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Relazione geologica e geomorfologica sull’area

Bormio-Santa Caterina Valfurva (Sondrio) -


Val Trafoi (Bolzano) di supporto all’analisi di
fattibilità del traforo dello Stelvio
Alessandro Paolo Carniti-920082
a.a. 2017-2018

Indice
1 Introduzione 2

2 Inquadramento 2
2.1 Inquadramento geologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
2.2 Inquadramento geomorfologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4

3 Problematiche generali dell’area 6


3.1 Idrogeologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
3.1.1 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
3.2 Sismicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
3.2.1 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16

4 Problematiche delle aree di imbocco del traforo 16


4.1 Dinamica dei versanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
4.1.1 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
4.2 Fenomeni valanghivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24
4.2.1 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

1
5 Problematiche lungo il tracciato del traforo 25
5.1 Aspetti litotecnici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
5.1.1 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
5.2 Assetto del sottosuolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
5.2.1 Zona Bormio-Valfurva: Falda Campo . . . . . . . . . . 29
5.2.2 Linea dello Zebrù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41
5.2.3 Falda Ortles . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45
5.2.4 Zona a scaglie Umbrail-Cavalatsh . . . . . . . . . . . . 49
5.2.5 Val di Trafoi: Unità di Lasa . . . . . . . . . . . . . . . 53

6 Bibliografia 55

1 Introduzione
La seguente relazione geologica-geomorfologica è volta a mettere in luce le
caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell’area di interesse per lo scavo
del traforo dello Stelvio. Vengono ivi sottolineate dunque le problematiche
principali geologiche e idrogeologiche che potrebbe incontrare uno scavo sot-
terraneo nell’area cosı̀ come quelle geomorfologiche legate all’instabilità dei
versanti nelle aree di accesso alla infrastruttura. Viene prestata inoltre at-
tenzione anche ad altre problematiche generali per l’area come il possibile
innesco di sismi.
L’area in esame comprende la porzione inferiore della Valfurva, fino all’altez-
za di Valfurva, la porzione inferiore della Val Zebrù e l’area di Bormio-bassa
Valle dell’Adda a sud, e si estende verso nord fino a comprendere la Val Tra-
foi fino all’abitato di Stelvio.
L’area risulta completamente compresa all’interno del Foglio CARG 024
Bormio 1:50.000 (Montrasio et al. 2012), in particolare nella porzione ovest.

2 Inquadramento
2.1 Inquadramento geologico
Le unità rocciose affioranti nell’area in esame appartengono al Dominio Au-
stralpino (e.g. Dal Piaz et al. 2003), porzione esterna del margine adriatico
della placca apula (Fig. 1).
Queste unità registrano una storia antica fino al pre-Paleozoico, sebbene le

2
impronte metamorfiche e tettoniche dominanti siano quelle relative all’oro-
genesi varisica (Carbonifero) e alpina (Cenozoico). L’impronta principale del
basamento è varisica: si hanno pieghe isoclinali a grande scala con assi sub-
orizzontali (direzione ENE-OSO) e una scistosità regionale con giacitura SSO
(Montrasio et al. 2012). La deformazione alpina viene registrata sopratutto
nella copertura triassica (Montrasio et al. 2012).
Staub (1924, 1964 fide Montrasio et al. 2012) suddivide il Dominio Austral-
pino in tre sub-domini: Australpino Inferiore, Medio e Superiore.
Più in particolare si hanno nell’area quattro unità tettoniche sovrapposte e
suddivise da superfici tettoniche (sovrascorrimenti; Figg. 2, 3).

• Falda Quattervals (Australpino Medio): unità collocata al tetto della


struttura a falde, nel settore occidentale dell’area è sovrapposta alla
Falda Ortles, mentre verso est si interpone tra queste unità in modo
complesso la Zona a scaglie Umbrail-Cavalatsch. E’ principalmente
costituita da dolomie (Dolomia Principale; Montrasio et al. 2012).

• Zona a scaglie Umbrail-Cavalatsch (Australpino Superiore): struttural-


mente superiore, separata alla base dalla Falda Ortles tramite la Linea
Trupchun-Braulio. Verso Ovest (M. Forcola) entra in relazione, in mo-
do complesso, con la Falda Quattervals che gli è sovrapposta. Ancora
più ad Ovest la Zona va a chiudersi portando a contatto direttamente
la Falda Quattervals con la Falda Ortles (Montrasio et al. 2012). E’
costituita da unità sedimentario (Sedimentario Umbrail) e cristalline
(Cristallino Chavalatsh: Miloniti della Val Venosta; Montrasio et al.
2012).

• Falda Ortles (Australpino Medio): nell’area di studio affiora la sua par-


te orientale, strutturalmente situata al tetto dell’Unità di Peio, da cui
è divisa dalla Linea dello Zebrù, lineamento tettonico con trascorrenza
sinistra. La falda è costituita principalmente da Dolomia Principa-
le (Triassico Superiore) con subordinate miloniti e sedimenti Permo-
Triassici (“Verrucano”, calcari e dolomie stratificati, carniole, gessi,
argilliti; Montrasio et al. 2012).

• Falda Campo (Australpino Medio): rappresenta una porzione di crosta


superiore costituita da basamento cristallino. Sono compresi all’inter-
no della falda la Scaglia dello Zebrù, l’Unità di Peio e l’Unità di Lasa.
La Scaglia dello Zebrù sovrascorre sulla Unità di Peio lungo la Linea

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Figura 1: Schema tettonico semplificato delle Alpi centro-orientali. L’area nel
riquadro corrisponde a quella del Foglio CARG 024 BORMIO 1:50.000. C- Fal-
da Campo, Gr- Falda Grosina, L-Falda Languard, S-SC- Complesso Sesvenna-S-
Charl, U-C- Zona a scaglie Umbrail Cavalatsch, Q- Falda Quattervals, O-Falda
Ortles (modificata da Montrasio et al. 2012).

dello Zebrù a sud, lungo la Linea del Madriccio a nord ; si trova al di


sotto della Falda Ortles ed è costituita da filladi quarzifere. La Linea
dello Zebrù inoltre separa la Scaglia dello Zebrù dalla sovrastante Falda
Ortles; da nord verso sud il piano di scollamento passa da una giaci-
tura sub-orizzontale ad una sub-verticale (Val Zebrù), che rappresenta
la rampa laterale del sovrascorrimento verso ovest della Falda Ortles
(Montrasio et al. 2012).

2.2 Inquadramento geomorfologico


Nell’area di studio coesistono tre ambienti morfogenetici: l’ambiente glacia-
le, l’ambiente periglaciale e l’ambiente dei versanti (Montrasio et al. 2012).

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Figura 2: Schema di inquadramento regionale dell’area del Foglio CARG 024
BORMIO 1:50.000. Scala 1:700.000 (da Montrasio et al. 2012).

Figura 3: Schema strutturale dell’area del Foglio CARG 024 BORMIO 1:50.000.
Scala 1:200.000 (da Montrasio et al. 2012).

