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LEZIONE 6 17/03/2021

Misure cautelari personali.


È chiaro a tutti l’itinerario normativamente vincolante predisposto dal legislatore sia
per il pubblico ministero che avanza la domanda sia per il giudice che deve valutare
se accogliere o rigettare la stessa domanda.
Quindi è un itinerario che non lascia al giudice una discrezionalità libera, ma anche al
pubblico ministero non dovrebbe lasciare una discrezionalità libera nell’avanzare la
richiesta cautelare dal momento che lo schema, la tipologia delle esigenze cautelari
così come descritte all’interno della lettera a), b) , c) ,è vincolante anche per il
comportamento del pubblico ministero nell’avanzare la richiesta cautelare al giudice
che procede.
Abbiamo evidenziato questa stretta correlazione che dovrebbe esserci tra le esigenze
cautelari strettamente connesse a bisogni endoprocessuali, quali potrebbero essere i
bisogni di tutelare l’autenticità della prova o di una fonte di prova ed evitare che la
stessa venga contaminata da comportamenti della persona sottoposta alle indagini è
un’esigenza interna al processo, di origine processuale che va tempestivamente
fronteggiata. Ecco perché il legislatore nella lettera a) già prevede l’attualità
dell’esigenza cautelare insieme alla concretezza della stessa. Quindi ecco la
correlazione tra l’esigenza cautelare e il substrato storico dal quale essa si evince più
l’attualità, cioè il bisogno di intervenire nell’immediato, tempestivamente perché il
pericolo è imminente.
Abbiamo visto come il fattore temporale avesse un suo riconoscimento già come
criterio valutativo che va ad incidere sul ragionamento logico-giuridico che è
chiamato a fare il giudice investito della domanda cautelare e che deve considerare la
distanza temporale tra l’emergere dell’esigenza, per esempio legata al pericolo di
inquinamento probatorio, ma anche la distanza temporale rispetto alla commissione
del fatto. Tuttavia questo attribuire rilevanza processuale all’incidenza del fattore
tempo all’interno della valutazione che è chiamato a fare il giudice rispetto al vaglio
delle esigenze cautelari, non è stato ritenuto sufficiente negli anni a contenere l’abuso
degli strumenti cautelari, e quindi la stortura, la torsione rispetto alla funzione degli
strumenti cautelari. Qual è questa torsione rispetto alla funzione degli strumenti
cautelari? Abbiamo analizzato, quando abbiamo introdotto l’argomento, la Riforma
cautelare 47/2015 necessitata dal bisogno di azionare quegli interventi legislativi volti
a contenere il problema del sovraffollamento carcerario rispetto al quale la Corte di
Strasburgo, con la sentenza pilota Torreggiani del 2013, aveva messo a fuoco che
l’origine dei trattamenti inumani e degradanti della maggior parte della popolazione
carceraria stava nell’abuso della detenzione della custodia cautelare in carcere perché
la maggior parte dei detenuti in carcere erano in attesa di giudizio. Quindi il
sovraffollamento carcerario per cui l’Italia è stata condannata nel 2013 dalla Corte
Europea dei diritti dell’uomo, si originava dall’abuso di questo strumento cautelare
che invece deve essere l’extrema ratio, la misura intramuraria dovrebbe essere
l’extrema ratio. Di fatto non lo era se appunto la Corte di Strasburgo verifica e
accerta le condizioni inumane in cui versavano all’epoca, ma in cui versano tutt’ora i
detenuti in attesa di giudizio nelle carceri. Quando si utilizza questa formula, noi
dobbiamo necessariamente verificare questo fenomeno alla luce dell’itinerario
normativo prescritto che conduce all’emanazione di quella ordinanza coercitiva, cioè
quali erano le disfunzioni allora e quali sono le disfunzioni oggi che legittimano
ancora un abuso della custodia cautelare in carcere.
Ora mettendo a fuoco le locuzioni utilizzate dal legislatore nel descrivere le esigenze
cautelari di cui al 274 cpp., pare che grossi problemi non ci siano quanto alla tipicità
e determinatezza della lettera a) e della lettera b), cioè del pericolo di fuga e della
concretezza dello stesso pericolo di fuga e dell’imminenza dello stesso pericolo di
fuga di cui abbiamo parlato nel senso che l’attualità estesa alla lettera b) implica che
bisogna dimostrare da quali elementi si evince l’attualità che la persona sottoposta
alle indagini si possa dare alla fuga. Quindi non basta meramente il riferimento, come
rinveniamo dall’articolo 274 lettera b) cpp: “quando l'imputato si è dato alla fuga o
sussiste concreto e attuale pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che

giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni
il 

di  reclusione”  questa condizione non opera in astratto perché il pericolo di


fuga comunque non può essere desunto dal titolo del reato. Questa condizione anch’essa è
strettamente correlata alla concretezza e quindi al substrato storico degli elementi che
costituiscono la gravità indiziaria delineata dal pubblico ministero e che, sebbene non siano
precisi e concordanti, assumono rilevanza proprio in virtù del dato che il legislatore fa
riferimento esclusivamente ai criteri valutativi dell’art. 192 cpp. che ha ad oggetto i riscontri
interni ed esterni delle chiamate di correità, ma non anche il legislatore richiama il criterio
valutativo rafforzato di cui all’art. 192 comma 2 cpp che stabilisce che un fatto non può essere
desunto da indizi a meno che non siano gravi, precisi e concordanti. Quindi non operano
questi criteri restrittivi quanto alla rilevanza degli stessi indizi nell’ambito del procedimento
incidentale di applicazione di una misura cautelare, ma opera la rilevanza comunque di
elementi di prova che rappresentano dati storici strettamente connessi alla ricostruzione di
quel fatto (sia pure una ricostruzione sommaria) e delle norme di legge che si assumono
violate  una gravità generica sicuramente, ma riconducibile a quella persona sottoposta alle
indagini. Ma all’interno di quella gravità, il pubblico ministero deve selezionare quegli
elementi fattuali da cui si evince l’imminenza del pericolo di fuga, dal momento che il
legislatore stabilisce che non basta che il giudice per quel fatto storico, riconducibile alle
norme di legge che si assumono violate, è orientato ad un’applicazione di una pena superiore
ai 2 anni, ma è necessaria l’imminenza del pericolo. Abbiamo fatto al riguardo, l’esempio dei
biglietti acquistati o sul punto di essere acquistati perché la persona sottoposta alle indagini è
stata pedinata ed è stata vista più volte entrare in un’agenzia per viaggi.
Quindi tutto sommato possiamo ritenere che le lettere a) e b) rispondono a quelle esigenze di
determinatezza e tassatività volte a contenere, a perimetrare l’ambito all’interno del quale si
può fondare e si può giustificare la richiesta del pubblico ministero di applicazione di una
misura che va ad incidere sull’inviolabilità della libertà personale.
