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La poesia: A tutte le donne vittime di violenza

Di Salvatore Poma, poeta siciliano

Guardami prima di uccidermi...


guardami per l'ultima volta
prima della tua fuga
L'amore si trasforma e si consuma
in una collera infinita
urla l'odio e sfoga la tua rabbia
Mani gronde di sangue
fiumi di lacrime
il sangue di troppe donne
ormai irrigano i campi
Guardami per l'ultima volta
prima che i nostri figli si sveglino
all'urlo della loro mamma
Per te che mi uccidi,
un ultimo sorriso
che sarà il tuo castigo

1
INDICE

Prefazione ………………………. 5

Capitolo 1 ………………………. 8

Lo stato dell’arte ………………………. 8

Capitolo 2 ………………………. 26

La violenza di genere ……………………… 26

2.1 Le radici della violenza ………………………. 27

2.2 Le cause e i fattori di rischio ……………………..... 30


della violenza

2.3 Le tipologie di maltrattamento e ………………………. 33


la spirale della violenza

2.4 Gli effetti della violenza sulle ………………………. 36


vittime

Capitolo 3 ………………………. 38

3.1 La pervasività del fenomeno ………………………. 38


della violenza nel Lazio e la
legge regionale

3.2 Bozze per la costruzione delle ………………………. 46


linee guida per il contrasto alla
violenza di genere

3.3 Il ruolo dei diversi operatori ………………………. 49

3.3.1 Le Forze dell'Ordine ………………………. 50

3.3.2 Gli operatori sanitari ………………………. 51

3.4 Episodi di violenza nel Lazio ………………………. 51

Capitolo 4 ………………………. 53

2
4.1 Cos’è un Centro Antiviolenza e ………………………. 53
quali servizi sono offerti per il
sostegno delle donne vittime di
violenza e i figli

4.2 L’azione dell’Assistente Sociale ……………………… 62


nei confronti della violenza di
genere

4.3 Importanza della relazione tra la ………………………. 63


donna vittima di violenza e
l'Assistente Sociale

4.4 La rete integrata tra i Servizi ……………………… 66


Sociali e i Centri Antiviolenza

4.5 La parola dell’Avvocata ……………………… 68


dell’Associazione Differenza
Donne

4.6 La parola alla Psicologa del ……………………… 73


Centro Maree

4.7 La parola alla Responsabile del ……………………… 77


Codice Rosa

Capitolo 5 ……………………… 81

I costi della violenza ……………………… 81

5.1 La ricerca dell’Intervita Onlus ………………………. 81

5.2 Analisi dei costi ………………………. 84

5.3 La parola alle donne vittime di ………………………. 90


violenza

Capitolo 6 ………………………. 98

La normativa di settore ………………………. 98

6.1 La Dichiarazione ………………………. 99


sull’eliminazione della violenza
contro le donne

3
6.2 Legge 27 giugno 2013, n. 77 ………………………. 100

6.3 Legge 15 ottobre 2013, n. 119 ………………………. 103

6.4 La Carta dei servizi ………………………. 105

Conclusioni ………………………. 107

Riferimenti bibliografici ………………………. 114

Sitografia ………………………. 118

Allegato A ………………………. 120

4
PREFAZIONE

Il lavoro che ci si appresta a fare tratta della violenza maschile,


della condizione di violenza subita dalle donne e cosa hanno compiuto
loro per uscirne. Ho voluto realizzare questo studio perché ho svolto il
percorso di stage del II anno all'interno del Centro Antiviolenza di Roma
Capitale “D. Colasanti e R. Lopez”1.
La struttura di riferimento, durante il mio percorso, stava offrendo
ospitalità, rifugio protetto e accoglienza a quattro donne vittime di violenza
e ai loro figli minori. Il Centro ha dimostrato una valenza di condivisione, di
collaborazione, di supporto e di riabilitazione, attraverso il contributo di
donne, esperte e formate sulla violenza di genere. Gli interventi erano
diretti alla riaffermazione delle competenze individuali, alla riconquista
dell’autonomia personale, all'accompagnamento e reinserimento nella
società delle vittime.
Il collocamento all'interno del Centro mi ha dato la possibilità di
comprendere quali sono i vissuti di violenza e i costi, soprattutto sociali, a
carico delle donne e delle istituzioni cui esse si sono rivolte.
Quest’opportunità mi ha permesso di entrare in contatto con un
nuovo ambito di rilevanza sociale e culturale, con una realtà da
approfondire e una struttura in cui si lavora con il consenso e a vantaggio
della donna.
A mio parere, la
tematica scelta è stata
rilevante proprio perché può
rappresentare un punto di
partenza per aiutare le vittime
di violenza. In questo modo le
donne sono state sostenute a
Figura 1: Il massacro del Circeo. 1975 rielaborare il loro vissuto di
violenza e a determinare un
percorso di vita autonomo e
sicuro .

1
Il Centro Antiviolenza è situato in via di Torre spaccata n°157 ed è un servizio di Roma
Capitale. È stato istituito nel 1997, ai sensi della Legge della regione Lazio n°64 del 15
novembre 1993, che regola l’istituzione e il funzionamento dei centri antiviolenza e case
rifugio per donne maltrattate. Dal 2000 prende il nome delle due giovani vittime della
crudele violenza sessuale usata contro di loro in una villa del Circeo nel 1975, violenza
che causò la morte di R. Lopez mentre D. Colasanti riuscì a sopravvivere solo grazie
alla lucidità di fingersi morta.

5
Gli strumenti impiegati per svolgere il seguente lavoro sono stati:
1. Consultazione libri e siti in riferimento alla tematica della violenza di
genere e i costi che ne conseguono;

2. Interviste alle operatrici dell'Associazione Differenza Donna (n°1


Avvocata, n°1 Psicologa, n°1 Responsabile del Codice Rosa)
specializzate e formate intorno al fenomeno della violenza contro le
donne;

3. Interviste a n°6 donne (tre ospiti e tre accolte) all'interno del Centro
Antiviolenza.

Ho strutturato la tesi dividendola in sei capitoli.


Nel primo capitolo ho trascritto quelle notizie concernenti la visione
della donna e della violenza di genere da parte di diversi autori, scrittori e
ricercatori. Nel secondo capitolo ho parlato del fenomeno della violenza di
genere, delle sue antiche origini e delle diverse cause e fattori di rischio.
Inoltre ho ritenuto importante scrivere quali sono le modalità con cui viene
agita e gli effetti provocati da questi maltrattamenti. Nel terzo capitolo ho
esposto il fenomeno della violenza nel Lazio, in riferimento ad alcuni dati
statistici. La descrizione ha incluso la legge regionale e le bozze per la
costituzione delle linee guida per intervenire a contrasto della violenza. In
seguito, ho delineato il ruolo degli operatori che entrano a contatto con la
donna vittima di violenza. Nel quarto paragrafo ho raccontato tre episodi di
giovani donne maltrattate e uccise nella regione considerata.
Nel quarto capitolo è stata descritta la struttura deputata al sostegno delle
donne vittime di violenza, ovvero il centro antiviolenza. Poi, è stato trattato
il ruolo dell'assistente sociale nei confronti delle donne vittime di violenza e
della rilevanza che ha assunto la relazione di fiducia con loro. È stato
oggetto di questo capitolo la realizzazione della rete integrata tra servizi
sociali e centri antiviolenza e le interviste sottoposte alle operatrici che
collaborano con i centri per evidenziare il loro rilevante lavoro. Il quinto
capitolo ha riguardato la ricerca elaborata dall'Intervita Onlus2 sui costi
economici e sociali che l'Italia ha sostenuto per il problema della violenza
sulle donne. Ho inserito anche le interviste sottoposte alle donne accolte e
ospiti del Centro per evidenziare come hanno affrontato la violenza. Nel

2
A CURA DI G. BADALASSI- F. GARREFFA- G. VINGELLI, ”Quanto Costa il Silenzio? Indagine
nazionale sui costi economici e sociali della violenza contro le donne”, 2013 Roma.
WeWorld Intervita è un’organizzazione non governativa italiana di cooperazione allo
sviluppo, indipendente riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri. WeWorld Intervita è
presente in Italia, Asia, Africa e America Latina a supporto dell’infanzia, delle donne e
delle comunità locali nella lotta alla povertà e alle disuguaglianze per uno sviluppo
sostenibile.

6
capitolo sei sono stati inseriti i commenti relativi a quelle leggi, a mio
parere, che hanno introdotto elementi importanti per il contrasto alla
violenza di genere.
Sulla base di ciò ho voluto grazie alle interviste alle operatrici
comprendere quali sono gli strumenti a difesa delle donne e dei loro figli e
grazie a quelle rivolte alle donne vittime di violenza capire il vissuto di
ognuna di loro, come hanno reagito di fronte alla violenza e quali tipologia
di costi hanno sostenuto.
Partendo da questa premessa e ascoltando le storie delle donne
del Centro “D. Colasanti e R. Lopez”, ho deciso di dedicarmi al seguente
lavoro.

7
CAPITOLO 1

LO STATO DELL’ARTE

I maltrattamenti, le sopraffazioni, gli abusi, verso le donne sono stati


e continuano, ancora oggi, a essere un fenomeno allarmante che sta
assumendo i connotati drammatici di una realtà in crescita. Infatti, si
attribuisce un notevole interesse al fenomeno della violenza di genere che
è, tuttora, oggetto di studio e di ricerca.
Ci si è concentrati su questo problema a partire dalla fine degli anni
sessanta. Fino a quel momento la violenza di genere era considerata
come una questione privata che coincideva con lo stupro e che era agìta
da uomini mentalmente instabili, spinti dall'atteggiamento provocatorio
delle donne.
Intorno alla metà degli anni settanta, nacque il movimento delle
donne. Si è distinto dai primi movimenti femministi, che si erano basati
sull’apertura delle istituzioni al voto femminile e sulla democrazia
parlamentare, per una forte ostilità verso lo Stato.
È stata posta al centro la tematica dell’autoritarismo, mettendo in
discussione le istituzioni sociali e i valori prevalenti della società
patriarcale, che avevano portato alla supremazia dell’uomo nelle società.
Di conseguenza, il movimento femminista ha assunto un carattere di forte
contrapposizione, spesso di antagonismo, nei confronti della società
maschile. Sono stati criticati i modelli culturali connessi al maschilismo,
l’organizzazione della società come imposizione di una gerarchia maschile
e anche il modello femminile presentato dalla cultura tradizionale.
La richiesta della depenalizzazione dell’aborto ha rappresentato
un’altra questione significativa e allo stesso tempo l’oggetto principale
della mobilitazione e dell’aggregazione del movimento femminista italiano.
All’inizio, il movimento delle donne è stato di tipo culturale, orientato
a trasformare il sistema dei valori e la maniera di fare politica. L’obiettivo è
stato quello di superare il tradizionale discorso sull’emancipazione con
quello della liberazione, attraverso due differenti modalità.
La prima è stata quella psicologica, basata sulla pratica
dell’autocoscienza, cioè in una rivisitazione della vita quotidiana insieme
con altre donne. È stata funzionale all’analisi delle dimensioni culturali e
sociali, oppressive verso la donna. I temi di discussione sono stati: la
riproduzione, la sessualità, i rapporti interpersonali e la vita quotidiana.
La seconda è stata quella economicista, portata avanti da quei
gruppi, come ad esempio Lotta Femminista, che hanno chiesto il salario
per le casalinghe. In questo caso, l’attenzione è stata posta sullo
sfruttamento materiale ed economico delle donne in casa.
Piuttosto che concentrarsi sulla riforma delle istituzioni, il
movimento femminista si era concentrato sulle trasformazioni della

8
cultura. Cominciò ad affermarsi la voglia di trasformare se stesse, senza
curarsi troppo della realtà esterna. Si rinunciò alla politica al “maschile”.
L’unico modo per sottrarsi al simbolico maschilismo era
rappresentato dal partire da sé. Nel piccolo gruppo di autocoscienza le
donne socializzavano esperienze di vita personale, mettevano insieme il
proprio vissuto. Il movimento è diventato così un luogo di ricostruzione del
percorso di oppressione subito dalle donne.
All’inizio degli anni Ottanta, però, il movimento femminista è entrato
in una fase di crisi. La crisi non ha portato a una sua scomparsa, ma a una
sua trasformazione in una sorta di aggregazione di centri culturali, sempre
meno impegnati su un terreno direttamente politico e contrassegnati da
una ingente produzione culturale.
L'azione del movimento femminista è stata fondamentale per far
riconoscere la violenza maschile come elemento congiunto alle relazioni
tra gli uomini e le donne nella società, spesso, di tipo patriarcale.
Intorno agli anni novanta, si è sviluppato il concetto di genere
associato all’identità maschile e femminile, in riferimento ai diversi tipi di
rapporti, ruoli, doveri e vantaggi. In seguito, si è iniziato a parlare di
violenza di genere che era intesa come quell’insieme di atti di
maltrattamento perpetrati contro le donne, in ambienti sia privati che
pubblici, a opera di uomini (mariti, partner attuali o ex, conosciuti,
sconosciuti ecc.).
Partendo da questo presupposto diversi autori hanno espresso le
loro opinioni in merito al fenomeno della violenza di genere.

Teorie evoluzionistiche
In una prospettiva evoluzionistica3, l’aggressione è stata vista come
un comportamento influenzato dai bisogni di sicurezza e di potere.
L’aggressione difensiva mirava alla sicurezza fisica, per evitare
minacce esterne e garantire la protezione della prole. L’aggressione
strategica e predatrice, invece, mirava a ottenere il controllo delle risorse e
dell’ambiente.
L’accoppiamento e la sessualità erano entrambi bisogni
sociobiologici importanti per la sopravvivenza e per la riproduzione: il
maschio cercava di garantirsi la riproduzione esercitando il controllo sulla
femmina e proteggendola da altri contendenti.
Il maschio umano ha sviluppato un adattamento psicologico, per cui
si sente a livello sessuale proprietario della femmina. La gelosia e il
sentimento di abbandono che derivavano dalla separazione della coppia
rappresentavano una specie di meccanismo d’innesco della violenza.

3
K. LORENZ, “L’agression, une histoire naturelle du mal“, Flammarion, 1969 Paris, pp.32-
58.

9
Il potere patriarcale si fondava su una struttura gerarchica dei
rapporti, in cui la donna era dipendente dall’uomo e la gestione delle
risorse economiche era assegnata al capofamiglia. L’evoluzione del
modello familiare, però, ha portato all’accesso nella sfera pubblica delle
donne, all’uguaglianza civica e al lavoro al di fuori del contesto familiare,
influenzando così l’autorità parentale nei confronti dei figli.
Con la condivisione delle cure parentali con il partner, il ruolo della
donna all’interno della famiglia è stato ridefinito.

Flaminia Bolzan Mariotti Posocco [2013]4 ha spiegato, in un


articolo, l'influenza del testosterone sul comportamento aggressivo
dell'uomo.5
L'atteggiamento maschile è apparentemente volto a dominare.
Alcune volte, però, questa condotta può rilevarsi aggressiva, se ha lo
scopo di arrecare un danno a qualcuno. Il testosterone influisce sul
sistema nervoso centrale creando nel maschio una generale percezione di
benessere, lo aiuta a mantenere il tono dell'umore, a concentrarsi, e ha
una certa influenza sulla sfera sessuale, affettiva e relazionale.
Nel rapporto con l'altro sesso il testosterone, insieme a fattori di
natura psichica e antropologica, influenza il desiderio sessuale. Nella
cultura patriarcale si va affermando sempre più una figura femminile
indipendente e autonoma. Quando l'uomo non riesce a tenere a bada la
frustrazione, poiché non può soddisfare il desiderio pulsionale, la sua
componente psichica assume una forma deviante.6

4
F. BOLZAN MARIOTTI POSOCCO, “Homo homini lupus, ovvero l’aggressività nel maschio”,
Rivista mensile «Delitti e misteri. Storie di omicidi, giustizia e malagiustizia», Libera
Informazione Cooperativa, 2013 Bologna, pp.52-53.
5
INSTITUTE OF REPRODUCTIVE MEDICINE OF THE UNIVERSITY, "I livelli di testosterone negli
uomini sani e la relazione alle caratteristiche comportamentali e fisiche: fatti e costrutti",
1986 Germania. “L'aggressività è uno degli aspetti del comportamento umano che è
spesso legato a livelli di testosterone. Vi è un meccanismo di feedback di
interdipendenza tra il testosterone e l’aggressività che viene modificato da esperienze di
vittoria e la sconfitta, oltre che con l'educazione, la cultura e il background socio-
economico. Si può presumere che negli uomini i livelli di testosterone siano
positivamente legati alla libido, ma che l'attività sessuale nel partenariato è moderata
dalla relazione stessa”.
6
D. CHINDEMI –V. CARDILE, “Violenza psichica endo-familiare, plagio della vittima e rimedi
terapeutici”, Rivista «Responsabilità Civile e Previdenza», Giuffrè Editore, 2007 Milano.
Non è uno specifico comportamento della compagna a provocare l'esplosione dell'uomo,
anzi egli si serve di tale pretesto per giustificare la sua rabbia, i suoi insulti, le sue
condotte aggressive.

10
In questo modo, s'innesca un meccanismo relazionale distorto,
distruttivo, per cui l'uomo si sente autorizzato a esprimere le sue modalità
comportamentali più ancestrali e violente.

Leandro Abeille [2013]7 ha espresso le sue riflessioni sulla


violenza e del perché si manifesta.
Per millenni, il custode della forza fisica e del potere economico è
stato l'uomo, senza il quale, la donna sarebbe morta di fame. Maltrattarla
costituiva quasi un valore, perché il maschio che non comandava dentro
casa non era rispettato all'esterno.
Con lo stabilizzarsi della società industriale ogni cosa è cambiata.
L'emancipazione femminile è iniziata dall'economia, cioè dalla perdita
degli strumenti di nutrimento come prerogativa maschile. La donna,
perciò, non ha avuto più bisogno dell'uomo per il sostentamento e si è
svincolata dal legame con lui. Questo senso di riscatto si è affermato, nel
periodo del secondo conflitto mondiale, quando le donne, specialmente le
americane e inglesi, hanno dimostrato di saper lavorare e padroneggiare
le armi come gli uomini. Con l'emancipazione, però, le violenze,
precedentemente reputate “normali” sono diventate un problema.
Secondo il sociologo chi mostra un “amore malato” non si dà per
vinto e a costo di non perdere il possesso della “cosa amata” arriverà ad
annientarla completamente. Quando si riesce a comprendere ciò si può
evitare di concedere al partner un’occasione di chiarimento che, molto
spesso, si trasforma nell'ultimo momento di vita per la donna. Gli uomini
che hanno perduto l'autorità, più pericolosi e senza controllo, sembrano
aumentare.