5
Il paesaggio testimonia, innanzitutto, l’importante azione dei ghiacciai che
sono tutt’ora presenti alle quote più elevate, e che dopo l’Ultimo Massimo
Glaciale (LGM) hanno subito un forte arretramento, ulteriormente accen-
tuato negli ultimi anni a causa del surriscaldamento globale (Montrasio et
al. 2012). I cicli di arretramento e avanazata glaciale sono ben registrati
dai vari depositi glaciali accumulati (ad esempio numerosi cordoni morenici).
L’azione erosiva dei ghiacciai non ha avuto però un’importanza fondamentale
nella modellazione del paesaggio; ciò che ne ha maggiormente influenzato la
morfologia attuale è infatti l’azione fluviale e in secondo luogo la dinamica
dei versanti (Montrasio et al. 2012).
I processi morfogenetici attualmente in atto sono quelli tipici dell’alta mon-
tagna, periglaciali: sono abbondanti i “rock glacier”, gli argini di nevaio
(“protalus rampart”), le forme di soliflusso e geliflusso e i talus detritici le-
gati a crioclastismo (Montrasio et al. 2012).
Sui versanti sono frequenti le deformazioni gravitative profonde (DGPV), gli
accumuli di frana e i depositi legati a trasporti in massa tipo “debris flow”
(Montrasio et al. 2012).
E’ importante, infine, segnalare numerose morfologie carsiche sia superficiali
che profonde, che si sviluppano preferibilmente nelle formazioni sedimentarie
calcaree triassiche ma anche in lenti di marmo all’interno delle successioni
metamorfiche-cristalline (Montrasio et al. 2012).

3 Problematiche generali dell’area


3.1 Idrogeologia
Nell’area di studio gli acquiferi sono rappresentati dalle unità calcaree trias-
siche (Falda Ortles) e dalla Dolomia Principale (Falda Ortles, Falda Quatter-
vals e Zona a scaglie Umbrail-Cavalatsh); in misura minore si hanno acqui-
feri legati ai sovrascorrimenti principali (Linea dello Zebrù, Linea Trupchun-
Braùlio; Volpi et al. 2017).
Gli acquiferi in rocce carbonatiche hanno una conduttività idraulica control-
lata dalla natura della rete carsica sotterranea e dai sistemi di fratturazione
legati all’orogenesi alpina. Osservazioni di terreno e prove di permeabilità
di Lugeon intorno alla diga Cancano-S. Giacomo di Fraele indicano un car-
sismo di superficie e una forte fratturazione della roccia con una risultante
conduttività idraulica di 1.5 * 106 - 5 * 107 m/s (Volpi et al. 2017).

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Le località più vicine all’area di interesse per l’opera in cui sono state indivi-
duate cavità carsiche si trovano ad ovest, a nord di Bormio, e sono l’Altopiano
delle Platigliole e la Valle dei Vitelli, ad est del Torrente Braulio. Presso l’al-
topiano delle Platigliole, altopiano carsico (2700-2900 m) presso il Passo dello
Stelvio, sono state rinvenute numerose doline, inghiottitoi e una trentina di
cavità che raggiungono i settanta metri di profondità (Uggeri e Ferrari 2001;
Figg. 4, 5). Numerose le doline, talvolta allineate lungo le fratture anche ai
Piani di Penedolo, area di dolomie norico-retiche delimitate da contatti con
unità cristalline tra la Valle del Braulio e l’Adda (Uggeri e Ferrari 2001).
Notevole anche, nel settore più occidentale la Grotta di Bocca d’Adda, una
struttura alimentata probabilmente sia da infiltrazione diretta che da drenag-
gio di corpi idrici superficiali (Lago Secco, Lago delle Scale, Lago di Cancano
e di Fraele), cui corrisponde una sorgente di fondamentale importanza che
viene captata parzialmente dall’acquedotto di Bormio (Uggeri e Ferrari 2001;
Fig. 5).

Gli acquiferi entro le rocce calcareo-dolomitiche alimentano numerosi si-


stemi di sorgenti (Fig. 6; Montrasio et al. 2012). Fra queste spiccano per
importanza economica le sorgenti idrotermali di Bormio, localizzate in pros-
simità della porzione occidentale della Linea dello Zebrù (tra tra la Falda
Ortles e l’Unità Peio).
Le sorgenti si trovano ad una quota di circa 1300 m s.l.m. con una ricarica
ad una quota massima di 3905 m (Monte Ortles). Si hanno 10 sorgenti, tra
cui spiccano per importanza quelle dei Bagni Vecchi (1450 m) e Bagni Nuovi
(1334 m), concentrate in un’area ristretta con dislivello verticale di 200 m
e estensione orizzontale di 500 m, proprio in corrispondenza delle fratture
legate alla Linea dello Zebrù (Fig. 7).
Il modello idrogeologico di Volpi et al. (2017; Fig. 8), mostra la suddivisione
del sottosuolo in 4 unità idrogeologiche:
• Acquifero carsico superificiale (rosso): zona di infiltrazione delle acque
meteoriche con uno spessore di circa 400m.

• Acquifero carbonatico profondo (blu): ammasso roccioso isotropo, me-


no fratturato e non carsificato.

• Linea dello Zebrù (verde): zona fortemente fratturata e danneggiata


dello spessore di circa 100m, ad alta permeabilità, che costituisce la
direzione preferenziale per la risalita delle acque termali.

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Figura 4: Localizzazione degli elementi carsici nell’area di indagine (da Catasto
Speleologico Lombardo - Progetto Tu.Pa.Ca.).

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Figura 5: Mappa della carsificabilità dell’area di studio (dati dal Catasto Speleo-
logico lombardo. Progetto Tu.Pa.Ca. Il punto rosso indica la Grotta di Bocca
d’Adda. Nei riguadri si hanno le aree carsificate più notevoli: l’area di Bocca
d’Adda e l’Altopiano delle Platigliole a est. In nero i tracciati delle sezioni 1 e 2,
delimitanti l’area di interesse per il traforo.

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• Basamento metamorfico (viola): a bassa permeabilità, il che permette
l’accumulo in profondità delle acque e la risalita in superficie di queste
a causa dell’innalzamento di quota del sovrascorrimento (Fig. 8).

I flussi simulati convergono nel bacino dell’Adda e nella zona delle sor-
genti termali di Bormio, ovvero le zona di contatto tra le rocce carbonatiche
permeabili e quelle impermeabili del basamento cristallino. L’alto angolo
della Linea dello Zebrù (circa 60o ) appena a nord di Bormio obbliga il flusso
idrico a risalire velocemente verso l’alto emergendo in superficie con un tasso
di 2400 L/min. A questa veloce risalita è ricondotta la alta temperatura
delle acque termali (30-40o ), di derivazione profonda, che non hanno tempo
sufficiente per raffreddarsi. La alta velocità del flusso è favorita dalla alta
permeabilità della zona danneggiata e fratturata legata al lineamento e al-
la direzione preferenziale delle strutture di discontinuità (Berbenni e Pozzi,
1966). Le acque idrotermali di Bormio sono ricche in solfati a causa dell’in-
terazione con le unità evaporitiche presenti in profondità (Berbenni e Pozzi
1966). Le analisi chimiche (Volpi et al. 2016 fide Volpi et al. 2017) confer-
mano che la mineralizzazione delle acque è dovuta a circolazione profonda di
acque meteoriche e di fusione attraverso rocce sedimentarie e metamorfiche.

La ricarica degli acquiferi avviene in una vasta area che comprende anche
il versante svizzero. Un forte contributo alla ricarica è dato, in aggiunta alle
precipitazioni meteoriche, dal Ghiacciaio del Monte Cristallo, situato pro-
prio al di sopra di una vasta area di possibile interesse per il traforo, che
costituisce una fonte continua di acque; un ulteriore contributo viene dallo
scioglimento del permafrost (Fig. 7), sempre maggiore dato l’attuale riscal-
damento del pianeta e dallo scioglimento nivale in estate (Volpi et al. 2017).
E’ comunque da ricordare che si hanno ancora forti incertezze riguardo a tale
modello idrogeologico, a causa della mancanza di informazioni precise sulle
strutture profonde e superficiali, le cui relazioni sono molto complesse (Volpi
et al. 2017).

3.1.1 Conclusioni
Dalle informazioni sull’idrogeologia e il carsismo della zona se ne ricava un
quadro delicato: il tracciato del traforo, quale che sia quello scelto, incontrerà
per gran parte della sua lunghezza litotipi carbonatici fratturati e variamente
carsificati ad alta permeabilità (unità rossa e blu del modello di Volpi et al.