Tuttavia il problema rimane all’interno della lettera c) del 274 cpp perchè per quanto la
Riforma cautelare del 2015 abbia ritenuto necessario prevedere che la pericolosità sociale
non possa essere desunta dal titolo astratto del reato, quindi rafforzando quella
correlazione con la storicità degli elementi che costituiscono la gravità indiziaria
all'interno dei quali si evincono i dati storici relativi alla personalità della persona
sottoposta alle indagini e relativi alle modalità del fatto così come è stato posto in
essere dallo stesso, e quindi nonostante il substrato storico alla base della stessa
pericolosità sociale delineata nella lettera c) del 274 cpp., di fatto la pericolosità
sociale non è un'esigenza interna al processo, e quindi alla successione teleologica
degli atti volta ad accertare un fatto penalmente rilevante, bensì attiene ad una
esigenza esterna al processo che confluisce nel concetto più ampio di sicurezza
sociale. Ma dato che resta un’esigenza extraprocessuale, esula dalle funzioni
strettamente attribuite alle misure cautelari in genere, alla tutela cautelare in genere e
purtroppo la permanenza di questa esigenza cautelare che resta indeterminata per
quanto ancorata alle circostanze storiche, specifiche, relative alla personalità
dell'indagato, relative alle modalità con le quali è stato posto in essere il fatto storico
ecc., resta un'eccessiva anticipazione di tutela che ha contenuti fortemente afflittivi e
che anticipa quella che è una funzione strettamente legata alla sanzione penale o
comunque ad una misura di sicurezza. Ecco perché abbiamo visto che la carica di
afflittività delle misure di sicurezza è pari a quella delle sanzioni penali. Ma
soprattutto come si fa a ritenere socialmente pericoloso un soggetto in assenza
dell’accertamento della pericolosità e della gravità del fatto dal momento che l’art.
203 cp. prevede l’accertamento della pericolosità sociale che comporta un vero e
proprio accertamento nel merito.
Quindi tutt’ora oggi gli abusi dello strumento della custodia cautelare in carcere sono
strettamente connessi alla lettera c dell’art. 274 cpp. Allora oggi possiamo dire che
quel problema di sovraffollamento carcerario è maggiormente contenuto rispetto al
passato, ma non è stato risolto il vizio sistemico riscontrato dalla Corte di Strasburgo,
vizio sistemico da rinvenirsi proprio nell'abuso della custodia cautelare in carcere per
la pericolosità sociale e lo abbiamo visto ieri quanto al meccanismo presuntivo e
quindi al meccanismo automatico che sottrae al giudice la valutazione di adeguatezza
della misura per le associazioni con finalità di terrorismo perché soprattutto con
riferimento alle associazioni con finalità di terrorismo, dato il carattere fluido
dell'organizzazione criminale e data la mancanza di una strutturazione complessa
dell'organizzazione criminale del tipo di quella alla base dell' associazione di stampo
mafioso, presenta dei profili di incostituzionalità nonostante la Corte Costituzionale
con la sentenza del 2020 ritiene che è talmente alto il pericolo per la collettività che
previlegia le esigenze di sicurezza sociale e giustifica il ricorso alla custodia cautelare
in carcere come meccanismo automatico e quindi giustifica la presunzione iuris et de
iure sancita nel 275 comma 3 che rompe quella correlazione tra la pericolosità sociale
e la concretezza delle esigenze cautelari, rompe quella correlazione tra l’idoneità
della misura e le circostanze storiche e specifiche del caso concreto, ma in astratto si
legittima l'applicazione della custodia cautelare in carcere ritenuta il solo strumento
cautelare volto a tutelare il bisogno di sicurezza della collettività. A questo
aggiungiamo l’indeterminatezza dei comportamenti penalmente rilevanti che sono
riconducibili all'associazione con finalità di terrorismo e la conclusione è questa, cioè
che ci sono ancora delle frizioni con i diritti fondamentali all'interno della disciplina
delle misure cautelari e quindi per talune situazioni, per talune fattispecie di reato
sono ancora evidenti questi punti di frizione tra la tutela di un'esigenza
extraprocessuale, quale la sicurezza della collettività, e l'inviolabilità della libertà
personale, ma non solo: la determinatezza della fattispecie di reato che deve
corrispondere a quei bisogni di determinatezza previsti all'articolo 25 comma 2 della
Costituzione perché qui abbiamo un meccanismo atomatico, una presunzione iuris et
de iure che opera per una fattispecie del tutto indeterminata perché l'art. 270 e 270
bis, nonostante il diritto giurisprudenziale volto a definire i comportamenti rilevanti e
riconducibili all’associazione con finalità di terrorismo, purtroppo presentano un
deficit di determinatezza e quindi c'è un vulnus dell’art. 25 comma 2 Cost., c'è un
cedimento di quel principio di legalità richiesto dal 25 comma 2 Cost. che però si
riverbera su una lesione dell'art. 13 Cost., art.27 comma 2 Cost., ma soprattutto su
una lesione dell'articolo 3 Cost. perché parlare di una presunzione iuris et de iure in
un meccanismo che opera in via automatica ritenendo la pericolosità di un soggetto a
prescindere dalle connotazioni storiche del suo comportamento, e quindi a
prescindere dalle connotazioni storiche del fatto che gli viene addebitato, significa
annullare la seconda parte dell'art. 3 Cost., cioè che situazioni diverse vanno trattate
in maniera diversa e casi diversi vanno trattati in maniera diversa. Invece la
presunzione iuris et de iure che annulla la rilevanza di quelle circostanze storiche e
specifiche del caso concreto, parifica, mette sullo stesso piano tutti gli indagati di
associazione con finalità di terrorismo, anche magari indagati di questo reato quando
l’associazione non esiste più o quando questo soggetto è uscito completamente fuori
dall'associazione. Se il meccanismo è automatico, tutto ciò diventa irrilevante, la
diversità delle situazioni diventa irrilevante e viene applicata ugualmente la custodia
cautelare in carcere, ma data l’indeterminatezza della fattispecie e data la possibilità
di comunicare attraverso un computer che abbiamo tutti oggi, possiamo essere tutti
indagati di associazione con finalità di terrorismo se andiamo oltre o facciamo
qualche battuta riportandola ad altri nel mondo di internet. Perché questo è il
problema: se la fattispecie è indeterminata, di quei comportamenti indeterminati
possiamo rispondere tutti.
Allora se è giustificabile, sulla base anche di studi criminologici accertati,
riconosciuti nell’ambito della comunità scientifica, il vincolo di appartenenza ad un
sodalizio criminale che ha quella organizzazione strutturata sul territorio tipica delle
associazioni di cui al 416 bis, e quindi di stampo mafioso, effettivamente al vincolo
di appartenenza corrisponde, su udeterminato territorio, la forza intimidatoria e
quindi quel soggetto è pericoloso perché ha il controllo del territorio; ma perché voi
avete un'organizzazione che non è fluida, che ha dei tratti, delle caratteristiche
criminologiche ricorrenti che sono state studiate. Quindi avete una regola
generalizzata che si avvale anche di studi criminologici e di tipo sociologico. Quindi
per quanto anche il 416 non brilli per determinatezza delle condotte rilevanti, tutto
sommato possiamo accettare quel meccanismo presuntivo, ma non assoluto perché
deve sempre essere data la possibilità di dimostrare al difensore la specificità di quel
caso rispetto al quale l’esigenza cautelare si può fronteggiare con un'altra tipologia di
misura coercitiva: se la custodia cautelare è in carcere, deve essere l'estrema ratio a
causa del sovraffollamento carcerario.
Se vi è un problema di trattamenti inumani e degradanti, nemmeno le presunzioni
relative e quindi qualsiasi meccanismo presuntivo dovrebbe essere eliminato perché il
giudice è chiamato a svolgere la sua funzione giurisdizionale ancorata ai dati, agli
elementi che ha in mano il pubblico ministero. Il 292, richiesta cautelare: su cosa si
fonda la richiesta cautelare? Quali sono gli elementi a fondamento della richiesta
cautelare? Vediamo il 291, non stiamo parlando di una domanda astratta quindi
affinché la custodia cautelare in carcere sia l'estrema ratio, essa è affidata l'esercizio
della giurisdizione: è il giudice, terzo ed imparziale, che deve fare il suo lavoro
garantendo che la custodia cautelare in carcere sia soltanto un male strettamente
necessario, laddove inevitabile sulla base degli elementi di prova posti a fondamento
della domanda cautelare che non può essere una domanda astratta se è necessaria
quella correlazione tra le esigenze cautelari e le circostanze specifiche e storiche.
