Sei sulla pagina 1di 5

DIRITTO PENALE II

LEZIONE N1- 1/03/2021

LO STUDIO DELLE FATTISPECIE INCRIMINATRICI:


Noterete che lo studio della parte generale del codice penale e lo studio della parte speciale non
sono due materie scollegate, lo studio di tutte quelle nozioni che staticamente, in modo
apparentemente formale e astratto, avete studiato nel manuale di parte generale è un bagaglio
che vanno tenute presenti nell’affrontare lo studio della parte speciale, sia pur con le particolarità
che vi indicherò in questi giorni. Per ogni singola fattispecie incontreremo il problema del soggetto
attivo, dovremo essere in grado di individuare la condotta costitutiva del reato, dovremo stabilire
quale forma di dolo la norma incriminatrice presceglie, descrive (dolo diretto, dolo intenzionale,
dolo eventuale); quindi tutta una serie di nozioni che devono essere tenute a mente perché
potranno essere richieste in sede di esame. In realtà probabilmente il vecchio sistema, anche se
maggiormente faticoso, (ossia quello di portare insieme parte generale e parte speciale in sede di
esame definito biennale) aveva una ragion d’essere.
Noi lavoriamo su un codice penale datato (codice Rocco, 1930) e questa vecchiezza si avverte
soprattutto nello studio della cd. parte speciale, nello studio delle fattispecie incriminatrici.
Il codice, vale la pena scorrere l’indice, ci propone tutto sommato un numero ragionevole (limitato)
di fattispecie incriminatrici, poi abbiamo indicazione nell’appendice del numero, particolarmente
elevato, di fattispecie incriminatrici che vivono al di fuori del codice (il cd. diritto penale
complementare).
In realtà, almeno per certi settori, è una parte di diritto penale che assume particolare rilievo come
il settore dei reati fallimentari, societario, finanziario, il tema della tutela dell’ambiente e di tutela
del lavoratore che costituiscono l’ambito più ampio e significativo del diritto penale.
Si sono creati a margine del codice penale anche in ragione del fatto che risalga al 1930, tutta una
serie di settori di disciplina che necessariamente l’evolversi della società ha imposto modifiche o
introduzioni di nuove fattispecie incriminatrici.
Tutta la parte speciale, al di là di questo penale complementare, che vive al di fuori del codice e
che costituisce l’ambito più ampio e significativo del mondo penalistico, restando all’impianto
codicistico potremmo notare che, tutto sommato, gli interventi modificativi nel tempo sono stati
sufficientemente contenuti; è avvenuto qualcosa di analogo a quanto accaduto anche per la parte
generale: da un lato nella parte generale fino al cambio di secolo, dal 1970 fino al 2005, vi sono
stati numerosi tentativi di riforma del codice.
I tentativi di riforma della parte speciale sono stati decisamente limitati per ragioni politiche, non si
è riusciti ad addivenire ad una riforma e si è arrivati al punto di dubitare, come dice Fiandaca sul
punto, della bontà o dell’utilità di una riforma della parte generale. Più di uno studioso teme che
eventuali riforme del codice potrebbero non essere apprezzabili e che tutto sommato convenga
conservare il codice che abbiamo. Nella parte speciale degli interventi ci sono stati ma, tutto
sommato, contenuti (degli aggiustamenti): come per quel che attiene al mondo dell’informatica, il
concetto di cosa nell’ambito dei delitti contro il patrimonio è cambiato ma il settore che ha subito
un vero impatto riformistico è quello dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica
amministrazione, anche per l’impatto mediatico che offre la materia (concussione, corruzione,
abuso di ufficio, traffico d’influenze illecite).
Nella parte speciale si avvertono maggiormente le esigenze di riforma, la parte generale potrebbe
essere conservata anche grazie al lavoro dei tre grandissimi giuristi e dell’attività interpretativa
della giurisprudenza. Compito particolarmente difficile infatti i progetti di riforma, che si sono
susseguiti nel tempo, quasi mai, sono riusciti a proporre una riforma anche della parte speciale. È
