le regioni speciali.
L’applicazione di questa clausola non è semplice: stabilire quale è più garantista rispetto all’altro
non è facile, un problema è nato in relazione al procedimento del controllo dello statuto speciale
della Sicilia si può applicare la disciplina del 127? La corte ha avuto delle esitazioni, perché la
disciplina siciliana (art 28 statuto siciliano) procedimento che non prevede rinvii ma solo di
impugnare con tempi molto ristretti e consente una promulgazione parziale del presidente della
giunta regionale (se le parti non sono impugnare si può promulgare)
La corte deve decidere se questo fosse o no meno favorevole dell’art. 127 cost: la corte ha
cambiato idea, ha pronunciato due sentenze opposte:
1. Prima sentenza: nuovo 127 non si applica alla Sicilia, perché la corte vede che i
procedimenti sono diversi e non è possibile stabilire quale sia più o meno favorevole per
l’autonomia regionale (sentenza criticabile problema l’autonomia speciale è fatta su criteri
diversi rispetto all’autonomia delle regioni a statuto ordinario, questo rende complicato
stabilire dove ci sia maggiore autonomia).
2. Seconda sentenza 255/2014: la corte rovescia la precedente sentenza, dice che sono
confrontabili, deve estendersi anche alla regione Sicilia il riformato art 127.

SONO POSSIBILI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE DELLA REGIONE?


Problema che si è posto prima della riforma del titolo V in relazione ad una iniziativa della regione
Sicilia che era una vera e propria legge di delega la regione prevedeva un meccanismo molto
simile a quello della delegazione legislativa.
Sentenza 32/1961: la corte sostiene che l’art 76 e 77 sono ipotesi costituzionali di natura
eccezionale, e non può essere esteso alle regioni, le regioni non possono utilizzare i medesimi
strumenti utilizzati dallo stato per creare atti aventi forza di legge.
Questa decisione è molto vecchia, il problema della possibilità anche alle regioni di atti diversi
formalmente ma equiparabili alla legge si è posto dopo la riforma del 99: una parte della disciplina
diceva che le regioni potevano scegliere la loro forma di governo e potrebbero introdurre strumenti
analoghi alla decretazione legislativa.
Queste prese di posizione in favore di strumenti analoghi previsti dal 76 e 77 non ha incontrato
nessuna approvazione perché:
1. Gli statuti non possono qualificarsi come vera e propria costituzione della regione, quindi,
non possono produrre atti aventi forza di legge;

In molti ordinamenti regionali apre un problema: come si possono fare in regione delle operazioni
svolte per lo più dallo strumento della delegazione? Tema dei testi unici (raccolta di atti normativi
per riordinare la disciplina di una certa materia).

TEMA DEI TESTI UNICI


Nelle regioni è impossibile a ricorrere alla delega legislativa, tuttavia negli ordinamenti regionali
l’esigenza di produrre testi unici inizia a porsi con una certa urgenza: a questo riguardo si sono
individuati dei procedimenti legislativi, ma estremamente semplificati rispetto agli ordinari
procedimenti legislativi.

Facciamo riferimento allo Statuto dell’Umbria, sentenza 378/2004


Lo Statuto prevedeva di redigere testi unici attraverso uno specifico procedimento:
1. Ci voleva una legge consigliare con cui si autorizzava la giunta a predisporre un testo
unico;
2. Predisposizione della giunta di un testo unico;
3. Nuova approvazione in consiglio di quanto prodotto dalla giunta che era un’approvazione
finale.
Il governo in sede di impugnazione ha sostenuto che in un procedimento posto in questi termini, la
regione andrebbe a violare l’art 121 della costituzione che stabilirebbe la separazione dei poteri. La
regione andrebbe a stipulare in modo fittizio delega legislativa.
Ma la corte rigetta la questione con la sentenza 378: salva il meccanismo dell’Umbria
escludendo che si tratti si una delega legislativa e sotto intende che lo statuto possa istituire fonti
atipiche e possa per questa via istituire fonti legislative (atipiche!). È possibile quindi che lo statuto
immagini dei procedimenti per leggi regionali diversi rispetto a quelli normali delle leggi regionali.
Questo consente agli statuti regionali di essere uno strumento con cui si possono modellare i
procedimenti legislativi introducendo qualche forma atipica o rinforzata.

CONFINI DELLA POTESTÀ LEGISLATIVA REGIONALE


LIMITI
La potestà legislativa delle regioni speciali è diversa da quelle delle regioni ordinarie: si
caratterizza per avere dei limiti meno restrittivi rispetto alla potestà concorrete.