Deve essere una domanda concreta che si basa sugli atti. Art 291: “Le misure sono
disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta al giudice competente gli
elementi su cui la richiesta si fonda…” quindi il giudice ha elementi storici sui
quali esercitare la funzione a tutela della libertà personale inviolabile e quindi della
custodia cautelare in carcere come extrema ratio? Il giudice deve valutare gli
elementi. “…compresi i verbali di cui all'articolo 268, comma 2, limitatamente alle
comunicazioni e conversazioni rilevanti  e comunque conferiti nell'archivio di cui
all'articolo 269…” si sta riferendo alle intercettazioni, ma ovviamente non a tutte
le intercettazioni, ma solo quelle selezionate dal pubblico ministero perché ritenute
rilevanti ai fini della richiesta cautelare. Quindi il pubblico ministero ha sicuramente
un potere di selezione delle attività investigative che ha svolto, un potere di selezione
che permane anche a fronte dell’attività di intercettazione: non deve mandare tutte le
intercettazioni al giudice investito della domanda cautelare, ma all’interno delle
stesse deve circoscrivere quelle rilevanti ai fini della domanda cautelare. “…nonché
tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive
già depositate” il pubblico ministero ha l’obbligo di raccogliere elementi a favore
dell’indagato, obbligo che gli è imposto dal 358 cpp. e che non è un obbligo
espressamente sanzionato, cioè l'inadempimento dell'obbligo di raccogliere non solo
elementi a carico, ma anche a discarico e quindi a favore dell'indagato, non comporta
una sanzione processuale. Comporterà una responsabilità disciplinare? Ma oggi c'è
qualcuno della cui indipendenza ci possiamo fidare e che accerti la responsabilità
disciplinare a fronte degli stretti rapporti venuti fuori tra giustizia e politica e alle
contaminazioni del Consiglio Superiore della Magistratura? E questa apre un’altra
parentesi. Sta di fatto che per l’inadempimento dell’obbligo di raccogliere elementi a
favore dell’indagato non è prevista una sanzione processuale. Ma questo obbligo ha
una ragione di ordine sistematico più elevata.
Intervento di una studentessa: “se io non ho anche elementi a favore dell’indagato,
potrei ritrovarmi di fronte ad un giudice che archivia perché ci sono elementi a favore
dell’indagato che io pubblico ministero non ho apportato, non ho rilevato…”
La prof risponde: La collega vuole richiamare l’attenzione sul bisogno di
completezza dell’attività investigativa perché essa ha come finalità le determinazioni,
non la determinazione, ma le determinazioni del pubblico ministero in ordine
all’esercizio dell’azione penale. Le determinazioni sono due: nel 326 non troviamo il
riferimento alla finalità delle indagini come circoscritte alla determinazione del
pubblico ministero all'esercizio dell'azione penale, ma troviamo un’espressione che
comprende tutte e due le determinazioni; per tutte e due le determinazioni, il pubblico
ministero ha bisogno di svolgere indagini complete. La completezza è proprio
indicata nel 358: raccolta di elementi a carico, ma anche a favore dell’indagato
perché la completezza è finalizzata alle due diverse determinazioni:
1. scelta di esercitare l'azione penale: richiesta di rinvio a giudizio nella sua veste
ordinaria
2. non esercitare l'azione penale: la determinazione opposta che si concretizza nella
richiesta di archiviazione perché dovendo raccogliere elementi a favore dell’indagato,
il pubblico ministero si può rendere conto che non ci sono abbastanza elementi a
carico e quindi non ci sono elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio e quindi
l’eventuale instaurazione del processo sarebbe un’instaurazione superflua, infondata.
Quindi la presenza di elementi a favore dell’indagato, vagliati nella loro concretezza,
potrebbe orientare il pubblico ministero a richiedere l’archiviazione: così non si
impianta un processo inutile, così un indagato non diventa inutilmente un imputato.
E questa completezza deve essere alla base anche della domanda cautelare. Nel
momento in cui il pubblico ministero richiede la domanda cautelare, se ci sono
elementi a favore, li deve indicare perché il giudice terzo ed imparziale potrebbe
ritenere di rigettare la richiesta cautelare proprio alla luce degli elementi a favore
indicati dal pubblico ministero. Perciò l’ordinanza cautelare è nulla se dalla
motivazione non si evince la valutazione degli elementi a favore, perché il giudice ha
l’obbligo di valutare gli elementi a favore ovviamente se sono stati addotti dal
pubblico ministero e ovviamente se sono stati addotti anche dal difensore (essendo in
assenza di contraddittorio orale) attraverso la presentazione di memorie scritte dal
momento che ai sensi dell’art. 121 cpp, in ogni stato e grado del procedimento si
possono presentare memorie scritte. E cosa sono le memorie scritte se non l’esercizio
del diritto di difesa per iscritto?
Quindi il pm ha ,l'obbligo anche alla base della richiesta cautelare, di indicare gli
elementi a favore perché è la corrispondenza di quell’obbligo che gli è imposto dal
358, dal momento che le finalità delle indagini sono le determinazioni e non la
determinazione, dal momento che le indagini possono confluire tanto in una richiesta
di archiviazione, tanto in una richiesta di rinvio a giudizio. Ma questi due esiti non
sono il risultato di una valutazione arbitraria del pubblico ministero: soggetto x mi sta
antipatico, non ricerco elementi a favore e presento una richiesta di rinvio a giudizio.
Soggetto y mi sta simpatico, cerco gli elementi a favore e presento richiesta di
archiviazione. Non funziona così, funziona che vi è tutto un filo rosso che ispira la
sequenza teleologica degli atti dalle indagini all’udienza preliminare, volto a quella
completezza sancita nel 358 cpp. Art 358 cpp: “Il pubblico ministero compie ogni
attività necessaria ai fini indicati nell'articolo 326 e svolge altresì accertamenti su
fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini.” quindi vi è una
stratta interconnessione, un nesso funzionale tra l’art. 326 e l’art. 358 cpp. perché le
finalità espressamente indicate dal 326 cpp. necessitano, hanno bisogno di un’attività
anche a difesa. Perciò abbiamo detto che c’è un filo rosso, un filo rosso che possiamo
dire che ha il suo incipit, il suo punto iniziale in questa interconnessione funzionale.
Le finalità delle indagini sono le determinazioni del pubblico ministero? Benissimo,
ma su che cosa si basano? Su ogni attività svolta dal pubblico ministero ai fini di
quelle determinazioni che necessitano, però, anche di raccolta di elementi a favore
dell'indagato.
Intervento studentessa: “ma se il 358 cpp. non lo avesse previsto espressamente,
comunque il 326 lo conteneva…”
La prof risponde: sicuramente, ma il 326 considera le finalità in astratto delle
indagini, ma queste finalità in astratto hanno bisogno di quel famoso substrato storico
di elementi fattuali. Che cos’è questo substrato storico di elementi fattuali di cui
abbiamo parlato anche a fondamento della domanda cautelare, se non le attività di
accertamento svolte dal pubblico ministero? Il 358 cpp lega le finalità astratte al
substrato storico degli elementi di prova raccolti dal pubblico ministero. Ma il
problema qual è? Il problema è che il 358 cpp non contiene la sanzione processuale a
fronte dell’inosservanza dell’obbligo del pubblico ministero di raccogliere elementi a
favore. Quindi si corre il rischio che il principio di completezza, se fosse affidato
soltanto a queste due norme, 326 e 358 cpp, sarebbe un principio tautologico, ma non
effettivo. L’effettività del principio è assicurata, invece, proprio dal 415 bis cpp., cioè
dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari, è assicurata proprio dalla
possibilità per il difensore di svolgere le indagini difensive che ovviamente sono a
favore della persona sottoposta alle indagini. Quindi quando viene inoltrato l’avviso
di conclusione delle indagini, è il primo momento in cui si realizza l’effettività del
principio di completezza delle indagini: il primo momento, ma non il solo perché poi
vedremo che anche in udienza preliminare vi sono meccanismi volti a realizzare
l'effettività della completezza delle indagini preliminari.
