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RIASSUNTO BENVENUTI( DA PAG 42 A 122)

CAPITOLO 1: I DIRITTI FONDAMENTALI

Si intende per posizione giuridica il posto che ad un soggetto è riconosciuto da una norma
rispetto ad un altro soggetto in ordine alla possibilità di realizzare i bisogni della propria
persona.Caratteristica delle norme giuridiche è sempre la bilateralità, quando una norma giuridica
misura il comportamento di un soggetto ciò non può avvenire che nel rispetto ad un
comportamento di un soggetto.La posizione in cui si può trovare un soggetto può essere di
VANTAGGIO ossia diritto soggettivo o di SVANTAGGIO.DIRITTO SOGGETTIVO PUBBLICO DI
LIBERTÀ: posizione giuridica del soggetto che può assumere rispetto al soggetto detentore
dell’autorità.La scuola del diritto naturale ha riconosciuto sulla base della premessa sociologica
che nessuno può negare la libertà dei singoli.Esemplare è in proposito il pensiero di Kant: un
governo che sia fondato sul principio del benessere del popolo come un padre verso i suoi figli
dove i sudditi devono attendere il giudizio del capo dello stato per sapere come devono essere
felici.

La grande innovazione portata dalla rivoluzione francese fu che i diritti del cittadino furono non
solo riconosciuti ma anche garantiti, furono istituiti organi giudiziari separati e indipendenti come il
Conseil d’etat per assicurare le posizioni del cittadino.

Tutto il nostro diritto amministrativo odierno si divide tradizionalmente nelle due parti
fondamentali: DIRITTO SOSTANZIALE(insieme di norme che disciplinano l’agire della pa)e

DIRITTO GIUSTIZIALE(diritto dei cittadini a ricorrere ai tribunali contro le violazioni di legge-


giustizia amministrativa)

CAPITOLO 2:GLI ORDINAMENTI SOVRANI

L’ordinamento di una comunità di uomini uguali postula l’esistenza di una condizione giuridica che
viene chiamata sovranità.É sovrano non solo ogni ordinamento che non dipende da nessun altro
ma ogni ordinamento che può imporsi ad ogni altro, i cui atti cioè non possono essere modificati e
si impongono per ciò a tutti coloro cui l’ordinamento sovrano si dirige.Vi è una duplice sovranità:
soggettiva e oggettiva.La legislazione statale da luogo ad un ordinamento originario che non
dipende da nessun altro, ma anche l’ordinamento delle regioni nelle materie in cui hanno potestà
legislativa non è soggetto ad alcun altro ordinamento e assume quindi la qualità di un
ordinamento sovrano.

Si può dire che la sovranità è da noi ripartita in senso oggettivo tra l’ordinamento statale,
l’ordinamento regionale e l’ordinamento repubblicano formato dalle norme costituzionali.Una tale
sovranità oggettiva presuppone però l’esistenza di uno o più soggetti che possono farla valere.

Indubbiamente le regioni hanno questa capacita quando sollevano conflitti di attribuzione con lo
Stato o quando ne impugnino direttamente le leggi avanti la Corte Costituzionale.Ma in questa
Repubblica allo Stato è riservata una posizione di preminenza non solo in quanto viene
considerato l’unico soggetto rappresentativo della Repubblica verso l’esterno ma anche in quanto
verso l’interno ha una posizione di garanzia dell’unità repubblicana.Tutte le volte in cui lo stato
interviene con i suoi organi ad esercitare il controllo nei confronti di attività regionali esso agisce
nella qualità di persona giuridica che persegue scopi dell’unità repubblicana(art 5 Cost).

La nostra Repubblica è considerata uno STATO REGIONALE nel senso che le sovranità delle
regioni sono coordinate con un’attività dello stato che è funzione di controllo e garanzia non nel
proprio interesse ma per gli interessi generali della Repubblica.

Le regioni sono considerate enti autonomi secondo i principi fissati dalla Costituzione, perciò nelle
materie spettanti alla legislazione dello Stato la regione si pone come un soggetto sottoposto a
quell’ordinamento, ma nelle materie spettanti in via esclusiva alle regioni anche lo stato vi è
inevitabilmente sottoposto.

Vi è la capacità degli individui di concorrere alla posizione e attuazione


dell’ordinamento:PARTECIPAZIONE.Quando in un ordinamento giuridico è riconosciuta al singolo
la capacità di concorrere nella determinazione dell’ordinamento stesso, lo stato che ne deriva
viene denominato DEMARCHIA.

L’organizzazione è vista come centro di imputazione di poteri che costituiscono nel loro insieme la
sovranità.Nell’organizzazione come struttura generale vi sono elementi complessi come gli enti
pubblici ed elementi dei singoli enti come gli uffici.Lo stato italiano è un soggetto innanzitutto

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dotato di personalità giuridica, esistono due tipi di persone giuridiche:FONDAZIONI(patrimonio
destinato ad uno scopo) e CORPORAZIONI(raggruppamento di uomini uniti da uno scopo
comune).Lo Stato come una regione è una corporazione e quindi ha come elemento costitutivo lo
stesso popolo, l’altro elemento costitutivo della persona giuridica sovrana è la sua organizzazione
ossia l’insieme dei mezzi mediante i quali la persona giuridica esprime la sua volontà.Questi
elementi sono necessari

La considerazione del territorio come elemento costitutivo di ogni soggetto sovrano deriva da un
fenomeno storico di grande importanza quando veniva visto di appartenenza propria al
sovrano.La mancanza di un elemento territoriale per individuare una condizione di sovranità non
impedisce che esso sia tale, è sufficiente che il limite dell’esercizio di sovranità sia determinato
da un elemento qualificatore del ‘popolo’ cui detta sovranità si applica: ad essa appartengono
tutti i cittadini degli stati che la compongono.Si può essere cittadini di uno Stato o per JURE
SOLI o per JURE SANGUINIS.Il territorio di per se non può quindi essere concepito come
elemento costitutivo dello stato ma soltanto come elemento determinativo di un popolo concepito
come nazione.Mentre l’estinzione di un popolo comporta l’estinzione di uno Stato cui esso
appartiene, la perdita di un territorio non comporta anche l’estinzione dello Stato purché vi sia un
popolo.Si parla quindi di PERSONA GIURIDICA COMUNITARIA, assegnando al popolo quella
funzione di elemento fondamentale che a lui spetta.Nello stato assoluto non esistendo l’elemento
unificante del popolo poiché nello stesso territorio vi erano diversi ordinamenti giuridici esistenti si
introdusse l’elemento territoriale.È dunque l’ordinamento giuridico e non il territorio quello che
costituisce l’elemento essenziale di ogni stato e in questo senso va letto il testo dell’articolo 5
della Cost che definisce la Repubblica una e indivisibile.

CAPITOLO 3:IL POTERE D’IMPERO:

La sovranità non è tale se dando vita al diritto non pone se stessa nell’ambito del diritto e quindi
sotto al diritto che crea.Riconoscendo ai singoli dei diritti, la sovranità nasce limitata, si parla di
AUTOLIMITAZIONE DELLA SOVRANITÀ, occorre che l’ordinamento giuridico sia sottoposto ad
una regola preordinata e uniforme.Si chiama potere ogni energia capace di spostare le posizioni
giuridiche dei soggetti di un ordinamento mediante un atto, esercizio di quel potere, questa
energia che nella norma giuridica si esprime attraverso un comando o precetto sanzionato è forza
dell’autorità, si parla dunque di POTERE D’IMPERO

3 FUNZIONI SOVRANE: legislativa, esecutiva, giudiziaria.La prima da vita ad un atto normativo, la


seconda da vita ad un atto di concretizzazione di una norma giuridica per soddisfare un interesse
nello stato e la terza consiste nell’esercizio del potere sovrano per dar vita ad un atto decisorio.

La distinzione tra gli atti derivanti dall’esercizio di poteri sovrani viene impostata su due
criteri:SOSTANZA E FORMA

—CRITERIO SOSTANZIALE: riguarda il momento della definizione dei rapporti tra i soggetti
coinvolti.Dal punto di vista sostanziale sono atti legislativi quelli che tendono a costituire diritti ed
obblighi per tutti i soggetti, la legge è tale quando essa si applica alla generalità di soggetti,
pertanto non avrà sostanza di legge quell’atto del potere legislativo che si rivolga soltanto ad un
singolo cittadino.Ciò non vuol dire che non possono esserci leggi che apparentemente si
applicano solo ad alcune categorie di cittadini.

Sono atti della funzione legislativa quelli che pongono delle norme giuridiche che si rivolgono
impersonalmente a tutti i soggetti dell’ordinamento.La norma è costituita di due parti
essenziali:PRECETTO(si dirige al potere esecutivo)e SANZIONE(si dirige al potere giurisdizionale).

I precetti lasciano un campo di libertà all’amministrazione per determinare concretamente


l’attuabilità del precetto, ciò si chiama DISCREZIONALITÀ.Gli atti amministrativi sono attuazione
di precetti.La funzione giurisdizionale è invece applicazione della sanzione nei confronti degli atti
amministrativi e la giurisdizione può dichiararli nulli o annullarli.Ogni atto amministrativo modifica
contemporaneamente sia le posizioni dell’autorità che del cittadino destinatario, ampliando o
restringendo le posizionata sua volta l’esercizio della funzione giurisdizionale oltre a modificare le
posizioni dei contendenti modifica anche le posizioni del potere giudiziario che da un lato si
esonera a giudicare due volte il medesimo fatto(ne bis in idem) e dall’altro è vincolato per il
futuro(effetto di cosa giudicata)

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—CRITERIO FORMALE: forma è il modo in cui gli atti vengono esternati, il procedimento è
diverso in base alle tre funzioni: la legge è esternata mediante la promulgazione, l’atto
amministrativo mediante la comunicazione, la sentenza mediante la sua lettura pubblica con la
formula “in nome del popolo italiano”. È alla forma che è collegata l’efficacia o forma dell’atto.