particolarmente problematica e da qui la nascita di quei settori di disciplina autonomi rispetto al
codice penale, ad es. il finanziario di oggi non può essere paragonato a quella del secolo scorso
(fine degli anni 20); ma anche il mondo del lavoro e la tutela dell’ambiente. Ma una riforma di parte
speciale, come si avverte nei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione,
segnala la sua problematicità perché imporrebbe scelte valoriali di fondo, in ordine ai contenuti
offensivi del singolo fatto reato che sono scelte di peso culturale particolarmente significative.
La riforma della parte speciale, ad esempio della parte speciale dei delitti contro la famiglia,
presupporrebbe l’individuazione della nozione attuale di famiglia, d’inizio vita, di fine vita.
Necessiterebbe anche di una compattezza a livello ideologico-culturale del parlamento che possa
portare all’approvazione di certe modifiche (che intendiamo per inizio vita? Per fine vita?), alla
definizione di concetti fondamentali.
Ad oggi non si raggiunge una maggioranza significativa nel Parlamento e ciò rende impossibile
riforme in materie penalistiche che presupporrebbero maggioranze particolarmente qualificate: ad
esempio il tema attuale sulla prescrizione fa cadere i governi e si sceglie perciò di non toccarlo.
Il penale è sempre pratico.
Quindi cosa giustifica la punizione con quei livelli sanzionatori particolarmente elevati fissati per il
delitto di corruzione o concussione, qual è l’oggetto della tutela? Quà si materializza il discorso: in
cosa consiste l’offesa del delitto di corruzione: anche con le riforme del 90/ del 2012 del 2015 con
la legge “spazzacorrotti” ci sono orientamenti discordanti sulla nozione di corruzione. Lavoriamo
con un assetto codicistico datato messo ancora più in crisi da una serie di settori di disciplina
complementari che vivono al di fuori del codice e che disciplinano materie di notevole importanza,
e l’esigenza di avere un codice che contempli questi nuovi settori è fondamentale per un’unitarietà
di criteri interpretativi. La parte speciale aggiornata verrebbe letta alla luce dei principi
fondamentali sanciti nella parte generale. (dolo, nesso di causalità) e interpreterei le fattispecie
incriminatrici alla luce di quei criteri generali. Si è dato vita ad un “sistema solare”: abbiamo un
codice, il sole, con tanti satelliti intorno e crea un ulteriore profilo problematico.
Nel tempo è avvenuto che questi mondi a parte, in particolare per ciò che riguarda la criminalità
organizzata (denominato addirittura codice della criminalità organizzata), hanno dei settori di
disciplina che comportano chiavi interpretativi di nozioni di diritto generale divergenti da quelle
riportate dal codice nella parte generale. È un profilo inaccettabile, le disposizione che vivono al di
fuori del codice possono esserci ma devono essere lette alla luce di una comune interpretazione
delle nozioni generali. Le fattispecie incriminatrici devono essere ricondotte ad unitarietà livello
interpretativo, se non a livello codicistico.
Quest’esigenza di riforma, non appagata, ha enfatizzato una libertà interpretativa che ha creato il
fenomeno della giurisprudenza creativa, soprattutto da parte della magistratura, che rischia di
entrare in contrasto con il principio di legalità e dei suoi corollari: ad es. è successo in una
pronuncia con la fattispecie di appropriazione indebita (nella classe dei delitti contro il patrimonio),
in cui si è sostenuta l’esistenza della fattispecie di appropriazione indebita d’uso, costituita da una
condotta di uso temporaneo e che confligge con il dato testuale dell’art.646 c.p. che non fa
minimamente riferimento ad una condotta appropriativa costituita da un uso momentaneo, che
invece troviamo nelle fattispecie di furto d’uso o di peculato d’uso (nell’ambito dei delitti dei P.U.
contro la P.A.).
Quindi teniamo presente la complessità della materia: il codice è datato, sono avvertite esigenze
di riforma ma ciò è contrastato da ulteriori indici.