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Figura 6: Mappa di localizzazione delle principali sorgenti dell’area. Dati dal
geoportale della Regione Lombardia e dal Geoportale della Provincia Autonoma
di Bolzano, elaborati con il software ESRI ArcGIS.

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Figura 7: A- assetto geologico dell’area di studio con le strutture tettoniche prin-
cipali (rosso), le litologie e la posizione delle sorgenti termali di Bormio. B-
ubicazione delle sorgenti termali nella zona dei Bagni Vecchi (Volpi et al. 2017).

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Figura 8: Modello idrogeologico 3D dell’area di studio con ubicazione delle aree di
permafrost (arancione). Le linee bianche indicano le sezioni 1 e 2, limiti della zona
di interesse per il traforo. La sezione AA’ sotto attraversa la zona di “thermal
outflow”, ovvero quella delle sorgenti termali di Bormio (modificata da Volpi et al.
2017).

13
2017), oltre a alcuni lineamenti tettonici (es. Linea dello Zebrù) ad altissima
permeabilità.
Le criticità maggiori si hanno nel settore più occidentale dell’area di interes-
se, data la vicinanza sia delle sorgenti termali di Bormio che della Grotta di
Bocca d’Adda. Lo scavo di un traforo in questo settore potrebbe infatti influi-
re negativamente sul flusso idrogeologico sotterraneo che rifornisce suddette
sorgenti compromettendo in questo modo un’importante fonte di guadagno
economico dell’area legata al turismo termale cosı̀ come l’approvvigionamen-
to idrico del Comune di Bormio. Si potrebbero inoltre avere problemi di
contaminazioni di queste acque legate allo scavo stesso.
Un’ulteriore criticità si ha lungo la Linea dello Zebrù, in tutta l’estensione
dell’area del traforo, dato che lungo questa si hanno risalite di acque termali
ricche in solfati (Berbenni e Pozzi 1966), fortemente aggressive nei confronti
dei materiali costituenti i cementi.

3.2 Sismicità
La sismicità delle Alpi Centrali è più debole rispetto a quella del resto del-
l’arco alpino: i terremoti di questa regione raramente eccedono i 6 gradi di
magnitudo (Carulli e Slejko 2009).
A partire dalla fine dell’anno 1999 l’alta Valtellina è stata interessata da
un’intensa attività sismica, che si è protratta per i successivi due anni e mez-
zo, con eventi di magnitudo inferiore a 5 della scala Richter (Montrasio et
al. 2012). L’evento principale si è verificato il 29 Dicembre 1999, con epicen-
tro localizzato al confine italo-svizzero, tra la Val Monastero e Bormio, con
magnitudo 4.9, a cui ha fatto seguito nella stessa area, il 31 Dicembre 1999,
una scossa di magnitudo 4.2. A questo evento sono seguite circa 70 scosse
minori, i cui epicentri coprono un’area di 12 * 8 Km (Montrasio et al. 2012).
Il sisma venne associato a una faglia normale diretta NO-SE (Carulli e Slejko
2009).
La bulk degli epicentri dei sismi sono stati associati alla Linea dello Zebrù,
di cui si ha documentazione neotettonica (Carulli e Slejko 2009). Non vi è
tuttavia nessuna chiara evidenza di faglie attive in Valtellina, dove il mecca-
nismo focale suggerisce un’origine profonda del dislocamento (Carulli e Slejko
2009).

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Figura 9: Carta dell’area lombarda recante gli epicentri dei terremoti avvenuti dal
1981 al 2006 (dati dal catalogo INGV). Le dimensioni dei punti sono proporzionali
al volume focale del terremoto. In rosso è delimitata l’area del Foglio CARG 024
BORMIO 1:50.000 (Montrasio et al. 2012).

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3.2.1 Conclusioni
L’area di interesse è classificata dall’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica
e Vulcanologia) come di sismicità “molto bassa” (Zona 4). L’intensità degli
eventi storici registrati non supera magnitudo 5 della scala Richter. Occor-
re tuttavia considerare che un’attività sismica anche di bassa intensità può
contribuire allo sviluppo e all’evoluzione delle deformazioni gravitative di ver-
sante (DGPV) in fenomeni franosi di grande portata. Questo aspetto verrà
approfondito nella sezione seguente.

4 Problematiche delle aree di imbocco del tra-


foro
4.1 Dinamica dei versanti
Le aree di accesso (bassa Valle del Braulio-Bormio-bassa Valfurva in Lom-
bardia Val Trafoi in Trentino) sono caratterizzate da una rilevante attività di
versante, con fenomeni franosi attivi e riattivati, solo in minima parte quie-
scenti (Figg. 14, 10).
Il versante idrografico destro della Valfurva e il versante a nord di Bormio
presentano molte aree soggette a scivolamento profondo traslativo, colamenti
rapidi e fenomeni complessi, oltre a grandi aree soggette a DGPV (Geopor-
tale Lombardia, dati IFFI; Figg. 10 e 11). Da ricordare le colate detritiche e
fangose che si originano alla base della Cresta del Reit e che hanno raggiunto
l’abitato dei Bagni Vecchi di Bormio (Fig. 10).
Il versante sinistro della Valfurva è caratterizzato dalla presenza di grandi
aree soggette a DGPV (Fig. 11) oltre che da limitati scivolamenti profondi
traslativi (Geoportale Lombardia, dati IFFI; Fig. 10).
L’analisi incrociata tra i dati IFFI Lombardia inerenti la localizzazione delle
nicchie di frana e la localizzazione sul territorio delle varie unità litologi-
che come riportata dal Foglio CARG 024 Bormio 1:50.000 (Montrasio et al.
2012) ha mostrato come ben il 23% delle nicchie si trovi in aree di affio-
ramento di micascisti a clorite e sericite e paragneiss a due miche, litotipi
presenti abbondantemente a sud della Linea dello Zebrù, in corrispondenza
dell’area di probabile accesso del traforo. Il 55% delle nicchie si trova invece
in corrispondenza delle aree di affioramento di depositi neogenici continen-
tali (principalmente appartenenti al Sintema del Po e alla Alloformazione di

16
Cantù), evidenziando dunque la forte instabilità di questi depositi recenti.
La restante parte delle nicchie si distribuisce abbastanza omogeneamente tra
le altre formazioni (Fig. 13).
Sono state riconosciute 25 DGPV allineate in senso ONO-ESE, a sud del-
la Linea dello Zebrù (Fig. 11), con quindi un legame con ben determinate
condizioni locali: litologia, rilievo, attività sismica e tasso di uplift (Agliardi
et al. 2009). Il 68% delle DGPV si colloca entro metapeliti e ortogneiss;
carbonati e granitoidi in generale non generano questi fenomeni (Agliardi et
al. 2009).
Un fenomeno di dissesto in atto legato all’evoluzione di una deformazione
gravitativa di versante (DGPV) è la frana del Ruinon, situata sul versante
idrografico destro della valle a circa 3 Km a monte di Sant’Antonio (Fig. 11).
Il corpo di frana, attivo ed in rapida evoluzione, è limitato a SE dal torrente
Confinale, nel basso tratto dell’omonima valle, e a NO da una frattura diret-
ta NE-SP di apertura metrica e da una scarpata in roccia creata dal collasso
della paleofrana presente nella zona di Scé di Sotto (Montrasio et al. 2012).
Si tratta di una delle frane più pericolose nell’arco alpino, che coinvolge una
massa di circa 30 milioni di m3 . Il suo improvviso crollo potrebbe distrugge-
re la strada che collega l’abitato di Bormio con Santa Caterina di Valfurva
sbarrando il corso del Fiume Frodolfo (Tarchi et al. 2003). Questa frana è
stata associata a un campo di deformazioni profonde di versante a grande
scala che interessano l’intero versante compreso tra la Valle Confinale e la
Valle Cavallaro, da un’elevazione di circa 3000m fino al letto del fiume (Fig.
11; Agliardi et al. 2009).
L’abbondanza nell’area Bormio-Valfurva di litotipi metapelitici (micascisti e
paragneiss) e di depositi neogenici continentali particolarmente propensin al-
lo sviluppo di fenomeni di instabilità, oltre all’elevata pendenza dei versanti,
risulta in una situazione di abbondanti aree potenzialmente o sicuramente
instabili (Fig. 12).
Sul versante trentino, in Val Venosta, si hanno invece fenomeni meno diffusi,
data la bassa pendenza dei versanti, con limitate aree soggette a crolli e ri-
baltamenti e colate detritiche limitate agli impluvi (Figg. 17, 19). Tuttavia
molte sono le aree considerate ad alto rischio di crolli (Fig. 17).
Anche in quest’area il maggior numero di nicchie di frana registrate si trova
in corrispondenza delle aree di affioramento di depositi neogenici continentali
(74%), cui seguono per importanza le aree con metapeliti (17%; Fig. 16).