Ogni atto amministrativo può essere revocato, al contrario gli atti delle funzioni giurisdizionali sono
immutabili.Queste affermazioni sono valide in generale, vi sono atti amministrativi non più
revocabili quando hanno interamente consumato i loro effetti mentre una sentenza passata in
giudicato può essere modificata o annullata mediante un apposito processo di revocazione

CAPITOLO 4: LA FUNZIONE ESECUTIVA

Esecutivo: ( deriva da ex e sequi ossia far seguire ciò che è contenuto in qualcosa di principale).

Esecuzione è l’attività che realizza in concreto qualcosa già esistente in astratto, ossia CIÒ CHE
ATTUA CONCRETAMENTE UNA MODIFICAZIONE NELLA POSIZIONE GIURIDICA DI UN
SOGGETTO SECONDO UNA PREESISTENTE NORMA GIURIDICA IN SENSO SOSTANZIALE E
FORMALE.La funzione esecutiva tende a soddisfare gli interessi pubblici in due modi: o mediante
la realizzazione di un precetto definito o mediante la realizzazione di un precetto che spetta alla
stessa amministrazione di definire in conformità al bene o interesse pubblico che il precetto
intenda sia perseguito.Mentre il primo tipo di funzione esecutiva è quello che può considerarsi di
carattere storico appartenente ad uno stato liberale, il secondo tipo di funzione esecutiva
corrisponde alla concezione di stato contemporaneo che è chiamato a facilitare l’attività dei
cittadini.

Nel nostro stato il potere esecutivo in senso stretto è l’insieme degli organi appartenenti allo stato
persona giuridica mentre in senso lato è l’insieme di tutti gli enti dotati di una propria capacità
giuridica di diritto pubblico.Il potere esecutivo sia in senso stretto che in senso lato(ossia la pa) è
formato da insiemi di enti che agiscono mediante organi.Si chiama ORGANO un punto di
imputazione di competenze o ufficio in senso formale, punto che è attivato da una persona fisica
o giuridica cui è dato agire nel nome e interesse della persona giuridica cui l’organo
appartiene.L’organo non può essere considerato un soggetto autonomo ma come il tramite
attraverso cui la persona giuridica esprime la propria attività in relazione al proprio ordinamento e
quindi provvede alla determinazione e al soddisfacimento dei propri fini.

Al soggetto o persona giuridica competono la capacità giuridica ossia la capacità di essere


titolare del proprio ordinamento mentre all’organo compete una o più specifiche competenze o
capacità di agire per l’attuazione di quell’ordinamento.SOGGETTO—> capacità giuridica

ORGANO—>capacità di agire.Sono organi della repubblica sia il Capo dello


Stato,Parlamento,Governo,CSM. È invece pubblica amministrazione l’insieme degli organi
appartenenti al potere esecutivo e cioè ai soggetti dotati di personalità giuridica pubblica cui
competa l’esercizio di una funzione esecutiva

CAPITOLO 5 :PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E ORDINAMENTO AMMINISTRATIVO

Dal punto di vista SOGGETTIVO la PA è l’insieme dei soggetti e degli organi che esercitano la
funzione esecutiva.Si considera PA sia il potere esecutivo, i cui organi esercitano poteri derivanti
dalla sovranità, sia l’insieme degli enti pubblici che ugualmente esercitano una funzione esecutiva.

Dal punto di vista OGGETTIVO l’attività della PA coincide con l’esercizio della funzione esecutiva,
ossia L’INSIEME DELLE ATTIVITÀ SVOLTE DAL POTERE ESECUTIVO DELLO STATO O DAI
SOGGETTI DI PA CHE SIANO ESPLICAZIONE DELLA FUNZIONE ESECUTIVA IN SENSO
SOSTANZIALE E FORMALE.In sostanza tutti gli atti che sono esercizio di una funzione esecutiva
danno luogo al concetto di PA in senso oggettivo.

Ordinamento amministrativo è tutto ciò che in un momento dato è PA sia in senso oggettivo e
soggettivo.Si definisce come legislazione o diritto amministrativo l’insieme delle norme che
disciplinano l’esercizio della funzione esecutiva, perciò è diritto amministrativo l’insieme delle
norme che regolano l’attività che la PA esercita mediante l’uso di poteri d’impero e
l’organizzazione dello stato ed enti pubblici.Sono fonti tutti gli atti produttivi di diritto, bisogna
però distinguere gli atti che sono soltanto determinativi di poteri e gli atti che sono esercizio di
quei poteri.Ai primi si riserva il nome di fonti primarie(leggi costituzionali, leggi ordinarie dello stato

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e regioni),gli altri atti costituiscono le fonti secondarie dell’ordinamento giuridico.Le norme che
disciplinano la PA possono provenire da fonti diverse.FONTI DEL DIRITTO AMMINISTRATIVO:

—FONTI DIRETTE PRIMARIE: costituzione, leggi primarie, leggi delle regioni e quelle votate per
referendum, decreti legislativi delegati e decreti legge(pur essendo entrambi deliberati dal
consiglio dei ministri ed emanati dal pres della repubblica si differenziano in relazione al
fondamento giuridico.Nel decreto legge agisce prima il governo e successivamente il parlamento
approva, nel decreto legislativo il processo è inversori parlamento emette una legge delega al
governo dove vengono stabiliti i criteri, limiti e oggetto del decreto legislativo da emanare).Le leggi
per essere fonti del diritto amministrativo non devono essere necessariamente dirette SOLTANTO
alla PA per esempio rientrano tra le fonti il Codice Civile,Penale ecc..Vi sono anche gli accordi
internazionali come convenzioni e trattati.Bisogna segnalare poi l’importanza del TESTO UNICO,
ossia la riunione in un solo testo di più disposizioni legislative succedutesi nel tempo.L’efficacia
formale del Testo Unico non è però sempre uguale, può essere opera del potere legislativo o
esecutivo.

—FONTI INDIRETTE PRIMARIE: statuti e regolamenti organici e indipendenti degli Enti


Pubblici.Anche la consuetudine è una norma giuridica, l’ammissibilità della consuetudine nel
diritto pubblico è oggi riconosciuta dal legislatore all’articolo 11 cc.La consuetudine non è legge
formale e quindi non può essere contraria alla legge ma può solo integrarla(praeter legem)

CAPITOLO 6:PUBBLICA AMMINISTRAZIONE IN SENSO SOGGETTIVO

Il nostro ordinamento è ispirato al principio del pluralismo amministrativo ex art 5 cost.Ciò è


confermato anche dall’art 128 della Cost in relazione all’art 114.Tutti i soggetti della PA sono tra
loro indipendenti.In linea di massima vige il principio di autogoverno secondo il quale spetta
all’ente di designare i propri organi e le persone che dovranno soggettivarli.Questo principio
subisce però molte eccezioni come per esempio il caso dei Segretari di Province e Comuni che
sono i funzionari più elevati di quegli enti, essi infatti sono dipendenti dello Stato.Bisogna
distinguere i casi di coordinamento tra Stato ed enti pubblici.

PRIMA FORMA DI COORDINAMENTO—SORVEGLIANZA: si esplica mediante ispezioni o


inchieste di organi statali(forma ispettiva) o mediante la sostituzione di organi degli enti pubblici
com organi statali(forma sostitutiva) o mediante la richiesta di relazioni periodiche sull’attività dell
ente(forma supervisiva)

SECONDA FORMA DI COORDINAMENTO—CONTROLLO che si esplica mediante il sindacato


circa la corrispondenza del singolo atto alle norme legislative formali e sostanziali(controllo di
legittimità)

—PRINCIPIO DI SUSSIDARIETÀ: deriva dal latino “sussidium” è stato solennemente affermato nel
magistero pontificio a partire dalla enciclica Quadragesimo Anno di Papa Pio XI.Detto principio si
ricollega alla concezione che pone a base della società la libertà ed uguaglianza degli individui.Il
principio è emerso poi nel contesto della Comunità Europea e ha trovato formulazione
nell’articolo 3b del Trattato dell’Unione dove è sancito che la Comunità interviene soltanto se e
nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati
dagli stati membri e possono essere realizzati meglio al livello comunitario. Si può dare cosi una
lettura dinamica all’articolo 5 della costituzione ponendo a base di tutto l’ordinamento il principio
dell’autonomia e cioè delle libertà individuali e collettive rispetto alle quali la Repubblica deve
adeguare la propria legislazione e promuoverne la realizzazione.

—ENTI PUBBLICI E CLASSIFICAZIONE: il più importante soggetto di pubblica amministrazione è


lo stesso Stato pensato nel suo aspetto del potere esecutivo.Tutti gli enti pubblici hanno la
capacità di autodeterminarsi e hanno la capacità di stabilire il proprio ordinamento e la capacità
stabilire i rapporti con i soggetti estranei per soddisfare il comune interesse e risolvere conflitti.La
prima capacità si chiama AUTONOMIA(dare leggi a se stessi),la seconda si chiama
AUTARCHIA(amministrare da se) e la terza si chiama AUTOTUTELA(risolvere conflitti da se)

-AUTONOMIA: capacità di dettare regole valide per sé e quindi per i propri associati e per coloro
che vogliono entrare in relazione con essi.

