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LETTERATURA CRISTIANA ANTICA
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Appunti prof.ssa Santorelli

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2017/2018

Federico II

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-5/03/18-

Per “letteratura” noi intendiamo l’insieme della produzione prosastica e poetica di una
determinata civiltà. Per “cristiana” si intende tutta quella parte di letteratura che riguarda Cristo,
che professa la religione di Cristo, che appartiene, si riferisce e si ispira a Cristo.

C’è una progressione semantica per la definizione “Padri della Chiesa”: nella Bibbia i padri della
chiesa hanno più significati. Si intendono innanzitutto gli antenati che sono in qualche modo i
depositari delle promesse divine, ma la parola “Padre” viene adoperata anche come “genitore
spirituale” di un discepolo; più avanti questo termine viene adoperato anche per indicare i grandi
personaggi biblici, quelli ai quali è legato un aneddoto, una storia importante, qualcuno che viene
citato come modello di fede, di virtù; mentre nel IV secolo vedremo che questo termine è
adoperato per i vescovi (che in questo periodo amplia i suoi poteri anche nel campo civile, altre
che in quello religioso).

Ed è proprio da questo termine che nascono due ambiti, cioè la Patrologia e la Patristica:

• Per Patrologia si intende la vita e gli scritti degli autori;


• Per Patristica, invece, si intende lo studio del pensiero teologico dei Padri.

EDITTO DI COSTANTINO
È proprio grazie all’Editto di Milano (313), detto anche Editto di Costantino, che si concesse a tutti
i cittadini, quindi anche ai cristiani, la libertà di onorare le proprie divinità.

Il cosiddetto “editto” è in realtà un “mandato”, cioè quello che noi oggi chiamiamo circolare, un
tipo di legge che viene fatta girare per tutte le cancellerie imperiali perché tutti la devono
conoscere.

Prima di Costantino la produzione letteraria è sostanzialmente di difesa (apologetica), dopo di che


si utilizzarono tutti i generi letterari cristianizzati.

Eusebio di Cesarea scrive “Una Vita di Costantino” e racconta che quando Costantino muove
guerra a Massenzio, dominatore tirannico di Roma, all’inizio della battaglia inizia ad invocare il dio
Sole (Apollo) e mentre lo fa - sopra il sole che lo accecava vede il segno della croce con scritto
vicino “IN HOC SIGNO VINCES” (“in/sotto questo segno vincerai”). La sera dello stesso giorno in
cui Costantino ha questa visione, gli appare proprio Cristo che gli dice di mettere quel segno (la
croce) sulle bandiere perché in quel modo avrebbe vinto la battaglia. Secondo questa storia che ci
è stata tramandata, Costantino avrebbe creduto a questo sogno (in realtà è più probabile che
l’abbia fatto solo perché la religione cristiana stava acquisendo una certa rilevanza diffondendosi a
macchia d’olio) e pone se stesso e il suo esercito sotto la protezione del Dio dei cristiani e del

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segno che lo rappresentava, cioè la croce. Succede che con questi stendardi travolge letteralmente
Massenzio nella famosa battaglia di Ponte Milvio (28 ottobre 312). Quindi effettivamente vince.

Sempre nell’opera di Eusebio leggiamo anche dell’incontro di Costantino con l’imperatore Licinio
che avviene a Milano nel 313. In questo incontro parlano di questioni di massima importanza su
cui dovevano trovare un accordo, tra cui la questione religiosa. La decisione che prenderanno sarà
rivoluzionaria perché permetteranno non solo la professione del cristianesimo, ma di qualsiasi
religione. Inoltre concessero alle chiese, in quanto chiese e non persone, la possibilità di ereditare,
possibilità che esiste ancora oggi. Poi riconobbero ai vescovi una giurisdizione civile, in quanto
prima il vescovo era esclusivamente un capo religioso, e questo fenomeno iniziato con Costantino
vedrà il suo massimo con la figura di Ambrogio. Ancora, stabilirono che ci fossero dei contributi in
denaro per chiese e sacerdoti (una specie di stipendio) e quindi erano praticamente mantenuti
dallo Stato. Infine proclamò la domenica giorno festivo pubblico (perché il 7° giorno Dio si riposò).

Costantino diventa, quindi, promotore della difesa del cristianesimo contro tutte le eresie e gli
eretici.

COSTITUZIONE DI TEODOSIO
Con la Costituzione di Teodosio (Editto di Tessalonica) il cristianesimo diventa la religione ufficiale
dell’impero. Sotto Teodosio chi non era cristiano non solo poteva avere una scomunica o una
pena di tipo religiosa, ma poteva anche essere perseguito e punito civilmente (poteva andare in
carcere).

Si tratta di un grande cambiamento, ma in un certo senso mentre con l’Editto di Milano si fa un


passo avanti, con L’Editto di Tessalonica se ne fanno due indietro: si ritorna ad una visione chiusa e
oscurantista.

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-6/03/18-

I GENERI LETTERARI
Quella in generi letterari è una suddivisione che gli studiosi hanno inventato, si può dire, per
“comodità”, cioè etichettando si può con la mente già inquadrare l’opera. La prima grande
divisione, quella più palese, è tra prosa e poesia, dopo di che diventa più complesso. Succede però
che alcune opere sfuggono ad una definizione o perché appartengono a due (o più) generi letterari
o perché proprio per la complessità della loro natura sfuggono ad essere definite. I generi letterari
esistevano già e sono copiati dalla letteratura latina, quindi gli intellettuali cristiani avevano già a
disposizione diversi generi. Possiamo avere due casi:

1. L’intellettuale cristiano prende un genere letterario, che ha studiato in una scuola pagana, e
lo cristianizza;
2. A volte succede che il cristianesimo comporta delle novità tali che chi scrive di queste novità
non trova un genere letterario e allora ci sono dei generi letterari nuovi, relativi proprio al
problema del cristianesimo.

IL TESTO SACRO
Il testo sacro comporta una serie di problemi in sé.

La Bibbia presenta uno stile estremamente semplice, elementare: non ci sono subordinate, le frasi
sono brevi, ci sono moltissime ripetizioni. Per un intellettuale, abituato da sempre ad imparare a
memoria centinaia e centinaia di parole disposte nella maniera più raffinata possibile dai più
grandi autori latini e greci, il primo impatto con questo testo è negativo, che egli sia convertito o
meno (es. Agostino la prima volta che legge la Bibbia pensa che essa sia rozza).

Si cerca di spiegare poi che la Bibbia ha vari livelli di interpretazione:

1. LETTERALE: da una prima lettura immediata, parola per parola;


2. STORICO: livello di interpretazione più profondo che richiedeva una certa cultura nei fatti
della storia e della geografia, riuscendo ad ambientare i fatti della Bibbia in un determinato
periodo e in una determinata zona;
3. MORALE: per chi aveva letto libri di filosofia e riusciva a trarre dal racconto biblico un
insegnamento etico;
4. ANAGOGICO (metaforico): per chi era ad un livello massimo di cultura e di consapevolezza,
aveva fatto letture filosofiche e di retorica al massimo livello e che quindi riusciva ad andare
al di là di ciò che leggeva.

Spesso però il testo biblico può sembrare incomprensibile oppure presenta dei brani che
possono avere un’interpretazione doppia.

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Un altro grande problema è la diversità del Vecchio Testamento rispetto al Nuovo Testamento,
quindi bisognava far si che quel Dio collerico, sempre incazzato, che punisce del V.T. trovi dei
punti di collegamento col Padre, vecchio con la barba buono, che guarda gli uomini e li vuole
aiutare del N.T. -Per fare ciò nasce una vera e propria scienza, ovvero l’esegesi1 biblica. Essa è un
filo rosso che percorre tutta la letteratura cristiana. Ha vari livelli, come quelli interpretativi della
Bibbia.

ACTA MARTYRUM
Gli Atti dei Martiri sono le trascrizioni dei processi subiti dai cristiani, dove è possibile vedere che
essi si erano dati una specie di codice: ad ogni domanda che veniva loro posta rispondevano
sempre allo stesso modo “CHRISTIANUS SUM”, senza aggiungere altra parola come se in questa
frase affermativa fosse compreso tutto quello che loro erano e tutte le motivazioni per cui
facevano quello che avevano fatto.

PASSIONES
Le “Passiones”, invece, sono i racconti del martirio. A seconda di chi fosse l’autore la passio
prendeva dei connotati o degli altri connotati: si poteva parlare di chi era la persona che subiva il
martirio, oppure come il caso di Perpetua del periodo in cui essi vivevano in carcere, o ancora del
post mortem in cui c’erano dei miracoli.

Ci sono molti autori ossessionati dal martirio, che vivono tutta la loro vita nel desiderio
spasmodico di avere il martirio. Il cristiano (antico) vuole il martirio perché soltanto così poteva
equiparare la propria esperienza a quella di Cristo (ricordiamo che è morto crocifisso dopo tante
sofferenze). Nella letteratura si parla di questi, ma c’erano comunque molti cristiani che
rifiutavano il martirio, non volevano essere martiri e si tenevano ben stretti i loro possedimenti e
la loro vita abiurando.

Dopo Costantino, periodo nel quale ognuno poteva professare la propria religione, il martirio non
aveva più ragione d’esistere e allora per risolvere il “problema” di equiparare la loro esperienza a
quella di Cristo nasce l’autoflagellazione, il farsi male da soli; oppure il famoso fioretto, che
consiste nel privarsi di qualcosa fonte di piacere per amore di Cristo.

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Commento.

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STORIA DELLA VITA DI UNA PERSONA
In area cristiana la biografia (“scrivere la vita”) diventa AGIOGRAFIA (“vita del santo”) in quanto
non si scrive della vita di una persona importante qualunque, ma si scrive della vita del santo.

Le vite dei Santi, in un modo o nell’altro, si somigliano tutte perché devono essere exemplum
cioè devono essere modello per i cristiani che le leggono: chiunque legge la vita di un santo
cristiano ne deve trarre ispirazione ed esempio.

Questo passaggio da biografia ad agiografia fa sì che in qualche modo la veridicità dei fatti perda
l’importanza: solo alcune volte viene scritto il luogo di nascita e viene spesso omessa la data, per
poi passare subito al racconto della loro vita che si dimostra essere speciale fin da quando erano
bambini perché o dimostrano di essere i più saggi, o guariscono un uccello ferito, si dimostrano
quindi dei prodigi che non sono ancora miracoli, ma si distinguono comunque dagli altri bambini
per un’aura particolare. Questi santi hanno tutte le caratteristiche di un buon uomo e
possiedono tutte le virtù positive.

Accanto alle vite dei santi troviamo le vite dei vescovi, che avevano alcune prerogative differenti.
Il vescovo comincia ad avere spazio nella vita civile, a fiancheggiare l’autorità civile di una città, e
quindi doveva avere anche doti di equilibrio, di buon governatore, di estrema giustizia, di equità,
di redimere i conflitti. Questi vescovi sono così importanti che poi diventano santi.

Una questione non ancora risolta tra gli studiosi è quella delle Confessioni di Sant’Agostino in
quanto per alcuni si tratta di un’opera biografica, nello specifico di autobiografia perché egli
parla di sé stesso.

RACCONTI DI PELLEGRINAGGI
Si tratta di una (quasi) nuova tipologia di opera.

I cristiani, come succede ancora oggi, si muovevano molto per recarsi nei santuari e alcuni di
questi scrivevano di questi viaggi. Allora più di oggi i viaggi erano delle avventure per i mezzi che
avevano o non avevano a disposizione e il tempo impiegato. Infatti, nei racconti di pellegrinaggi
speso gli autori si soffermavano a descrivere una locanda particolarmente buona o un paesaggio
suggestivo, a seconda poi delle capacità di scrittura e dalla voglia di scrivere di un viaggio che
potesse poi servire ad un altro che lo leggeva.

Il viaggio aveva come fine un luogo sacro, nel quale aveva vissuto, o era nato, o era stato sepolto
un santo particolarmente importante. L’importanza di un santo è data dal numero di miracoli che
compie perché i pellegrinaggi si facevano e si fanno soprattutto per questo.

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L’APOLOGIA
Genere assolutamente nuovo, l’apologia è il discorso di difesa dei cristiani dai pagani. Nasce nella
fase delle persecuzioni e in quella in cui i cristiani cercano, attraverso la conoscenza e parlando
della loro religione, di sfatare le accuse a loro rivolte spiegando cosa poteva aver indotto i pagani a
mal intendere alcune loro pratiche rendendole legittime.

Difendendo la religione cristiana si metteva automaticamente in discussione quella pagana: in ogni


apologia c’è una parte di confutazione del paganesimo. In ogni difesa c’è un attacco.

Dopo Costantino l’apologia non avrebbe più motivo di esistere in quanto praticando liberamente
la religione non ci si doveva difendere da nulla. Invece continua ad esserci: la religione cristiana
non ha mai pace perché contemporaneamente a questo momento di libertà si diffonde il
fenomeno dell’eresia. Gli eretici non sono coloro che professano un’altra religione, ma quelli che
divergono dal cristianesimo per uno o un paio di punti avendo comunque lo steso testo sacro (es.
gli ariani che non credono nella natura divina di Cristo, sostenendo che egli sia solo uomo facendo
così cadere il concetto di trinità). Questo creerà dei problemi ai cristiani soprattutto quando ad
essere eretici saranno gli imperatori. A questo punto la forte polemica che aveva sempre
caratterizzato i rapporti tra cristiani e pagani, si conclude nei confronti dei pagani per proseguire
contro gli eretici. In questo senso l’apologia, cioè la difesa del cristianesimo contro qualcos’altro,
continua come difesa contro le eresie. Qui ha molta importanza l’esegesi biblica, perché la bibbia
viene interpretata nelle varie tematiche in modo diverso da entrambe le parti. Per dimostrare la
propria validità di pensiero bisognava essere ben ferrati nella dialettica, nell’oratoria.

IL TRATTATO
Questioni come quale sia la natura dell’anima (cos’è? Ha una sua concretezza o è solo spirito?
Dov’è? Quando nasce? Al momento della fecondazione come il corpo oppure no?) trovano buona
collocazione nel trattato. Ma se la questione dell’anima ha un precedente nella filosofia, un
trattato sul battesimo o sulla comunione è qualcosa di completamente nuovo.

I trattati servono anche a scandire bene le tematiche etiche, cioè cosa è giusto o non giusto fare:
qual è il comportamento da tenere (le prescrizioni) per essere un buon cristiano e qual è il
comportamento che egli mai deve avere. Possiamo definire trattato anche le regole delle vite
monastiche, in cui si elencano tutti i comportamenti e le cose che deve fare un monaco in base alla
tipologia di monastero: se è un monastero contemplativo si prega soltanto; se è un monastero
attivo ognuno ha un proprio ruolo (es. c’è chi cucina o chi zappa la terra, etc.).

Ci sono trattati filosofici: come la filosofia classica può interagire con il cristianesimo, i sottili e
complicati confini che ci sono tra l’una e l’altra.

Infine, incontriamo anche i trattati enciclopedici: tutti gli argomenti che vengono tratti in un
enciclopedia, che spaziano dalla natura agli animali, sono affrontati dal punto di vista cristiano.

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COMMENTARIO BIBLICO
Il commentario biblico offre asilo all’esegesi. Esso può essere fatto in modi diversi:

• Si può fare un commentario sistematico, in cui ogni versetto viene commentato passo
dopo passo dall’inizio, ad esempio del vangelo secondo Matteo, fino alla fine;
• Nel commentare un versetto, per aiutare un lettore a capire meglio, viene riportato prima
un commento allo stesso versetto fatto però precedentemente da un altro autore;
• Ad alcuni all’interno di un discorso qualunque, che poteva essere di tipo politico,
commemorativo, patriottico, poteva capitare di citare un verso biblico e di commentarlo
facendo così un segmento esegetico all’interno di un altro genere letterario.

Con l’esegesi viene affrontata anche la questione di far coincidere, di far considerare l’uno parte
dell’altro l’Antico e il Nuovo Testamento risolvendola in questo modo: il Nuovo Testamento è
incentrato sulla figura di Cristo e si può dire che egli è la realizzazione di tutti gli ideali espressi
nell’Antico Testamento da tutti i personaggi emergenti. Ad esempio, ci sono i profeti e per ogni
profeta emerge una qualità, si tratta di anticipazioni e Cristo è la realizzazione di quelle
anticipazioni.

ORATORIA
In area classica (greco-romana) era molto praticata non solo quella degli avvocati, ma proprio
l’arte di parlare al pubblico, di parlare al popolo. Essa presuppone tutte quelle qualità che
permettono di parlare al pubblico, quindi conoscenza di dialettica, retorica, etc.

In ambito cristiano a praticare l’oratoria era (ed è) soprattutto il sacerdote con la cui predica deve
far in modo di catturare l’attenzione dei fedeli, in particolare quella degli analfabeti.

Le orazioni ci sono giunte perché gli oratori prima di andare a parlare pubblicamente si scrivevano
una specie di riassunto con le parole chiavi sull’argomento di cui volevano trattare oralmente.
Succedeva poi che magari dopo l’esposizione decidevano di pubblicare le orazioni e le scrivevano
per intero, oppure delle persone particolarmente interessate prendevano appunti durante
l’orazione.

EPISTOLOGRAFIA
L’epistolografia nel suo complesso raccoglie tutte le lettere. Una raccolta di lettere, diversamente
da ciò che si potrebbe pensare, a causa dei tempi per la spedizione/arrivo di una lettera, è molto
vasta. Era l’unico modo per comunicare e quindi quasi tutti scrivevano delle epistole.

Le lettere possono essere però, al loro interno, anche trattati esegetici, o elogi funebri, etc.

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STORIOGRAFIA
La storiografia deriva dalla tradizione latina degli annali (“annales”): ogni anno scrivevano gli
avvenimenti fondamentali accaduti durante l’anno e dunque in questi confluivano notizie
importanti (come inizio e fine di una guerra, carestie, etc.), in maniera molto sintetica e privi di
commento. Tant’è che gli autori non erano specificati.

In ambito cristiano si tendeva, appunto, a “cristianizzare” questa tradizione. Il maggiore autore


cristiano in questo senso è stato Eusebio di Cesarea. Egli ha una grande intuizione: per conferire
storicità alla Bibbia (che veniva considerata un libro di fantasia), pensa ad una cronaca universale,
cioè egli elenca in maniera estremamente sintetica gli eventi fondamentali dei popoli più
importanti. Alla fine di questo elenco aggiunge i principali avvenimenti della storia cristiana,
conferendo loro la stessa identità degli eventi storici, equiparando la Bibbia ai documenti storici.

Un altro tipo di storia, la storia ecclesiastica, di cui si fa carico sempre Eusebio di Cesarea, è la
storia della chiesa e della sua istituzione (quando Gesù affida a Pietro l’incarico). Questa storia
inizialmente si ferma con la morte di Eusebio, ma verrà poi continuata da intellettuali cristiani
dopo di lui.

In aggiunta, altro tipo di storia (che non ha a che vedere precisamente con la letteratura cristiana,
ma che si forma durante il periodo del cristianesimo) è quella dei singoli popoli: la storia dei
Franchi, dei Goti, degli Svevi, etc.

Quella di cui ci occupiamo noi è la storia della letteratura cristiana, che vediamo cominciare con
Girolamo. Con la sua opera “De Viris Illustribus”, (“Uomini famosi”, dal punto di vista letterario)
parla degli autori cristiani fino a sé stesso e lo fa in maniera molto soggettiva, cioè dal suo
personale punto di vista, che prevarica il giudizio letterario. L’opera si rifà all’omonima opera di
Svetonio. Anche quest’opera avrà dei continuatori.

La storiografia cristiana è profondamente diversa dalla storiografia classica, se già si pensa che uno
dei cardini del cristianesimo è la provvidenza, una logica che inquadra tutte le sofferenze degli
uomini (carestie, epidemie, guerre, etc.). Ciò significa che i cristiani non dovevano mai domandarsi
il motivo del dolore, ma accettarlo solo come disegno divino: a tutto il male c’è un motivo.

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GENERI LETTERARI POETICI
Prima di Costantino non esisteva la poesia cristiana, non ne esisteva alcun verso. Ciò perché
durante la persecuzione i cristiani non avevano alcun modo di poter pensare all’espressione lirica
e poetica, ma le loro energie confluivano unicamente nell’apologia. Dopo Costantino, nasce la
prima poesia cristiana.

GENERE INNODICO
Si tratta degli inni. L’inno è una forma letteraria, ma spesso pensata per essere cantata.

Le prime rappresentazioni si trovano nel pieno IV secolo. In particolare si cimentano due autori,
Ilario di Poitiers e Ambrogio, con esiti completamente diversi.

Ilario è quasi ossessionato dalla lotta all’arianesimo e, preso da questa sua ossessione, decide di
scrivere degli inni con questa tematica antieretica. Importante per un inno è essere facile e
orecchiabile, infatti Ilario non avrà successo perché essendo la materia trattata molto complessa,
lo era anche il livello del linguaggio.

Ambrogio, invece, inventò delle -lodi a Dio-. In alcune occasioni questi inni ambrosiani sono ancora
cantati. Egli era attento alla rima e ai concetti facili da concepire.

Dopo questi due casi esemplificativi l’inno diventa un genere letterario vero e proprio.

EPITALAMIO
In alcuni casi agli autori cristiani toccava cristianizzare alcuni generi già presenti. Ad esempio un
genere letterario classico, adoperato in caso delle nozze, è l’epitalamio (“canto relativo al letto
nuziale”). In ambito greco e latino si parlava dei due protagonisti, bellissimi, di natura nobile e
famiglia seria. Per il giorno delle nozze ci si soffermava su vestiti, gioielli, banchetto nuziale, la
processione della sposa che va a casa dello sposo, sempre sottolineando bellezza ed eleganza.
Arrivata la sposa si raccontano gli auguri degli amici e dei familiari.

L’autore Paolino di Nola riprende lo schema, il metro (l’esametro), e cristianizza il contenuto:


riprende i protagonisti, ma non ne sottolinea le doti di bellezza ed eleganza, bensì le loro doti
spirituali; non c’è accenno alla loro notte insieme perché il sesso è un tabù e viene inteso solo
come procreazione. Si insiste molto sull’augurio di avere figli dediti alla vita cristiana e monastica.
La divinità a cui si chiede di assistere questa coppia è presente, ma in questo caso è Cristo.

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EPITAFFIO
Famoso nella tradizione greca e latina, prevede una struttura precisa (è in esametro): c’è la
presentazione ed esaltazione della persona morta. A furia di ripetersi, si vengono a codificare degli
stilemi.

Altro passo previsto è la disperazione dei vivi che compiangono il morto e la loro sofferenza.

La cristianizzazione è complessa perché la percezione della morte da parte dei cristiani è


completamente opposta a quella dei pagani. Se da una parte i pagani utilizzano l’espressione
“venire alla luce” per segnalare una nascita e parlano di Ade e di tenebre per segnalare il passaggio
alla morte, per i cristiani è esattamente il contrario: essi percepiscono la venuta al mondo come la
venuta nelle tenebre e la morte come il passaggio alla luce.

Ciò che il cristiano non riesce ad aggiungere a questa struttura e che non sarà mai capace di fare,
tant’è che rimarrà sempre un punto debole, è la “consolazione” per i rimasti in vita. Essi
aggiungono due versi all’inizio, creando il distico elegiaco2 e questi due versi spiegano perché è
importante la morte per i cristiani e quanto essa vada augurata. O, viceversa, denigrano la vita
terrena parlando di essa come fallacia. Quando pensano di non essere stati efficaci ne aggiungono
anche due alla fine.

Colui che si occuperà di questo genere è il vescovo Damaso.

ALTRO
Altro poeta del IV secolo è Giovenco. Egli ha un’idea importante: prende il vangelo di Matteo,
nematicamente, e lo immerge in Virgilio 3. La tematica religiosa viene dunque raccontata con lo
stile massimo virgiliano. Si creano situazioni paradossali perché si crea una sorta di identificazione
di Cristo con Enea. Nell’opera di Giovenco, tutta una serie di epiteti rivolti ad Enea, vengono rivolti
a Cristo.

2
Si alterna esametro e pentametro.
3
Che conosceva a memoria, avendolo studiato.

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MINUCIO FELICE
Minucio Felice è vissuto tra il II e il III secolo, era forse di origine pagana e africana e
probabilmente veniva dalla città di Cirta, nella regione della Numidia.

Ci parlano di lui: Girolamo nel “De Viris Illustribus”, che aggiunge però poche notizie a quelle che
Minucio stesso da nella sua opera, e si dice che sarebbe stato un famoso avvocato che lavorava a
Roma; Lattanzio, invece, dice «Tra i difensori della nostra causa, Minucio fu avvocato
fondamentale.».

Minucio era dedito al genere dell’apologetica. Scrive una sola opera, Octavius, nella quale
dimostra quale eccellente atleta della verità sarebbe potuto essere se si fosse dedicato
completamente a questo genere di studi.

OCTAVIUS
Si tratta di un dialogo che si ispira ai dialoghi ciceroniani. Vi sono due contendenti e un arbitro.
Dopodiché si stabiliva l’argomento della disputa e si dava lo stesso tempo per parlare a tutti e due
sulla tematica.

Minucio dimostra di conoscere bene Cicerone, ma non solo, perché attraverso le citazioni
dimostra di conoscere anche tanti altri autori, come Sallustio, Seneca, Platone, Virgilio, etc., e
riversa questa sua preparazione liberamente nella sua opera. Di conseguenza, non può non essere
consapevole che facendo così egli seleziona il pubblico, cioè solo gli intellettuali potranno leggerlo.

Altra cosa importante (e unica) è che non ci sono citazioni bibliche. Questo può essere dovuto a
due motivi:

1. Per non dispiacere a tutti gli intellettuali che voleva convertire in qualche modo e che
disprezzavano la Bibbia;
2. Perché egli, essendosi convertito da poco, non conosceva abbastanza la Bibbia come gli
altri autori classici.

Nell’opera di Minucio ci sono tante descrizioni le quali sono molto specifiche, tecniche e che
possono sembrare, da un punto di vista apologetico, che non c’entrino nulla. Queste descrizioni è
come se fermassero la narrazione, spazi in cui l’autore scrive quello che vede. Nella letteratura il
concetto di descrizione è un topos (dal greco = qualcosa che si ripete e diventa quasi abituale) e lo
è anche nella letteratura cristiana. La parola per indicare queste interruzioni della narrazione è in
latino excursus, cioè “fuori dal corso – di quello che si sta dicendo”, e in greco ekphrasis. Se si
togliessero le parti di descrizione dalla narrazione non si perde il significato di quello che vuole dire
l’autore: con queste digressioni non si perde il significato della storia. Gli scrittori della letteratura
cristiana aggiungono le descrizioni perché c’è sempre la volontà di dimostrare che loro non sono
inferiori agli autori classici e che sono perfettamente in grado di produrre una prosa o una poesia
all’altezza dei classici.

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La cornice dell’opera è la spiaggia di Ostia: nel mese di settembre, a Roma, i tribunali chiudevano
per un mese di ferie. Minucio immagina di andare a passeggio su questa spiaggia assieme a due
suoi amici,uno di questi è cristiano e da il nome all’opera, Ottavio (Octavius), e l’altro è pagano,
Cecilio.

Il pagano ad un certo punto, all’altezza di una statuetta di una divinità egiziana (Serapide) manda
un bacio. Ottavio quando vede questo gesto accusa Minucio per non aver convertito Cecilio al
cristianesimo. Allora Cecilio, infastidito, propone di discutere intorno a queste due religioni.

L’opera è simmetrica, cioè viene dato lo stesso spazio per argomentare sia al pagano che al
cristiano.

Una delle argomentazioni che troviamo come attacco al cristianesimo è che essa si contrappone
alla religione tradizionale pagana che ha reso Roma potente com’era. I pagani vedevano ciò come
una sorta di sfida, come se il cristianesimo attaccasse implicitamente Roma stessa. Poi c’è un
inserimento molto esplicito da parte di Cecilio al fatto che i cristiani sarebbero tutti o gran parte di
basso ceto sociale; poi continua col condannare alcuni concetti come il fatto che si chiamavano fra
di loro “fratelli e sorelle” (fatto incestuoso) e “questo è il mio corpo” veniva recepito come
cannibalismo; infine c’è un attacco al concetto della resurrezione dei corpi in quanto non
dimostrabile.

Alle accuse del pagano Cecilio, ci sono le risposte del cristiano Ottavio. Quest’ultimo rimprovera
subito Cecilio di essere scettico, cioè colui che non crede in niente, e di avere un atteggiamento
troppo esigente nei confronti della religione che non gli permette di raggiungere la verità; riguardo
alla questione dell’appartenenza sociale, Ottavio dice che indipendentemente dal ceto sociale
hanno tutti pari dignità. Poi continua dicendo che infondo anche in molte religioni pagane si trova
una sola divinità.

Alla fine dei due interventi il giudice, Minucio, avrebbe dovuto esprimersi per dare ragione all’uno
o all’altro, ma c’è un colpo di scena: il pagano ferma il giudice e dice che solo a sentire le
argomentazioni del cristiano si è convinto e infatti si converte al cristianesimo.

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-13/03/18-

Le eresie
La parola “eresia” viene dal greco “airesis” che vuol dire “scelta”, quindi alla base del significato c’è
la possibilità di scegliere. Quando c’è lo stesso libro sacro non si parla di un’altra religione ma di
eresia. Le eresie si concentrano su punti che difficilmente si possono dimostrare.

ARIANESIMO: nome dal suo fondatore Ario. Ebbe una grandissima diffusione, es. Costanzo il
figlio di Costantino era Ariano. Esso fu condannato nel concilio di Nicea nel 325. L’arianesimo
sostiene che il padre e il figlio non sono fatti della stessa sostanza. Dice che il figlio è stato creato
dal nulla, uomo comun, non è coetaneo del padre e tutt’al più è una rappresentazione del padre.
Crolla così il dogma fondamentale della Trinità. Si diffuse grazie all’opera dei missionari, in
particolare fra le popolazioni barbariche.

DOCETISMO: viene dal greco “dokéin”= sembrare. Sostiene che il corpo di Cristo è solo
apparenza. In realtà non esiste, sarebbe venuto agli uomini solo in spirito. Ne deriva che senza
corpo, non c’è stata neanche la “passione”: crolla un altro dogma.

ADOZIONISMO: sostiene che Cristo fosse in figlio adottivo di Dio: un semplice uomo su cui
scende lo Spirito Santo.