Paola Giannetakis [2013]8 ha esposto le motivazioni per cui le


donne restano insieme al proprio partner violento o per cui alla fine
decidano di ucciderlo.
La violenza domestica è un problema, ormai, presente in tutto il
mondo.
Gran parte delle vittime decide di abbandonare il partner. Ci sono,
anche donne, che restano insieme al compagno e a un certo punto lo
uccidono9. La questione riguardante i motivi per cui la donna maltrattata

7
L. ABEILLE, “Concause socio-culturali delle violenza sulle donne”, Rivista mensile «Delitti
e misteri. Storie di omicidi, giustizia e malagiustizia», Libera Informazione Cooperativa,
2013 Bologna, pp.72-73-74.
8
P. GIANNETAKIS, “Nel ciclo della violenza alcune donne uccidono”, Rivista mensile «Delitti
e misteri. Storie di omicidi, giustizia e malagiustizia», Libera Informazione Cooperativa,
2013 Bologna, pp.60-61-62.
9
MINISTERO DELL'INTERNO, Rapporto sulla Criminalità, “Gli omicidi volontari”, 2007 Roma.
Quanti sono gli uomini vittime di omicidio? In Italia il tasso di omicidi maschili è di 16 per

11
scelga di non lasciare il partner è una tra quelle che suscita molto
interesse e alla quale si è tentato di fornire delle delucidazioni.
In base a una visione gene-centrica della vita ciò che conta di più è
riprodursi.
Il cervello umano, con tutti i suoi meccanismi psicologici evolutivi, è
progettato per riuscire ad adattarsi all'ambiente. Infatti, proprio gli uomini
violenti riescono a vincere le lotte e ad adeguarsi meglio degli altri per
riprodursi.
Di conseguenza, le donne scelgono un uomo violento perché, più
forte e in grado di assicurare protezione e sopravvivenza.
Secondo Lenore Walker10 il ciclo della violenza segue una
progressione ben determinata e continua, finché il conflitto non cessa o
quando la vittima chiude la relazione o rimane uccisa o uccide. Lo stato
psicologico di un soggetto che ha subito, per molto tempo, frequenti abusi,
è compromesso a tal punto che si rende conto di non avere altra
alternativa, se non quella di restare con il partner. Questa sensazione si
definisce sindrome della donna maltrattata - battered woman
syndrome11-, che si caratterizza per impotenza, isolamento sociale,
dipendenza economica, depressione, sentimenti di colpa e vergogna,
risentimento e rabbia verso il proprio aggressore. Molto donne non
riescono a spezzare le catene che le legano al partner perché non sanno
provvedere a se stesse e ai propri figli. Alcune volte, può accadere che
nonostante si lasci il partner, quest'ultimo continui a perseguitare la donna
con altri gesti violenti (stalking, minacce, intimidazioni, ecc.). In altre
circostanze, la donna non trovando soluzioni efficaci decide di uccidere il
proprio aggressore. Da vittime si trasformano in carnefici e, spesso,
pianificano l'omicidio.

milione all’anno, cioè vengono uccisi più di 3 uomini per ogni donna assassinata. Sia
uomini che donne uccidono soprattutto uomini: le donne uccidono nel 61% dei casi
uomini. Gli uomini uccidono nel 31% dei casi donne, e nel 69% dei casi uomini.
10
Lenore E. Walker è una psicologa Americana che ha fondato l'Istituto di Violenza
Domestica e ha documentato il ciclo della violenza.
11
La sindrome della donna maltratta è stata sviluppata da Lenore E. Walker per
descrivere la mentalità e lo stato emotivo di una donna maltrattata.

12
Teorie psicoanalitiche
Le teorie psicoanalitiche hanno interpretato la violenza come il
risultato di uno sviluppo della personalità inadeguato. Disturbi della
personalità, conflitti psichici, traumi infantili, caratterizzavano le personalità
violente.
Nella personalità individuale deve essere indagata l’origine della
violenza.

L’ottica della teoria dell’apprendimento sociale12


Secondo il modello della trasmissione intergenerazionale della
violenza13 la famiglia è stata il primo agente di socializzazione, in cui vari
atteggiamenti e valori sono stati interiorizzati e la violenza è stata vista
come il risultato di un processo di acquisizione di modelli comportamentali
specifici dell’ambiente di crescita individuale. In base a quest’ottica,
l’esposizione a episodi di violenza potrebbe portare alla manifestazione di
condotte violente durante l’età adulta. Un bambino che ha assistito alle
violenza compiute dal padre verso la madre, potrebbe assimilare questo
modello e ritenere che la violenza sia una componente normale delle
relazioni.
La trasmissione intergenerazionale della violenza ha incluso due
tipi di modelli:
 Il primo è stato quello generalizzato, che ha condotto a una
tolleranza e accettabilità della violenza in famiglia,
incrementando in questo modo la possibilità di qualsiasi
forma di violenza all’interno della famiglia nella futura
generazione;

 Il secondo è stato quello specifico, che ha spinto gli uomini a


riprodurre il tipo di violenza specifico a cui sono stati esposti.

12
Tale indirizzo teorico prende l’avvio dal lavoro di Cornell Montgomery, il quale
individuò quattro livelli di apprendimento: i contatti ravvicinati, l’imitazione delle figure di
riferimento, la comprensione dei concetti, i modelli comportamentali di ruolo. Le tecniche
per l’apprendimento sono: l’osservazione, l’imitazione ed il rinforzo.
13
M. MALAGOLI TOGLIATTI- S. MAZZONI, “STREGA - Strumenti Efficaci di Genere
Antiviolenza”, Associazione Differenza Donna ONLUS- ONG, Regione Lazio, Provincia di
Roma, Solidea-Istituzione di genere femminile e solidarietà, ASL RMD, Università “La
Sapienza” Roma, “Centro di Ricerca della Sapienza per la Tutela della Persona del
Minore”, Seconda Università degli Studi di Napoli, Dipartimento di Psicologia, Casa
Internazionale delle Donne a Roma, Ufficio della Consigliera di Parità Provincia di Vibo
Valentia, Associazione “Donna e Politiche Familiari” di Roma, Associazione” FRIDA,
donne che sostengono donne di San Miniato (Pi), 2010 Roma, pp.38-39-40.

13
Sempre secondo la teoria dell’apprendimento sociale, è stato
implicato, di più, nelle relazioni il modello specifico rispetto a quello
generalizzato.

Teorie sociologiche
I modelli culturali hanno influenzato fortemente il comportamento
umano: alcune forme di violenza, anche gravi, potevano essere tollerate o
condannate a seconda dei periodi storici o dei differenti ordinamenti sociali
e religiosi. Anche nelle società occidentali il modello patriarcale e
gerarchico di rapporti all’interno della famiglia ha consentito, per lungo
tempo, l’uso della violenza nelle relazioni familiari.

Benedetta Calandra [2009]14 ha parlato delle violenze sessuali e


della dittatura cilena.
Nel corso della dittatura di Pinochet in Cile, tra il 1973 e il 1990,
sono state oggetto di violenza sessuali e stupri militanti, mogli e
compagne di attivisti di partiti e movimenti di opposizione.
Sono stati coinvolti in questi episodi anche uomini delle forze
armate, carabinieri, polizia segreta e civili. Nel 1991, il primo governo di
transizione alla democrazia, presieduto da Patricio Aylwin, ha divulgato,
tramite l'Informe Rettig15, i dati di una commissione d'inchiesta sugli abusi
del regime, sulla scomparsa forzata e sugli omicidi delle donne.
Nel 2004, l'Informe Valech16, pubblicato dalla Commissione
Nazionale sulla Prigione Politica e la Tortura, ha diffuso informazioni più

14
B. CALANDRA- S. GALLINI- F. MARTELLINI- M. MATTIUZZO- M.R. STABILI, “Violenze di
genere. Storie e memorie nell’America Latina di fine Novecento”, Edizioni Nuova Cultura,
2009 Roma, p.57-58-59-61-62-71-74-75.
15
Il Rapporto Rettig (chiamato in spagnolo Informe Rettig), ufficialmente Rapporto della
commissione nazionale per la verità e la riconciliazione (Informe de la Comisión Nacional
de Verdad y Reconciliación), è il rapporto redatto dalla commissione costituita il 25 aprile
del 1990 allo scopo di investigare sugli abusi dei diritti umani risultanti nella morte o
sparizione delle vittime, commessi in Cile durante gli anni della dittatura militare di
Augusto Pinochet (11 settembre 1973 - 11 marzo 1990). La commissione, a fronte di
3.550 denunce ricevute, stabilì le vittime del regime furono 2.279 delle quali 2.115 furono
vittime di violazioni dei diritti umani e 164 furono vittime di violenza politica.
16
Il Rapporto Valech (ufficialmente, la Commissione nazionale per la prigionia politica e la
tortura Report) è stato un record di abusi commessi in Cile tra il 1973 e il 1990 dagli
agenti del regime militare di Augusto Pinochet. La relazione è stata pubblicata il 29
novembre 2004 e in dettaglio i risultati di un'indagine di sei mesi. La commissione ha
rilevato che 38.254 persone sono state imprigionate per motivi politici e che la maggior
parte erano stati torturati. Ha inoltre rilevato che 30 persone erano state giustiziate o
"scomparse".

14
precise sia quantitativamente che qualitativamente. Con questa ricerca si
evidenziava che erano circa il 6% le donne scomparse, o uccise, a causa
della loro soggettività. Ciò significava che erano detenute per le loro idee,
per le loro azioni e la loro partecipazione politica.
Il sociologo Josè Olavarria17 ha introdotto una specifica politica di
genere, per cui le donne vittime facevano parte di diverse categorie.
La prima era quella delle militanti, per cui la violenza sessuale costituiva
una punizione per essersi spinte oltre il ruolo loro assegnato e
socialmente accettabile. Nella seconda erano incluse persone senza
un’identità politica definita, catturate per la loro relazione (mogli, figlie,
sorelle, compagne), con uomini sgraditi al regime ed erano punite, perché
stavano dalla parte del nemico. Nell’esperienza cilena si costatavano
anche donne torturatrici che, spesso, erano passate sotto minaccia dalla
parte dei seviziatori e diventate anche volontariamente esecutrici di
massacri.
L’autrice ha sostenuto che lo sconcerto nelle vittime di queste
efferate torturatrici era dipeso dalla delusione di aspettative di
magnanimità costantemente infrante, in base a una credenza
tradizionale, che vedeva le donne più clementi rispetto agli uomini.

Gunes Koc18 [2009] ha scritto un articolo sullo stato dell'arte della


violenza di genere, nella Turchia contemporanea, per analizzare il
femminicidio quale espressione massima della violenza maschile.
Lo sforzo politico del movimento delle donne turche, unite contro la
violenza, ha dato vita a una forma di resistenza contro il predominio
dell'uomo verso la donna e l'uso della prepotenza per sottometterla. In
particolare, l'autrice ha voluto esaminare il dibattito e la lotta politica del
movimento femminile turco nei confronti della concezione di femminicidio.
Questo movimento è stato capace di mettere in discussione i
rapporti di genere.
Ad esempio, Hageman-White19 sottolineava l'importanza di questo
successo perché non molti movimenti delle donne erano riusciti a ottenere

17
Olavarria José Aranguren è un Sociologo, Dottore in Scienze Sociali, Università di
Buenos Aires.
18
D. CHERUBINI, S. MAGARAGGIA, "Uomini contro le donne? Le radici della violenza
maschile.", ed. UTET, 2013 Novara, pp.152-153-154-155-156-157158-159-160-161-162-
166.
Güneş Koç è nata a Bursa (Turchia) e si è laureata in Scienze politiche all'Università
statale di Innsbruck; ha proseguito poi gli studi a Vienna, dove ha conseguito un master e
un dottorato. Da anni lavora come giornalista free lance per testate turche, austriache e
americane, occupandosi in particolare, per quanto riguarda la Turchia, del movimento
delle donne.

15
cambiamenti politici e strutturali. Secondo la Professoressa White la
violenza nelle relazioni di genere consisteva: “In qualsiasi tipo di
violazione dell'integrità fisica o mentale di una persona che sia collegata
all'identità di genere della vittima e dell'autore della violenza, e che sia
agita dal soggetto strutturalmente più forte, all'interno di una relazione di
forza”.
La violenza diretta è stata agita da un attore, mentre quella
strutturale o indiretta, inserita in un sistema, si palesava come una sorta di
squilibrio di potere e di svariati modi di vivere.
Conseguentemente, la violenza strutturale, definita da Galtung,
conteneva le caratteristiche strutturali della società patriarcale: la divisione
del lavoro basata sul genere, la povertà delle donne, la discriminazione
politica a vantaggio di un sesso e il potere maschile nell'intimità coniugale.
Anche la violenza sessuale e il femminicidio erano forme di violenza
strutturale, infatti, il movimento delle donne li considerava come il prodotto
delle strutture patriarcali.
L’autrice ha condotto uno studio del femminicidio in Turchia tra
gennaio 2008 e settembre 201, analizzando dal punto di vista qualitativo e
quantitativo dati e articoli della stampa nazionale. L’analisi si basava su
230 dei 2349 femminicidi verificatosi in questi anni. Inoltre, l’autrice ha
concentrato la propria attenzione sui motivi per cui le donne vengono
uccise e li ha classificati.
Una delle ragioni principali per cui erano stati commessi questi
femminicidi, era il “delitto d'onore/delitto in nome della tradizione”, (27,4%
dei femminicidi). La definizione di “delitto d’onore” è stata data dalla
commissione dell'Assemblea Nazionale Turca: ”Donne che vengono
assassinate in nome dell'usanza tradizionale, poiché hanno subito
violenza sessuale o perché amiche o spose di un uomo che la loro
famiglia non approva”.
Sulla base della ricerca della Koc, il 25,7% dei femminicidi è stato
compiuto a causa delle richieste di divorzio o della fine di una relazione. Il
terzo posto riguardava i delitti commessi per un tradimento sospetto e per
la gelosia (19,6%). Il controllo sulle donne e l'incapacità di adempiere i
doveri costituivano il 7% dei femminicidi. Invece, i casi connessi allo
stupro erano il 6,5%, tentato stupro 1,3% e soldi erano 3,5%.
Il movimento turco delle donne asseriva che la violenza implicava
l'uso, consapevole e libero, della volontà maschile come forma di potere.
Una strategia usata dal movimento è stata il supporto legale
gratuito offerto dalle avvocate femministe, con il consenso della famiglia,
alle vittime di violenza. In particolare, il movimento ha criticato il sistema

19
Carol Hagemann-White, nel 1964, ha conseguito il Bachelor of Arts in Storia presso
l'Università di Harvard. Hagemann-White ha lavorato come assistente di ricerca presso
Dieter Claessens presso l'Istituto di Sociologia presso la Libera Università di Berlino.

16
politico turco, in riferimento agli articoli 29 (ingiusta provocazione o
incentivo illegittimo), e 82 (buona condotta) del Codice Penale turco,
reputandolo maschilista e coalizzato in nome di una solidarietà maschile.
Invece, per i delitti d'onore/delitti in nome della tradizione, è stato
modificato, nel 2004, l'articolo di legge (del 1926) che concedeva una
attenuazione della pena per questo genere di crimini.
La riduzione della pena è stata annullata in favore dell'ergastolo,
solo, nei casi in cui la donna veniva uccisa da un antenato o discendente,
dal marito o dalla moglie, da un fratello o una sorella, o per tradizione.
Quello che era emerso dal contesto turco è stata la lotta del
movimento femminista per rinominare gli omicidi tradizionali come delitti
d'onore all'interno della legge e contro i politici, le strutture, come la stessa
famiglia, che consentivano e giustificavano l'uso della violenza maschile
contro le donne.

Marco Mattiuzzo [2009]20 ha raccontato come, nella seconda metà


del novecento, il Guatemala sia stata terra di scontri politici e sociali che
hanno portato a un conflitto armato interno. Nel 1945 è stato messo al
potere, grazie alla rivoluzione democratica, Juan Josè Arevalo che ha
attuato una politica economica ispirata al New Deal americano per favorire
la nascita di piccole e medie imprese e l'ampliamento della piccola
proprietà agricola.
Con il decreto 900, sotto la presidenza, nel 1951, di Jacobo Arbenz,
le terre incolte dei latifondi sono state ridistribuite ai contadini senza terra.
Nel 1954, con un colpo di stato il presidente è stato deposto e
abolito il decreto 900. Ciò produsse crescenti tensioni interne e una rivolta,
nel 1960, che venne subito soffocata dall'esercito, decretando così l'inizio
dei 36 anni di conflitto. Nel 1996, sono stati firmati gli accordi di pace, ma
la guerra aveva causato 200.000 vittime tra morti e scomparsi, un milione
e mezzo di profughi, 626 massacri, circa 42.000 casi di violazione dei
diritti umani. In seguito, a questi eventi, sono state pubblicate due ricerche
per ricostruire gli episodi di violenza e le violazioni dei diritti umani
avvenuti durante il conflitto.
Dai risultati è stato evidenziato che le donne erano state vittime di
molte tipologie di violazione dei diritti umani (privazione della libertà,
esecuzione arbitraria, tortura e scomparsa, violenze sessuali). Inoltre, è
stato stimato che le violenze indiscriminate e di massa erano state
commesse per lo più nel periodo dal 1981 al 1982. Gli abusi sessuali
hanno rappresentato una specie di espressione di dominio, strumento di
castigo e di terrore e una specifica strategia militare.

20
S. GALLINI- F. MARTELLINI- M. MATTIUZZO- M.R. STABILI, “Violenze di genere. Storie e
memorie nell’America Latina di fine Novecento”, Edizioni Nuova Cultura, 2009 Roma,
pp.85-86-87-88-89-90-98-99.

17
Le donne sono state bottino di guerra, di conquista e forma di
punizione nei confronti dei nemici. Grazie al contributo di queste ricerche è
stato possibile includere la violenza di genere all'interno della categoria
della violenza o stupro di massa.

Stefania Gallini [2009]21 ha scritto un saggio per trattare della


violenza contro le donne durante la guerra colombiana.
In questo territorio, il termine violenza si scrive “La Violencia” e
indica la lotta tra conservatori e liberali, durante la modernizzazione
capitalista, nella seconda metà degli anni' quaranta fino al 1964. Lo storico
americano John Coatsworth22 ha riferito che le vittime, tra il 1946 e il 1964,
sono state 200.000. La guerra è avvenuta, in gran parte, in zone rurali
marginali del paese.
A seguito dell'uccisione del leader populista liberale scoppiò la
rivolta popolare, Bogotazo, il sacco di Bogotà da parte delle masse
popolari che distrussero il centro della città. Per terminare la violenza de
La Violencia, nel 1958, i due partiti decisero di attuare un'alternanza
elettorale sotto la difesa del Fronte Nazionale.
In questa cultura, la donna era considerata la generatrice della vita,
incapace di agire violenza, con un ruolo passivo nella politica del paese e
vittima degli uomini e della società.
Le vittime di violenza sono state trovate uccise da colpi di arma
fuoco, accoltellate, squartate o bruciate.
Per molte colombiane il concetto di violenza non indicava atti
violenti nella sfera privata, ma il conflitto politico-militare. Infatti, è stata
data la seguente definizione: “E' violenza contro le donne negarci la
partecipazione politica alla quale abbiamo diritto, non avere accesso a
incarichi pubblici, la mancanza di opportunità.”23
Riguardo alla denuncia di atti individuali e violenti contro lo spirito e
il corpo delle donne è stato detto che: “Violenza contro le donne
è…obbligarle a lavorare per gli attori armati lavando le loro cose o
cucinando per loro…violenza è...quando ci obbligano a entrare a far parte
dei gruppi armati, quando gli attori armati mettono incinta le donne
giovani.”24

21
S. GALLINI- F. MARTELLINI- M. MATTIUZZO- M.R. STABILI, “Violenze di genere. Storie e
memorie nell’America Latina di fine Novecento”, Edizioni Nuova Cultura, 2009 Roma,
pp.154-155156-157-158-166-167168-169.
22
J. COATSWORTH, “Roots of Violence in Colombia: Armed Actors and Beyond”, «Harvard
Rewiew of Latin America», vol.11, n.3, 2003, p.3.
23
S. GALLINI- F. MARTELLINI- M. MATTIUZZO- M.R. STABILI, “Violenze di genere. Storie e
memorie nell’America Latina di fine Novecento”, Edizioni Nuova Cultura, 2009 Roma,
p.168.
24
Ivi, p.169.