Vi sono vari tipi di enti pubblici, si possono distinguere a seconda che la persona giuridica si fondi
su un insieme di persone che tendono ad uno scopo(corporazioni) ovvero su un patrimonio da
usare nell’interesse di terzi(fondazioni).Secondo un altro criterio si distinguono tra enti a carattere
nazionale ed enti a carattere locale, ma il criterio distintivo più importante è quello che distingue
gli enti comunitari da quelli non comunitari. È ENTE COMUNITARIO quello che rappresenta tutti i

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possibili interessi del suo popolo identificato attraverso il riferimento territoriale( provincia,
comune, città metropolitana),ciò che fa qualificare questi enti non è il territorio come elemento
materiale costitutivo ma è l’ampiezza della loro sfera di capacità determinata rispetto al modo di
individuazione dei destinatari dei loro atti. É ENTE NON COMUNITARIO quell’ente definito su
precise qualità delle persone nel cui interesse essi agiscono(ad esempio ente assicurativo) o con
limiti territoriali posti alla esplicazione della loro attività.Altra distinzione è tra ENTI
NECESSARI(sono soltanto gli enti comunitari che non possono non esistere nel territorio
nazionale ossia regioni, province e comuni) E FUNZIONALI(tutti gli altri enti il cui numero è
variabile)

Nello Stato assoluto avveniva spesso che il sovrano cedesse in parte l’esercizio della propria
sovranità ad individui privati i quali pur agendo in nome proprio esercitavano attività di pubblica
amministrazione e talvolta anche funzioni legislative o giurisdizionali.Nella nuova legislazione
amministrativa sono stati introdotti istituti che cominciano a configurare delle ipotesi in cui il
cittadino interessato partecipa alla Amministrazione pur agendo sempre con poteri privati, ma
l’esito di tale agire è parificato ad un atto amministrativo.La prima ipotesi è quella che va sotto il
nome di silenzio-assenso; la legislazione ha infatti previsto in certi settori che quando un cittadino
rivolge una domanda all’amministrazione per avere un provvedimento cui ritiene di aver diritto,
quando l’amministrazione rimane inerte assumendo una posizione di silenzio, decorso un
determinato periodo di tempo il silenzio viene equiparato ad un atto amministrativo
positivo.Esempio: nella legislazione urbanistica quando il cittadino richiede il rilascio di una
concessione edilizia avendo messo a disposizione dell’amministrazione tutti gli elementi richiesti il
silenzio dell’amministrazione sulla sua domanda equivale alla concessione. É stato inoltre
introdotto nella nuova legge sul procedimento amministrativo che il cittadino abbia il diritto-potere
di concorrere con l’amministrazione nella formazione di ogni atto amministrativo attraverso il
contraddittorio che costituisce una forma di partecipazione privata all’esercizio della funzione
amministrativa.Ma il cittadino ha il diritto-potere non solo di partecipare all’istruttoria ma anche di
partecipare alla formulazione dell’atto finale del procedimento.In questi casi e cioè quando sia
l’Autorità che il cittadino concordano sul contenuto dell’atto, l’Amministrazione non procede più
all’emanazione di un provvedimento amministrativo unilaterale ma la fattispecie è definita
mediante un atto denominato ACCORDO.Ci sono ipotesi minori di esercizio di attività privata
necessariamente coordinata all’interesse pubblico, sono le ipotesi in cui l’ordinamento giuridico
attribuisce rilevanza ad alcune attività che incidono sull’interesse della collettività( esempio di
banche o imprese di assicurazione).In questi casi tali attività vengono sottoposte a controlli molto
penetranti da parte di Autorità Amministrative indipendenti come la Banca d’Italia.Lo stato stesso
interviene nell’attività economica privata per conseguire il soddisfacimento di interessi pubblici
mediante le proprie attività ma soprattutto mediante la creazione di persone giuridiche destinate a
perseguire pur mediante attività privata fini di interesse pubblico collettivo.Tali persone giuridiche
non sono dunque enti pubblici sia perché non perseguono fini propri dello Stato ma soltanto fini di
interesse generale, sia perché non agiscono mediante l’uso di poteri d’impero.Essi a volte
assumono strutture organiche proprie degli Enti pubblici ma nella maggioranza dei casi la stessa
struttura delle persone giuridiche private.Anche rispetto a queste persone lo Stato interviene con
il suo controllo.

RIASSUNTO DA PAG 175 A 291

CAPITOLO 10:CONCETTI GENERALI SULL’ATTIVITÀ DELLA PA

Si intende per attività la trasformazione dell’energia in un risultato, è attività giuridica la


realizzazione di un precetto mediante l’uso e la trasformazione di un potere in un atto. È attività
giuridica anche la produzione di un atto da parte di un soggetto.Il soggetto agente nell’applicare
un potere ad una realtà concreta deve seguire determinate forme, ad esempio nell’esplicazione
della funzione legislativa occorre rispettare i principi costituzionali e seguire un determinato
procedimento.La funzione non è una peculiarità dell’agire dei soggetti pubblici, anche il privato
nel suo agire esplica una funzione.L’attività in senso proprio è il risultato della funzione ossia
l’insieme degli atti che un soggetto pone in essere.È però possibile classificare l’attività anche in
relazione agli scopi particolari che con essa si perseguono e in tal caso anziché di attività è meglio
parlare di azione amministrativa.Non tutte le attività sono risultato dell’esercizio di poteri e quindi

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modificazione delle posizioni giuridiche preesistenti, spesso infatti si agisce esercitando soltanto
delle facoltà giuridiche e quindi mediante atti che sono soltanto sviluppi di posizioni già esistenti.

L’attività amministrativa è un insieme di atti eterogenei ossia atti che sono esercizio di diverse
funzioni.L’atto amministrativo è una categoria vastissima: essa comprende sia gli atti che sono
esercizio di un potere d’impero(provvedimenti di amministrazione) sia gli atti che sono esercizio di
facoltà(meri atti di amministrazione)

—PROVVEDIMENTI: manifestazioni concrete di un potere d’impero poste in essere dalla PA,


risultato della manifestazione volitiva di una pa di rendere attuale un potere d’impero
astrattamente statuito da una norma in corrispondenza del verificarsi di una situazione di fatto
producendo cosi una modificazione delle posizioni giuridiche dei soggetti del rapporto.Non tutti
gli atti amministrativi sono provvedimenti.

—MERI ATTI: La PA nella sua azione non sempre ha necessità di costituire, modificare o
estinguere delle posizioni giuridiche, essa può limitarsi ad agire nell’ambito delle posizioni
giuridiche già esistenti senza crearne nuove; esempio: nell’ambito del rapporto d’impiego la pa
può emanare istruzioni o ordini all’impiegato che non creano nuove posizioni giuridiche ma
sviluppano e specificano quelle esistenti.Questi atti che sono sempre il risultato della volizione
della PA non sono però esercizio di un potere d’impero ma di semplici facoltà derivanti da
posizioni già costituite da un provvedimento amministrativo o da una norma giuridica.Essi attuano
quindi delle mere specificazioni nel contenuto o nel modo di essere senza che queste siano
mutate nella loro essenza.I meri atti si dividono in:

-ATTI DI SCIENZA( ossia di accertamento come il certificato di nascita)

-ATTI DI GIUDIZIO(pareri)

-ATTI DI DESIDERIO(riguardano i presupposti amministrativi, non c’è nessuna norma sui


presupposti amministrativi)

PRESUPPOSTI ED ELEMENTI ESSENZIALI(alcuni sono comuni a provvedimenti e meri atti):

—provenienza da un soggetto che deve essere sempre una pubblica amministrazione ossia il
SOGGETTO

—deve essere una manifestazione di volontà ossia il POTERE

—FATTISPECIE REALE ossia l’insieme delle circostanze ed elementi di fatto che corrispondono
alla previsione della norma( fattispecie astratta) e ne rende possibile l’esplicazione

Queste tre condizioni di esistenza ossia i PRESUPPOSTI vengono chiamate talora anche
“elementi essenziali” ma si tratta di una formula imprecisa.L’atto non è infatti un’entità materiale
che può essere scomposta in più parti ma è un’entità ideale.L’espressione “elementi essenziali”
dell’atto va invece riservata per indicare un altro ordine di fenomeni, si intende infatti per:

—COMPETENZA—> IL RAPPORTO TRA SOGGETTO E POTERE-FATTISPECIE REALE

—CAUSA—> IL RAPPORTO DI CORRISPONDENZA TRA L’IPOTESI CHE STA ALLA BASE DEL
PRECETTO(fattispecie astratta) E CASO CONCRETO(fattispecie reale).Un esempio di causa nel
caso della demolizione dell’edificio pericolante è data dall’assicurare l’incolumità pubblica, è in
funzione di questa fattispecie reale che al soggetto è attribuito quel potere.

—FUNZIONE—>STESSA TRASFORMAZIONE DEL POTERE IN ATTO

—FORMA—>MOMENTO DI ESTRINSECAZIONE SENSIBILE DELLA FUNZIONE E QUINDI IL


SUO MOMENTO TERMINALE.In alcuni casi la forma è richiesta ad substantiam actus. Ci sono
vari modi come la scrittura, dizione(orale).Secondo Benvenuti i presupposti essenziali non si
devono confondere con gli elementi.Se i presupposti mancano del tutto l’atto è tendenzialmente
nullo per quanto riguarda gli elementi si parla di annullabilità.

CAPITOLO 11: LE QUALIFICAZIONI DEGLI ATTI DI AMMINISTRAZIONE:

Tutti gli atti amministrativi sono unilaterali quando per la loro formazione non hanno bisogno del
concorso del loro destinatario.Dopo l’intervento della recente legislazione in tema di
procedimento amministrativo che si conclude anziché con un provvedimento con un accordo vi è
da chiedersi se non sia stata introdotta ora una nuova categoria di atti non più unilaterali ma
bilaterali, ma a questa domanda bisogna dare risposta negativa.

L’atto deve corrispondere pienamente alla fattispecie astratta costituita dalla norma, se invece
l’atto è difforme da quella norma allora esso viene detto invalido.Ci sono più graduazioni di

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difformità della norma, infatti si distinguono due tipi di invalidità: ASSOLUTA O NULLITÀ E
RELATIVA O ANNULLABILITÀ.Si dice assolutamente invalido l’atto al quale manca del tutto un
presupposto o un elemento essenziale, è nullo cosi il provvedimento che sia emanato
nell’esercizio di un potere che non compete alla pa. L’ordinamento giuridico considera l’atto nullo
come mai venuto ad esistenza e non produce alcun effetto.Si dice annullabile l’atto che pur
avendo i presupposti essenziali abbia uno dei suoi elementi parzialmente difforme da come
dovrebbe essere; in questo caso l’atto si dice viziato.Per quanto riguarda l’annullabilità
l’ordinamento giuridico lo considera efficace fino al momento in cui con un provvedimento di
annullamento esso non sia tolto di vita ossia annullato.