MONOFISISMO: nasce tardi, nel V secolo. Sostiene che in Cristo ci sia una sola natura: quella
divina.

MARCIONISMO: dal fondatore Marcione (nasce nel II secolo). Egli nel leggere le sacre scritture
riscontra un’incoerenza insanabile: tra Primo e Secondo Testamento Dio cambia: nel V. Test. è un
Dio molto severo, quasi crudele; mentre nel N. Test. è più indulgente e perdona i peccati. In
questo modo, dice quindi che ci sono due divinità: infrange così il “monoteismo”.

MANICHEISMO: fondato dal Persiano Mani nel III secolo. Egli sosteneva l’esistenza di due
principi: il bene e il male, e il compito della religione era quello di liberare il cristiano dal male. Due
principi che, secondo lui, si equivalgono, quindi l’errore di Mani era di dare ad entrambi la stessa
importanza.

DONATISMO: dal fondatore Donato, nasce in Africa nel V secolo. Secondo Donato andavano
nettamente divisi i puri, cristiani integri, dai traditores, quelli che hanno consegnato i libri sacri ai
persecutori (traditore – consegnare e non come lo intendiamo noi)

GNOSTICISMO: molto vicino alla filosofia, deriva dal greco “gnósis”= conoscenza. L’idea era che
la conoscenza (suprema, quella religiosa) fosse riservata solo ad alcuni uomini eletti. Chi ha questa
conoscenza è “salvo” e deve diffonderla.

14
MONTANISMO: dal nome di un prete frigio, Montano, vissuto nella seconda metà del II secolo.
Egli dava grande importanza ai doni sovrannaturali, soprattutto la profezia, che venivano concessi
agli eletti. Presentava come imminente la discesa dello Spirito Santo, con il ritorno di Cristo.
Sosteneva che questo ritorno di Cristo avrebbe instaurato un regno di mille anni, dopo di che ci
sarebbe stato il Giudizio Universale.

PELAGIANESIMO: dal monaco irlandese Pelagio. Sosteneva che non esiste il peccato originale e
quindi il battesimo non ha ragione di essere in quanto non c’è nulla da cancellare. L’uomo si può
salvare solo scegliendo il bene invece del male in ogni momento (nuovo concetto: libero arbitrio).

15
Quinto Settinio Fiorente TERTULLIANO
Nasce a Cartagine, circa nel 150.

Abbiamo poche notizie biografiche. Egli è figlio di un centuriano pagano, emblema di Roma, un
soldato un po’ rozzo. Secondo la tradizione egli portava il figlio a vedere i giochi del circo, in cui
alla fine il massimo “divertimento” era vedere i martiri. Il giovane Tertulliano è colpito dal modo in
cui i cristiani affrontano la morte: non si sottraggono, non hanno paura e vanno in contro alle
belve. Da ciò partono le sue prime riflessioni e allo stesso tempo fa studi giuridici.

Nella prima parte della sua vita era legato al paganesimo e forse prendeva anche in giro i cristiani.
Soggiornò per un periodo a Roma, per poi tornare a Cartagine dove rimane per tutta la vita.
Diventa sacerdote e probabilmente era anche sposato. La sua conversione avviene intorno al 193.

Nel capitolo 53 del De Viris, Girolamo ci parla di Tertulliano “presbiterus”4 ed elenca alcune delle
sue opere.

La carriera letterario di Tertulliano comincia nel 197 con opere apologetiche. Pare che le parole già
esistenti non gli bastassero per esprimere quello che voleva dire e infatti inventa circa 982 parole
(neologismi), come per esempio “compassio”.

Egli riesce ad imprimere la clausola (= la chiusa di un periodo, con speciale riguardo alla
disposizione delle parole e al ritmo dato dalla successione di sillabe lunghe e brevi).

Succede che il cristianesimo come lo conosceva lui non lo soddisfa più e allora aderisce al
Montanismo (nel 213), affascinato dall’intransigenza e rigidità di questa eresia. Ma neanche il
Montanismo lo appaga e fonda una sua setta, i tertullianisti.

Ciò che lo spinge a scrivere è la ricerca di punti fermi. Nel complesso scrive 31 opere.

OPERE APOLOGETICHE
1) AD NATIONES (“Ai pagani”), composto in due libri nell’anno 197.

2) Pochi anni dopo riprende le stesse tematiche nell’APOLOGETICUM (“Discorso di difesa”), qui lui
si rivolge alle autorità politiche (invece che ai pagani). Tutto il discorso di difesa è strutturato in
due sezioni: a) confutazione delle accuse assurde e calunniose che circolavano contro i cristiani; b)
confutazione delle accuse di carattere religioso e politico. Ogni opera di difesa è automaticamente
anche un’opera di attacco e infatti Tertulliano accusa i pagani di odiare i cristiani senza neanche
conosce il cristianesimo, dunque per ignoranza. Dice poi che sono i pagani a compiere ciò di cui
sono incolpati i cristiani, che la religione pagana è immorale, perché i loro déi lo sono (libero
amore, incesto, etc.), e condanna il loro atteggiamento di intolleranza (verso il credo cristiano).

4
Grado superiore al sacerdote.

16
Inoltre, dice che i cristiani sono onesti, credono i sani principi, che rispettano l’imperatore ma non
gli attribuiscono il potere divino, che vogliono collaborare al bene comune. Conclude l’opera
esaltando il martirio e dicendo che le persecuzioni non fanno diminuire i cristiani, ma li fanno
aumentare perché il sangue è il loro simbolo.

3) AD SCAPULAM, si tratta di una lettere che lui firma ed era indirizzata al governatore dell'Africa
proconsolare che nel 212 stava conducendo una campagna contro i cristiani.

-15/03/18-

4) ADVERSUS IUDAEOS (“Contro Gesù Cristo”), opera di polemica dottrinale contro gli Ebrei. Per
gli Ebrei Gesù non esiste (in quanto messia) e dunque non credono nel Nuovo Testamento (né in
Maria, né nei Vangeli). In questo libro Tertulliano immagina una conversazione tra un ebreo e un
cristiano con la quale vuole dimostrare la veridicità del Nuovo Testamento e di Cristo e dunque è
inutile che loro continuano ad aspettare il messia.

5) DE TESTIMONIO ANIMAE (“Sulla testimonianza dell’anima”). Tertulliano sostiene che l’anima è


Naturalmente cristiana, cioè in qualche modo predisposta al cristianesimo. Tutte le verità cristiane
sono contenute già nell’anima e come dimostrazione dice «se così non fosse nella nostra cultura
non si sarebbero diffuse espressioni come “Dio è grande”, “Dio buono”, “Dio mio aiutami”». Si
tratta di un’opera breve, in 6 capitoli.

OPERE POLEMICHE
1) DE PRAESCRIPTIONE HAERETICORUM (“La condanna degli eretici”), risale al 200. In
quest’opera viene a galla la conoscenza del Diritto di Tertulliano. Confuta, in quest’opera,
soprattutto gli errori di Marcione e di Valentino. È un testo molto letto il quale dimostra perché le
eresie vadano condannate. Alla fine dell’opera elenca circa 32 eresie e spiega in cosa consistono e
come contrastarle.

2) ADVERSUS HERMOGENEM (“Contro Hermogene”), risale al 200-206. Hermogene era un pittore


e aveva elaborato una concezione eretica: pensava che Dio non avesse creato il mondo dal nulla,
ma da una materia a lui coeterna. Ciò suggeriva un politeismo. Hermogene pone il problema
dell’origine del male e dice che proviene da questa materia inerte. Tertulliano confuta questa
eresia facendo l’esegesi della Genesi.

3) ADVERSUS VALENTINIANOS (“Contro i valentiniani”). In questo caso il tono è diverso: è


derisorio, un approccio satirico che mette in ridicolo i valentiniani, in particolare il loro modo
misterioso di comportarsi.

4) DE ANIMA. Quest’opera parte dall’analisi di tutto ciò che è stato detto nelle dottrine precedenti
e prende in considerazione anche ciò che trova nei trattati medici. L’incredibile di quest’opera è
che arriva ad una vera e propria trattazione di psicologia. Nella prima parte dell’opera egli confuta
la tesi platonica di un'unica anima universale assoluta ed eterna e rivendica che ognuno ha una

17
propria anima. In alcuni punti protende quasi verso una materialità dell’anima e il rapporto di essa
con l’intelligenza, la mente. Nella seconda parte dell’opera la tematica si sposta sulla questione
dell’origine dell’anima e dice che nel momento in cui c’è il concepimento c’è già l’anima: corpo e
anima arrivano contemporaneamente al mondo.

5) DE CARNE CHRISTI (“Sulla carne di Cristo”). In quest’opera Tertulliano rivendica la realtà del
corpo di Cristo, dell’autenticità della sua vita terrena, della sua natura umana e la veridicità della
sua nascita da Maria Vergine.

6) DE RESURRECTIONE MORTUORUM (“La resurrezione dei morti”). Si tratta di una trattato lungo
il quale ha contribuito alla fama di Tertulliano. Con argomentazioni (per lui) razioni, sostiene la
fondatezza della speranza cristiana della resurrezione della carne. Sostiene che i corpi risorti
hanno la stessa sostanza dei corpi mortali, dei corpi che avevano prima. In realtà però si tratta solo
di apparenza, sembrano uguali a prima ma in realtà sano incorruttibili.

-NB: gran parte di ciò che dice Tertulliano ai giorni nostri sarebbe considerato eretico.-

7) ADVERSUS MARCIONEM (207-212). È un trattato in 5 libri in cui Tertulliano confuta l’eresia di


Marcione. Dimostra che le due entità in cui Marcione crede non sono vere e arriva a dimostrare
che non c’è alcuna differenza tra il Dio del Vecchio Testamento e quello del Nuovo. Il Nuovo è la
realizzazione del primo, il primo è l’anticipazione del Nuovo.

8) ADVERSUS PRAXEAN (2013-217). Prassia identificava il padre con il figlio. Ciò da a Tertulliano la
possibilità di ribadire la Trinità.

OPERE DISCIPLINARI5
1) AD MARTYRAS (“Rivolto ai martiri”). Tertulliano ritiene il martirio la realizzazione più profonda
per un cristiano. È un trattato di 6 capitoli, scritto in maniera semplice e parte da una storia vera. È
rivolta ai confessori della fede (confessori = conferma – confessori ≠ confessione; coloro che non
negano la cristianità davanti alla morte) che aspettano nelle carceri e lo scritto li incoraggia ad
essere incrollabili. Tertulliano non solo vuole togliere loro la paura, ma dargli proprio l’entusiasmo
per il martirio. Ricorda loro che il martirio è l’esperienza più vicina a quella di Cristo. La prigione va
vista come un allenamento per la gara suprema.

2) DE SPECTACULIS (“Sugli spettacoli”). La sua è una posizione di condanna assoluta dello


spettacolo pagano. L’opera si divide in due parti: a) storica e b) morale. a) Il cristiano non può
assistere a questi divertimenti perché ne esamina la storia: es. sono rivolti a divinità pagane (si
cade nell’idolatria); b) Questi giochi eccitano gli spettatori e le loro passioni rovinano ogni
moralità.

5
Parenetiche= esortazione a comportarsi nel giusto modo.

18
-testi dedicati alla donna-

3) DE CULTU FEMINARUM (“L’abbigliamento della donna” anche se riguarda tutto il mondo


femminile, non solo l’abbigliamento. Il termine “cultu” è molto vasto). I LIBRO. Il capitolo
introduttivo ricorda che il peccato entra nel mondo con la prima donna (Eva), perciò l’unico
vestito adatto a loro è quello della penitenza. Erano vietati i cosmetici, ornamenti, etc. perché
tutte invenzioni del diavolo. Dice che gli abiti non-bianchi sono un offesa a Dio perché le pecore
sono bianche, la colorazione è un’alterazione. II LIBRO. La prima virtù della donna è la modestia;
ultima esortazione: distinguersi dalla donna pagana nell’aspetto esteriore.

4) DE VIRGINIBUS VELANDIS. Opera in cui vengono fatte considerazioni sulla donna, considerata
alla stregua di un essere inferiore; per esempio, secondo Tertulliano, deve apparire rigorosamente
velata;

5) AD UXOREM (“Alle mogli”). Tertulliano dice come una moglie dovrebbe comportarsi.

6) DE EXHORTATIONE CASTITATIS. Qui Tertulliano esorta alla castità.

7) DE MONOGAMIA (“Sulla monogamia”). Ci si sposa una volta sola, vivo o morto che il coniuge
sia, altrimenti con chi si ricongiunge il cristiano dopo la morte se ha avuto più mogli?

TRATTATI
1) DE ORATIONE (“Trattato sulla preghiera”). La preghiera per antonomasia del cristianesimo è il
Padre Nostro che Tertulliano commenta parola per parola. L’autore aggiunge anche consigli pratici
su come il cristiano debba avvicinarsi alla preghiera: dice che per farlo bisogna superare i conflitti e
ogni collera, è necessaria la purezza di cuore; ad un certo punto della preghiera bisogna alzare le
mani e darsi un bacio. Infine dice che la preghiera è un sacrificio, ma anche l’arma più potente per
farsi ascoltare da Dio.

2) DE PATIENTIA (“Sulla pazienza”). Tertulliano sente molto questa tematica perché riconosce di
non essere per niente paziente. Il primo modello di pazienza de lo offre il Creatore (padre per i
buoni, ma anche per gli iniqui) e poi Cristo che sopporta tutte le sofferenze è paziente per
antonomasia. L’impazienza è la causa di tutti i mali.

3) DE PAENITENTIA (“Sulla penitenza”). Quest’opera la datiamo nel 203 perché parla di


un’eruzione vulcanica che avvenne a quel tempo. Tertulliano dice che ci sono due penitenze: a) il
battesimo (per liberarsi dal peccato); b) quella che Cristo dissemina durante la vita.

4) DE FUGA IN PERSECUTIONE. Tertulliano si domandava se era legittimo mettersi in fuga durante


una persecuzione. La risposta era no, perché non bisognava alterare il disegno divino.

19
5) DE CORONA. Mette in luce un particolare comportamento dei cristiani. Il 4 febbraio 211 muore
l’imperatore Settinio Severo. Quando moriva un imperatore c’era la prassi di fare un regalo a
coloro che avevano combattuto per l’imperatore, una cerimonia nella quale sfilavano tutti i
guerrieri che portavano la corona d’alloro segno di vittoria, tranne uno però che invece la teneva
in mano e veniva preso in giro per questo. Egli dava come risposta al suo gesto “Christianus sum”,
in quanto vuole differenziare il suo ruolo, un soldato che non può uccidere. Nasce la polemica dei
cristiani nella società civile.

20
-19/03/18-

Tascio Cecilio CIPRIANO


Nasce intorno al 210 a Cartagine da una ricca famiglia pagana. Abbiamo molte informazioni sul suo
conto perché un autore a lui successivo, Ponzio, scrisse un opera sulla sua vita intitolata “Vita
Cipriani”. E poi anche grazie a Girolamo, capitolo 67. (NB: nel racconto delle vite prevaleva il ruolo
dell’uomo -es. vescovo- piuttosto che veridicità dei fatti -a differenza di oggi-).

La sua giovinezza è legata al paganesimo. Si dedica agli studi di retorica e diventa un retore
affermato (lo insegna o ne scrive a riguardo). Al culmine della sua vita, così ricca, Cipriano ha una
forte crisi spirituale: successivamente, dopo un periodo di grande travaglio, intorno 245 (a circa 35
anni) si converte al cristianesimo. Ciò fu clamoroso nella società cartaginese. Pochissimo tempo
dopo fu consacrato sacerdote. Al tempo la nomina del vescovo era molto importante, esso veniva
eletto per acclamazione popolare. I cristiani (specie cristiani vs. ariani) lottavano affinché il proprio
candidato vincesse. Dalla fazione più numerosa del popolo fu acclamato Cipriano come vescovo a
sua insaputa.

Come racconta Ponzio, Cipriano si fece accompagnare in questo percorso di conversione da un


presbitero, Ceciliano. Nel momento in cui si converte, si parla di una seconda nascita “Saeculum”.
Una testimonianza arriva da Cipriano stesso che definisce il periodo prima della sua conversione
vacillante e oscuro perché viene a mancare la luce della verità (data dal cristianesimo). Quello che
c’era prima era solo terreno, dopo il battesimo è tutto divino e celeste.

Cipriano dedicò tutta la sua vita al suo ruolo di vescovo. Quando fu eletto c’era un gruppo “anti-
ciprianeo” il quale preferiva avere come vescovo un uomo che fosse cristiano da più tempo e
avesse conoscenze sulla religione più profonde.

Era un periodo di persecuzioni (persecuzione di Decio) in cui tutti i cittadini dovevano dimostrare
di essere pagani, così Cipriano lascia Cartagine e si rifugia in una località segreta (non lontana da
Cartagine), ritornando nella sua città dopo circa un anno quando le persecuzioni vanno scemando.
Il vescovo di Roma, Fabiano, invece, si era consegnato diventando così un martire, grande esempio
per la comunità cristiana. Ponzio dice che la scelta dell’esilio di Cipriano non era dettata da viltà o
paura, ma dalla volontà di non voler abbandonare i suoi fedeli senza una guida: è stata una cauta
fuga, cioè una fuga dettata dalla lettura delle pagine del Vangelo dalle quali Cipriano aveva
dedotto che era giusto che lui non diventasse un martire in quell’occasione, perché Dio tramite le
pagine del Vangelo gli aveva suggerito di prendersi cura delle sue ‘pecorelle’ (ricordiamo che era
vescovo). Questa ‘cauta fuga’ viene strumentalizzata dai suoi nemici. Durante l’esilio scrive delle
lettere, 13 per l’esattezza, con le quali governa da lontano dando dei consigli e degli
incoraggiamenti ai fedeli e ogni lettera termina con delle giustifiche.

Dopo 15 mesi di esilio torna a Cartagine e trova una serie di problematiche da affrontare:

❖ I LAPSI (dal latino “lapsus”, vacillare), coloro che hanno vacillato, coloro che hanno finito
per abiurare e che dopo l’ondata di persecuzioni chiedono di essere riammessi nella
comunità. Nel mondo cristiano c’erano varie opinioni: a) potevano essere perdonati; b)
massima intransigenza; c) e poi c’era Cipriano che pensava che essi potessero essere
riammessi solo dopo aver subito una pena.

21
❖ Il BATTESIMO: “può il battesimo essere fatto due volte oppure no?; il lapso deve essere
battezzato di nuovo oppure vale il primo?; se il battesimo è stato celebrato da un
sacerdote che poi ha abiurato, deve essere ri-celebrato?”. Per Cipriano non si può fare due
volte.

Nel 252 ci fu una pestilenza in Africa e Cipriano riscattò la sua figura aiutando gli ammalati senza
paura. Ne parla anche Ponzio.

Nel 257, dopo la pestilenza, scoppia una nuova ondata di persecuzioni, comandate da Valeriano e
Galieno. Cipriano viene arrestato e subisce l’interrogatorio a cui vengono sottoposti tutti i cristiani
dove pronunci la solita formula “Christianus sum”; per un lasso di tempo viene mandato in esilio
per poi affrontare il suo destino di martire. Muore il 14 settembre 258.

Scrisse 13 trattati e 81 lettere, tutte opere successive alla sua conversione e quindi strettamente
legate alla sua esperienza di vescovo.

TRATTATI6
1) QUOD IDOLA DII NON SINT (“Perché gli idoli non siano déi”). È una raccolta dei brani
apologetici ricavati da altri autori (quindi non suoi, in particolare di Tertulliano) per dimostrare che
gli idoli pagani non sono déi.

2) AD QUIRINUM ADVERSUS IUDAEUS / Testimonia ad Quirinum (“Opera rivolta a Quirino e


contro i Giudei”). Nella prima parte Cipriano raccoglie una serie di passi dall’Antico Testamento
che servono a dimostrare che il giudaismo è sbagliato. Nella seconda parte vuole dimostrare che
Gesù è esistito.

3) AD DONATUM (“A Donato”). Si tratta di un testo che Cipriano scrive ad un amico, Donato, poco
dopo la sua conversione e si pensa che inizialmente possa essere stato scritto sotto forma di
lettera. È considerato, inoltre, una sorta di autobiografia del periodo della conversione e infatti
Cipriano sarà un modello per Agostino che prenderà ispirazione da lui per le Confessioni.
Nell’opera Cipriano ci parla del suo passato pagano definendolo “immorale” e della santità della
sua vita cristiana.

4) DE HABITU VIRGINUM (“Il comportamento delle vergini”). Qui Cipriano si rifà all’opera di
Tertulliano. Parla della giornata della vergine 7 , del suo comportamento e delle sue abitudini.

5) AD DEMETRIANUM (“A Demetriano”, circa 251-253). Opera di contenuto apologetico.


Demetriano, il destinatario dell'opera era un pagano, duro nemico dei cristiani, da lui accusati di
essere responsabili delle guerre, delle pestilenze, delle carestie e di ogni sorta di avversità.
Cipriano respinge le accuse ai cristiani e attribuisce le colpe del mondo ai pagani 8 . Esorta i pagani
a cambiare vita e a convertirsi.

6
I primi 3 trattati sono stati scritti dalla consacrazione a sacerdote a quella episcopale.
7
Per i cristiani ci sono 3 categorie: vergini, vedove, mogli.
8
RETORSIO

22
6) DE CATHOLICAE ECCLESIAE UNITATE (“Sull’unità della chiesa cattolica”). Questo trattato è
indirizzato ai vescovi e li allerta dei pericoli che contrastano la chiesa. Il pericolo del maligno ha
due forme: a) all’esterno, dalle persecuzioni; b) all’interno dalle eresie e dagli scismi.

7) DE LAPSIS (“Sui lapsi”). Breve trattato su coloro che hanno vacillato che Cipriano legge durante
il concilio9 dopo il suo ritorno. Per Agostino è un modello di ‘eloquenza pastorale’.

-20/03/18-

8) DE OPERE ET ELEEMOSYNIS (“Sulle opere e le elemosine”). In quest’opera c’è un duro attacco


alla società cartaginese che viene accusata di essere troppo mondana e c’è un’esortazione ai
cristiani di differenziarsi da loro attraverso le opere buone e le elemosine nei confronti dei
bisognosi.

9) DE MORTALITATE (“Sulla mortalità”). opera scritta nel periodo della peste. È un’esortazione al
cristiano affinché possa affrontare la morte con fede e speranza.

10) DE DOMINICA ORATIONE (“Sull’orazione della domenica”). È un commento al Padre Nostro.


Si modella sull’opera di Tertulliano De Oratione.

11) DE BONO PATIENTIAE (“Sulla virtù della pazienza”). C’è un riferimento alle scuole filosofiche,
in particolare epicuree e all’atarassia, la condizione per cui l’uomo ‘sta’, inerte. La pazienza
consiste non solo nella sopportazione del male presente, ma anche nell’attesa del bene che verrà.

12) DE ZELO ET LIVORE (“Sull’invidia e l’odio”). Cipriano analizza queste due pulsioni dell’animo
umano ed esorta il cristiano a vincere la meschinità di questi sentimenti.

13) AD FORTUNATUM DE EXHORTATIONE MARTYRII. Ha alla base il concetto di esortare i


cristiani al martirio e lo scrive in ‘occasione’ della persecuzione dell’imperatore Valeriano.

EPISTOLARIO
I temi sono diversi e l’unità è data dalla personalità di Cipriano e dalla sua concezione del vescovo.
Si tratta di 81 lettere di cui 16 sono di risposta. In queste lettere si può vedere la costante
partecipazione di Cipriano nell’ambiente ecclesiastico cartaginese. Delinea senza precedenti le
regole e il comportamento dei vescovi, come avrebbero dovuto essere. C’è un rapporto di
fraternità con gli altri vescovi.

Cipriano non scrive opere teologiche, parla solo di problemi concreti e fa citazioni bibliche sia
esplicite che implicite.

9
Assemblea di vescovi per discutere e definire questioni in materia di fede, costumi e disciplina. SINODO:
concilio più piccolo, assemblea di sacerdoti per decidere su questioni di normative e di fede.

23
Possiamo dividere le lettere per argomento in 4 gruppi:

1. Disciplinari (1 a 4);
2. Persecuzione di Decio e i lapsi (5 a 68);
3. Battesimo degli eretici (69 a 75);
4. Persecuzione di Valeriano (76 a 81).

24
-22/03/18-

ARNOBIO
Possediamo informazioni sul conto di quest'autore grazie a Girolamo e il suo De Viris (69-70), che
ne costituisce l'unica testimonianza. Girolamo ci dice che era maestro di retorica nella cittadina di
Sicca Veneria, un piccolo centro della Numidia (255- 327). Arnobio era un brillante maestro di
retorica. Girolamo tratta della sua opera: Ad versus Nationes (Contro i pagani).

La sua conversione al cristianesimo (la Numidia era pagana) fu repentina e pare che sia stata
determinata da un sogno (sogni e visioni erano ritenuti di grande importanza).

Quello che si può evincere dalla lettura della sua opera è che ad un certo punto della sua vita
l'autore inizia a provare un certo senso di insoddisfazione nei confronti del paganesimo, specie per
ciò che concerne l'aldilà. Da ciò, comincia ad interessarsi al cristianesimo, il quale con la sua teoria
appagava il suo desiderio di immortalità e placava il suo timore della morte eterna.

Secondo la testimonianza di Girolamo, pare che il vescovo del luogo (Sicca Veneria) non fosse
assolutamente convinto dell'autenticità della conversione di Arnobio, avvenuta per Girolamo in
età avanzata (30 anni circa). Secondo Girolamo, Arnobio decide di scrivere l'opera proprio per
fornire una prova della veridicità della sua conversione.

Quest'opera si può definire apologia, ma per l'autore ha vari significati. La data della composizione
è vaga (primi anni del 300).

Altro fatto singolare è che certamente Arnobio fu maestro dell'autore Lattanzio, il quale però non
cita mai il maestro nelle sue opere, infatti ne siamo a conoscenza soltanto grazie a Girolamo. Di
qui l'ipotesi di un conflitto dovuto ad una loro posizione divergente riguardo ad un argomento.

AD VERSUS NATIONES
Si tratta di 7 libri, di cui prendiamo in considerazione il contenuto per capirne la definizione di
apologia.

◊Primo libro. È senza dubbio di materia apologetica: Arnobio respinge l'idea per cui i cristiani
sono la causa di tutti i mali (le sciagure, i mali politici, sociali...). La sua risposta è che non c'è
motivo di incolpare i cristiani poiché tutto ciò di cui vengono ritenuti la causa è successo già
moltissime volte prima della loro esistenza (le calamità politiche, le sconfitte militari, i disastri,
etc.).

Compare, poi, un altro concetto, sul quale avrebbe avuto divergenze con Lattanzio: Arnobio dice
che la divinità è estranea alla collera vendicatrice. Farà riferimento ad una divinità di tipo epicureo,
che non è coinvolta in ciò che accade agli uomini e guarda le loro vicende senza interessarsene.
Non ha certo gli stessi difetti degli uomini, così come accade alle divinità pagane, definite da lui
ridicole e sconce. Compare per la prima volta la definizione di ridicolo, che sarà il filo conduttore

25
della sua opera; egli vuole sempre mettere in ridicolo e prendere in giro il pantheon, in quanto
secondo lui l'ironia è più distruttiva della polemica.

Infine: mette in risalto la figura di Cristo e i suoi miracoli.

◊Secondo libro. È il più lungo, ha ancora carattere apologetico ed ha, stranamente, una sorta
di spessore filosofico10. Egli individua una sorta di identità tra il cristianesimo e la dottrina
filosofica del Platonismo.

Questa è la parte in cui più di tutte si allontana dalla teologia tradizionale. Ad esempio Arnobio
attribuisce all'anima una qualità media, cioè intermedia tra corpo e spirito. Soltanto la fede
cristiana può conferire a questa qualità ibrida dell'anima la capacità di sopravvivere nel corpo
finché quest'ultimo è in vita.

Prende in considerazione il problema del Male, mai affrontato prima. Si tratta di un'opera, dunque
molto originale per l'epoca.

◊Terzo libro. A partire dal terzo libro abbandona il genere apologetico e inizia una sorta di Pars
Destruens, ossia comincia ad attaccare. Ad Arnobio riesce particolarmente bene questa parte in
quanto, essendosi la sua conversione compiuta in tarda età, ne deriva che egli era stato pagano
per moltissimo tempo e dunque che conoscesse alla perfezione le varie personalità, mentalità e
ritualità pagane. Tant'è che questo testo è stato molto studiato da studiosi di politeismo perché dà
molte informazioni riguardo al mondo pagano.

◊Quarto libro. Come anche nel terzo libro, qui egli si scaglia contro il Politeismo
Antropomorfo, le divinità con aspetto umano, in maniera sempre ironica e comica. In particolare
egli attacca Giove e Giunone, poiché erano i più importanti. Giove viene descritto come un vecchio
che rincorre le ninfe, assumendo varie sembianze, dando vita a figli illeciti, anche tramite incesti,
etc. Giunone è invece una donna avanti con l'età, gelosissima delle giovani fanciulle punite da lei in
tutti i modi, odiando tutti i figli illegittimi di Giove.

◊Quinto libro. Si parla dei riti misterici, erano dei culti noti solo a coloro che ne facevano
parte. Sono numerosi e Arnobio li descrive come empi ed osceni.

◊Sesto libro. Si condanna il culto dei templi e delle statue. Nei primi tempi del cristianesimo
era vietato costruire raffigurazioni di Dio o templi, anche a causa delle persecuzioni. Il cuore dei
fedeli era sufficiente come tempio per custodire l'amore per il Signore. Nascerà poi una sorta di
competizione, più avanti, con i templi pagani che darà luogo alla costruzione di chiese, nel Medio
Evo.

◊Settimo libro. Si parla dei sacrifici e dei prodigi. Per ciò che riguarda i primi, egli si sofferma
sulla descrizione ridicola, ad esempio quelli degli animali, le sue modalità, etc. L'obbiezione
cristiana è che il Signore non sarebbe contento di un sacrificio in quanto è distruzione inutile di
parte del suo creato.

10
Generalmente attribuito agli autori greci, non a quelli latini.

26
Si può constatare l'assenza quasi totale di citazioni bibliche e, in alcune parti, ci sono elementi
teologici del tutto innovativi.

Si nota in molte parti della sua scrittura la convinzione e l'esaltazione tipica dei neofiti.

Dal punto di vista letterario, è impeccabile. Ci sono molte reminiscenze e citazioni in particolare da
Lucrezio. C'è una grandissima capacità di adoperare le strumentazioni retoriche (tipico degli autori
del tempo).

