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om/watch?v=qPlsfleIosg
La macchina trasforma il vapore in energia artificiale, dopo millenni in cui la forza
propulsiva veniva ottenuta da fonti naturali, come la forza muscolare dei braccianti o degli
schiavi, il lavoro degli animali, il vento, le cascate o i fiumi.
«Il vapore è il primo esempio di Dio che si sottomette all'uomo.» (James Watt)
James Eckford Lauder, James Watt and the Steam Engine: the Dawn of the Nineteenth
Century, 1855. Watt è rappresentato come un eroe-genio romantico e come un moderno
Prometeo
Mary Shelley, Frankenstein o Il moderno Prometeo, romanzo gotico, horror, fantascientifico
pubblicato nel 1818, seconda edizione 1831 (sotto, la copertina del 1831)
Frankenstein è la
metafora delle
potenzialità delle
scoperte scientifiche e
del progresso
tecnologico e insieme la
denuncia della loro
pericolosità.
Esprime la cultura del
Romanticismo,
contrapposta al
Positivismo di matrice
illuminista, che portava
verso la «società delle
macchine». Sottopone
alla scienza problemi di
ordine morale che solo
oggi sono all’ordine del
giorno (vedi genetica).
James Whale, Frankenstein, 1931. Con Boris Karloff nei panni del mostro.
La ruota per filare e il telaio per
tessere erano le macchine di base
della produzione tessile prima di Watt
1785 Edmund Cartwright inventa il primo telaio meccanico, rapido ed automatico;
inizialmente mosso dall'acqua, fu successivamente alimentato dalla macchina a vapore.
Paradossalmente
l’introduzione della
macchina, che doveva
liberare l’uomo dai lavori
manuali, ne rende
schiavi molti di più. È la
profezia di Frankenstein
che si avvera?
Nel settore tessile, la macchina a vapore fu
fondamentale per automatizzare il
movimento della spoletta, che prima era
gestito dagli operai. Ciò avvenne
trasformando il moto alternato del pistone in
moto rotatorio tramite il sistema meccanico
di trasmissione “biella-manovella”.
Vaso prodotto
nel primo
giorno di
apertura
dell’Etruria
Esempi della serie «Jasper» (Diaspro), dal 1774
La fortunata serie «Jasper» in verde
Il Jasper/Diaspro, la più famosa
delle invenzioni di Josiah, apparve
per la prima volta nel 1774 dopo
migliaia di esperimenti. Si tratta di
un gres fine vitreo non smaltato,
realizzato in blu, verde, lilla, giallo,
nero o bianco; a volte un pezzo
combinava tre o più di questi colori.
Su questi fondi delicatamente
colorati venivano applicati i rilievi
classici e contemporanei che ancora
oggi vengono realizzati da stampi
riprodotti dagli originali. L'iconico
diaspro azzurro ha dato origine
all'espressione "Wedgwood Blue" e
rimane una firma Wedgwood
La regina Charlotte ordinò un servizio color crema
riconoscibile in tutto il mondo.
che le piacque così tanto che a Josiah Wedgwood
fu concesso il permesso di chiamarsi "Potter to
I Jasperwares, ovvero gli oggetti in
Her Majesty" e chiamare il suo innovativo color
porcellana Jasper vennero imitati a
crema "Queen's Ware". Da allora, le collezioni
Sèvres e persino a Meißen, dove
Wedgwood abbelliscono le tavole dei monarchi
vennero chiamati Wedgwoodarbeit,
britannici e di molti altri illustri capi di stato.
cioè il lavoro Wedgwood.
Il color crema
"Queen's Ware"
La ceramica color
crema viene imitata
dalla aziende
concorrenti e sul
continente viene
detta Faenza Fine o
Faenza Inglese
Frog Service per Caterina di Russia,
a partire dal 1773
Queen’s Ware (1762),
1775 circa
Vaso Portland, circa 1790
Josiah Wedgwood and Sons Ltd;
Etruria (V&A Museum) Tecnica: Blue-
black Jasper, con rilievi applicati a
mano Dimensioni: h 25.4 cm, 18.73 cm
Il vaso viene ritrovato nel 1625 nella
biblioteca della famiglia Barberini e
venduto ai Duchi di Portland, che lo
portano a Wedgwood per farne una
copia.
Centra perfettamente il gusto
neoclassico dell’epoca ed ottiene
enorme successo.
Porcellana Traditional
White, 1796
Un negozio Wedgwood
Campionario del Jasper
di Wedgwood
2008 crash; il museo viene
salvato e donato al V&A; il
nuovo museo apre nel 2015
Wedgwood® oggi, Jasper Conran, Serie Mosaic
Wedgwood® oggi, Serie Wanderlust
Cromolitografia a colori
Nel libro è presente anche una storia della decorazione nelle varie
epoche e civiltà, da quella egizia a quella elisabettiana, da quella
cinese a quella italiana.
Karl F. Schinkel, Palazzo di Orianda, 1838 (non realizzato). Residenza estiva in
Crimea per la zarina Aleksandra Feodorovna
Heinrich Hübsch (1795-1863), In welchem Style sollen
wir bauen? (In quale stile dobbiamo costruire?), 1828
Alcune fotografie
durante la
ricostruzione del
Crystal Palace a
Sydenham
Il Crystal Palace viene ricrostruito a
Sydenham, a sud di Londra, nel 1854, dopo
essere stato smontato nel 1852.
Questo Padiglione divenne un centro di
svago ed un grande “jardin d’hiver” per la
classe medio borghese dell’epoca vittoriana
Il terribile incendio nel 1936 che ridusse il Crystal Palace di Sydenham in cenere
“Scivolava il silenzio sul disegno del
Crystal Palace. Sembrava una serra
immane con dentro, solo, tre olmi
giganteschi. Sembrava un’assurdità bell’e
buona. Ma bisognava immaginarla con
migliaia di persone dentro, e un immenso
organo a canne nel fondo, e fontane, tapis
roulants di legno, e gli oggetti portati da
tutte le parti del mondo, pezzi di navi,
invenzioni strambe, statue egizie,
locomotive, sommergibili, stoffe di tutti i
colori (…). Bisognava immaginare i
rumori, le voci, i suoni, l’odore, i mille
odori. E soprattutto: la luce. La luce che
ci sarebbe stata lì dentro… Lì dentro
come da nessun’altra parte, nel mondo
intero.”
A. Baricco, Castelli di rabbia,
Rizzoli, Milano 1991, pp. 152-3.
Bibliografia
John McKean, Crystal Palace: Joseph Paxton & Charles Fox, Phaidon Press,
London 1994