Gli atti si distinguono poi in SEMPLICI(organo individuale)-COLLEGIALI, (in entrambi i casi essi
sono espressione della volizione di un solo organo)-COLLETTIVI(quelli che risultano da una
somma di manifestazioni di volontà di più organi, si è in presenza di tanti atti quanto sono gli
organi che si cono riuniti).Organi di uno stesso ente che perseguendo un identico fine danno vita
ad un atto unico, esempio: circolare interministeriale-> essa vale per ogni organo del singolo
Ministero —COMPLESSI(si dividono in -atti complessi interni ossia una collaborazione di più
organi -atti complessi esterni ossia una collaborazione di più soggetti),per emanare l’atto è
necessario il concorso della volizione di più organi o soggetti.Esempio di un provvedimento
complesso interno è il decreto di nomina di un ministro che è il risultato della collaborazione del
Presidente del Consiglio e Repubblica.

Per quanto riguarda la funzione il soggetto agente deve seguire determinate forme poste a
garanzia della retta trasformazione del potere in attorni molti casi il soggetto deve compiere
accertamenti della realtà come sopralluoghi, altre volte deve attendere autorizzazioni dell’organo
di controllo.Per quanto riguarda la causa non sempre la fattispecie astratta della norma è
completa, ma spesso la norma lascia al soggetto agente di completarla in alcuni elementi
lasciandogli una certa libertà di decidere se alcune circostanze reali siano dello stesso tipo di
quelle costituenti la fattispecie della norma ovvero lasciandogli una certa libertà di adottare il
provvedimento concreto più idoneo a disciplinare la specie secondo le circostanze reali.Questa
libertà lasciata al soggetto si chiama DISCREZIONALITÀ e si chiamano discrezionali i
provvedimenti di amministrazione nei quali la corrispondenza alla norma giuridica non è
rigidamente predisposta.Nel caso opposto i provvedimenti di amministrazione si chiamano
vincolati.La sfera discrezionale appartiene solo al momento interpretativo della norma, si tratta di
DISCREZIONALITÀ PURA che si distingue da quella TECNICA(interpretazione del modo di essere
degli elementi della fattispecie reale).Clarich e Benvenuti sono d’accordo sul valore interpretativo
della discrezionalità tecnica.Nella discrezionalità tecnica la scelta dell’amministrazione è tecnica
appunto dovendo dire da un punto di vista tecnico come intervenire secondo le più corrette
valutazioni tecniche da esse compiute.

—ATTO VINCOLATO: legge e legislatore determinano qual’è la soluzione migliore per il


perseguimento del fine pubblico.L’atto è vincolato se il legislatore non lascia margini
all’amministrazione.L’atto vincolato non da problemi perché il legislatore ha già deciso che
“quando si verifica A la soluzione è B”.Lo schema logico in caso di attività vincolata è il seguente:
NORMA-FATTO-EFFETTI.

—ATTO DISCREZIONALE: in questo caso il legislatore decide o è costretto a decidere di lasciare


ampi spazi di discrezionalità all’amministrazione, lo spazio che deve essere riempito
dall’amministrazione può riguardare in particolare due diversi ambiti normativi—> requisiti e
presupposti per l’adozione del provvedimento amministrativo o contenuto delle misure delle
decisioni da assumere.Lo schema logico è il seguente:NORMA-FATTO-POTERE-EFFETTI.Quindi
c’è un elemento volitivo negli atti discrezionali poiché c’è in mezzo il potere amministrativo.

La discrezionalità ha dei limiti che sono a) perseguimento dell’interesse pubblico b) principi


dell’ordinamento inerenti la funzione amministrativa.La PA nel trasformare il procedimento in atto
deve rispettare una serie di principi:

1 ragionevolezza 2 imparzialità 3 non contraddizione 4 coerenza 5 logicità 6 equità


7proporzionalità 8 legittimo affidamento.

CAPITOLO 12: TIPI DI INVALIDITÀ RELATIVA:

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I vizi che provocano l’invalidità relativa sono: INCOMPETENZA-ECCESSO DI POTERE-
VIOLAZIONE DI LEGGE

—INCOMPETENZA: Quando un organo esercita un potere che non rientra nel suo ufficio, ad
esempio delibera adottata dalla giunta municipale anziché dal consiglio comunale.Si tratta di un
atto adottato da un organo sbagliato all’interno di un ente giusto.Ci si può trovare in presenza di
un vizio di incompetenza anche in relazione ad un vizio del presupposto essenziale relativo al
soggetto, si pensi al caso di un soggetto preposto ad un ufficio con una nomina invalida.Si tratta
di casi in cui l’incompetenza riguarda il rapporto fra il soggetto che impersona l’organo l’ufficio-
competenza da esso esercitato.Si è in presenza di un vizio di incompetenza tutte le volte che
viene violato il principio di legalità che regge tutta l’organizzazione amministrativa.Questo vizio
attiene ad aspetti vincolati dell’atto.Mentre nell’eccesso di potere gli aspetti viziati riguardano i
momenti discrezionali dell’atto e mentre nella violazione di legge si possono incontrare vizi che
attengono sia ad aspetti vincolati che aspetti discrezionali il vizio di incompetenza concerne solo
gli aspetti rigidamente vincolati del procedimento.Si differenzia dal DIFETTO DI ATTTRIBUZIONE
poiché deve trattarsi di un organo e non anche del soggetto cui l’organo appartiene perché
altrimenti ci si troverebbe in presenza di un’ipotesi di difetto di attribuzione e cioè di capacità che
comporterebbe non l’invalidità relativa ma l’invalidità assoluta o nullità.Secondo Benvenuti
l’organo che ha adottato l’atto è quello giusto ma vi è qualcuno nell’organo non legittimato a farlo,
un altro esempio di incompetenza è il vizio di costituzione dell’organo.L’incompetenza secondo
Benvenuti è una specie della violazione di legge(si stratta di violazione di norme), secondo altri
invece l’incompetenza sarebbe violazione di legge, la loro differenza non è però molto rilevante.

—ECCESSO DI POTERE: riguarda gli atti discrezionali.Esatta antitesi con il vizio di


incompetenza.É emerso come vizio che riguarda un elemento essenziale—> la causa, cioè che
l’interesse perseguito non è quello della causa, si parla di sviamento di potere, sviamento della
causa.L’eccesso di potere si distingue dallo STRARIPAMENTO DI POTERE-> il soggetto pone in
essere un atto che non è previsto in alcuna fattispecie normativa o fattispecie astratta, il che
comporta la nullità e non l’annullabilità.

Differenza tra difetto di attribuzione(il potere esiste ma è esercitato da un soggetto che non ne ha
le capacità) e straripamento(non esiste il potere ).

Per quanto riguarda l’eccesso di potere esso assume due configurazioni a seconda che il vizio
attenga ad un presupposto o elemento essenziale.Esempio di un atto viziato per eccesso di
potere è il licenziamento di un impiegato motivato da esigenze di servizio ma in realtà adottato
per evitare un licenziamento per motivi disciplinari.I casi più tipici di eccesso di potere sono quelli
riferiti alla causa o alla funzione ma vi può essere anche di competenza.Può accadere che la pa
valuti male la sussistenza degli elementi della fattispecie reale e si parla di eccesso di potere per
errore di fatto.Clarich parla delle figure sintomatiche dell’eccesso di potere che Benvenuti non
utilizza.L’eccesso di potere per vizio di incompetenza è poco diffuso, lo si trova solo in Benvenuti,
è marginale perché si applica l’articolo 5 di procedura civile per analogia.In assenza di una norma
ad hoc gli organi amministrativi devono essere composti per analogia secondo l’articolo 5; in
tema di conflitti di potere c’è quindi una copertura normativa specifica.L’eccesso di potere è
quello che si avvicina di più al sindacato di merito.

—VIOLAZIONE DI LEGGE: viene violato un precetto preciso e vincolato.Si tratta di violazione di


norme riguardanti aspetti vincolanti della fattispecie.Violazione di legge non è dunque soltanto il
contravvenire a specifiche norme positive come è per l’incompetenza e l’eccesso di potere: esso
lo è in quanto quel contravvenire contravvenga a sua volta ai grandi principi di legalità e
imparzialità che reggono non solo il sistema di organizzazione ma reggono tutto il sistema
dell’ordinamento amministrativo.Mentre negli atti vincolati può sussistere solo l’eccesso di potere,
negli atti discrezionali possono sussistere tutti e tre i vizi.

—VIZI DI MERITO: si considera come vizio di merito una inesatta prospettazione dell’utilità di un
provvedimento rispetto ai fini che l’amministrazione vuol conseguire.Il vizio di merito non attiene
alla produzione dell’atto: sta fuori sia dalla competenza che dalla causa, il vizio di merito non
attiene dunque alla legittimità ma ad una categoria diversa che è definita come opportunità
dell’atto.Quando l’amministrazione compie un errore di valutazione della fattispecie reale il suo
risultato è che l’atto non raggiunge quei ritorni che dovrebbe dare secondo la previsione della
fattispecie astratta.Si tratta di violazione di quei principi di economicità ed efficienza che ormai

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costituiscono i principi dell’agire amministrativo.I principi di economicità ed efficienza sono
positivizzati nella legge 241\90.

