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Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with
JSTOR to digitize, preserve and extend access to Rivista di Filosofia Neo-Scolastica
Per iniziare fra i nostri amici una discussione proficua intorno all'argo-
mento (e la (( Rivista di filosofia neoscolastica » sarà felice di un simile dibat
tito, il quale presenta un interesse non solo d'indole storiografica, ma soprat
tutto d'indole teoretica), comincerò a rilevare, che le critiche dei nostri neo
scolastici si sono orientate in due direzioni.
i. - Alcuni illustri tomisti (come, per tacere di innumerevoli altri, il De
Vries in Germania e il P. Giacon in Italia) si sono sentiti urtare dall'etichetta
di fenomenismo applicata al sistema di Cartesio, per il fatto che questi non pen-
(i) Cfr. : «Rivista di filos, neoscol. », marzomaggio 1940, pagg. 150-172: CARMELO
Ferro, Il problema del fenomenismo razionalistico .
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(1) Travaux du IXe Congrès international de philosophie, vol. I, pag. 105 e scg.
(2) Si veda, per tacer d'altro, la interessantissima introdurne alla sua edizione del
Discorso sul metodo, Brescia, 1938, II ediz., pagg. 1*38; la sua comunicazione, presentata
al IX Congresso nazionale di filosofia di Padova (settembre 1934), Realismo gnoseologico
e metafisica dell'essere e l'altra, presentata al Congresso di filosofia di Salsomaggiore
(settembre 1935), Idealismo e realismo . Si veda, inoltre, il suo saggio su 11 fenomenismo
razionalistico da Cartesio a Malebranche, pagg. 249*277, nel volume dedicato dall'Uni'
versità cattolica a Malebranche nel III centenario della nascita, Milano, 1938.
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(i) In quale senso l'idea per gli Scolastici era anche id quod intelligitur è chiarito
da P. Amedeo Rossi, in: Realismo gnoseologico e realismo tomistico, Piacenza, 1939»
pagg. 25 e seg.
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della critica filosofica e di tutti coloro che avrebbero confuso il « vero rea-
lismo » con questo « realismo deteriore e deleterio », « provocatore del feno-
menismo moderno ».
« Nel momento in cui, dopo aver stabilito il cogito e il criterio di verità»
Cartesio passa a fare l'inventario dei suoi atti spirituali,... egli, cominciando
dalle idee, dice che prese in se stesse, non riferite ad altro, non possono essere ,
in senso proprio, false ; la falsità comparirà nel giudizio, che riferisce le idee ad
altro . Ma questo altro - ci si deve domandare - donde è mai scaturito? »
« Questo altro che è Tessere formale o, diremmo anche, ontologico, non Ķ cer-
tamente dato, perchè il dato è invece, per Cartesio, l'idea, Tessere oggettivo,
dal quale egli si propone di argomentare Tessere formale ». Invece di partire
<( da un punto di vista strettamente critico, che significa poi, all'inizio della
ricerca, non presupporre nulla che non sia dato », Descartes dimentica di sot'
toporre a critica il concetto di una esternità in generale ; in lui « la estraposi-
zione in generale dell'essere formale all'essere oggettivo suona come un arbi-
trio, o meglio come un relitto di un pregiudizio volgare ».
Fu Y immaginazione, che gli fece mettere, da una parte. Tessere - dall'al-
tra, il pensiero, - come due sfere o due ordini a se; - immaginazione, che
è propriamente una mancanza di riflessione ed un metodo astrattistico, e che
consiste nel « por mente alla realtà che si conosce, senza badare che essa è co-
nosciuta ».
Ora - e sta qui la tesi del Bontadini - «è questa posizione di separa-
zione o estrinsecità dell'essere formale rispetto all'essere oggettivo, è questo
terminare deìYintentio conoscitiva all'idea, che costituisce l'essenza prima del
fenomenismo . E la causa prima di tutti i grovigli della gnoseologia moderna ».
Se, infatti, le due sfere - del pensiero e dell'essere - sono separate,
sorgerà subito la domanda assillante del ponte. Come potremo accertarci che
le leggi della mente sono anche le leggi dell'ente? Come potremo uscir fuori
dal pensiero, per constatare l'accordo, Yadaequatio, tra la realtà e l'intelletto?
Fatalmente bisognerà distinguere tra la realtà come ci appare e la realtà come
è in se.
Ecco allora che l'evidenza stessa, con la quale cogliamo le verità eterne o
di ragione (ad es., il principio stesso di non contraddizione) non sarà un'evi-
denza oggettiva, assoluta, che mi presenta la necessità stessa dell'essere, ma
solo una evidenza soggettiva, relativa, ossia fenomenica . Il presupposto della
trascendenza dell'essere al pensiero, negando che il pensiero apprende l'essenza
dell'essere e penetra nell'intimo dell'essere, conduce alla concezione dell'idea
come dell'ai quod cognoscitur, ad asserire che Yintentio conoscitiva termina al-
l'idea (e non all'essere), a costituire l'idea come realtà fenomenica, a cui si op-
pone la realtà dell'essere che è fuori dell'idea stessa.
