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MISURE
MECCANICHE
Prof. Adolfo Senatore
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Corso di Misure Meccaniche A.A. 2008/2009 A cura di Tiano Francesco Antonio
INDICE
1. MISURE E MISURAZIONE
1.1. Considerazioni generali pag. 5
1.2. Definizioni pag. 6
1.3. Grandezze fisiche fondamentali e derivate pag. 7
1.4. I sistemi di misura del passato pag. 8
1.4.1. Il sistema inglese pag. 8
1.4.2. Il sistema CGS pag. 8
1.4.3. Il sistema pratico pag. 9
1.5. Il sistema S.I. pag. 9
1.6. Scale di temperatura pag. 10
1.7. Cifre significative pag. 11
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6. MISURE DI DEFORMAZIONE
6.1. Generalità pag. 45
6.2. Estensimetri a resistenza elettrica pag. 45
6.2.1. Influenza della temperatura pag. 46
6.2.2. Rosette di estensimetri pag. 47
6.2.3. Trasduttore di forza strain-gage pag. 47
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8. MISURE DI TEMPERATURA
8.1. Generalità pag. 52
8.2. Principio di funzionamento di una termocoppia pag. 52
8.2.1. Potere termoelettrico pag. 52
8.2.2. Legge delle temperature successive pag. 53
8.2.3. Errori nella misura pag. 54
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1. MISURE E MISURAZIONE
1.1. Considerazioni generali
Gli scopi per cui viene utilizzato un sistema di misura sono molteplici; lo scopo della misura è
quello di controllare un processo, come ad esempio un termostato, tarare uno strumento o misurare
un parametro ignoto.
Fig. 1.1.
In questa figura viene riportato uno schema per l’esecuzione di una misura con lo scopo di
aumentare la comprensione di un fenomeno parzialmente conosciuto, la quale può essere
considerata come la finalità principale del misurare.
Del sistema fisico in questione si ha una serie di conoscenze qualitative, derivanti da precedenti
esperienze, che porta alla definizione di un modello preliminare il quale permette di formulare delle
ipotesi da utilizzare nella scelta o progettazione dello strumento di misura.
All’uscita dello strumento si ottengono delle informazioni che si vanno a confrontare col modello
preliminare per scegliere eventualmente un nuovo modello.
Il processo fisico in questione è in parte già conosciuto sia come fenomeno principale, sia come
fenomeni secondari. Nei fenomeni secondari si considerano le grandezze di disturbo.
Le grandezze di disturbo non identificabili possono avere una influenza piccola o grande; rimane
sempre e comunque una certa incertezza nel misurare.
Una misura è di carattere tecnico-scientifico solo se è riproducibile. La riproducibilità non è mai
assoluta, è assicurata solo entro certi limiti teorici.
Nello stesso processo conoscitivo si possono verificare errori dovuti alle seguenti ragioni:
− impossibilità di raggiungere la “cosa in sé”; in altre parole la complessità e la natura dell’oggetto
sono irraggiungibili dal pensiero umano;
− “traduzione” del fenomeno in un’immagine concepita nel linguaggio interiore del sistema
analizzatore; dalle misure emergono molte informazioni e di queste hanno significato solo
quelle che si è riusciti ad ipotizzare prima;
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Corso di Misure Meccaniche A.A. 2008/2009 A cura di Tiano Francesco Antonio
Le informazioni di misura che si ottengono derivano dalla conoscenza dell’uscita dello strumento
(gu) e del fenomeno in ingresso (gi), alle quali occorre aggiungere le grandezze di influenza che
alterano il processo.
Fig. 1.2.
L’incertezza sulla grandezza che si vuol misurare (gi), può essere causata dall’interferenza dello
strumento di misura sull’ambiente. La grandezza d’ingresso non è ben definita; c’è incertezza nel
descrivere il modello della grandezza che si vuol misurare.
Anche le grandezze di disturbo non si conoscono bene e concorrono ad aumentare l’incertezza del
valore in uscita dello strumento.
Indagando con spirito critico l’azione del misurare si scopre che la misura non è un numero, ma è
data dall’associare un numero e un intervallo d’incertezza a un certo fenomeno, di cui si è stabilito
il fenomeno di riferimento (unità di misura).
Secondo la definizione euclidea la misura è il rapporto tra grandezza misurata e l’unità di misura.
La tendenza attuale è di esprimere la misura con insiemi confusi (fuzzy sets) nei casi in cui non è
consentita l’individuazione di un numero nell’intervallo di misura.
1.2. Definizioni
Esistono diverse norme per la definizione dei concetti coinvolti nel processo della misurazione fra
cui si ricordano Misure e misurazioni termini e definizioni fondamentali UNI 4546.
− Misura: informazione costituita da un numero, un’incertezza ed un’unità di misura, assegnata a
rappresentare un parametro in un determinato stato del sistema.
Nell’effettuare la misura è importante definire lo stato del sistema, il quale è descritto da un
certo numero di variabili di stato.
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− Incertezza: intorno limitato del valore di un parametro, corrispondente agli elementi della fascia
di valore assegnatogli come misura.
− Unità di misura: termine di riferimento adottato per convenzione, per confrontare una
grandezza con altre della stessa specie.
− Parametro: ogni grandezza pertinente a un sistema alla quale è necessario assegnare valori per
descrivere il sistema stesso, la sua evoluzione, e/o le sue interazioni con altri sistemi e con
l’ambiente.