CAPITOLO 13: IL PROCEDIMENTO COME SEQUENZA TEMPORALE:

L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità,
efficacia e pubblicità.L’INIZIO coincide con il momento che viene chiamato appunto di iniziativa,
fino a questo momento il potere contenuto nella norma ha un valore esclusivamente potenziale e
senza un atto di utilizzazione non si realizzerebbe tutta la sua potenzialità.L’atto deve essere
comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti
diretti e qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o
facilmente individuabili diversi dai suoi destinatari l’Amministrazione è tenuta a dare anche a
questi l’inizio del procedimento.

L’atto con cui si da inizio al procedimento contiene la prefigurazione dell’oggetto del


provvedimento dove si identificano i soggetti coinvolti.Si tratta dell’ISTRUTTORIA (parola che
deriva dal latino instruere e cioè costruire dall’interno).Questo momento intermedio tra l’inizio e la
fine del procedimento segna la fase istruttoria e va esaminata secondo i due punti di vista e cioè
quello organico e quello dei rapporti funzionali.Sotto l’aspetto organico la legislazione prevede
che le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento
relativo ad atti di loro competenza l’unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro
adempimento procedimentale nonché dell’adozione del provvedimento finale; è stata introdotta
una nuova figura denominata “responsabile del procedimento” al quale compete ogni
adempimento necessario per giungere alla adozione del provvedimento finale.Si tratta di
un’importante figura perché esteriorizza la struttura interna dell’amministrazione e la pone
direttamente in contatto con i terzi, la legge prevede allora che si valuti ai fini istruttori le
condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per
l’emanazione del provvedimento e adotti ogni misura per l’adeguato svolgimento
dell’istruttoria.Quanto ai partecipanti hanno diritto di prendere visione degli atti di procedimento,
si prevede inoltre la collaborazione di organi consultivi che devono essere obbligatoriamente
sentiti.La fase istruttoria è quella nella quale si esplica in modo incisivo il principio del
contraddittorio quale espressione del diritto-potere di partecipazione.

Nell’ambito di un procedimento plurisoggettivo l’atto finale non può più essere esclusivamente
opera dell’amministrazione ma in esso confluiscono non solo tutti gli apporti istruttori ma anche
quelli decisori degli interessati. É sulla base di questa impostazione che la legge sul procedimento
prevede come ipotesi principale di conclusione l’ACCORDO che costituisce il punto d’incontro tra
l’esercizio imparziale della funzione da parte dell’amministrazione e l’esercizio di buona fede della
medesima funzione da parte del cittadino.Può accadere che l’accordo non sia raggiungibile e in
questo caso l’amministrazione deve ugualmente provvedere alla soddisfazione dell’interesse
pubblico cui tende l’esercizio della funzione.In origine nei ricorsi gerarchici dove il superiore non
non provvedeva sollecitamente la giurisprudenza aveva adottato l’orientamento di consentire al
ricorrente di mettere in mora l’Amministrazione mediante la fissazione di un termine a provvedere
dopo di che si formava quello che fu chiamato il silenzio qualificato.La legislazione in un primo
tempo attribuì al silenzio dell’Amministrazione un carattere di rifiuto, fu soltanto nel 1982 che si
introdusse l’innovazione del silenzio-assenso in cui l’inerzia anziché avere valore negativo
assumeva valore positivo fino al riconoscimento con la legge 241 del 90 che estese il silenzio-
assenso nella maggior parte dei casi.L’ipotesi del silenzio assenso edilizio è stato abrogato nel 92.

-accordo -provvedimento -assenso definiscono il procedimento e si pongono come atti


autoritativi che modificano le posizioni giuridiche degli interessati.Accordo e assenso con
l’accettazione, l’atto amministrativo con un potere d’impero

Un’ultima fase è l’ESECUZIONE dei propri provvedimenti da parte della pa. Bisogna far attenzione
a non confondere l’esecuzione come prosecuzione e sviluppo della stessa funzione con
l’esecuzione coattiva, in quest’ultimo caso non si ha una fase esecutiva del provvedimento ma
una forma di esplicazione di un potere diverso: autotutela.

—ESECUTIVITÁ: efficacia che determina l’obbligo di fare o non fare qualcosa, per esempio
l’ordine di demolizione di un edificio-> l’effetto consiste nell’obbligare il destinatario a demolire e
l’atto deve essere eseguito.

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—ESECUTORIETÀ: cosa succede se chi riceve l’ordine non demolisce? Si tratta della possibilità
che ha la PA di portare l’ordine ad esecuzione coattiva senza l’intervento del giudice.Quindi se il
destinatario non rispetta l’ordine interviene l’amministrazione con l’AUTOTUTELA ESECUTORIA
cioè il potere di esecuzione coattiva, l’unica arma che ha il destinatario contro l’esecutorietà è
rivolgersi al TAR

CAPITOLO 14: NATURA E SIGNIFICATO DEL PROCEDIMENTO:

Il processo veniva considerato atomisticamente nell’insieme dei suoi atti compositivi, ciascuno dei
quali ritenuto presupposto per l’esercizio del potere.Il procedimento è posto in essere dallo stesso
soggetto che utilizza il potere per emanare il provvedimento, cosi ad esempio nell’ambito del
soggetto Comune le deliberazioni comunali si pongono come esito di un procedimento a cui
hanno partecipato soltanto organi appartenenti allo stesso soggetti, vi sono casi però nei quali
intervengono soggetti diversi da quello cui compete il provvedimento finale.Si è in presenza di un
procedimento complesso quando la stessa norma attributiva del potere pretende che altri
soggetti intervengano nell’esercizio della funzione ad esempio fornendo pareri.Le attività
consultive si distinguono in obbligatorie quando devono essere necessariamente attivate e in
vincolanti quando il soggetto agente deve adeguarsi.Quando su tale esercizio intervengono altri
soggetti ciò non modifica la natura ne la funzione del procedimento che rimane unisoggettivo ma
esso anziché essere semplice è un procedimento complesso.Si tratta di un procedimento
dinamico.

Il processo è quel tipo di manifestazione sensibile di una funzione al quale partecipano con
l’esercizio di propri poteri più soggetti, e vi partecipano tutti coloro che saranno coinvolti dal
provvedimento finale.Quando il procedimento abbia d’iniziare d’ufficio deve essere comunicato
all’interessato il quale ha diritto di partecipazione alla funzione.Il procedimento amministrativo è
necessariamente un procedimento plurisoggettivo avvicinandosi al processo
giurisdizionale.Oggetto della funzione del procedimento non è mai la soddisfazione esclusiva
degli interessi dei soggetti coinvolti ma sempre e unicamente quella dell’interesse pubblico di cui
l’amministrazione è responsabile.Mentre nella funzione giudiziaria il giudice è neutro e tutore di un
interesse oggettivo ( neuter->diverso dall’uno e dall’altro), nella funzione amministrativa
l’amministrazione è tutrice di un interesse soggettivo.Come esiste la differenza tra procedimento e
processo( il procedimento può essere semplice o complesso) cosi anche il processo si divide in
due aspetti a seconda che sia sensibile di una funzione giurisdizionale ovvero di una funzione
amministrativa.Nel processo giurisdizionale il giudice non è parte ma applica la legge secondo
un’interpretazione oggettiva della norma stessa, nella funzione amministrativa spetta
all’amministratore di perseguire l’interesse pubblico componendolo con l’interesse privato dei
destinatari dei suoi atti.

Il fatto di ascoltare gli interessi coinvolti prima di decidere tende a porre l’amministrazione su un
piede paritario con il cittadino e fare dell’amministrazione un’attività imparziale.L’amministrazione
attraverso il contraddittorio scende sullo stesso terreno dell’altra parte divenendone
compartecipe.Con l’introduzione del procedimento inteso come cooperazione dei destinatari alla
formazione del risultato finale e cioè dell’atto amministrativo questa impostazione statica è venuta
meno.Per Benvenuti procedimento e forma sono la stessa cosa.

CAPITOLO 15: RILEVANZA DEL PROCEDIMENTO:

IMPARZIALITÀ—> da riconoscere ad ogni comportamento dell’amministrazione.Si è già detto


come nella funzione giurisdizionale la posizione del giudice sia quella di un soggetto neutro che
non sposa e non difende alcuna posizione di parte.In questo senso l’imparzialità del giudice
appare subito essere diversa dall’imparzialità dell’amministrazione; l’imparzialità del giudice
significa che esso è soggetto estraneo alla lite, l’imparzialità dell’amministrazione non la pone
neutra tra due litiganti ma essa è PARTE IMPARZIALE.Lo svolgersi della funzione pretende altresì
che il procedimento abbia le caratteristiche della trasparenza e pubblicità

L’imparzialità assume così un duplice significato in quanto è caratteristica dell’amministrazione


come soggetto agente e al tempo stesso caratteristica della sua azione.La collaborazione del
cittadino è rimessa alla sua insindacabile valutazione, se l’imparzialità ha un valore permanente e
inderogabile nella paritarietà il valore dipende esclusivamente dalla decisione
dell’interessato.L’imparzialità è un valore immanente e la paritarietà è un valore eventuale.Qualora

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il cittadino ritenga di esercitare la facoltà di partecipazione, la sua paritarietà con
l’amministrazione gli impone di agire secondo lo stesso principio di imparzialità che domina l’agire
dell’amministrazione.La partecipazione del cittadino al procedimento comporta un miglioramento
dei risultati della funzione, il cittadino agisce come stimolo per l’amministrazione, quanto alla
verità questa viene raggiunta sotto entrambi i profili di applicazione del potere e cioè sia sotto
quello della interpretazione della norma che sotto quella dell’interpretazione dei fatti.