L’esigenza di riforma è contrastato da:


1) Impreparazione dell’attuale legislatore rispetto ai tre colossi che hanno creato il codice
Rocco.
2) Il diritto penale è frutto di scelte politiche forti, che si fondano o dovrebbero fondarsi su un
tessuto ideologico- culturale meditato e condiviso, ovvero uno scenario che manca in Italia,
impedendo di fatto una riforma.
3) La giurisprudenza cerca di modernizzare a livello interpretativo la parte speciale di un
codice datato, aumentando il livello di confusione nello studio di queste norme.

Lo studio della parte speciale non è una materia minore, con la parte generale non si supera lo
scoglio più grosso.
Lo studio della parte speciale è strettamente collegato alla parte generale, non rappresenta un
minus ma in realtà ci riporta al vero studio del diritto penale.
Come affermava Giandomenico Pisapia, importante penalista e padre del codice di procedura
penale del 1990 e di un volumetto del 1998, che dedica, appunto, un volume per l’introduzione allo
studio di diritto penale parte speciale: sostiene che l’unico vero studio di diritto penale è quello
delle fattispecie incriminatrici (ribaltamento rispetto a quello che si ritiene comunemente) perché
solo queste ci danno indicazione piena e dell’apparato sanzionatorio. (danno anche il nome alla
branca dell’ordinamento). Individuano comportamenti e relative sanzioni. Abbiamo lavorato con
principi nella parte generale e lavoriamo ora con ipotesi che descrivono fatti penalmente rilevanti e
quindi sanzionabili, con la sanzione penalisticamente fissata.
Nell’ art.1 c.p. si enuncia il principio di legalità che può sembrare astratto ma che vive
essenzialmente come principio di legalità della pena.
Storicamente negli ordinamenti non troviamo un diritto penale di parte generale e uno di parte
speciale, ma anche da noi è una parte generale che si è creata nel tempo.
La pratica giudiziaria e l’applicazione delle fattispecie incriminatrici consente l’estrapolazione di
principi che assumono un valore generale, storicamente centrali il principio di riserva di legge, di
legalità, irretroattività, la colpevolezza, separazione dei poteri. È in realtà frutto dell’applicazione
pratica delle fattispecie incriminatrici.
Nei sistemi di common law, dove si lavora attraverso lo strumento del precedente, non si ha
bisogno di una parte generale di principi ma fondamentale è la sfera delle fattispecie.

La singola fattispecie, una a caso, ci descrive un fatto ed indica la sanzione che il legislatore
impone in caso di realizzazione di quel determinato fatto, ad es. l’omicidio “chiunque cagioni la
morte di un uomo è punito” è una fattispecie a condotta libera, non richiede una determinata
condotta (attiva o omissiva) ma abbiamo uno schema normativa incentrato sulla realizzazione di
un evento naturalistico (la morte di un uomo) al quale viene ricollegata una determinata sanzione.
Qui entra in gioco il principio di materialità: quindi mi devo trovare di fronte ad un fatto per il
quale non rilevano le opinione, le parole (assumono rilevanza in casi eccezionali al ricorrere di
determinate condizioni) ma alla luce del principio di materialità ciò che conta è la realizzazione
della condotta descritta dalla fattispecie incriminatrici.
ES. la fattispecie del furto “chiunque si impossessi della cosa mobile altrui sottraendola a chi la
detiene” in questo schema normativo la materialità del fatto reato impone che venga realizzata
questa condotta (impossessamento attraverso una sottrazione). Questo stesso schema normativo
mi da indicazione della pena, come una forbice sanzionatoria che mi descrive il minimo e il
massimo della pena per quella tipologia di condotta.

Perciò il diritto penale è il mondo delle fattispecie incriminatrici che, con la loro applicazione, da
vita al mondo della cd. parte generale sedimentando nel tempo principi e linee guida.