1. LIMITE DELLE MATERIE: nel vecchio 117 sembra che le materie siano ambiti chiusi per
cui non poteva esserci il pericolo di sovrapposizione delle competenze; in altri termini i
costituenti avevano in testa un regionalismo dualista e reciprocamente garantito. In realtà
l’esperienza ha insegnato che non è così: gli ambiti della potestà legislativa regionale sono
stati condizionati da un’integrazione degli enunciati con i trasferimenti delle funzioni.
La Corte costituzionale ha mostrato vari tipi di orientamento di interpretazione delle
materie:
a. APPROCCIO STORICO: risale alla volontà del costituente, cosa il costituente intende
per materia. Questo è un approccio perdente per la corte, molto rari i casi interpretati
storicamente.
b. CRITERIO NORMATIVO: estensione della materia ha a che fare con lo stato della
legislazione in quell’ambito in un determinato momento storico.
c. CRITERIO TELEOLOGICO: interpretazione estensiva con riguardo alla portata di una
materia, nella materia devono essere ricomprese tutte le funzioni funzionali a quel
settore della vita sociale.
2. LIMITE DELLA COSTITUZIONE: la corte ha utilizzato il parametro della costituzione per
precisare delle materie per cui la competenza è necessariamente statale.
Es. limite del diritto privato: corte ha individuato il limite del diritto privato, non possono
incidere sui rapporti del diritto privato.

3. LIMITE DELL’INTERESSE NAZIONALE: apparentemente diverso dagli altri limiti (limiti di


legittimità: si violano regole preesistenti, la violazione dei limiti è competenza della Corte
costituzionale). L’interesse nazionale è presentato dalla costituzione del ’48 in maniera
differente: l’art 117 diceva che le norme non dovevano essere in contrasto con l’interesse
nazionale. Il limite nell’interesse nazionale già da qui era costruito come un limite di merito
(ha a che fare con il contenuto della legge). Il limite di merito se infranto deve essere
portato davanti al parlamento perché non è competenza della Corte.
La questione di legittimità non è mai stata portato davanti al parlamento perché è avvenuta
la conversione del limite di legittimità in limite di merito: per evitare le tentazioni di fare cose
che mettano a repentaglio l’interesse nazionale, alle regioni viene tolta la competenza di
poterle fare. Il limite si trasforma da limite di merito a limite di competenza che viene
riconosciuto anche dalla Corte costituzionale.
La corte lega l’interesse nazionale all’art 5 della costituzione: sentenza 39/1971 limite serve
a unificare.
Sentenza 138/1972: non si può dire che le materie elencate dal 117 sono limitate dal fatto che
debbono essere per forza di interesse regionale.
Il limite dell’interesse nazionale si salda, prima del 2001 con la funzione di indirizzo e
coordinamento: funzione prevista dalla prima legge di delega per il trasferimento delle prime
funzioni alle regioni.
Funzione di indirizzo e coordinamento: si esercitava con il dpcm. Nasceva come atto
totalmente unilaterale da parte dello stato, ma in tempi più recenti finiva per diventare un atto
negoziato con le regioni (legge Bassanini 59/97: fissava un ruolo della conferenza stato regione
nell’adozione degli atti di indirizzo e coordinamento).

L’interesse nazionale è completamente sparito dopo la riforma del 2001, ciò vale a dire che non c’è
una clausola generale di supremazia dello stato nei confronti della regione, così è sparita anche la
funzione di indirizzo e coordinamento.

Dopo il 2001 la funzione è necessaria per la Corte, ma non ha più la struttura dell’interesse
nazionale quindi quali sono gli strumenti che tengono insieme il sistema, cosa ha sostituito
l’interesse nazionale?
Sentenza Corte 30 gennaio 10 febbraio ‘97, n. 18  questa sentenza riguarda l’ammissibilità di un
referendum abrogativo di iniziativa regionale.
È una sentenza di poco successiva al più grosso trasferimento di funzioni alle regioni sulla base
delle leggi Bassanini (terza ondata) le regioni devono assumere funzioni più ampie rispetto al
passato, ciò aveva determinato alcune regioni ad assumere un’iniziativa referendaria che voleva
colpire la funzione di indirizzo e coordinamento (abrogazione funzioni legislative che prevedevano
indirizzo e coordinamento).
Sentenza di inammissibilità del referendum da parte della Corte, perché l’indirizzo e
coordinamento era un “riassuntone” degli altri limiti: il referendum è inammissibile perché è una
funzione costituzionalmente necessaria/obbligatoria ma non costituzionalmente vincolata (non si
può eliminare perché strettamente collegata all’art 5 cost.), però la funzione di indirizzo e
coordinamento non è l’unica funzione di unità dello stato ma ce ne sono altri.

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