18
Come rimprovero verso gli stessi compagni è stato espresso: “E'
violenza che credano incapace una donna per il fatto di essere donna,
quando è la prima ad alzarsi e l'ultima ad andare a dormire, quella che
lavora più duramente in casa, quella che lotta per i figli. E' violenza che
non stimino la nostra partecipazione nelle lotte indigene”. Infine, è stato
dichiarato: ”Per noi, donne indigene, violenza è... non poter realizzare i
nostri riti tradizionali e rimanere nei nostri territori…quando ci fanno
andare via, perdiamo il diritto a poter lavorare e dobbiamo sottostare a
ritmi diversi da quelli della nostra cultura (afrocolombiana)”.25

Diana E. H. Russell [2013]26 ha usato per prima il termine


femminicidio nel corso di una testimonianza al Tribunale Internazionale
per i crimini contro le donne di Bruxelles, nel 1976.
Il termine, coniato nel 1992, con la collaborazione di Jill Radford,
per intendere “Assassinio delle donne proprio perché donne”, è stato
modificato, nove anni dopo, in “Femmine uccise dai maschi proprio perché
femmine”. La Russell esprime, in questo contesto, il suo pensiero sulla
violenza contro le donne, essendo lei stessa esperta in materia. In gran
parte, le uccisioni di donne compiute da mariti, amanti, padri, conoscenti,
sconosciuti, non sono la conseguenza di una devianza inspiegabile, ma,
sono tutti femminicidi. Rappresentano l'espressione più grave di una forma
di violenza sessista caratterizzata dall'odio e dal senso di possesso.
La speranza della Russell è che, in Italia, questo termine vada a
includere tutti gli omicidi di donne. In India, ad esempio, milioni di ragazze
e di donne sono vittime del femminicidio perché si predilige la nascita di
figli maschi.27
In ogni parte del mondo, la superiorità maschile tiene un
atteggiamento sessista e misogino nei confronti dell'altro sesso. Tale
atteggiamento si distingue da cultura a cultura, infatti, i maschi si
assicurano di soddisfare i propri interessi al di sopra di quelli delle donne.
Questo tipo d'ineguaglianza è sottolineata da alti livelli di violenza,
soprattutto, all'interno della famiglia.
La maggior parte degli uomini si sente in diritto di pretendere
qualsiasi cosa dalle donne, ma nel momento cui il maschio si sente
respinto, la compagna diventa bersaglio di violenza.
Le donne devono essere unite nella battaglia contro la dominazione
patriarcale, lo sfruttamento e la discriminazione sessista.

25
Ibid.
26
D. E. H. RUSSELL, “I maschi uccidono le donne proprio perché sono donne”, Rivista
mensile «Delitti e misteri. Storie di omicidi, giustizia e malagiustizia», 2013 Bologna,
pp.66- 67-68.
27
MINISTRY OF HEALTH AND FAMILY W ELFARE GOVERNMENT OF INDIA, “National Family
Health Survey”, 2005-06 India.

19
Bisogna intervenire, anche con alleati maschili, organizzando
conferenze, manifestazioni e denunciando gli episodi di femminicidio
proprio per riuscire a conseguire sentenze più rigide per questi atti di
accanimento verso le donne.

F. Bruno [2013]28 ha analizzato il fenomeno dell'abuso nei


confronti delle donne che è diffuso non solo nei paesi dove
l'emancipazione femminile non si è ancora affermata, ma anche in quelli
come il nostro dove a pari diritti non coincidono pari opportunità.
Nella società di oggi, il fenomeno del femminicidio si è aggravato
sempre più. A livello criminologico è stato interpretato come la
conseguenza estrema di un'aggressività giustificata dal semplice fatto di
essere “donna”, come se ciò rappresentasse un peccato fatale.
La donna, riconoscendo le proprie capacità, possiede un'autonomia
intellettiva che spaventa il sesso forte e, quasi tutti i giorni, ascoltiamo di
casi di omicidi di donne soprattutto per motivi frivoli. Si è sviluppato il
pensiero che, adesso, le donne siano il sesso forte perché, assumono
ruoli alternativi nella società e hanno conquistato la libertà e
l'autodeterminazione. L'indipendenza, però, non è riuscita ad attenuare la
fragilità della donna.
Il termine femminicidio è entrato a far parte del vocabolario italiano
da quando la cronaca ha mostrato molteplici casi di donne assassinate dai
partner o consanguinei. Il femminicidio rappresenta la forma più rilevante
di violenza, basata su profonde giustificazioni culturali e su modelli di
rapporto tra i generi.
Dopo, che si è cercato, con tutti i mezzi a disposizione, di salvare
una relazione di coppia, in cui si subisce violenza, ci si aspetterebbe il
sostegno da parte di una cultura accogliente e protettiva.
Ciò può servire a incoraggiare le istituzioni in azioni di rispetto della
soggettività femminile.
Egli aggiunge che gli omicidi di donne, oggi, accadono poiché
costituiscono una contraddizione che l'uomo primitivo, nei suoi
meccanismi mentali, non può comprendere e accettare.
Conseguentemente usa la violenza come unica soluzione.
C'è bisogno di operare un’importante trasformazione della cultura
che sia in favore dell'uguaglianza e parità tra i sessi, rimuova ogni
stereotipo/discriminazione e che parta da un’educazione sentimentale e
sessuale attuata dalla famiglia e dalla scuola.

28
F. BRUNO, “L’aggressività dei maschi si riversa sulle donne fino alla loro distruzione”,
Rivista mensile «Delitti e misteri. Storie di omicidi, giustizia e malagiustizia», 2013
Bologna, pp.41- 42- 43- 46- 47.

20
Emanuela Zaccalà [2014] ha raccontato di un’indagine29a tutto
campo, durata tre anni, condotta con 42mila interviste a donne tra i 18 e i
74 anni, scelte su base volontaria e sottoposte a colloqui privati faccia a
faccia. La quantità dei dati raccolti sarà, in seguito, sintetizzata in una
mappa interattiva (http://fra.europa.eu). Questo strumento servirà alle
istituzioni europee per elaborare strategie più efficaci nella protezione
delle vittime e promuovere, per le 186 milioni e 600mila donne, che al
momento vivono nella UE, un percorso di parità non solo cartaceo.
In base all’indagine per il 33% delle donne europee che ha subito
violenza fisica, psicologica o sessuale almeno una volta nella vita, nei due
terzi dei casi chi l'ha commessa era il partner. In cima alla classifica dei
soprusi si trova la Danimarca con il 52% di vittime, seguono la Finlandia
con il 47%, la Svezia con il 46, l'Olanda con il 45, Francia e Regno Unito
con il 44. Per quanto riguarda l'Italia raggiunge una percentuale del 27%.
Perché, i Paesi nordici registrano statistiche tanto sconcertanti? A
questa domanda risponde Blanca Tapia, portavoce dell'Agenzia, che ha
coordinato la ricerca. “In Danimarca le donne vanno in pensione anche
oltre i 70 anni, dunque sono esposte più a lungo agli abusi sul posto di
lavoro. Inoltre abbiamo constatato una correlazione tra il consumo di alcol
da parte degli autori della violenza e gli abusi subiti dalle donne, e
sappiamo che in certi Paesi nordici gli uomini bevono molto. Infine
potrebbe essere una questione di consapevolezza della violenza, molto
profonda tra le donne danesi e svedesi, per esempio, e meno sviluppata in
alcuni Stati del sud Europa”.

29
Dati di una ricerca dell'Agenzia dell'Unione Europea per i Diritti Fondamentali,
presentata al Parlamento di Bruxelles.

21
Il punto di vista delle Organizzazioni Internazionali

L’OMCT30 (World Organisation against torture), [2010]


rappresenta la rete principale di organizzazioni che lottano contro la
tortura. Di conseguenza, nel 1996, ha realizzato un programma destinato
a combattere tale problema.
In tutte le regioni del mondo, le donne e le ragazze sono sottoposte
a violenza per la loro appartenenza al genere femminile. A causa della
violenza, vengono private, del tutto o in parte, del godimento dei loro diritti
umani e delle libertà fondamentali.
L'aspetto più chiaro della tortura contro le donne è rappresentato da
quella sessualizzata. Naturalmente, anche gli uomini possono essere
vittime di torture sessuali. Tuttavia, lo stupro, la sua minaccia e altre forme
di violenza sessuale sono utilizzate, soprattutto, nei confronti delle donne.
In questi casi, è molto probabile che le vittime non si lamentino a causa
della vergogna e della paura.
La maggior parte delle violenze contro le donne si verifica nella
sfera privata della famiglia o nella comunità. Le donne sono oggetto di
percosse, stupri, incesti, i delitti d'onore, mutilazioni genitali, matrimoni
precoci e anche bersaglio di violenza nella società (per esempio lo stupro,
l'abuso sessuale, la tratta, la prostituzione forzata, la pornografia, la
violenza contro le donne migranti).
I principali scopi contenuti nel programma dell’OMCT sono:

 Offrire protezione alle donne vittime o minacciate di tortura e di altri


trattamenti crudeli, inumani o degradanti, tenendo conto della
natura specifica della violenza usata contro di loro;

 Garantire che il rispetto e la promozione dei diritti umani delle


donne diventino una realtà irreversibile allo stesso livello degli
uomini;

 Assicurare che i problemi delle donne e la violazione dei loro diritti


vengano presi in considerazione dai competenti organi delle
Nazioni Unite (organi di controllo trattato) con maggiore attenzione.

30
www.omct.org. Creato nel 1985, L’Organizzazione Mondiale contro la tortura (OMCT) è
oggi una delle maggiori coalizioni delle Organizzazioni Internationazionali non
governative (NGO), che combatte contro la tortura, le esecuzioni sommarie , le sparizioni
forzate e tutti gli altri trattamenti crudeli , inumani o degradanti.

22
L'Organizzazione Internazionale non governativa Amnesty
International31 si batte per la difesa dei diritti umani [2013].
L'Amnesty International si esprime in merito alla problematica della
violenza sulle donne. In tutto il mondo, almeno una donna su tre, è stata
picchiata, forzata ad avere rapporti sessuali o in altro modo abusata nel
corso della sua vita. Ogni anno, la violenza domestica colpisce milioni di
donne. È inglobata in una cultura di discriminazione che nega loro la parità
di diritti con gli uomini e che consente l'uso del corpo femminile per
gratificazione individuale o scopi politici. I rapporti non paritari tra uomini e
donne vengono fatti rispettare quando queste ultime subiscono abusi nel
carcere, vengono stuprate dalle forze armate come "bottino di guerra"o
sono spaventate dalla violenza in casa.
Esiste una sequenza ininterrotta di violenze che le donne devono
affrontare da parte di persone che esercitano il controllo su di loro. Gli
Stati hanno l'obbligo di prevenire, proteggere e punire la violenza contro le
donne perpetrata da soggetti pubblici e privati. Tale violenza rappresenta
una violazione dei diritti umani che si manifesta, in differenti modi, tra cui:

 La violenza contro le donne in custodia


Lo squilibrio di potere tra detenuti e guardie è il risultato della loro
capacità di mantenere i privilegi e si palesa nella forza fisica diretta
e indiretta. Le donne sono, spesso, obbligate a offrire sesso per
"favori" come il cibo extra o prodotti per l'igiene personale o per
evitare la punizione. Ci sono poche cure mediche o psicologiche a
disposizione dei detenuti;

 Acido e morti per dote


La sottomissione delle donne agli uomini è integrata negli ambiti
politici, civili, sociali, culturali ed economici di molti paesi. In tali
società, una donna che rifiuta un corteggiatore o non va d'accordo
con i suoceri diventa, troppo volte, vittima di una violenta forma di
vendetta: l'acido. Quest'ultimo è gettato in faccia o sul suo corpo
provocando accecamento e spesso fatali ustioni di terzo grado.
I governi non intervengono per impedire la vendita di acido al
pubblico o per condannare chi lo usa per uccidere e mutilare. Allo
stesso modo la violenza legata alla dote è un esempio di cosa può

31
www.amnestyusa.org. Amnesty International UK lavora per proteggere uomini, donne e
bambini, ovunque la giustizia, la libertà, la verità e la dignità sono negati. Con oltre tre
milioni di membri in tutto il mondo, Amnesty International è la più grande Organizzazione
per i Diritti Umani del mondo. Indaga e denuncia abusi, educa e mobilita l'opinione
pubblica e contribuisce a trasformare le società per creare un mondo più giusto, più
sicuro.

23
accadere quando le donne sono trattate come proprietà. Spose che
pagano il "prezzo" alto di sposarsi sono punite con crudeltà e anche
con la morte per mano dei loro suoceri o mariti;

 Delitti "d'onore"
In alcune società, le donne rappresentano l'onore della famiglia. Se
sono sospettate di tradimento, anche se nel caso di stupro,
possono essere sottoposte alle forme più brutali d’infamia e di
violenza, frequentemente, dai loro stessi padri o fratelli.
Le donne che vengono violentate e non sono in grado di fornire
prove espliciti sono, a volte, accusate del reato di rapporti sessuali
illeciti, la cui pena è spesso la morte per lapidazione pubblica.
I membri maschi della famiglia credono di non avere altri mezzi per
annullare una violazione percepita di "onore", se non quello di
uccidere la donna;

 La violenza domestica
La violenza contro le donne è un problema mondiale. È una
violazione del diritto all'integrità fisica, alla libertà, e
frequentemente, alla vita.
Quando gli Stati non riescono a prendere le misure necessarie per
proteggere le donne dalla violenza domestica o a far punire tali
crimini stanno fallendo nei loro obblighi di difesa delle vittime;

 Mutilazioni Genitali Femminili


La mutilazione genitale femminile è la rimozione, parziale o totale,
di tutti i genitali femminili esterni. Nella sua forma più grave una
donna o una ragazza ha tutti i suoi genitali rimossi e poi cuciti
insieme lasciando una piccola apertura per il rapporto e le
mestruazioni. Si pratica in 28 paesi Africani per rispettare la
tradizione o l'igiene culturale. Si stima32 che sono tra 100 e 140
milioni le bambine, ragazze e donne che hanno subito MGF, con
gravissime conseguenze (infezioni, compreso l'HIV, sterilità ed
effetti psicologici devastanti). Anche se tutti i governi dei paesi in cui
si pratica la MGF hanno adottato una legislazione che la rende
illegale, la completa mancanza di pene e del perseguimento dei
colpevoli porta a una sua continuazione;

32
W ORLD HEALTH ORGANIZATION (WHO), “Eliminating Female Genital Mutilatio”, An
Interagency Statement, 2008.

24
 Violazioni dei diritti umani basati su effettive o percepite identità
sessuali.
La sessualità è regolata attraverso vincoli rigidi imposti da norme
culturali e, talvolta, da particolari misure giuridiche di supporto alle
norme stesse. La comunità che include le istituzioni religiose, i
media, la famiglia e le reti culturali, disciplina la sessualità delle
donne e punisce coloro che non sono concordi. Queste donne sono
o lesbiche o sembrano "troppo maschili" o cercano di esercitare
liberamente i loro diritti o sfidano il predominio maschile. Numerosi
casi documentano giovani lesbiche picchiate, violentate, costrette a
sposarsi e maltrattate dai membri della famiglia per punire la loro
identità sessuale.

 Il problema dell'impunità
I perpetratori di violenza contro le donne, raramente, sono ritenuti
responsabili dei loro crimini. Le donne vittime hanno, spesso,
scarso ricorso perché molte agenzie statali hanno pregiudizi di
genere e condividono pratiche discriminatorie. Molte donne
scelgono di non denunciare i casi di violenza alle autorità perché
hanno vergogna e temono di essere giudicate dalla comunità. Una
cultura globale di discriminazione contro le donne vittime di violenza
sostiene un assiduo ripetersi di maltrattamenti.
Amnesty International s’impegna per estirpare la violenza e aiutare
le donne a godere dei diritti di uguaglianza e rispetto della dignità
umana.

25
CAPITOLO 2

LA VIOLENZA DI GENERE

Il concetto di genere viene definito, dalla studiosa Vivien Burr33,


come quel valore sociale attribuito alle differenze sessuali. In particolare,
s’includono le caratteristiche e i comportamenti, rispettivamente, associati
ai maschi e alle femmine all’interno di una specifica società.
La parola “genere”, nel discorso scientifico, è stata presentata dalla
studiosa americana Gayle Rubin nel 1975, con l’opera “The Traffic in
Women”34. Lo scopo del suo saggio, è stato quello di comprendere i
meccanismi storici e sociali, che riproducono i ruoli di genere. Inoltre, la
Rubin, ha inventato il concetto di “genere sessuale” (gender), il quale
rappresenta una costruzione culturale. Quest'ultima conferisce una
rappresentazione e una definizione specifica insieme a molteplici
comportamenti, che distinguono lo status di uomo o di donna. Il genere
sessuale costituisce il corredo biologico. Il sesso (sex), fonda il corredo
genetico, basato su un insieme di caratteri biologici, fisici e anatomici, che
separano i due generi.
Con la parola “violenza”, s’intende qualsiasi atto o comportamento,
che attraverso l'uso della forza fisica (con o senza l’impiego di armi o di
altri mezzi d’offesa) si compie principalmente per recare danno alla
persona o ai suoi beni o diritti. È uno strumento, che può esprimersi con
parole, percosse morali, ricatti e può costringere, annientare, obbligare gli
altri ad agire o a cedere contro la propria volontà.
La violenza nei confronti delle donne è una violazione dei diritti
umani e una forma di discriminazione. Può essere agita attraverso le
minacce, l'imposizione o la privazione arbitraria della libertà, sia
pubblicamente che privatamente. Comporta conseguenze e sofferenze
gravi di tipo fisico, sessuale, psicologico o economico.
Il fenomeno della violenza è conseguente alla disparità nel rapporto
di coppia espletata dall'uomo contro la donna.

33
Vivien Burr insegna psicologia all'Università di Huddersfield in Inghilterra.
34
Nel suo testo "La tratta delle donne: Note sulla Politica Economica del Sesso"
l'antropologa Gayle Rubin cerca di dare un resoconto delle origini dell'oppressione
femminile. Secondo la Rubin si offrono quadri concettuali per spiegare le strutture sociali
che consentono la discriminazione delle donne, strutture che lei chiama il "sesso/genere".