Nella lettura che viene veicolata oggi di giustizialismo, populismo giudiziario (tutti vorrebbero
sanzioni più dure), si cade nell’equivoco di pensare che si tratti di un sistema di repressione ma in
realtà il codice, che con i suoi principi generali innerva le fattispecie incriminatrici, è un sistema di
garanzie.
Si tratta di due piatti della stessa bilancia (la garanzia da un lato e il momento sanzionatorio
dall’altro), ma la repressione scatta solo al verificarsi di quella fattispecie e solo quando il sistema
delle garanzie di diritto sostanziale e processuale viene osservato. Ecco che i principi astratti della
parte generale (legalità, tassatività, chiarezza, determinatezza etc.), che tendono alla protezione
del cittadino contro lo strapotere dell’apparato statuale (l’imputato contro l’accusa), si rinvengono
nelle fattispecie incriminatrici.
La fattispecie incriminatrice assolve una funzione delimitatrice. (delimita l’area di rilevanza
penale del fatto).
La fattispecie viene descritta individuando un soggetto, una condotta costitutiva, la realizzazione di
un evento naturalistico (e quindi parleremo di condotta/evento, altrimenti parleremo di fatto/reato,
laddove il reato è un reato di pura condotta.), l’evento in senso giuridico ovvero l’offesa di un
determinato bene o interesse. Ma la fattispecie delimita l’area di rilevanza penale del fatto,
non è più un discorso teorico.
Il divieto di analogia serve proprio a questo: tutto ciò che è attorno al fatto descritto non può
essere considerato attraverso il processo analogico. La fattispecie incriminatrice rappresenta una
sorta di gabbia: il fatto penalmente rilevante e quindi quello sanzionabile è solo quello descritto, il
fatto materiale, dalla singola fattispecie incriminatrice. Tutto ciò che è ai margini non può essere
sanzionato attraverso il ricorso il procedimento analogico. Qui prendono vita i principi di legalità,
chiarezza, determinatezza e tassatività.
L’ottica nello studio della fattispecie incriminatrice non è quella di unitarietà, esaustività
dell’ordinamento considerato ma il diritto penale presenta un carattere fondamentale della
frammentarietà.
Esempio dell’appropriazione indebita (art. 646 c.p.) si parla di appropriazione e non di
appropriazione d’uso e allora l’orientamento giurisprudenziale che estende la sanzionabilità a
questa seconda fattispecie (che considera l’uso momentaneo che invece viene sanzionato nel
reato di peculato d’uso), non è in linea con il principio di legalità.
La fattispecie assolve innanzitutto ad una funzione di garanzia. Se viene indicato come soggetto
agente di un fatto penalmente rilevante il pubblico ufficiale, non potremo dire che anche il comune
cittadino può commettere quel fatto che il legislatore descrive come realizzabile da un soggetto
qualificato. (non posso considerare soggetti diversi da quelli considerati dalla norma, comune
cittadino/pubblico ufficiale, ma anche una condotta similare a quella descritta).