17
Figura 10: Mappa recante la posizione dei fenomeni franosi dell’area Bormio-
Valfurva. Dati dal Geoportale Lombardia, Progetto IFFI, elaborati col software
ESRI ArcGIS. In nero i tracciati delle Sezioni 1 e 3.

Figura 11: Mappa dell’area Bormio-Valfurva riportante le aree soggette a DGPV e


la posizione della frana del Ruinon. Dati dal geoportale della Regione Lombardia,
Progetto IFFI, elaborati con il software ESRI ArcGIS. In nero i tracciati delle
Sezioni 1 e 3.

18
Figura 12: Mappa della pericolosità da frana dell’area Bormio-Valfurva. Dati dal
Geoportale Lombardia elaborati col software ESRI ArcGIS. In nero i tracciati delle
sezioni 1 e 3.

19
Figura 13: Grafico a torta recante la percentuale di nicchie di frana in relazione
alle litologie in cui si sviluppano per l’area Bormio - Valfurva. Dati dal Geoportale
Lombardia elaborati col software ESRI ArcGIS.

20
Figura 14: Mappa della pericolosità da frana dell’area di Trafoi. Dati dal Geopor-
tale della Provincia autonoma di Bolzano elaborati col software ESRI ArcGIS. In
nero i tracciati delle sezioni 1 e 3.

21
Figura 15: Mappa dell’area di Trafoi recante le aree soggette a DGPV. Dati dal
geoportale della Provincia autonoma di Bolzano, Progetto IFFI, elaborati con il
software ESRI ArcGIS. In nero i tracciati delle Sezioni 1 e 3.

22
Figura 16: Grafico a torta recante la percentuale di nicchie di frana in relazione
alle litologie in cui si sviluppano per l’area di Trafoi. Dati dal Geoportale della
Provincia di Bolzano elaborati col software ESRI ArcGIS.

23
4.1.1 Conclusioni
L’area dell’imbocco sud del traforo, in alta Valtellina presenta una elevata
predisposizione ai fenomeni franosi come frane di crollo, di scivolamento, co-
late di detrito o fango (Figg. 6 e 11; Montrasio et al. 2012). Inoltre nella
medesima area si hanno molte DGPV su entrambi i versanti della Val Zebrù
i quali sebbene non costituiscano un pericolo immediato possono evolvere in
fenomeni franosi (Ferrelli et al. 2001) a seguito di ingenti precipitazioni, con
un ritardo medio di circa 10 giorni rispetto al picco pluviometrico (Tarchi et
al. 2003) L’accelerazione del movimento verso valle dei DGPV come l’attiva-
zione di zone ad alta franosità può essere legata inoltre a sismi: la magnitudo
massima registrata in epoca storica nell’area (5) è in grado di causare crolli,
scivolamenti e accelerazioni di DGPV. Questi fenomeni costituiscono un po-
tenziale pericolo per l’accesso del traforo e per le strade che vi accederanno.
In particolare un forte rischio potrebbe derivare dalla DGPV associata alla
Frana dei Ruinon, il cui movimento potrebbe ostruire l’intera valle e il suo
corso d’acqua con grande rischio sia per le infrastrutture legate al traforo che
per gli utenti dell’opera.
Nell’area dell’imbocco nord, in Val Venosta, la pericolosità legata alla di-
namica di versante appare minore ma non nulla, sopratutto alla luce della
possibilità di movimento di materiale in seguito a scosse sismiche. Si hanno
limitati fenomeni di DGPV registrati.

4.2 Fenomeni valanghivi


L’area dell’imbocco sud del traforo in alta Valtellina è una zona classifica-
ta come “pericolosa” rispetto ai fenomeni valanghivi durante l’inverno e la
primavera, secondo quanto riportato dalla Carta di Localizzazione Probabile
delle Valanghe (CLPV) della Regione Lombardia (Fig. 17). Questo è da
attribuirsi alla notevole acclività del pendio combinata alla relativa scarsità
di alberi.
L’area dell’imbocco nord del traforo in Val Venosta è una zona a pericolosità
minore (Fig. 18), dati i pendii più dolci e la copertura boschiva più estesa
(Fig. 19; Geoportale Provincia autonoma di Bolzano).

24
Figura 17: Mappa recante le valanghe registrate da rilevamento (anni 1990-2018) e
fotointerpretazione (anni 1989-2010) nell’area Bormio-Valfurva. Vengono riportate
anche le aree considerate a maggior pericolo di valanga secondo la CLPV. Dati dal
Geoportale della Regione Lombardia elaborati col software ESRI ArcGIS. In nero
la traccia delle sezioni 1 e 3.

4.2.1 Conclusioni
Durante la stagione invernale e primaverile i movimenti valanghivi possono
costituire un fattore di rischio per le infrastrutture di accesso al traforo cosı̀
come per gli utenti, in particolare in corrispondenza dell’accesso sud. La
possibile occorrenza di sismi, anche moderati (magnitudo massima nell’area:
5) potrebbe portare al movimento improvviso di notevoli quantità di neve
verso valle, in particolare nelle aree di maggiore pendenza della Val Zebrù.

5 Problematiche lungo il tracciato del traforo


5.1 Aspetti litotecnici
Le caratteristiche geomeccaniche degli ammassi rocciosi in Alta Valtellina
sono state classificate da Pozzi et al. (1990). Gli Autori hanno raggruppato
questi in 4 classi sulla base del comportamento meccanico:

• Calcari e dolomie

25
Figura 18: Mappa recante le valanghe registrate (anni 2006-2013) nell’area di
Trafoi. Vengono riportate anche le aree considerate a maggior pericolo di valanga.
Dati dal Geoportale della Provincia autonoma di Bolzano elaborati col software
ESRI ArcGIS. In nero la traccia delle sezioni 1 e 3.

26
Figura 19: Mappa delle pendenze in Val Venosta. Dati dal Geoportale della
Provincia autonoma di Bolzano. In nero il tracciato della sezione 3.

27
Tabella 1: Indice di fratturazione delle classi da Pozzi et al. 1990.

Classe (cm) Calcari e Dolomie (%) Micascisti e Filladi (%) Gneiss e quarziti (%)
> 200 0 0 0
60 - 200 0 3 2
20 - 60 3 15 30
6 - 20 70 60 58
<6 27 22 10

Tabella 2: Valori di resistenza monoassiale delle litologie da Pozzi et al. 1990.