− Stato del sistema: insieme dei valori assunti contemporaneamente dai parametri del sistema.
− Compatibilità delle misure: condizione che si verifica quando le fasce di valore assegnate in
diverse occasioni come misura dello stesso parametro nello stesso stato hanno almeno un
elemento in comune.
Perché misure diverse siano compatibili, è necessario e sufficiente che esista un elemento
comune a tutte le fasce di valore: un insieme di misure che soddisfa a questa condizione si dice
mutuamente compatibile.
− Incertezza intrinseca: è la minima incertezza che può essere assegnata nella misura di un
parametro.
− Modello: insieme organico di relazioni tra valori di parametri, descrivente le interazioni e la
evoluzione dei sistemi.
Il modello permette:
a) previsioni sul comportamento del sistema;
b) verifica della compatibilità tra misure diverse dello stesso parametro;
c) misura di un misurando per mezzo di misure sul altri parametri;
d) misura di parametri non misurabili con metodo diretto.
= ( ± ) ∙
Per raggiungere il massimo grado di semplicità un sistema di unità di misura dovrebbe essere:
− completo: le sue unità di grandezze fondamentali sono sufficienti a rappresentare
quantitativamente tutti i fenomeni;
− assoluto: le unità di misura sono invariabili nel tempo e riproducibili nello spazio;
− coerente: i fattori di conversione che compaiono nelle espressioni di prodotto o quoziente tra le
unità delle varie grandezze sono uguali ad uno;
− omogeneo: tutte le grandezze fisiche derivate e le relative unità di misura possono essere
ricavate dalle grandezze fondamentali e dalle loro unità, mediante espressioni monomie;
− decimale: tutti i multipli e sottomultipli delle unità di misura sono scelti secondo le potenze di
dieci;
− razionalizzato: i coefficienti numerici che compaiono nelle leggi sono scelti in modo che i
fattori irrazionali multipli di π appaiono solo in formule relative a configurazioni circolari,
sferiche o cilindriche, ma comunque non piane.
• Lunghezza (l)
Il metro (m), ovvero la distanza percorsa nel vuoto dalla luce nell’intervallo di tempo di
1/299792458 s.
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• Massa (m)
L’unità di misura è il kilogrammo (kg) che è la massa del cilindro di platino-ridio conservato al
Pavillon de Bretenil (Sévres), definito campione primario N. 1.
• Tempo (t)
L’unità di misura è il secondo (s) che è la durata di 9.192.631.770 periodi della radiazione emessa in
corrispondenza della transizione fra i due livelli dello stato fondamentale del cesio 133.
• Temperatura termodinamica (q)
L’unità di misura è il kelvin (K), che è la frazione di 1/273,16 della scala termodinamica del punto
triplo dell’acqua misurata con un termometro a ciclo di Carnot.
Per un intervallo di temperatura vale la stessa definizione e si usa lo stesso simbolo, la misura può
essere espressa anche in gradi Celsius. L’unità “grado Celsius” è uguale all’unità “kelvin”.
La temperatura Celsius t è definita dalla differenza t = T – T0 tra due temperature termodinamiche T
e T0 con T0 = 273.15 Kelvin.
• Intensità di corrente elettrica (i)
L’unità di misura è l’ampere (A) che è l’intensità di una corrente costante che percorrendo due
conduttori paralleli rettilinei, di lunghezza infinita, di sezione circolare trascurabile, posti alla
distanza di un metro l’uno dall’altro nel vuoto, produrrebbe tra questi conduttori una forza uguale a
2 · 10–6 N.
• Quantità di materia (n)
L’unità di misura è la mola (mol), che è la quantità di materia di un sistema che contiene tante entità
elementari quanti sono gli atomi in 0,012 kilogrammi di carbonio 12. Le entità elementari devono
essere specificate e possono essere atomi, ioni, elettroni, altre particelle, oppure gruppi specifici di
tali particelle.
• Intensità luminosa (I)
L’unità di misura è la candela (cd), che è l’intensità luminosa, nella direzione perpendicolare ad una
superficie di 1/600000 di metro quadrato di un corpo nero, alla temperatura di solidificazione del
platino alla pressione di 101325 N/m2.
• Angolo piano (a)
L’unità di misura è il radiante (rad), che è l’angolo piano compreso tra due raggi che, sulla
circonferenza di un cerchio, intercettano un arco di lunghezza pari a quella del raggio.
• Angolo solido (Ω)
L’unità di misura è lo steradiante (sr), che è l’angolo solido al centro che su una sfera intercetta una
superficie di area pari a quella del quadrato col lato uguale al raggio della sfera.
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• Scala Celsius
Introdotta nel 1742 dall’astronomo svedese A. Celsius, attribuisce valore 0 alla temperatura del
ghiaccio fondente e valore 100 a quella di ebollizione dell’acqua, quando la pressione è pari ad
un’atmosfera. L’intervallo tra questi due punti fissi è diviso in 100 parti uguali ciascuna delle quali è
detta grado Celsius (°C). La scala è poi estesa al di sopra dei 100 °C e al di sotto di 0 °C.
• Scala Fahrenheit
Introdotta dal fisico tedesco G. Fahrenheit nel 1714 attribuisce valore 32 alla temperatura del
ghiaccio fondente e valore 212 a quella di ebollizione dell’acqua, quando la pressione è di
un’atmosfera. La centoottantesima parte del dislivello esistente tra i due punti fissi è il grado
Fahrenheit t°F alla temperatura Celsius t°C è data dalla somma °
= 95 ° + 32.