La caratteristica più distintiva è sicuramente l'approccio comico, che non era presente prima e né
sarà presente dopo.

27
Lucio Cecilio Firmiano LATTANZIO
Nasce in Africa più o meno intorno al 250, in una località che non conosciamo. Veniva da una
famiglia pagana, quindi si ipotizza la conversione. Abbiamo sue notizie grazie a Girolamo che parla
di lui nel De Viris Illustribus (cap. 80 e 111).

La sua formazione fu contrassegnata da studi retorici; si dedicò a questa professione ma, a


differenza degli altri, non ebbe mai particolare successo. Fu discepolo di Arnobio, ma non lo cita
mai.

Nei primissimi anni del 300 (IV secolo) fu chiamato da Diocleziano a Nicomedia 11 per insegnare
retorica e la lingua latina. Poiché lì si parlava prevalentemente il greco e aveva pochi allievi, nel
tempo che ha a disposizione scrive.

Circa nel 303 scoppia l’ultima grande persecuzione dei cristiani e pare che Lattanzio abbia
abbandonato Nicomedia.

Dopo una vita non-ricca di successi, nel 317 fu scelto da Costantino come precettore del figlio,
Cristo. Vive a corte, fra i lussi, e sarà un grande sostenitore di Costantino 12.

Non si hanno notizie sulla sua morte, ma la si fa risalire al 325.

OPERE
1) DE OPIFICIO DEI (“L’opera di Dio”, 303-304). È un breve trattato in cui descrive in maniera
abbastanza precisa l’anatomia umana. Questa descrizione diventa motivo della sapienza di Dio:
solo lui avrebbe potuto creare una macchina così perfetta. Sottolinea anche che l’uomo è l’unica
creatura eretta in quanto l’unica a poter ammirare il cielo. Inoltre, essendo “sapiens” può
dimostrare anche la sua razionalità.

2) DIVINAE INSTITUTIONES (“Le istituzioni divine”). La sua composizione inizia nel 309 e finisce nel
314 e rappresenta la somma del pensiero di Lattanzio. Alla fine del libro c’è un epitone 13 curato
dallo stesso autore. a) I primi 3 libri sono di carattere polemico (verso i pagani): nei primi due
attacca le religioni politeiste; il terzo riguarda le insufficienti spiegazioni dei filosofi sulla religione
pagana. b) Dal quarto al settimo racconta i contenuti della religione cristiana: il quarto è dedicato
all’incoronazione di Gesù Cristo; il quinto affronta il tema della giustizia, che secondo l’autore è
posseduta solo dai cristiani in quanto lui la vede strettamente legata al culto dell’unico vero Dio; il
sesto parla di come deve essere il culto dell’unico vero Dio; il settimo riguarda il fine ultimo
dell’uomo e il senso della sua vita e ipotizza su come sarà il Giudizio Universale, in cui chi si è

11
Città della Bitinia.
12
È proprio grazie a Lattanzio che conosciamo l’Editto di Costantino.
13
Riassunto.

28
comportato male avrà una punizione. – Il fine dell’opera è didascalico 14 e inoltre specifica che non
vuole rivolgersi solo ai docti15, ma anche agli indocti16: sceglie proprio per questo uno stile
semplice e utilizza un tono pacato (a differenza di Arnobio). Cita spesso Cicerone.

3) DE IRA DEI (“L’ira di Dio”, circa 314). Dio è una divinità che può e deve adirarsi: non deve essere
benevolo nei confronti dei peccatori, ma deve riservare la benevolenza nei confronti dei cristiani.
L’ira di Dio però non è come quella umana: l’atteggiamento di Dio è propenso alla giustizia.

4) DE MORTIBUS PERSECUTORUM (“Sulle morti dei persecutori”, 314-315). Lattanzio vuole


dimostrare che l’ira di Dio ha già colpito in vita gli imperatori che hanno perseguitato i cristiani, i
subiscono una morte infelice. Le prime pagine sono dedicate a: Nerone, Domiziano, Decio,
Valeriano, Aureliano, fino ai suoi contemporanei Diocleziano, Massimiano, Galerio e Massimino.
Dopo ci sono pagine dedicate a Costantino per il suo Editto. Si tratta di un documento
importantissimo dal punto di vista della storia.

5) DE AVE PHOENICE (“Sull’uccello della fenice”). Si tratta di un’opera di incerta attribuzione. È un


poema scritto in versi distici elegiaci. Alcuni non lo attribuivano a Lattanzio in quanto credevano
che egli non avesse interesse a fare un’opera in versi; altri, al contrario, dicono che la tematica
della fenice potrebbe essere sua.

Negli scritti di Lattanzio si afferma molto l’idea di un Dio che punisce, piuttosto che il Dio epicureo
di Arnobio.

Lattanzio dedica molto spazio ad indicare all’uomo un giusto stile di vita. Un cristiano per lui deve
avere sempre la consapevolezza di essere superiore in quanto cristiano: deve allontanarsi dai beni
materiale e dalle lusinghe del mondo.

Ribadisce il vincolo che c’è fra cristiani, la fraternità: un concetto assolutamente nuovo.

Tutti i cristiani che rispettano queste regole andranno in paradiso.

Egli inventa alcuni termini tecnici cristiani.

14
Vuole insegnare qualcosa.
15
Dotti, sapienti.
16
Bassa cultura, ignoranti.

29
ILARIO di Poitiers
Nasce in una località della Gallia, Poitiers, tra il 310 e il 320 17.

Abbiamo poche informazioni su di lui: si convertì e ricevette il battesimo da adulto, era sposato e
aveva una figlia di nome Abra. Divenne vescovo di Poitiers intorno al 350.

La sua vita è strettamente collegata alle vicende dell’arianesimo, che egli cerca di contrastare per
tutta la sua vita con scarsi successi.

Quando l’arianesimo incontra il favore dell’Imperatore Costanzo, figlio di Costantino, Ilario viene
mandato in esilio in oriente (356): lui è “libero” purché non torni di nuovo in Gallia. Questo esilio
diventa in qualche modo proficuo per Ilario che entra in contatto con le opere orientali.

Dall’esilio chiedeva a Costanzo di farlo rientrare in Gallia e di fare un dibattito pubblico con un
sostenitore dell’arianesimo (con uno bravo, come Saturnino), ma Costanzo si rifiutò di
assecondarlo. Ilario riuscì a rientrare in Gallia solo nel 360, riprendendo possesso della sua diocesi.

Negli ultimi anni si dedica alla composizione di inni, Hymni, fino alla morte avvenuta nel 367.

Si appassionò all’esegesi allegorica.

OPERE
1) TRACTATUS IN MATHEUM. Introduce un elemento di novità: è un commento continuo a
Matteo.

2) TRACTATUS SUPER PSALMUS. Un ponderoso testo in 12 libri che commenta una 60ina di salmi
(quindi non esaustivo). Fortemente ispirato ad Origene.

3) TRACTATUS MYSTERIORUM (“Criteri e orientamenti per cui voglia fare esegesi”). È un manuale
pratico su come fare esegesi, fornendo criteri e orientamenti. Egli è convinto che nella Bibbia si
debba andare oltre al significato letterario. Abbraccia il collegamento tra Vecchio e Nuovo
Testamento18. Arriva ad un’interpretazione allegorica di tutti i personaggi.

4) DE TRINITATE (“Sulla Trinità). È un’opera monumentale, dottrinale e dogmatica. Sono 12 libri


composti in gran parte nel periodo dell’esilio. Per la sua ossessione anti-ariana, egli vuole
dimostrare la consustanzialità di Gesù, Dio e lo Spirito Santo. Dedica tutta la vita a questo concetto
e mette tutto il suo sapere in questi libri: si serve in egual modo di testi religiosi e filosofici, della
grammatica, della retorica e della dialettica. In quest’opera riporta anche il testo di Ario
(dell’arianesimo) per confutarlo.

17
Primo autore del IV secolo.
18
L’Antico Testamento come preannuncio del Nuovo.

30
OPERE STORICHE19
5) LIBER PRIMUS AD CONSTANTIUM. Esorta Costanzo a smetterla di perseguitare i cristiani.

6) LIBER SECONDUS AD CONSTATIUM. Chiede all’imperatore un dibattito pubblico con Saturnino,


il più bravo oratore degli ariani.

7) LIBER CONTRA CONSTANTIUM IMPERATOREM. Qui attacca violentemente Costanzo dicendo


che gli nega il dibattito perché Saturnino lo perderebbe.

8) CONTRA AUXENTIUM. Si scaglia contro il vescovo ariano di Milano.

9) DEL SYNODIS. È un’opera tecnica: raccolta di sinodi20 avvenuti al tempo.

19
Dedicate a Costanzo.
20
SINODO: concilio più piccolo, assemblea di sacerdoti per decidere su questioni di normative e di fede.

31
-27/03/18-

Gaio Vettio Aquilino GIOVENCO


Giovenco è colui che mette per primo in pratica 21 la parafrasi biblica, anche se, tuttavia, era una
tecnica che si insegnava già a scuola 22. La parafrasi è una transcodificazione da una forma
all’altra23. Giovenco fa ciò perché non sopporta, come tutti i cristiani, le critiche sul testo biblico,
considerato rozzo, soprattutto perché ne erano consapevoli.

Giovenco prende come esempio il poema epico di Virgilio 24 (Eneide) e come contenuto al vangelo
di Matteo. Dunque Giovenco adotta la forma di Virgilio, del poema epico (esametro)
immaginandovi il vangelo di Matteo. Voleva dimostrare che il contenuto cristiano non doveva
essere condannato per la sua forma rozza. I cristiani a loro volta pensavano che i classici latini e
greci fossero pericolosi. Ritenevano, però, che la forma fosse giusta e che quindi bisognava
cambiare solo la materia trattata.

Di Giovenco non si sa quasi nulla se non quello che ci è stato tramandato da Girolamo: «Giovenco,
spagnolo di nobilissima famiglia, presbitero, trasferendo quasi parola per parola 25 i 4 vangeli in
versi esametri, compose 4 libri. Fiorì sotto l’imperatore Costantino.»

Epistola 40 di Girolamo: «Il presbitero Giovenco, sotto Costantino, spiegò in versi la storia del
Signore Salvatore; non ebbe timore 26 di sottoporre la maestà del vangelo alle leggi del metro.»

Ai tempi di Giovenco non ebbe molto successo, mentre durante il Medioevo venne rivalutato
moltissimo.

L’opera, EVANGELIORUM LIBRI IV 27, fu composta probabilmente intorno al 329-330 ed è costituita


da circa 4000 versi.

Alla fine del quarto libro c’è una dedica a Costantino poiché gli è grato in quanto autore di una
pace (religiosa) che gli permette di esprimersi liberamente.

Una serie di epiteti dell’eroe Enea si trasferiscono a Cristo, come “pius”. Ci sono degli episodi
particolarmente simili: es. la descrizione della tempesta, il timore dei compagni, il turbamento
iniziale dei due eroi. Giovenco prende moltissime parole dall’Eneide: molte di quelle che riprende

21
Chi inventa: “inventor” = latino – “euretes” = greco.
22
Scuola di retorica e dialettica.
23
ES: dalla poesia alla prosa.
24
Contenente: metrica (esametro) utilizzato da Virgilio. Contenuto: Vangelo secondo Matteo.
25
L’operazione di Giovenco è quasi letterale.
26
L’operazione fu coraggiosa perché rischiava di essere sbeffeggiato sia dai pagani che dai cristiani. I primi
potevano restare della loro opinione, i secondi potevano non ritenere la sua forma degna.
27
QUATTUOR

32
le pone nella stessa posizione nell’esametro. Esso si divide in “piedi”. C’è un taglio di pubblico
colto.

La Prefatio è abbastanza complessa e informa il lettore sulle sue intenzioni: egli vuole
contrapporre alle opere della poesia profana 28 la sua opera, perché lui canta le imprese di Cristo
che danno vita (“Gesta Vitalia”).

Egli cita nei primissimi versi sia Virgilio che Omero. Vuole sdoganare, far capire che essi possono
trovare una sintesi col Vangelo. Egli fa una parafrasi letterale, si attiene rigorosamente al testo
biblico: prevalentemente Matteo, ma ci sono anche brani a cui si rifà ad altri evangelisti. Quando si
tratta di brani narrativi o dove ci sono descrizioni Giovenco si considera più libero e si allontana
anche un po’ dal testo. Dov’è più letterale è quando parla di Cristo o nelle parti più teologiche.

La parafrasi può essere di vario tipo: più sintetica o più amplificata e Giovenco fa entrambe le
cose. Per esempio quando ci sono descrizioni di abitudini ebraiche Giovenco taglia, sintetizza.

Tutta una serie di epiteti attribuiti a Giove passano al Signore, a Dio: es. “tonans”, cioè colui che
manda tuoni, fulmini, etc. in quanto Giove non era solo il capo degli déi ma anche la divinità che
regolava il clima.

Inventa anche alcuni aggettivi come “Altitronus” (“dall’alto trono”) che prima non esisteva.

28
Anche se non riesce a non elogiarle perché hanno dato grande forma ad autore e personaggi.

33
-5/04/18-

Aurelio PRUDENZIO Clemente


La fonte principale che ci fornisce informazioni riguardo alla sua vita è la sua stessa opera, in
particolare la Prefatio: 45 versi che l'autore stesso premette alla raccolta delle sue opere,
pubblicata nel 405. È il primo caso in cui un autore cura la sua stessa opera, disponendola secondo
il suo criterio. Per esempio, essa inizia e finisce con gli inni per creare armonia. Inoltre, è tutto in
poesia e non c’è prosa.

Prudenzio nasce nel 348 in una località che si chiama Calagurris (oggi Calahorra) nella Spagna
Tarragonese.

Il fatto che lui non parlo di conversione fa dedurre che egli già fosse cristiano.

Riceve una formazione classica29 ed esercita l'avvocatura. In seguito, durante il regno di Teodosio,
intraprende la carriera amministrativa, ricca di successi: fu governatore ed ebbe altre cariche.

All'approssimarsi alla vecchiaia è colto da una crisi spirituale che gli fa mettere in discussione la
sua vita passata, criticandola. Decide così di dedicare tutto il tempo che gli resta a celebrare Dio.

Intorno al 401-402, compie un viaggio a Roma che colpisce molto il suo immaginario: visita
basiliche, assiste alle cerimonie religiose, visita luoghi di martirio… e tutto ciò rende più forte la
sua fede e fornisce materia alla sua scrittura.

Dopo il 40530si perde ogni sua traccia31.

Nella Prefatio oltre che di sé, parla anche del suo progetto di scrittura che consiste nel lodare Dio
cantandone le lodi, per rimediare all'inutilità della sua vita passata.

Prima del 392 pare che non abbia scritto nulla e ne abbiamo la certezza perché Girolamo non ne
parla.

Sembra che egli elenchi i generi che vuole affrontare: inni, apologia, inni dedicati ai martiri. Inizia e
finisce con una raccolta di inni.

29
Retorica, dialettica, diritto...
30
Data in cui si fissa la sua Prefatio.
31
Forse è la data della sua morte.

34
Inni
Prima raccolta: CATHEMERINON

In greco32 “emera" vuol dire “giorno", dunque Inni del giorno.

Sono in tutto 12.

I primi sei sono legati ai vari momenti della giornata, essi scandiscono il giorno: la vita di un
cristiano deve essere scandita da essi e nel tempo che trascorre tra uno e l’altro (momento) deve
recitare passi della Bibbia. Il primo e secondo si recitano al canto del gallo e a primo mattino; il
terzo e quarto prima e dopo pranzo; il quinto quando il sole è tramontato; il sesto prima di andare
a dormire.

Gli altri sei sono legati a momenti della vita cristiana e si recitano: settimo e ottavo prima e dopo il
digiuno durante la quaresima; il nono in qualunque momento; il decimo si recita ai funerali,
impregnato nella speranza dell'aldilà; l'undicesimo e il dodicesimo a Natale ed Epifania.

Con Prudenzio l'inno cristiano latino acquisisce una forma. Esso si può definire ciclico perché inizia
da un punto per poi finire con esso:

1) si aprono con una preghiera;


2) c’è uno sviluppo del tema (relativo al titolo dell'inno);
3) nella parte centrale ci sono testi biblici a rafforzare quanto detto;
4) si ritorna al tema con esortazioni orali;
5) si chiude con delle preghiere.
Prudenzio si dimostra grande conoscitore di Orazio. Quest’ultimo nella parte centrale della sua
opera tratta temi mitologici, che Prudenzio sostituisce con quelli biblici.

Ha uno stile sovrabbondante, ricco di forti espressioni e colori forti.

Seconda raccolta: PERÌSTEPHANO (“Sulle corone33”)

Si tratta di 14 inni la cui lunghezza è varia 34. Sono equamente divisi tra prima del viaggio a Roma e
dopo e anche i martiri sono ispanici e romani.

32
Caratteristica: hanno tutti titoli in greco. Egli così si rivolge agli intellettuali, anche perché egli sperimenta un
numero grandissimo di versi: quasi tutti quelli di Orazio.

33
Le corone dei martiri.
34
Da 18 versi a 1140.

35
Lo schema è lo stesso, ma con al centro le persone:

1) presentazione del personaggio;


2) parte centrale: vita del santo, martirio e miracoli;
3) lode a Dio e preghiera.
Se la Prima Raccolta è esaustiva e regolativa, la Seconda esorta a venerare questi martiri, dei quali
esalta la qualità di intercessor.

I martiri diventano veri e propri eroi, è una vera e propria epopea.

I temi sono ancora più forti, piedi di sarcasmo, violenza, sangue. Anche i martiri sono arroganti,
spavaldi, non-sottomessi.

Parte centrale dell'opera


-APOTHEOSIS (“Deificazione"). Parla della natura di, Dio e della Trinità (1085 esametri).Prima
Prefatio: 12 esametri; seconda Prefatio: 28 distici35, uno in senario giambico. Nel resto della
composizione i metri e gli argomenti cambiano. Il macrotema è la difesa della dottrina cattolica
contro gli eretici.

-HAMARTIGENIA (“Origine del peccato"). Costituito di 996 esametri, preceduti da una Prefatio in
senari giambici. Il tema è polemico, contro Marcione: egli vuole dimostrare l’assurdità della
dualità di Dio … Attribuisce ad un unico Dio l’assoluto dominio di tutte le cose. Si sofferma su una
descrizione molto colorita dell'oltretomba; egli attinge sia alla tradizione pagana che a quella
cristiana. Negli ultimi versi si rivolge a Dio, riconoscendosi meritevole del fuoco eterno, ma con la
speranza che la clemenza di Dio mitighi la sua pena.

-PSYCHOMACHIA (“La battaglia dell'/ sull'/ per l'anima”). È un poema epico. Il concetto della
battaglia cristiana parte dal concetto del cristiano milites. Coloro che si battono per il possesso
dell'anima sono il bene e il male. È molto fantasiosa; si può vedere che la consueta invocazione
delle muse viene sostituita da quella di Cristo. Il bene e il male combattono con vere e proprie
armi e sono personificati da un vizio e una virtù (ira e pazienza). Fa un'antropomorfìa36, sono
allegorici. Quest’opera ha avuto grande successo nel Medioevo.

-CONTRA SYMMACUM (“Contro Simmaco"). Simmaco è un senatore pagano che ha una disputa (si
scrivono) con Ambrogio. Oggetto della disputa era una statua di Nike che stava nel senato e che
Ambrogio voleva fuori, mentre Simmaco no; alla fine vincerà Ambrogio. Oltre che un fatto
formale, era anche una questione di interessi: se la statua fosse rimasta i soldi sarebbero andati
solo ai cristiani (viceversa: a cristiani e pagani). Prudenzio scrive questi due libri su questo
dibattito37in esametri. Si vede che Prudenzio aveva letto questa discussione e si fa erede di questa

35
Due versi.
36
Personificazione.
37
Accaduto circa 20 anni prima.

36
polemica. Questo attacco della religione pagana non si trasforma mai in attacco a Roma: egli ha
grande ammirazione per l'urbs e per l’imperatore romano.

-DITTOCHACON (“duplice nutrimento”). È composto da 49 strofe di 4 esametri ciascuna; ognuna


delle quali illustra una scena o un personaggio biblico. Secondo gli studiosi erano una descrizione
dei dipinti del tempo (per gli analfabeti).

37
-09/04/18-

PAOLINO DI NOLA
Meropio Ponzio Anicio Paolino apparteneva a una famiglia della aristocrazia senatoriale, nobile e
ricchissima che possedeva estesi territori sia in Italia che in Aquitania. Egli nasce proprio nella
capitale dell'Aquitania, Burdigala, che corrisponde all'odierna Bordeaux intorno al 353.

Non sappiamo se i suoi genitori, che sicuramente erano cristiani, fossero già credenti quando
Paolino nasce. Naturalmente essendo il rampollo di una famiglia ricca e nobile ebbe la migliore
istruzione possibile, l'educazione tipica di una famiglia così importante che gli garantì un grande
futuro. Per giunta ebbe come maestro e precettore colui che era un importantissimo retore del
tempo in Gallia, Ausonio, che non solo era un maestro preparato ma anche un poeta e scrittore.
Tra i due si stabilì un forte vincolo di amicizia.

Intorno ai vent'anni (intorno al 373), lasciò Bordeaux per andare a Roma probabilmente per
prendere il posto del padre nel senato (carica che si riceveva per censo).

L'assunzione del seggio in senato avrebbe significato per Paolino l'inizio della carriera (cursus
honorum, percorso delle cariche, degli onori).

Nel 379 Paolino riceve il primo incarico, Governatore della Campania, che gli avrebbe cambiato la
vita perché si trasferì a Nola, dove conosce San Felice. Qui si trova in una realtà contadina, molto
diversa dalla sua normalità. Proprio l'impatto con il tipo di culto che praticavano questi contadini,
persone assolutamente semplici, con una fede altrettanto semplice, ma totale, che non nega
niente. Un credo anche piuttosto arrogante, basato sullo scambio (del credo in favore di un
miracolo).

Successivamente Paolino va in Spagna, dove incontra Therasia, la donna che lo accompagnerà per
tutta la vita. Ella era a sua volta nobile e ricca e soprattutto fervente cristiana.

La vita di Paolino è costellata da incontri e scambi culturali, con altri intellettuali durante vari
viaggi.

Nel 381 si battezza e accadono altri eventi che lo portano ad un'inversione di rotta nella sua vita.
Muore il figlio appena nato e questo sicuramente è un elemento che blocca quel tipo di vita e che
innesca un certo tipo di riflessione in Paolino. Nelle sue poesie parla, inoltre, di oscure vicende
legate alla morte di un fratello. Questi due eventi innescano qualcosa dentro di lui.

Nel 394 mentre si trovava a Barcellona viene ordinato sacerdote. A questa decisione segue quella
di vendere le immense ricchezze sue e di sua moglie e, divenuto sacerdote assieme alla moglie che
diventa monaca, decide di ritirarsi a Nola assieme a lei (una notizia che fece scalpore nella società
del tempo).

Chi rimase profondamente deluso da questa decisione fu Ausonio che tramite epistole dice in
maniera abbastanza esplicita che la causa di ciò è Therasia.

38
Nel 395 partono definitivamente per l'Italia, la Campania, e si ritirano a vita privata.

Da quel momento la vita di Paolino cambia di ritmi e stile e scorre tranquilla nel silenzio del
monastero.

Investe gran parte del suo denaro nella costruzione di nuovi edifici per i pellegrini, per motivi
economici poiché dipende dal santo, il quale diviene più importante in base ai miracoli.

Si tiene in contatto per lettera con tanti amici e svolge la sua attività poetica.

Viene eletto vescovo forse nel 409. Therasia si era ritirata in monastero femminile, dunque non
vivevano più insieme. Secondo alcuni i due si era celebrato un rito di Nozze caste, cioè avevano ri-
celebrato il matrimonio rinunciando alla loro vita sessuale.

Non si hanno grandi notizie del lungo episcopato, ma si sa che è morto certamente nel 431.

I Carmi38
Paolino, anche se non lo scrive in maniera così chiara, vuole scrivere carmina di tipo diverso da
Prudenzio.

I carmina sono 33. Quattordici di essi costituiscono un gruppo a parte poiché sono carmina
natalicia39, sono dedicati a San Felice e Paolino li scrive uno ogni anno nello stesso giorno (14
gennaio, giorno del martirio di S. Felice), dal 395 al 408 (probabilmente letti pubblicamente).
Questi carmina nella raccolta non sono da 1 a 14.

♦Il XII, cioè il primo, è un'invocazione al santo per avere un buon viaggio in quanto Paolino sta per
intraprendere un viaggio quando lo scrive (già qui possiamo cogliere come la divinità viene
concepita quasi come quella pagana).

♦Nel XIII (il secondo) Paolino racconta quanto è felice nel vivere vicino al santuario di Felice.

♦Con il XIV (cioè il terzo) il poeta si occupa delle folle numerosissime che confluivano a Nola per
rendere onore al santo. Questo offre una grande gamma di riflessioni a Paolino, ad esempio sulla
provenienza di questi (un excursus geografico); evoca i canti dei pellegrini; descrive come sono
semplici e naif le manifestazioni di fede nel santuario della tomba del santo.

♦Quattro carmina (XV, XVI, XVIII e XXIII non c'è bisogno di ricordarli) sono dedicati
specificatamente alla vita del santo, raccontando molti dei suoi miracoli. Insieme questi quattro
compongono una vera e propria biografia in poesia.

38
In italiano: un carme, due carmi. In latino: un carmen, due carmina.
39
Carmi natalizi.

39
Quando si parla di natalicia, la parola deriva da “dies natalis” (giorno natale) che è quello della
morte, in quanto la vita del cristiano nasce solo con la morte.

♦Nel Carmen XX racconta la storia con un atteggiamento tipico da intellettuale che stenta a
pensare che qualcuno possa credere a determinate cose. Racconta di un contadino che voleva
dare al Santo un maiale intero, tenendo per sé le parti del maiale più preziose, dando al santo
quelle meno preziose. Il contadino una volta tornato a casa sarebbe rimasto paralizzato, per
punizione del santo, tornando poi a dare al santo le parti più preziose del maiale. Per Paolino
questo è sintomo di ingenuità. In questo senso sono stati scritti libri riguardo la comicità di
Paolino, che fanno riferimento al distacco con cui Paolino racconta queste storie.

-Carmen VI

Si tratta di un poemetto di 330 esametri dove quello che Paolino fa è l'operazione che fa anche
Giovenco. Cioè una sorta di parafrasi biblica; prende in considerazione i brani dedicati a Giovanni
Battista che ricostruiscono la vita del santo e li trasferisce in esametri. A differenza di Giovenco,
Paolino interrompe la parafrasi inserendo le sue considerazioni moraleggianti (sempre positive).

Abbiamo altri tre componimenti di questo tipo: VII, VIII e IX, parafrasi rispettivamente di tre salmi
(le poesie della Bibbia): il Salmo I, il Salmo II e il Salmo 136.

Queste operazioni non sono però state felici e lo stesso autore se ne rende conto, per questo non
continuerà più questa strada.

Epistole Poetiche
Ci sono poi due poemetti che chiamiamo Epistole Poetiche, cioè lettere in versi che compone in
risposta a una serie di lettere che gli manda Ausonio (con i versi voleva fare una splendida figura) il
quale in maniera molto sentita cerca di convincerlo a ritornare in patria, non solo a livello
geografico, ma anche in senso lato, cioè ritornare alla loro poesia. Proprio in queste lettere c'è in
qualche modo l'accusa a Therasia nelle scelte di Paolino.

Paolino si dimostra sempre estremamente rispettoso nei confronti del suo maestro, non a caso
scrive in poesia. Proprio per dimostrare al maestro che non ha per nulla dimenticato ciò che egli gli
ha insegnato. Sottolinea moltissimo che la sua è una scelta.

Ci sono prima i versi chiave in cui ricorda i momenti importanti col maestro (ad esempio quelli in
cui invocavano le muse divine), specificando affettuosamente tutto ciò che hanno avuto in
comune. Poi (dopo "Ora..."), spiega quanto inevitabile sia la presenza di Dio.

40
-Carmen XXII

Lettera in risposta al suo amico Giovio. Gli argomenti sono gli stessi trattati nelle lettere con
Ausonio.

Paolino esorta Giovio a non dedicarsi più ai carmi di contenuto pagano e come esempio cita la
Guerra di Troia, Paride ("non cantare più il giudizio di Paride") specificando che trattare questi
argomenti si addice ai bambini e non agli adulti.

-Carmen XXIV
Questo carmen è molto lungo ed è dedicato all'amico Citerio. Si parla, nella prima parte, di un
viaggio estremamente avventuroso compiuto da un monaco per portargli una notizia di alcuni suoi
conoscenti: Citerio e la moglie offrono il loro unico figlio a Dio, cioè diventa sacerdote.

La seconda parte del Carmen contiene delle esortazioni verso questo ragazzo su come egli, da
giovane sacerdote, deve comportarsi.

-Carmen XXXI
Paolino affronta in questi carmina anche il genere della consolatio, cioè che recano consolazione,
in particolare nel carmen XXXI, scritti in distici elegiaci40. E' morto un fanciullo, che si chiama come
suo figlio morto, Celso, e proprio a causa di questa omonimia questo carmen è uno dei più sentiti
e meno letterari.

-Carmen XVII
Si tratta di un altro genere: propemptikon, il canto di accompagnamento. Il carmen XVII, di 340
versi, di strofe saffiche 41, scritto nel 398 per il vescovo Niceta, che viene da molto lontano, dalla
Dacia e si è recato in visita a Roma. Da Roma, poiché è in corrispondenza con Paolino, va a Nola
per andarlo a trovare. Questo incontro fa nascere un'amicizia molto forte e il momento in cui
Paolino scrive questo carmen è quando Niceta sta per ripartire, per questo canto di
accompagnamento. L'affetto è molto sincero e anche la sofferenza provata nell'addio (questi
viaggi si potevano compiere solo una volta nella vita).

40
Due versi che si alternano, un esametro e un pentametro.
41
4 versi abbastanza corti.

41
-Carmen XXV

Altro genere letterario trattato è l'epitalamio. Le nozze sono di Giuliano (che poi diventerà
vescovo) e sua moglie Tizia. Si tratta di 119 distici elegiaci. Alla fine di essi, il carmen si conclude
con 3 pentametri. Questa cristianizzazione consiste in alcune sostituzioni rispetto a all'epitalamio
pagano.