26
2.1 LE RADICI DELLA VIOLENZA

La concezione dell'antichità classica greca, dove la donna per


Platone è inferiore all'uomo e per Aristotele, è "per natura più debole
dell'uomo", dato che "il corpo femminile è incompleto, menomato",
autorizza la sua sottomissione all'uomo. Il Cristianesimo conferma ciò,
nonostante, dal punto di vista spirituale riconosca la donna uguale
all'uomo.
La concezione cattolica vieta alle donne le funzioni sacerdotali.
Nel periodo dell'Illuminismo, si afferma una nuova immagine della donna,
grazie all'attività di studio e all'arte, ma, riguarda una scarsa minoranza.
Il pensiero, che la donna si mostri distante dalla voglia di
appagamento sessuale, permane durante il Medioevo, il rinascimento e
nei secoli successivi. Nell’ottocento, Rousseau nell’"Emilio" scrive, che il
maschio è forte e attivo, al contrario della donna che è passiva e debole,
per questo la relazione tra i sessi assume un carattere di violenza.
La cultura ottocentesca ritiene che la sessualità femminile venga
gratificata quando si partorisce e, in seguito, con l'impegno a prendersi
cura dei figli. Successivamente alle grandi rivoluzioni, alla donna viene
riconosciuto un diverso valore, perché ha la possibilità di lavorare fuori
casa, per merito dell'industrializzazione, della scolarizzazione, delle
battaglie femministe per il voto e per la parità dei diritti.
Nelle colonie africane, nel corso della dominazione italiana, la
maggior parte delle donne, subisce svariate violenze. Innanzitutto, sono
vittime del conflitto, insieme alla popolazione civile. In secondo luogo,
sono bersaglio di maltrattamenti a causa di una stigmatizzazione di razza,
di classe e di genere.
Gli studi sull'argomento, raccontano, che gli italiani, almeno fino al
momento della conquista dell’Etiopia, considerano la donna africana come
oggetto dell'inciviltà, dell’erotismo e della soddisfazione sessuale.
Altri studi si dedicano ai rapporti di madamato, cioè le relazioni
temporanee, ma non occasionali tra un cittadino e una “serva” indigena,
che fanno parte di tutta la prima fase dell’occupazione italiana, almeno
fino a quando il regime fascista ne consolida la rottura.
Di conseguenza, vengono imposte una serie di condizioni giuridiche
atte a controllare il comportamento degli italiani e quello dei “sudditi”.
Vengono vietate, infatti, le relazioni coniugali ed extraconiugali tra “razze”
diverse.
Poi, si proibisce la legittimazione e l’adozione di figli nati dall’unione
di “cittadini” con “sudditi” e instaurata una meticolosa segregazione
razziale.
Lo scopo principale è quello di rafforzare la piramide etnica e di fare
in modo che la razza italiana acquisti un posto di rilievo tra i colonizzatori.

27
In seguito, alcune fonti orali e archivistiche evidenziano un
considerevole aumento degli stupri e delle molestie sessuali durante la
conquista dell’Etiopia, che continuano nel periodo successivo. Il silenzio,
che circonda le storie di violenza nei confronti delle donne africane, si
deve alla generale scarsità di ricerche predisposte prima, durante e dopo
la colonizzazione.
La violenza ha origine dalle relazioni patriarcali, che si basano su
un sistema di supremazia maschile e di subordinazione femminile.
Consiste nella manifestazione di un sesso, quello forte, potente e
invincibile nei confronti di uno debole, inferiore e sottomesso. Le culture
patriarcali attribuiscono agli uomini una posizione di spicco, trasmettendo
così concezioni ormai stereotipate di ciò che, invece, le donne
rappresentano e quale comportamento debbano assumere.
Gli stereotipi di genere suggeriscono, che l’uomo, nel momento in
cui diventa violento, è mosso da un desiderio di sessualità molto forte e da
innati istinti erotici.
Le caratteristiche tipiche della violenza sono: la negazione, la
rimozione o la non accettazione dell'autonomia e volontà femminile. Ad
esempio, possiamo riferirci alla non accettazione della scelta di
separazione, alla costrizione contro la sua volontà di un rapporto
sessuale, all'isolamento dalle sue relazioni sociali, ecc.
Frequentemente, la violenza viene confusa con l’aggressività o il
sadismo, che in realtà sono termini, che indicano comportamenti ben
differenziati tra di loro.
L’aggressività è innata, perché indispensabile alla sopravvivenza
(aggressività difensiva), all’evoluzione (aggressività adattativa), alla
crescita del singolo individuo (aggressività esplorativa). È una risposta a
una minaccia esterna. Invece, il sadismo vuole causare negli altri una
sofferenza sia fisica che mentale.

Figura 2: . Donna sottomessa.

28
La violenza sulle donne è riconosciuta come un grave problema
sociale che ha raggiunto proporzioni mondiali epidemiche. Le statistiche
basate su dati di ricerche realizzate in tutto il mondo rivelano che la
violenza maschile avviene, abitualmente, all’interno della famiglia.
Nel 1997 uno studio portoghese35 ha mostrato come il 43% degli atti di
violenza vengano compiuti all’interno della famiglia. Uno studio belga36 del
2010 ha esposto che l'abuso verbale è di gran lunga la forma più comune
di abuso (41,5%), seguito dalle intimidazioni (22%) e dalle percosse
(15%). L'abuso sessuale colpisce soprattutto le donne (il 5,6% contro il
0,8% degli uomini). È stato stimato che Il 13,9% delle vittime di sesso
femminile e il 9,8% delle vittime di sesso maschile fanno una dichiarazione
alla polizia. Questa percentuale si abbassa quando l'autore è un parente
(6,2%), si alza se l'autore è un partner (17,9%), ma è ancora più alta
quando l'autore è sconosciuto (21,1%). L'8,9% delle donne e il 3,2% degli
uomini sono stati costretti a rapporti sessuali o ad avere rapporti prima dei
18 anni. I dati del primo studio greco37 a livello nazionale, comprendente
1.200 donne dai 18 anni in su ha rilevato che il 36% di loro ha subito
violenza fisica dal partner. Secondo uno studio finlandese38 il 40 % delle
donne adulte sono state vittime di violenza fisica o sessuale o di minacce
dopo il 15 ° compleanno, il 14 % nel corso degli ultimi dodici mesi. Il 52 %
di tutte le donne sono state vittime di molestie sessuali o comportamenti
sessualmente offensivi dopo il 15esimo anno di età, il 20 % nel corso dello
scorso anno. Il 22 % delle donne sposate e conviventi sono state vittime di
violenza fisica o sessuale o minacciate da parte del partner attuale, il 9 %
nel corso dello scorso anno. Nel complesso, 122.000 donne avevano
subito violenza dal partner nel corso dei dodici mesi scorsi (90.000 sono
state vittime di violenza fisica).
Il Who (World Health Organization) ha pubblicato, nel 2002, un
rapporto su “Violenza e salute”, basato su 48 studi sulla prevalenza della
violenza contro le donne. È emerso che tra il 10 e il 69% delle donne (a
seconda della nazione) sono state vittime di violenza da parte del partner
nel corso della vita.

35
COMMISSION FOR EQUALITY AND W OMEN’S RIGHTS, “Violencia contra as mulheres”,
Caderbis Condicao Feminina n. 48, 1997 Lissabon.
36
INSTITUTE FOR THE EQUALITY OF WOMEN AND MEN, "Emotional, physical and sexual abuse
– the experiences of women and men", 2010 Brussels (Belgium).
37
RESEARCH CENTER FOR GENDER EQUALITY, “Domestic Violence against Women: The
First Epidemiological Research in Greece”, 2003.
38
OFFICIAL STATISTICS OF FINLAND, “FAITH, HOPE, BATTERING. A Survey Of Men’s
Violence against Women in Finland”, 1998.

29
Uno studio condotto in Svizzera39, nel 2003, ha mostrato che il 39%
delle donne ha subito un atto di violenza fisica o sessuale da parte di un
uomo, almeno una volta nella loro vita adulta. Il 9% è stata vittima di
violenza fisica, mentre il 3% di violenza sessuale per mano del partner. In
totale, l'81% delle vittime di qualsiasi forma di violenza, con conseguente
morte o lesioni personali, sono donne. L'81% dei responsabili di questi atti
sono uomini.
Questi numeri hanno confermato che la violenza contro le donne è
un serio problema sociale che comporta gravissimi danni psicologici,
economici e fisici.
Negli ultimi anni molti paesi europei hanno fatto enormi passi nel
combattere la violenza contro le donne. Infatti, numerosi paesi hanno
introdotto una legislazione che autorizzava la polizia ad allontanare l’uomo
dal domicilio coniugale. Altri paesi europei hanno realizzato campagne di
sensibilizzazione.
Nonostante tutti questi sforzi, ancora oggi, sono presenti molti
pregiudizi e preconcetti, che ostacolano le donne dal ricevere il supporto
di cui necessitano. La tendenza a dare la colpa alla vittima per la violenza
subita non è stata del tutto cancellata. I pregiudizi e l’incolpare la donna
sono elementi che istigano la violenza contro le donne, perché
conferiscono all’uomo l’impressione che il comportamento violento sia
giustificato.
Un altro problema è rappresentato dal fatto che non ci sono
sufficienti risorse economiche per la prevenzione della violenza contro le
donne e le/i bambine/i. Ciò ha delle ripercussioni dal punto di vista dei
diritti umani, ma allo stesso tempo è anche un problema economico,
perché determina ingenti spese (per la terapia, cure mediche, permessi
per malattia, operazioni di polizia, processi penali, periodi di carcerazione,
ecc.). Inoltre, può implicare spese da parte dello stato, se le vittime o
membri di una famiglia esprimono accuse contro lo stato per mancata
assistenza e violazione delle leggi che garantiscono il diritto alla
protezione della vita, alla salute e alla libertà della vittima.

39
MARTIN KILLIAS, MATHIEU SIMONIN, JACQUELINE DE PUY, "Violence Experienced by
Women in Switzerland over their Lifespan: Results of the International Violence Against
Women Survey (IVAWS)", 2003.

30
2.2 CAUSE E FATTORI DI RISCHIO DELLA VIOLENZA SULLE
DONNE

Esistono una serie di cause e di fattori di rischio40 che da soli non


possono scatenare la violenza, ma possono interagire tra di loro.
Alcuni indagini tipiche dimostrano che la violenza nella coppia ha
più a che fare con le caratteristiche dell’uomo che con quelle della donna.
Diversi studi indicativi condotti in Svizzera41 documentano che gli
uomini abusati nell’infanzia o testimoni di atti di violenza tra i genitori
hanno maggiori probabilità di esercitare violenza sulla propria compagna.
Inoltre, le donne che nell’infanzia hanno subito o assistito a episodi di
violenza, specialmente tra i genitori, sono più spesso implicate in relazioni
violente, ma, non è detto che ci sia un nesso in tal senso.
Come tutti i singoli fattori, anche l’esperienza della violenza
nell’infanzia non può essere valutata come l’elemento scatenante della
violenza nella coppia. Non tutti gli uomini che da bambini hanno vissuto
situazioni simili ripetono questi comportamenti. La violenza o l’assenza di
violenza sono provocate dall’interazione di molteplici fattori.
Alcune statistiche42 svizzere rilevano un determinante collegamento
tra il consumo di alcol e la violenza nella coppia. Ciò dipende, in generale,
dal consumo di sostanze psicotrope, anche se l’influsso di droghe o
l’abuso di farmaci è meno studiato. Anche le compagne di uomini alcolisti
rischiano più di altre donne di subire violenza.
Molto volte il consumo di alcool rappresenta quasi un pretesto per
gli autori della violenza, ma anche per le vittime stesse, per giustificare il
comportamento violento. È evidente che il consumo di alcool da parte di
uomini violenti non può essere ritenuto l’unica causa della violenza. Infatti,
può essere visto come un fattore che può favorire o rafforzare
l’inclinazione alla violenza.
Il comportamento irregolare nella vita, generalmente, è un elemento
pericoloso per la violenza nella coppia. Le donne il cui (ex) partner ha
agito violenza al di fuori della coppia sono esposte maggiormente al
rischio di subire violenza nel corso della vita.
In base al rapporto svizzero potrebbero esserci un legame tra la
violenza e i fattori di stress come la disoccupazione, il sovraccarico di
responsabilità, ecc. Lo stress può portare alla violenza quando a esso si

40
CONSIGLIO FEDERALE SVIZZERO, "Rapporto sulla violenza nei rapporti di coppia. Cause e
misure adottate in Svizzera", 2009.
41
Ibid.
42
UFFICIO FEDERALE DI STATISTICA (UST), "Reati di omicidio. Studio sulla violenza
domestica. Casi registrati dalla polizia dal 2000 al 2004" Svizzera.
UFFICIO FEDERALE DI STATISTICA (UST), "Rilevazione speciale sui reati di omicidi", 2008
Svizzera.

31
aggiungono altre tipologie di rischi, come esperienze di violenza o un
rapporto basato su una scarsa stima della partner.
All’interno della coppia, sono individuati elementi pertinenti
all’insorgere della violenza.
Si constata un’attinenza tra la ripartizione del potere tra i partner e
la violenza nella coppia. La disparità di potere nella relazione viene
descritta a diversi livelli:
 Comportamento di dominio e di controllo: legame tra il
comportamento predominante e di controllo metodico e la
violenza nella coppia. Nelle coppie in cui il potere decisionale
è bilanciato, la violenza si verifica più raramente rispetto alle
coppie in cui l’uomo pretende questo potere per se. Inoltre,
nei rapporti violenti il controllo impiegato è maggiore e anche
gli insulti e le umiliazioni nei confronti della compagna sono
più frequenti.

 Distribuzione delle risorse socioeconomiche e differenze di


status.
Una distribuzione disuguale delle risorse socioeconomiche e
una differenza di status fra i partner possano collegarsi con il
manifestarsi della violenza nella coppia. Non è chiaro, però,
in che misura la dipendenza strutturale contribuisca a far in
modo che le vittime non si ribellino alla violenza e non
interrompano la relazione.

 Ripartizione del lavoro nella coppia.


Le ricerche realizzate in Svizzera43 non evidenziano
correlazioni significative tra la ripartizione del lavoro e
l’emergere della violenza. Invece, in Germania44 e in
Francia45 è stato dimostrato che la violenza fisica e/o
sessuale è più frequente nelle coppie che si spartiscono
equamente i lavori di casa.

È sbagliato considerare i conflitti la causa della violenza: spesso gli


uomini violenti si riconoscono per la loro propensione a umiliare e svilire
verbalmente la compagna. In questi casi non è giusto parlare di conflitto,
poiché significherebbe ignorare la disparità di potere che sta alla base di

43
CONSIGLIO FEDERALE SVIZZERO,"Rapporto sulla violenza nei rapporti di coppia. Cause e
misure adottate in Svizzera", 2009.
44
PROF. DR. U. MÜLLER- DR. M. SCHOETTLE, Sondaggio "Salute, benessere e sicurezza
personale delle donne in Germania", 2003 Università di Bielefeld.
45
DIPARTIMENTO PER I DIRITTI DELLA DONNA E DEL SEGRETARIATO DI STATO PER I DIRITTI DELLA
DONNA, "L'indagine nazionale sulla violenza nei confronti delle donne in Francia", 2000.

32
questa situazione. Piuttosto, si tratta di un rapporto di dominio e non di un
conflitto tra due partner con posizioni egualitarie.
Alcuni eventi della vita possono influenzare l’insorgere della
violenza. Questi eventi sono principalmente la gravidanza o la nascita di
un figlio, che sono periodi in cui si registra un numero superiore alla media
di primi episodi di violenza, e poi la separazione della coppia.
La rete sociale può contribuire a evitare che insorga la violenza
nella coppia, ma in alcune occasioni può anche favorirla.
In Svizzera, la violenza fisica e sessuale nella coppia si mostra più
spesso nei casi in cui la donna e in particolare l’uomo sono poco integrati
socialmente (amicizie, partecipazione a gruppi o manifestazioni ecc.).
L’isolamento sociale può rappresentare sia una condizione sia una
conseguenza della violenza.
Più la coppia è inserita socialmente e meno è caratterizzata dalla
violenza. La rete sociale può fornire una protezione, in quanto assume
una funzione di controllo e di sostegno. Però, può anche facilitare
l’insorgere della violenza. Ciò avviene quando la rete sociale, e in
particolare l'ambiente familiare responsabile della socializzazione primaria,
tollerano la violenza o la considerano normale.
Anche la società e i fattori sociali possono concorrere a creare un
clima violento oppure pacifico. Parliamo di norme socioculturali,
riguardanti i ruoli di genere, il rapporto con la violenza e la loro rifacimento
a livello giuridico, politico e mediatico. Finora il livello sociale è stato poco
analizzato negli studi caratteristici. Specifiche ricerche denotano come
fattori di rischio per l’emergere della violenza nella coppia i seguenti:
l’insufficiente parità delle donne e degli uomini nella società e la tolleranza
sociale nei confronti della violenza in generale e della violenza nella
coppia in particolare. Entrambi gli aspetti si presentano largamente negli
altri livelli (individuo, rapporto di coppia, comunità), in quanto i valori e le
norme socioculturali sono interiorizzati dalle famiglie, dalle coppie e dagli
individui.
Le caratteristiche socio demografiche, socioeconomiche e
socioculturali delineano le categorie sociali in cui sussiste un alto rischio di
violenza. Sono considerevoli tali fattori: la notevole differenza di età tra
l’uomo e la donna, la giovane età della donna, la presenza di figli, la
disoccupazione del partner e un basso reddito familiare.

33
2.3 LE TIPOLOGIE DI MALTRATTAMENTO E LA SPIRALE DELLA
VIOLENZA

La violenza come uso del potere in maniera incontrollata e invasiva,


è esperita attraverso meccanismi di sottomissione, dominazione,
appropriazione della volontà, del pensiero e dell'intimità altrui.
In conformità a questo, un uomo violento può porre in essere diversi tipi di
violenza. Possiamo elencare i seguenti:

 Violenza psicologica è una forma di manipolazione mentale che si


esprime attraverso attacchi verbali (derisione; molestia verbale,
insulti, accuse d’infedeltà); minacce verbali di abuso nei confronti
della donna, dei figli, della sua famiglia; minacce continue di
abbandono o divorzio; rottura di oggetti di proprietà della donna.
Lo scopo è quello di convincere la donna che non vale nulla, di
isolarla e soprattutto di sottometterla.