Fahrenheit. Questa scala è usata nei Paesi anglosassoni. La relazione che lega la temperatura
• Scala Réamur
Introdotta nel 1720 dal fisico francese A. R. Réamur attribuisce valore 0 alla temperatura del
ghiaccio fondente e valore 80 a quella di ebollizione dell’acqua, quando la pressione è di
un’atmosfera. L’ottantesima parte del dislivello tra questi due punti fissi è il grado Réamur (°r). tale
scala è ormai in disuso.
• Scala Kelvin
Introdotta nel 1847 da Lord Kelvin attribuisce valore 273,15 alla temperatura del ghiaccio fondente
e valore 313,15 a quella di ebollizione dell’acqua quando la pressione è di un’atmosfera. Il grado
kelvin (K) è la centesima parte del dislivello tra tali punti fissi. Lo zero di questa scala coincide con
il cosiddetto zero assoluto, perciò viene spesso chiamata scala assoluta delle temperature.
• Scala Rankine
Introdotta nel 1860 dal fisico inglese Rankine è una scala assoluta riferita alla scala Fahrenheit. Essa
assegna valore 491,67 alla temperatura del ghiaccio fondente e valore 671,67 a quella di ebollizione
dell’acqua, alla pressione di un’atmosfera. Il grado Rankine (°R) è la 180a parte del dislivello tra i
due punti fissi. Anche tale scala è in disuso.
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1,5 ∙ 3 = 4,5 ≅ 5 = 1, 6) ≅ 2
%,&
'
Con questa regola di determinazione delle cifre significative si perde la proprietà associativa del
prodotto/rapporto:
(1,2 ∙ 2,3) ∙ 3,4 = 2,8 ∙ 3,4 = 9,5
1,2 ∙ (2,3 ∙ 3,4) = 1,2 ∙ 7,8 = 9,4
I risultati sono evidentemente diversi.
Esistono alcune eccezioni, a titolo di esempio si mostrano il caso in cui il numero 2 non è un
vincolo:
− nel calcolo della circonferenza , = 2 ∙ - ∙ ., il 2 indica appunto il doppio di - ∙ .;
− nell’elevazione a potenza 3,55/ , il 2 non è un vincolo;
• Addizione/sottrazione
Prima di poter procedere ad una addizione o ad una sottrazione bisogna esprimere gli addendi nella
stessa potenza di dieci scegliendo la più grande come quella di riferimento, nel calcolo finale guida
il numero più povero di decimali:
2,32 + 12 ∙ 102 = 0,232 ∙ 102 + 12 ∙ 102 = 12 ∙ 102
Anche per l’addizione/sottrazione si perde la proprietà associativa.
3,8%,3% = 22 ∙ 10/ 3,82%,3 = 21 ∙ 10/
log2& 3,45 = 0,538 " /,' = 10
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Fig. 2.1.
La sensibilità statica assoluta può essere in generale definita come la pendenza della curva di
:;(8)
taratura:
7(8) ≡
:8
Indicando con umin la portata minima, umax la portata massima e x(umax) il valore di fondo scala,
andiamo a definire la sensibilità statica media:
1 DEFG
1 DEFG
:;(8) ;<=> − ;<@A
7< = B 7(8)C8 = B C8 ≈
8<=> − 8<@A DEHI 8<=> − 8<@A DEHI :8 8<=> − 8<@A
Nel caso in cui la curva di taratura è un segmento di retta si dice che lo strumento è lineare. Accanto
a questi strumenti ne esistono numerosi altri a caratteristica quadratica o logaritmica.
Quando in uno strumento la relazione tra x ed u non è perfettamente lineare ma la curva di taratura,
in un certo campo di valori, può essere approssimata da un segmento di retta, entro tale campo di
valori lo strumento si può considerare lineare.
Fig. 2.2.
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• Non linearità
In alcuni casi risulta utile separare gli errori di linearità dagli altri tipi di errore quali quelli di
ripetibilità, di risoluzione, di isteresi e simili, in quanto questi ultimi hanno caratteristica di
distribuzione casuale, mentre i primi sono errori deterministici e quindi valutabili una volta nota la
curva di taratura completa.
La retta che si assume come caratteristica equivalente di una curva di taratura non lineare può essere
tracciata con vari criteri.
In molti casi si usa la retta che rende minima la somma dei quadrati degli scarti. In questo caso è
possibile che la retta non passi per l’origine e per il punto di taratura corrispondente al fondo scala.
K%NO
Nel primo caso il valore dell’indicazione dello strumento vale:
;(8) = 7< ∙ 8 ∙ M1 ± P
100
Nel secondo caso l’incertezza viene assegnata sul fondo scala e poi viene ripetuta fino all’origine. Il
valore dell’indicazione dello strumento vale:
Inoltre esiste una rappresentazione ibrida tra il valore corrente ed il fondo scala.
La curva caratteristica dello strumento è confinata all’interno dell’intervello di non linearità.
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• Isteresi
Quando in uno strumento la caratteristica ottenuta per valori crescenti dell’ingresso è diversa da
quella che sia ha per valori decrescenti dell’ingresso si parla di errori di isteresi.
Fig. 2.4.
Diverse cause possono essere alla base di questo comportamento: nei fenomeni elettrici esso è
dovuto essenzialmente all’isteresi magnetica, in quelli meccanici alla isteresi elastica; in generale è
presenta ogni qualvolta l’energia immessa nello strumento in fase di carica non è restituita
interamente nella fase di scarica.