- Carmen XXVI - Tratta un tema mai trattato: l'ansia per le Invasioni Barbariche.

- Carmen XXVIII - Si può definire di stampo archeologico, perché descrive gli edifici che sono
sorti attorno alla tomba di Felice.

- Carmen XIV - Scritto nel 405. Paolino immagina il trionfo del cristianesimo sul paganesimo.

- Carmen XXI - Scritto nel 407. Di nuovo tratta il pericolo imminente delle Invasioni Barbariche.

L'Epistolario
Sono solo 50 le epistole superstiti di Paolino da Nola.

C'è un carteggio con Girolamo e con Sant'Agostino. Con loro nelle lettere egli si consulta riguardo
un passo biblico o per chiarimenti dottrinali.

Un altro gruppo di lettere è rivolto a Sulpicio Severo, un suo caro amico; infatti in queste lettere
sono presenti problemi più inerenti alla vita dell'autore, a partire dall'ordinazione sacerdotale via
via per tutti i momenti chiave della vita. Queste lettere sono scandite dal ribadire di Paolino del
loro legame così stretto.

In fine c'è un gruppo di lettere di argomenti più superficiali.

Ancora a Giovio scrive le epistole in versi e gli scrive anche riguardo la tendenza di un cristiano a
usare la letteratura pagana.

42
-10/04/18-

Aurelio AMBROGIO
Ambrogio nasce a Treviri tra il 339 e il 340, il padre è prefetto del pretorio delle Gallie.

La sua famiglia era già cristiana e apparteneva all'aristocrazia provinciale; aveva un fratello e una
sorella maggiori (la sorella Marcellina e il fratello Satiro) che cita spesso nella sua opera.

Ambrogio perde presto il padre e la madre decide di trasferirsi a Roma per garantirgli la migliore
istruzione possibile; ella pensava per lui una carriera burocratica e si preoccupò di dargli una solida
istruzione giuridica e di retorica.

Fra il 360 e il 364 Ambrogio viene nominato prefetto di una regione che allora comprendeva
l'Emilia e la Liguria la cui capitale era Milano. Qui morirà il vescovo ariano Aussenzio, un
avvenimento molto sentito dal popolo; poiché a Milano vi era una situazione di gravissimo
disordine a causa di alcune guerriglie, Ambrogio, che era prefetto, viene chiamato per sedare la
situazione di tumulti tra ariani e cristiani (che combattevano per la candidatura). Poiché Ambrogio
si rivela particolarmente bravo a risolvere il problema, senza spargimento di sangue, c'è un
accordo per cui viene eletto vescovo dal popolo, evento assolutamente inaspettato. La prima
reazione di Ambrogio è quella di fuggire e sottrarsi (in una delle sue opere dice che avrebbe
dovuto insegnare ciò che non aveva ancora imparato). Egli non era neppure battezzato, ma
l’esitazione durò poco e alla fine accettò. In una sola settimana si battezza e ha tutti gli ordini
necessari per poter essere eletto vescovo, il 7 dicembre 374.

Il primo gesto che compie è quello di affiancarsi un sacerdote ufficiale che lo aiutasse a prendere
maggiore dimestichezza con i testi sacri e cominciò dunque ad impegnarsi in maniera approfondita
nello studio dei testi biblici.

L'episcopato
L'episcopato di Ambrogio segna un punto di non ritorno, nel senso che mai un vescovo aveva
avuto dei poteri così significativi, anche in ambito civile e da quel momento in poi non ci sarà mai
più un passo indietro.

Un aspetto fondamentale di questo episcopato è la predicazione e riguardo questo aspetto è


significativo il fatto che Ambrogio fosse un ottimo retore (si pensa che il passo finale per la
conversione di Sant'Agostino sia stato proprio l'ascolto delle prediche di Ambrogio).

La tradizione delle prediche è abbastanza complessa: colui che predicava scriveva degli appunti a
formare uno schema, che veniva utilizzato durante l'orazione vera e propria; a quel punto uno
degli allievi prendeva appunti e, infine, se questa predica veniva particolarmente apprezzata,
l'oratore si cimentava a scriverla conferendole una redazione più letteraria.

43
Questo ruolo di vescovo Ambrogio lo sente in maniera totale, infatti amava svolgere molte
funzioni in prima persona, soprattutto il battesimo. Si curava moltissimo della beneficenza e
dell'assistenza e, infine, si impegnò moltissimo per la lotta alle eresie in particolare all'arianesimo.

Per la prima volta con Ambrogio possiamo parlare di Politica ecclesiastica. Animato dalla ferma
convinzione che l'autorità civile dovesse essere sempre affiancata da una ecclesiastica compie
un'operazione non semplice, in quanto prima di lui il vescovo poteva soltanto essere consultato,
ma non preso realmente in considerazione.

La sua forma di penetrazione avviene a partire dalla vicinanza con l'imperatore Graziano (che
regnò dal 367 al 373) e poi fu vicino anche all'imperatore successivo, Valentiniano II (tra 375 a
392). Questi imperatori grazie alla questione di Ambrogio presero dei provvedimenti fortemente
discriminatori nei confronti dei pagani e in questo ambito politico-culturale si colloca
l'avvenimento dell'altare della Vittoria.

Nel 390 criticò aspramente l'imperatore Teodosio, che aveva ordinato un massacro tra la
popolazione di Tessalonica, rea di aver linciato il capo del presidio romano della città: in tre ore di
carneficina erano state assassinate migliaia di persone, attirate nell'arena con il pretesto di una
corsa di cavalli. Lo scomunicò e decise che gli avrebbe permesso di tornare a far parte della chiesa
solo se Teodosio avesse fatto un atto di pubblica penitenza, e così fece Teodosio. Questo è un
momento chiave per dimostrare, secondo Ambrogio, che non si può fare a meno dell'autorità
ecclesiastica.

Il momento più alto del conflitto ariano-cristiano ci fu nel 385-6 quando gli Ariani chiedevano un
luogo di culto (una basilica). La corte non era del tutto contraria a questa richiesta, ma Ambrogio
raduna le sue pecorelle e va ad occupare la basilica che gli ariani avevano scelto, e non la
abbandona finché l'edificio non viene considerato possesso dei cristiani e non degli ariani.

Agostino ci dice che Ambrogio in quell'occasione abbia inventato la formula dei suoi inni, divenuti
famosissimi: introdusse l'usanza del canto antifonale42 (cioè egli pronunciava una strofa e la platea
ne pronunciava un'altra) e della preghiera cantata in forma di inno, con lo scopo di non fare
addormentare i fedeli che occupavano la basilica.

Ambrogio muore nel 397 dopo un episcopato durato più di vent'anni. La sua politica ecclesiastica
fu costellata da battaglie che egli condusse con grandi energie e vincendole quasi tutte grazie alla
sua personalità. Si batte contro ogni ingerenza dell'impero nei confronti della chiesa.

OPERE
Gran parte delle opere di Ambrogio sono di tipo esegetico e più della metà dei suoi scritti è
dedicata alla spiegazione dei testi biblici. Ogni predica è un'esegesi.

42
Antifona.

44
Opere esegetiche
◊Nell'arco di tutta la sua attività pastorale abbiamo un commento sistematico di buona parte
dell'Antico Testamento. Nel caso di Ambrogio prende spunto da una figura biblica per sviluppare
altri temi... ad esempio:

1) DE ISAAC ET ANIMA (“Su Isacco o sull'anima”). Si rifà al matrimonio di Isacco e Rebecca e


siccome nell'interpretazione esegetica spirituale questo matrimonio simboleggia l'unione mistica
tra l'anima e il verbo divino43, di conseguenza continua quest'opera con un trattatello sull'anima.

2) DE HELIA ET IEIUNIO (“Elia e il digiuno”), DE NABUTHAE e DE TOBIA: questi tre protagonisti


dell'antico testamento vengono commentati da Ambrogio e a partire da loro l'autore introduce
temi contro gli eccessi dei ricchi e l'usura. Da qui si può capire anche un altro aspetto di Ambrogio:
egli ha la tendenza a contestualizzare i problemi (l'abuso di ricchezze, l'usura... praticata anche ai
tempi di Ambrogio). Egli riusciva a trovare un legame reale tra parola biblica e contesto
contemporaneo (un'operazione molto difficile).

◊Ambrogio commenta, con una sola opera, anche il Nuovo Testamento:

3) EXPOSITIO EVANGELII SECUNDUM LUCAM. Si tratta di un commento sistematico in 10 libri; si


tratta di un commento ampio ed esauriente; egli non sceglie una chiave esegetica ma mette in
campo tutte le possibilità (cioè un commento che sarà letterale, storico, morale e allegorico...). Un
appassionato lettore di questi commenti esegetici sarà Agostino, che a sua volta scriverà che
Ambrogio è riuscito a risolvere le difficoltà di tanti passi che sembravano assurdi nel loro
significato letterale.

4) EXAMERON, un titolo greco che significa "I sei giorni", e fa riferimento ai sei giorni della
creazione. Avrà come modello l'opera omonima dello scrittore greco Basilio di Cesarea. In
quest'opera emergono tratti in cui Ambrogio si uniforma all’opera a cui si ispira, altri in cui si
distacca e risulta del tutto autonomo. Si tratta di 6 libri che raccolgono nove omelie che seguono
puntualmente il racconto della genesi dalla creazione del cielo e della terra fino alla creazione
dell’uomo (Genesi 1,1-26). I giorni sono sei e le omelie sono nove perché nei giorno 1, 3 e 5 ci sono
due discorsi, uno la mattina ed uno la sera. In quest'opera Ambrogio è mosso dall'invitare ad
ammirare la bellezza e l'utilità del creato in quanto prova della grandezza di Dio.

Ambrogio si sofferma sulle varie specie di flora e di fauna (che sottolineano la sua conoscenza di
botanica, biologia ecc.) per illustrare l’opera della provvidenza e la docilità delle creature alla legge
della natura. Altra operazione svolta da Ambrogio: a partire dalle singole attività svolte da piante e
animali, trae insegnamenti per l'uomo. Ad esempio: la rosa, con le spine, è un monito a ricordare
che la vita umana non è mai priva di dolori; il fatto che gli animali abbiano l'amore materno è un
rimprovero verso il genere umano, dove spesso l’amore non c’è. Verso la fine dell'opera si vede

43
Cristo.

45
che Ambrogio si giustifica nei confronti dei lettori per essersi soffermato tanto a lungo sugli altri
esseri viventi prima che sull'uomo, dedicando loro tanto spazio. Egli afferma che tra tutti gli esseri
viventi ci deve essere piena solidarietà, tutte le creature partecipano all'affermazione della
grandezza divina. Particolarità dell'opera è che egli distingue inoltre il corpo umano in singole
membra e di ogni piccola parte illustra il significato e lo scopo, con uno stille brillante e ricco di
molte immagini la qual cosa denota un certo studio accurato (qui è dove è più autonomo).

-12/04/18-

Opere di argomento morale44 o ascetico


1) DE OFFICIIS (“I doveri”) è in dubbio se a queste due parole vada aggiunta la parola ministrorum
(i ministri del culto). E' un trattato di morale cristiana rivolta al clero e a tutti i fedeli. Il titolo è
omonimo all'opera di Cicerone rivolta al figlio in cui egli scrive un trattato tramite il quale lo vuole
educare indicando i valori etici principali. Non è un caso, Ambrogio vuole compiere un'operazione
di educazione spirituale dei suoi figli (in senso lato, cioè i devoti). Lo schema che segue è lo stesso
di Cicerone: Cicerone aveva diviso il suo testo in 3 libri: uno dedicato al concetto di honestum (ciò
che è onesto); il secondo è dedicato a ciò che è utile; il terzo al contrasto tra questi due concetti
(tra l'honestum e l'utile). Moltissime sono le implicazioni di queste affermazioni: già nel terzo libro
Cicerone individua nella realtà le situazioni in cui i due elementi non coincidono, in quanto spesso
prevale l'utilità del singolo. Ambrogio riprende lo schema per arrivare a identificare questi due
concetti, rendendo facilissima la scelta tra questi due elementi. Cicerone era uno stoico 45.
Ambrogio però non volle limitarsi all’imitazione di Cicerone, ma più che altro utilizzarlo come
punto di partenza e vuol partire dai principi dello stoicismo fino ad un'identificazione con l'etica
cristiana. Alcune sostituzioni sono evidenti, altre meno. Quelle evidenti sono gli exempla che
Cicerone trae dalla storia antica e che vengono sostituiti da Ambrogio con quelli tratti dalla Bibbia.
Ciò che cambia, poi, è un approccio di base: il piano morale, base dello stoicismo, acquista
connotazioni fortemente religiose, poiché da cristiano Ambrogio aveva diffidenza verso la filosofia,
dunque ne accetta quanto condivisibile e poi la abbandona. La Bibbia fa da sfondo a tutta l'opera.
Si tratta di un'opera ricchissima di insegnamenti pratici, il cristiano leggendola ha molta più facilità
a capire come comportarsi. Acquista grandissima importanza la carità, valore tipicamente
cristiano. Quando si parla poi di forza d'animo, Ambrogio cita i martiri. Ancora tra le virtù di
grande importanza ci sono anche l'umiltà e la misericordia verso i poveri (quasi per niente
contemplate da Cicerone). L'opera ha grandissimo successo durante il Medioevo, diventa un vero
e proprio manuale che accompagna i cristiani.

44
Opere etiche.
45
Lo stoicismo era una filosofia molto rigida, con concetti che possono essere ritrovati nel Cristianesimo, come il
dominio della ragione sulle passioni, la virtù come sommo bene.

46
In questo gruppo di opere troviamo spesso anche il concetto di verginità, molto sentito da
Ambrogio:

1) DE VIRGINIBUS. È un trattato in 3 libri dedicato alla sorella Marcellina (pubblicato nel 377);

2) DE VIRGINITATE. Che si sofferma sul concetto di verginità;

3) DE INSTITUTIONE VIRGINIS (“L'educazione della vergine”). La vergine (chi faceva voto di


castità) doveva avere qualcosa in più rispetto alla fanciulla durante la sua educazione;

4) EXHORTATIO VIRGINITATIS (“l'esortazione alla verginità”).

5) DE VIDUIS (“Sulle vedove”). Facciamo rientrare nel concetto di verginità anche quest’opera, che
parla delle vedove, perché ad esse viene sconsigliato di svolgere le seconde nozze: c'erano tante
vedove nella società romana, in quanto le spose erano spesso giovanissime rispetto ai mariti, i
quali morivano molto presto.

Il matrimonio è dunque un argomento molto trattato dagli autori cristiani, però se gli altri autori
presentano una certa rigidità, Ambrogio risulta più barcamenante poiché se il matrimonio è un
sacramento non si può colpevolizzare o ritenere troppo negativo il ruolo della moglie, poiché è
comunque sancito dal matrimonio.

Quando Ambrogio esalta la verginità, potrebbe risultare banale, ma bisogna pensare che il
matrimonio all'epoca era considerata una subordinazione totale della donna all'uomo la quale non
possedeva alcun tipo di libertà. A partire da quest'ottica, si può considerare che con l'esortazione
vivace alla verginità Ambrogio esorti all'unica maniera per la donna di avere una propria
autonomia, senza il controllo di nessuno. Ciò lo notiamo anche perché l'autore si trova a
condannare alcune abitudine inveterate e sancite dalla legge, come il fatto che la donna non
avesse alcuna autonomia (ad esempio era l'uomo a chiedere alla donna in matrimonio, e il padre
a dare il permesso)... insomma Ambrogio parrebbe esporsi in maniera contraria alla natura
contrattuale del matrimonio.

Egli prende anche posizione contro i genitori che si imponevano alla scelta della verginità alle figlie
femmine: cerca sempre di guardare avanti ad una ipotetica maggiore libertà femminile (da
intendersi sempre in maniera cristiana, ossia come la libertà di scegliere Dio).

Le orazioni e le lettere
♦Abbiamo alcune orazioni funebri: si tratta di un genere letterario misto, ossia hanno tutti gli
elementi dei consolatio, ma sono pronunciate solo a voce.

47
1) DE EXCESSU FRATRIS (375-378, “excessu” = morte). Pronunciata in occasione della morte del
fratello Satiro.

2) DE OBITU VALENTINIANI (“obitu” = morte) . Pronunciata in occasione della morte di


Valentiniano II (assassinato nel 392).

3) DE OBITU THEODOSII (391). Pronunciata quaranta giorni dopo la morte di Teodosio.

Ci sono gli influssi di altri generi letterari come il genere consolatorio e l’epitaffio. Dal punto di
vista letterario sono molto elaborate, ricche di reminiscenze classiche, di figure retoriche e
citazioni bibliche.

In tutti e tre i casi si tratta di persone conosciute e frequentate da vicino, in particolare Teodosio e
il fratello cosa che si percepisce molto nella scrittura.

♦Per ciò che concerne le lettere: si occupa di moltissimi problemi, in quanto vescovo. Se ne
conservano 91, ci sono quelle personali e quelle ufficiali. Per esempio la 17 e la 18 vengono citate
spesso e sono la risposta al sindaco a proposito della controversia sull'altare della Vittoria.
Argomenti sono la vita ecclesiastica, la difesa della chiesa dalle eresie, l'autonomia della chiesa nei
confronti dell'impero (l'allargamento del potere del vescovo); alcune sono di argomento esegetico
o teologico(che sono dei veri e propri trattatelli). Se si scorre l'elenco dei suoi interlocutori si
scopre che sono vescovi, dignitari di stato, insomma personalità rilevanti.

GLI INNI
E' Agostino che nel XIV libro delle Confessioni parla della nascita degli inni di Ambrogio. Essi
ottengono immediato successo, in quanto si creava molta partecipazione poiché le pecorelle
dovevano rispondere durante il canto (responsorio); operazione in cui Ilario fallisce perché sceglie
metri complicatissimi e contenuti troppo dogmatici (per la sua ossessione contro l’arianesimo).

I contenuti sono verità semplici del cristianesimo messe in musica e cantate. Il primo verso degli
inni ne costituiscono il titolo:

1) AETERNE RERUM CONDITOR (“Eterno creatore delle cose”).

2) DEUS CREATOR OMNIUM (“Dio creatore di ogni cosa”).

3) IAM SURGIT HORA TERTIA (“Già sorge l'ora terza”).


4) INTENDE QUI REGIS ISRAEL (“Ascolta tu che governi Israele”).

48
Gli argomenti trattati sono le ore che scandiscono la giornata, le festività come Natale e Pasqua, i
santi e i martiri, etc.

La metrica è nuova: sono dimetri giambici acatalettici (sono versi raggruppati in quartine).

Ambrogio cura molto i giochi di parole, la ripetizione e tutta una serie di strumentazioni retoriche
che favoriscono la memorizzazione, diversamente da Ilario, riuscendo così a comunicare con
grande semplicità delle verità teologiche complesse.

49
Sofronio Eusebio GIROLAMO
Nasce intorno al 347 a Stridone, una piccola città fortificata che segnava la linea di confine fra la
Dalmazia e la Pannonia (nella ex Jugoslavia), poi rasa al suolo dai Goti. Era una località molto vicina
ad Aquileia. La famiglia di Girolamo era cristiana e di condizioni agiate; ebbe un'accurata
formazione scolastica e dopo i primi studi fu inviato a Roma per approfondire grammatica, retorica
e filosofia.

Ebbe uno straordinario maestro e anche molto celebre al tempo, grammatico di professione, Elio
Donato (ricordato in letteratura latina per i suoi commenti all'Eneide virgiliana; ai tempi i
commenti si scrivevano parola per parola). La frequentazione con questo maestro lo fece
appassionare per sempre allo studio dei classici, provocando una passione per le ricerche di
carattere letterario. In questi anni conosce e studia con passione tutti gli autori più importanti
(Cicerone, Orazio, Livio, Plauto, Terenzio, Sallustio, Quintiliano, etc.). Era un brillante studente ed è
proprio durante gli studi che conosce un amico che lo accompagnerà per tutta la vita, Rufino.
Sempre durante questo periodo comincia a mettere su una biblioteca. Il suo primo soggiorno
romano dagli anni 360 fino al 367 (lui aveva 17-20) è segnato da una vita normale di ragazzo, una
vita mondana con qualche amore di poca importanza. Ma nonostante la sua vita normale, egli non
venne mai meno al suo interesse per la religione; e poiché in quegli anni era catecumeno cioè
comincia la sua preparazione religiosa per il battesimo, con i suoi amici, visita anche le catacombe,
le chiese dei martiri e intorno al 366 riceve il battesimo.

Inizia una serie di viaggi:


Il primo è per la Gallia e si ferma a Treviri: qui viene a contatto con dei gruppi monastici e si
infervora di questo tipo di vita pensando che la sua vita dovrà essere ascetica 46 e in un momento
di amore verso Rufino copia per lui delle opere di Ilario.

(Girolamo aveva un carattere abbastanza particolare: si entusiasmava molto di determinate cose,


ma con la stessa rapidità con cui si avvicinava ad esse, poi se ne allontanava. Inoltre era
abbastanza permaloso.)

Nel 370 torna in patria per breve tempo e poi si reca ad Aquileia con Rufino ed altri amici e entra
in contatto con un gruppo di ferventi cristiani (non monaci, stavolta). Entra in questo gruppo,
riunito attorno al vescovo del luogo Valeriano, e mentre sembra che tutto andasse bene nel 373
un improvviso ciclone disperde questo gruppo. Alcuni di questi amici danno a Girolamo la colpa
della rottura e poi dispersione del gruppo, proprio a causa del suo carattere permaloso,
provocatorio... bisogna tenerne conto in quanto lo accompagna tutta la vita.

Girolamo reagisce abbandonando tutto e nel 374 va in Oriente, seguito sempre da Rufino.

46
Purificazione interiore e distacco dal mondo. L'ascetismo è una delle pratiche spirituali attraverso cui gli
uomini tentano di migliorare sé stessi e, se sono credenti, di arrivare a Dio.

50
La prima tappa è Antiochia di Siria. Dopo l'esperienza andata male, Girolamo si convince che gli si
adatti meglio l'ascetismo e quindi si ritira nel deserto della Calcide. Si ritrova a vivere
quest'esperienza con molti monaci i quali sottolineavano questo ascetismo tramite penitenze e
sacrifici (come stare in ginocchio per 48 ore). In alcune epistole, la 22 e la 14, parla di queste
esperienze come estremamente dure; mostra grande rimpianto per la vita che faceva a Roma, ad
esempio per le comodità, i cibi, ma sopratutto per la biblioteca costruita lì. Durante questo
isolamento gli capita conoscere dei rabbini e coglie l'occasione per farsi impartire i primi
rudimenti dell'ebraico, perché già maturava da un po' l'idea di voler leggere i testi biblici in
originale. Questa esperienza è determinante: il suo cristianesimo fa uno scatto in avanti,
l'esperienza che ha avuto con questi rabbini farà sì che poi potrà diventare un maestro della Bibbia
e dell'Ascesi.

Dunque il periodo nel deserto si alterna con periodi di soggiorni in Antiochia.

Nel 379 viene ordinato sacerdote, anche se ciò non faceva parte delle sue aspirazioni.

Nel 380 Girolamo è a Costantinopoli dove conosce Gregorio di Nazianzo per cui prova molta
ammirazione e il quale gli fa conoscere i testi di Origene.

-17/04/18-

Girolamo tradurrà varie omelie di Origine e ciò fece sì che esse si diffusero nel mondo occidentale,
assieme al metodo esegetico di Origene di tipo spirituale.

Nel 382 si trasferisce nuovamente a Roma dove si tratterrà fino al 385 in anni particolarmente
densi di lavoro e di eventi. Chi lo volle fortemente a Roma era il papa 47 Dámaso, un personaggio
molto importante dal punto di vista letterario (a lui si deve la cristianizzazione dell'epitaffio) e
proprio per la sua sensibilità letteraria e intellettuale desiderò il rientro di Girolamo e lo scelse
come segretario e consigliere. Ebbe per lui grande stima ed amicizia e gli affidò un compito molto
importante: a Roma c'erano infinite versioni latine dei vangeli e ciò creava molto disordine, in
quanto i cristiani volevano abbattere le eresie. Il compito consisteva nella revisione delle versioni
latine dei vangeli, Girolamo doveva semplicemente prendere le tantissime versioni e scegliere,
parla per parola, quella che gli sembrava meglio tradotta. Girolamo era sempre stato interessato
alle traduzioni e intraprende anche la traduzione dell’Antico Testamento, tenendo conto solo
della versione ebraica (la sua versione aveva anche alcuni capitoli in aramaico). Compie
un'operazione senza precedenti: dall'ebraico tradusse direttamente in latino (senza tener conto
delle versioni greca e latina), dice di scegliere la fede per l'hebraica veritas. Agostino in una lettera
esprimerà il suo profondo dissenso, poiché saltare due passi intermedi e tradurre direttamente
dall'ebraico snaturava totalmente il testo, non c'era più niente di simile. Questo testo fu però
criticato da molti e fu preso in considerazione solo dopo circa dieci secoli, durante il concilio di
Trento (1545-1563) e gli fu dato il nome di Vulgata.

47
“Colui che è vescovo di Roma” in quanto non sappiamo il momento preciso in cui il vescovo di Roma comincerà ad
essere chiamato papa.

51
A Roma vi era un fenomeno sociale: nell'aristocrazia cristiana vi erano le vedove che sentivano il
bisogno di approfondire la lettura esegetica della Bibbia. Girolamo le frequenta, concentrando poi
la sua amicizia su due: Marcella (rimasta vedova a 13 anni), viveva sull'Aventino con la madre
albina e una vergine di nome Asella. Girolamo definisce ciò che avviene nella loro casa "un piccolo
cenacolo", qui infatti si riunivano delle persone per pregare ma soprattutto per studiare le sacre
scritture. Essendo persone di una certa cultura (aristocratiche), avrebbero voluto approfondire
l'esegesi oltre che le sacre scritture.

L'altra è Paola, che ha due figlie femmine una dal nome Eustochio e l'altra Blesilla. Paola, dopo la
morte del marito, aveva trasformato il suo palazzotto patrizio in una specie di monastero.

Entrambi i gruppi avevano questo bisogno di approfondire lo studio biblico e dell'ebraico e


Girolamo soddisferà proprio queste esigenze diventandone il direttore spirituale e il maestro di
scienze bibliche (dei due gruppi).

In questo periodo a Roma Girolamo si oppone alle idee di Elvidio il quale era un romano discepolo
del famoso ariano Aussenzio. Elvidio aveva pubblicato un opuscolo in cui diceva che Maria non
aveva conservato la verginità dopo la nascita di Gesù, ma che aveva avuto addirittura altri figli.
Concludendo lo scritto affermando che la vita casta e continente fosse una scelta di vita sbagliata.
Girolamo replica immediatamente con violenza.

A proposito di questo argomento, l'autore scriverà una lettera ad Eustochio in cui ribadisce la
supremazia della castità e propone un codice di vita per le vergini consacrate (cioè coloro che
hanno fatto ufficialmente voto di castità). Il suo modo di porre le questioni non fece altro, però,
che creargli ostilità ed inimicizie (in quanto non solo si presentava aggressivo, ma tendeva anche a
prendere in giro). Quando nel 384 Dámaso muore Girolamo comincia ad avere vita difficile a
Roma: la sua propaganda per la verginità comincia ad essere vista male in quanto in molte famiglie
patrizie il matrimonio era già deciso in precedenza e l'esortazione alla castità non era bene
accetta; il modello di vita austero che proponeva veniva visto come troppo esagerato (ciò si
concretizza quando muore Blesilla probabilmente per i troppi sacrifici); inoltre c'erano anche delle
voci che giravano ai tempi (di cui non abbiamo certezza) che mal vedevano le sue frequentazioni
con le donne dei gruppi (Girolamo reagisce negando il tutto); infine un altro elemento che causava
ostilità era il fatto che Girolamo era severissimo ed ipercritico nei confronti degli uomini di chiesa
che avessero una condotta poco meno che perfetta. A quel punto a Girolamo non restò altro che
andarsene; nelle lettere non presenta questo abbandono come frutto di una sua perdita di
pazienza, ma come una sua decisione personale in quanto riteneva che la comunità non fosse
degna di lui.

A questo punto l'autore si dirige verso l'oriente con il fratello Paoliniano e alcuni monaci. Dopo
poco lo segue Paola con un secondo gruppo di donne. Questi due gruppi si riuniscono ad Antiochia
dove sono accolti dal vescovo del luogo Paolino e quest'ultimo organizza per loro un pellegrinaggio
per tutti i luoghi santi, in cui il salvatore aveva vissuto. Nella primavera-estate del 387/6 queste
due comunità si riuniscono a Betlemme e si stabiliscono lì; grazie alla generosità di Paola che aveva
portato il suo denaro facendo degli investimenti, furono costruiti due monasteri nel giro di due

52
anni, uno per le vergini e l'altro per i monaci, e un ospizio 48, per i numerosi pellegrini che
andavano a Betlemme a visitare i luoghi sacri. Nell'epistola 108 Girolamo dice che avevano
pensato al fatto che Maria e Giuseppe non avevano trovato ospitalità.

(Il monastero per le vergini era costituito tre blocchi di edifici ciascuno dei quali era riservato alla
classe di provenienza delle vergini; nonostante il cristianesimo professi l'uguaglianza tra tutti,
certe radicate divisioni sociali non si riuscivano ad evitare, era ben radicato nella società tanto da
sembrare naturale).

Per 34 anni Girolamo non si sposterà da questa località, fino alla morte. Svolgendo un intensa
attività di studioso e di scultore.

Questi intensi anni di lavoro furono dedicati alle traduzioni bibliche e all'esegesi della Bibbia;
stando a Betlemme si poté servire della famosa biblioteca di Origene, ma anche dei dotti ebrei che
gli avevano insegnato la lingua. Annessa al monastero, Girolamo fece costruire una scuola in cui
egli insegnava latino e greco (specialmente la letteratura).

Girolamo manteneva sempre il contatto con Roma tramite epistole e prendeva dunque parte a
molte polemiche del tempo. La prima polemica risale agli anni 393-394 ed è con Gioviniano:
quest'ultimo a Roma tra il 385 e 390 propone una linea di condotta un po' più lieve per i monaci e
per i gruppi ascetici. Secondo i suoi detrattori, tra cui in prima linea Girolamo, Gioviniano in una
prima fase della sua vita si era dedicato ad una ascesi rigorosa come monaco, ma poi non avendo
retto questo livello di rigore, era passato ad un tipo di vita più facile ed agiata. Addirittura spingeva
al matrimonio le vergini consacrate. Girolamo, venuto al corrente di ciò, non tarda a replicare e già
in questo caso la sua controversia è segnata da un atteggiamento satirico: scrive due libri, Ad
versus Iovinianum, dove egli confuta le tesi di quello che per lui è semplicemente un eretico
basandosi su passi biblici. Ma poiché Girolamo aveva la tendenza ad esagerare, egli suscita la
simpatia nei confronti dell'antagonista, e sarà per questo che col tempo attenuerà le sue
affermazioni.