La fattispecie incriminatrice individua un fatto consumato, nell’ottica del principio di legalità, se noi
non avessimo nella parte generale quel principio che considera punibile anche il fatto tentato,
quella fattispecie incriminatrice precluderebbe la configurabilità del tentativo, così come avviene
per il concorso di persone o per il 40 capoverso: “non impedire un fatto che si ha l’obbligo
giuridico di impedire equivale a cagionarlo”, o anche le cd. clausole estensive della punibilità che
messe insieme alla singola fattispecie incriminatrici consentono la sanzionabilità di un fatto
tentato, di un fatto in concorso, la realizzazione di un evento in chiave omissiva.
Quindi, come dice Pisapia, il vero diritto penale è la parte speciale, ma ha una funzione
delimitatrice altrimenti i principi studiati in parte generale non avrebbero significato.
Quindi la norma incriminatrice intesa come gabbia/involucro apparentemente formale e astratto,
una descrizione letterale di determinate condotte che fissano l’area del penalmente rilevante.
Come si afferma in tema di tentativo, cosa devo realizzare materialmente per entrare nell’area di
rilevanza penale del fatto? Questa è una garanzia per il cittadino.
A questo tema è collegato quello della conoscibilità del precetto, la Corte costituzionale che ha
portato alla modifica dell’art. 5 c.p., il precetto deve essere conoscibile e quindi chiaro e preciso
nel descrivere il comportamento ritenuto dall’ordinamento penalistico sanzionabile. La norma
incriminatrice trova poi giustificazione, soprattutto nel suo aspetto sanzionatorio, nel fatto di
presentare un contenuto offensivo. Il principio di offensività. Il momento offensivo e quello della
legalità vanno a costituire la tipicità del fatto, nel senso che quel comportamento è conforme al
modello legale e in quanto tale sanzionabile. Ma nella conformità al modello legale non c’è solo la
condotta materiale descritta ma ricomprende anche un contenuto offensivo, la norma
incriminatrice ci dà indicazione dell’oggetto di tutela/ del bene giuridico protetto ovvero
dell’elemento che legittima il ricorso alla sanzione penale.
Non può esistere una fattispecie incriminatrice che non presenti un contenuto offensivo, un
contenuto offensivo di particolare spessore perché il diritto penale è extrema ratio. (prima c’è la
sanzione civile ovvero risarcimento del danno, dell’illecito amministrativo ma per ricorrere
all’illecito penale serve un contenuto offensivo particolarmente qualificato ma anche l’importanza
dell’interesse dovrà essere rapportato alla sanzione; principio di proporzionalità). Questo
interesse protetto dalla norma incriminatrice (bene della vita, patrimonio) andrà parametrato a
livello sanzionatorio; non potrò imporre un ergastolo per un fatto di furto.
Nell’indice delle fattispecie incriminatrici possiamo ancora notare (nonostante gli interventi
modificativi) questa progressione discendente, si parte dalla protezione del bene ritenuto più
importante dove i livelli sanzionatori sono più elevati, per poi scendere fino alle ipotesi
contravvenzionali. È ovvio che se vi fosse un nuovo codice e anche alla luce della carta
costituzionale noi oggi dovremmo mettere i delitti contro la persona e mettere il tetto
sanzionatorio per questi fatti e poi scendere.
Abbiamo parlato di autoritarismo del codice Rocco che dal quarto al terzo posto, rispetto al codice
Zanardelli, piazzava i delitti contro la P.A. Oggi si è un po’ ribaltato il discorso, per i fatti omicidiari
rischiano di essere sanzionati meno duramente di un fatto corruttivo.
Quindi la fattispecie incriminatrice mi esprime il contenuto offensivo del fatto che legittima la
norma stessa ma, attraverso la corretta individuazione del bene oggetto di tutela, io posso
correttamente mettere a fuoco l’esatta portata applicativa della disposizione.
Non solo l’aspetto letterale della norma è già di per sé una tutela, ma anche l’interpretazione del
giudice ha il compito di meglio definire l’ambito di applicazione della norma stessa.
ES. se il contenuto offensivo del fatto è individuato dalla lesione dei valori del buon andamento e
dell’imparzialità dell’amministrazione (art.97 Cost.), la norma ha una sua portata e se io aggiungo
la non venalità del pubblico funzionario, questa portata si amplia. Quindi la corretta individuazione
dell’oggetto di tutela, il significato e il valore del singolo bene giuridico, concorre alla delimitazione
corretta dell’ambito di applicazione della fattispecie incriminatrice.
Quindi vedete l’importanza dello studio della parte speciale, che consente di mettere a fuoco quei
principi, apparentemente studiati solo in teoria, sul piano formale astratto e soprattutto quest’idea
di un mondo penalistico costruito a garanzia del cittadino. Con questo scopo di delimitare l’area
del penalmente rilevante, quando il fatto sarà definibile come tipico allora potrà entrare in gioco il
momento sanzionatorio, altrettanto proprio del mondo penalistico.

Potrebbero piacerti anche