Classe (MPa) Calcari e Dolomie (%) Micascisti e Filladi (%) Gneiss e quarziti (%)
> 200 0 0 5
60 - 200 55 78 93
20 - 60 40 18 2
6 - 20 5 4 0
<6 0 0 0

• Gessi

• Gneiss e quarziti

• Micascisti e filladi

Gli autori hanno definito cinque classi di fratturazione, basate sulla distanza
tra le discontinuità, e hanno caratterizzato la percentuale di ciascuna delle
classi geomeccaniche da loro definite per ciascuna delle classi di fratturazione
(Tab. 1).
Gli Autori hanno anche fornito una ripartizione percentuale delle classi geo-
meccaniche da loro individuate tra cinque classi di resistenza monoassiale
(Tab. 2) e tre di indice di anisotropia (Tab. 3).

5.1.1 Conclusioni
Secondo quanto riportato da Pozzi et al. (1990) in generale le rocce che sa-
ranno interessate dallo scavo del traforo sono caratterizzate da un grado di
fratturazione alto: spaziatura più comune delle discontinuità tra 6 e 20 cm.

28
Tabella 3: Distribuzione percentuale dell’indice di anisotropia delle litologie: sono
state indicate tre classi, da quella con caratteristiche geomeccaniche più omogenee
(1-2) a quella con caratteristiche più eterogenee (>5) (da Pozzi et al. 1990.

Classe (MPa) Calcari e Dolomie (%) Micascisti e Filladi (%) Gneiss e quarziti (%)
1-2 78 48 68
2-5 18 25 10
>5 4 27 22

Tra queste le rocce gneissiche e quarziti presentano i valori più alti di resisten-
za alla compressione monoassiale, accompagnata da una buona omogeneità
delle caratteristiche meccaniche.
Sebbene presentino una resistenza media, i micascisti e filladi hanno un alto
grado di fratturazione e una discreta eterogeneità meccanica, il che li rende
un litotipo dalle cattive caratteristiche geomeccaniche.

5.2 Assetto del sottosuolo


Per la ricostruzione dell’assetto del sottosuolo sono state eseguite tre sezioni
geologiche (Figg. 21, 22, 23) disposte in modo da avere una visuale in (falso)
3D del volume di roccia di interesse per il progetto del traforo, e analisi di
affioramenti di unità e strutture analoghe a quelle presumibilmente presenti
nel sottosuolo nelle aree e alle quote di interesse per il progetto.

5.2.1 Zona Bormio-Valfurva: Falda Campo


La zona di Bormio - bassa Valfurva - bassa Val Zebrù è caratterizzata dalla
associazione di rocce metamorfiche della Falda Campo (Fig. 20:

• Micascisti a clorite e sericite (OME): il litotipo più diffuso nell’area


(precedentemente “Filladi di Bormio”), si tratta di micascisti e para-
gneiss in facies anfibolitica (metamorfismo varisico) con sovraimpronta
penetrativa e ubiquitaria in facies scisti verdi con risultante aspetto
filladico (“filloniti”; Montrasio et al. 2012).
La facies prevalente è data da rocce con struttura e aspetto filladici, a

29
Figura 20: Parte occidentale del Foglio CARG 024 Bormio 1:50.000 con tracce
delle 3 sezioni geologiche eseguite.

Figura 21: Sezione n.1 (Fig. 20). Al di sotto della Linea dello Zebrù bisogna
aspettarsi corpi lentiformi di Ortogneiss (OOG) di dimensioni decametriche a et-
tometriche, la cui presenza in sottosuolo non è però possibile ricostruire a partire
dalla sola carta rilevata in superficie. Legenda in Fig. 23.

30
Figura 22: Sezione n.2 (Fig. 20). Si è preferito lasciare in bianco l’area tra la
Linea dello Zebrù e la Linea Trupchun-Braulio nella parte orientale della sezione
data la scarsità di dati di superficie sufficientemente ravvicinati per poter dare una
affidabile ricostruzione dell’andamento delle unità nel sottosuolo. Legenda in Fig.
23.

Figura 23: Sezione n.3 (Fig. 20). Il rigetto delle due faglie nella parte centrale
della sezione è riportato senza altro vincolo che l’informazione sull’unità affiorante
nella zona.

31
Figura 24: Carta dei punti fatti sul terreno.

bande alterne scure e chiare, formate rispettivamente da fasce di seri-


cite e clorite ricche in grafite e da bande più ricche di quarzo. Il quarzo
è presente anche in vene o lenti biancastre o grigio-nerastre; spesso si
notano alternanze ripetute di livelletti ricchi in miche e livelli più mas-
sicci con abbondante quarzo, che talora fanno transizione a quarziti o
quarzoscisti. Talvolta si osservano, intercalate entro queste rocce retro-
cesse, delle bande di micascisti non retrocessi con mica chiara e biotite
visibili a occhio nudo. In Val Zebrù compaiono facies micascistose a
larghe lamine di mica bianca, con biotite e granati profiroclastici fino
a 3 cm di diametro (Montrasio et al. 2012).
Questa litologia appartiene alla classe “micascisti e filladi” della classi-
ficazione geomeccanica di Pozzi et al. (1990).
Questa litologia è stata osservata in affioramento in Val Zebrù, sul ver-
sante destro, nei pressi di Niblogo (punto 6; Fig. 24). In generale i
micascisti sono caratterizzati da una scistosità ben sviluppata, marca-
ta dall’orientazione dei minerali lamellari (clorite e sericite) e allineata
con le lenticelle di quarzo. Si hanno delle fasce cataclastiche dello spes-
sore di 2-3 m ad andamento parallelo alla scistosità (305o -45o ; Fig. 28)
con apertura di discontinuità tra i piani di minerali lamellari, con spa-
ziatura che raggiunge anche i 5 cm (riempita poi da suolo), intenso

32
piegamento della scistosità a dare un aspetto crenulato ai piani di mi-
nerali, con locale sviluppo di strutture SC che riflettono il movimento
avvenuto lungo la fascia di danno (Fig. 25, 26; giacitura dei piani C
230o -65o , giacitura delle superfici S 305o -45o ) e boudinage delle lenti-
celle quarzose. La deflessione della scistosità S da parte dei piani di
faglia C denota un movimento orario, dunque legato al movimento di
faglie normali (Fig. 26). La deflessione e il piegamento della scistosità
sono tale da determinare lo sviluppo di una seconda scistosità di cre-
nulazione con conseguente fratturazione della roccia in scaglie, e non
più in elementi tabulari.
Attorno alle zone di danno cataclastiche, ricorrenti con una spaziatura
di circa 50-100m, i micascisti appaiono più compatti, con i piani di sci-
stosità serrati e coesi, con una fratturazione in elementi tabulari dati da
un certo numero di piani di minerali lamellari coesi. La deformazione
è molto minore e meno pervasiva.
Sia le zone cataclastiche che quelle non danneggiate sono interessate da
faglie sub-verticali aperte, con spaziatura anche di 5 cm (riempite da
suolo; Fig. 27).
Un altro affioramento di questa litologia è stato analizzato in Valfur-
va, sul lato idrografico destro nei pressi di San Nicolò (punto 5; Fig.
24). Anche in questa località è stata osservata la presenza di una fascia
cataclastica (Fig. 30) a forma di cuneo (8 m * 3 m circa la porzione
osservata), con all’interno intensa fessurazione sub-parallela alla scisto-
sità (258o -56o , 333o -30o ). L’aspetto è maggiormente caotico rispetto
alle fasce cataclastiche del Punto 6 (Fig. 24) dunque la perdita in qua-
lità geomeccanica è ancora maggiore.
In questo affioramento si hanno anche almeno due famiglie di fratture
e faglie sub-verticali, probabilmente posteriori alla fascia cataclastica,
con giacitura 281o -80o , cinematica normale, pitch 76o est.