L'acme del suo atteggiamento polemico lo raggiungerà però con la controversia origenista (dal
393 al 402): Girolamo si era infatuato dei testi di Origene, che aveva tradotto, condividendo
questa passione con il suo amico Rufino. Molte delle tesi di Origene si collocano ad un discrimine
tra eterodossia e ortodossia e dunque Origene verrà considerato eretico, tant'è che circolerà una
lettera tra i vescovi di condanna verso l'autore greco, che i vescovi devono appunto firmare. A
questo punto Girolamo firmerà la lettera, mentre Rufino si rifiuterà di firmarla. Nel 397, Rufino
torna a Roma e si dedica a tradurre le opere di Origene, l'opera più importante era Perì Arcòn (De
Principiis in latino, “Sui principi” in italiano), qui si parla di quei vescovi che avevano tradito la
passione verso Origene. A questo punto Girolamo traduce anch'egli quest'opera e nella sua
prefazione si dilunga a scrivere le motivazioni sia del suo atteggiamento passato che di quello
presente. La questione però non finisce qui, perché Rufino la prende molto male e scrive una
Apologia Contra Hieronimum; Girolamo nel 401-402 pubblica il Contra Rufinum in 2 libri cui però

48
Dal latino hospitium, luogo che ospita, non come lo intendiamo oggi.

53
poi ne aggiungerà un terzo, in cui non avrà freni nella sua eloquenza, erudizione e violenta
polemica (arriva ad attaccarlo nel personale, fino all'aspetto fisico). A questo punto Rufino si
chiude nel silenzio, e questa mancata risposta anziché placare Girolamo, lo infiammerà ancora di
più, tant'è che Girolamo continuerà ad inveire contro Rufino anche dopo la sua morte.
Naturalmente la controversia è di genere letterario ed entrambi adoperano tutte le armi di questo
genere.

Infine l'ultima controversia è quella pelagiana che si sviluppa dal 401 al 418, la quale vede sullo
stesso fronte Agostino e Girolamo. Agostino si era messo in contatto con Girolamo già nel 394,
iniziando una corrispondenza anche abbastanza polemica. Il carteggio di Girolamo ed Agostino
conta 17 lettere (9 di Girolamo e 8 di Agostino). Questa diffidenza reciproca si placherà quando
troveranno in comune lo stesso nemico: Pelagio.

Pelagio era un monaco originario della Bretagna che aveva avuto una certa fama a Roma, dove era
arrivato nel 380, apprezzato specie negli ambienti aristocratici, per la serietà dei suoi
convincimenti morali nonché per le sue doti di predicatore e di scrittore. Aveva creato un vasto
movimento di idee attorno a se e propugnava una vita autenticamente cristiana e i punti su cui si
concentrava maggiormente la sua riflessione, che divergevano dal cristianesimo ortodosso, erano
la natura della grazia divina e il valore dei sacramenti. Pelagio considerava inesistente il peccato
originale, dunque in assenza di questo il battesimo non occorre (mettendo in discussione il valore
della grazia divina); da ciò il punto importante del libero arbitrio, che permette all'uomo di
scegliere, che mette in crisi la prescienza divina. Pelagio era entrato in contatto con Agostino e
Girolamo, i quali lo trovavano un bravissimo scrittore, ma man mano che approfondiva la sua
teoria si rivelò un eretico. Nel 410, con il sacco di Roma, Pelagio si rifugia in Africa, proseguendo
poi in oriente. Lo vediamo presente a Gerusalemme e intorno al 414 si vedono le prime reazioni di
Girolamo, con l'epistola 133 contro i pelagiani e nel 415 con un opera: Dialogus adversus
Pelagianus. Alla fine dell'anno viene convocato un sinodo a cui fu invitato lo stesso Pelagio ed egli
in questa situazione media moltissimo le sue posizioni e fa un passo indietro, cercando di fare
entrare le sue teorie nell'ortodossi: tant'è che il sinodo si conclude con un nulla di fatto, senza
scomunicare Pelagio. I pelagiani non sono d'accordo con la scelta di Pelagio e, con le teorie
originali e non ammorbiditi, si riuniscono sotto il successore di Pelagio, Celestio, e propugnano il
vero pelagianesimo (quest'ultimo si spegnerà per morte "naturale"). Sappiamo che nel 416, una
banda di esaltati pelagiani assalì i due monasteri di Betlemme di Girolamo, come rappresaglia per
l'opera d Girolamo (incendiarono alcuni edifici e addirittura cercarono di uccidere Girolamo
stesso). Alla fine come provvedimento ufficiale si sa che nel 417-18, Pelagio fu comunque espulso
definitivamente dalla Palestina.

Gli ultimi anni di Girolamo:


Più volte Girolamo si era ammalato, aveva perso persone care, lo aveva shockato fortemente il
sacco di Roma (gli era arrivata come notizia ufficiale e molti dei pellegrini si erano rifugiati proprio
a Betlemme), era morta Paola e alla fine del 419 muore anche Eustochio (la cui formazione fu
curata da Girolamo e dirigeva il monastero femminile).

54
In una lettera dice di sentirsi sfinito dalla tristezza e dall'età, logorato dalle frequenti malattie. Il 30
settembre del 419/20, egli muore.

LE OPERE
Gran parte della sua opera è dedicata allo studio e al commento della Bibbia, nei quali
confluiscono tutto il suo studio e le sue riflessioni.

Si può partire dall'incarico di Dámaso: i manoscritti latini erano estremamente eterogenei; dunque
egli non si preoccupa solo di avere un gran numero di essi, ma se ne procura anche alcuni greci.
Essendo lui estremamente padrone del latino e del greco, il lavoro gli riesce piuttosto semplice.

Una volta conclusi i vangeli (in maniera soddisfacente), passa all' Antico Testamento. In una prima
fase egli parte dalla revisione del libro dei Salmi e, ancora preso dalla suggestione origeniana,
traduce dal greco: quindi porta a termine la traduzione dei salmi, passa a Giobbe, al libro dei
Salmi... lavorando così a questa traduzione gli viene un'illuminazione e, rendendosi conto della sua
conoscenza dell'ebraico, azzera tutto e traduce direttamente dall'ebraico.

In una lettera Girolamo spiega la sua operazione: dice che nei punti complessi egli si attiene parola
per parola, alla lettera, in quanto ha paura di sbagliare. Invece, quando nel testo biblico c'è una
descrizione o un fatto semplice, egli si sente più libero di apportare modifiche.

Un lavoro ugualmente imponente Girolamo lo dedica al commento biblico. I commenti della


Genesi, ai Salmi, alle ecclesiaste, ai profeti, a Matteo (interamente) e a 4 lettere di Paolo.

Alla fine del nuovo testamento, c'è l'apocalisse e poi ci sono le lettere di paolo, esse sono: la
lettera a Filemone, la lettera ai Galati, la lettera agli Efesini e la lettera a Tito. Dal punto di vista
della tipologia di esegesi, Girolamo è molto aperto e non ne sceglie una sola, le mette in pratica
tutte (letterali, storiche, allegoriche), e inoltre la sua esegesi è di tipo erudito: egli aggiunge
particolari geografici, storici... se si vuol essere precisi si può dire che in un primo periodo dal 386
al 393 la sua esegesi si svolge sotto l'influsso di Origene. Origene, che è di Alessandria, nella sua
scuola (appunto alessandrina), svolgeva un'esegesi di tipo prevalentemente allegorico.
Successivamente il commento di Girolamo diventa più storico-letterale. Sarà proprio in questo
secondo periodo in cui le esegesi si arricchiranno di osservazioni storiche, letterarie, anche
linguistiche.

Le omelie
Prevalentemente tenute ai monaci di Betlemme per illustrare un brano scelto della Bibbia; oppure
per spiegare il significato di una ricorrenza liturgica (pasqua, epifania...) o ancora per richiamare
qualche virtù cristiana, come l'obbedienza, la carità... l'intento di queste omelie è dunque un
intento pratico e il linguaggio è appassionato, semplice, immediato... intento a convincere chi
ascolta a fare ciò che egli dice.

55
Opere polemiche
Sicuramente è il genere più congeniale allo scrittore:

1) ADVERSUS HELVIDIUM DE PERPETUE VIRGINITATE BEATE MARIE. In questa opera egli si


basa su una serie di testi biblici e mostra già una volontà di contrastare l'avversario in maniera
satirica e ironica, dando un forte contributo a quella che è chiamata la Mariologia, la scienza che
studia la figura e le virtù di Maria.

2) ADVERSUS IOVINIANUM. Contro le dottrine del monaco Gioviniano il quale parlava del diritto
dei monaci a sposarsi etc.; Girolamo difende il celibato e la vita monastica.

3) CONTRA RUFINUM. La polemica con Rufinum.

4) CONTRA VIGILANTIUM. Scritto nel 406, contro Vigilanzio, il quale negava il culto dei martiri e
delle reliquie (fiorentissimo nel cristianesimo) e contro l'ascetismo.

5) DIALOGUS ADVERSUS PELAGIANUS. In tre libri, in cui parla della necessità del battesimo come
primo sacramento assolutamente indispensabile. Prende una posizione anche a proposito del
libero arbitrio.

Opere storico-biografiche
1) DE VIRIS ILLUSTRIBUS. La più famosa in assoluto. Girolamo si ispira ad un famosissimo testo di
Svetonio, omonimo, che parla di autori pagani. Presenta 135 scrittori cristiani, greci e latini che
vanno da San Pietro a Girolamo stesso. Una fonte importante per quest'opera è la storia
ecclesiastica di Eusebio.

Questo testo, il De Viris, spesso si rivela unica fonte sugli autori da studiare, ma spesso Girolamo
non è obbiettivo, cioè descrive gli autori in maniera positiva o negativa in base alle sue preferenze.
Spesso però i giudizi di letterato sono folgoranti e assolutamente giusti.

Gli autori per cui più si attiene ad Eusebio, sono i primi 78, in quanto sugli scrittori greci egli tende
ad aderire a ciò che dice Eusebio. Gli altri 57, gli scrittori latini, fanno emergere un giudizio più
personale.

Con questo testo, in qualche modo, Girolamo dimostra anche che la letteratura cristiana era
arrivata ad un punto in cui essa potesse possedere un testo autonomo, di raccolta.

Nel prologo, Girolamo fa presente proprio queste cose, sottolineando che dal suo punto di vista la
letteratura cristiana può essere messa perfettamente a confronto con quella classica,
possedendone pari dignità.

56
1) Vi sono poi, tre opere che si possono definire biografie romanzate di monaci del deserto.
Girolamo parte dal fatto che c'è stato un grande successo tributato alla vita di Antonio scritta in
greco di Atanasio, un vero e proprio bestseller del 357. Questa vita ha tanto successo in area
greca, che verrà tradotta in latino. Girolamo ne coglie gli aspetti fondamentali e lo stile per così
dire popolareggiante, molto lontano dalla biografia classica. Quindi decide di riprodurre questo
tipo di scrittura, in particolare per un monaco: Paolo, molto ammirato da Antonio. La prima
biografia che scrive Girolamo è dunque La vita di Paolo, che si può definire quasi fantasiosa,
fiabesca. Appaiono animali di fantasia, fauni, satiri, corvi che parlano, leoni che parlano...

2) La seconda è La vita di Malco (VITA MALCHI), un prete siriano: utilizza l'escamotage di far
parlare il prete in prima persona della propria vita. Una vita molto avventurosa: egli prima è stato
monaco nel deserto, poi fatto schiavo dai monaci del deserto e infine con una fuga avventurosa
avrebbe recuperato la libertà. Questa vita può risalire tra il 386 e il 387.

3) Terza e ultima: La vita di Ilarione (VITA ILARIONI), tra il 389 e il 392. Presenta un forte difesa ed
esaltazione dell'ascetismo. Il protagonista, Ilarione, che aveva conosciuto Antonio nel deserto, si
ritira a vita solitaria e diviene famoso per una straordinaria serie di miracoli. Queste tre vite hanno
in comune lo stile popolareggiante e il gusto per il meraviglioso ed il fantastico, con tono fiabesco.
Completamente diverse dal De Viris.

-19/04/18-

Lavori di traduzione
1) Da Origene, Girolamo, ha tradotto delle omelie: 14 su Geremia; 14 su Ezechiele; 2 sul Cantico
dei Cantici; 9 su Isaia e 39 su Luca. Di Origene traduce l'opera anche durante la disputa con Rufino.

2) Da Eusebio di Cesarea traduce: il Chronicon (consiste nella cronologia dei fatti, non in una
elaborazione concettuale dei fatti storici), egli non solo lo traduce in latino, ma lo continua, alla
sua maniera, cioè prevalgono notizie di storie, di letteratura... fino ad arrivare al 378. Altra opera
importante è l'Honomasticon, il libro dei nomi, ne cambia il titolo: De situ et nominibus locorum
hebraicorum, un elenco di notizie geografiche sui luoghi ebraici ma prevalentemente sulla
Palestina.

3) Da Didimo traduce il De Spiritu Sanctu;

4) Traduce da tre autori copti49: Pacomio, Teodoro e Orsiesi, i quali avevano scritto dei documenti
che riguardanti la vita dei monaci; c'è una traduzione greca di questi testi e Girolamo lo tradurrà
da lì.

5) Filone per l'antico testamento e Origene per il nuovo testamento, avevano scritto il libro
L'interpretazione dei nomi, Girolamo lo chiama Liber Interpretationis hebraicorum nominum la
quale non è altro che l'interpretazione etimologica dei nomi, disposti in ordine alfabetico.

49
Cristiani indigeni dell'Egitto.

57
Epistolario
Comprende 154 lettere di cui 122 di Girolamo, le altre di risposta.

Le lettere di Girolamo, com'è tipico, comprendono temi eterogenei. Si tratta, in certi casi, di veri e
propri trattati, generalmente riguardanti la verginità o di pedagogia. Troviamo qui dei ritratti
agiografici in occasione della morte di qualcuno.

L'epistola 22 e la 130 sono sulla verginità. La 54 e la 79 sulla vedovanza. La 14, la 58 e la 125 sono
sulla vita monastica. Famosissime sono le due lettere sulla pedagogia la 107 e la 128,
sull'educazione cristiana delle fanciulle.

Tratta anche di elogi funebri, tutti formalmente ineccepibili, ma quelli più sentiti sono quelli
dedicati alle donne con cui tanto aveva condiviso, come quella per Paola (la 108), o quella per
Marcella (127).

58
-23/04/18-

Aurelio AGOSTINO d'Ippona


Si sono potute ricavare informazioni su Sant’Agostino da alcune fonti quali: dalla sue varie opere
come I Dialoghi, Le Confessioni, Le Retractationes, L'Epistolario, I Discorsi; da Vita Augustini scritta
da Possidio (scritta tra il 432 e il 439), in cui l'autore unisce i propri ricordi e tanti fatti tratti dagli
scritti stessi di Agostino.

Aurelio Agostino, nasce il 13 Novembre del 354 a Tagaste (oggi Souk Ahras) un borgo della
Numidia (oggi Algeria), regione del nord Africa.

Il padre Patrizio, secondo alcuni, era un piccolo proprietario terriero, secondo altri era esattore
delle tasse, ma ciò che è importante è che era pagano (si farà battezzare solo in punto di morte).
La madre Monica, invece, era una fervente cristiana. Poiché la madre era una persona
estremamente determinata e avrebbe voluto che il figlio diventasse vescovo e per anni si ritrovò in
disaccordo col marito. Entrambi però erano accomunati da un fattore: Agostino era un figlio il
quale si dimostrava sempre il più bravo in tutto, in qualsiasi occasione dimostrava una grandissima
intelligenza e ciò fece sì che in entrambi i genitori riponessero numerose speranze in lui.

Agostino compie i primi studi a Tagaste; si sposta poi in una città più grande Madaurus, a circa 20
km.

Poiché Agostino era particolarmente bravo, si riteneva opportuno mandarlo a studiare nella città
più importante ossia Cartagine, ma i genitori non hanno le possibilità economiche. Nelle
Confessioni Agostino racconta questa storia e racconta che i genitori, con umiltà, chiesero i soldi a
Romaniano un loro ricco amico, per finanziare i suoi studi.

Il primo periodo della vita di Agostino, a Tagaste dunque va dal 354 al 374.

Successivo è il periodo a Cartagine dal 375 al 383.

A Cartagine si avvicina al movimento che segnerà per molti anni il suo percorso, il Manicheismo, il
quale credeva nei due principi del bene e del male. In questo movimento Agostino cercava una
qualche spiegazione razionale alle domande che lo tormentavano da quando nel 373 aveva letto
un dialogo di Cicerone dal titolo Hortensius nome che viene dal protagonista del dialogo, un
grande oratore. Questo libro si definisce un protrettico (in greco: esortazione), in questo caso
un'esortazione alla filosofia. Nelle Confessioni dice che oltre che la retorica era stato spinto a
studiare anche la filosofia.

A Cartagine, Agostino insegnerà, poi, alla cattedra di retorica. In questi anni cartaginesi non
soltanto c'è questa tendenza al manicheismo, ma c'è anche la presenza della sua compagna (il cui
nome è sconosciuto) che gli da un figlio, il quale viene battezzato nella Pasqua del 387 e viene
chiamato Adeodato.

59
Quando si trova a Cartagine, Agostino ne parlerà come una città corrotta; qui però inizia una
carriera senza sosta, la sua fama si spande sempre più.

Nel 384 si trasferisce prima a Roma (A Roma lo segue Alipio, un amico che segue molte esperienze
con lui), (come sosta) e poi a Milano, sede della corte Imperiale, città importantissima anche
politicamente. Il periodo italiano dura 5 anni (dal 384 al 388) ed è un periodo fondamentale:
questi passaggi da Cartagine all'Italia verranno da lui criticati moltissimo in quanto la loro causa
era il denaro, ma anche la sua vanità (adorava sentirsi dire che era bravo).

Sempre in questi anni vi è una crisi nel suo percorso col manicheismo: il manicheismo, con alla
base i due principi del bene e del male, si presenta come politeista. Attraverso le letture
filosofiche, Agostino si avvicina al monoteismo e alla filosofia di Plotino. Lo spostamento dal
monoteismo di Plotino al cristianesimo è più semplice e l'elemento che determina la conversione
finale al cristianesimo è l'aver ascoltato la predicazione di Ambrogio a Milano.

Agostino si sentirà poi inadeguato in quanto considera di avere una conoscenza troppo limitata dei
testi sacri. Dunque si rivolge allo stesso Simpliciano a cui si era rivolto Ambrogio quando divenne
vescovo.

Decide di prendere, poi, un periodo di pausa e di riflessione di approfondire la sua scrittura (sente
di non poterlo fare se continua la sua vita di sempre). Siamo nel 386 quando si ritira nella località
di Cassiciaco, in Brianza, dove c'era il podere di un amico e porta con sé la madre, Alipio e un altro
amico. Qui sarà assorto nello studio e nella meditazione. Quando racconterà di questa esperienza,
racconterà in maniera trasversale della madre del figlio dicendo che già da un anno si era
allontanato da lei e che si sentiva profondamente ferito di ciò.

La vigilia di Pasqua del 387 fu battezzato da Ambrogio e con lui fu battezzato Adeodato. Da quel
momento non smette mai più di praticare il cristianesimo.

Nel 387 sceglie di tornare in Africa e va a ad Ostia per imbarcarsi e in quel lasso di tempo muore
Monica, che si era ammalata ad Ostia (aveva solo 55 anni) e lì verrà sepolta.

Il suo soggiorno a Tagaste (con Alipio ed Evodio) dura dal 388 al 391. Il primo gesto che compie qui
è liberarsi dei propri beni.

Questa esperienza è quella più simile alla vita di monastero che potesse fare, in quanto nella sua
casa ad Ippona viveva di preghiera. Il vescovo di Ippona,Valerio, dal pulpito, comunica ai suoi
fedeli di essere molto stanco di quel ruolo e della necessità di qualcuno di giovane a sostenerlo: la
folla acclamerà Agostino, prima sacerdote e poi vescovo coadiutore (affiancando inizialmente
Valerio).

Sarà poi vescovo per 35 anni: per questo periodo mostrerà molta energia per tutte quelle attività
collegate all'esercizio del vescovo, ma contemporaneamente non rinunciò mai alla sua attività
letteraria.

Come molti autori, egli fu molto sconvolto dal Sacco di Roma. Muore il 28 agosto del 430.

60
Le Retractationes
In quest'opera Agostino descrive come avrebbe voluto che le sue opere fossero lette.

Egli divide la sua opera, anzi tutto, in tre parti secondo i generi letterari (qui emerge la sua parte
da retore): i libri, le lettere e i trattati. All'interno di questi tre settori adotta un metodo
cronologico spiegando che così il lettore potrà capire il percorso tortuoso della sua conversione e
del suo percorso spirituale.

Purtroppo quest'opera rimane incompiuta, riesce a concludere solo la prima parte (da cui si
deduce anche la struttura degli altri due gruppi).

Dunque nella parte dei i Libri troviamo 93 opere che si articolano in 293 libri.

Possidio, alla fine della biografia aggiunge un elenco delle opere che lui chiama Indiculum che
viene realizzato in base ai libri firmati da Agostino presenti nella biblioteca di Ippona (ai tempi si
contavano 1030 titoli). Si dividono in tre gruppi: prima delle confessioni, le confessioni e quelle
polemiche.

-24/04/18-

Prima delle Confessioni Agostino scrisse una serie di opere durante il periodo a Cassiciaco. Esse,
nel loro complesso, furono chiamate DIALOGI. Si chiamano così perché sono innanzi tutto il frutto
delle conversazioni con le persone che si erano ritirate con lui (la madre, gli amici intimi...) e anche
perche queste opere sono scritte in forma dialogica.

1) CONTRA ACADEMICOS: in tre libri che si contrappongono allo scetticismo che Agostino aveva
attraversato nel periodo della sua elaborazione. Il ragionamento presente è questo: «chi dubita è
certo di dubitare e questa certezza si tramuta in una certezza di vivere e di pensare 50 di
conseguenza lo scetticismo è dunque un punto di partenza dell'elaborazione, non di arrivo.».
Capisce anche che, la ricerca della verità è dentro l'uomo, nessun uomo può evitare di cercarla.

2) DE BEATA VITA: è una riflessione sulla felicità, e anche qui individua questa ricerca della felicità
come un'aspirazione insita in ogni uomo. Egli spiega che si può raggiungere la felicità soltanto una
volta trovato Dio.

3) DE ORDINE: in due libri, si interroga sulla razionalità dell'universo. Quanto nel funzionamento
dell'universo possa essere individuato uno sviluppo razionale.

4) SOLILOQUIA: dove egli immagina di essere uno dei protagonisti del dialogo e l'altro
protagonista è la Ragione. Tuttavia la ragione resta comunque una parte di sé. Egli capirà che per
essere cristiano bisogna perdere la propria razionalità.

50
Ci ricorda il Cogito ergo sum di Cartesio.

61
1) A Cassiciaco scrive anche opere di argomento totalmente diverso, ad esempio scrive un opera
in 6 libri il DE MUSICA, un'opera molto importante per lo studio della musica. Sono due i concetti
che approfondisce maggiormente: l'armonia ritmica e la teoria degli intervalli. Nel sesto libro si
sofferma su una sua intuizione: egli è convinto che quella parte matematica che è sottesa alla
musica e all'armonia, non è altro che il riflesso dell'ordine universale, di Dio.

2) Scrive anche il DE MAGISTRO: è un dialogo (non di riflessione generale come gli altri) con il figlio
Adeodato; egli ce lo presenta come un dialogo realmente accaduto. Agostino sostiene che l'unico
magistro (maestro) è Cristo che definisce: magister interior. Cioè è un maestro interiore che opera
dentro di noi, indicando la strada giusta da seguire, anche se non ce ne accorgiamo.

LE CONFESSIONI
Si tratta di 13 libri composti tra il 397 e il 398. Il termine Confessio ha un triplice valore:

1. il valore immediato è quello che in italiano si attribuisce alla confessione, cioè come
confessione dei peccati (“confessio pecatorum”);
2. la “confessio fìdei”, che ha valore di testimonianza (in ambito cristiano: testimonianza della
fede);
3. in fine c'è il valore che forse Agostino mette al primo posto, in quanto nei primi righi c'è un
Salmo in cui si parla della “confessio laudis”, ossia dichiarazione di lode al Signore.

Un'altra questione affrontata è se l'opera sia autobiografica.

♦Nel primo libro Agostino parla dei suoi primi 15 anni, dai giochi della fanciullezza agli studi (parte
in cui apprendiamo che Agostino detestava il greco e lo apprendeva di malavoglia); ammette di
aver pianto per la storia della Didone virgiliana, che si suicida per amore, cosa vista con perplesso
rammarico dall'Agostino vescovo (il suicidio non è accettato dal cristianesimo).

♦Nel secondo libro parla di tutte le inquietudini dell'adolescenza, a Tagaste prima e a Madauro
poi. In questo libro c'è l'episodio molto famoso del furto delle pere. Agostino non riesce a dire di
no a questo furto perché non riesce a contraddire il cosiddetto capobranco del gruppo dei suoi
amici. In tutto il passo egli si chiede il perché abbia commesso un'azione del genere, dal momento
in cui egli non aveva fame, non necessitava di quei frutti. C'è anche un piacere nel ricordo di
questo episodio, in quanto si tratta del piacere della trasgressione; in particolare la condivisione
della trasgressione, che ne aumenta il piacere.

♦Nel terzo libro si rievoca quel periodo trascorso a Cartagine, dai 17 ai 19 anni. C'è la situazione di
un ragazzo che appena arrivato in città per la prima volta: egli descrive i rumori delle città con
l'immagine di una padella che sfrigola, stando a sottolineare la differenza tra i rumori e le passioni
della città rispetto al silenzio del luogo da cui proveniva. Questi anni saranno caratterizzati da tutte
le esperienze cittadine: studi, vari amori, avventure... ma soprattutto la lettura dell'Hortensium

62
ciceroniano, il dialogo filosofico che apre ad Agostino il percorso di una riflessione. Approderà poi
al manicheismo.

♦Nel quarto libro troviamo Agostino già maestro, prima a Tagaste e poi a Cartagine. Continua la
sua fede manichea.

♦Nel quinto libro incontra uno dei leader del manicheismo, Fausto, che lo delude e comincia così
la fase discendente del credo manicheo. Si trasferisce a Roma prima, a Milano poi. Tra la fine del
manicheismo e ciò che verrà dopo ci sarà una fase di vero e proprio scetticismo.

♦Nel sesto libro racconta di come la predicazione di Ambrogio lo avesse colpito e di come si fosse
acuita la sua crisi spirituale.

♦Nel settimo libro legge testi neoplatonici: il platonismo è un passaggio importante perché
Agostino concepisce il monoteismo, anche se ancora in senso filosofico.

♦Nell'ottavo libro parla dei colloqui con Simpliciano, il quale lo porta per mano alla conoscenza dei
testi biblici, e racconta anche di quanto lo abbia colpito la conversione al cristianesimo di uno dei
più importanti manichei, Mario Vittorino. Questo libro si conclude con un episodio famosissimo,
del “Tolle et lege” (“Prendi e leggi”), in cui Agostino sente una voce che gli dice di leggere la Bibbia.

♦Nel nono libro racconta il periodo di Cassiciaco; il battesimo; il periodo in cui si ferma ad Ostia e
la morte di Monica. In qualche modo con questo libro si conclude quella parte delle Confessioni
che si può definire tecnicamente autobiografica, cioè il racconto di una vita.

♦Dal decimo libro infatti c'è una meditazione su alcuni concetti complessi: uno è quello della
memoria, quello della felicità , uno sulla forza delle passioni. Alla fine di queste riflessioni
filosofiche - cristiane, Agostino sceglie di abbandonarsi a Dio e di conseguenza è questo il modello
che propone.

♦Undicesimo libro, ancora un libro teorico e molto denso. Riflette due concetti estremamente
complessi: quello di creazione e quello di tempo. E' di stampo molto filosofico.

♦Il dodicesimo libro è molto tecnico in campo di esegesi. Agostino esegeta commenta l'inizio della
Genesi.

♦Nel tredicesimo libro conclude l'esegesi della Genesi. Questo libro, e tutta l'opera, si conclude
con l'invocazione della pace del Sabato (durante il Sabato c'è un calo della tensione perché si
avvicina il giorno del riposo, la Domenica). Il libro si apre infatti con pagine di grande inquietudine,
che indicano il fatto che l'uomo è inquieto finché non riesce a trovare Dio alla fine del percorso.

Agostino stesso da una chiave di lettura possibile di quest'opera in due punti delle Confessioni: nel
libro 10, capitolo 4, paragrafo 6; e nel libro 10, capitolo 3, paragrafo 4.

63
Agostino dice che dal libro primo al nono, c'è l'Agostino narrato, raccontato, che egli definisce
“qualis fuerim” ("quale io sia stato") e nei libri 10-13 l'Agostino attuale, “qualis sim” ("quale
sono").

Invece, nelle Retractationes, dice che dal primo libro al 10 le Confessioni parlano di lui; negli altri 3
delle sacre scritture.

Le possibili divisioni di questi libri delle Confessioni sono, comunque, infinite.

C'è un'altissima presenza di citazioni bibliche.

Le opere polemiche
La polemica di Agostino è sempre molto controllata e articolata. Tra le varie polemiche, però,
quella contro i manichei è sempre più aggressiva delle altre: da un lato non si riesce a perdonare di
essere stato manicheo per così tanto tempo; dall'altro conoscendo bene questa eresia egli riesce
meglio ad articolare la critica. Tra i manichei c'erano due livelli, gli uditori e gli eletti. Agostino
rimarrà sempre uditore, non diventerà mai un eletto, perché c'era qualcosa che non lo convinceva
fino in fondo. Anche perché la sua perplessità più profonda riguardava la concezione dualistica del
bene e del mane: cioè non accettava che il male fosse ontologicamente uguale al bene.

Le opere contro i manichei sono comunque numerosissime, l'opera più lunga che è monumentale
si chiama Contra Faustum Manicheum, un'opera in 33 libri.