 Violenza fisica consiste in una condotta che provoca sofferenza o


spaventa la vittima. Può comprendere i seguenti atti: aggressione
fisica grave, con conseguenti ferite, lancio di oggetti, spintonamenti,
schiaffi, calci, pugni, minaccia o uso di arma da fuoco o taglio,
soffocamento;

 Violenza economica è una forma di controllo che limita l'accesso


alle risorse economiche e alle finanze familiari a svantaggio della
donna. L’uomo non vuole che lei diventi o possa diventare
economicamente indipendente, altrimenti perderebbe il suo
predominio. Si caratterizza per occultamento della situazione
patrimoniale, intralcio al lavoro della donna, sfruttamento della sua
forza lavoro, appropriazione dei suoi risparmi, indebitamento per
esclusivo beneficio personale;

 Violenza sessuale consiste nella costrizione di pratiche sessuali


indesiderate o di rapporti, che procurino dolore fisico o psicologico.
Possiamo ascrivere tra gli atti tipici: le molestie e le aggressioni
sessuali anche senza stupro;

 Violenza domestica si consolida all'interno di un luogo che per la


donna rappresenta una fonte di sicurezza e di amore. Comincia
lentamente e inconsapevolmente;

 Violenza in gravidanza avviene quando la donna inizia a


concentrarsi, maggiormente, sui propri bisogni e spesso il partner
non accetta la nuova situazione. Egli vede la donna come un suo

34
possesso, perciò, manifesta nei confronti del nascituro sentimenti di
gelosia perché s'interpone tra lui e la sua donna;

 Violenza assistita intrafamiliare consiste in ogni atto di violenza


(fisica, psicologica, sessuale, economica, stalking, culturale)
compiuto a discapito di un membro della famiglia (nella maggior
parte dei casi la madre), a cui un minore assiste direttamente o
indirettamente;

 Violenza sul lavoro comprende ogni comportamento che


danneggia l’integrità psico-fisica della donna nel rapporto e nel
luogo di lavoro. Ad esempio: proposte e ricatti sessuali (per
l’assunzione, per l’avanzamento di carriera); ricatto occupazionale
legato alla gravidanza (dimissioni in bianco); molestie e violenze
sessuali; lavoro forzato; ecc;

 Molestie sessuali sono atteggiamenti inopportuni provocati da


condotte sessuali come il contatto fisico e le avances, le
osservazioni a sfondo sessuale, l’esibizione di pornografia e
richieste sessuali sia a parole che a fatti;

 Mobbing consiste nell’isolamento esasperante e nel terrorismo


psicologico messo in atto da superiori e/o colleghi/e di lavoro con
continue prevaricazioni, eccessivi e ripetuti rimproveri, calunnie,
ridicolizzazioni, umiliazioni, discriminazioni, con il fine di obbligarla
ad allontanarsi;

 Lo stalking designa atteggiamenti persecutori e indesiderati, agiti


ripetutamente nella vita privata o lavorativa della vittima: telefonate
anonime, mute e non, lettere o email moleste, regali sgraditi,
pedinamenti, appostamenti sotto casa o luogo di lavoro, ecc.

IL CICLO DELLA VIOLENZA O SPIRALE DELLA VIOLENZA

Il ciclo della violenza descritto da Walker inizia con il fidanzamento.


Questa è la fase in cui la coppia condivide specifiche premesse sui ruoli
maschili e femminili tradizionali. Walker ha spiegato quali sono le fasi, che
si ripetono in tutte le situazioni di violenza domestica:

 La prima è quella dell'accumulo di tensione. L'uomo agisce violenza


verbale e accusa la donna di essere fin troppo sensibile. Lei,
sentendosi confusa per quello che sta accadendo, si domanda in

35
che cosa stia sbagliando, evita di contraddirlo e lo asseconda. Lui
prende le distanze affettivamente, facendole provare la paura
dell'abbandono.

 La seconda è quella dell’esplosione della violenza.


Improvvisamente, lui aggredisce fisicamente la donna, a tal punto,
che la confonde e la terrorizza;

 L'ultima è la fase della "falsa riappacificazione", nel corso della


quale il partner si mostra pentito e chiede di essere perdonato, con
la promessa di cambiare il suo atteggiamento violento. Con il
passare del tempo, la donna diventa perennemente più dipendente
e l’uomo acquista maggiore potere.

La spirale della violenza comprende i seguenti meccanismi:

1. L'intimidazione consiste nello spaventare con gesti, sguardi e


parole, minacciare di violenza le donne o altri familiari e/o ai figli,
ecc. A causa di questi meccanismi, la donna si convince, che la
responsabilità dei litigi è solo sua;

2. L'isolamento si verifica, quando la donna viene allontanata dai suoi


familiari, dagli amici, dal lavoro. In questa maniera, vive in uno stato
di reclusione e segregazione;

3. La svalorizzazione è caratterizzata da: continui insulti, umiliazioni,


prese in giro, critiche e giudizi. Questi fattori spingono la donna a
sentirsi insicura e senza alcun valore;

4. L'aggressione fisica e sessuale avviene, nell'istante in cui la donna


decide di ribellarsi per salvare la propria vita. Il compagno,
rispondendo con violenza la riporta al suo posto e le impedisce di
scappare;

5. Il ricatto dei figli. Con la minaccia di portarglieli via, l'uomo fa sì, che
lei rimanga insieme a lui.

36
2.4 GLI EFFETTI DELLA VIOLENZA SULLE VITTIME

La donna, vittima di violenza subisce un trauma profondo che ha


delle conseguenze pesanti verso il suo benessere fisico, psicologico e
sociale.
Molte volte, accade che lei per vergogna o per paura del partner
preferisca isolarsi, soffrire passivamente ed evitare di chiedere aiuto a
parenti o amici. Per non provare più questo dolore le vittime possono
assumere alcool, droghe o psicofarmaci, anche senza prescrizione
medica.
Il fenomeno della violenza può influenzare negativamente la salute
sessuale e riproduttiva della donna. Le conseguenze sono le seguenti:
disturbi ginecologici, infertilità, infiammazione pelvica, complicazioni in
gravidanza o gravidanze a rischio e indesiderate, parti prematuri, malattie
sessualmente trasmissibili, aborti.
Per quanto concerne il benessere personale della donna la violenza
può comportare l'isolamento sociale e familiare, la perdita di relazioni
importanti e del lavoro, un abbassamento del tenore di vita precedente
alla separazione dal partner, la paura di legarsi a un uomo.
Le ripercussioni a livello fisico (corpo in generale) includono: ferite
varie (bruciature, tagli, lesioni, ecc.), danni permanenti (articolazioni,
cicatrici causate da morsi, perdita parziale dell'udito o vista, ecc.), lesioni
ai seni, addome, torace, zona genitale, ecc., disturbi dell'alimentazione o
del sonno, lividi, lacerazioni, fratture, sindrome dell'intestino irritabile,
dermatiti.
Possono sopraggiungere, in casi molto gravi, conseguenze a lungo
termine come: broncopneumopatia cronica, fibromialgie, cardiopatia
ischemica, problemi di salute a livello riproduttivo (sterilità).
Una donna vittima di violenza può presentare tali problematiche:
affaticamento, poca concentrazione, mal di testa cronico, palpitazioni,
ansia, attacchi di panico, depressione, insonnia, comportamenti autolesivi
(automutilazioni, suicidio).
La paura che il pericolo possa ripresentarsi attiva dei meccanismi di
autodifesa che in uno stato d’allerta la fanno scattare e reagire, anche, in
situazioni apparentemente di rischio.
Inoltre, possono manifestarsi anche disturbi connessi alla presenza
di pensieri intrusivi ad esempio flashback, incubi o ricordi legati al trauma.
Il trovarsi a contatto con oggetti, luoghi, situazioni, può riportare la
donna a rivivere quell'esperienza dolorosa, provando così un forte disagio
psicologico.

37
CAPITOLO 3

IL FENOMENO DELLA VIOLENZA NEL LAZIO

Nella Regione Lazio, è stata condotta nel giugno 2007, e pubblicata


nel 2008, un’indagine46 sulla percezione della sicurezza personale delle
donne nel contesto urbano. In particolare, per le donne che hanno subito
atti di violenza la condizione di serenità dipende dall'assenza di pericoli e
costituisce un fattore rilevante per vivere liberamente e con autonomia la
propria vita. I dati accumulati permettono di determinare un quadro più
generale della qualità di vita delle 1100 donne intervistate, tra i 18 e i 75
anni, residenti nel Lazio: 400 a Roma e 175 per ognuna delle province
rimanenti.

3.1 LA PERVASIVITÀ DEL FENOMENO DELLA VIOLENZA NEL LAZIO


E LA LEGGE REGIONALE

Durante le interviste è risultato che il 16% del campione ha


denunciato di aver subito molestie sessuali negli ultimi tre anni. In maniera
più specifica il 7% racconta di aver subito maltrattamenti fisici (otto donne
preferiscono non rispondere), il 18% violenze psicologiche e 4 sono state
vittime di casi di stupro denunciati (undici di loro hanno preferito non
rispondere alla domanda, se negli ultimi tre anni, avevano subito violenze
sessuali). Le donne tra i 18 e i 34 anni vittime di molestie sono il 49% e il
51% quelle che denunciano casi di maltrattamento; tra i 35 e i 54 anni
coloro che hanno subito violenza psicologica sono il 50 % di cui il 18% a
opera di un collega di lavoro. Circa il 49% delle donne intervistate, quasi la
metà, afferma di non sentirsi sempre al sicuro in alcuni luoghi della città in
cui abita.
Sulla base di questi dati e quelli dell'Istat del 200647 in cui il 38%
delle donne tra i 16 e i 70 anni, residenti nella regione, sono state vittime

46
CONSIGLIO REGIONALE DEL LAZIO, TELEFONO ROSA, ASSESSORATO ALLE POLITICHE SOCIALI
DELLA REGIONE LAZIO E DELLA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE SICUREZZA, “Regione Lazio,
la tua sicurezza. ll fenomeno della violenza di genere sulle donne: un approfondimento
sulla situazione nel Lazio”, 2008. L’indagine sulla percezione della sicurezza dei cittadini
del Lazio, su un campione di 1100 donne, evidenzia i risultati emersi dalle interviste in
merito a come si sentono all'interno del territorio in cui vivono.
47
ISTAT, Indagine multiscopo sulle famiglie “Sicurezza delle donne”, 2006.

38
di violenza fisica o sessuale, il Lazio si trova al primo posto vicino
all’Emilia Romagna, nella classifica nazionale. La regione supera di 6
punti percentuali la media nazionale (32% della popolazione femminile
nella fascia d'età presa in considerazione).
La ricerca sul Lazio attesta che le donne maltrattate da un uomo
che non sia il partner sono molti giovani (tra i 18 e i 24 anni), mentre
quelle violentate dal proprio marito hanno tra i 35 e i 44 anni e tra i 55 e i
64 anni. Il 57% delle molestie sessuali avviene a opera di estranei; i
maltrattamenti fisici, le violenze psicologiche e quelle sessuali sono,
soprattutto, a opera dei partner, attuali o ex. Il 18% degli episodi di
violenza psicologica viene commesso dai colleghi di lavoro.
Bisogna considerare come primo luogo in cui le donne subiscono
violenza la casa (la propria, nel 23% dei casi), che protegge l'aggressore.
Le violenze fisiche si consumano, principalmente, in casa delle
donne (38%), invece in quella dell'autore la percentuale è molto bassa
(solo il 7%). Alcune donne hanno anche denunciato molestie verificatosi
sui mezzi pubblici (22%), in mezzo alla strada (18%), nei luoghi di lavoro
(20%). Dalla ricerca risulta che nella provincia di Roma l'8% delle donne
residenti ha subito maltrattamenti fisici. Si tratta dell’unica percentuale
superiore alla media del Lazio (7%). Inoltre, nell'ultimo triennio, il 20%
delle donne residenti nella provincia di Roma e il 16% nella provincia di
Frosinone sono state vittime di violenze psicologiche. Ha subito violenze
sessuali il 19% delle donne in provincia di Roma, l’11% a Frosinone, il 9%
a Latina, il 5% a Viterbo e il 3% a Rieti.
Indagando sulla percezione della sicurezza è emerso che quasi la
metà delle intervistate (il 49%) non si sente intimamente sicura in alcuni
dei luoghi della città in cui vive. Il 14% dichiara di provare una paura
generale nei contesti urbani della vita quotidiana. Sono temuti di più i
luoghi isolati (81% di risposte), quelli bui (76%) e le aree degradate della
città (68%). Anche i mezzi pubblici (treno e autobus) sono considerati
pericolosi nel 26% e nel 22% dei casi a eccezione della metropolitana
(51%). Solo l’8% delle donne che vivono nella provincia di Frosinone, il
6% in quelle di Latina, il 3% a Rieti e il 5% a Viterbo asseriscono di non
sentirsi mai al sicuro nel territorio urbano; invece nella provincia di Roma
le donne che rispondono di non sentirsi al sicuro sono il 17% .
Per quanto riguarda i moventi di queste violenze sono fornite
diverse risposte: cause sociali, come gli uomini considerano le donne, cioè
come oggetto di possesso (il 17%); problemi dovuti all'emancipazione
femminile (l’11%), per patologie, per l’influenza di sostanze stupefacenti e
alcol (il 16%); l'accettazione della predisposizione maschile verso
comportamenti violenti (il 14%); l’idea che la donna “se la sia cercata” (il
7%); la povertà (il 5%), la disoccupazione (il 3%). Tuttavia, si registra
l’86% di risposte che non giustificano in alcun modo la violenza sessuale.

39
L'indagine Istat (2006) ha rilevato che il 93% delle vittime di
maltrattamenti da parte del proprio compagno, nel corso della vita, non
denuncia, anzi, spesso non lo considera neanche come un reato (il 44%
delle italiane lo vede come qualcosa di sbagliato e il 37% come qualcosa
che è solo successo). Spesso, le donne continuano la relazione con il
partner violento nella speranza che cambi atteggiamento e non sia più
manesco.
Dalla ricerca sulla regione Lazio si evince che circa il 28% del
campione scelga di rimanere accanto al compagno prepotente perché ha
paura di come potrebbe reagire, se fosse lasciato. Anche la presenza o
meno di figli per il 22% delle donne intervistate può influire sulla decisione
della donna di non interrompere ogni rapporto con il partner.
La dipendenza economica dal compagno è considerata una
possibile ragione per restare con uomini violenti, accanto al desiderio
(illusione) di tutelare i figli. Anche in questo caso, le donne vittime di
violenza si allontanano dall'opinione del campione (20% dei casi vs. il 22%
medio).
Nel momento in cui una donna che ha subito violenza riesce a
scappare dall'isolamento e a chiedere aiuto si rivolge in primo luogo al
proprio ambito familiare e amicale. Infatti, il 27% delle donne abusate del
Lazio ha parlato con qualcuno di ciò che è accaduto ( gli amici sono il 57%
delle opzioni); le donne che hanno denunciato, negli ultimi tre anni, abusi
e violenze chiedendo aiuto alla famiglia e agli amici sono il 43%. I familiari
e gli amici sono responsabili della creazione di un clima rassicurante
intorno alla donna che la faccia sentire compresa, creduta e sostenuta nel
percorso di uscita dalla violenza.
Coloro che secondo le risposte date rappresentano i referenti
principali per il supporto sono: il Telefono Rosa, i centri antiviolenza e le
associazioni che operano sul territorio (88% di opzioni). Poi, ci sono i
servizi sociali (il 69%); le famiglie e le Forze dell’Ordine nel 63% e nel 59%
delle risposte; seguono i servizi sanitari con il 38%, i media con il 34%, le
organizzazioni religiose (31%), lo Stato in generale (29%), la legge,
compresi avvocati e magistrati (27%).
Per poter investire in un piano culturale e politico per la lotta alla
violenza di genere, grazie anche alla formulazione di norme, è importante
ascoltare i suggerimenti forniti dalla popolazione femminile su cosa
sarebbe più utile fare per prevenire il fenomeno.
Al primo posto per numero di scelte delle donne del Lazio emerge
un modello d'intervento che segue la “logica del contrasto”. Il 25% delle
donne propone l’inasprimento delle pene per i reati di abuso. Al secondo
posto il 18% delle donne indica la necessità di formulare misure di
protezione a favore di chi denuncia. Al terzo posto viene lanciata l'idea di
un’ azione “preventiva”: la presentazione di campagne di sensibilizzazione
dell’opinione pubblica sul tema della violenza di genere (14%).

40
Si realizzano, anche, delle misure destinate a rafforzare innanzitutto
la capacità fisica delle donne di difendersi (“corsi di autodifesa”, 13%) e
poi la loro capacità psicologica. (“aiutare le donne a non sentirsi in colpa”,
12%). È di grande interesse la proposta di coinvolgere tutti in una sorta di
avanzamento culturale della violenza di genere (“corsi di rispetto reciproco
fin dalle scuole”, 10%).
Non solo, ma bisognerebbe distogliere l'uomo dalle cause culturali
e psicologiche per le quali si mostra violento (“sostegno psicologico”, 6%).
Per far conoscere alle donne i servizi deputati
nell'accompagnamento in un percorso di uscita dalla violenza potrebbero
contribuire tali strumenti: la televisione, per quasi la metà delle intervistate
(44%); le campagne d'informazione nelle scuole (20%), volte a una
socializzazione più efficace rispetto al tema dei diritti delle donne e della
violenza di genere; i servizi sanitari (13%) e la carta stampata (12%), che
dovrebbero informare le donne sulle strutture cui possono fare riferimento.
Le donne vittime dai 25 ai 44 anni consigliano un intervento di
natura più correttiva (aumento della pena per questi reati), tra il 28% e
27%, mentre sulle misure preventive il 19% delle donne fra i 18-24 anni
suggerisce di organizzare corsi di autodifesa (10% e 12% fra i 55-64, 65-
70 anni). Le donne, fra i 55 e i 64 anni, optano più spesso per
l’organizzazione di campagne di sensibilizzazione (23%) e i corsi di
rispetto nelle scuole (14%).
Sono di fondamentale importanza le attività dei centri anti-violenza
che offrono interventi di vario tipo in base alle esigenze specifiche di ogni
donna, dal supporto psicologico all'ospitalità, dall'assistenza legale
all'accompagnamento nella formazione, e così via.
Trovo interessante fare anche riferimento all'indagine sui
femminicidi condotta dalla Uil (Unione Italiana del Lavoro) di Roma e del
Lazio in collaborazione con l'Eures (Istituto Ricerche economiche e
sociali). Si calcola una media di 171 vittime l’anno in Italia dal 2000 fino al
2013, cioè una donna ogni due giorni. Di queste il 70,7% è stata uccisa in
famiglia. La raccolta dei dati ha evidenziato che sono state uccise nove
donne nel Lazio nei primi sei mesi del 2013, il numero più alto degli ultimi
tre anni. Nell’intero 2012 era stato sempre pari a 9 il numero delle vittime,
10 nel 2011 e 11 nel 2010.
Dal rapporto risulta che dal 2003 al 2012 nel Lazio sono state
uccise 126 donne, di cui 60 negli ultimi quattro anni. Di queste il 70,6%
viveva nel comune di Roma e provincia. La forte espansione del 2013 che,
va da gennaio a giugno, è riuscita a eguagliare già i numeri del 2012.
Il 71,7% dei femminicidi della regione, tra il 2008 e il 2012, ha avuto
luogo tra le mura domestiche, per mano di mariti, conviventi, ex coniugi,
compagni e quelli avvenuti a opera della criminalità comune sono il 30,5%.
Le donne italiane vittime sono state il 65,5% del totale, mentre quelle
straniere, residenti sul territorio il 33, 6 %.