• Mobilità e risoluzione
L’errore di mobilità, detto anche errore di soglia (o incertezza di zero) se è riferito allo zero, in
genere può presentarsi in tutta la scala dello strumento; un esempio tipico è quello dei trasduttori che
impiegano un potenziometro a filo avvolto, nei quali la resistenza compresa tra un terminale fisso ed
il cursore varia di una quantità discreta, corrispondente ad una spira di filo.
Fig. 2.5.
X= X=
La corrente I che circola nel circuito sappiamo valere:
W(;) = =
.(;) Z(;)
Y 7
quindi risulta variabile al variare di x poiché è la resistenza che varia al variare dello spostamento x.
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La resistenza si può vedere come somma di un valore fisso e di un valore che varia con lo
Y ;
spostamento:
Fig. 2.6.
Incertezza di deriva: si ha quando l’uscita non è stabile nel tempo. Per esempio in una centralina
estensimetrica può variare l’uscita a causa della variazione di resistenza del ponte di Wheatstone per
effetto Joule.
Incertezza di banda morta: la somma degli effetti di deriva, risoluzione e mobilità possono essere
raggruppati tra loro definendo una banda, intorno alla curva ideale di possibile variazione
dell’uscita.
• Dinamometro ad estensimetri
Si consideri un dinamometro ad estensimetri e si voglia calcolare l’effetto della temperatura
sull’uscita
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La temperatura ha un triplice effetto: fa variare il valore della resistenza per cui anche se non c’è
alcuna forza applicata si ha un segnale in uscita diverso da zero; fa variare la lunghezza sia
dell’elemento elastico che della griglia di misura; inoltre la temperatura fa variare il modulo di
elasticità della barra considerata come elemento elastico, quindi a parità di forza applicata varia la
deformazione e quindi la sensibilità del dinamometro. Quindi la temperatura agisce come ingresso
di interferenza e produce, tra l’altro, una deriva dallo zero.
• Accuratezza
L’accuratezza è la qualità metrologica di strumenti o di misure in cui gli errori sistematici sono
piccoli.
L’errore di accuratezza può essere valutato come somma algebrica di tutti gli errori sistematici
Operando a posteriori, l’errore di accuratezza "= può venire calcolato come differenza tra la media
presenti in determinate condizioni di impiego.
∑A@d2(;@ − ;_ )/
7` = b
−1
cioè la media quadratica tra n misure ;@ della stessa grandezza e il loro valore medio ;_ .
− l’errore limite di ripetibilità
l’intervallo compreso tra (;_ ± 7` ) in cui una misura estratta a caso ha il 95% di probabilità di
pari al doppio dello scarto tipo, che nell’ipotesi di distribuzione gaussiana degli errori determina
cadere;
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− il campo di ripetibilità
definito come differenza tra il valore massimo xmax e il valore minimo xmin ottenuti in un numero n
di misure ripetute in condizioni ambientali costanti.
• Classi di precisione
Per gli strumenti elettrici si utilizza la definizione di “classe di precisione” in cui al posto dell’errore
assoluto massimo si considera il valore relativo di quest’ultimo espresso in per cento del fondo
∆;RS
scala:
∙ 100 =
;RS
Le norme CEI prevedono la seguente tabella di classi di precisione:
Strumenti da laboratorio Strumenti portatili per Strumenti indicatori portatili
Impiego per misure di precisione misure e da quadro
di controllo
Indice di 0,05 0,1 0,2 0,3 0,5 1 1,5 2,5 5
Quindi, ad esempio, se un voltmetro con portata 300 V è in classe 0,5, ciò vuol dire che la misura
può essere affetta da un errore massimo di 1,5 V in qualunque punto della scala si effettui la misura.
L’errore relativo cresce con legge iperbolica per misure che si avvicinino all’inizio della scala.
Perciò se con il voltmetro suddetto si esegue la misura di una tensione di 30 V, l’errore relativo
percentuale possibile è del 5%.
Quando la precisione di uno strumento è indicata mediante la classe di precisione è opportuno
utilizzare solo i 4/5 superiori della scala.
• Riferibilità
La riferibilità è la qualità metrologica che acquisisce uno strumento di misura quando viene
sottoposto a taratura impiegando misurandi le cui misure sono state assegnate con riferimento a
campioni riconosciuti come primari.
Quando è stabilita la riferibilità dello strumento esso è in grado di produrre misure compatibili con
quelle prodotte dai campioni primari.
• Riproducibilità
La riproducibilità delle misure è il grado di concordanza tra i risultati di misurazione dello stesso
misurando quando le singole misurazioni siano condotte cambiando alcune condizioni come lo
strumento di misura, il luogo, il tempo, il metodo di misura, l’osservatore.
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∑hgd2 g ∙ ;g
[" ;_ =
∑hgd2 g
2
A A
"ef" ;_ = ij ;@ k
@d2
fe ;_ =
1
∑A@d2
;@
in cui n è il numero di elementi del campione di misure e ;@ è il generico valore di una di tali
misure.
dispersione dei valori intorno al valore medio e ha le stesse dimensioni delle misure ;@ :
Lo scarto quadratico o scarto tipo o deviazione standard s di un campione costituisce una stima della
∑A@d2(;@ − ;_ )/
= b
−1
Sviluppando tale relazione se ne ottiene una seconda più semplice per i calcoli:
∑A@d2 ;@/ − ;_ /
= b
−1
delle misure ;@ .
di quest’ultima una stima intorno al valore medio ma non ha il pregio di avere le stesse dimensioni
lettera greca m. Analogamente lo scarto tipo riferito all’intero universo si indica con la lettera greca
Se la media invece di essere riferita a un campione è riferita all’interno universo si indica con la
n.
