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Dei sepolcri di Ugo Foscolo

Dei Sepolcri è un carme costituito da 295 endecasillabi sciolti, suddivisi in quattro parti.

Il Carme si apre con una visione malinconica dominata dall'ineluttabilità della morte, del nulla
eterno, dell'inutilità delle tombe. Il Foscolo essendo seguace delle teorie razionalistiche non
credeva nell'immortalità dell'anima e dice che le tombe sono inutili perché l'uomo quando è
morto lo è per sempre, sia fisicamente che spiritualmente. La morte, infatti, oltre a togliergli la
visione delle bellezze naturali, spegne per sempre il cuore, i sogni, il canto e anche la speranza
che è ultima ad abbandonare l'uomo <<fugge i sepolcri>> cioè con la morte fugge
definitivamente il suo conforto. Quindi l'oblio avvolge ogni cosa nella sua profonda oscurità e
qui che opera la forza della natura che distrugge e crea, dal quale nessuno può sfuggire a quel
processo di trasformazione nel corso del tempo. In secondo momento, prevale lo spirito
preromantico del poeta, il quale rovesciando la tesi pessimistica e materialistica rivaluta il
valore della tomba in nome del sentimento e dice che chi lascia eredità di affetti, cioè ha fatto
sempre del bene, gli danno l'illusione di non morire del tutto e di continuare a vivere nel
ricordo affettuoso dei propri cari. Quindi le tombe alimentano, tra i vivi e i morti una
suggestiva corrispondenza di amorosi sensi. Soltanto chi non lascia buona memoria di sé dà
poca consolazione della tomba di cui nessuno avrà cura.

 La prima parte, che comprende i versi da 1 a 90, si apre con due domande retoriche e
affronta il tema dell’utilità della tomba (che assume ruolo di simbolo di valore
affettivo) e dei riti funebri. La tomba, da un punto di vista materialistico e laico, non
può essere una consolazione per la morte.
Ma l’attenzione si concentra sul tema della tomba e della corrispondenza tra vivi e
morti: presso la tomba del defunto i vivi possono trovare conforto e memoria dei
propri cari.
 La seconda parte, che comprende i versi da 91 a 150, è dedicata ad un’analisi di tutte le
concezioni della morte nel corso del tempo; si analizza anche il modello di sepoltura
(da quello cattolico a quello classico), le superstizioni e l’arte medievale, e la tomba
come espressione della civiltà del mondo.
 La terza parte, che comprende i versi dal numero 151 al 212, indaga, grazie al ricordo
delle tombe di grandi personaggi del passato, sul significato pubblico della morte. Si
osserva il valore della tomba che ispira il buon esempio e trasmette gli ideali più giusti.
 La quarta parte, che comprende i versi dal 213 al 295, si sofferma sul valore morale
della morte, che ci rende tutti uguali. In questi versi ritroviamo il concetto di poesia
eternatrice: l’unica cosa che sopravvive all’usura del tempo e alla morte stessa. Il poeta
si appella alle muse perché la poesia, proprio come la tomba, preserva il ricordo delle
persone. Ma in eterno.

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