41
La fascia di età più colpita è quella tra i 25 e i 44 anni ed è
parecchio elevata quella over 65. Questi dati sono stati raccolti alla vigilia
della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne.
L'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha voluto rendere
ufficiale una data scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi
nell'Incontro Femminista Latinoamericano e dei Caraibi, tenutosi a Bogotà,
nel 1981. E' stato deciso questo giorno in memoria del brutale assassinio,
nel 1960, delle tre sorelle Mirabal48, ritenute un esempio di donne
rivoluzionarie per l'impegno con cui cercarono di contrastare il regime del
dittatore Trujillo. Nel 1999, l'Assemblea per celebrare il 25 novembre come
Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne,
ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a pianificare
attività di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
Nel nostro paese, solo dal 2005, alcuni centri antiviolenza e case
delle donne hanno cominciato a celebrare questa giornata. Poi, negli ultimi
anni, anche diverse istituzioni ed enti come Amnesty International hanno
deciso di festeggiare questa giornata attraverso iniziative politiche e
culturali. In Italia in occasione del 25 novembre, vengono organizzate
tantissime iniziative.
Ad esempio, nel 2007, 100.000 donne (40.000 secondo la
questura), hanno manifestato a Roma "Contro la violenza sulle donne",
senza alcun patrocinio politico. Questa è stata la prima manifestazione
sulla violenza contro le donne e ha ottenuto una forte attenzione mediatica
in seguito alle contestazioni a danno di alcuni ministri e di due deputate.
Non solo le donne hanno partecipato, ma anche gli uomini dell’Uil di
Roma e del Lazio, presso piazza Campidoglio. Così hanno potuto dare il
proprio contributo per dire "no" alla violenza sulle donne, alle
discriminazioni di genere, all’oppressione, al sopruso, all’abuso sull’altro/a.
Può essere considerato come un piccolo gesto simbolico che deve
spingere tutti a riflettere, affinché non si debba più assistere all’assassinio
di una donna. Secondo il segretario dell’Uil di Roma e del Lazio, il lavoro
evidenzia come ci sarà, purtroppo, un incremento del fenomeno nelle
realtà metropolitane.

48
Questo tirannico e brutale ambiente politico e sociale, risvegliò molto presto le loro
coscienze sulla necessità di libertà e rispetto dei diritti delle donne domenicane. Quando
Trujillo salì al potere, la loro famiglia (come molte altre nel paese) perse quasi totalmente
i propri beni, prima nazionalizzati, poi incamerati direttamente dal dittatore nei suoi beni
privati. In questo modo, le sorelle Mirabal incarnano negli anni 50, la passione per la
libertà e ed il valore, impegnandosi con decisione nei confronti della lotta contro il
governo trujillista. Tre di esse furono assassinate nel novembre 1960 a causa della loro
dissidenza.

42
Spesso nelle grandi città, la famiglia della donna vittima di violenza,
rimane isolata, priva di una rete sociale solida e convive con malumori,
tensioni e difficoltà.
Come bisogna intervenire nell'arginare il fenomeno della violenza
sulle donne? Sarebbe importante partire da un'attività di prevenzione,
secondo il segretario Uil Lazio, con delega alle Pari Opportunità, nelle
scuole per educare al rispetto tra i generi. Inoltre, sarebbe funzionale
concretizzare un sistema di protezione, accoglienza e tutela per le donne
(che hanno spesso figli minori) attraverso una rete qualificata di operatori
(sociali, sanitari, pubblica sicurezza, legali) e che sostengano la donna a
uscire dal tunnel della violenza, prima che sia troppo tardi.
Il 25 novembre 2013 il Comune di Roma Capitale si è unito agli
eventi contro il femminicidio con la manifestazione chiamata “Noi no”49.
Per l’occasione il Palazzo Senatorio è stato tinteggiato di un rosso fuoco,
con tante luci. Sulla sua facciata è comparsa una mano con una scritta
che invitava a fermare tutti gli atti di violenza contro le donne.
La violenza include numerose forme verbali, infatti, sono state
scelte parole come colpire, isolare, ferire, importunare, ricattare, punire,
stuprare, uccidere, ecc. È stata molto importante la rappresentanza al
maschile che ha dato voce all'evento ricordando, tramite cartelloni
pubblicitari, che gli uomini devono essere consapevoli e responsabili delle
violenze agite. Ha avuto un forte impatto emotivo la protesta coordinata da
donne che vestivano magliette su cui erano scritti i nomi di madri, figlie e
nonne assassinate.
Il Sindaco di Roma Capitale ha espresso la sua solidarietà alle
donne vittime di violenza dichiarando che per lui la violenza sulle donne, in
particolare il femminicidio, si basa su una matrice culturale che trascina,
sfortunatamente, troppi uomini e il loro cervello. È necessario un rilevante
cambiamento di rotta culturale per affrontare e sconfiggere questo
problema. Ha, infine, ringraziato tutte le associazioni di Roma che danno il
proprio supporto alle donne romane. Infatti, chi ferisce una donna colpisce
tutta la comunità, intaccando i diritti che dovrebbero essere rispettati.
Partendo dalla gravità dei dati raccolti sarebbe conveniente trovare delle
strategie per porre fine alle violenze, ai maltrattamenti, agli omicidi. Il
progetto da adempiere dovrebbe includere le donne, gli alleati uomini, le
Istituzioni, i sindacati, le associazioni, le F. O., e la magistratura.

49
Per la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne (25 novembre 2013), Roma
Capitale e la Regione Lazio vogliono dare un segnale forte su un tema che richiede una
forte sensibilizzazione. Lo fanno il sindaco Marino e il presidente della Regione Lazio
Zingaretti, lanciando insieme la campagna di comunicazione noino.org, rivolta
specificamente agli uomini, perché si assumano le proprie responsabilità rispetto alla
violenza.

43
Deve essere interrotto l'influsso di una cultura deviante che, alcune
volte, giustifica il comportamento dell'autore di violenza.
Nel frattempo non si mette in evidenza che la vittima è la donna,
che subisce e che per paura del giudizio e per vergogna si distanzia e non
tenta di chiedere aiuto. Innanzitutto, bisognerebbe trovare delle strategie
di prevenzione, già nelle scuole per educare, sin da piccoli, al rispetto
della differenza tra i due sessi. Infatti, la scuola non dovrebbe essere solo
un luogo in cui si celebrano le ricorrenze, ma anche uno spazio in cui si
sedimenta un possibile cambiamento culturale.
È indispensabile riuscire a produrre un sistema di protezione,
accoglienza e tutela delle donne per mezzo di una rete tra le diverse
istituzioni presenti sul territorio.

La legge regionale 19 marzo 2014, n. 4 “Riordino delle


disposizioni per contrastare la violenza contro le donne in quanto
basata sul genere e per la promozione di una cultura del rispetto dei
diritti umani fondamentali e delle differenze tra uomo e donna”.

La legge contro la violenza sulle donne è il primo documento, in un


percorso di tutela dei diritti fondamentali intrapreso dalla Regione Lazio
con disposizioni, basate sulla chiarificazione, garanzia ed efficacia.

La Regione Lazio con questa legge ha disposto di realizzare i


seguenti interventi:

1. Il rafforzamento e la differenziazione dei servizi: si vuole


incrementare la presenza di centri antiviolenza e case rifugio
(strutture di I livello, deputate ad accogliere donne vittime di
violenza) su tutto il territorio regionale e potenziare le reti locali.
S’includono nuove tipologie di servizi: le case di semiautonomia
(strutture di II livello, per donne che non si trovano in situazioni di
rischio immediato o non hanno conquistato piena autonomia, in
seguito all'uscita dal centro);

2. Interventi finalizzati al sostegno dell'autonomia economica e


psicologica delle vittime, per l’inserimento lavorativo, anche
attraverso forme di appoggio a progetti imprenditoriali;

3. Percorsi determinati per favorire i figli delle vittime di violenza nel


diritto allo studio (ad esempio tramite l'erogazione di borse di
studio).

44
S’intraprendono azioni d'intensificazione della sicurezza diurna e
notturna di luoghi pubblici “a rischio di violenza” con sistemi
d'illuminazione e nuove tecnologie. A seguito, dell'entrata in vigore
della legge, la Regione potrà specificare, sulla base del proprio
patrimonio, gli immobili da elargire in comodato d’uso a centri
antiviolenza, case rifugio e di semiautonomia;

4. Per conseguire consapevolezza e per una lettura del fenomeno si


prevede l'istituzione, presso l’assessorato competente in materia, di
un Osservatorio regionale sulle pari opportunità e la violenza sulle
donne. La struttura dovrà procedere al rilevamento, all’analisi e
all'osservazione dei dati; elaborare inchieste, studi e ricerche;
concepire proposte e progetti; assicurare la diffusione della cultura
delle pari opportunità, del rispetto, della libertà e della dignità della
donna;

5. Al fine di coordinare ogni azione, viene costituita, presso la


Presidenza della Giunta regionale, la Cabina di regia per la
prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne. Tale organismo
sarà incaricato di organizzare gli interventi e le misure di protezione
e di lotta alla violenza, e di pianificare la messa in opera di una rete
regionale antiviolenza, che includa istituzioni, enti pubblici e privati,
reti locali e associazioni del settore. In riferimento alle proposte
provenienti dalla Cabina di regia e ai dati presentati
dall’Osservatorio, la Giunta metterà in atto il Piano triennale
attuativo per ostacolare la violenza sulle donne. Nel Piano si
stabiliscono gli obiettivi da conseguire, gli interventi da
concretizzare e si suddividono le risorse;

6. Si prefigurano campagne di sensibilizzazione, progetti per le


scuole, iter formativi per operatori, proposte per la riabilitazione
delle “persone maltrattanti”. Si lavora per l'organizzazione
d’iniziative di sensibilizzazione; campagne informative e percorsi
formativi nel settore della comunicazione, dei media e dei new
media; progetti scolastici, indirizzati anche a docenti e genitori.
Inoltre, si devono effettuare dei corsi di formazione per gli operatori
pubblici e del privato sociale, per gli agenti delle forze dell’ordine e
per gli operatori sanitari del pronto soccorso. In conclusione,
saranno approvati dei piani e interventi, anche all’interno delle
carceri, per poter conseguire il recupero delle persone maltrattanti,
facendo riferimento alle indicazioni degli organi giudiziari e/o dei
servizi sociali competenti, e per coloro che ne esprimono la
richiesta.

45
La Regione Lazio, può anche costituirsi parte civile nei processi
riguardanti i reati di violenza su donne o minori, assegnando le somme
percepite a titolo di risarcimento, per perseguire i propositi della legge.
Sono stati destinati, per il triennio 2014-2015, tre milioni di euro a
sostegno delle attività necessarie per finanziare gli interventi previsti dalla
legge regionale.

3.2 BOZZE PER LA COSTRUZIONE DELLE LINEE GUIDA PER IL


CONTRASTO ALLA VIOLENZA DI GENERE

L’Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Lazio, in


collaborazione con la Cabina di Regia, inclusa dall’art. 3 della Legge
Regionale n. 4/2014, si pone l'obiettivo di attivare la Rete Regionale dei
Servizi impegnati nella lotta alla violenza di genere. La Rete Regionale
costituisce la risposta alla necessità di adottare un piano programmatico
regionale per circoscrivere gli obiettivi, le azioni e le risorse, coinvolgendo
diversi soggetti, a cominciare dal livello regionale, per arrivare a quello
locale nel rispetto delle competenze di tutti i livelli.

La Rete Regionale dei Servizi è finalizzata a:

1. Rafforzare il confronto tra la Regione Lazio, gli enti locali, le


associazioni di donne, di volontariato e del Terzo Settore impegnate
nel contrastare la violenza di genere;

2. Definire interventi per concretizzare una cultura del rispetto dei


diritti delle donne;

3. Fortificare la solidarietà con le donne vittime di violenza;

4. Sensibilizzare, a tutto campo, sulla valorizzazione del rispetto nelle


relazioni tra donne e uomini;

5. Condividere e trasmettere modalità d'intervento in contrapposizione


al fenomeno della violenza, creando una rete integrata di
competenze ed energie differenti presenti su tutto il territorio
regionale: istituzionali o soggetti della società civile che sappiano
promuovere strategie ed azioni per prevenire e fare opposizione
alla violenza di genere;

6. Produrre sinergia tra forze diverse che, pur nella propria autonomia,
devono perseguire obiettivi comuni, aggiungendo le proprie
competenze;

46
7. Mettere in luce le criticità attuali nel contrasto alla violenza, per
presenziare sulle debolezze nella difesa delle vittime, garantendo
sicurezza, protezione e reinserimento;

8. Dare forza alle forme di accoglienza e sostegno alle donne che


subiscono violenza e ai loro figli.

La Regione si propone la riflessione e l'esplicitazione di programmi,


che aiutino le persone maltrattanti, come previsto all’art. 2 della Legge
Regionale n. 4 del 2014. Le Linee Guida contengono le indicazioni della
Regione Lazio per la realizzazione della Rete Regionale dei Servizi e di
tutti gli attori territoriali, che collaborano nella tutela delle donne e nella
costruzione del loro percorso di uscita dalla violenza.
La Rete si basa sul reciproco impegno tra i soggetti aderenti al
programma a incoraggiare, pianificare e consolidare pratiche condivise
nell'osteggiare ogni forma di violenza di genere. In questo modo, si
assicura l’attuazione di una risposta globale e integrata, includendo tutte le
azioni, i diritti delle donne vittime e le misure per la loro tutela con la
partecipazione dei soggetti regionali e locali.
All'interno delle Linee Guida s’individuano e rendono concreti gli
scopi della Rete Regionale, mettendo in pratica una serie di azioni mirate
a:
1. Divulgare una metodologia, in ottica di genere, delle modalità di
contrasto alla violenza;

2. Mettere al centro di ogni operazione il sostegno e il rafforzamento


delle donne accolte e dei loro figli;

3. Trovare procedure di accoglienza e conforto condivise, che aiutino


la donna a uscire dalla violenza;

4. Contribuire a una inclusione, basata sulla competenza delle


operatrici impegnate nei servizi strutturati;

5. Creare un modello di rete “aperto e flessibile”, disponibile alla


condivisione delle pratiche da porre in essere e alla ideazione di
progetti di fuoriuscita dalla violenza integrati e nel rispetto della
volontà della donna accolta;

6. Adottare un linguaggio comune, che consenta di concordare più


agevolmente gli interventi di contrasto e utilizzare così una
terminologia chiara con tutte le donne accolte;

47
7. Impiegare un metodo solidale per la costruzione del progetto di
uscita dalla violenza, includendo tutti i servizi a contatto con la
donna accolta;

8. Rafforzare la protezione delle donne e dei minori, in sinergia, con le


Forze dell'Ordine, con i tribunali etc.;

9. Garantire e potenziare lo sviluppo di tutte le professionalità, che si


trovano a relazionarsi con le tematiche della violenza di genere, in
modo tale da diffondere, sempre di più la cultura dei diritti delle
donne, dei minori e il rispetto tra i generi.

Le Linee Guida50 riguarderanno i servizi, come previsto dalla Legge


Regionale n°4/2014, pubblici o privati, la cui metodologia di accoglienza si
fonda sulla solidarietà e sulle relazioni tra le donne e quelle con il
personale professionale. In questa maniera, si mette in pratica un
percorso partecipato per decidere le caratteristiche, i criteri e le modalità di
lavoro, quali:

1) Le tipologie delle strutture;

2) I requisiti della struttura;

3) Le figure professionali specializzate operanti all’interno delle


strutture;

4) Le attività essenziali svolte all’interno della struttura;

5) Le modalità operative per la definizione dei progetti di fuoriuscita


dalla violenza e del lavoro in rete eseguito dagli operatori.

Le strutture sono dirette da enti o da associazioni con lo scopo di


lottare contro ogni forma di violenza nei confronti di donne e i minori.
Si rivolgono a tutte le donne, che hanno subito violenza o sono in
pericolo di sorbirla e ai loro figli, indistintamente. (Legge Regionale
4/2014).
Le strutture sono le seguenti:

50
L’Assessorato alle Politiche Sociali e Sport della Regione Lazio organizza il 6 ottobre
2014 presso la Regione Lazio, Sala Tirreno, il workshop “Costruzione delle Linee Guida
Regionali per Centri Antiviolenza, Case Rifugio, Case di Semiautonomia”. Si tratta di un
momento di discussione e condivisione molto importante in vista dell’approvazione delle
Linee guida regionali e al fine di un sempre più efficace funzionamento della rete
regionale dei servizi antiviolenza.

48
1. Centri Antiviolenza;

2. Case Rifugio;

3. Case di Semiautonomia.

L’attività delle seguenti strutture è integrata da tutti gli organismi


autonomi presenti sul territorio, che lavorano con le modalità sopra
esposte e che offrono servizi di ascolto, consulenza e sostegno alle donne
vittime di abusi e ai loro figli minori, anche in situazioni di emergenza, quali
Sportelli e Case di Accoglienza in emergenza (legge regionale/2014).
Per supportare queste donne, la Legge prevede la realizzazione di
Case di Semiautonomia, per un’ospitalità temporanea, di secondo livello. Il
trasferimento nelle Case di Semiautonomia avviene per il tramite dei
Centri Antiviolenza in collegamento con la rete dei servizi sociali territoriali.
Tali strutture si occupano di dare accoglienza a donne e minori, che: non
si trovano in condizione di pericolo immediato e non hanno ottenuto, al
momento dell’uscita dai Centri Antiviolenza, la piena autonomia, perciò
necessitano di un ulteriore percorso definito nel tempo.
E’ desiderabile, che le Strutture Antiviolenza adottino una Carta dei
Servizi con la quale si impegnino nei confronti della propria utenza
riguardo ai servizi offerti, le modalità di erogazione e gli standard di qualità
previsti.
In conclusione si sottolinea, che è attualmente in corso un
importante dibattito nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, attraverso
il quale si stanno fissando “i requisiti minimi per legittimare il
funzionamento dei Centri Antiviolenza e delle Case Rifugio”.

3.3 IL RUOLO DEI DIVERSI OPERATORI

Possedere le giuste competenze, una buona dose di sensibilità ed


empatia nei confronti della vittima di violenza, da parte degli operatori,
costituiscono caratteristiche basilari per garantire un’adeguata accoglienza
delle donne in difficoltà. Nel lungo percorso del vissuto di violenza,
specialmente se agita all'interno delle mura domestiche, può accadere che
la donna se interfacci con diverse istituzioni.
Le principali sono rappresentate dalle strutture sanitarie (Pronto
Soccorso, ASL, medici di base), dalle Forze dell’Ordine (Carabinieri e
Polizia di Stato), dai Servizi Sociali (Consultori, sportelli di assistenza,
case famiglia) e dai Centri Antiviolenza. Ricevere il giusto tipo di ascolto e
disporre di un'opportuna accoglienza sono elementi imprescindibili, dai

49
quali si può intuire come migliorare e potenziare i servizi offerti alle donne
vittime.

3.3.1 LE FORZE DELL'ORDINE

Il recarsi presso un commissariato oppure una caserma


rappresenta un primo passo per cercare di raccontare il proprio dramma e
di oltrepassare il muro di silenzio che, generalmente, circonda la violenza.
In queste circostanze, è essenziale, che le donne ricevano l'ascolto, non
sempre verbalmente richiesto, e che siano informate sul percorso che
possono intraprendere.
Nel momento in cui la donna decide di sporgere denuncia nei
confronti del proprio aggressore, deve avere con sé il referto medico.
In caso contrario, le viene suggerito di rivolgersi (o viene
direttamente accompagnata dagli operatori, se in condizioni fisiche
precarie) presso un Pronto Soccorso ospedaliero. Il referto medico è
indispensabile, in quanto in sede giudiziaria, attesta la gravità delle lesioni
(interne, i graffi, i morsi, i lividi e gli altri segni di violenza).
La segnalazione di pericolo, oltre ad essere compiuta dalla vittima,
può provenire dai familiari, vicini di casa, Pronto Soccorso, Servizi Sociali,
medico di famiglia, scuole.
Nell’effettuare il colloquio con la donna, l’operatore o l’operatrice
deve disporre di una stanza riservata per farla sentire a suo agio; istruirla
correttamente sui suoi diritti e sulle procedure d'intervento; controllare se
ha già preso contatti con un Centro Antiviolenza, un assistente sociale o
un altro ente del privato sociale, in caso contrario, bisogna darle i
riferimenti utili per mettersi in contatto; renderle noti i termini entro i quali
presentare querela e delle sue conseguenze; invitarla a raccontare quanto
è successo, indipendentemente dal fatto se vorrà sporgere denuncia
oppure no; ecc.
Durante la conversazione, è doveroso rispettare i tempi della donna
e solo dopo, che avrà completato il suo racconto, rivolgerle delle domande
precise e minuziose sull’aggressione e le lesioni subite, non cercare di
persuadere o esortarla a fare qualcosa se lei non si sente ancora pronta.
A conclusione del colloquio, bisogna assicurarsi che la donna abbia
firmato la denuncia e che, una volta tornata a casa, sappia difendersi, in
caso contrario, darle dei suggerimenti e indicazioni di servizi cui può
rivolgersi.