Ma questo serve ed è importante perché se il pubblico ministero ha l’obbligo di
accertare anche elementi a favore dell’indagato, questo obbligo ha una sua
manifestazione peculiare quanto alla domanda cautelare perché se la domanda
cautelare si basa sugli atti investigativi e gli atti investigativi non devono essere
soltanto a carico, ma anche a favore, il pubblico ministero deve indicare quali sono
questi elementi a favore perché il giudice deve essere posto nella condizione di
esercitare la funzione di garanzia in quanto terzo ed imparziale rispetto alla richiesta
di limitare una libertà che è inviolabile. Nella valutazione deve considerare anche
l’incidenza degli elementi a favore e deve motivare. Se non risulta la valutazione
degli elementi a favore nella motivazione, l’ordinanza coercitiva è nulla.
Quindi dal 291 cpp chiaramente si evince che la richiesta cautelare non è una
richiesta astratta, ma una richiesta concreta perché si basa sugli atti investigativi
selezionati dal pubblico ministero. Nell’ambito dell’uso di questo potere di selezione,
il pubblico ministero deve indicare anche gli elementi a favore, anche le
intercettazioni rilevanti ai fini della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari
descritte nella richiesta cautelare. Ma le indica la difesa? No, la difesa ancora non sa
nulla. Nonostante il giudice possa tenere in debito conto anche le memorie difensive,
quelle memorie difensive sono presentate al buio, senza cioè conoscere gli atti su cui
si fonda la richiesta cautelare perché abbiamo detto che il procedimento incidentale si
instaura tra pubblico ministero e giudice, terzo ed imparziale, chiamato a svolgere
questa funzione di contenimento dell’uso delle misure cautelari soltanto allorquando
esse siano strettamente necessarie perché strettamente legate a delle esigenze
cautelari che emergono da un substrato storico circoscritto, dagli atti investigativi: da
quest’ultimi si evince che c’è il pericolo di contaminare l’autenticità della fonte di
prova. E quindi quella fonte di prova, una volta inquinata, chiaramente non serve più
ed è per questo che bisogna agire tempestivamente. Ma risulta dai dati fattuali, non in
astratto. E perché dicevamo questo? Dicevamo che l’aggancio dell’esercizio della
funzione giurisdizionale ai dati, agli elementi fattuali dovrebbe prevenire l’abuso
della custodia cautelare in carcere. Ma quando questa funzione è messa fuori gioco
dalla presunzione iuris et de iure, si applica la custodia cautelare in carcere soltanto
perché l’indagato rientra in una determinata tipologia di autore a prescindere dalla
storicità del fatto.
Allora ci dobbiamo chiedere: ma in un processo che possiamo definire
tendenzialmente accusatorio nonostante la legge Spazzacorrotti n.3/2019, nonostante
gli interventi che hanno cambiato l’identità strutturale di questo modello processuale
arretrando sempre più la funzione di accertamento di un fatto e della responsabilità
dal dibattimento alle indagini preliminari… (LA PROF NON CONCLUDE LA
DOMANDA, MA IL CONCETTO SI CAPISCE) Perché prima era chiaro:
l'impostazione del codice del 1889 era un’impostazione che si caratterizzava per la
disomogeneità fasica le indagini servono, lo dice il 326, alle determinazioni del
pubblico ministero, mentre il giudizio ad oggetto l'accertamento del fatto e della
responsabilità attraverso il contraddittorio come metodo legale di formazione della
prova: un distinguo netto, una separazione delle fasi che oggi non esiste più, ma non
per la crisi della prova dichiarativa, ma per l'aggressività delle indagini per i potenti
strumenti investigativi quali il captatore informatico. In questo momento siamo tutti
captati: è una forma illiberale di autoritarismo e lo dobbiamo dire proprio perché
siamo captati. È la violazione della democrazia posta alla base della nostra
Costituzione. I nostri diritti dove stanno? Sono aggrediti dal captatore informatico
(ma di questo ci occuperemo in avanti).
Quindi che cosa significa? che vi è uno spostamento alla luce di questi agenti che
agiscono sotto copertura, alla luce di strumenti investigativi forti che non sono
compatibili con l’inviolabilità delle libertà personali sanciti in Costituzione. Pensate
alle videoriprese.
Intervento di uno studente: “ma a questo punto non si crea uno squilibrio tra gli
strumenti d’indagine che può usare un difensore e quelli che può usare un pm? Il pm
è una divinità a questo punto.
La prof risponde: “è lo stato delle cose”
Lo studente riprende: “ma allora il sistema non è più accusatorio, ma diventa finto
accusatorio”
La prof risponde: assolutamente! questo codice per come è stato manipolato,
rimaneggiato dai decreti d’urgenza e dal diritto giurisprudenziale più recente della
Cassazione a Sezioni Unite, rappresenta l’inquisitorietà della post-modernità. Però
questa potrebbe essere la tesi della Iasevoli, quindi perciò non lo volevo dire adesso,
ma vorrei che invece, all'esito del corso, questa riflessione la facessimo insieme, una
volta che ci siamo appropriati di tutte le strutture funzionali volte ad accertare un
fatto penalmente rilevante. Un dato è certo: il sistema oggi è squilibrato, è privo di
ragionevolezza. Le misure cautelari si salvano ancora ancora, sebbene però vi dovete
chiedere perché facciamo ancora i conti nel 2021 col problema del sovraffollamento
carcerario, perché il diritto alla salute non è garantito ugualmente ai detenuti, perché
ci dimentichiamo che la dignità della persona è un diritto anche dei detenuti. E la
dignità della persona passa anche e soprattutto per la possibilità di fare i nostri
bisogni di vita necessari in condizioni igieniche, ordinarie e non straordinarie, ma
comuni. La dignità dipende da questo, da un elemento proprio vitale che riguarda la
quotidianità di tutti quanti noi, dipende anche dall'acqua calda, dalla possibilità di
avere l'acqua calda, dipende anche dalla possibilità di avere la luce, di avere l'aria,
cose che noi diamo per scontato. Però quando parliamo di custodia cautelare in
carcere significa questo, significa porre una persona che fino a ieri ha fatto una vita
ordinaria, in condizioni non solo di restrizioni intramuraria, ma in condizioni di vita
dove beni di prima necessità non sono garantiti.
Intervento di uno studente: “forse c'entra anche quella che è la funzione della pena,
cioè proprio perché oggi c’è sempre di più una spinta verso una pena afflittiva, è
difficile vedere davvero una rieducazione. Allora sembra quasi scontato e ovvio che
questi diritti che sono inviolabili, poiché se sei stato arrestato e devi marcire in
carcere, allora non ti spettano più: non ti spetta più avere l’acqua calda o svolgere i
tuoi bisogni in condizioni ordinarie. Quindi anche la funzione della pena va ad
interferire su questo, almeno come viene interpretata e non come dovrebbe essere”
La prof risponde: è proprio così. Allora vedete quanto sia importante la funzione
affidata al giudice che la prima cosa che deve verificare, avendo emesso un’ordinanza
coercitiva senza mai guardare negli occhi l’indagato (ANCHE QUI NON FINSICE
IL PERIODO) l’interrogatorio di garanzia è l’espressione più alta del diritto di
difesa nell’ambito del procedimento applicativo di una misura coercitiva. Però esso è
un atto immediatamente successivo all’applicazione della misura, non precede
l’applicazione della misura e questo è già un fatto strano che noi tolleriamo ancora.