• Ortogneiss (OOG): formano masse intercalate nei micascisti (OME). Si


tratta generalmente di ortogneiss da occhiadini a listati, a due miche, di
composizione da granitica a granitico-dioritica. La foliazione è sempre
planare, talora milonitica, con superfici irregolari dovute agli occhi di
feldspato. In alcune aree si osservano facies scarsamente deformate con
tessiture intrusive primarie ben conservate. Sono composti da quarzo,
plagioclasio e K-feldspato, biotite e/o muscovite. La biotite è spesso
cloritizzata. Accessori sono apatite, zircone, titanite, ortite e ossidi di

33
Figura 25: Micascisti a clorite e sericite (OME) affioranti al punto 6 (Fig. 24. Si
notino le strutture S-C caratterizzanti una fascia cataclastica.

34
Figura 26: Micascisti a clorite e sericite (OME) affioranti al punto 6 (Fig. 24.
Particolare delle stutture S-C presenti nelle fasce cataclastiche.

35
Figura 27: Micascisti a clorite e sericite (OME) affioranti al punto 6 (Fig. 24.
Particolare di una faglia sub-verticale che interseca la fascia cataclastica.

36
Figura 28: Micascisti a clorite e sericite (OME) affioranti al punto 6 (Fig. 24.
Visuale di una fascia cataclastica.

37
Figura 29: Micascisti a clorite e sericite (OME) al punto 5 (Fig. 24). Specchio di
faglia con gradini di faglia che indicano come il blocco sommitale sia sceso rispetto
a quello in figura (faglia normale). Giacitura piano di faglia: 281o -80o , pitch 76o
est

38
Figura 30: Micascisti a clorite e sericite (OME) al punto 5 (Fig. 24). Fascia
cataclastica a forma di cuneo. Si noti l’evidente fratturazione pervasiva e caotica
della roccia entro la fascia, dall’aspetto molto meno competente rispetto alle zone
circostanti di aspetto massivo, debolmente anisotropo.

39
ferro (Montrasio et al. 2012).
Questa litologia rientra entro la classe geomeccanica ”gneiss e quarziti”
di Pozzi et al. (1990).

• Prasiniti (OPS): rocce intercalate nei micascisti a clorite e sericite,


in particolare nella fascia settentrionale. Se ne hanno tre tipologie
principali (Argenton et al. 1980 fide Montrasio et al. 2012):

– scisti prasinitici verde-chiaro, finemente scistosi e spesso fitta-


mente pieghettati, costituiti da prevalente clorite, con epidoto,
actinolite, albite, e con scarso quarzo, carbonato e miche.
– prasiniti verdi con ocelli albitici bianchi, a actinolite, epidoto,
clorite e albite in porfiroblasti di alcuni millimetri di diametro.
– prasiniti micacee (ovardiche), ad albite ocellare, con clorite, epi-
doto, mica bianca, quarzo e carbonati.

In tutte e tre le litologie sono presenti quantità accessorie di titanite,


apatite, tormalina, biotite, pirite e ossidi di ferro.
Localmente si rinvengono nuclei lentiformi pluridecimetrici costituiti da
relitti di metagabbri a grana da media a grossolana, spesso con netto
struttura flaser con plagioclasio saussuritizzato, epidoto, mica, albite
e calcite, con associato anfibolo in grossi cristalli verdi o neri fino a 2
cm di lunghezza, clorite, quarzo e biotite cloritizzata.

Conclusioni
L’area immediatamente a nord di Bormio e della bassa Valfurva, di interesse
per l’imbocco sud e per il primo tratto dello scavo del traforo, è caratterizzata
dalla diffusa presenza di micascisti a clorite e sericite intensamente tettoniz-
zati, con frequenti fasce cataclastiche di 2-3 m distanziate di 50-100 m. La
presenza di queste fasce cataclastiche rende ancora più critica la qualità geo-
meccanica del litotipo, già interessato nelle zone non tettonizzate dalla forte
anisotropia e dall’abbondante presenza di discontinuità legata alla scistosità
della roccia.
Le fasce cataclastiche potrebbero anche essere sede di venute d’acqua impor-
tanti (alta permeabilità) data la spaziatura osservata sugli affioramenti tra i
piani della scistosità in queste fasce (fino a 5cm).

40
5.2.2 Linea dello Zebrù
Il limite superiore della Falda Campo (Unità di Peio) è marcato dalla Linea
dello Zebrù, che la mette in contatto tettonico con le sovrastanti unità dolo-
mitiche della Falda Campo (Figg. 21, 22, 23).
Il lineamento affiora estesamente parallelamente all’andamento della Valfur-
va, con elevata pendenza. E’ stato osservato lungo la strada statale 38 che
collega Bormio al Passo dello Stelvio, prima della galleria a sud dei Bagni
Vecchi (punto 1; Fig. 24). Il lineamento è marcato dalla prima falesia di dolo-
mia, Dolomia di Wetterstein, che si eleva distintamente perpendicolarmente
alla strada in netto contrasto con il pendio dolce erboso che caratterizza la
zona a sud della falesia, zona di affioramento dei meno competenti micascisti
dell’Unità di Peio. Sul versante opposto della valle dell’Adda, sul versante
est del Monte delle Scale, si vede distintamente il passaggio verso nord dai
pendii dolci zona di affioramento dei Micascisti e le pareti verticali e molto
meno ricche di vegetazione di Dolomia di Wetterstein e Dolomia Principale
(Fig. 31).
La Dolomia di Wetterstein (WET) affiorante a contatto coi micascisti
lungo la strada statale appare fortemente tettonizzata: la stratificazione è
indistinta e si hanno zone brecciate con elementi singoli di 2 * 5 cm separati
da giunti aperti o riempiti da calcite. Queste aree possono formare fascie ca-
taclastiche subverticali dello spessore di 2-3m. Zone più massive presentano
fratture, dalla spaziatura metrica, localmente aperte. Le zone cataclastiche
(faglie) come le fratture nelle zone massive sono associabili in due sistemi
principali di fratturazione, riconoscibili nelle proiezioni stereografiche (Fig.
32).
Si è osservata la presenza di una sorgente, alimentata da una zona cata-
clastica fortemente conduttiva (alta permeabilità). L’acqua sembra derivare
dall’alto (Fig. 33), dunque il livello della falda in risalita è probabilmente
superiore di quota alla strada.

Lo stesso lineamento è stato osservato in panoramica da Bormio 2000


(punto 8, Fig. 24), località da cui si può osservare l’intera parete che chiude
a nord la conca di Bormio e l’imbocco della Valfurva (Fig. 34). Si sono
osservati alla base della Falda Ortles (le pareti di Dolomia Principale) dei
corpi lentiformi bianchi, dei gessi. Questi corpi lentiformi, delle dimensioni
di alcune centinaia di metri in lunghezza e larghezza sono presenti irrego-
larmente da sopra la piana di Bormio fino alla base delle pareti di Dolomia

41
Figura 31: Veduta verso il Monte delle Scale (stop 1; Fig. 24).

42
Figura 32: Proiezione stereografica mostrante i due sistemi di fratture riconosciuti
all’interno della Dolomia di Wetterstein presso la Linea dello Zebrù (punto 1): 1-
230o -50o 2- 150o -50o .

43
Figura 33: Dolomia di Wetterstein presso la Linea dello Zebrù (punto 1; Fig.
24): particolare della sorgente osservata (dove si trovano i due operatori) im-
mediatamente sotto una fascia cataclastica bagnata, lungo cui percola l’acqua di
falda.

44
Principale (Falda Ortles): testimoniano la presenza di una zona di scaglie
tettoniche irregolare ricca in gessi, zona di debolezza lungo cui si è innestato
il movimento di sovrascorrimento della rigida falda Ortles sull’Unità di Peio.