CAPITOLO 16: L’ESPLICAZIONE DELL’AUTONOMIA:

Una delle caratteristiche degli Enti pubblici costituenti la PA è che essi possono dettare delle
norme giuridiche materiali allo scopo di disciplinare la propria struttura e la propria attività.Tra i
provvedimenti di amministrazione a contenuto normativo i più importanti sono i regolamenti che
contengono norme di condotta ipotetiche generali ed astratte.Sotto il profilo sostanziale i
regolamenti modificano le posizioni giuridiche sia dei destinatari che degli autori.Il potere
regolamentare era considerato un’estensione della capacità del potere esecutivo di precisare il
modo di applicazione delle leggi.L’intera materia è stata regolata dalla legge n 100 del 1926 che
attribuì la facoltà al potere esecutivo di emanare norme giuridiche e in particolare
regolamenti.Oggi anche nella Costituzione vi è una chiara attribuzione del potere regolamentare al
potere esecutivo nell’articolo 87 il quale attribuisce al presidente della Repubblica il potere di
emanare regolamenti.Il nostro ordinamento è stato arricchito da una norma sulla disciplina
dell’attività di governo ossia la legge n 400 1988 e poi confermata dalla legge n 537 del 1993.Si è
statuito che possono essere emanati regolamenti quando le materie non siano riservate alla legge
ma si è aggiunto che quando la riserva di legge non sia assoluta e cioè prevista dalla Costituzione
le leggi possono autorizzare l’esercizio della potestà regolamentare dando norme generali di
indirizzo e disponendo esse l’abrogazione delle norme vigenti che vengono sostituite in tal modo
dai regolamenti.Si è attuata così la delegificazione. Con la legge 537 si prevede che il Governo sia
titolare di potestà regolamentare in una serie di materie che incidono sulla PA.

L’autonomia come attribuzione di potestà regolamentare per l’amministrazione statale discende


direttamente dalle leggi dello Stato e l’autonomia degli enti locali è semplicemente collocata
nell’ambito dell’ordinamento complessivo che ne determina i limiti e le funzioni; in questo senso
va letta la norma della legge provinciale e comunale secondo cui “ le comunità locali ordinate in
Comuni e Province sono autonome” e l’ulteriore norma secondo cui “i Comuni e le Province
adottano il proprio statuto” e che nel rispetto della legge e dello statuto il Comune e la Provincia
adottano regolamenti per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni.Specifica il
Benvenuti che per gli enti comunitari la potestà regolamentare è connaturale, non può non esserci
e quindi dove l’articolo 114 o 117 prevede espressamente il potere regolamentare e statutario
delle regioni ed enti locali non sta facendo un’attribuzione ma un riconoscimento di questo potere.

L’ordinamento è opera del potere legislativo statale o regionale e il potere regolamentare ha pur
sempre natura amministrativa quindi con dei limiti.I limiti possono essere negativi ma anche
positivi e che va sotto il nome di preferenza di legge o riserva di legge.Vi sono alcune materie
nelle quali il potere regolamentare non può essere esercitato, esse sono indicate dalla
Costituzione ovvero anche dalle leggi ordinarie per esempio la creazione di reati e precisione di
pene.I regolamenti in base al contenuto si dividono in:

—ESECUTIVI: consistono in regole dirette a disciplinare l’attività necessaria per l’attuazione delle
leggi formali, presuppongono l’esistenza di una legge formale

—INDIPENDENTI: disposizioni generali che disciplinano l’esplicazione dell’attività amministrativa


senza che vi sia una legge formale da attuare.Essi servono a precisare i compiti che la PA si
prefigge e cioè impongono alla PA i limiti esterni del suo agire e i limiti interni

—ORGANIZZAZIONE: norme giuridiche necessarie per disciplinare l’organizzazione ed il


funzionamento delle amministrazioni dello stato

Per quanto riguarda la procedura di adozione i regolamenti si dividono in: SPETTANZA


GOVERNATIVA(deliberati dal Consiglio dei Ministri ed emanati con decreto del Presidente della
Repubblica, sentito il Consiglio di Stato e sottoposto alla Corte dei Conti), MINISTERIALI.

Benvenuti non include solo regolamenti e statuti fra gli atti di autonomia.Benvenuti include infatti
poi atti che tendono ad ottenere una organizzazione non tanto della struttura quanto dell’attività

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dell’ente, a questo tipo di atti si può dare il nome generale di programmi: BILANCI(si tratta del
bilancio preventivo ossia manifestazione di volontà con cui l’ente impegna una propria attività
finanziaria futura)-PIANI(manifestazione di volontà con cui l’ente impegna una propria attività
futura, tipici sono i piani urbanistici)-PROGETTI o PIANI ESECUTIVI( manifestazioni di volontà con
cui l’ente impegna un proprio comportamento futuro di carattere prevalentemente tecnico).In
Clarich non esiste questa tripartizione, si trova infatti una trattazione degli atti amministrativi
generali e non sono generalmente astratti, ad esempio il bando di concorso.

Nell’ambito dell’attività regolamentare accanto ai provvedimenti vi sono i meri atti i quali non
essendo esercizio di un potere d’impero ma di una mera facoltà perseguono tuttavia lo stesso fine
dei provvedimenti regolamentari; tali sono le cosiddette ORDINANZE AMMINISTRATIVE di solito
emanate da un organo superiore e dirette agli inferiori.Le ordinanze assumono varie
denominazioni quali circolari, prassi, istruzioni; inesatto è invece chiamarle norme interne poiché
non sono norme.Clarich le chiama norme interne, il Benvenuti dice che non sono norme, secondo
il prof bisogna chiamarle “norme cosiddette interne”perchè proprio perché sono interne non sono
norme.Il vocabolo “circolare” viene inteso come sinonimo del comando che un organo superiore
impartisce a tutti gli uffici ad esso sottoposti; è il mezzo per far girare le istruzioni, direttive
ecc..poichè l’organo superiore è quasi sempre un ministro e gli uffici sono numerosi il comando
tende ad assumere il carattere di generalità e astrattezza.

Per quanto riguarda il potere statutario questo lo hanno le Regioni, Province e Comuni.La
Costituzione stabilisce che ogni Regione ha uno statuto il quale in armonia con la Costituzione
stabilisce le norme relative all’organizzazione interna, detta formula non è attributiva ma
ricognitiva del potere statutario, essa non dice ciò che la Regione deve avere o può avere ma ciò
che la regione ha.Lo Statuto non è un atto amministrativo esso è sia legge della regione e al
tempo stesso legge della Repubblica.

CAPITOLO 17: L’ESPLICAZIONE DELL’AUTARCHIA

La PA compie una continua concretizzazione delle norme giuridiche, costituendo, modificando o


estinguendo mediante l’uso di poteri d’impero, posizioni degli altri soggetti, onde soddisfare
primariamente il proprio interesse.L’ AUTARCHIA permette alla PA di agire nell’esecuzione della
legge mentre la capacità del privato permette di agire nell’ambito della legge.Spetta infatti al
privato la libertà di agire, ossia di usare un proprio interesse privato come egli vuole per il
soddisfacimento del proprio interesse e la legge gli impone soltanto alcuni limiti sostanziali e
formali.Le norme che attribuiscono alla PA la capacità di usare i singoli poteri per la soddisfazione
di un interesse ne disciplinano positivamente l’uso sia ponendo limiti alla funzione attraverso cui
quei poteri diventano degli atti sia ponendo agli atti stessi dei confini ben definiti.La legge pone
cosi alla PA non soltanto i limiti esterni al suo agire ma le prestabilisce i mezzi giuridici di
quell’agire, ciò avviene anche nei tre casi di conclusione del procedimento ossia: accordo-atto
sostitutivo dell’accordo-atto di assenso come sostitutivo di un atto formale.La legge dispone che
agli accordi si applicano ove non diversamente previsto i principi del codice civile in materia di
obbligazioni e contratti, la stessa norma ha cura di precisare che gli accordi possono essere
conclusi purché perseguano il pubblico interesse, ponendosi cosi un’esatta distinzione tra
l’esplicazione dell’autarchia(interesse pubblico rappresentato dalla PA) e l’esplicazione
dell’autonomia privata che avviene pure nell’interesse del singolo.All’amministrazione è riservato il
potere di recedere unilateralmente dall’accordo per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, il
privato che può subire un danno dalla revoca ha diritto ad un risarcimento che la norma stessa
dichiara essere “ un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatosi in danno del
privato”.Anche in caso di accordo il procedimento si conclude con un provvedimento finale.

Gli atti con cui la PA esplica la sua autarchia usando i poteri d’impero si chiamano
PROVVEDIMENTI AMMINISTRATIVI e si distinguono dai regolamenti e decisioni.Questi atti sono
anche chiamati atti negoziali o di diritto pubblico in quanto come i negozi di diritto privato sono
intesi a costituire, modificare o estinguere posizioni giuridiche dei soggetti.I provvedimenti
amministrativi non devono essere confusi con i provvedimenti di amministrazione che è il genere
cui anche questi provvedimenti come specie appartengono.I provvedimenti a differenza dei
negozi di diritto privato sono tutti tipici e nominati.La PA non può scegliere tra i provvedimenti
quello che ritiene più idoneo a disciplinare una fattispecie o a soddisfare un interesse ma per
raggiungere questi scopi deve usare quel solo provvedimento che la norma le prescrive di
usare(tipicità).Quando invece si dice che i provvedimenti amministrativi sono tutti nominati si
intende dire che la PA non ha la possibilità di creare provvedimenti che non siano già previsti in

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una norma giuridica, onde il numero dei provvedimenti amministrativi è sempre definito.Questa è
una garanzia offerta al singolo in quanto la nominatività come anche la tipicità impedisce che la
PA possa unilateralmente imporre delle soggezione ai singoli che non siano sancite da una
legge.Ciò non vuol dire che la PA non possa variamente disporre dei vari provvedimenti e dei loro
effetti, soprattutto riguardo agli effetti dei provvedimenti che la PA non è completamente
vincolata.Ogni provvedimento può essere considerato come un insieme di effetti giuridici e anche
se l’amministrazione non può mutare tali effetti essa può però aumentarli o diminuirli oppure può
disporre degli elementi accidentali apponendo termini o condizioni.