Per il Bontadini, come anche per Vincenzo La Via, l'illusione di poter
staccare il pensare dal pensato e di ricercare il passaggio dal soggetto pensante
(ossia dal cogito) all'oggetto estraneo al pensiero, ha suscitato il famoso pro-
blema gnoseologico moderno, che doveva sfociare nella metafisica della mente,
nella negazione dell'esistenza di un essere che sia altro dal pensiero, in quel-
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Ma» ciò che è più grave, le conseguenze alle quali i miei critici sono lo-*
gicamente giunti, sorprendono per la loro gravità, purché si rifletta al loro s
gnificato. Si parla, ad es., di realismo cartesiano e persino di sostanzialismo d
Descartes ; difatti, se, per essere realisti, bastasse sostenere la realtà ďuna cos
di un mondo, di un Dio, che esisterebbero anche quando non mi apparisser
al pensiero e la cui realtà non si esaurisse in questo apparire, è chiaro che Ca
tesio sarebbe da classificarsi tra i realisti ed i sostanzialisti. Ma, ahimè! Ragio
niamo un istante con una mentalità scolastica. Se si ammette resistenza di un
ente, ossia di un'essenza attuata da un'esistenza, non è forse ineluttabile sot-
toscrivere al valore oggettivo del concetto di ente, e di tutti gli altri concetti
e principi che si risolvono in quel concetto? Non è forse necessario, in primis
et ante omnia, attribuire un'evidenza non solo soggettiva, ma oggettiva al
principio di non-contraddizione, dal momento che l'essere si oppone al non-
essere, di guisa che il contrario non soltanto sarebbe impensabile, ma anche
assurdo in se? E partendo dallo stretto rapporto tra essenza ed esistenza nella
definizione dell'ente, come ci si può rifiutare l'inesorabile passaggio dal con-
cetto di essenza all'elaborazione del concetto di forma e si vada dicendo? Il
realismo inizia il suo cammino dal seminarium totius cognitionis, ossia dall'ente;
e rischiara e risolve tutti i suoi problemi alla luce costante dell'ente, che è
« illud ad quod intellectum omnem incipere et resolvere necesse est ».
Spettacolo strano! Mentre tutto questo è certissimo per i nostri tomisti,
essi, con una precipitazione pericolosa, mi parlano di un realismo e di un so-
stanzialismo cartesiano! Ma, amici miei, non ricordate voi che il valore dei
principi per Descartes è solo soggettivo? Dimenticate che per lui sarebbe stato
« libre et indifférent à Dieu de faire... que les contradictoires ne peuvent être
ensemble? » (i). Dimenticate che sul concetto di forma sostanziale si versano
abbondanti, e frementi come le acque di una cascata, le derisioni e gli odì di
Cartesio? Non vi pare che un realismo, ed un sostanzialismo, negatori del prin-
cipio di non-contraddizione e delle forme sostanziali, siano un mostricciattolo?
2. - IL CONCETTO DI REALISMO
(i) Cfr. per le citazioni il mio volume su La filosofia di Descartes, pagg» I77'i79*
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(1) Rimando per una luminosa spiegazione di questo punto alle opere del P. Reg.
GarrigoU'Lagrange, O. P., ed in modo speciale al suo volume su Le sens commun:
la philosophie de l'être et les formules dogmatiques , Paris, 1922, III ed.
(2) Post . Anal 1. I (Comm. di S. Tomaso, lec. IV).
(3) Cfr. : André Marc, S. J., L'idée de l'être chez saint Thomas et dans la Scho -
lasttque postérieure , Paris, 1933.
(4) F. OLGIATI, Il realismo , Milano, 1937.
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(1) Cfr. : F. Olgiati, La giustificazione del realismo , in: « Rivista di filos, necscol. »,
maggio 1938, passim.
(2) Cfr.: F. OLGIATI, Il problema della conoscenza nella filosofia moderna ed il rea -
lismo, in: «Rivista di filos, neoscol. », novembre 1936, pag. 462.
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di non contraddizione, con la concezione della forma e con tutte le altre tesi
scolastiche; l'altro, appunto perchè si dichiara ristretto e rilegato nell'isola de
l'esperienza, non riconosce a quei concetti e principi metafisici se non tutt'a
più un'evidenza soggettiva, ossia un carattere di fenomenicità* Appaiono evi
denti a me, od anche ad ogni uomo; ma non ci danno le leggi dell'essere, o
sia di ogni essere in quanto essere*
Necessariamente, se non si afferma il carattere metafisico del concetto ini-
ziale di ente, non si può essere certi dT conoscere l'essere come è in se, ne s
può attribuire ai principi supremi l'applicazione al reale come è in se stesso*
Idee e principi saranno leggi della mente, come in Cartesio, cioè ci apparirann
veri (fenomenismo); ma non saranno leggi dell'ente (realismo)*
Come mai dagli Scolastici nostri si possa ancora discorrere del realismo d
Cartesio e si possa trovare in lui una metafisica iniziale realistica, io non ries
a comprendere,
4* - E giacché stiamo analizzando il concetto di « realismo », voglio sog
giungere un'altra osservazione, riguardante per sè il campo gnoseologico, m
sgorgante come necessaria illazione dalle premesse metafisiche or ora ricordate*
Per il realismo vero l'intelletto coglie l'essere come un prius e solo in se
guito conosce sè come relativo all'essere (ed è per questo che dell'essere ho
un'evidenza oggettiva, la quale altro non è se non Yens evidens )* Per Cartesi
e per la filosofia moderna il solo oggetto, attinto direttamente e immediata
mente dall'atto del conoscere, è il pensiero (l'intelletto conosce sè, prima d
conoscere l'essere; di qui l'evidenza soggettiva ed il terribile problema del
passaggio dal cogito all'essere formale).