50
3.3.2 GLI OPERATORI SANITARI

E' importante dare la possibilità alla donna di scegliere cosa


raccontare, quali cure sanitarie ricevere, sia se è arrivata spontaneamente
al Pronto Soccorso oppure se è stata accompagnata dalle Forze
dell’Ordine.
Durante la presa in carico, il personale deve mostrarsi disponibile
all’ascolto, evitando domande invasive e qualsiasi giudizio, anche perché
non gli spetta verificare la veridicità del racconto o la credibilità della
paziente. Sarebbe meglio, se la donna venisse assistita da una figura
professionale medica, infermieristica e ausiliaria di sesso femminile.
La prassi per aiutare le donne vittime di abusi, è realizzata secondo
modalità operative specifiche, concernenti il Triage al Pronto Soccorso e la
valutazione in caso di violenza sospetta o dichiarata, sia essa generale
e/o sessuale. In quest'ultimo caso, l'intervento prevede l’anamnesi, i
prelievi microbiologici e sierologici, la profilassi antibiotica delle malattie a
trasmissione sessuale, la contraccezione d’emergenza, ecc. Possono,
inoltre, essere predisposte altre visite specialistiche ritenute necessarie.
In seguito viene redatta la documentazione della visita e degli
accertamenti eseguiti, la cui copia resta alla donna.
Le si spiega, che nel momento in cui decida di sporgere denuncia
nei confronti del suo aggressore, deve rivolgersi agli organi di Polizia,
presentando copia del referto rilasciato dal medico di P. S.
E' necessario fornire alla donna il materiale cartaceo sulle diverse
opportunità di aiuto presenti sul territorio, cui può fare riferimento.
L'uscita dal Pronto Soccorso può avvenire, solamente, se si è sicuri
che la donna non sia esposta, a seguito della dimissione, a subire altri atti
di violenza.

3.4 EPISODI DI VIOLENZA NEL LAZIO

In questo paragrafo ho voluto inserire tre storie che raccontano le


violenze e i maltrattamenti subiti da donne, nel 2006, a opera di marito,
padre e sconosciuto. In questo modo, ho cercato di evidenziare che questi
atti possono essere commessi da chiunque e in qualunque luogo.

26/03/2006

La coppia, che vive nello stesso quartiere alla periferia est di Roma, è da
qualche tempo separata, ma nonostante ciò la moglie continua ogni giorno
a recarsi dal marito per pulire e cucinare. La donna lo vede come un

51
dovere personale. Quel giorno, i due litigano pesantemente e l'uomo,
impugnando un coltello, colpisce la moglie tre volte all'addome,
provocando la sua morte. Quando giungono i carabinieri, lo trovano
rannicchiato in un angolo, in stato di choc, vicino al corpo della donna.51

9/05/2006

Siamo nella provincia di Roma. Durante la notte, un padre 50enne ritorna


a casa ubriaco e aggredisce la figlia minacciandola con una bottiglia rotta
nel tentativo di violentarla.
La ragazza si difende, ferendosi alle mani e alla testa, ma riesce a
rifugiarsi dalla sorella che abita lì vicino. Insieme chiamano il 112. Il padre
le raggiunge e minaccia anche l'altra figlia. Intanto i carabinieri sono
arrivati e arrestano l'uomo per tentata violenza sessuale aggravata.52

9/10/2006

Alla periferia sud di Roma, una studentessa americana di 20 anni, sta


aspettando l'autobus per tornare al collegio presso cui è ospite. Non
conoscendo bene la zona, entra in un bar e chiede informazioni. Quando
si trova alla fermata, un uomo sulla cinquantina, a bordo di un'auto, si
ferma, e minacciandola con un coltello alla gola la obbliga a salire. In
seguito l'uomo abuserà sessualmente della ragazza, per poi rapinarla e
abbandonarla lungo la strada.53

51
M. ADDIS SABA- C. DI SAN MARZANO- E. DONI- P. GAGLIANONE- C. GALIMBERTI- E. GIANNI
BELOTTI- L. LEVI- M.S. PALIERI- F. SANCIN- M. SERRI- S. TAGLIAVENTI- C. VALENTINI,
“Amorosi assassini. Storie di violenze sulle donne”, Editore Laterza, 2008 Roma - Bari,
p.47.
52
Ivi, p.94.
53
Ivi, p.201.

52
CAPITOLO 4

IL RUOLO DEL CENTRO ANTIVIOLENZA E DEI SERVIZI SOCIALI

4.1 COS'È UN CENTRO ANTIVIOLENZA E QUALI SONO I SERVIZI


OFFERTI PER IL SOSTEGNO DELLE DONNE VITTIME DI VIOLENZE E
I FIGLI

Figura 2: Posizione in cui si trova il Centro


Antiviolenza "D. Colasanti e R. Lopez".

Il Centro Antiviolenza del Comune di Roma Capitale, in cui ho


svolto lo stage, nasce nel 1997 grazie a un progetto proposto
dall’Associazione Differenza Donna, vincitrice di un bando promosso dal
Comune di Roma.
Dal 2000 prende il nome “D. Colasanti e R. Lopez”, due giovani
vittime della strage del Circeo del 1975. Entrambe subirono una crudele
violenza sessuale e vennero drogate. Rosaria Lopez (19 anni) fu portata
nel bagno di sopra della villa del Circeo, picchiata e, infine, affogata nella
vasca da bagno. Successivamente gli aggressori cercarono di strangolare
con una cintura la Colasanti (17 anni) e la colpirono violentemente. Mentre
erano disattenti lei riuscì a raggiungere un telefono, per chiedere aiuto, ma
venne scoperta e punita con colpo di spranga di ferro. Crollò a terra e si
rese conto che per salvarsi doveva fingersi morta, così riuscì a ingannare i
suoi aguzzini. Credendole entrambe morte i tre le rinchiusero dentro il
bagagliaio della macchina. Dopo andarono a cenare a cenare in un
ristorante. Intanto, la Colasanti, sopravvissuta e ancora sotto choc,
approfittando della loro assenza richiamò l'attenzione di un metronotte in
servizio. Subito dopo una volante dei Carabinieri fece partire un
messaggio-radio cifrato, in cui si diceva che c’era qualcuno rinchiuso in un
auto. Due degli aggressori vennero arrestati, mentre il terzo, grazie a una
soffiata, non sarà mai catturato. La giovante Colasanti venne ricoverata in
ospedale con gravi lesioni, una frattura del naso e pesantissimi danni

53
psicologici da cui non riuscì mai a riprendersi del tutto.

Il Centro Comunale di assistenza e accoglienza per donne, sole o


con figli, vittime di violenza – “D. Colasanti e R. Lopez”, è situato in via di
Torre Spaccata 157, Roma.
E' un servizio che offre assistenza e ospitalità, sino al
raggiungimento di 14 posti letto, a donne in difficoltà. Si rivolge a donne
sole o con figli minori, vittime di violenza fisica e/o psicologica intra o extra
familiare.
Il Centro eroga i seguenti servizi:

o Ascolto telefonico 24 ore su 24 tutti i giorni


dell’anno. C’è sempre una operatrice pronta a
rispondere alle telefonate. Nel corso della telefonata si
cerca di raccogliere informazioni sulla donna (nome,
telefono, se ha figli, ecc.), dopo che lei ha esposto il
suo problema. Le si fissa un colloquio nel primo
giorno disponibile sull’agenda, per cercare di aiutarla
nel più breve tempo possibile.

o Ospitalità nelle situazioni a maggiore rischio per


donne sole o con figli. Per valutare il rischio di
recidiva nei casi di violenza interpersonale, in cui la
donna è vittima di svariati abusi, gli operatori possono
utilizzare diversi metodi. Ad esempio, il SARA
(Spousal Assault Risk Assessment)54, serve a
valutare il caso e la sua pericolosità in base a 10
fattori di rischio e 5 di vulnerabilità che il valutatore
deve considerare, nel loro insieme, per poi decidere
se è presente il rischio di recidiva e in che misura
(basso, medio, elevato). Poi abbiamo l’ISA55 (
Increasing Self Awareness), che permette a tutte le
donne di auto valutare il rischio che la violenza possa
ripetersi, che divenga sempre più pericolosa, in una

54
Fattori di rischio: violenze da parte del partner o ex partner e l’adattamento psico-
sociale. Il primo gruppo comprende: gravi violenza fisiche o sessuali; gravi minacce di
violenza, ideazione o intenzione di agire violenza; escalation sia della violenza fisica
/sessuale vera e propria sia delle minacce/ideazioni o intenzioni di agire tali violenza;
violazione delle misure cautelari o interdittive; atteggiamenti negativi nei confronti delle
violenze interpersonali e intrafamiliari. Il secondo gruppo contiene: i precedenti penali;
problemi relazionali; status occupazionale o problemi finanziari; abuso di sostanze;
disturbi mentali.
55
www.surveygizmo.com/s3/954104/ISA - online

54
escalation che può portare anche alla morte. È rivolto,
in particolare, a quelle donne che minimizzano la
violenza e non ne hanno preso consapevolezza. L’ISA
consiste in un modulo da compilare, in riferimento alla
propria condizione, per comprendere qual è il livello di
pericolosità che si sta correndo. Si ottiene un
punteggio in base a ciò che succede e poi viene
indicato cosa è opportuno fare.
Ricordiamoci che la valutazione da parte delle Forze
dell’ordine, della magistratura, dell’operatore non deve
mai limitarsi a un metodo di analisi del rischio che per
quanto scientificamente valido, può solo affiancare le
pratiche e le indagini nei casi di maltrattamento, ma
non sostituirle.

o Consulenza legale, sociale e psicologica. Il


sostegno attivo del Centro si concretizza in assistenza
legale con possibilità di gratuito patrocinio, sostegno
specializzato di psicologhe, psicoterapeute,
pedagogiste, educatrici e assistenti sociali.

o Avvio di procedure con i servizi territoriali (scuole,


ospedali, consultori, ecc.) e con istituzioni
(Comune, Provincia, Regione, Tribunale per i
Minorenni, Tribunale Civile e Penale). Chi dirige il
Centro si occupa di mettere in contatto la donna con i
servizi e le istituzioni che possono aiutarla ad attuare
il suo percorso di uscita dalla violenza.

o Spazi di riprogettazione dei percorsi personali.


All’interno del Centro ogni donna ha un proprio spazio
per discutere del progetto individualizzato e di
eventuali cambiamenti da effettuare, affinché sia più
funzionale al conseguimento dei suoi obiettivi.

o Orientamento al lavoro e alla formazione. Il Centro


può stipulare delle convenzioni con associazioni, enti,
strutture pubbliche o private, che organizzano corsi di
formazione per orientare le donne a una professione.
Le donne possono anche essere aiutate nel compilare
il proprio curriculum e mettersi in contatto con i centri
per l’impiego, i Col o le agenzie interinali.

55
o Gruppi di auto- mutuo aiuto. Rappresenta un
gruppo di persone che hanno in comune lo stesso
problema e che, nel confronto orizzontale con gli altri,
sperimentano momenti di condivisione, di solidarietà e
di crescita. All'interno del gruppo, ogni persona, che
dapprima si riconosce solo come bisognosa d'aiuto,
può mettersi alla prova per dare aiuto. Da soggetto
passivo diventa un soggetto attivo, sia verso di se che
verso gli altri.

o Spazio per incontri protetti tra i figli minori e le


figure genitoriali. L’assistente sociale si occupa di
definire insieme alle donne, se è stabilito dal
Tribunale, gli incontri protetti tra i figli e il padre,
presso un’altra sede e coordinati da un psicologo
esperto in materia.

o Sportello anti-stalking Nausicaa. Grazie a esso si


sostengono le donne che raccontano di essere
perseguitate, attraverso sms, email, telefonate, ecc.,
dall’ex compagno, marito, da un amico, un
conoscente.

Il 2 dicembre 2009 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra


l'Associazione Differenza Donna56 e le seguenti istituzioni: TM di Roma, il
Tribunale Ordinario di Roma, le Procure Ordinarie e per i Minorenni, le
maggiori aziende ospedaliere di Roma, la Prefettura e la Questura.
Lo scopo è di prevenire i maltrattamenti, la violenza sessuale e gli atti
persecutori contro le donne e i figli minorenni. Per mettere in pratica il
protocollo è stato realizzato al Tribunale per i Minorenni di Roma uno
sportello d’informazioni per il contrasto alla violenza in famiglia coordinato
dall'Associazione Differenza Donna. Lo sportello offre servizi come
informazioni, segretariato sociale, orientamento ai servizi di rete, piano

56
Differenza Donna nasce a Roma il 6 maggio 1989 con l’obiettivo di far emergere,
conoscere, combattere, prevenire e superare la violenza di genere. Fin dall’inizio
l’Associazione ha avuto chiaro che la discriminazione, l’emarginazione e la sopraffazione
nei confronti delle donne sono un fenomeno sociale diffuso, grave, complesso, che solo
competenze specifiche possono combattere con efficacia. L’Associazione Differenza
Donna svolge le molteplici attività grazie alla presenza di un gran numero di
professionalità: psicologhe, psicoterapeute, assistenti sociali, medici, educatrici,
avvocate, giornaliste, sociologhe, informatiche, antropologhe, ecc. attive nel progetto
complessivo.

56
individualizzato per l'uscita della donna dalla situazione di violenza. Inoltre,
è aperto due volte a settimana (lunedì e mercoledì), dalle 9.00 alle 14.00.

La storia del Centro Antiviolenza

Il primo centro antiviolenza nacque a Londra nel 1972 e negli anni


seguenti sorsero altri centri nelle isole britanniche, prima che il movimento
femminista raggiungesse l’Europa del Nord, quella centrale e occidentale
e anche l’Europa meridionale. Il movimento si espanse nei paesi
dell’Europa orientale e sud-orientale, tanto che a oggi in tutta Europa si
contano centinaia di centri antiviolenza.
In molti paesi dell’Europa meridionale e orientale, ancora, non ci
sono abbastanza centri antiviolenza per poter accogliere e offrire rifugio a
tutte le donne e ai loro bambini che ne hanno necessità.
Per creare un centro antiviolenza s’incontrano, spesso, ostacoli
invalicabili come la mancanza di sostegno economico o della volontà
politica da parte delle autorità locali o nazionali.
Non basta fornire un tetto alle vittime di violenza domestica,
l’empowerment è un fattore importante. Le donne e i bambini ospitati
vengono incoraggiati a riprendere in mano la propria vita, anche per
aumentare la loro autostima. Inoltre, dovrebbero recuperare la sensazione
di vivere in una condizione di sicurezza.
Il lavoro dei centri antiviolenza si basa su una profonda conoscenza
delle cause della violenza, delle diverse tipologie sotto cui si presenta e
dell’impatto che ha sulle vittime. La violenza alle donne deve essere
analizzata all’interno del contesto storico, sociale e politico delle relazioni
di genere.
I centri antiviolenza provvedono a un sostegno psico-sociale e
bisogna considerarli come parte integrante dei servizi che lo stato offre ai
cittadini. Di conseguenza, il governo e le autorità statali hanno l’obbligo di
assicurare fondi adeguati ai centri antiviolenza e alle altre organizzazioni
che offrono servizi alle donne.
I centri antiviolenza in Europa sono, principalmente, gestiti da associazioni
autonome di donne che, negli anni, hanno conseguito sempre maggior
esperienza pratica e professionalità nell’aiutare le donne vittime di
violenza. Queste donne associate sono operative ed esperte sulla
tematica della violenza di genere.
Il principio guida, alla base del lavoro con queste donne, è il forte
impegno a difendere e promuovere i diritti delle donne e il loro
empowerment, in modo che loro possano vivere liberamente con
indipendenza e dignità.

57
I centri antiviolenza sono predisposti per accogliere le donne che
hanno subito violenza, indipendentemente, dalla loro nazionalità, etnia,
orientamento religioso, politico o sessuale e condizione socio-economica.
Offrono numerosi servizi di sostegno, organizzano attività e
assumono un ruolo fondamentale sul piano sociale. Per quanto riguarda i
servizi, i centri antiviolenza si occupano di fornire: rifugio, sostegno in
situazione di crisi e counselling per le donne vittime di violenza e le/i loro
bambine/i; counselling anche per le donne non ospiti e quelle che sono
state ospitate in precedenza presso il centro. Inoltre, sostengono azioni di
prevenzione contro la violenza di genere, attraverso la sensibilizzazione
dell’opinione pubblica sul problema della violenza, sulle cause e le
conseguenze. Ma, anche sulla necessità di supportare con
specializzazione le vittime. Una rete costituita da singole sostenitrici e
organizzazioni e una stretta collaborazione con altri professionisti è
funzionale al raggiungimento di questo obiettivo. Per assicurare la qualità
dei servizi è doveroso conservare tutta la documentazione e attuare una
valutazione regolare.
Tra i servizi possiamo elencare:

 Servizi aperti 24 ore su 24. È molto importante che le


donne possano ricevere ascolto e sostegno in ogni momento
di crisi e che possano essere accolte nel centro antiviolenza
sia di giorno che di notte.

 Ospitalità in casa rifugio e case di semiautonomia. La


casa rifugio è stata creata per offrire alle donne un luogo
sicuro in cui sottrarsi alla violenza dell’attuale o ex partner,
che, spesso, può aumentare nel periodo in cui la donna tenta
di separarsi. Rappresenta un luogo in cui intraprendere con
tranquillità un percorso di allontanamento emotivo e
materiale dalla relazione violenta e ricostruire la propria
autonomia. Le case di semiautonomia, invece, accolgono le
donne che si trovano in condizioni di pericolo immediato e
non hanno ottenuto, al momento dell’uscita dal centro
antiviolenza, la piena indipendenza. Di conseguenza, hanno
bisogno di un ulteriore percorso definito nel tempo.

 Counselling. È uno dei servizi principali forniti dai centri


antiviolenza. Si offre questo servizio anche per le donne non
ospitate. Esistono servizi di counselling esterni che, spesso,
funzionano come primo contatto con il centro antiviolenza.
Il primo colloquio serve a costruire una relazione di fiducia.
L’operatrice del centro dovrebbe ascoltare attentamente e
provare a individuare i bisogni specifici della donna che sta
chiedendo aiuto. Le donne hanno il diritto di ricevere

58
sostegno professionale senza giudizi, a prescindere dalla
loro decisione finale. L’operatrice che raccoglie la
testimonianza della donna deve garantire la confidenzialità
delle informazioni recepite e, in caso, rispettare il desiderio
della donna di rimanere anonima.