Le CONDIZIONI sono determinazioni accessorie che fanno dipendere il verificarsi degli effetti di
un atto da un evento futuro ed incerto(condizioni sospensive) ovvero vi fanno dipendere la
cessazione di quegli effetti(condizioni risolutive) e possono essere dettate dallo stesso autore
dell’atto ovvero dalla legge.I TERMINI consistono nel decorso di un tempo entro il quale possono,
devono, non possono, non devono verificarsi gli effetti dell’atto, termini che possono essere
perentori(L’inosservanza produce insanabile decadenza) o ordinatorii (tali cioè da servire solo al
buon andamento dell’amministrazione ma la cui violazione non produce decadenza)

Si è soliti classificare i provvedimenti amministrativi avendo riguardo ai loro effetti e quindi


distinguendoli in due grandi categorie a seconda se questi ampliano la sfera del cittadino o la
restringono.Il miglior criterio però di classificazione è quello si imposta sui risultati che gli atti
tendono a raggiungere.Si distinguono così due grandi categorie di provvedimenti a seconda che
con essi l’amministrazione ottenga direttamente i risultati voluti oppure si avvalga del concorso
dell’attività di soggetti terzi.

—CATEGORIA DI PROVVEDIMENTI CON I QUALI L’AMMINISTRAZIONE OTTIENE I RISULTATI


SENZA IL CONCORSO DEI PRIVATI—>

per quanto concerne l’ORGANIZZAZIONE: le costituzioni( si provvede a dar vita ad un organo),


atti di attribuzione( attribuzioni e distribuzioni di competenza), assunzioni(atti mediante i quali un
soggetto viene proposto ad un ufficio), esclusioni( ad esempio i licenziamenti),atti di
appropriazione(l’amministrazione o diventa proprietaria di beni altrui o si appropria di beni altrui.Al
primo gruppo vanno ricondotti i provvedimenti di demanializzazione e gli atti ablativi ossia quelli
che trasferiscono la proprietà di un bene da un privato all’amministrazione per ragioni di pubblica
utilità.Al secondo gruppo va ricondotta la dichiarazione di pubblica utilità e quegli altri atti di
asservimento che sottraggono il bene all’utilizzazione privata)

Per quanto concerne i SERVIZI: atti di pubblicizzazione( atti con i quali un servizio viene attribuito
alla titolarietà di un ente pubblico, come le assunzioni di pubblici servizi da parte dei comuni e
province), atti di ammissione( atti con i quali si consente ai cittadini di accedere ai servizi pubblici
ad esempio l’ammissione all’università)

—CATEGORIA DI PROVVEDIMENTI CON CONCORSO DI ATTIVITÀ ESTERNA—>

Per quanto concerne l’ORGANIZZAZIONE: gli atti di istituzione(creazione di enti pubblici esempio
consorzio di comuni), gli atti di investitura(conferimento di qualità o status o di incarichi) gli atti di
decentrazione( si trasferiscono compiti di un’amministrazione ad altra amministrazione ossia
delegazione).

Per quanto concerne i BENI: le utilizzazioni che si dividono in due grandi categorie: quelle delle
concessioni(si attribuisce a terzi il compito di usare beni demaniali o indisponibili) e le
autorizzazioni(mediante le quali si permette un uso speciale di detti beni.

Per quanto concerne i SERVIZI PUBBLICI: si distinguono nell’ambito della categoria degli atti di
privatizzazione le concessioni traslative e costitutive.

-concessioni traslative: si trasferisce ad un terzo il diritto spettante all’amministrazione di


esercitare un pubblico servizio

-concessioni costitutive: le cosiddette abilitazioni l’amministrazione attribuisce ad un terzo un


diritto che essa non ha ma che ad essa spetta di creare: tipico esempio la concessione
farmaceutica.

Per quanto concerne i SERVIZI PRIVATI: si individuano due grandi categorie di atti permissivi a
seconda che con essi l’amministrazione attui un esame preventivo o sull’idoneità di un soggetto a
svolgere l’attività o di un oggetto ad essere utilizzato e a seconda che attui un esame ex post
sull’idoneità di un atto le cosiddette approvazioni.Nel primo gruppo rientrano le licenze.

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—MERI ATTI AMMINISTRATIVI: di desiderio—> proposta( atto con cui un organo amministrativo
esprime la propria aspirazione a che un altro organo emetta un provvedimento) e
designazione( manifestazione di un desiderio che una persona sia proposta ad un ufficio)

Di giudizio—> pareri ossia manifestazioni di giudizio

Di scienza—> attestazioni dell’esistenza di una cosa o di una persona come per esempio l’atto di
nascita

CAPITOLO 18: L’ESPLICAZIONE DELL’AUTOTUTELA

La PA non ha soltanto la capacità di determinare essa stessa le regole particolari del proprio
agire(autonomia) e la capacità di agire nel proprio interesse modificando unilateralmente le
posizioni giuridiche dei cittadini(autarchia) ma altresì la capacità di provvedere essa stessa a
risolvere i conflitti eventualmente insorgenti con gli altri soggetti per effetto dei propri
provvedimenti.Talvolta i destinatari dei provvedimenti amministrativi senza porsi il problema della
loro validità non vi prestano obbedienza, in questi casi si crea un conflitto tra la PA e il soggetto
interessato al suo provvedimento.In tali ipotesi la PA ha la capacità di risolvere da sola il conflitto
senza ricorrere alla sentenza di un giudice.I conflitti possono essere di IMPUGNAZIONE quando
si contesta il provvedimento affermandone l’invalidità, mentre quando l’interessato si oppone alla
sua attuazione si è in presenza di un conflitto di RESISTENZA.La PA può anche prevenire
l’insorgere del conflitto da impugnazione in quanto se riconosce che l’atto è invalido essa può
rinunciarvi ritirandolo dal mondo giuridico risolvendo anche un conflitto: solo che anziché essere
un conflitto in atto lo è in potenza.L’autotutela non è uno strumento di sopraffazione ma uno
strumento di giustizia, pur restando esercizio di attività esecutiva realizza quella faccia del potere
esecutivo che si può chiamare giudiziale.

L’autotutela si manifesta in provvedimenti amministrativi che essendo diversi dagli atti di


autonomia e autarchia vengono denominati decisioni in quanto permettono di decidere un
conflitto tra l’amministrazione e il destinatario del suo provvedimento.L’efficacia sostanziale di
questi atti non è quella delle sentenze.La funzione giurisdizionale si distingue sostanzialmente da
quella esecutiva in quanto gli atti della prima soddisfano primariamente l’interesse dei singoli che
si trovano in conflitto fra loro onde essi modificano solo le posizioni dei destinatari e non anche
quelle dell’autore dell’atto; mentre gli atti della seconda sono diretti a soddisfare l’interesse
dell’autorità agente, quello dei singoli è considerato interesse secondario.

Mentre la legge esclude l’applicazione delle norme sul procedimento amministrativo all’autonomia
essa non la esclude per l’esercizio dell’autotutela, infatti è diversa la posizione del cittadino
quando il procedimento riguarda l’esercizio dell’autarchia e quando riguarda l’esercizio
dell’autotutela.Nel primo caso il cittadino è un coamministrante ed è quindi un cointeressato che
esercita la funzione esecutiva assieme all’amministrazione; nel caso dell’autotutela il cittadino è
piuttosto un controinteressato in quanto è ovvio che il suo interesse sia piuttosto quello di
conservare le posizioni giuridiche garantitegli dai provvedimenti.L’interessato dovrà essere
informato dell’inizio del procedimento con tutto quello che segue; la legge prevede che quando
per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l’amministrazione recede unilateralmente
dall’accordo rimane l’obbligo di prevedere un indennizzo per gli eventuali pregiudizi mentre niente
di simile è statuito nei casi che si debbono ritenere prevalere quantitativamente di adozioni di
decisioni dove il procedimento non sia finito con un accordo.

Una classificazione delle decisioni può essere fatta o in relazione al contenuto o in relazione agli
effetti giuridici.

—EFFETTI GIURIDICI: decisioni che accertano, costituiscono, estinguono, si parla di decisioni


dichiarative, costitutive

—CONTENUTO: si dividono in decisioni che incidono direttamente sugli atti amministrativi e


decisioni che incidono sui rapporti:

-decisioni che incidono sugli atti: costitutive( risolvono un conflitto potenziale in senso sfavorevole
per l’amministrazione), annullamento( l’amministrazione pone nel nulla con efficacia ex tunc gli atti
amministrativi illegittimi) revoca( l’amministrazione pone nel nulla gli atti amministrativi
inopportuni).Per provvedere all’annullamento o alla revoca di un provvedimento in via di autotutela
spontanea non basta la sussistenza di un vizio di legittimità o di merito ma si richiede altresì la

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sussistenza e la dimostrazione di un interesse pubblico.Per risolvere conflitti potenziali
l’amministrazione può usare anche due altri tipi di decisioni; quando infatti per ragioni
sopravvenute un atto divenga inopportuno l’Amministrazione può provvedere alla sua rimozione
con effetti ex nunc mediante due atti che si chiamano ABROGAZIONE e CADUCAZIONE, atti
sostitutivi(si surrogano organi inadempienti)

-decisioni che incidono sui rapporti: quando un soggetto estraneo all’amministrazione pone in
essere un comportamento potenzialmente o attualmente difforme da una pretesa o da un’attesa
ex lege o da un provvedimento dell’amministrazione, questa può intervenire per assicurare il loro
soddisfacimento mediante l’autotutela sui rapporti come le decisioni di condanna(si soddisfa
direttamente la pretesa dell’amministrazione) e sanzioni amministrative.