Oltre che per il manicheismo, la polemica di Agostino si dedica anche al donatismo (da Donato di
Cartagine), quella eresia che porta ad un vero e proprio scisma tra i donatisti e i cristiani. Si
trattava di due vere e proprie chiese diverse. Il donatismo si diffuse principalmente proprio in
Africa. I donatisti erano convinti di essere i puri, gli eletti, quindi si contrapponevano agli altri e,
paradossalmente, arrivavano anche ad atti di violenza contro chi non fosse donatista (anche
Girolamo ne parlò); Agostino spesso parla del timore di queste aggressioni. Molti sono gli scritti
contro il donatismo, in quanto la setta più pericolosa e strutturata di tutte. Alcune:

1. CONTRA EPISTULA PARMENIANI: Contro l'epistola di Parmeniano, 3 libri scritti nel 400;
2. DE BAPTISMO CONTRA DONATISTAS: opera in 7 libri, del 401.

Questa polemica si basa moltissimo sui testi biblici.

Dal punto di vista storico noi sappiamo che nel maggio-giugno del 411, ci fu a Cartagine quella che
tecnicamente si chiamava Collatio, cioè un confronto, una conferenza, un contradditorio tra 279
vescovi donatisti e 286 vescovi cristiani, tra cui Agostino. Nella seduta conclusiva Agostino brilla
per le sue capacità retoriche. La conclusione è naturalmente a favore dei cristiani a favore dei quali
viene emessa una sentenza finale. Da questo momento in poi il donatismo sarà considerato
illegale e perseguibile per legge.

64
È da Teodosio in poi che un provvedimento cristiano ha un riscontro anche sul piano civile (il
Cristianesimo è una religione di Stato).

In fine ci sono gli scritti contro Pelagio: Giuliano di Eclano, un vescovo campano, si contrappone ad
Agostino su questa questione. Il problema è il conflitto tra predestinazione e libero arbitrio, sulla
grazia, e altri argomenti teologici.

Alcuni degli scritti di Agostino contro i pelagiani:

1. DE NATURA ET GRATIA (415);


2. CONTRA IULIANUM (421), in 6 libri;
3. DE GRATIA ET LIBERO ARBITRIO (425).

Opere che non rientrano in nessun possibile raggruppamento:

1) DE DOCTRINA CHRISTIANA: in 4 libri con una particolarità. I primi tre libri sono composti nel
496, e dopo circa 30 anni, nel 426, Agostino riprende in mano quest'opera, completa il terzo libro
e ne scrive un quarto, che risulta importantissimo. In esso egli esprime quello che pensava
dell'identità letteraria e fornisce una sorta di identikit dell'intellettuale cristiano.

La traduzione dell'opera non è facilissima: la parola “doctrina” non è solo la dottrina, ma si


riferisce anche alla cultura in generale. L'opera nasce con l'intento di preparare alla lettura della
Bibbia, cioè spiega che cosa è necessario per cominciare la lettura delle Sacre Scritture, il
background culturale necessario per approcciarsi alla Bibbia (si rivolge chiaramente alle persone
che hanno studiato). Dice innanzi tutto che sarebbe indispensabile la conoscenza del greco e
dell'ebraico; considera indispensabili anche tutta una serie di nozioni (oltre la dialettica, la
retorica, la storia, la formazione classica...) come la matematica e l'astronomia.

Nel quarto libro Agostino si lancia in una difesa appassionata della retorica: egli sostiene che,
diversamente da quello che possa aver pensato lui o altri intellettuali cristiani, la cultura classica è
assolutamente fondamentale, ai suoi tempi ancora di più in quanto il cristiano ha bisogno di
difendersi continuamente e per farlo ha bisogno della dialettica e della retorica, altrimenti perde
durante i conflitti; quindi per arrivare ad essere bravi in dialettica e retorica bisogna leggere gli
autori classici.

Agostino nelle Confessioni rimane turbato al ricordo di sé commosso nella lettura di alcuni classici,
come il caso di Didone: ciò non deve apparire come una contraddizione, perché egli considera
l'uso dei classici con una funzione strumentale. Tutte queste discipline occorrono come ancille
tehologiae, cioè servono alla teologia e alla dimostrazione della verità.

Queste discipline sono per Agostino un vero e proprio strumento di lotta. Lo scrittore, dice
Agostino, deve essere in grado di rendere lo scrittore "benevolo e attento".

65
2) DE CATECHIZANDIS RUDIBUS (“La catechesi dei principianti”), composta tra il 399-400, su
richiesta di un diacono cartaginese, Deogratias. Egli si rivolge ad Agostino perché desidera un testo
per introdurre i principianti alla religione. Agostino capisce che un'opera di questo genere deve
essere scritta in maniera molto semplice e chiara, sia a livello concettuale che formale.

3) DE TRINITATE (in 15 libri), scritto in varie fasi dal 391 al 419. Agostino prende in considerazioni
tutti gli autori, anche filosofi e non cristiani, che si sono occupati del concetto di Trinità,
realizzando una sorta di storia di quelle che lui chiama le unità triadiche. Cioè i concetti "a tre" che
egli trova, anche negli autori del passato, vengono da lui trattati fino ad arrivare alla vera e propria
trinità. Inoltre, per rendere il concetto di trinità più accettabile e concepibile, elenca altre unità
triadiche presenti nella vita. Un esempio è: memoria, intelligenza, volontà, che coesistono
nell'uomo contemporaneamente. Essere, sapere, amare... Insomma Agostino individua nel
numero 3, nel concetto triadico, una chiave interpretativa dell'uomo e dell'universo. Conclude
dicendo che l'immagine della trinità è alla base del creato.

4) DE CIVITATE DEI (412-427): un'opera monumentale in 22 libri. Il motivo estrinseco, casuale, che
indusse Agostino alla stesura di quest'opera fu il fatto che il 24 agosto del 410 i visigoti, guidati da
Alarico, entrarono in Roma (Il sacco di Roma). Come di consueto quando accadevano fatti
eclatanti, la colpa veniva attribuita ai cristiani. Agostino stesso ci informa su come deve essere
suddivisa l'opera:

anzi tutto due grandi sessioni: i primi 10 libri e poi gli altri 12: i primi 10 libri sono apologetici.

Gli altri 12 libri:

1. dall'11 al 14 si espone il concetto base, la nascita di due città: la città di Dio e la città
terrena;
2. i libri dal 15 al 18 si parla dello sviluppo di queste città;
3. i libri dal 19 al 22, parlano di come si evolvono e che fine fanno queste due città.

Il concetto di base è che queste due città sono eternamente esistenti e gli uomini tutti
appartengono o all'una o all'altra. La divisione prevede che gli uomini che appartengono alla città
di Dio, hanno come massima aspirazione quella di obbedire alla volontà di Dio; alla città terrena
appartengono tutti coloro che ripongono ogni speranza nella vita terrena. Il concetto
particolarmente innovativo è che nessuno appartiene, definitivamente, a una delle due città, ma vi
è una sorta di flusso continuo, a seconda di come gli uomini si comportano e scelgono, secondo un
percorso stabilito dall'uomo stesso.

E' chiaro che Agostino non da un'identificazione precisa (cioè non fa ad esempio una divisione tra
Chiesa e Stato, in quanto anche nella chiesa ci sono aspetti negativi)... questa fluttuazione è

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sempre possibile, ininterrottamente. In questo senso Agostino chiama il cristiano a una continua
messa in gioco: ogni uomo in ogni momento sceglie dove andare e cosa fare, cioè sceglie tra le due
città. Chiaramente non mancano critiche alla situazione contemporanea ad Agostino, come la
decadenza spirituale dei popoli egemoni, la ricerca sfrenata della ricchezza (da parte dei Romani).
Agostino fa anche presente che questa idea di divisione fondamentale gli è venuta grazie alla
Bibbia, in quanto nei Salmi si parla sempre di città di Dio, sempre come implicita opposizione alla
città degli empi.

L'esortazione finale è quella a far sì che il cristiano sia in grado di compiere la scelta giusta e, in
caso di scelta scorretta, di aggiustare quest'ultima.

L'opera è dedicata a persone intellettuali, si tratta di una grande metafora, non adatta alla portata
di tutti. Lo stile è ricco di subordinate e citazioni.

L'epistolario
A fronte delle numerose lettere scritte da Agostino, ce ne restano circa 117, che trattano
argomenti diversi come la polemica, l'esegesi, lettere amichevoli, questioni teologiche, etc.

Ritorna in alcune delle lettere personali un rammarico, cioè il fatto che tutti gli impegni come
vescovo e come scrittore, lo allontanavano dalle attività che più volentieri avrebbe praticato come
la meditazione e la preghiera. Ricorda spesso che al vescovo venivano attribuite questioni di
piccolo carattere giuridico da risolvere che ad oggi sarebbero attribuite al giudice; egli non poteva
sottrarre.

Un brano molto illuminante di queste epistole è sul concetto di scrittura.

In una lettera, la 211, parla di quella che per lui era la regola monastica per eccellenza.

La lettera 130 è un vero e proprio trattato sulla preghiera.

Molte sono le lettere con gli intellettuali che conosciamo (Paolino di Nola, Girolamo...).

Agostino controlla tutti gli stili, è capace di passare da uno stile assolutamente complesso ad uno
semplice e colloquiale.

Non manca chiaramente anche una produzione esegetica: vi è un commento completo al Vangelo
di Giovanni, si tratta di ben 124 tractatus. Questi sono spesso la stesura letteraria di omelie che ha
pronunciato.

Un'altra opera esegetica è il suo commento all'intero Salterio, cioè l'intero libro dei Salmi, si
chiama ENARRATIONES IN PSALMOS. Nel commento si Salmi si afferma una sua idea teologica per
cui Cristo e la Chiesa sono un'unica cosa e tutta l'esegesi ai salmi è basata su questo concetto
chiamato Christus Totus.

67
-30/04/18-

Agostino in una lettera dirà che non è possibile conoscere il numero di traduttori della Bibbia in
lingua latina (a differenza di quelli greci che invece si possono conoscere). Agostino continua
dicendo che all'inizio della diffusione del cristianesimo in area occidentale, chiunque che per
qualsiasi motivo ne avesse bisogno traduceva i brani dal greco al latino e questa traduzione
rimaneva all'interno della famiglia, o all'interno della diocesi nel caso dei sacerdoti... si tratta di
traduzioni infinite e molto diverse l'una dall'altra.

-Dámaso si rende conto che questa situazione era deleteria.

In questa fase di confusione dei testi era necessario trovare dei criteri in base ai quali suddividere
questi ultimi in gruppi specifici. Attraverso questo lavoro si arriva a dividere le versioni latine che
tutte insieme (tutti i testi insieme senza alcuna divisione) hanno il nome tecnico di VETUS LATINA:
da qui i due gruppi. Il primo è: AFRA, perché questo tipo di testo è trovato prevalentemente in
autori di origine africana. L'altro gruppo è ITALA, un testo che si trova in tutti gli scrittori di area
italica. Questi due gruppi citano i testi in maniera differente.

-La successiva operazione a questa è la Vulgata di Girolamo, alla quale tutti faranno riferimento.

68
-03/05/18-

AUTORI GRECI
In ambito orientale il fenomeno letterario cristiano ha luogo in leggero anticipo rispetto all'ambito
occidentale.

Alla base della cultura greca troviamo la filosofia e ciò si riversa anche nell'approccio alla religione
cristiana. Per questo per molti di questi autori il percorso nella cristianità si basa sulla filosofia; la
stessa religione cristiana viene approcciata come filosofia.

"Il cristianesimo nel suo primo espandersi urta come organizzazione religiosa contro lo stato
pagano, come religione monoteistica contro il politeismo, come religione del messia contro il
giudaismo, come verità rivelata contro la filosofia pagana."

Questo periodo fa intendere il numero dei nemici che i cristiani avevano, tant'è che prima
dell'avvento del cristianesimo non c'erano mai state persecuzioni contro una religione.

69
GIUSTINO
Nasce attorno all'anno 100 ca. a Flavia Neapolis, una città siriana che all'interno della Bibbia
corrisponde alla località in cui avviene l'episodio della Samaritana: ella incontra Gesù presso il
pozzo di Giacobbe, presso Sichem, nome biblico di Flavia Neapolis.

All'inizio della sua Apologia, Giustino si presenta: "Giustino, figlio di Prisco, che fu figlio di Bacchio,
nativi di Flavia Neapolis, città della Siria di Palestina."

Probabilmente discendeva da coloni pagani, che forse erano di origine latina. Egli racconta che era
"assetato di verità" e cercò questa verità presso le varie scuole filosofiche del suo tempo.
Frequenta prima gli stoici, i peripatetici e i pitagorici, ma Giustino è deluso da tutte e tre queste
esperienze. Passa poi ai platonici (anche Agostino, dopo il rifiuto del manicheismo, ha un periodo
marcato dal neoplatonismo), con essi Giustino si dice soddisfatto per un certo periodo.

Successivamente racconta una di quelle storie con parvenze di sogno o di apparizione che parla
della sua esperienza su una spiaggia, da solo, in cui incontra un vecchio, un personaggio
misterioso. Cominciano a parlare e il discorso dell'anziano immediatamente lo mette in crisi,
innanzi tutto per il miracolo consistente nel fatto che l'uomo era già a conoscenza dei suoi studi e
dei pensieri che occupavano la sua mente; ma anche perché egli gli dimostra che è impossibile per
un uomo, con le sue sole forze, soddisfare la sua aspirazione alla verità. Per quanto un uomo possa
riflettere, da solo l'uomo non può arrivare ad essa. Così facendo, gli indica le persone a cui
Giustino deve rivolgersi per trovare la retta via e scoprire "la vera filosofia", ossia quella che
distingue il cristianesimo dalle altre filosofie. Le persone che possono aiutare Giustino sono gli
antichi profeti, testimoni della verità ispirata da Dio nelle sacre scritture. Dopo aver concluso il
discorso, il vecchio esorta l'autore a pregare perché anche ad egli si aprano le porte della luce.

Si ritorna così ad un concetto già affrontato: la comprensione degli scritti sacri non è scontata, ma
è anzi un dono destinato a pochi ed è per questo che si invita a pregare di possedere questo dono.

Gli studiosi hanno pareri discordanti sulla veridicità di questo episodio, ma Giustino è in questa
maniera che racconta il suo cambio di rotta spirituale. La conversione pare sia avvenuta attorno
all'anno 130, forse ad Efeso.

Sempre grazie alla lettura delle sue opere, siamo a conoscenza del fatto che per Giustino è stata
molto importante l'esperienza di assistere ai martíri: il coraggio dei mártiri ha rafforzato il suo
avvicinamento al cristianesimo.

Una volta divenuto cristiano, Giustino investe le forze che fino a quel momento aveva utilizzato
per cercare la verità per approfondire, difendere e diffondere la vera religione. Giustino lo fa da
filosofo: in quanto "vero" filosofo, egli utilizza tutte le sue conoscenze ai fini di conseguire questo
obiettivo.

Intorno al 140, Giustino arriva a Roma, l'imperatore è Antonino Pio. A Roma Giustino fonda una
scuola dove impartisce lezioni di cristianesimo a chi volesse, gratuitamente (in quanto la

70
percepisce come una missione). Al processo in cui viene condannato a morte, Giustino afferma di
aver insegnato solo lezioni di verità. Fra i suoi allievi vi era anche Taziano.

Questa scuola era particolarmente affollata e toglieva allievi a quella che era la scuola che fino a
quel momento era stata la più importante a Roma, quella di Cinico Crescente. Quest'ultimo fu
sempre invidioso dei successi di Giustino e ostile al cristianesimo e secondo alcuni fu proprio
Cinico a denunciare Giustino come cristiano, tra cui anche Eusebio. Quest'ultimo dice anche che
Giustino stesso era consapevole che prima o poi avrebbe avuto quel destino (essere arrestato e
poi giustiziato). Sappiamo dagli atti del suo processo che fu arrestato assieme ad altri sei cristiani
dal prefetto di Roma Giunio Rustico. Fu condannato alla decapitazione intorno al 165, mentre era
imperatore Marco Aurelio.

Giustino, pare abbia scritto moltissimo, in quanto Eusebio dice che egli ha lasciato un grandissimo
numero di scritti, elogiandoli. Di fatto, però, a noi sono pervenute soltanto tre opere.

Prima Apologia
Fu composta nel 153, indirizzata all'imperatore Antonino Pio e si suoi due figli adottivi. La pratica
dell'adozione si avviava quando l'imperatore non aveva figli adeguati (cioè figli maschi) oppure
quando aveva necessità di accattivarsi altri rami. Si tratta di Marco Aurelio e Lucio Commodo.
Questa apologia è composta da 68 capitoli e può essere così suddivisa (una suddivisione
abbastanza comune degli autori cristiani):

1) Introduzione, capitoli 1-3: Qui Giustino si rivolge agli imperatori (come Tertulliano) appellandosi
alla loro saggezza e chiedendo loro che i cristiani siano trattati con giustizia e non soltanto
basandosi sulla loro cattiva fama.

2) Parte apologetica, capitoli 4-12: Qui Giustino denuncia come illegali le procedure messe in
opera contro i cristiani e contesta le accuse che sono a loro rivolte. Le tematiche sono consuete:
l'immoralità, il nome cristiani... il nome in sé non può essere considerato motivo di colpevolezza,
non si può condannare qualcuno perché si dice cristiano. Descrive i cristiani come i migliori
abitanti dell'impero in quanto nessuno più di loro si astiene al male, attraverso i comandamenti
sono esortati esclusivamente al bene.

3) La parte espositiva, capitoli 13-67: Giustino sostiene qui che il cristianesimo è perseguitato
perché non lo si conosce abbastanza. Dunque tratta i temi dell'etica (morale), della cristologia
(tutte le tematiche legate alla figura di Cristo) (similitudine con Tertulliano); dice poi
esplicitamente che Gesù Cristo è figlio di Dio come viene già prefigurato nell'Antico Testamento.
Dunque esercitano correttamente l'esegesi di questi scritti, si può individuare l'allusione alla
venuta di una entità: in altre parole nell'antico testamento la venuta di cristo è già annunciata.
Inoltre, le favole pagane, i miti (tutta la religione pagana), sono dimensioni dei demoni. Infine
Giustino descrive dettagliatamente le liturgie del battesimo e dell'eucarestia (cioè la maniera in cui
si svolgevano).

71
Nelle conclusioni, nel capitolo 68, riprende la difesa della causa dei cristiani e allega un documento
molto importante (che è conservato proprio grazie al fatto che Giustino lo allega), che è un
rescritto dell'Imperatore Adriano al proconsole d'Asia Minucio Fundano. Con questo rescritto
l'imperatore comunicava al proconsole di praticare una procedura più equa nei confronti dei
cristiani.

Considerando le coordinate cronologiche di Giustino, si nota che sono molto anticipate rispetto a
quelle di Tertulliano.

-07/05/18-

Seconda Apologia
È considerata per lo più come un’appendice della prima: è molto più breve (15 capitoli), e fu scritta
poco dopo, tra il 155 e il 160. Giustino riprende il tema e le finalità della Prima Apologia, spinto da
un episodio recente: il prefetto di Roma, Urbico, aveva condannato a morte, in quanto cristiano,
un certo Tolomeo e due altri, pure cristiani, che avevano protestato contro l’ingiusta ed arbitraria
sentenza.

Dopo aver raccontato questo fatto (cc. 1-3), il nostro Autore contesta due obiezioni fondamentali
dei pagani (cc. 4-8):

a) perché i cristiani non si uccidono da se stessi, se tanto desiderano l’incontro con Dio? Egli
spiega che essi non commettono azioni contrarie alla volontà divina. (c. 4);
b) perché Dio permette che essi siano perseguitati e non interviene a liberarli? Giustino
afferma che le persecuzioni sono istigate dai malvagi demoni, che odiano la verità e la
virtù. Però, attraverso le prove e le difficoltà, i discepoli di Cristo acquistano meriti (cc. 5-8).

Inoltre la loro dottrina non è contraddittoria, ma è la più sublime, perché proviene dal Logos. I
cristiani con la loro vita virtuosa e con il loro intrepido atteggiamento di fronte alla morte,
dimostrano la superiorità della loro religione su quella pagana (cc. 9-13).

Alla fine egli chiede che il suo libretto sia divulgato, perché siano abbattute false opinioni, perché i
persecutori dei cristiani possano convertirsi e gli imperatori giudichino in modo giusto e conforme
a pietà. (cc. 14-15).

Dialogo con Trifone


È un’opera posteriore alle Apologie, scritta intorno al 160 e si situa sullo sfondo di un confronto
polemico tra il cristianesimo e il giudaismo: utilizza il dialogo come artificio letterario e deriva forse
anche da reali esperienze di Giustino. Questo scritto però «non si rivolge ad un’unica categoria di
destinatari, ma a tutti coloro (cristiani, pagani, ebrei) che cercano la verità: ad essi Giustino vuol
far capire che la verità non sta nella filosofia pagana ma nella Scrittura (dialogo con l’anziano), e
che l’interpretazione corretta sella Scrittura non è quella giudaica ma quella cristiana (dialogo con

72
Trifone). E che la verità annunciata dalla scrittura è Cristo». Il Dialogo consta di 142 capitoli 51 e si
svolge in due giornate tra l’Autore stesso e l’ebreo Trifone:

➢ Introduzione (cc. 1-9): Giustino narra la sua ricerca della verità attraverso varie scuole
filosofiche e il suo approdo al cristianesimo.
➢ Parte prima (cc.9-47): l’Autore espone la concezione cristiana dell’Antico Testamento, il
valore transitorio e tipologico delle prescrizioni delle leggi mosaiche, la “nuova legge”
portata da Cristo e destinata a durare in eterno.
➢ Parte seconda (cc.48-108): è incentrata su Cristo. Giustino spiega i motivi per cui i cristiani
lo riconoscono come Messia e come Dio: in Lui si sono adempiute le profezie dell’Antico
Testamento. Dimostra la preesistenza di Cristo, l’incarnazione (a lungo discute sulla
profezia di Is 7, 10-16 riguardante la “vergine” che concepisce il figlio), la redenzione,
mediante la passione e la morte, la risurrezione: tutto è stato preannunziato nelle
Scritture.
➢ Parte terza (cc.109-141): tratta della Chiesa. Coloro che credono in Cristo e seguono la sua
legge costituiscono il nuovo Israele e il vero popolo eletto. Le profezie universalistiche di
Michea, Zaccaria e Malachia si applicano ai cristiani.
➢ Conclusione (c. 142): Giustino, nell’amichevole commiato da Trifone, augura che il suo
interlocutore e i suoi compagni possano preferire il Cristo ai loro maestri e credere in Lui.

51
Vi sono però due lacune: una nella parte iniziale e l’altra al c. 74.

73
-8/05/18-

TAZIANO il Siro
«Io Taziano filosofo barbaro52nato interra assira 53, educato prima nelle vostre discipline poi in
quelle che ora dichiaro di predicare»

Nasce intorno al 125 ed ebbe una formazione classica (retorica e filosofia).

Per un periodo parla di se stesso: tutta la sua polemica è rivolta i greci.

Intorno al 160 si colloca la sua conversione (a Roma). Egli racconta che a Roma si imbatte in una
serie di culti pagani considerati da lui molto insoddisfacenti. In questo periodo si imbatte nelle
scritture “Barbariche”(testi più antichi di quelli greci), cioè la Bibbia e gli piace proprio per tutti
quegli aspetti che tutti gli altri criticavano: facile scrittura, non ci sono artifici, facile spiegazione
della creazione del mondo, etc.

Dopo la conversione Taziano diventa discepolo di Giustino e quando questo muore nel 165
Taziano pensa di sostituire il maestro aprendo una scuola a Roma: essa durerà anche meno di
quella di Giustino. Sceglierà di lasciare Roma andando in Oriente per insegnare, fare catechesi.

Dopo la morte di Giustino,Taziano cade prima nello gnosticismo, poi nella setta degli Encratiti. La
valutazione di Eusebio di questo periodo della vita di Taziano è molto negativa. Taziano era alla
ricerca della massima austerità nella religione cristiana, ed è per questo che viene criticato.
L’opera di Taziano è dedicata proprio all’austerità:

DISCORSO AI GRECI
Si tratta di un testo composto da 42 capitoli, scritto intorno al170. È l’unica Opera che ci è
pervenuta di Taziano.

Quella di Taziano è una vera e propria aggressione più che una polemica verso i greci. Il suo
presupposto è che nessuna arte e nessuna scienza è stata inventata dai greci.

Secondo Taziano c’è un’altra civiltà, migliore è ancora più antica dei Greci: quella giudaico-
cristiana. Taziano parla di plagio: i greci hanno attinto da loro.

La semplicità e il rigore non è paragonabile all’eloquenza classica.

Tutto ciò che di buono hanno i greci lo hanno preso dalle Sacre Scritture.

52
Chiunque non fosse greco o romano.
53
Gli studiosi pensano la Siria.

74
Alessandria
È una città fondata nel 331 a.C. da Alessandro. Costituiva un punto di convergenza dei più
importanti popoli antichi. In 90/50 anni diventa la più grande metropoli dal punto di vista
commerciale e culturale; polo di attrazione per gli intellettuali: si erige il Museo54; famosa era
anche la biblioteca (che diventa sconfinata).

Ad Alessandria erano presenti il numero cospicuo gli ebrei, gli ebrei cristiani e gli intellettuali
sviluppano il “metodo Alessandrino”: il metodo allegorico.

Pare che Alessandria sia stata evangelizzata da Marco. Dal 180 abbiamo notizia precisa che ad
Alessandria ci fosse una scuola di cristianesimo che si consolida con la figura di Panteno, il quale
organizza questa scuola (che è una specie di università teologica). In questa scuola si elabora una
forma di esegesi biblica: per compierla si capisce che c’è bisogno di una conoscenza di base.

Due erano dunque gli obiettivi:

1. diffondere il cristianesimo;
2. fare il commento biblico.

CLEMENTE ALESSANDRINO
Clemente è prima allievo di Panteno e poi a sua volta è maestro. Egli capisce che bisogna
strutturare l’insegnamento su due livelli.

(È Eusebio che ci informa maggiormente sul suo operato.)

Non abbiamo date certe. Nasce intorno alla metà del II secolo. Sulla sua biografia ci sono pochi
dati i quali sono contraddittori.

Il luogo di origine potrebbe essere Alessandria; i genitori erano pagani perché egli parla di sé come
un “convertito dall’errore”.

Ebbe molti maestri; in Egitto però trova il “sesto maestro”, il migliore di tutti, e lo definisce “l’ape
siciliana” che raccoglieva i fiori dal prato, dai profeti e dagli Apostoli: si tratta di Panteno. Con
buona probabilità lo affiancò nella scuola alessandrina. Resta ad Alessandria fino allo scoppio della
persecuzione ordinata da Settimio Severo.

Si trasferisce a Cesarea di Cappadocia. Sarà suo allievo Alessandro vescovo di Gerusalemme. In


questo periodo si dedica alla chiesa ed è stato anche sacerdote.

54
Corsa delle Muse.

75
Dottrina della pioggia
Egli immagina che sia Cristo a far cadere i frammenti di verità 55 nella mente dei filosofi, riscattando
in qualche modo la filosofia la quale in qualche modo anticipa il messaggio cristiano. Né
rappresenta un sussidio.

OPERE
1) PROTEPTICO (“Esortazione" in greco, in questo caso alla conversione). È un testo dallo stile
brillante, ricco di citazioni letterarie molto accattivanti e convince il lettore a convertirsi;

2) PEDAGOGO. È costituito da 3 libri. All’inizio dell’opera annuncia anche Quale sarà il suo
progetto di scrittura. Il Logos è organizzato in tre momenti:

1. Protetico = esortatore;
2. Pedagogo = educatore;
3. Didascalo = maestro (che però non c’è).

3) STROMATEIS (“Stromati/ Miscellanea"). È un’opera eterogenea, un insieme di argomenti e


pensieri messi insieme, una sorta di appunti. Gli studiosi dicono che sia la base del Didascalo.

4) QUIS DIVES SALVETUR (“Quale ricco potrebbe mai salvarsi?"). È un’omelia che commenta un
passo di Marco. Egli, come Ambrogio, sostiene che la ricchezza non è un male in sé, ma l’uso che
se ne fa di essa. Da quest’opera si nota che la cultura di Clemente è enciclopedica. Alcune citazioni
sono preziose perché sono prese dagli originali.

55
Sotto forma di pioggia?

76
ORIGENE di Alessandria
Nasce in Egitto probabilmente ad Alessandria nel 185, da genitori cristiani. Il padre Leonida fu il
suo maestro e gli diede un’eccellente formazione sia nella letteratura profana che nello studio
della Bibbia. Origene era entusiasmato di fronte a questi input per via delle sue capacità
intellettive.

Su Origene molti sono i documenti pervenutici:

➢ Da Eusebio, grande parte del sesto libro della “Storia Ecclesiastica”;


➢ Da un suo discepolo, Gregorio il Taumaturgo, il quale si rivolge un’opera, il
“Discorso di Ringraziamento”, preziosa per conoscere il metodo di Origene;
➢ Da Panfilo (suo allievo), assieme ad Eusebio, scrissero un’apologia, una difesa dagli
avversari di Origene. Ci è pervenuto solo il primo libro, in traduzione latina.
Intorno al 202 in Egitto si scatena una violenta persecuzione contro i cristiani. Leonida fu arrestato
e condannato alla decapitazione. Origene, che ha sin da giovanissimo il desiderio di martirio,
partecipa fortemente a questa morte del padre. Eusebio racconta che a causa di questo suo
desiderio, Origene aveva poca cura di sé stesso e spesso per il pericolo (ma nonostante ciò vivrà a
lungo).

La morte del padre lascia la famiglia in pessime condizioni (essere scoperti cristiani comporta la
confisca dei beni). Origene si ritrova primo di 6 figli, ma grazie ad una nobil donna può continuare i
suoi studi. Dopo di essi, Origene comincia ad insegnare e così provvede ai bisogni della propria
famiglia.

Fu chiamato dal vescovo Demetrio a dirigere la formazione dei catecumeni (coloro che devono
battezzarsi). Questo lavoro sostituirà quello vecchio. Fa, in questo periodo, un gesto simbolico:
vende i manuali degli autori Greci (anche se li citerà sempre).

Inoltre, ci fu una nuova persecuzione (206-210), sotto il prefetto Aquila: i catecumeni e lo stesso
Demetrio scappano. Origene resta solo con i catecumeni rimasti: l’insegnamento a questi si colora
di esortazione al martirio. Spesso si occupava e assisteva i martiri stessi.