∑A@d2(;@ − m)/
n=b
−1
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I dati possono essere raggruppati in diversi modi. Una prima forma di raggruppamento si può
osservare in Tab. 3.1. ove si sono sommati tutti gli elementi di ogni colonna facendone poi la media.
Tab. 3.1.
numero dei dati che appartengono a una determinata classe o si chiama frequenza della classe e
Una forma di raggruppamento molto più usata è quella delle classi di intervalli di appartenenza. Il
r p =
pd2
Nella Tab. 3.2. i dati della Tab. 3.1. sono raggruppati in nove classi.
Tab. 3.2.
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Per i dati raggruppati in classi, la media, lo scarto quadratico e la varianza possono essere calcolati
mediante le seguenti espressioni che risultano tanto più approssimate quanto più l’intervallo delle
classi è piccolo:
∑gpd2 p ∙ ;p
;ts =
grafica in cui si riportano in ascissa i valori centrali delle classi ;p , in ordinata le frequenze p .
La distribuzione delle singole misure nelle varie classi può essere illustrata da una rappresentazione
Fig. 3.1.
Oltre a questo tipo di diagramma si può usare la rappresentazione mediante un istogramma in cui si
riporta per ogni classe un rettangolo di base uguale all’ampiezza della classe e di altezza pari alla
frequenza.
Fig. 3.2.
22
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Fig. 3.3.
La rappresentazione delle frequenze cumulate si presta al calcolo del valore mediano delle misure
ottenute. Il valore mediano è la misura corrispondente all’elemento centrale degli n valori del
campione di dati (valore al di sotto del quale si ha il 50% dei dati).
la funzione della densità di probabilità (;) può essere rappresentata dalla legge di Gauss:
allontanare il risultato dal valore medio in più e in meno con uguale probabilità;
1 2 >vx {
(;) = " v/w
z
y
n√2-
in cui m è il valore medio e n è lo scarto tipo.
La (;) ha un andamento a campana centrata intorno al valore medio a cui corrisponde il massimo
1 0,399
delle probabilità:
[<=> = |(;)}>dx = ≈
n√2- n
Tale massimo è inversamente proporzionale allo scarto tipo n. Nella Fig. 3.4. sono rappresentati tre
casi con lo stesso valore medio ma con tre diversi valori di n che variano l’acutezza della campana.
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Fig. 3.4.
Nella Fig. 3.5. è possibile confrontare l’andamento della curva di Gauss con il poligono delle
frequenze relativo ai dati della Tab. 3.2.
Fig. 3.5.
;−m
Introducendo la variabile adimensionale a cui si da il nome di scarto ridotto:
~=
n
che sostituendola nella funzione (;) fa ottenere la funzione (~):
1 {
(~) = "v /
n√2-
L’introduzione di (~) è importante perché consente di affrontare i problemi legati alla
distribuzione di probabilità con un’unica curva adimensionale normalizzata.
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La funzione (~) è massima per ~ = 0 ed è simmetrica rispetto a questo valore. L’area racchiusa è
unitaria:
B (~) C~ = 1
v
Dalla caratteristica di valore unitario dell’area sottesa dalla funzione (~) si può ricavare:
Fig. 3.6.
Fig. 3.7.
_ v_
B (~)C~ = 1 − = 1 − B (~)C~
v v
_ v_
da cui possiamo scrivere:
B (~)C~ + B (~)C~ = 1
v v
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con media ;_ e scarto quadratico , se alcuni valori presentano uno scostamento dal valore medio
considerazioni di tipo statistico. Esso può essere enunciato nel modo seguente: “In una serie di dati
tale da avere una probabilità di verificarsi inferiore a 1/2 , allora quei dati devono essere esclusi”.
Tab. 3.3.
(&p − =p )/
χ =r
/
=p
pd2
dove \ è il numero delle classi in cui sono suddivisi i dati ;@ , &p è la frequenza assoluta osservata
nella classe o, =p è la frequenza assoluta aspettata in base alla legge di distribuzione che si vuol
provare.
Per l’applicazione del test è necessario che il numero delle classi sia superiore a quattro e che per
ogni classe vi siano almeno 5 elementi.
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Corso di Misure Meccaniche A.A. 2008/2009 A cura di Tiano Francesco Antonio
Per calcolare =p , ad esempio in base alla legge di Gauss, è necessario conoscere n e m, ovvero e
;_ :
=p = ~p12 − ~p
dove indica il numero totale dei dati. Per calcolare i valori di (~p ) occorre procedere in questo
y S
b) individuare il modulo di ~p nella Tab. 3.4, se ~p è positivo il valore di (~p ) è quello riportato in
;
Tab. 3.4.
Per i dati della Tab. 3.2 e per la distribuzione gaussiana si trovano i valori riportati nella Tab. 3.5.
Tab. 3.5.
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Il valore del χ/ trovato va confrontato con i valori riportati nella Tab. 3.6 in funzione dei gradi di
libertà e del rischio di errore , o della probabilità , = 1 − .
Il numero dei gradi di libertà è dato dal numero classi meno tre:
=\−3
Tab. 3.6.