Poichè l’accordo implica l’accettazione della sistemazione del rapporto tra amministrazione e
cittadino, sotto un profilo pratico è come se vi fosse un apparato contrattuale di accettazione da
parte del cittadino della sistemazione delle proprie posizioni giuridiche nei confronti
dell’amministrazione.In questi casi in cui si è in presenza di un accordo l’attuazione dell’autotutela
avviene su una base corrispondente a quella della previa accettazione nell’ambito di un rapporto
di diritto privato.Non sempre però l’autotutela ha come presupposto un accordo, in questi casi
essa non ha bisogno per portare coattivamente a compimento i propri atti di una nuova e ulteriore
dichiarazione della loro validità né di una sentenza dell’autorità giudiziaria.Essa cioè non ha
bisogno di ricorrere ad un nuovo atto giuridico per ottenere il proprio interesse mediante il previo
riconoscimento della giustizia ed il conseguente obbligo per il cittadino di sottostarvi.Questo
riconoscimento è implicito nell’atto amministrativo, si stratta di due attributi ossia la presunzione
di legittimità e l’esecutorietà.

L’autotutela esecutiva non è soltanto una forma di assicurazione dell’autotutela decisoria che
entra in funzione quando quest’ultima non riesca da sola a soddisfare materialmente l’interesse
perseguito dall’amministrazione, ma costituisce una forma a se stante di autotutela, intesa a
consentire la realizzazione materiale degli atti provvedimentali dell’amministrazione sia che essi si
concretizzino in atti di autonomia o autarchia sia che essi si concretizzino in atti di autotutela
decisoria.La dottrina qualifica l’autotutela esecutiva come esecuzione forzata amministrativa.Ci
sono vari tipi di esecuzione coattiva: DIRETTA( l’amministrazione agisce direttamente sui cittadini
per costringerli ad un determinato comportamento per esempio l’occupazione di un immobile la
sua demolizione) INDIRETTA(quando l’attività dell’amministrazione assicura la soddisfazione del
suo interesse soltanto per equivalente).Di fronte ad ogni atto di coazione illecita spetta al cittadino
anche il cosiddetto diritto di resistenza quando egli ritenga che sia violato un suo diritto
nell’ambito di una posizione giuridica indisponibile per l’amministrazione, si tratta di casi limite
come nel caso di ordini illeciti di un superiore gerarchico cui l’inferiore può rifiutare l’obbedienza
precisandone i motivi.

RIASSUNTO DA PAG 350-367

CAPITOLO 22: LA CAPACITÁ PRIVATISTICA

L’amministrazione può porre in essere contratti di diritto privato per il raggiungimento di fini di
interesse pubblico, si tratta di una scelta che tende a privilegiare anziché il rapporto autoritario tra
l’amministrazione e i cittadini un rapporto paritario.L’amministrazione vive in una sfera che
esattamente ne delimita gli scopi da raggiungere, può infatti usare soltanto quei negozi che le
consentono di raggiungere gli scopi per cui essa esiste e che essa non può porre in essere negozi
che le consentono di raggiungere gli scopi per cui essa esiste.Il PROVVEDIMENTO costituisce
allora il presupposto necessario di ogni negozio privatistico dell’amministrazione e ne differenzia
l’attività di diritto privato da quella di ogni altro soggetto.Mentre infatti il soggetto privato
esaurisce nel suo negozio la volontà ed il negozio è perciò l’unico regolamento dei suoi interessi,
ossia un atto insieme finale e strumentale, per l’amministrazione il negozio è solo un atto
strumentale che attua il precedente provvedimento nei limiti di questo.

L’attività di diritto privato della PA è quindi attività di attuazione di un provvedimento, attività che
si assoggetta alla disciplina del diritto privato.Discendono dei limiti interni all’attività di diritto
privato, in primo luogo il limite dato dalla natura stessa della PA e dai suoi fini e in secondo luogo
il limite dato dalla funzione puramente strumentale che ha la volontà negoziale
dell’amministrazione.Perciò è causa di invalidità originaria del negozio la sua difformità dal

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provvedimento che lo precede cosi come è causa di invalidità derivata il venir meno per
annullamento o per revoca del provvedimento amministrativo.L’annullamento è sempre possibile,
la revoca invece è ammessa purché non si ledano diritti già acquisiti dal terzo contraente.

L’annullamento dell’atto può essere provocato non soltanto dall’amministrazione ma dallo stesso
contraente sia perché il provvedimento è atto esterno al negozio privato sia perché non si può
costringere il terzo(che è l’unico interessato) a subire un contratto che l’amministrazione potrebbe
in qualunque momento far venire meno annullando d’ufficio l’illegittimo provvedimento
presupposto.Si spiega cosi il principio secondo cui “i contratti non sono obbligatori per
l’amministrazione finché non sono approvati dalla superiore autorità nelle forme prescritte dalle
vigenti leggi” ma sono invece immediatamente vincolativi per il privato contraente che non
potrebbe recedere.

La PA manifesta la sua volontà mediante un organo, pertanto anche la volontà contrattuale non
può essere manifestata se non dall’organo competente.Per quanto riguarda l’oggetto del
contratto il soggetto privato si determina liberamente mentre la PA è assoggettata a rigorose
formalità sia in ordine alla predisposizione dei progetti sia in ordine alla valutazione di beni.

Per quanto riguarda invece la scelta del contraente non è mai rimessa al semplice arbitrio
dell’organo competente a manifestare la volontà negoziale ma è attuata in base ad un apposito
procedimento.Si prevede un sistema di scelta secondo un’asta pubblica in cui l’aggiudicazione
del contratto avviene a favore del migliore offerente e chiunque può partecipare alla gara.

Accanto a questi limiti esterni vi sono altri limiti di natura contrattuale in quanto vengono
automaticamente inseriti nei singoli contratti.

Tutti i negozi contrattuali dell’amministrazione sono assoggettati ad un particolare controllo di


approvazione che riguarda non solo la legittimità delle eseguite operazioni ma anche la
corrispondenza del negozio all’atto deliberativo che lo precede(CONTROLLO DI MERITO DEL
CONTRATTO).In realtà soltanto impropriamente si parla di un controllo sull’atto negoziale e di
approvazione del contratto perché l’oggetto del controllo non è il negozio di diritto privato ma
l’attività posta in essere dall’organo che lo ha stipulato.

CAPITOLO 23: TIPI DI ESPLICAZIONE DELLA CAPACITÀ PRIVATISTICA

La tendenza attuale del nostro ordinamento è quella di deconcentrare l’esercizio delle attività di
cura degli interessi pubblici al potere esecutivo.Questo rigido accentramento aveva portato a
quella che era stata chiamata nazionalizzazione sia attraverso la creazione di istituzioni ad hoc sia
attraverso le espropriazioni di attività privata(esempio l’Enel) dando attuazione alla previsione
costituzionale contenuta nell’articolo 43 Costituzione: AI FINI DI UTILITÀ GENERALE LA LEGGE
PUÓ RISERVARE ORIGINARIAMENTE O TRASFERIRE MEDIANTE ESPROPRIAZIONE E SALVO
INDENNIZZO ALLO STATO ED ENTI PUBBLICI O A COMUNITÀ DI LAVORATORI O DI UTENTI DI
DETERMINATE IMPRESE O CATEGORIE DI IMPRESE CHE SI RIFERISCONO A SERVIZI
PUBBLICI ESSENZIALI O A FONTI DI ENERGIA O A SITUAZIONI DI MONOPOLIO ED ABBIANO
CARATTERE DI INTERESSE GENERALE.

Oggi si assiste ad una tendenza alla riconduzione di questi enti nell’ambito del diritto privato sia
attraverso la cosiddetta privatizzazione( che è il contrario della nazionalizzazione) sia attraverso
una maggiore sottoesposizione di questi enti ai principi privatistici.L’allontanamento di questi enti
dalla sfera pubblica significa un loro avvicinamento ai cittadini.La deconcentrazione avviene sotto
sue profili: un primo che agisce sulle stesse strutture e un secondo che agisce sulle loro
attività.Per quanto riguarda il primo aspetto le recenti leggi di privatizzazione hanno agito in due
direzioni: la dismissione del patrimonio degli enti da privatizzare e la loro trasformazione in società
di diritto privato di tipo azionario.Si è cosi assistiti ad un processo inevitabilmente composto da
due fasi: la prima pubblicistica di modificazione della natura degli enti pubblici a soggetti privati e
la seconda privatistica di vendita del loro capitale.

L’ente pubblico può porre in essere anche contratti atipici o innominati quante volte ciò sia reso
necessario per la migliore soddisfazione dell’interesse perseguito.Per quanto riguarda l’attività
negoziale la PA dopo aver deliberato il ricorso all’attività negoziale di diritto privato procede alla
stipulazione di atti preliminari con effetti obbligatori riservando al successivo contratto la
produzione di effetti reali.Non si può infatti escludere che anche nell’attività pubblicistica di
deliberazione di ricorrere all’attività privata non vi siano elementi che già appartengono alla
manifestazione privatistica di una volontà preliminare come ad esempio nella deliberazione sono

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individuati gli oggetti o i soggetti del successivo contratto costituendo un affidamento per la
controparte.

Con i negozi di diritto privato la PA persegue sempre i propri scopi pubblicistici ed è possibile
considerare una catalogazione di tali atti privati.I negozi fondamentali di diritto privato attinenti
all’organizzazione sono fondamentalmente due: i CONTRATTI DI SOCIETÀ E CONTRATTI DI
LAVORO.

-CONTRATTI DI SOCIETÀ: le PA istituiscono nuove persone giuridiche private con le quali si


propongono di perseguire i propri fini con maggiore agilità e con minori controlli.

-CONTRATTI DI LAVORO: a seguito del decreto del 1993 il contratto è divenuto la forma normale
di costituzione del rapporto di lavoro.Passando ai negozi relativi ai beni si ricordano i contratti di
compravendita-locazione-appalto-mutuo-fieiussioni-donazioni.

Passando ai negozi relativi ai servizi vi sono il contratto di trasporto-assicurazione.

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