Intanto, la scuola ha sempre maggiore importanza. Lo stesso Origene diventa famoso, assieme al
suo stile di vita (estremamente austera). Poiché egli non riusciva ad avere il martirio, ne pratica
uno spirituale: cioè un'ascesi molto avanzata (digiuni, sonno ridotto, povertà estrema, etc.)

In questo fervore spirituale, Origene fa un atto drastico e irreversibile: si evira. Questo gesto non
viene apprezzato da tutti in quanto l'essenza di organo sessuale (e dunque del desiderio) rende
l’astinenza al sesso priva di significato, in quanto la “bravura” consiste nel reprimere il proprio
desiderio.

Presto Origene si pente di aver venduto i propri codici greci, in quanto la conoscenza dei classici
aiuta a conoscere meglio la Bibbia stessa e a difendere meglio la religione cristiana. Fa uno studio
dell'ebraico, per confrontare più versioni della Bibbia.

77
Probabilmente l’inizio di attività di scrittore viene collocata tra il 212 e il 220, grazie ad Ambrogio
(non l’autore latino).

Il corso dei suoi lavori ad Alessandria fu interrotto da alcuni viaggi (5, per l’esattezza). Intorno al
213, sotto papa Zefirino e l'imperatore Caracalla, desiderò vedere "l'antichissima Chiesa di Roma".
Poco dopo ne, 215, fu invitato dal governatore d'Arabia, che era desideroso di incontrarlo per
chiedere il suo parere su argomenti controversi della religione. Fu probabilmente nel 215 o 216,
quando la persecuzione di Caracalla (il quale saccheggiò Alessandria perché la sua visita non venne
accolta con clamore) imperversava in Egitto. Gli insegnanti vengono esiliati e lo stesso Origene
deve andare a Cesarea di Palestina dove i vescovi locali, Teoctisto di Cesarea e Alessandro di
Gerusalemme, lo apprezzano e lo consultano. Gli chiedono anche di predicare e citare la bibbia
alla presenza dei fedeli e del vescovo (Origene era ancora laico).

Demetrio è in disaccordo (non può praticare colui che non è sacerdote) e Origene torna ad
Alessandria, ma l’evento fa capire il suo prestigio.

La madre di Alessandro Severo conosce Origene ad Antiochia per le sue competenze teologiche.

Intorno al 220 Origene applica una organizzazione più rigida: divide la scuola in due livelli uno di
Istruzione Elementare ( affidato all’amico Eracle) e uno di Istruzione Superiore affidato a lui stesso.
Il motivo è soprattutto pratico. Gli argomenti che si insegnano non sono tanto diversi a livello
contenutistico, ma a livello metodologico:

➢ Nel primo corso si insegna tutto il necessario per accedere alla Fede;
➢ Nel secondo, l’approfondimento vero e proprio.
Entrano in ballo anche le discipline retoriche e dialettiche per avere una comprensione profonda
del testo.

Ciò che caratterizza questa scuola è stata la continua discussione e la ricerca cosa che verrà
ritenuto un difetto, in quanto verrà ritenuta un assenza di dogma, ritenuto grave. Manca una
verità ferma. Per questo Girolamo lo voleva all’indice.

Nel 231 Origene va ad Atene (Eusebio dice per affari ecclesiastici vigenti). Durante questo viaggio,
alla attraversare la Palestina, fu ordinato sacerdote da Teoctisto di Cesarea, con l’accordo anche di
Alessandro vescovo di Gerusalemme.

-14/05/18-

La scelta di consacrare Origene sacerdote non fu priva di conseguenze soprattutto per quanto
concerne Demetrio, che si sentì nettamente scavalcato dalla decisione dell'arcivescovo. Quindi tra
il 232 e il 233, Demetrio riunisce un sinodo e l'esito di quest'ultimo è molto duro per Origene.
Perché Origene viene privato dell'insegnamento (cosa più importante della sua vita) e allontanato
da Alessandria. In una fase successiva, queste decisioni furono inasprite e Origene fu deposto dal
sacerdozio. Anche gli autori che rappresentano delle fonti su Origene (come Eusebio, ecc...) si
posero il problema del perché fosse stata presa una decisione così drastica. Dal punto di vista
formale Demetrio era nella ragione perché essendo lui il vescovo del luogo era a lui che toccava

78
prendere questa decisione. In realtà però in alcune pagine di Eusebio viene trattata un'altra
ipotesi: Demetrio avrebbe vissuto male la presenza di una personalità così imponente come
Origene. Già prima di diventare vescovo, serpeggiava negli ambienti ecclesiastici che la teologia di
Origene non fosse così ortodossa.

Nella Storia Ecclesiastica, nel libro sesto, Eusebio dice in maniera esplicita:« Demetrio, vedendo
che Origene aveva successo ed era un personaggio grande, illustre ed esaltato da tutti, provò dei
sentimenti umani». Cioè Eusebio parla di invidia da parte di Demetrio. Non pare che al momento
fossero sollevate delle accuse di tipo dottrinale, come poi accadrà in seguito.

Data la situazione, Origene sceglie di non tornare ad Alessandria e di ritirarsi a Cesarea di


Palestina. Da alcune lettere si evince che Origene considerasse profondamente ingiusta la sua
condanna, parla di una guerra crudelissima, scatenata dai malvagi detrattori. Ad ogni modo egli
sopporta questa prova con rassegnazione e, pensa, che si possa aprire uno spiraglio quando
attorno al 233 muore Demetrio e viene eletto vescovo colui che aveva collaborato già con
Origene, Eracla. Ma in realtà sarà solo un'illusione perché quando quest'ultimo verrà eletto, Eracla
manterrà la condanna di Origene poiché anch'egli temeva la presenza dell'autore.

A questo punto Origene si stabilisce a Cesarea di Palestina, dove riceve un accoglienza calorosa dal
vescovo del luogo Teoctisto. Egli gli lasciò tutta la libertà di insegnare. La stessa posizione di
Teoctisto la assunse anche il vescovo di Gerusalemme, Alessandro. Eusebio dice che ambedue si
affidarono ad Origene come unico maestro e che gli lasciarono praticare la sua esegesi. Origene
farà anche tesoro della dura esperienza vissuta.

Il suo modo di essere cristiano resterà sempre lo stesso: apre nuovamente una scuola, a Cesarea.
Imprime a questa città un fiorente corso di studi e la fornisce di una importante biblioteca. Allievo
di questa scuola per cinque anni (233-238) fu Teodoro (conosciuto come Gregorio il Taumaturgo).
Egli è importante perché alla fine del suo corso di studi pronunciò per il suo maestro Origene un
discorso di addio e di ringraziamento, in greco, che è una documentazione importantissima non
soltanto per ricostruire la vita dell'autore, ma anche per capire il funzionamento della scuola. Si
evince che Origene esercitava un forte fascino sugli studenti e che partecipare alle sue lezioni era
una vera e propria scelta di vita. Ancora una volta, in ambito greco, si da importanza non tanto alla
religione quanto alla filosofia. Inoltre, si da credito ad Origene non solo come insegnante, ma
come educatore, perché riesce a plasmare le anime di chi lo ascolta. Il suo insegnamento veniva
vissuto come una purificazione.

Il programma didattico della scuola di Origene


Poi comincia un vero e proprio Programma didattico. Questo cominciava con dei corsi intesi come
propedeutici: esercizi di logica e dialettica, studio delle scienze della natura (fisica, geometria,
astronomia). Queste scienze venivano inquadrate da una prospettiva religiosa, cioè attraverso di
esse si voleva trovare la Creazione, tramite un percorso scientifico/parascientifico. In seguito si
passava all'etica, che si basava su quattro virtù (secondo i filosofi greci): prudenza, fortezza,

79
giustizia e temperanza (quattro virtù cardinali56). Esse però non venivano proposte come le più
religiose, ma come quelle fondamentali per la filosofia.

Questo ciclo è chiamato elementare, perché il secondo ciclo è occupato esclusivamente da quella
che Origene definisce la scienza suprema, la Teologia e aveva affidato a se stesso questo
insegnamento superiore. Questo corso superiore iniziava con l'approccio singolare. Egli faceva
leggere e spiegare (ed egli stesso spiegava) tutti i testi di scrittori ed autori pagani che avevano
parlato di Dio. In base a questo principio basato sulla ricerca dei frammenti di verità all'interno
delle opere pagane, si apriva il rischio di eclettismo, ossia l'assunzione di quanto di buono esisteva
in ognuno di questi autori, un atteggiamento considerato pericoloso dalla prospettiva cristiana, la
quale ritiene esserci un solo ed unico percorso giusto.

Naturalmente a questo punto diventa fondamentale un certo modo ed uno solo di leggere la
Bibbia. Origene infatti ne inventa uno suo personale. Gli allievi e i sostenitori di Origene
ritenevano che ci fosse stata quasi una scelta di parte di Dio di affidare ad Origene la corretta
interpretazione delle sacre scritture. E' deducibile dalle lunghe pagine di ringraziamento verso il
maestro che in questa scuola si svolgesse una vita comunitaria, basata su moltissime ore di studio
insieme, alternato alla preghiera.

A partire da come Origene aveva impostato le regole della scuola si può dedurre che egli
intendesse l'obiettivo della scuola come un obiettivo missionario, rivolto sopratutto ai giovani
pagani intellettuali che fossero aperti (stanchi del paganesimo) a praticare la catechesi,
presentando la religione come obbiettivo finale della filosofia.

Oltre che all'insegnamento e alla scrittura, la vita di Origene era devota anche alla predicazione.
Eusebio racconta che verso la fine della sua vita Origene consentirà che le sue omelie, le sue
prediche, fossero stenografate57.

Intanto, parallelamente, la sua fama era sempre enorme e assolutamente incorrotta dalla sua
condanna. Viene invitato a Cesarea di Cappadocia dal vescovo Firmiliano ed Eusebio dice che
Origene passò un certo tempo presso di lui per dargli dei consigli in ambito teologico.

Nel 244 Origene si trova in una città dell'Arabia, Bostra, dove si trovò a difendere il cristianesimo
contro un'eresia, l'adozionismo. Ancora, è presente, più avanti, ad un sinodo sempre
sull'adozionismo. Insomma, nonostante Origene fosse messo in discussione, veniva comunque
invitato ad eventi importanti di materia religiosa.

La persecuzione di Decio (250-251), però, mette fine a tutto questo. Origene nel 250 viene
arrestato e fu torturato affinché rinnegasse la fede. Egli non viene ucciso subito, perché dal punto
di vista dei pagani avrebbe avuto molto più peso se egli avesse abiurato il cristianesimo, sarebbe

56
Perché poi ci sono le virtù teologali: fede, speranza e carità.
57
La stenografia è un metodo di scrittura veloce tachigrafico, che impiega segni, abbreviazioni o simboli per
rappresentare lettere, suoni, parole o frasi.

80
stato un risultato importantissimo che Origene, dopo anni dedicati al cristianesimo e alla sua
diffusione, lo avesse rinnegato.

Origene, però, aveva abbracciato il concetto di martirio sin da giovanissimo e infatti non cedette.
Altri suoi discepoli scrivono per lui una lettera sul martirio la quale ribadisce gli insegnamenti che
lui aveva impartito loro. Nel 251 però, morto Decio, la persecuzione finisce e Origene non viene
messo a morte. La sua salute era però compromessa. Eusebio dice che poco dopo, a 69 anni
compiuti, morì, probabilmente a Cesarea.

OPERE
Girolamo ci fornisce un elenco delle sue opere ammettendo però che si tratta di un elenco
incompleto. Esso ne riporta 800, probabilmente sono quelle che Girolamo aveva contato nella
biblioteca durante il suo viaggio in Oriente. Eusebio parla di circa 2000 testi, anche se la sua lista
non è pervenuta. Altro autore, Epifanio, parla di 6000 titoli. Questa è diventata materia dei critici.

Il primo elemento da tenere in considerazione è la famosa Exapla. Un'operazione importantissima


compiuta da Origene che consisteva nella divisione in sei colonne delle traduzioni bibliche, nel
convincimento (da bravissimo filologo qual era) che la disposizione sinottica dei testi consentisse a
qualsiasi persona di compiere la propria scelta nel campo dell'interpretazione.

Opere esegetiche
1) I commentari: spiegazioni, a livello scientifico, di libri biblici, quasi verso per verso. In una forma
molto minuziosa, si possono trovare note di carattere filologico, ma anche disquisizioni dottrinali.
Talvolta, per un certo versetto, Origene ne proponeva tutti i commenti (letterale, storico,
morale...). Nessun commentario ci è giunto intero. In greco sono pervenuti: 9 libri su 32 del
commento a Giovanni. 8 su 25 del commento a Matteo, più una traduzione latina. I primi 3 libri e
metà del quarto (su 10 originali) del commento al Cantico dei Cantici, nella versione latina di
Rufino. Del commento ai romani abbiamo la traduzione latina, di Rufino, in 10 libri su 15 e
frammenti in greco.

2) Le omelie: sono più semplici perché pensate per essere pronunciata. Se ne conoscevano 574 ed
esse commentavano praticamente tutto il testo biblico, sono state conservate però solo 300,
poche in greco e perlopiù in traduzioni latine di Rufino e di Girolamo.

3) Gli scholia: l'insieme dei sinonimi o spiegazioni estremamente sintetiche dei termini più rari.
Essi si riuniscono nella raccolta degli scoli, raccolte che perdureranno fino al Medio Evo utilizzate
anche durante la lettura di Dante. L'insieme degli scoli di uno stesso verso sono catene.

81
Opere dogmatiche
1) Perì arcòn (in latino: DE PRINCIPIIS, “Sui principi”): Scritto attorno al 220 e pervenuto per intero
grazie alla traduzione latina di Rufino. Basilio di Cesarea e Gregorio di Nazianzio nel IV secolo
decidono di fare un'antologia (Philocalia) , cioè di selezionare i passi per loro più importanti di
Origene. Quest'opera è molto controversa, si tratta del primo saggio di riflessione teologica sul
cristianesimo (trattazione dei punti fondamentali del cristianesimo, sui suoi principi appunto), una
delle opere a causa delle quali Origene viene condannato. Possiamo dire che l'opera è suddivisa in
4 libri e già nella prefazione vi è l'anticipazione delle tematiche trattate, le quali si trovano alla
base della fede cristiana. Nella prima parte e nella seconda le sviluppa e nella ricapitolazione li
sintetizza e li tratta nuovamente. Tutta quella enunciata da Origene è una Teologia in ricerca. Egli
espone varie tesi ma quello che manca è una deduzione finale. Molti vedono in questo
atteggiamento l'influsso della filosofia e proprio su questo si baserà la teologia origeniana, cioè
l'assenza di dogmi. Non esistono pensieri fermi, il pensiero umano può sempre andare avanti, e ciò
non era ben accetto dall'ambiente cristiano il quale si basa sui dogmi.

2) Disputa con Eraclide: qui Origene immagina un dialogo con questo vescovo allo scopo di
esaminare prima e chiarire poi i problemi teologici che derivano dalla dottrina trinitaria e prende
poi in considerazione il problema dell'Immortalità dell'anima e sulla sua natura. Come si intuisce
dal titolo, il testo mantiene lo stile della disputa, cioè una dinamica appassionata, vivace, tipica del
dibattito.

3) Sul concetto di resurrezione: sul concetto di resurrezione Origene trasse due libri e due
dialoghi, ma di questi si sono conservati solo frammenti.

4) Gli stromati: (come la scrive anche Clemente Alessandrino) è un'opera in dieci libri che si può
definire miscellanea, cioè tratta vari argomenti. Ne possediamo solo dei frammenti dai quali si
può dedurre l'impostazione generale dell'opera che doveva trattare il rapporto tra la dottrina
cristiana e la filosofia greca.

Opere ascetiche
1) Perì euchès (in latino: DE ORATIONE58, “Sulla preghiera”): si può definire quest'opera come un
trattato scientifico sulla preghiera. Nell'introduzione (capitolo 1 e 2) Origene parla delle difficoltà
della preghiera che sono superabili solo con l'aiuto di Dio. Nella prima parte (capitoli 3-17) parla in
generale della preghiera. Nella seconda parte (capitolo 18-30) Origene offre un commento molto
dettagliato del Padre Nostro. Nella conclusione (capitoli 31-33) accenna da un lato alla
predisposizione dell'animo per poter pregare e dall'altro indicazioni più fisiche (postura,
direzione... del corpo) per poter effettuare la preghiera. Il concetto base e pregnante del testo,
espresso nei primi capitoli, è la necessità di purificazione per potersi accostare alla preghiera e a

58
Anche Tertulliano aveva scritto un'opera chiamata De Oratione, circa di 20 anteriore a quella di Origene.

82
Dio, come quando si prende l'eucarestia. La preghiera come richiesta è accettata, ma deve essere
sempre sottesa a sottomettersi alla volontà divina (rinunciare alla sua richiesta se non fa parte del
piano di Dio).

2) Esortazione al martirio: in questo testo, pervenuto nell'originale greco, è colmo di entusiasmo


e si evince amore per Cristo. Si parla del martirio come la migliore delle fini per un cristiano che
deve mostrare coraggio e fermezza di fronte alle persecuzioni. Quanto scritto nell'opera racchiude
ciò che Origene ha sempre pensato sin da giovanissimo riguardo questo argomento. Per l'autore il
martire rimane il modello perfetto di cristiano poiché solo lui è il vero imitatore dell'esperienza di
Cristo.

Opere apologetiche
• Contro Celso (Contra Celsum): Eusebio dice che Origene intraprende la scrittura di questo testo
su richiesta dell'amico Ambrogio. Gli anni sono 246-248, l'opera è suddivisa in 8 libri arrivati dal
testo originale. Si tratta di una confutazione sistematica di un libello (un libretto di invettive,
fortemente polemico) scritto dal filosofo Celso e intitolato “Discorso vero”. Celso, in quest'opera,
tra il 176 e il 180, aveva scritto un violentissimo attacco contro i cristiani che accusava di errore e
menzogna e demoliva i fondamenti della religione cristiana. L'opera di Celso non ci è pervenuta,
ma è stato possibile ricostruirla grazie alle citazioni di Origine, utilizzate da quest'ultimo per meglio
confutare Celso. Origene dimostra il fondamento delle verità cristiane, in maniera estremamente
minuziosa.

L'epistolario
Di questo epistolario parlano molti studiosi, di fatto in greco si sono conservate solo due lettere e
una in latino. Di altre se ne conservano solo frammenti. Eusebio racconta di averne raccolte
almeno un centinaio, in un volume poi perso.

• La prima è indirizzata a Gregorio il Taumaturgo, composta dopo il 238, trasmessa da Gregorio di


Nazianzo nella Filocalia. In questa vengono descritte l'utilità e il ruolo della filosofia greca nei
confronti del cristianesimo. La filosofia è descritta come base per la ricerca religiosa.

• La seconda, scritta intorno al 248-250, è la risposta a una lettera che possediamo di Giulio
Africano. Questi aveva messo in discussione, nel testo di Daniele, la presenza dell'episodio di
Susanna. O. da raffinato esegeta qual'era difende l'autenticità di questo episodio biblico.

• La terza, arrivata nella traduzione latina di Girolamo e Rufino, è una lettera che tenta e tende a
smascherare le contraffazioni degli eretici.

83
-15/05/18-

La contrapposizione alla scuola origeniana nel 312 porta alla fondazione di una scuola, quella di
Luciano di Samosata: essa si basa sulla traduzione letterale della Bibbia, unica possibile per questa
scuola.

Origene pensa che l’approccio alla Bibbia possa essere letterale e spirituale. Il primo è
preparatorio al secondo; il secondo è raggiungibile grazie alla sua scuola.

Nel capitolo 2, paragrafo 4, del suo libro, Individua una triplice ripartizione e propone tre livelli:

a) letterale;
b) morale;
c) spirituale.

Il numero 3 è importante propone infatti anche:

a) corpo;
b) anima;
c) spirito.

(Altra forma) i tre livelli della sua scuola:

a) incipienti;
b) progredenti;
c) perfetti.

Origene studia anche l’escatologia: l’indagine sulle fasi finali dell’uomo e dell’universo.

Individua anche tre tipi di morte:

a) morte al peccato;
b) morte dal peccato59;
c) la morte comune60.

Altro tema l'apocatastasi: il ristabilimento di tutte le cose dopo la fine dei tempi: il giudizio
universale.

59
Cioè a causa del peccato.
60
Nel senso indifferente, perché è la separazione dell’anima dal corpo.

84
Dedica molte riflessioni a Maria. La considera tutti gli effetti la madre di Dio e crede fermamente
nella figura di Maria come madre e vergine.

Si sofferma anche sui sacramenti specie battesimo ed eucarestia; ma anche sulla penitenza.

La dottrina del matrimonio è analizzata,da Origene, nel suo lato mistico: cioè nella sua
rappresentazione dell’unione tra Dio e la Chiesa (l’unione per eccellenza, il modello assoluto).

Altro tema è il martirio: ogni Cristiano dovrebbe tendervi; esso esiste fino a Costantino, dopo non
ci sono più martiri, ma per essere perfetti cristiani c’è bisogno di sofferenza e dunque vengono per
questo creati nuovi modelli: fioretti, privazione del sonno, del cibo, etc.

85
EUSEBIO DI CESAREA
Nasce a Cesarea tra il 260 e il 264.

Frequenta la scuola di Origene e usufruisce della sua imponente biblioteca; Panfilo è il maestro di
Eusebio. Quando nella 307 Panfilo fu imprigionato, torturato e poi giustiziato, Eusebio gli fu molto
vicino e insieme scrissero l’Apologia per Origene in cinque libri, a cui Eusebio ne aggiunge un
sesto. L’opera e perduta e possediamo solo il primo libro in latino. Abbiamo però alcune parti
grazie agli autori che la citano, come spesso accade.

Eusebio, durante la persecuzione di Diocleziano, fugge da Tebaide in Egitto e viene anche preso e
imprigionato. Ciò accade a cavallo della Riforma di Costantino, (infatti Eusebio lo celebrerà in
continuazione nei discorsi, nelle opere, fino alla morte dell’imperatore avvenuta il 22 maggio 387 e
subito dopo muore anche Eusebio). Eusebio apprezzerà da subito Costantino ed è proprio grazie a
lui che egli ha una carriera ecclesiastica velocissima. Diverrà vescovo di Cesarea fino alla morte.

La posizione di Eusebio è più morbida degli altri, infatti egli iniziò anche a simpatizzare con Ario.
Non era ariano, ma era aperto al confronto. Però, quando nel 325 si apre il Concilio di Nicea,
Eusebio accetta la decisione del Concilio per la condanna di Ario.

Eusebio frequenta moltissimo la ricca biblioteca di Cesarea, ne parla Girolamo nel capitolo 81: lo
definisce grande studioso del testo sacro e un ricercatore diligentissimo; dice poi che pubblicò
infiniti testi.

Eusebio è il primo a voler ricostruire la storia dei letterati cristiani, specie dal lato storico.

OPERE
1) LA CRONACA (Date fondamentali e riassunto della storia dei greci e dei barbari). È riassunta la
storia di alcune popolazioni passate: Assiri, Ebrei, Egiziani, Greci e Romani; in sei colonne dispose
le date fondamentali. Poi aggiunge su un’altra colonna le date della Bibbia, conferendole un valore
storico. Non la fa partire da Adamo,ma dalla nascita di Abramo (2016-2015 a.C.). Quest’opera è
sopravvissuta solo per frammenti (intera c’è solo in lingua armena); i frammenti ci sono anche in
lingua latina grazie a Girolamo che, inoltre, la continua.

2) STORIA ECCLESIASTICA. Si articola in 10 libri e in essi racconta i primi tre secoli dei Cristiani
dall’inizio della chiesa fino a Costantino. Non è una storia tradizionale poiché Eusebio è un erudito,
infatti confluisce la sua cultura (tutta una serie di nozioni anche archeologistiche). Per la sua
novità, quest’opera ebbe molto successo: vennero fatte delle edizioni tradotte in siriaco, armeno,
copto, latino grazie a Rufino. Un successo che conferma il ruolo che c’era nella storia della Chiesa.

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-17/05/18-

3) I MARTIRI DI PALESTINA. Eusebio aveva scritto una raccolta di atti di martiri (trascrizioni dei
processi), ma quest'opera è andata perduta. Siamo certi della sua esistenza perché Eusebio ne
parla moltissimo. In seguito a quest'opera perduta, egli dedicò un testo alle vittime della
persecuzione (che va dal 303 al 311), tra le vittime anche il suo maestro Panfilo. Di quest'opera ne
abbiamo una sorta di sintesi, di relazione breve, in greco, ma anche una in siriaco.

4) VITA DI COSTANTINO. Si tratta un'opera di in 4 libri in cui Eusebio traccia in maniera netta la
politica filo-cristiana dell'imperatore. La sua ammirazione per Costantino è sconfinata, parla di lui
come un nuovo Mosè. Siamo già in grado di capire come c'è un filo rosso che unisce tutti gli autori
nell'ammirazione di questo imperatore.

Opere apologetiche
1) CONTRO IEROCLE (311-313). Ierocle era il governatore della Bitinia che aveva sostenuto che un
filosofo dal nome Apollonio di Tiana (del I secolo) fosse superiore a Gesù. Il testo di Eusebio è
un'apologia di Gesù, sostanzialmente, una difesa di Cristo.

Esiste poi una moltitudine di opere, anche impegnative e lunghe, dedicate all'approccio alla Bibbia,
per arrivare all'esegesi:

1) INTRODUZIONE ELEMENTARE GENERALE. Si tratta di un'opera che Eusebio scrive prima ancora
di diventare vescovo, consta di 10 libri che costituiscono un'introduzione al vangelo. L'opera ci è
arrivata parzialmente, alcuni frammenti sparsi, i libri dal sesto al nono. Essi contengono estratti,
citazioni, dai profeti. Eusebio, in altre parole, raccoglie, selezionandole dai libri dei profeti, le
profezie messianiche, ossia quelle che annunciano l'arrivo di qualcuno che cambierà il mondo, del
messia. Per l'autore queste conoscenze erano indispensabili per la conoscenza biblica.

2) LA PREPARAZIONE EVANGELICA. Probabilmente successiva al 314. E' un'opera in 15 libri in cui


Eusebio confuta le mitologie pagane. Tutto ciò che riguarda gli oracoli e ribadisce, invece, che il
cristianesimo si basa su testi precedenti a tutte le storie dei greci e alle storie mitologiche. Tant'è
che Eusebio dice che nei filosofi si possono trovare quelle scintille di verità, in quanto sono tratte
dalla precedente cultura ebraica. Questo testo è molto importante perché risulta una fonte
importantissima di opere classiche, di fonti pagane.

3) DIMOSTRAZIONE EVANGELICA. Si tratta di un'opera monumentale, in 20 libri di cui ci sono


pervenuti i primi 10 ed il 15esimo. Anche in questo caso vi è un'interpretazione delle profezie
veterotestamentarie, ma finalmente il discorso si scioglie e si da l'interpretazione cristologica.
Tutte le volte che un profeta ha annunciato l'arrivo di un messia, non faceva altro che parlare della
figura di Cristo. Si tratta di una prefigurazione di Gesù. Così facendo Eusebio dimostra che il
Vecchio Testamento è universale e che il Nuovo Testamento deve adempiere al Vecchio, e a
partire da ciò si deduce che il giudaismo fosse una religione non portata a compimento.

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4) TEOFANIA. “Teofania” vuol dire apparizione di Dio. Tratta della presenza del logos (il verbum, la
parola di Dio fatta uomo, Cristo) nel suo percorso attraverso i testi sacri, fino a Gesù. Quest'opera
ci giunge in frammenti, in greco e interamente in siriaco.

Opere bibliche (e esegetiche)


Più volte, nella sua opera, l'autore parla di quelli che sono i canoni evangelici ed è molto probabile
che a sua volta ne avesse scritta uno. I canoni evangelici consistono nella scrittura dei vangeli in
quattro colonne in modo tale da constatare i brani comuni e i brani non comuni. Per notare le
differenze e per avere a disposizione una storia più completa.

1) L'ONOMASTICON. “Onom” vuol dire "nome" in greco. Si tratta di un vero e proprio dizionario
dei toponimi biblici. In parte sopravvissuto in greco, scritto da Eusebio, e interamente dalla
traduzione di Girolamo. Quest'ultimo ci da notizia anche di opere ormai perse di Eusebio sui nomi
dei popoli dell'Antico Testamento, di una topografia, una carta della Giudea e di Gerusalemme...
tutte opere perdute.

2) COMMENTO AI SALMI. Possediamo soltanto un terzo di quest'opera e gran parte è trasmessa


dalle catene. Nel commento che Eusebio fa dei salmi si sente con una certa evidenza l'influsso di
Origene.

3) COMMENTO A ISAIA. Isaia è un profeta dell'antico testamento. Arriva solo in frammenti, in


catene. Si tratta di un commento condotto molto da vicino sul commento di Origene dello stesso
Isaia.

4) QUESTIONI E SOLUZIONI SUI VANGELI. Nel Medio Evo prenderà molto piede un tipo di scrittura
che comincia con "Questioni...", cioè si raccoglievano le domande più consuete, come una
aggiunta o come una trattazione precedente al testo. Abbiamo quest'opera in frammenti greci e
siriaci. Si trattava di due libri sui problemi più frequenti dei vangeli, molto letto nelle antichità e
sappiamo che sia Ambrogio che Girolamo lo hanno approcciato.

Opere polemiche
Si tratta di opere essenzialmente contro le eresie.

1) CONTRO MARCELLO. Marcello era un vescovo di Ancira. Egli era radicalmente anti-ariano, ma
ciò lo porta a sostenere un'altra eresia, ossia che Cristo (il quale è considerato dagli ariani solo
uomo) fosse solo Dio.

2) SULLA TEOLOGIA ECCLESIASTICA. Ancora una volta è Marcello il bersaglio dell'autore. E. riporta
molti testi di Marcello di Ancira, per meglio confutare le sue idee e ciò è utile per la ricostruzione
delle opere di Marcello.

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-21/05/18-

Padri Cappàdoci
La Cappadocia era già stata evangelizzata nel III secolo da Gregorio il Taumaturgo. Questa
evangelizzazioni si mostrò molto fertile perché in questa regione si svilupparono una serie di
movimenti religiosi.