Nella Tab. 3.6 si leggono i due valori di χ/ in corrispondenza del valore di calcolato e delle due
probabilità:
,2 = 1 − ; ,/ =
2 2
Se il valore di χ/ calcolato è compreso tra i valori χ/ (,2 , ) e χ/ (,/ , ) si può affermare che non ci
Se, invece, il valore di χ/ calcolato è esterno ai valori limite bisogna dedurre che è improbabile che
sono forti ragioni statistiche per rifiutare l’ipotesi di modello provato.
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una probabilità del 95% del verificarsi di un evento; si calcolino i due valori del χ/ entro i quali è
universo gaussiano. L’impiego del grafico è analogo alla tabella; per esempio si consideri valida
compreso il 95% dei valori della distribuzione del χ/ e se il valore trovato dai dati sperimentali cade
nell’intervallo, non c’è alcun motivo dal punto di vista statistico, per escludere la provenienza di
Tornando all’esempio si può dire che nel 98% dei casi un campione con = 6 estratto da una
quel campione di dati da un universo gaussiano.
Fig. 3.9.
I quartili ripartiscono una distribuzione di dati in 4 parti di pari frequenze. Il primo quartile è il
valore di una distribuzione X per cui la frequenza cumulata vale 0,25, il secondo quartile è la
mediana e, infine, il terzo quartile è il valore per cui la frequenza cumulata vale 0,75.
Per determinare i quartili si procede innanzitutto nell’elencare, in ordine crescente, gli dati @ che
abbiamo a disposizione. Il primo quartile nella nostra distribuzione di dati è lo i-esimo valore
dell’elenco ordinato dei dati:
= ; 2 = @
4
29
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Il secondo quartile, che rappresenta la mediana, e il terzo quartile si calcolano in modo analogo al
primo:
= o ; / = p
2
3
= \ ; ' =
4
Fig. 3.10.
a) se ;<@A < K@AR e ;<=> > KSDh i baffi devono essere riportati nel grafico nel seguente modo:
Per rappresentare i baffi del box plot nel piano cartesiano si verifica la seguente disuguaglianza:
Fig. 3.11.
b) viceversa il grafico è
Fig. 3.12.
La forma della scatola ed il modo in cui si allungano i tratti laterali danno un’indicazione sia della
tendenza centrale, che sulla variabilità che sulla simmetria della distribuzione.
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• Box-plot modificato
Se nella costruzione del box-plot, il limite inferiore e superiore sono sostituiti con
K∗@AR = f;;<@A , K@AR
In questo caso, se sono presenti alcuni valori che oltrepassano le soglie K∗@AR e K∗SDh essi sono
Tab. 3.13.
indicati con un asterisco, ad indicare che si potrebbe trattare di dati anomali (outliers) nel campione
di dati.
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funzione del tempo. Si indichi con () la temperatura del liquido: sia inoltre \ il coefficiente di
Detto il calore scambiato fra liquido e fluido, e la superficie interessata, possiamo scrivere
trasmissione del calore fra liquido e fluido in esame.
C = \ ( − )C
Se con indichiamo il calore specifico e con f la massa del liquido del termometro, avremo
C = f C
f
Si ha perciò
+ = ()
\
posto =
O<
detta costante di tempo l’equazione diventa:
+ = ()
Il termometro a liquido è quindi uno strumento del primo ordine.
Fig. 4.1.
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Tenendo presente che la condizione iniziale vale (0) = 0, la soluzione dell’equazione diviene:
() = & M1 − " v P
indicato con ().
condizioni iniziali di quiete, viene molte volte chiamato ammettenza indiciale del sistema, ed è
1
La risposta ad un segnale a gradino vale:
vx
;() = 8& M1 − " v P
Dove m è l’istante di tempo in cui si verifica il gradino
33
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1
La soluzione a regime, come noto, è:
a) per £ + ¥ = 0 si ha:
¤ = cos(¥) (1)
b) per £ + ¥ = /̈
si ha:
− ¤ £ = sin(¥) (2)
Fig. 4.3.
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ampiezza ¤ e argomento ¥.
Spesso è usato il diagramma di Nyquist, dove in coordinate polari sono riportati i vettori di
¥ = ¥S £
Si supponga di sostituire il segnale generico 8() con una somma di segnali a grandino, di cui il
primo di ampiezza 8& , e i successivi di ampiezza ∆8 ognuno applicato al tempo ª e a distanza ∆ª
«
dal precedente, in modo che risulti:
8() = 8& 1() + r ∆ 8
1( − \ ∆ª)
d2
Fig. 4.5.
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1
1 v´
;() = ®8& () + B 8 (ª) ( − ª) Cª¯ = ®B \ M1 − " v P Cª¯ =
& &
1 v´ 1
1 v´
= ®B \ Cª − B \ " v Cª¯ = ®\ − \ B " v Cª¯ =
& & &
1 1
= µ\ − \ M1 − " v P¶ = µ\ ( − ) + \ " v ¶
Fig. 4.6.
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̧ ºA
ºA = b ; ℎ= = ; g =
2© ¸ 2 ºA ¸ -
1
Supponendo che allo strumento sia applicato un segnale a gradino si ha:
;¹ + ; + ; = 8& 1()
̧
Si considerano come condizioni iniziali ;(0) = 0 e ; (0) = 0. Applico un cambiamento di variabile
8
ponendo ~ = ; − & , si scrive quindi il sistema:
¿ ~¹ + ~ + ~ = 0
½ ̧
8& À
¾ ~=−
½
¼ ~ = 0
In Fig. 4.6 si riportano gli andamenti delle funzioni ;() ed ~() al variare del parametro ℎ:
Fig. 4.7.