L’interrogatorio dovrebbe precedere l’applicazione della misura, invece il 294 cpp è
collocato immediatamente dopo gli adempimenti esecutivi di cui al 293 cpp, quindi si
pone dopo l’esecuzione della misura. Ma perché bisogna procedere
nell’immediatezza e non oltre cinque giorni se la persona è stata raggiunta da
un’ordinanza di custodia cautelare in carcere? Perché la perentorietà di questi termini
e la ristrettezza di questi termini? Proprio per dare la possibilità al giudice di entrare
in immediato contatto con il soggetto in vinculis. Benissimo, ma perché
quest’immediatezza è posticipata e non può essere raggiunta all’interno del
procedimento? Resta ancora l’interrogativo. Se il legislatore pone l’accento sul
bisogno di immediatezza di un contatto repentino, accelerato tra giudice e soggetto in
vinculis come atto necessitato immediatamente posticipato, perché non può essere un
atto logicamente antecedente dal momento che il giudice, attraverso il contatto diretto
col soggetto in vinculis, può rendersi conto che, per esempio, non ci stanno le
esigenze cautelari? è possibile questo? certo perché l'interrogatorio di garanzia svolge
la funzione di consentire al giudice di meglio verificar, di meglio approfondire la
consistenza di quegli atti e quindi di quegli elementi fattuali indicati dal pubblico
ministero a fondamento della richiesta cautelare. Il giudice fa una verifica che è
cartolare: il giudice valuta atti, quindi la verifica che compie il giudice è di tipo
cartolare, legge le carte. È l'esercizio di una funzione di garanzia sulla base di carte,
di tipo cartolare. L’interrogatorio invece no: è il contatto immediato, diretto tra
giudice e soggetto in vinculis e quindi è l’atto che maggiormente consente al giudice
di rendersi conto della consistenza di quella gravità indiziaria e dell’inconsistenza
degli elementi a favore, di rendersi conto della gravità delle esigenze cautelari oppure
della non gravità delle esigenze cautelari e quindi andare a correggere quel giudizio
di adeguatezza effettuato prima dell’applicazione della misura, ma meramente sulle
carte. L’interrogatorio è anche il rimedio ad un errore che il giudice ha compiuto
quanto alla valutazione dell’adeguatezza di quella misura cautelare in ordine alla sua
idoneità rispetto al grado e alla natura delle esigenze cautelari. Il giudice può aver
sbagliato e, attraverso l’interrogatorio, ha la possibilità di rimediare ad un eventuale
errore perché può modificare ex officio l’ordinanza di custodia cautelare in carcere
con una meno afflittiva. Adesso mi dovreste chiedere: ma lo può fare anche quando
opera la presunzione assoluta di adeguatezza? No, non lo può fare. Quella è una
presunzione iuris et de iure. Quindi rispetto a quella presunzione assoluta,
l’interrogatorio di garanzia non può essere servente ad una modifica o revoca della
custodia cautelare in carcere ritenuta ex ante, a priori, la sola misura adeguata rispetto
ad una fattispecie associativa di stampo mafioso o rispetto ad una fattispecie
associativa con finalità di terrorismo.
Intervento di uno studente: “ma poteva farlo prima con un obbligo di motivazione
negativa nel caso in cui volesse superare la presunzione assoluta? Siccome quella
norma fungerebbe anche da scudo normativo nei confronti del giudice perché il
giudice per legge deve applicarla, non ha la discrezionalità, l’unico modo con cui
potrebbe superare eventualmente questo tipo di presunzione, potrebbe essere
l’obbligo di motivazione negativa che non sussistono le esigenze cautelari. Però una
volta che lui l’ha applicata, nell’interrogatorio di garanzia, lui non può più revocarla.
Quindi in quel caso l’unica carta che il giudice poteva giocare, la giocava prima”
La prof risponde: è proprio così e questo si evince dal nesso funzionale tra il 275
comma 3 e il 299 comma 3 cpp dove rinveniamo l’espressione “salvo il 275 comma
3”. Lettura art. 275 comma 3: “
Che significa “salvo” ? Fatta eccezione nell’ipotesi, lì considerata.
Quindi si può rimediare, oppure si può rimediare ad una erronea valutazione di
adeguatezza all’interno dell’interrogatorio di garanzia, successivamente, comunque,
si può adeguare, modulare, quella valutazione al mutamento delle esigenze cautelari,
con una modifica o addirittura con una revoca, salvo però quando disposto dall’art
275.3, quindi al di fuori di quelle presunzioni assolute sancite dal 275.3.
Ma la cosa importante è la funzione specifica dell’interrogatorio di garanzia, perché
specifica? In quanto atto immediatamente successivo all’emanazione dell’ordinanza
coercitiva. E ieri avevamo introdotto il problema della effettività del diritto di difesa,
se questo contatto immediato tra giudice e soggetto in vinculus è servente alla
verifica ulteriore delle esigenze cautelari o della gravità indiziaria, perché vi è un
rinvio all’oggetto dell’interrogatorio di garanzia, all’interno della strutturazione del
modello legale dell’interrogatorio di garanzia, l’oggetto dell’interrogatorio di
garanzia è definito dal legislatore, non è generico perché all’interno del modello
legale delineato 294 se non erro al comma 3, si rinvia alla verifica del 273 e del 274,
quindi l’oggetto è così? Voi lo dovete vedere con gli occhi, perché nel momento in
cui il legislatore vi dice come, che il giudice verifica la sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, delle esigenze cautelari attraverso il rinvio espresso al 273 e 274 che vi
sta dicendo? Che l’oggetto, l’oggetto su cui ricade quest atto è la verifica del 273 e
274, ciò la verifica attraverso il contatto immediato del soggetto in vinculis dei
presupposti e delle condizioni addotte, sul piano cartolare dal PM.
L’oggetto sono i presupposi e le condizioni delle misure cautelari. Vengono
bypassate ulteriormente attraverso un contatto diretto del soggetto in vinculis con il
giudice.
Quindi avete il modello legale dell’interrogatorio di garanzia che ha una struttura
complessa, ma ha anche un oggetto definito. Perché ha struttura complessa? Perché
fino al dibattimento procede il giudice che ha emanato la misura, in dibattimento
procede il giudice del dibattimento perché ci sono tutte le garanzie, il contraddittorio,
la pienezza del contraddittorio, ma procede il giudice che ha emesso la misura se non
vi abbia già proceduto in sede di convalida di arresto o di fermo, struttura complessa
che contiene un’equipollenza tra due atti del tutto diversi.
Perché l’interrogatorio di garanzia è atto necessitato successivo all’emanazione della
misura, l’interrogatorio in sede di convalida precede l’emanazione della misura. Da
qui l’ulteriore osservazione, ma scusate, ma perché non riformiamo il procedimento
cautelare e si prevede che l’interrogatorio del precedere l’ordinanza ? Per un motivo
molto semplice: perché bisogno contenere l’accesso da parte del difensore agli atti
delle indagini. Chiaro? Perché il difensore può accedere agli atti delle indagini solo
dopo l’emanazione della misura con gli adempimenti esecutivi.
DOMANDA DI UN RAGAZZO: non riesco a capire perché se nell’interrogatorio
294 c’è questo oggetto, cioè di valutare di nuovo il fumus commissi delicti ( i
presupposti)ma nell’interrogatorio art 391 questo non c’è e come può essere
equipollente?