Si prende in esame la storia di una donna, una discepola di Gregorio il Taumaturgo: Macrina.
Siamo nei primissimi anni del 300 e questa donna, appartenente ad una ricchissima famiglia di
cristiani, in seguito alle persecuzioni perde tutti i suoi possedimenti e averi e così si rifugiò con il
marito e la sua famiglia nelle zone montagnose della regione. Queste persone per un lasso di
tempo lungo, probabilmente fino al 313 circa, vivono nascosti nelle selve fino a quando non
cessano le persecuzioni. Importante è la figura del figlio di questa famiglia: il giovane Basilio.

Basilio sposa una donna di nome Emmelia, che proveniva da genitori cristiani. Finite le
persecuzioni questa giovane donna si ritrova a possedere nuovamente tutti i suoi averi, e dunque
era orfana, ma ricca e ciò la mette in una posizione difficile, perché avrebbe voluto intraprendere
una carriera monastica, ma alla fine decide di sposarsi con Basilio. Da questo matrimonio
nasceranno: la prima figlia, Macrina (Junior), che fu monaca e santa e sarà protagonista della
prima biografia al femminile. Il più famoso dei figli maschi sarà Basilio (Magno). Altro figlio sarà
Gregorio (vescovo) di Nissa, detto Gregorio Nisseno, autore della biografia della sorella. Un altro
figlio, Pietro, sarà vescovo a sua volta, ma non diverrà uno scrittore.

Basilio, detto Basilio Magno e suo fratello Gregorio Nisseno saranno due dei tre padri cappàdoci,
accompagnati da Gregorio di Nazianzo o Nazianzeno, il quale sarà molto amico di entrambi e vivrà
con loro esperienze fondamentali.

La madre Emmelia avrà una forte influenza nei suoi figli.

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BASILIO (MAGNO)
Basilio nasce intorno al 330 e dopo aver ricevuto in casa la prima educazione studia a
Costantinopoli prima e ad Atene poi. In breve tempo diventa un famoso retore e nel 356 torna in
patria, ma il successo professionale non lo soddisfa ed egli stesso nell'epistola 423 racconta di aver
passato troppo tempo al servizio della vanità e di aver passato gran parte della giovinezza a
svolgere lavori ora considerati inutili. In un anno che non conosciamo, viene battezzato, ma quello
che sarà poi realmente determinante per la sua vita sarà un viaggio intrapreso che lo porterà ad
attraversare il deserto egiziano, la Palestina, la Siria e la Mesopotamia. Questo viaggio gli consente
di scoprire la sua vera vocazione e compie il gesto di liberarsi di tutti i suoi averi e intraprende una
vita eremitica. Da un capitolo della “Vita di Macrina”, il fratello dice che sarà la sorella a
influenzare le scelte di Basilio.

Con il fratello Gregorio, Basilio si stabilisce sulle rive del fiume Iris, dove conduce una vita asceta
inframmezzata da conversazioni teologiche.

Questo tipo di vita, che sembra soddisfare Basilio, è destinato a durare poco, in quanto Eusebio di
Cesarea lo sceglie, circa intorno al 364, come collaboratore e lo ordina sacerdote, avviandolo a
quella carriera ecclesiastica che culminerà nel 370 con la nomina all'episcopato. Da vescovo,
Basilio intraprende un attività estremamente intensa al tempo stesso pastorale, teologica ma
anche letteraria, in quanto scrive moltissimo. Insomma, la scelta ascetica non si rivelò la più
congeniale per questa sua nuova vita.

A Basilio si deve la fondazione di molti monasteri, che ai tempi svolgevano anche una funzione di
ospedale e di ricovero per i poveri. Le sue posizioni politiche e religiose erano molto nette: si era
schierato spesso contro gli ariani e sempre era stato un grande sostenitore dell'Unità della chiesa.
Tra i suoi scritti c'era anche una lettera al papa Damaso che lo invitava a venire a visitare la sua
diocesi orientale proprio per creare un'unità tra l'Oriente e l'Occidente (la visita non si realizzerà).

Muore intorno al 378.

Esistono varie fonti riguardo Basilio, alcune di esse provengono da Fozio il quale esalta molto il suo
stile descritto come persuasivo, scorrevole e di grande effetto. Gregorio di Nazianzo sottolineerà
in una delle sue opere che nonostante l'amico Basilio va ricordato non solo per la qualità delle sue
opere ma anche per il suo stile.

Dividiamo le opere di Basilio in tre categorie: opere dogmatiche, ascetiche e pedagogiche.

Opere dogmatiche
• CONTRO EUNOMIO (Contra Eunomium): Eunomio era il capo del Neoarianesimo e aveva scritto
un trattato in cui ribadiva che il figlio, Gesù, aveva una natura diversa da quella del padre, ma
avanzava la tesi secondo la quale il figlio fosse stato "adottato" da Dio (come nell'adozionismo).

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Questo testo è diviso in 3 libri più o meno risalente agli anni 363-365 in cui ribadisce
sostanzialmente le tesi del consiglio di Nicea, ossia quelle della consustanzialità, tre entità che
hanno la stessa natura. Nel paragrafo del primo libro Basilio inserisce tutti gli attributi della
divinità, del Signore, e poi elenca tutti quelli che essa non possiede, cioè quelli negativi,
aggiungendo agli attributi elencati prima l'alpha privativa.

Trattati ascetici
Per Basilio l'ascetismo è stato molto importante nella sua vita e riguardo ad esso scriverà delle
regole. Ciò nasce dalla sua personale riflessione sulla vita monastica e dalla necessità di scandire la
vita di chi volesse dedicarsi all'ascesi.

1) IMMORALIA: Una raccolta di 80 precetti intesi a tracciare per il cristiano una condotta che si
basasse sul Nuovo Testamento, cioè li trae dalla lettura del Nuovo Testamento. Ogni volta che
scrive un precetto fa riferimento al Testo sacro. Questi immoralia vengono scritti per tutti i
cristiana ma si vede che sono orientati maggiormente verso coloro che volevano scegliere una vita
ascetica e probabilmente alla stesura di quest'opera collaborò l'amico Gregorio di Nazianzo.

2) ASCETICA: Evidentemente una raccolta di regole orientate ad una vita ascetica. Sono 13 brevi
testi che dovrebbero impostare la vita di chi scegliesse l'ascetismo.

3) REGOLE PARTICOLAREGGIATE: si dividono in 55 brevi capitoli e si occupano dei fondamenti


della vita monastica.

4) REGOLE BREVI: sono 313 e si soffermano sull'applicazione pratica delle regole, come esse
diventavano reali.

(Questi due ultimi testi sono organizzati in forma di domanda e risposta.)

5) TRATTATO SUL BATTESIMO: un'opera di preparazione riguardo l'ingresso alla chiesa, colma di
citazioni provenienti dalla Bibbia.

Trattati pedagogici
• DISCOSI AI GIOVANI: Basilio si pone il dilemma riguardo all'utilità della cultura classica in ambito
religioso. La risposta di Basilio è nettamente positiva. Secondo l'autore non solo questa cultura è
utile al giovane cristiano sul piano retorico e stilistico (per la predicazione, etc.) ma anche sul piano
contenutistico, e così riaffiora la nozione secondo cui gli autori classici avevano quelle famose
scintille, frammenti, di verità... dunque Basilio ritiene sufficiente operare una selezione. Quindi
individuare gli elementi positivi all'interno delle opere pagane e focalizzarsi su di essi. L'immagine
che egli adopera è quella delle api: esse di fiore in fiore traggono solo il polline utile loro. A partire

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da ciò egli delinea il buon insegnamento che si basa sull'insegnare come selezionare i giusti
elementi della letteratura classica e come approcciarla.

Omelie
Ne possediamo ben 18 di commento ai salmi. Ciò che è importante da dire è che all'interno della
cerchia dei temi trattati Basilio inseriva spesso temi che concernevano la realtà di tutti i giorni
come l'abuso di ricchezze, l'usura...

L'opera esegetica più famosa però è l'EXAMERON, da cui viene tratta poi l'opera di Ambrogio, in
cui vengono presi in esame il racconto dei sei giorni della creazione (Genesi 1, capitolo 1, versetti
1-26). Questo gruppo di omelie sono nove in tutto, pronunciate durante il periodo della
quaresima, in cinque giorni.

Il pubblico era estremamente eterogeneo, il pubblico della chiesa composto da adulti giovani
gente colta o meno colta, il genio di Basilio risiedeva nel fatto che dai suoi discorsi potevano
essere tratti il senso generale del discorso ma anche citazioni più particolari, complesse, allusioni...
per questo si tratta di un alto livello di oratoria.

Epistolario
Si tratta di 365 lettere. Le lettere, come spesso accade, sono aperte a tutti i generi letterari
(esegesi, consolatio, apologia, etc.).

Mentre per altri autori le lettere furono raccolte molto tempo dopo, nel caso di Basilio è l'amico
Gregorio di Nazianzo che decide di raccogliere le lettere di Basilio poiché decide che queste lettere
abbiano uno stile così vario da ritenere questo epistolario come modello assoluto di epistolario
perfetto.

Molte lettere contengono moltissimi elementi, più di altri autori, autobiografici o legati al
contesto.

92
GREGORIO DI NISSA
Gregorio ha circa 5 anni meno di Basilio, nasce intorno al 335 e riceve, naturalmente, la stessa
educazione del fratello Basilio. Un'educazione cristiana seguita da studi regolari. Il fratello
maggiore è fortemente presente nella vita del minore, è proprio Gregorio che gli conferirà
l'attributo Magnus, nelle sue opere lo cita spesso riconoscendo la sua superiorità.

Egli studiò retorica ed era particolarmente appassionato di filosofia. La sua vita, inizialmente,
sembra essere diversa rispetto agli altri componenti della sua famiglia perché diventa insegnante
di retorica e si sposa. Ma questa decisione, probabilmente, non fu compresa dal resto della
famiglia. Negli anni successivi al suo matrimonio il fratello maggiore decide di intraprendere una
vita ascetica e questo influenzerà molto il giudizio della sua famiglia. Infatti il suo matrimonio non
durerà molto, perché anch'egli deciderà di intraprendere la vita di ascetismo del fratello Basilio,
infatti si ritroverà sulle rive del fiume Iris, con lui e l'amico Gregorio di Nazianzo. Scioglie il
matrimonio e diventa monaco.

Nel 371 viene nominato vescovo di Nissa. Diversamente dal fratello, Gregorio era completamente
negato nel ruolo di vescovo, la sua natura era di tipo contemplativo. In alcune epistole di Basilio si
può vedere che quest'ultimo lo rimprovera per la sua mancanza di senso politico ecclesiastico, per
essere troppo semplice e non accorgersi delle complessità del ruolo di vescovo, tant'è che alla fine
nel 375-76 si vede che Gregorio è accusato di mala-amministrazione, viene esiliato.

Gregorio rientra nel 378, per la gioia degli abitanti d Nissa, continua la sua lotta contro gli ariani.
Dopo questa esperienza impara meglio ad adempiere al suo ruolo di vescovo; lo vediamo
partecipare ad una serie di eventi ufficiali, il sinodo di Antiochia nel 379, il concilio di
Costantinopoli nel 381, etc. Lo vediamo anche in momenti ufficiali come quelli di orazioni funebri.
Il suo percorso, insomma, si semplifica e muore nel 394.

OPERE
L'autore esplora tutti i generi letterari e poiché era stato maestro di retorica la sua prosa risulta
impeccabile.

1) TRATTATO SULLA VERGINITA': risale agli anni '70. In questo trattato Gregorio fa confluire tutto
ciò che già si era detto su questo argomento e lo riordina. L'autore ritiene la verginità un punto di
contatto privilegiato fra uomo e Dio. La esamina anche da un altro punto di vista, perché analizza
la verginità di Maria e dice che è proprio attraverso il canale della verginità e attraverso la Vergine
che Dio assume una dimensione umana. Talvolta egli sembra arrivare addirittura quasi a dare poca
importanza al matrimonio, cioè a considerarlo una scelta di gran lunga inferiore rispetto a quella
della verginità. Probabilmente ciò dovuto anche alla sua esperienza personale, in quanto egli era
stato sposato ma poi aveva scelto di sciogliere il matrimonio.

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2) L'opera di Gregorio che costituisce una grossa novità è quella della biografia della sorella, che
costituisce la prima ageografia femminile, VITA DI MACRINA (380). Si può considerare un vero e
proprio manifesto del monachesimo femminile. Considerando che nove anni prima aveva scritto il
trattato sulla verginità, si può considerare questa biografia come la messa in pratica della teoria
descritta nel trattato precedente. C'è spazio per il concetto di monaca come athleta christi, cioè
allenata per cristo, pronta a combattere per Cristo (non è esattamente la stessa cosa di milites
christi) Grande spazio in questa biografia hanno anche i sogni, i sogni profetici, i sogni che
annunciano qualcosa. Ancora, i miracoli (essi, come di consueto, non sono mai compiuti
direttamente dalla santa, ma sono un'espressione, un intercessor del signore, di Cristo. Il santo, a
cui viene chiesto il miracolo, è un intermediatore). E' presente il concetto della donna che può
diventare monaca soltanto una volta aver superato la debolezza intrinseca all'essere donna, e
quindi aver raggiunto uno stato di mulier virilis, acquisendo le caratteristiche maschili.

3) DE MORTUIS. Esso affronta il problema della fine della vita nell’ambito della riflessione
antropologica cristiana, che molto deve ai Cappàdoci. Esso presenta una parte definibile come
consolatio, che però resta ai margini rispetto alla problematica filosofica e teologica posta
dall’argomento e sulla quale Gregorio si concentra. Così il sermo dogmaticus si trasforma in un
trattato dottrinale in cui si cerca di definire il vero bene, si indaga la condizione dei defunti nel
contrasto fra la vita sulla terra e ne cielo, si affronta la vexata quaestio della resurrezione dei
morti, si ripete come non ci sia contraddizione fra provvidenza di Dio, piano di salvezza voluto
dalla divinità, libero arbitrio e volontà dell’uomo.

4) ORATIO CATECHETICA MAGNA (“La Grande Catechesi”): è un trattato di teologia (quindi tratta
di argomenti filosofici, etc.). Qui Gregorio afferma la necessità per chi volesse intraprendere la
materia della fede di adattare la propria lingua, la struttura letteraria... all'ambiente in cui si
svolge. Cioè non c'è un modo unico per insegnare catechesi. Il grande maestro deve essere in
grado di modificare la propria lingua e il proprio tipo di argomentazione al contesto. Sono trattate
le varie materie religiose, come i sacramenti, etc.

5) LA VITA DI MOSE': Parte da un'esigenza di raccontare una vita perfetta di cui Mosè può essere
un modello. L'opera è in 2 libri. Nel primo viene narrata la vita di Mosè in maniera cronologica,
riprendendo il contenuto dell'Esodo. Nel secondo libro c'è l'interpretazione allegorica degli
avvenimenti. Ciò è interessante perché Mosè in questo secondo libro diventa la figura, il typos,
dell'anima nel suo cammino verso la perfezione. Come Mosè attraversa tante peripezie per
arrivare alla terra promessa, così l'anima attraversa gli eventi terreni per arrivare alla perfezione e
al paradiso.

6) OMELIE SUL CANTICO DEI CANTICI: Si tratta di 15 omelie sul cantico dei cantici e vengono prese
in considerazione le omelie del libro 1 paragrafo 1-6. Pur essendo questo testo biblico il più
soggetto ad interpretazioni, fu interpretato da Origene come un'allegoria di Cristo e la chiesa
(identificati nel fanciullo e nella fanciulla), invece Gregorio li interpreta come l'unione tra l'anima e
Dio.

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-22/05/18-

GREGORIO DI NAZIANZO
Nasce intorno al 330 in una località molto piccola che prende il nome di Arianzo (si tratta di una
villa però non nell'accezione latina di casa di campagna, come casa di villeggiatura, ma più che
altro con l'accezione medievale che si avvicina più alla definizione di borgo), vicina alla cittadina
più grande di Nazianzo da cui prende il nome. La sua gioventù è condizionata fortemente dalla
madre che si chiama Nonna, donna molto determinata, servente cristiana a cui si deve la
conversione del marito e poi l'educazione stessa di Gregorio. Ella sperava che il figlio sarebbe
diventato sacerdote; si tratta di fatto anche di una donna colta che volle impartire in prima
persone l'educazione al figlio. Gregorio continua i propri studi a Cesarea e lì incontra Basilio, nella
scuola di retorica, per gettare le basi di un'amicizia che durerà tutta la vita. Le strade dei due si
dividono dopo Cesarea perché Gregorio continua i suoi studi ad Alessandria d'Egitto e poi ad
Atene dove incontra di nuovo Basilio con reciproco piacere.

Gregorio rientra a casa attorno al 357, a Nazianzo, e l'anno seguente viene battezzato. A questo
punto è abbastanza grande per capire il tipo di vita che voleva condurre, una vita dedita alla
filosofia, cioè alla ricerca della verità, che poi sfocerà nel cristianesimo.

A questo punto va a trovare Basilio che con il fratello conduceva la sua esperienza ascetica sul
fiume Iris e in questo periodo, dopo l'incontro, studiano i testi Origene. Insieme studiano l'autore e
compongono quell'Antologia degli scritti origeniani che prende il nome di Philocalia. Gregorio
collabora con Basilio anche alla stesura delle regole monastiche e questa sarebbe stata in effetti la
sua vocazione di vita.

Il padre, vescovo di Nazianzo e ormai vecchio, però intanto ha bisogno di un sostegno per poter
portare avanti la sua attività. Gregorio è consapevole del fatto che questo tipo di vita, di politica
ecclesiastica, non gli si addice, ma l'insistenza del padre lo convince e dunque, contro la sua
volontà, ritorna a Nazianzo dove tra il 361 e il 362 viene consacrato sacerdote. Sappiamo per certo
che fosse contro le sue volontà perché egli stesso lo fa presente in molte delle sue poesie.

Gregorio si trova adesso ad essere sacerdote e ad intraprendere questa carriera ecclesiastica in un


momento molto difficile e delicato per la chiesa. Si trova di fatto alle prese con situazioni che non
riesce a gestire.

Nel 374 il padre muore e Gregorio si trova quindi a Nazianzo e deve prendere il posto del padre
per amministrare la diocesi (anche se non è ancora consacrato vescovo) ma la situazione è
talmente complicata per lui che preso dall'istinto scappa. Fugge a Seleucia (presso un famosissimo
santuario), e riprende la vita ascetica che aveva sempre desiderato, ma proprio il destino vuole
che egli sia coinvolto in eventi più grandi di lui. Ciò perché proprio a Costantinopoli c'era stata una
sequenza di vescovi ariani e verso la fine degli anni 377-78, la comunità cristiana si organizza per
prendere di nuovo il potere per riuscire ad ottenere, dopo tanti vescovi ariani, un vescovo

95
cristiano e scelgono proprio Gregorio. Gregorio di fronte ad un compito di così grande
responsabilità, ma sopratutto prestigio, non riesce a rifiutare.

Ricopre così un ruolo veramente importantissimo, diventa vescovo di Costantinopoli.

La sua fama in questo modo cresce moltissimo, poiché lì pronuncerà 5 orazioni sulla divinità del
Logos (sul punto chiave dell'arianesimo, ossia che Cristo era Dio oltre che uomo). Quindi, senza
desiderarlo, egli diventa molto famoso. Teodosio è imperatore e lo apprezza moltissimo e lo
scrittore si ritrova ad essere oggetto di grandi onori. Questa situazione è destinata a durare poco
in quanto la sua nomina di vescovo aveva creato un opposizione di ariani e detrattori di Gregorio.
L'opposizione è talmente forte e determinata da indurlo a dimettersi. Viene ricordata l'orazione
che pronunciò prima di andare via, l'orazione di addio, che ebbe un grande effetto, anche
emotivo, sugli ascoltatori.

A questo punto Gregorio fa ritorno a casa nel 381 e si dedica alla sua diocesi di Nazianzo e
finalmente dopo due anni riesce a trovare un vescovo che prenda il suo posto, suo cugino di nome
Eulalio e negli ultimi anni della sua vita riesce finalmente, nella tenuta di Arianzo, a dedicarsi alla
vita che aveva sempre voluto ossia fatta di studio e di contemplazione, in assoluta solitudine.
Muore nel 390.

OPERE
La produzione di Gregorio è essenzialmente poetica. Gli si attribuiscono circa 17.500 versi divisi in
poesie di varia lunghezza e nelle sue poesie, nei suoi carmina, ci sono varie tipologie: carmina
teologici, storici, dogmatici, morali, autobiografici. I metri usati sono praticamente tutti quelli
esistenti e anche i generi letterari poetici trattati. L'autore stesso dichiarerà il perché di questa
scelta: vuole dimostrare che i cristiani erano perfettamente in grado di fare letteratura e di
comporre versi come gli intellettuali pagani (ricollegandosi all'antica questione della semplicità
della prosa biblica).

Opere in prosa
Tra queste sono conservati 45 discorsi che in effetti rispecchiano il complicatissimo periodo
attraversato dalla chiesa d'Oriente. Risultano importanti anche dal punto di vista della
ricostruzione storica. Anche in questo caso c'è molta varietà di genere (discorsi teologici,
apologetici, encomio di santi, panegirici, orazioni funebri...). All'interno di questi si ricorda il nucleo
dei 5 discorsi teologici che gli hanno dato la fama a partire da Costantinopoli dove affronta i punti
fondanti della dottrina cristiana, secondo la logica di difesa del cristianesimo contro le eresie, in
particolare l'arianesimo.

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Epistolario
Si tratta di 244 lettere. Gregorio era stato colui che aveva organizzato l'epistolario di Basilio perché
lo aveva ritenuto l'epistolario perfetto, da prendere come modello.

Due delle epistole dell'autore, la 51 e la 54, arrivano al cuore di questo problema e delineano
proprio le regole della lettera perfetta e le riduce sostanzialmente a quattro:

1. brevità
2. chiarezza
3. semplicità
4. grazia

A prescindere dai contenuti che una lettera ha e vuole comunicare, essa deve possedere queste
quattro caratteristiche.

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GIOVANNI CRISOSTOMO
"Crisostomo": da "crisos" che in greco vuol dire oro e "stoma" che invece vuol dire bocca. Da qui
bocca d'oro, un attributi a lui conferito a far riferimento alla sua grandissima eloquenza.

Nasce ad Antiochia di Siria tra il 345 e il 355, da famiglia cristiana e agiata. La madre fu vedova e si
curò della sua educazione. Giovanni studiò filosofia, retorica, ma ben presto fu chiara la sua
vocazione per una vita ascetica, ritirata.

A 20 anni viene battezzato; salì, si ritirò sul monte Silpio presso Antiochia, e si affidò ad un eremita
e visse con eremiti. Dopo quattro anni di questa vita si ritira da solo in una caverna e si trattiene in
questo stile di vita estremamente rigido per due anni dedicandosi esclusivamente alla meditazione
sulle scritture. Interrompe questo stile di vita solo perché si ammala. Ritornerà ad Antiochia e là
svolgerà le funzioni di lettore, il lector era uno dei primi livelli per intraprendere una carriera
ecclesiastica. Nel 381 è diacono; nel 386 sacerdote. Proprio la predicazione ad Antiochia gli valse il
soprannome di Crisostomo. Improvvisamente, nel 397, diviene vescovo di Costantinopoli e a
partire da questo momento comincia ad avere una serie di problemi perché: egli si ritrova a
ricoprire un ruolo di potere, ma si rende conto che i costumi del clero e l'organizzazione gerarchica
ecclesiastica non presentano le caratteristiche di rigore che egli riteneva necessarie, infatti ne
resta profondamente deluso. Egli è molto amato dal popolo ma, le tra le persone più potenti della
gerarchia nascono delle forti antipatie nei suoi confronti. La sua situazione peggiora quando
condanna sei vescovi simoniaci (Dante dedica un intero girone ai simoniaci), cioè coloro che
vendevano le indulgenze (Lutero si batterà per questa pratica). Facevano commercio e
compravendita di beni sacri spirituali.

Gregorio si mise contro anche l'imperatrice di nome Eudoxia, una donna molto libera e di liberi
costumi, contro il quale l'autore si era pronunciato.

Nel 403, in un sinodo in cui erano stati chiamati a partecipare ben 36 vescovi ostili a Crisostomo,
quest'ultimo fu condannato con 29 capi d'accusa falsi. Immediatamente fu deposto dalla carica di
vescovo e fu esiliato, prima in Bitinia, poi in Armenia e poi, quando fu spostato in una località sul
Mar Nero durante il viaggio morì, nel 407.

Si tratta dell'unico autore che segue l'esegesi antiochena, poiché gli altri autori seguono quella
alessandrina. La scuola antiochena si contrapponeva fortemente a quella alessandrina, perché
propone un metodo di traduzioni e studio della bibbia letterale. Tuttalpiù si può, qualche volta,
accettare un'interpretazione di tipo storico, ma mai arrivare ad una di tipo spirituale o metaforico.
Naturalmente si mette in pratica questo metodo in alcune omelie di impostazione esegetica (cioè
prediche pronunciate per commentare ed analizzare il testo biblico).

Ne abbiamo, sull’Antico Testamento, due serie sulla Genesi; 6 su Isaia; una su 58 Salmi.

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Sul Nuovo Testamento, molte di più, abbiamo 90 omelie sul vangelo di Matteo; 88 su quello di
Giovanni; 63 sugli atti degli apostoli, 250 sulle lettere di Paolo.

Scrive anche sui sermoni; famose sono anche le omelie sulle statue di Teodosio e della famiglia
imperiale, che erano state mutilate. In questa occasione fu imposta una tassa straordinaria ai
cittadini grazie alla quale poter ricostruire queste statue. Le omelie di Crisostomo su questo
argomento furono volte a cercare un punto di incontro e a rendere meno gravoso per i cittadini
questo cambiamento.

Scrive anche dei Panegirici (dei testi di esaltazione). Essi sono sia su alcuni personaggi dell'Antico
Testamento, sia su personaggi a lui contemporanei che egli ammirava particolarmente.

Ancora i Discorsi di carattere teologico e ascetico, polemico (difesa del cristianesimo contro le
eresie) e in occasione di feste liturgiche (Natale, Pasqua, Epifanie...)

La differenza tra omelia e discorso è che l'omelia commenta il testo sacro con un'impostazione
esegetica, il discorso invece può essere su qualunque argomento e può essere pronunciato oppure
no.

Infine scrive anche alcuni trattati, il più famoso è quello sul sacerdozio, in cui l'autore teorizza
quello che secondo lui dovesse essere questa funzione.

Ne scrive anche sull'educazione dei giovani, sulla vita monastica nei quali prevaleva il supporto
della vita ascetica, sulla verginità.

Le lettere sono 236 e sono tutte scritte durante il periodo dell'esilio. Nel periodo dell'ascesi
evidentemente egli aveva assunto questo tipo di vita in maniera così integrale che non voleva
spezzare l'ascetismo nemmeno scrivendo un'epistola o ricevendola.

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LE TRADUZIONI DELLA BIBBIA
Eccetto una minima parte in lingua aramaica (Genesi, Geremia, Daniele, etc.) il complesso
dell’Antico Testamento è in ebraico e ci è giunto tramite un’ampia tradizione manoscritta che non
risale oltre il IX secolo (dunque abbastanza tarda).

Questa tradizione manoscritta non comprende solo il testo ma anche la Masora, cioè l’insieme
delle osservazioni dei dotti rabbini riguardo le scritture (tramandate prima oralmente).

Nel 1947 a ovest del Mar Morto a Qumran sono stati trovati un numero infinito di manoscritti,
perché infatti qui vi era un monastero ebraico con una biblioteca.

Traduzioni in greco
Di una abbiamo una testimonianza precisa: fu trovata una lettera, “Lettera di Aristea a Filocrate”,
risalente agli anni 150/100 a.C. Chi ha scritto questa lettera dice di essere contemporaneo di
Tolomeo II Filadelfo e di essere partecipe dei fatti che narra. Gli studiosi si sono accorti che in
realtà non è vero, perché l’avrebbe scritta solo in seguito.

Nella lettera, dice che la prima traduzione in greco (dei primi 5 libri, il Pentateuco) fu fatta ad
Alessandria per volere di Tolomeo, che affida il compito al sacerdote di Gerusalemme, Eleazaro, di
scegliere i 6 più dotti di ciascuna delle 12 tribù a cui appartenevano i giudei e di inviarli sull’isola di
Faro con il compito di tradurre. I dotti in 72 giorni portarono a termine questa traduzione “per
ispirazione divina”. Aristea dice che essi non hanno mutato nulla al testo originale. Questo testo si
chiama i Settanta (dal nome latino “Septuaginta”, LXX) (72 dotti x 72 giorni).

Poiché ci sono 72 traduttori il testo è molto disomogeneo e chiaramente i 72 giorni sono molto
favolistici (in realtà è stato un lungo processo).

Altre versioni in greco


1. Aquila, un pagano originario di Sinope (Mar Nero), visse sotto il regno di Adriano (117-138) e si
convertì al cristianesimo, forse prima di divenire un proselito ebreo. La sua traduzione
dell’Antico Testamento (129-130) è una traduzione a calco: traduce parola per parola, rigo per
rigo e ciò comporta anche errori sintattici. Questa nuova versione di Aquila rivela, inoltre, degli
aspetti di polemica anticristiana e per questo motivo fu apprezzata dai giudei che la usarono
per molto tempo nelle loro sinagoghe in sostituzione della traduzione dei LXX usata dai
cristiani.

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2. Alla fine del II secolo d.C., durante il regno di Commodo (180-190), Simmaco tradusse l’Antico
Testamento in maniera vicina ai LXX, ma con maggiore attenzione alla lingua greca: evita gli
ebraismi rendendoli con dei sinonimi. Questa traduzione venne presa in considerazione da
Eusebio e Girolamo.

3. Una nuova traduzione in greco fu curata da Teodozione, di cui si hanno poche e imprecise
informazioni. La sua versione non è molto letterale ed è caratterizzata dalla tendenza a lasciare
tali e quali numerose parole ebraiche, piuttosto che cercare l’equivalente greco.

4. Origene: ESAPLA (=6). Origene la nomina così perché ha l’idea di scrivere i testi delle varie
versioni (traduzioni) della Bibbia conosciuti in 6 colonne verticali. Egli permette la sinossi, cioè
di vedere tutto insieme:
➢ I colonna: testo ebraico;
➢ II colonna: testo ebraico traslitterato in greco;
➢ III colonna: testo di Aquila;
➢ IV colonna: testi di Simmaco;
➢ V colonna: i Settanta61;
➢ VI colonna: testo di Teodozione.

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Versione che subisce una revisione da parte di Origene.

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