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1
La risposta a regime vale:
;() = ¤ 8& cos(£ + ¥)
1 2ℎ
¤= ; ¥ = −
©(1 − / )/ + (2 ℎ )/ 1 − /
ℎ.
Di seguito si riportano i grafici dell’andamento dell’ampiezza e del ritardo al variare del parametro
Fig. 4.8.
Fig. 4.9.
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1
La risposta a regime dello strumento è:
;() = |¤ 8 cos(£2 + ¥2 ) + ¤/ 8/ cos(£/ + ¥/ )}
2 2
Abbiamo il cosiddetto fenomeno di distorsione, che si distingue in:
82 ¤2 82
a) distorsione in ampiezza
≠
8/ ¤/ 8/
Tale distorsione si può evitare se si lavora con ampiezze ¤ → 1.
b) distorsione in fase
¥2 < ¥/
Tale distorsione si può evitare se si lavora con ritardi ¥ = \ £ in modo che ¥S = e ".
Queste due condizioni sono verificate se il parametro ℎ = 0,67.
Se allo strumento applichiamo un segnale periodico 8() qualsiasi non sinusoidale di periodo Æ, con
ovviamente pulsazione pari a £& = 2-Æ, esso si può sviluppare in serie di Fourier:
8() = 8) + r 8
cos(\ £& + Ç
)
d2
1
La risposta dello strumento è:
1
che a regime vale:
4.3. Attenuazione
L’attenuazione si misura in decibel ed è definita come:
1 /
¤ 8&
È ≡ 10 log É Ê ⇔ È = 20 log ¤
1
L’attenuazione è sempre negativa per gli strumenti del primo ordine mentre può essere sia positiva
che negativa per gli strumenti del secondo ordine.
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5.1. Generalità
I trasduttori utilizzati per questo genere di misure si dividono in due grandi categorie:
− con contatto: l’oggetto della misura viene rilevato grazie al contatto diretto del trasduttore con
l’oggetto stesso;
− senza contatto: l’oggetto della misura viene rilevato senza il contatto diretto del trasduttore con
l’oggetto stesso. Questi tipi di trasduttori lavorano per induzione, sono più costosi rispetto a
quelli con contatto, lavorano in ambienti ostili e non aggiungono l’errore di discrezione (non
alterano la misura dato che non vi è contatto).
5.2. Accelerometri
Le applicazioni tipiche degli accelerometri sono:
a) analisi delle vibrazioni delle macchine;
b) bilanciamento di organi rotanti;
c) analisi di assemblaggio;
d) analisi modale;
e) vibrazioni sismiche;
f) prove sugli imballi;
g) progettazione veicoli: perfezionamento.
Una tipica catena di misura di vibrazioni è costituita da un trasduttore (l’accelerometro), un
preamplificatore, strumenti post-elaborazione.
Il trasduttore converte la grandezza fisica che si sta misurando in un’altra grandezza, normalmente
elettrica in quanto i segnali elettrici possono essere analizzati molto più facilmente.
L’effetto piezoelettrico consiste nell’allineamento ed accumulo di ioni con cariche opposte sui due
lati del cristallo di quarzo, quanto quest’ultimo è sottoposto a compressione.
Fig. 5.1.
;g () = ;() − ; ()
L’equazione del moto della massa sismica è:
f ;¹ + \Í ;g = 0
Lo spostamento della massa sismica possiamo esprimerlo come somma dello spostamento relativo e
dello spostamento delle superficie vibrante:
;() = ;g () + ; ()
L’equazione del moto diventa:
f ;g¹ + f ;¹ + \Í ;g = 0
f ;g¹ + \Í ;g = −f ;¹
Se ; () = Ì cos £ , sostituendo
endo si ottiene:
f ;g¹ + \Í ;g = f Ì £ / cos £
41
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1 1
;g¹ + ;g = / Ì £ / cos £
ºA
/ ºA
1
A regime diventa:
;g () = ¤(£) Ì £ / cos(£ + ¥)
ºA/
Il termine Ì £ / indica l’ampiezza del accelerazione (misurando).
Poiché la massa sismica ha ampiezza di vibrazione proporzionale, per tutto il range di frequenze
utile, all’accelerazione della struttura vibrante (ed anche stessa fase) l’output è proporzionale
X ∝ ∝ = \Í ;g ∝ Ì £/
all’accelerazione della base.
F
ig. 5.3.
• Leakage
Quando un accelerometro è soggetto ad una accelerazione quasi statica, si sviluppa una carica sugli
elementi piezoelettrici, che grazie alla capacità di quest’ultimi,
quest’ultimi, prima si “congela” e poi si disperde
a causa dell’elevata resistenza dell’accelerometro (e quindi della costante di tempo τ), o
eventualmente, anche per una errata impostazione della frequenza limite inferiore sul
preamplificatore.
42
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Fig. 5.4.
• Ringing
Il termine si riferisce alla distorsione dovuta all’uso dell’accelerometro per vibrazioni transitorie
fuori dal range operativo.
Fig. 5.5.
tale errore entro il 5%, la frequenza di risonanza di montaggio dovrebbe essere minore di 10Æ dove
Anche il ringin come il leakage causa errori nella valutazione dell’ampiezza di picco e per contenere
• Zero shift
In Fig. 5.6 sono riportati due segnali semicosinusoidali; per entrambi si nota una distorsione
dell’onda dovuta al fatto che i livelli erano prossimi ai limiti consentiti dall’accelerometro.