PROFESSORESSA: altro problema, ma tra gli adempimenti esecutivi, il legislatore
prevede, ha riconosciuto con un intervento legislativo risalente al 2014, per adeguare
la norma alla direttiva sull’informazione dell’indagato e dell’imputato del 2013 ha
riconosciuto non solo, la comunicazione scritta che deve essere consegnata al
soggetto in vinculis, non attiene solo all’avviso che deve nominare un difensore di
fiducia o d’ufficio, di essere ammesso al patrocinio a spese delle stato, oppure di
essere informato del fatto che gli viene recriminato, ma di accedere agli atti su cui si
fonda la misura, E allora quale migliore occasione per rendere maggiormente
funzionale e coerente con l’inviolabilità del diritto di difesa sancito dall’ art24 Cost,
quale migliore occasione offerta dal legislatore nel 2014 per poter razionalmente
intervenire sul procedimento cautelare che continua a prevedere un contraddittorio
differito e quindi applicato in audita altera parte. Non l’hanno fatto nel 2014 quando
hanno dovuto adeguare la legislazione interna alla direttiva europea
sull’informazione, che i diritto ad essere informativi è il diritto preliminare
all’effettività dell’esercizio del diritto di difesa. Quindi non è che hanno fatto un
operazione sganciata dal diritto di difesa, prevedere la comunicazione scritta significa
preoccuparsi di garantire il diritto all’informazione che è strumentale al diritto di
difesa, quindi il problema è e resta l’esercizio del diritto di difesa che si vuole
mantenere posticipato rispetto all’emanazione della figura. Per tutelare le esigenza
investigative del PM, e quindi come ha detto il collega, permane l’asimmetria tra PM
e il difensore, che connota il processo penale anche nelle altre fasi.
Non sono nelle indagini preliminari, anche nel procedimento cautelare che evidenzia
dei punti di frizione molto rilevanti rispetto alla parità delle parti sancita del 111.2
della cost. Pero questa asimmetria nel cautelare si continua a ritenere ragionevole in
virtù di una discrezionalità legislativa, si continua a ritenere ragionevole perché si
ritiene che soprattutto nella fase delle indagini bisogna tutelare l’esigenza
investigative del PM, QUINDI QUESTA TUTELA ha un limite DOPO
L’EMANAZIONE DELL’ORDINANZA COERCITUVA, perché il PM deve
depositare tutti gli atti presso la cancelleria del giudice, degli atti su cui si fonda la
misura e il difensore deve prendere visione ed estrarre copia proprio per preparare il
soggetto in vinculis all’interrogatorio.
DOMANDA: quindi i giorni in cui il giudice deve provvedere sono il bilanciamento,
per l’applicazione della misura, per la frizione del diritto di difesa dell’indagato?
PROF: Si, in quell’arco temporale. Dopo la misura perde efficacia, si ha l’estinzione
ai sensi di art 302. Che vi dice questo articolo? Lettura del 302.
Il legislatore utilizza una parala forte ESTINZIONE, se non si procede in quell’arco
temporale, la misura si estingue per omesso interrogatorio. LETTURA 302
La domanda che facciamo sempre all’esame: l’estinzione della misura coercitiva a
fronte della decorrenza dei termini, si ha anche per le misure coercitiva diverse dalla
custodia cautelare in carcere, delle misure interdittive per cui il giudice ha l’obbligo
di procedere all’interrogatorio di garanzia ai sensi del 294.1 bis non oltre 10 giorni?
Si, in virtù della sentenza della corte costituzionale del 95/2001 (che vi invito a
recuperare di internet) in cui ponendo l’accento sullo scopo dell’atto interrogatorio di
garanzia, ma se lo scopo è il diritto di difesa che e stato sacrificato nel procedimento
delle misure che è in audita altera parte, l’estinzione non può riguardare solo la
custodia in carcere, ma deve riguardare tutte le altre misure personale, anche quelle
interdittive, perché anche queste stono personali.
Ricordatevi che invece la misura interdittiva della sospensione all’esercizio di un
pubblico ufficio, di un pubblico servizio è preceduta dall’interrogatorio dell’indagato,
quindi non interessa mentre tutte le altre non sono precedute dall’interrogatorio, e
quindi l’interrogatorio come atto di garanzia di art 294 deve essere entro 10 giorno e
non oltre, se non espletato determina l’estinzione, perché si priva il soggetto in
vinculis, della possibilità di esercitare il diritto di difesa, non avendolo potuto
esplicare nel procedimento applicativo della misura. Quindi il 302 opera come
fenomeno estintivo per omesso interrogatorio anche con riferimento al 2941.1bis in
virtù della sentenza del 2001.
DOMANDA: NEL 302 DICE “ NELLO STESSO MODO SI PROCEDE NEL
CASO IN CUI LA PERSONA SENZA GIUSTIFICSTO MOTIVO NON SI
PRESENTA ALL’INTERROGATORIO” vuol dire che il giudice valuta di nuovo le
condizioni di art 273-274-275 oppure intende che si estingue la custodia?
PROF: BRAVA!
RAGAZZA: quindi se non si presenta a rendere interrogatorio, la persona, si estingue
e poi il giudice procede a valutare le esigenze cautelari?
PROF: allora, in realtà si perchè si da importanza l’ assenza dell’essenza del diritto di
difesa durante il procedimento cautelare, quindi si cerca di assicurare il diritto di
difesa anche in ipotesi si assenza senza giustificato motivo.
Il problema è la superfluità dell’atto se noi abbiamo analizzato il fenomeno estintivo
strettamente connesso all’omissione dell’interrogatorio, alla luce della sua funzione
peculiare che è quella dell’esercizio del diritto di difesa, come si fa poi a giustificare
l’equipollenza dell’interrogatorio in sede di convalida? Come si fa a sostenere la
superfluità di questo atto? La cui omissione determina l’estinzione della misura, ma
diventa superfluo se il giudice vi abbia già proceduto in sede di convalida? Questa
equipollenza riguarda due atti diversi, perchè in sede di convalida è un atto
polifunzionale, svolge più funzioni, non ha sua specificità circoscritta al diritto di
difesa, al diritto di ascolto dell’indagato sulla gravità indiziaria e cosi via. Qui invece
l’interrogatorio è servente a verificare i motivi dello stato di flagranza, della
situazione in cui si è proceduti ad un arresto facoltative o obbligatorio sempre
collegato ad uno stato di flagranza. A contestare la fondatezza dello stesso e quindi
dei presupposi della misura precautelare, ma esso è servente a verificare la fondatezza
di un eventuale richiesta cautelare avanzata dal PM sé e presente in udienza di
convalida. Quindi non è un interrogatorio che ha una specificità forte come quello del
294, ricordatevi che le forme del 294 sono quelle stabilite dal combinato disposto
degli art 64 e 65 e cioè di avvertimenti formali che se non compiuti determinano
l’inutilizzabilità dell’interrogatorio. L’avvertimento che le dichiarazione che rende
l’indagato possono essere utilizzate nei suoi confronti, che si pò avvalere del diritto
al silenzio tranne per le domande sulla generalità ed identificazione.
Però rispetto alle altre attività si, lo ius tacendi è diritto di difesa.
Può rivestire la qualità di testimone, se rende informazioni sulla responsabilità altrui,
fatta eccezione per le situazione di incompatibilità del cui al 197 o per le garanzie
della testimonianza assistita del 197 bis, sono tutti avvertimenti necessari ai fini della
legittimità dell’interrogatorio, altrimenti NON usate.
E poi il richiamo al 65, cioè la contestazione del fatto quindi(… si blocca) contenuta
nell’ordinanza coercitiva, quindi è un interrogatorio di merito a tutti gli effetti ( … si
blocca).