Ecco perchè l'idea per Cartesio è una realtà. Per noi essa è « id quo in-
telligimus »; per lui è solo « id quod intelligimus ». L'oggetto dell' wtelligere per
noi è Yens; per lui è Videa » Per noi intelligere significa penetrazione e compren-
sione dell'essere; e l'atto di intendere l'essere, ossia il cogito è il mezzo col
quale cogliamo l'essere; per lui cogitare significa cogliere - non la res (real
smo) - ma il pensiero (fenomenismo). Per il realismo la stessa natura della co
noscenza è Yintenzionalità, il tendere in un essere, il cogliere un essere; il
cogito - come ben ha ricordato G. Ceriani al Congresso tomistico di Roma
è essenzialmente un cogito aliquid, cosicché una conoscenza che non afferr
l'essere è un assurdo (ed il ponte è la cosa più superflua del mondo); - per
fenomenismo in genere, e per Cartesio in ¡specie, il cogito implica solo un
presenzialità nel pensiero, vera realtà dalla quale si cercherà poi di dedurr
un'altra realtà; ma siccome quella prima realtà è di ordine fenomenico, da es
non potrò dedurre se non altri fenomeni e non mai una realtà che abbia l
dote dell'antica ontologicità (i).
(i) Le obbiezioni contro la posizione realistica sorgono solo dall'ignoranza del to*
mismo. Si crede e si ritiene pacificamente da molti che S. Tomaso debba essere clas
sificato nella storia della filosofia, a proposito del problema della conoscenza, come u
fautore del realismo ingenuo. Ahimè! Le tesi tomistiche sono molto più complesse
quanto si ritiene comunemente.
Non è questo il luogo di spiegare come la stessa famosa obbiezione dell'assurdità
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per il pensiero di uscire da se per cogliere Tessere non ha significato, e tanto meno
ha valore, nella dottrina tomistica. Per capire questa, bisogna afferrare il concetto di
intenzionalità, che illumina tutti gli altri problemi della gnoseologia di S. Tomaso, ap-
punto perchè ci fa comprendere la natura stessa della conoscenza. La questione, ad es.,
della mediatezza o della immediatezza della conoscenza sensitiva ed intellettiva, come
pure le tesi circa la species e circa la conoscenza dell'atto conoscitivo, sono impostate e
risolte in funzione di quel concetto fondamentale.
Chi volesse una limpida esposizione della dottrina classica del Y intenzionalità, con-
dotta con acutezza mirabile ed in relazione altresì alle forme recenti della stessa teoria
(Brentano, Husserl, Heidegger, ecc.)» veda il i° volume delle Note introduttive alla filo-
sofia di Sofia Vanni Rovighi, Como, 1940: La logica .
(1) Ripeto. Non si interpretino queste parole come se noi, a priori e dogmaticamente ,
affermassimo Tio ed il non-io, la rispondenza tra l'interno (pensiero) e Festerno (na^
tura), ecc. Sono tutte questioni che debbono discutersi criticamente. Solo - osserviamo
col Garrigou-Lagrange: « Dire che la rappresentazione non si riferisca a nulla, è dire che
è ad un tempo e sotto il medesimo rapporto qualcosa di relativo e di non-relativo; è
distruggere il concetto stesso di rappresentazione, d'espressione, d'idea, come sarebbe
distruggere il concetto d'intelligenza il negare la sua relazione trascendentale all'essere ».
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ti) Per una esposizione riuscitissima e riassuntiva del dibattito, si possono leggere
due recenti lavori di M. A. Denti, Scienza e filosofia in Meyerson , Firenze, 1940,
Pagg* 141*216; e II problema della scienza nella filosofia francese contemporanea , nella
nuova rivista, diretta da A. Banfi: «Studi filosofici», gennaio^marzo 1940, pagg. 122-
143. L'A. possiede egregiamente l'ampia bibliografia relativa al problema. Utilizzo an*
ch'io la visione sistematica e complessiva di esso, pur ispirandomi ad altri criteri filoso- -
fici e ad una differente valutazione.
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3* - IL CONCETTO Dì FENOMENISMO
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(1) Cfr. nella: « Rivista di filos, neoscol. », maggio 1938, il mio articolo su: La
giustificazione del realismo .
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