Fig. 5.6.
43
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Fig. 5.7.
44
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6. MISURE DI DEFORMAZIONE
6.1. Generalità
Con tali misure si effettuano valutazioni di dilatazione
∆Z
Ñ=
Z
Gli strumenti che misurano tale grandezza sono detti estensimetri. Essi sono sensibili, in genere, agli
spostamenti relativi tra due punti della superficie lungo la direzione della loro congiungente.
La distanza tra i due punti è fissata dall’estensimetro stesso, del quale è una caratteristica costruttiva
(base). Dalla misura dello spostamento tra i punti delimitanti la base si risale facilmente alla
dilatazione media, esistente nel tratto limitato dalla base stessa.
Gli estensimetri possono classificarsi in:
− estensimetri meccanici;
− estensimetri acustici;
− estensimetri pneumatici;
− estensimetri ottici;
− estensimetri elettrici.
Fig. 6.1.
45
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Sull’ultimo termine del secondo membro ∆ occorre fare qualche considerazione: l’applicazione
della forza , come noto, fa allungare i filamenti della resistenza con conseguente riduzione del
raggio dei filamenti stessi che diventa (1 − Ñ). Quindi si ha:
∆ - / (1 − Ñ)/ − - /
= = 1 − / Ñ / − 2 Ñ − 1 = − / Ñ / − 2 Ñ
- /
Dato che può ritenersi trascurabile il termine / Ñ / possiamo scrivere:
∆
= −2 Ñ
Che sostituita nell’espressione di ∆.⁄. , si ha:
∆. ∆Y
= +Ñ+2Ñ
. Y
Pertanto:
∆.⁄. ∆Y⁄Y
Ò= = 1+2+
∆K⁄K Ñ
Per i materiali metallici si avrà:
∆Y⁄Y
Ò = 1.50 ÷ 1.67 +
Ñ
In realtà i valori 1.50 ÷ 1.67 sono sempre superati poiché c’è un effetto di variazione di resistività
in funzione della sollecitazione (Ò ≈ 2.0 ÷ 2.1).
La costante dell’estensimetro Ò viene determinata durante la taratura ed il suo valore è fornito dal
costruttore con una incertezza ±1%.
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Fig. 6.2.
Fig. 6.3.
X= X=
Le correnti che circolano nei due semiponti valgono:
W = ; WÔ =
.2 + ./ .' + .Õ
47
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Fig. 6.4.
./ .2
Risolvendo i differenziali,
Scegliendo come valori iniziali delle resistenze .2,& = ./,& = .',& = .Õ,& = .& , la tensione X2/
X= X= X= X=
vale:
X2/ ∝ ∆. ∝ Ñ
Come ci si aspettava risulta
annulla l’effetto del carico di trazione e se le due resistenze 72 e 7/ appartengono allo stesso
In Fig. 6.5 si mostra un’altra configurazione per determinare la dilatazione di una mensola che
Fig. 6.5.
48
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Un’ultima configurazione è utilizzata per compensare l’effetto della temperatura inserendo sullo
stesso semiponte due estensimetri identici in quadratura.
La resistenza 72 si allunga per l’elongazione e per la temperatura mentre la 7/ si allunga solo per
Fig. 6.6.
49
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determinata di 1 parte su 10× . Il valore di pari a 9.80665 f/ / è riferito alla latitudine di 45° ed
Il valore di può essere computato, al variare dell’angolo Ø di latitudine con la seguente relazione:
al livello del mare.
Fig. 7.1.
50
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Fig. 7.2.
Fig. 7.3.
In questa figura (a destra) si mostra il caso in cui un motore fa ruotare un rotore, la parte statorica
tende anch’essa a ruotare insieme al rotore e con una punta incide su una cella di carico che va
appunto a misurare la coppia generata dal motore.
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8. MISURE DI TEMPERATURA
8.1. Generalità
Per le misure di temperatura si possono utilizzare vari strumenti, tra cui:
− termometri bimetallici;
− termometri a liquido;
− sensori termoelettrici (termocoppie);
− sensori a resistenza elettrica (RTD e thermistors)
− termometri digitali;
− Infrared Imaging Systems.
Fig. 8.1.
a) se i metalli sono di natura diversa, supposte diverse le due temperature 2 e / delle due
giunzioni, il circuito costituito dai due fili è sede di una f.e.m. risultante delle f.e.m. che nascono
b) se i metalli sono diversi ma 2 = / le due f.e.m. sono eguali ed opposte, per cui la f.e.m.
a cavallo delle due giunzioni;
risultante è nulla;
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Si osserva che esiste una temperatura in corrispondenza della quale si ha - = 0; per temperature
Fig. 8.2.
maggiore, - diviene negativo. Tale temperatura viene detta temperatura d’inversione (@ ): la coppia
dovrà perciò essere impiegata per < @ .
Detta & la temperatura cui si trova il giunto di riferimento, la caratteristica della termocoppia può
esprimersi tramite la legge generale:
" = ( − & ) (, & )
dove la funzione (, & ) può essere anche molto complessa. Molte volte, almeno nel suo tratto
iniziale, la caratteristica può con buona approssimazione essere assunta lineare per cui l’espressione
precedente diviene:
" = -< ( − & )
in cui -< è il potere termoelettrico medio.
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