MI SENTITE? ORA SI!
Allora vi dovete chiedere se le forma dell’interrogatorio di garanzia sono le stesse
dell’interrogatorio in sede di convalida, sono le stesse sebbene per esempio non vi è
un esplicito rinvio al 65 ma si fa riferimento alla contestazione del fatto, vi è un
esplicito rinvio al 64 e così via.
Sicuramente si tratta di un interrogatorio che ha una struttura più embrionale proprio
quanto alla contestazione del fatto rispetto alla sommaria enunciazione contenuta
nell’ordinanza coercitiva, cautelare. E ricordatevi che addirittura, se l’interrogatorio
del PM non può mai precedere quello del giudice, dopo l’esito dell’ordinanza
coercitiva, l’interrogatorio del PM invece può precedere quello del giudice in sede di
udienza di convalida. Il PM può interrogare l’arrestato se lo ritiene, ovviamente, è
l’esercizio di un potere discrezionale laddove invece , l’interrogatorio del giudice, da
parte del giudice, in sede di udienza di convalida o in sede di interrogatorio di
garanzia hanno delle connotazione diverse. Quali sono queste connotazioni diverse?
Che l’interrogatorio di garanzia è un atto necessitato del 294, non lo è quello in sede
di convalida, perché il soggetto sottoposto a misura precautelare potrebbe anche non
presentarsi; abbiamo detto che invece l’udienza di convalida è strutturata sulla
necessita della presenza del difensore, ma non del PM o dell’indagato. E quindi,
queste come dire, questi aspetti delineano comunque una diversità strutturale della
sequenze, cioè la sequenza della convalida di una misura precautelare, che vi chiedo
di guardare con attenzione perché essa sarà servente alla legittima istaurazione del
giudizio direttissimo, cioè di quella ipotesi di azione penale nelle forme di giudizio
direttissimo qualora il PM ritenga di non esercitare l’azione penale con richiesta di
rinvio a giudizio, ma di presentare direttamente al giudice del dibattimento
l’arrestato. Presentare direttamente al giudice l’arrestato, significa che il giudice del
dibattimento deve controllare il presupposto della legittimità dell’arresto e quindi che
l’udienza di convalida si svolge contestualmente davanti al giudice del dibattimento.
E lì i quella sede cioè nel 449.1 troverete il rinvio in quanto compatibile, all’udienza
di convalida di cui all’art 391, perché il 391 comunque delinea un paradigma, che è
un paradigma di garanzia, momento di attuazione delle garanzie, perché siete a fronte
di un giudice terzo ed imparziale che va a vagliare l’esistenza di quelle condizioni
tassativamente prescritte dalla legge, in particolare la tassatività è espressamente
richiamata se non erro dall’art 13.3Cost: “ nei casi di urgenza e nelle situazioni di
necessità indicati dalla legge” quasi a voler dire che vi sono ancora bisogni di
tassatività più forti, rispetto all’applicazione di una misura coercitiva ordinaria,
qualora debba procedere la polizia a restringere la libertà del soggetto, attraverso
l’arresto facoltativo o obbligatorio, e le stesse riflessioni vanno estese
all’allontanamento dalla casa familiare, che è altra misura cautelare che non è
espressamente richiamata con riferimento alla richiesta di convalida, e quindi
nell’ambito del 390-391,ma questi articoli si estendono anche all’allontanamento
della casa familiare. Quindi quando vi viene chiesto in sede di esame: “ ma il PM
deve chiedere la richiesta di convalida per l’allontanamento dalla casa famigliare?”
Certo che lo deve chiedere, perché è una misura precautelare che sebbene non ricorre
nel 390-391, si deve rispetto alla stessa, devono essere garantite, tutte le garanzie
previste, richieste dall’art 13.3 Cost per tutte le ipotesi in cui sia l’autorità di pubblica
sicurezza a procedere e nei casi tassativamente indicati di necessità e urgenza.
E allora capite che la richiesta cautelare che va presentata entro 48 ore e la decisione
del giudice che deve intervenire entro 48 e cos’ via, la restrittezza dei termine che
sono perentori, perché alla decorrenza degli stessi inutilmente si determina
l’inefficacia anche qui della misura. Un’inefficacia che è stabilita dall’art 13 Cost e
tuttavia quelle che sembrerebbero, come dire, delle garanzie poste a tutela della
inviolabilità, della libertà personale, garanzie ancora più pregnanti, in un momento in
cui la liberta sia stata limitata dalla polizia, è possibile individuare delle antinomie
interne alla richiesta di convalida e interne alla stessa disciplina dell’udienza di
convalida. Degli spazi di indeterminatezza che non sembrerebbero garantire il diritto
di difesa, sebbene il legislatore del 2014 sia intervenuto per garantire che sia data
comunicazione scritta all’arrestato, al fermato o al soggetto allontanato dalla casa
familiare, una comunicazione che contenga tutti i diritti all’informazione, strumenti al
diritto di difesa, con gli stessi contenuti che si rivengono nella comunicazione del
291. Quindi vi è un’assonanza, funzionale tra la comunicazione scritta, atto dovuto,
badate bene, dalla polizia giudiziaria, quindi è un atto dovuto nei confronti del
soggetto arrestato o fermato, è un atto dovuto la comunicazione scritta o
l’informazione, seguita poi da una comunicazione scritta nella lingua conosciuta al
soggetto arrestato, allontanato o fermato. Quindi un’attività preliminare all’esercizio
del diritto di difesa, al diritto all’ascolto in ordine ai motivi dell’arresto.
E allora, oggi, possiamo dire che dal punto di vista il riconoscimento del diritto di
accedere agli atti su cui si basa il provvedimento della restrizione…RAGAZZI tutto
apposto? Mi stare seguendo? La comunicazione scritta è un atto formale o
preliminare all’esercizio del diritto di difesa? E’ preliminare al diritto di difesa e vi è
dal 2014 in poi un’ assonanza funzionale tra il diritto all’informazione dell’arrestato e
all’informazione del soggetto nei cui confronti è emessa una misura cautelare
personale.
La comunicazione scritta è espressamente prevista nelle due diverse situazioni, una
che rientra tra i doveri della Polizia Giudiziaria, l’altra che rientra tra gli adempimenti
esecutivi dell’ordinanza cautelare e determinano il riconoscimento di quell’attività
strumentale al pieno esercizio del diritto di difesa. Quindi vi è un’assonanza
funzionale, un’equiparazione quanto al versante dell’effettività del diritto di difesa,
perché senza comunica scritta non è comunicata appieno il diritto del soggetto a
nominare un difensore di fiducia e di accedere agli atti su cui si fonda il
provvedimento restrittivo della liberta professionale,
Quindi il diritto di accesso oggi è riconosciuto, in tutti e due i casi, ma non è attuato
allo stesso modo in entrambi i casi, perchè se avete il 293.3 tra gli adempimenti
esecutivi che riconosce al difensore il diritto di acceso e di estrarre copia, questo
diritto non si rinviene nella richiesta di convalida. Come si fa a sostenere
l’equipollenza tra l’interrogatorio nella richiesta di convalida e quello di garanzia
effettuato all’esito della conoscenza di tutti gli atti depositati dal PM a seguito della
richiesta cautelare? E’ chiaro il problema?