Conclusioni:
La zona del Lineamento dello Zebrù è caratterizzata da un’ intensa frat-
turazione dei litotipi dolomitici ad esso adiacenti (Dolomia di Wetterstein,
Formazione della Val Forcola), che dunque perdono le loro discrete proprietà
geomeccaniche (Pozzi et al. 1990).
In vicinanza del lineamento bisogna inoltre aspettarsi in sottosuolo la presen-
za di lenti di evaporiti, gesso, dalle proprietà geomeccaniche pessime (Pozzi
et al. 1990).
A queste problematiche sono da associarsi quelle legate all’idrogeologia, già
trattate nella sezione precedentemente dedicatavi.

5.2.3 Falda Ortles


La Linea dello Zebrù mette a contatto i micascisti dell’Unità di Peio (Falda
Campo) con le sovrastanti unità dolomitiche della Falda Ortles (Figg. 21,
22, 23). Tutte le unità della Falda rientrano nella classe litotecnica “Calcari
e Dolomie” della classificazione di Pozzi et al. (1990).
Si hanno, in ordine stratigrafico, seppure poi questo sia variamente stravolto
dalla tettonica compressiva che porta varie scaglie tettoniche a sovrascorrere
l’una sull’altra, dal basso (Ladinico) all’alto (Retico):
• Dolomia di Wetterstein (WET): (o “Vallatscha Formation”) dolomie di
probabile età ladinica affioranti in scaglie presso la Linea dello Zebrù.
Il corpo presso i Bagni Becchi raggiunge alcuni metri di spessore; altri
affioramenti significativi sono presenti nel settore della Val di Trafoi.
Si tratta di dolomie scure, dall’aspetto massiccio, a stratificazione da
indistinta ad amalgamata (piattaforma interna; Ladinico). La tettoniz-
zazione è spesso distruttiva: l’unità si può presentare come una breccia
tettonica (Montrasio et al. 2012).

• Formazione della Val Forcola (FOR): (o “Raibl Group”) lembi carbo-


natici affioranti presso la Linea dello Zebrù, sia in Val Zebrù che in
Val Solda. Le scaglie raggiungono spessori massimi di poche decine di

45
Figura 34: Panoramica da Bormio 2000 (Punto 8; Fig. 24) verso il versante a nord
di Bormio. Si nota chiaramente la differenza geomorfologica tra i pendii dolci
delle aree di affioramento dei Micascisti a clorite e sericite (OME) e quelli oltre la
Linea dello Zebrù di Dolomia di Wetterstein (WET) e Dolomia Principale (HDA).
Verso est è importante notare due lenti gessifere di Formazione di Forcola (FOR):
la posizione di una di queste al di sotto del sovrascorrimento principale mette in
luce la complessa conformazione dell’area interessata dal sovrascorrimento, oltre a
dimostrare la presenza attorno al sovrascorrimento di lenti evaporitiche.

46
metri.
Si hanno dolomie grigie con laminazioni stromatolitiche in strati di spes-
sore compreso tra 3 e 10 cm, con sottili giunti pelitici neri (“Minger
Formation”, mare basso), brecce a clasti intraformazionali dolomitici,
di dimensioni tra 10-30 cm, sia a supporto di clasti che di matrice di
materiale ibrido, con localmente ridotti corpi arenacei presso la linea
dello Zebrù (“Valbella Member, Fanez Formation”, fasi di emersione),
gessi cristallini bianchi massicci, contenenti nuclei di anidrite (FORg ,
margini evaporitici; Carnico).
Nell’area i gessi costituiscono cinque corpi principali di spessore pluri-
metrico, uno ubicato in alta Valle Uzza, sul versante sud della Cresta
di Reit, uno ubicato presso il Piz Umbrail, un terzo nel settore orien-
tale della Val Trafoi, il quarto al di sopria delle dolomie del Coston di
Gomagoi e il quinto in alta Val Peder (Montrasio et al. 2012). Si ri-
manda a Montrasio et al. (2012) per la localizzazione precisa dei corpi
di gesso.

• Dolomia Principale: (o “Hauptdolomit”, Dolomia del Cristallo). Unità


spessa 1000-1200 m di dolomie in strati decimetrici, spesso amalgama-
ti, con frequenti livelli microbialitici, laminazioni parallele e gradazioni
dirette. Le facies sono generalmente fini, anche se non mancano livelli
doloarenitici talora bioclastici. Sono frequenti intercalazioni metriche
più scure, costituite da dolomie generalmente fini in strati sottili (piat-
taforma carbonatica; Norico).
Ove possibile Montrasio et al. (2012) hanno distinto delle facies di piat-
taforma interna (HDAc ), con dolomie stratificate a massicce spesso in
cicli shallowing upward con porzioni inferiori bioclastiche scure, delle
facies di rampa carbonatica (HDAb ), dolomie generalmente stratificate
con prevalenti doloareniti intra-bioclastiche e dolomie fini, e delle facies
di pendio (HDAa ), corpi lentiformi plurimetrici di brecce dolomiticihe
intraformazionali, spesso con base erosionale, dai clasti spigolosi di di-
mensioni fino a plurimetriche (mediamente decimetriche). La presenza
delle brecce è legata a fenomeni tettonici sindeposizionali associati a
fenomeni di instabilità dei pendii sottomarini).
Il limite superiore della formazione è con la Formazione di Pra Gata; si
tratta di un limite graduale e non ben definito, indicato dal prevalere di
facies più francamente subtidali con frequenti fenomeni di risedimenta-
zione in massa (Montrasio et al. 2012).

47
La Dolomia Principale è stata osservata in affioramento nell’intaglio
della valle del Torrente Braulio, presso il ponte sul Torrente dei Vitelli
(punto 3, Fig. 24). In questa località è stata osservata all’interno della
formazione una faglia, con giacitura 24o -85o , associata ad una fascia
cataclastica di spessore decimetrico, caratterizzata da una breccia in-
traformazionale ad elementi di circa 2 * 5 cm, con diffuso riempimento
di cemento calcitico. La fuoriuscita di gocce d’acqua da questi orizzon-
ti cataclastici indica che la porosità nelle brecce non è completamente
occlusa dal cemento calcitico, per cui risultano permeabili (Figg. 36 e
37).

• Formazione di Pra Gata (GAA): alternanze di dolomie subtidali scure,


in strati sottili, con laminazioni e gradazioni dirette, brecce a clasti
dolomitici (intraformazionali e di Dolomia Principale) e calcari scuri in
strati sottili (condizioni subtidali; Norico).
La Formazione di Pra Gata è stata rilevata nel settore compreso tra
la zona del Monte Cristallo ad ovest ed il settore del Gran Zebrù ad
est. Verso nord si chiude stratigraficamente all’altezza dell’Otles. Lo
spessore è variabile, anche se mediamente sembra attestarsi attorno ai
100 metri nelle zone più orientali e superare i 150 metri nelle zone ad
occidente.
Il limite superiore con il Calcare di Quattervals è un limite transizionale,
caratterizzato dal passaggio a prevalenti calcari neri stratificati ed una
diminuzione delle facies dolomiticihe e delle brecce. Localmente al di
sopra della Formazione si osserva un ritorno con limite graduale a facies
della Dolomia Principale (Montrasio et al. 2012).

• Calcare di Quattervals: calcari neri, in strati generalmente sottili (5-20


cm) e raramente più spessi (fino a 80-100 cm). Localmente sono rico-
noscibili livelli calcarenitici intra-bioclastici e orizzonti calciruditici. In
alcune aree si hanno calcareniti che presentano noduli di selce incipien-
te (bacino intrapiattaforma; Norico).
Lo spessore dell’unità è variabile: le lenti calcaree intercalate nella Do-
lomia Principale dell’Australpino raggiungono qualche decina di metri
di spessore, mentre verso oriente il Calcare di Quattervals supera i 200-
250 metri.
Il limite superiore è in gran parte mancante a causa dell’erosione, local-
mente con la Formazione di Pra Gata, con limite graduale e segnato dal

48
ritorno a facies prevalentemente dolomitiche subtidali. In altri settori
(Madriccio) il limite superiore è con la Formazione di Fraele: il limite
è dato dalla comparsa di argilliti e calcari scuri.

• Formazione di Fraele: (o “Kossen Formation”) alternanze di calcari


scuri in strati decimetrici e argilliti scure. Nelle zone più deformate
(versante SE del Monte Braulio, fondovalle della Valle del Braulio) l’u-
nità è costituita da calcari scuri ricristallizzati, con pieghe sradicate e
amigdali centimetriche costituite da calcari più massicci o da rare lenti
di materiale originariamente argilloso (condizioni subtidali; Norico su-
periore - Retico).
Lo spessore varia da poche decine di metri a oltre 250-300 metri.
Le osservazioni svolte lungo l’intaglio della valle del Torrente Brau-
lio (SS 38) hanno permesso di osservare l’intensa tettonizzazione della
formazione (punti 2 5; Fig. 24): la stratificazione risulta caotica e
irregolare, mentre si mantiene più coerente nelle adiacenti scaglie di
Dolomia Principale (Fig. 35).
Conclusione La falda Ortles è costituita da litologie carbonatiche di
media competenza (Pozzi et al. 1990) variamente interessate dalla tettoni-
ca alpina. Le aree più critiche sono quelle dei sovrascorrimenti alpini (e.g.
Linea dello Zebrù, Linea Trupchun-Braulio), nei pressi dei quali le litologie
carbonatiche assumono un aspetto caotico a cataclastico (e.g. Formazione
di Fraele, Dolomia di Wetterstein), cui seguono le aree interessate da faglie
minori, cui sono comunque associate aree di danno decimetriche che potreb-
bero causare problemi sia per la perdita di proprietà meccaniche delle rocce
sia per le venute d’acqua.
Dalle osservazioni di terreno risulta chiaro come si abbiano delle formazioni
meno competenti dove la tettonica ha causato una completa caoticizzazione
della stratificazione originale (e.g. Fraele) e invece altre più competenti nelle
quali la tettonica si manifesta con la presenza di faglie isolate associate a
sottili fasce cataclastiche decimetriche (e.g. Dolomia Principale).
Si rimanda alle sezioni tracciate (Figg. 21, 22, 23) per la disposizione spaziale
nel sottosuolo delle varie unità e dei lineamenti.

5.2.4 Zona a scaglie Umbrail-Cavalatsh


Il Sistema della Linea Trupchun-Braulio separa la Falda Ortles dalla so-
vrastante Zona a Scaglie Umbrail-Chavalatsh. Quest’ultima è costituita da

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Figura 35: Valle del Braulio (SS 38), versante idrografico destro, punto 5 (Fig. 24).
Si noti l’intensa formazione della scaglia tettonica formata da litologie carbonati-
che della Formazione di Fraele (FRA) e della Dolomia Principale (HDA) tra due
competenti scaglie di Dolomia Principale (HDA). Situazioni strutturali complesse
come questa potrebbero essere incontrate durante lo scavo in sottosuolo.

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Figura 36: Specchio di faglia in Dolomia Principale; Valle del Braulio, punto 3
(Fig. 24).

51
Figura 37: Fascia cataclastica con brecciola riempita da cemento calcitico associata
a faglia; Valle del Braulio, punto 3 (Fig. 24).

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unità di basamento cristallino (Ortogneiss granitici e granodioritici-COJ, pa-
ragneiss biotitici o a due miche-CQP) cui sono sovrapposte unità di copertura
mesozoica (e.g. Dolomia Principale, Forcola). La quota di questo contatto
tettonico nell’area di studio si aggira tra i 2000 e i 2500 m, dunque è impro-
babile che il progetto del traforo giunga a interessare la Zona.
Risulta tuttavia interessante notare alcune criticità legate al lineamento: dal
Passo dello Stelvio (punto 4, Fig. 24) si è osservato verso nord-est la parete
del Piz Umbrail (Fig. 38). Il contrasto morfologico tra le unità di basamen-
to e le sovrastanti dolomie è netto, indicante la maggiore competenze delle
seconde, e analogo a quello osservato presso la Linea dello Zebrù.
Nei pressi del lineamento basale della Zona a Scaglie si osservano delle lenti
bianche evaporitiche: si tratta di carniole tettonizzate con tessitura a cel-
lette, con clasti di varia grandezza delle filladi incassanti, dolomie, gessi e
rare serpentiniti. Spesso sono disgregate al punto da formare delle sabbie
grigio-marroni (Montrasio et al. 2012). Le lenti evaporitiche, come nel caso
della Linea dello Zebrù, indicano la superficie di debolezza lungo la quale si
è innestata la rottura tettonica e il sovrascorrimento.

Conclusioni
La Zona Umbrail-Chavalatsch mostra una associazione di litologie del tut-
to analoghe a quelle incontrate nelle Falde Campo e Ortles, dunque biso-
gna aspettarsi le stesse proprietà geomeccaniche e le stesse problematiche
idrogeologiche-carsiche.
Il Sistema della Linea Trupchun-Braulio presenta localmente delle lenti ges-
sifere che possono causare problemi legate alla scarsa competenza dei gessi
(Pozzi et al. 1990) e alla presenza di solfati aggressivi nei confronti dei cemen-
ti nei pressi del lineamento, in corrispondenza dei quali bisogna aspettarsi
una forte permeabilità.
Non è da escludere un sistema idrogeologico al contatto basamento-dolomie
simile a quello osservato presso la Linea dello Zebrù.
E’ comunque fortemente improbabile che questa zona venga interessata dal
progetto di scavo del traforo data la quota topografica a cui si trova.

5.2.5 Val di Trafoi: Unità di Lasa


L’area della Val di Trafoi è caratterizzata dalle litologie contenute entro la
Unità tettonica di Lasa, Falda Campo, unità di basamento (Figg. 21, 22,

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Figura 38: Veduta del Piz Umbrail (NO) dalla Cima Garibaldi (SE). Sono ripor-
tati i sovrascorrimenti principali, segnati anche nel foglio geologico CARG 024
Bormio 1:50.000 (Montrasio et al. 2012). Il contatto COJ-HDA è il contatto tra
il cristallino Chavalatsch e il sedimentario Umbrail.

23). L’unità è costituita da paragneiss e micascisti; ad essi si alternano estesi


corpi e sottili livelli di ortogneiss. Nei paragneiss e micascisti si intercalano
sottili bande concordanti di marmi, anfiboliti e quarziti.
Nell’area di interesse è preponderante la presenza di metagraniti tardo-varisici,
molto laminati presso la linea di Zumpanell-Lasa. I corpi più estesi e spessi
affiorano sopra Gomagoi, sul promontorio che divide la Valle di Trafoi dalla
Val Solda. La roccia ha un aspetto massiccio, ma in genere e alquanto sci-
stosa, fino a milonitica in prossimità della linea di Zumpanell-Lasa. Si tratta
di metagraniti a due miche, a grana da media a grossa. L’associazione mi-
neralogica consiste di porfiroclasti di microclino e plagioclasio saussurizzato,
in una matrice di quarzo, mica bianca e biotite, epidoto, zircone, granato,
clorite.
Queste rocce appartengono alla Classe 3, “gneiss e quarziti”,

Conclusioni L’area della Val Trafoi è caratterizzata da litologie gneissi-


che di basamento ad alta competenza, tuttavia interessate localmente da in-
tensa tettonizzazione fino a milonitizzazione in corrispondenza dei lineamenti
tettonici principali (e.g. Linea del Sempione, Linea Zumpanell-Lasa).

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