Ho ritenuto necessario ritornarci perché ieri vi avevo visti perplessi, ma qualcuno di
voi mi dovrebbe chiedere: l’art 390.3bis ( vedete non ricordo) << se non ritiene di
comparire il PM trasmette al giudice dell’udienza di convalida, le richieste in ordine
alla libertà personale con gli elementi su cui le stesse si fondano>> allora questa fa
riferimento ad un obbligo di trasmissione di atti che ha il PM. Nella disciplina della
convalida di arresto o del fermo, non rinvenite alcune riferimento al deposito di atti
su cui si fonda la misura precutalere, non vi è deposito, quindi dove stanno questi
atti? Nella segreteria del PM. Che cosa succede? Se il difensore va dal PM e richiede
gli accessi agli atti, avvalendosi del 116 cpp, il PM ha il potere discrezionale di
rifiutare agli atti, noi abbiamo una norma che potrebbe garantire l’accesso agli atti in
mancanza del deposito presso la cancelleria del giudice, è chiaro la differenza?
Il 293.3 l’attività di deposito è avvenuta quindi il difensore ha diritto all’accesso,
nella convalida non c‘è deposito presso la cancelleria del GUP davanti al quale si
svolge l’udienza preliminare, quindi il difensore deve andare nella segreteria del PM
che è il suo interlocutore e chiedere l’accesso agli atti ex art 116:” Durante il
procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può
ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti.
Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al
momento della presentazione della domanda…”

Nel caso delle indagini chi provvede sulla richiesta? Il PM, quale può negare
l’accesso agli atti se coperti dal segreto investigativo e rientrano nel 329, e richiesta la
richiesta del difensore. Questo rigetto era legittimo prima del 2014, che ha inserito
nella comunicazione scritta il diritto di accedere agli atti, ma per la verità dal 2010
questo diritto era già riconosciuto calla cassazione penale a SU, ed era una sentenza
che io vi invierò nei file del team, perché è una di quelle sentenze che va oltre il dato
normativo riconosce la pienezza di un diritto fondamentale, quale quello di diritto di
difesa che dipende dall’accesso agli atti. Quindi siamo sia a fronte di una
giurisprudenza creatrice, ma in bona parte, non in mala parte, una giurisprudenza che
nell’ambito del sistema di multi-diritti già nel 2010 si raffrontava con la
giurisprudenza europea, e quindi della Corte di Strasburgo sull’art 5 paragrafo 3
della convenzione europea e quindi sulla legittimità della detenzione cautelare, così
come ricostruita dalla corte europea. Ma anche con una sentenza che tiene in conto
dell’inviolabilità del diritto difesa in ogni stato e grado del processo e perviene
all’individuazione di questo principio di questo diritto. L’esistenza di un diritto del
difensore di prendere conoscenza degli atti che costituiscono la base del giudizio di
convalida che della decisione sull’eventuale richiesta di approvazione di misura
cautelare nei confronti dell’arrestato o fermato, nell’ipotesi in cui tale diritto sia stato
impedito, deve rilevare una nullità di ordine generale a regime intermedio, tanto
dell’interrogatorio che della decisone di convalida. Cioè l’interrogatorio espletato in
assenza del riconoscimento del diritto di accesso agli atti è nullo e tale nullità si
riserva sulla base di quella invalidità riconosciuta dal 185.1 e cioè che si proroga agli
atti consecutivi. Se è nullo l’interrogatorio è nulla anche l’ordinanza di convalida. E
la nullità è a regime intermedio, la quale deve essere dedotta entro il termine di cui art
182, all’ipotesi in cui la parte assiste al compienti di un atto nullo. Quando la parte
assiste o si deve attivare per far valere l’invalidità prima del compimenti dell’atto,
oppure immediatamente dopo. La parte che assiste è il difensore che partecipa
all’udienza di convalida. E in tale udienza eccepisce la nullità, se non lo fa il vizio si
sana.
Si afferma il seguente principio di diritto: “ il difensore dell’arrestato, o del fermato
ha diritto, e quindi il PM non può negare tale diritto, ad esaminare ed estrarre copia
degli atti su cui si fonda l’udienza di convalida, del fermo o dell’arresto e
dell’applicazione della misura cautelare. Cioè la giurisprudenza e il diritto, con un
interpretazione orientata, ma conforme alla costituzione , che costituisce il diritto di
acceso non previsto dalla disciplina della convalida. Qui di prevede solo l’obbligo di
trasmissione degli atti strettamente legati a quella scelta comportamentale del PM di
non intervenire all’udienza di convalida. Ma nell’ipotesi in cui il PM interviene
all’udienza, sarà lui ad illustrare gli atti a fondamento della richiesta e quindi
nell’ipotesi di negato accesso agli atti, la difesa conosce gli atti attraverso
l’illustrazione del PM o attraverso la mediazione del giudice perché se il PM non
partecipa, è il giudice ad indicare i motivi dell’arresto. Ma voi vi rendete che conto
che se il difensore non ha avuto accesso agli atti non può argomentare la difesa, per
trovare gli argomenti oggi è riconosciuto il diritto di accesso agli atti su cui si fonda
la misura che si rinviene nella comunicazione scritta all’interno dell’art 386 e quindi
come atto dovuto dalla PG, la norme è rubricata doveri della polizia giudiziaria. E
questa garanzia effettiva del diritto di accesso agli atti su cui si fonda la richiesta di
convalida, è oggi rafforzata non sono dalla lettera d) che si rinviene nella
comunicazione scritta, ma nel principio di diritto sancito dalla cassazione SU del
2010 che riconosce il diritto e sanziona il rigetto da parte del PM quindi oggi il
difensore può recarsi alla segreteria del PM e avanzare la richiesta agli atti. Se il PM
adducesse il segreto ai sensi del 329, il rigetto anche se su questo fondato, perché ciò
è contemplato nel 116, questo 329 oggi cade a fronte del principio di diritto
individuato dalla cassazione, nel senso che se gli atti investigativi su cui si fonda la
richiesta della misura non possono essere coperti dal segreto, devono essere
conoscibili dal difensore, ai fini dell’effettività del diritto di difesa che deve essere
articolato nell’udienza di convalida. Ricostruito così il sistema, la disciplina
dell’udienza di convalida, ancorando questa disciplina all’accesso agli atti presso la
segreteria del PM su cui si fonda la richiesta di convalida dalla misura precautelare ,
in questo modo è sostenibile l’equipollenza tra l’interrogatorio in sede di convalida o
in sede di garanzia.
Quindi il problema dell’equipollenza tra i due atti nel 294 era posto dal fatto che il
293.3 riconosce un’attività di deposito a cui è tenuto il PM, mentre la convalida non
riconosce il deposito. E come facciamo a garantire il diritto di acceso agli atti se
questo obbligo del PM non c’è? Facendo tutto il ragionamento: tiene in conto del 116
rubricato "copia estratti e certificati” RILEGGE LA NORMA 116 e spiega … Il
difensore ha interesse ad avere gli atti e li chiede al PM, di accedere agli atti, il PM
dice no non te le posso dare perché sono coperte dal segreto perché il 116 prevede
come limite del attività coperte dal 329 e allora la richiesta del difensore viene
rigettato. Il rigetto è illegittimo alla luce del principio di diritto enunciato delle SU
che ritiene che il rigetto sia causa di nullità dell’interrogatorio che si propaga
all’ordinanza di convalida emessa all’esito dell’udienza. Ponendo a carico del
difensore l’onere di agire tempestivamente eccependo la nullità.
Quindi già le SU avevano risolto il problema, ma è rafforzato dalla comunicazione
scritta a cui è tenuta la polizia giudiziaria.

DOMANDA RAGAZZO: “ se alcuni atti sono coperti dal segreto, ma in questo caso,
il diritto di difesa è leso….( non finisce la domanda)?
PROF: il bilanciamento dei diritti contrapposti, il diritto di difesa e tutela del segreto,
il segreto cede e prevale il diritto di difesa, perché è estata emessa una misura
restrittiva, sebbene cautelare

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