 Supporto ai minori abusati o vittime di violenza assistita.


Per aiutare i minori è necessario partire da un supporto alla
genitorialità materna, attraverso il coinvolgimento di
educatrici o psicologhe esperte sulla tematica. Bisogna
aiutare il bambino a esprimersi tramite giochi o disegni, da
realizzare insieme alla madre e agli altri bambini. Si deve
aiutare il minore a riacquistare la fiducia nelle persone
adulte, soprattutto la madre, a non avere più paura, a non
sentirsi in colpa o vergognarsi.

 Lavoro di gruppo. Il lavoro di gruppo permette alle donne di


comprendere come non siano le uniche a subire violenza dal
partner. I gruppi di sostegno o a tema specifico danno la
possibilità di avere uno spazio per discutere diversi
argomenti (la violenza, ma anche qualsiasi altro argomento
ritenuto importante dalle partecipanti). I gruppi sono uno
strumento utile per le donne perché fa acquisire loro una
maggiore consapevolezza di sé e dell’ambiente sociale.
Lo scopo è quello di riconquistare la fiducia in sé stesse e
incoraggiare l’interazione con le altre donne. Un’altra
tipologia di lavoro dei gruppi sono quelli in cui le donne
parlano del proprio ruolo in quanto madri, i problemi che
incontrano nell’educazione dei figli, ecc.

 Sostegno legale. Le vittime di violenza devono essere


informate sui loro diritti e sulle opportunità legali. Ogni centro
antiviolenza dovrebbe essere capace di fornire sostegno
legale sotto forma di informazioni, gratuito patrocinio o aiuto
nelle pratiche legali. Le operatrici del centro dovrebbero
poter accompagnare le donne dalla polizia, in tribunale e
presso altre istituzioni, aiutarle nell’organizzazione delle
pratiche legali e per le udienze, per esempio informandole su
come procedere o preparando simulazioni in cui la donna
può fare pratica su come rilasciare una testimonianza. Per la
donna, molte volte, è anche importante essere fisicamente
accompagnata e supportata durante le udienze in tribunale.

59
 Sostegno per la risoluzione dei problemi economici.
Un’altra funzione rilevante del centro antiviolenza è quella di
sostenere le donne a ottenere sussidi o aiuti economici a cui
hanno diritto. Affinché questo sia possibile, è fondamentale
che il centro crei un buon rapporto di comunicazione e
collaborazione con i servizi sociali.

 Sostegno nella ricerca della casa. Se per qualsiasi motivo


le donne non possano restare o rientrare nell’abitazione di
famiglia, bisogna aiutarle nel ricercare un alloggio. In questo
caso si suggerisce di cooperare da vicino con le autorità
locali addette a questa funzione. Le autorità dovrebbero
assumersi la responsabilità di provvedere ad alloggi
temporanei a bassi costi.

 Assistenza sanitaria. Quando una donna viene inserita in


un centro antiviolenza ha spesso bisogno di immediata
assistenza sanitaria. Un’operatrice dovrebbe accompagnarla
in un ospedale, se c’è l’esigenza, per le cure necessarie e
per richiedere una documentazione completa delle lesioni
subite. Questa deve essere portata presso le F.O. o i
carabinieri se la donna vuole sporgere denuncia. Le donne
dovrebbero avere accesso gratuito ai servizi medici dello
stato o dei centri privati che collaborano con il centro
antiviolenza.

 Sostegno nella ricerca del lavoro e nella formazione.


È importante che il centro antiviolenza aiuti le donne nella
ricerca di un nuovo impiego o per riuscire a mantenere il
posto di lavoro o anche per prendere parte a un programma
di formazione

 Attività di sensibilizzazione e prevenzione alla violenza


di genere. Il centro deve prendere parte alla realizzazione di
progetti, campagne e manifestazioni per sensibilizzare
l’opinione pubblica. Non solo, ma l’attività di prevenzione
dovrebbe essere attuata dalle famiglie e dalla scuole, che
dovrebbero insegnare il rispetto per le differenze di genere.

 Raccolti dati e ricerca. Queste attività sono utili per


raccogliere dati sugli accessi ai centri antiviolenza, sulla
qualità dei servizi offerti e su come migliorare gli interventi a
supporto delle donne vittime.

60
 Offrire un corso di formazione. Per poter lavorare a
contatto con le donne vittime di violenza, è fondamentale che
qualunque persona, (operatori/trici socio-sanitari, Forze
dell'ordine, magistrati, Polizia municipale, psicologi,
assistenti sociali, studenti, insegnanti, cittadini, ecc. ), abbia
frequentato il corso di formazione che si divide in ore di
teoria e di pratica. Durante il corso saranno trattati argomenti
quali: il fenomeno della violenza di genere, diffusione,
definizione, forme e tipi; individuazione e riconoscimento
indicatori e ciclo della violenza e conseguenze ed effetti della
violenza; diritti e strumenti legali; acquisizione di buone
pratiche di accoglienza e di accompagnamento; definizione
del percorso di uscita dalla violenza, ecc.

Nei confronti dei bambini bisogna intervenire per permettere loro di:

 Ritrovare una dimensione più infantile;

 Rendersi conto che in merito alla separazione dei genitori non


hanno alcuna responsabilità;

 Diventare indipendenti;

 Rivedere propria madre come una figura significativa;

 Non nascondere le proprie emozioni ed eliminare il senso di colpa


e di vergogna;

 Ritrovare la fiducia in se stessi e negli altri..

La madre-donna va seguita nella rielaborazione della sua storia di


violenza e protetta durante il processo di allontanamento dalla violenza.
Deve essere spinta a ripensare a se stessa come donna e come madre; a
scacciare i sensi di colpa e a riscattare la propria autorevolezza di fronte ai
figli. Si possono evidenziare cambiamenti comportamentali, quando la
donna, insieme ai figli, prende le distanze da una situazione di violenza
per poi recarsi in un ambiente più sereno. Il superamento delle
conseguenze della violenza non avviene in breve tempo.
Le operatrici, sia volontarie che retribuite, devono possedere una
formazione specifica sulla violenza, essere continuamente aggiornate e
monitorate, spesso, per evitare i rischi di burn-out e di traumatizzazione

61
secondaria. Tutte le operatrici devono impegnarsi a rispettare l’anonimato,
la segretezza e la riservatezza delle informazioni personali sulle donne e
accettare i principi ispiratori dell’intervento (lavorare con il consenso e a
vantaggio della donna; provvedere alla sua sicurezza, ecc.).

4.2 L’AZIONE DELL’ASSISTENTE SOCIALE NEI CONFRONTI DELLA


VIOLENZA DI GENERE

Il percorso di richiesta di aiuto di chi ha subito una violenza, può


rilevarsi lungo e pieno di ostacoli. La maggior parte delle donne tenta di
cambiare il proprio partner, ma, dopo averlo lasciato, riconosce la gravità
della violenza agita, riconquista la fiducia in se e riprende in mano la
propria vita.
Nel momento in cui le donne cercano di evadere da situazioni di
violenza, possono rivolgersi a vari soggetti (amiche, colleghe, cav,
assistenti sociali, ecc.), per chiedere supporto. Si mostrano molto
vulnerabili e fragili, provando una forte sofferenza quando, finalmente,
riescono a comunicare. Chi si mostra disponibile ad ascoltare la storia
della donna deve conoscere le dinamiche della violenza e le difficoltà
relative. Inoltre, tutti coloro che lavorano a stretto contatto con donne
vittime di violenza dovrebbero essere formati e competenti, soprattutto,
per comprendere quali sono gli indicatori della violenza e indirizzare le
vittime verso i centri antiviolenza.
Il Servizio Sociale si mette in relazione con donne di diversa classe
sociale, nazionalità, cultura, ecc., bersagli di aggressioni verbali e fisiche
che, spesso, giustificano l'atteggiamento del proprio compagno
ritenendolo accettabile.
Il Servizio Sociale Territoriale può considerarsi come un
catalizzatore per incoraggiare il cambiamento sociale e culturale, perché:

 Una famiglia, in cui la donna subisce violenza, insegna ai figli un


modello relazionale, che sarà assimilato. Cercare di favorire un
cambiamento di questo tipo è uno dei compiti del Servizio Sociale;

 L'assistente sociale può cooperare per promuovere l'emergere della


violenza contro le donne;

 Gli interventi di assistenza economica, o le segnalazioni di


dispersione scolastica, ecc., sono funzionali per svolgere
un’indagine sullo stile di vita familiare e per creare con le donne
una relazione basata sulla fiducia e sul dialogo.

62
4.3 IMPORTANZA DELLA RELAZIONE TRA LA DONNA VITTIMA DI
VIOLENZA E L'ASSISTENTE SOCIALE

Innanzitutto, l’assistente sociale deve assumere un atteggiamento di


ascolto empatico, di dialogo e saper guidare le proprie emozioni, legate ad
aspetti personali, a stereotipi e a luoghi comuni quali ad esempio:

 La sfiducia verso la donna che sembra quasi accettare il ruolo di vittima;

 La perplessità, perché lei non è in grado di prendere una decisione


definitiva nei confronti del rapporto con il partner;

 Il sentimento di onnipotenza che spinge a sostituirsi alla donna.

Nel corso del colloquio con la donna l’assistente sociale:

 Può identificare alcuni indicativi rivelatori di violenza come: segni visibili


sul suo corpo (lividi, graffi, escoriazioni ecc.), trascuratezza della persona,
inflessibilità e tensione nei gesti, atteggiamento diffidente e a volte
aggressivo, difficoltà o rifiuto a parlare di se o della famiglia. Saper
riconoscere gli indicatori è uno strumento per leggere segnali che
altrimenti sarebbero non considerati. In questo modo, l'assistente sociale
può dirigere l'oggetto del colloquio e comprendere ciò che è accaduto o
sta accadendo;

 Deve lasciar parlare liberamente la donna, prima di porre domande


intrusive o dirette, rispettando i suoi tempi;

 Non deve avere atteggiamenti che possano esprimere un giudizio verso di


lei e il partner;

 Può ponderare, attentamente, le richieste d’intervento urgenti, verificando


quelle in cui c'è un rischio immediato per la donna (e gli eventuali figli
minori);

 Deve mostrarsi disponibile nel pensare insieme, senza costrizioni, le


possibili soluzioni per uscire dalla situazione di violenza;

 Deve prospettare un intervento, tenendo conto della storia, dei bisogni e


dell'autodeterminazione della donna.

63
Se l'assistente sociale si mostrerà professionale, partecipe ed
empatico, sarà un punto di riferimento stabile, che potrà affiancare la
donna nel conseguire l'autonomia.
Il progetto individualizzato deve partire dall’attivazione delle risorse
personali, familiari e amicali della vittima.
Quando la donna viene accolta dai servizi, le si garantisce un primo
supporto concreto, che potrà spingerla a trovare soluzioni alternative, per
non subire più.
L’assistente sociale deve:

 Ascoltare e dare un valore significativo al contenuto del discorso;

 Costruire una buona relazione con la donna, anche per motivarla in un


cambiamento di vita;

 Conoscere la rete e vari servizi che sostengono le donne vittime di


violenza;

 Trasmettere alla donna le informazioni relative alle diverse risorse attivabili


e agli interventi che la stessa potrà o dovrà richiedere. Le seguenti
informazioni riguardano: il possesso di referti medici; la procedibilità
d'ufficio nei casi di violenza per specifici reati; l'esplicitazione dei diversi
ruoli e delle competenze dei servizi da attivare.

Di conseguenza, la donna deve venire a conoscenza di quei servizi,


che possono darle accoglienza, orientamento, assistenza psicologica e
legale (Centro Antiviolenza, Consultorio Familiare, ecc.).
L’assistente sociale curerà la fase d’invio della donna, valutando
l’efficacia, attraverso riunioni con gli operatori, che ci lavorano. Riesce,
così, a creare le premesse per un lavoro di rete a supporto della donna.
Non dimentichiamoci, che durante il colloquio, l'assistente sociale
deve riconoscere che:

 La donna vittima di violenza non ha colpa per ciò che le è capitato;

 La violenza non può mai essere giustificata, ma, bisogna punirla sempre;

 La veridicità dell'utente, che comunica il suo bisogno di sicurezza;

 Quando la donna si separa, può correre maggiori pericoli.

Sono da evitare i seguenti atteggiamenti:

 Chiedere alla donna cosa ha fatto per indurre la violenza;

64
 Domandare immediatamente il motivo per cui non si è separata prima e
non si è rivolta a qualcuno;

 Esprimere giudizi sulle sue decisioni e azioni;

 Sminuire la situazione di pericolo da lei vissuta;

 Indurla a compiere scelte contro la sua volontà.

Bisogna, anche, considerare alcuni comportamenti che possono


danneggiare la donna. Infatti, ci sono casi in cui la donna evidenzia:

 Di temere per la propria incolumità;

 Che gli episodi di violenza si verificano sia fuori che dentro casa;

 Che il partner è violento nei confronti di minori presenti in famiglia e terzi;

 Che il compagno ha commesso violenza sessuale e violenza in


gravidanza;

 Che il maltrattante abusa di sostanze alcoliche o droghe;

 Che ha minacciato i parenti o/e gli/le amici/che della donna;

 Ecc.

Se la donna si trova in una di queste circostanze, è necessario


progettare con lei un piano di sicurezza. Ha due possibilità: o lasciare il
partner e recarsi temporaneamente in un luogo sicuro; o non rompere la
relazione e tornare a casa.
Quando la vittima si allontana, da un ambiente violento, è
funzionale coinvolgere più operatori per un aiuto sociale, psicologico, e
legale. È l'occasione, grazie alla quale la donna può riacquistare le proprie
risorse e ricostruire il proprio percorso. In questo modo, diventa
consapevole della propria situazione, per uscire dalla violenza.
Nel momento del collocamento in una struttura o dell'accoglienza
temporanea da parenti, amici o rete solidale, la donna va sorretta dalla
presenza costante dell’operatore. In questa fase, l’assistente sociale,
coopera con gli operatori delle diverse strutture ospitanti e si occupa del
momento dell’inserimento.
Agendo così si vuole evitare che la donna si senta abbandonata
dall’assistente sociale, dagli attori della rete e dalla famiglia.

65
L’obiettivo consiste nel sostenere il percorso di cambiamento della
donna, riunendo le energie e creando accordi tra i diversi attori coinvolti.

4.4 LA RETE INTEGRATA TRA I SERVIZI SOCIALI E I CENTRI ANTI-


VIOLENZA

La rete antiviolenza locale deve includere le varie istituzioni


competenti, presenti sul territorio, sia pubbliche che private e coinvolgere
operatrici/operatori. Si devono rendere tutti partecipi alla definizione del
progetto di uscita dalla violenza condiviso con la donna.
Tra gli organismi della rete possiamo elencare:

 Regioni, Province e Comuni, ASL, sportelli sociali, centri stranieri e


Centri per l’impiego;

 Centri Antiviolenza, case di accoglienza/ rifugio, anche per i minori;

 Le organizzazioni di volontariato e non lucrative di utilità sociale


(Onlus), le associazioni di promozione sociale e le cooperative
sociali.

Il Centro Antiviolenza e i Servizi Sociali possono considerarsi i “nodi


della rete”, diretti ad assicurare alle donne, che vogliono venir fuori da una
situazione di violenza, la tutela e l'integrazione sociale. In questo modo, le
si aiuta a costruire un percorso di vita alternativo e a realizzare un
progetto di autonomia.
Per la costruzione della rete antiviolenza è necessario:

 Saper riconoscere il paradigma della differenza di genere. Bisogna


ritenere il genere femminile come portatore di valori esclusivi e
autentici. La donna deve essere percepita in quanto persona, con
le sue risorse e capacità;

 Respingere ogni forma di violenza. Non permettere mai una


relazione tra i due sessi, che includa la violazione, l'imposizione e
l’annientamento di un genere nei confronti dell’altro;

 Non consigliare mai l'impiego dello strumento della mediazione;

 Riflettere che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti


umani.

66
La rete sarà efficace, se saranno rispettati i seguenti presupposti:

 L'adozione di un linguaggio comune, per condividere una


modalità di azione collettiva e istituire procedure accettate da
tutti gli organismi e le istituzioni nel contrasto alla violenza;
 L' applicazione di una metodologia integrata di presa in
carico della problematica.

Il modello di rete deve essere aperto, in modo tale da attivare, se


c'è bisogno, la collaborazione di ulteriori servizi e usufruire degli interventi
e delle prestazioni messe a disposizione dalla rete locale. L'intera rete
deve essere centrata sulle prerogative della donna e dei suoi figli.
Nell'affrontare il problema della violenza bisogna riferirsi alla
metodologia dell’accoglienza (adottata da oltre 20 anni dai Centri
Antiviolenza D.i.R.e.):

 In cui non s’impiega lo strumento della mediazione familiare,


perché è dannosa e non funzionale;

 In cui si fornisce un sostegno di tipo globale;

 In cui si vuole raggiungere il rafforzamento (empowerment)


delle capacità della donna;

 In cui si pone la donna al centro di tutto il progetto


individualizzato;

 In cui le diverse azioni (denuncia, separazione, attivazione


dei servizi, ecc.) vengano intraprese, solo se si ha il
consenso della donna per un suo vantaggio, proponendole la
possibilità di ricredere in se stessa. Il lavoro deve essere
impostato sulla base della protezione, della riservatezza e
del non giudizio.

67
4.5 LA PAROLA ALL’AVVOCATA DELL’ASSOCIAZIONE DIFFERENZA
DONNA

L’intervista sottoposta a Concetta Carrano (Avvocata Civilista,


esperta in Diritto di Famiglia, dell’Ufficio Legale dell’Associazione
Differenza Donna, nonché Presidentessa dell’Associazione D.i.R.e57) ha lo
scopo di far comprendere come funziona l’aspetto legale in riferimento alla
tutela della donna e in particolare dei figli minori.

Domande

 Quali sono le azioni legali a tutela dei minori vittime di


violenza intrafamiliare e della violenza assistita?

 In merito alla violenza assistita quale genere d’intervento,


viene predisposto dal Tribunale per i Minorenni?

 Le donne che denunciano incorrono nel rischio di avere


interventi limitativi della potestà genitoriale? Inoltre quali
sono gli atteggiamenti da parte dei Servizi Sociali nei loro
confronti?

57
Il 29 settembre 2008 si è costituita l’Associazione Nazionale D.i.Re “Donne in Rete
contro la violenza”, la prima associazione italiana a carattere nazionale di centri
antiviolenza non istituzionali e gestiti da associazioni di donne che affronta il tema della
violenza maschile sulle donne secondo l’ottica della differenza di genere, collocando le
radici di tale violenza nella storica, ma ancora attuale, disparità di potere tra uomini e
donne nei diversi ambiti sociali.

68
Risposte

1. Per la tutela dei minori, che subiscono violenza diretta


o assistita, ci troviamo in questo momento in una fase di
confusione.
È entrata in vigore il I° gennaio 2013 la Legge 219 del
201258, che ha trasferito le competenze dal Tribunale per i
Minorenni al Tribunale Civile. Facendo riferimento a ciò, che
accadeva precedentemente all’applicazione di questa nuova
legge, moltissimi procedimenti si sono aperti al Tribunale per
i Minorenni, su istanza del Pubblico Ministero.
Il PM è un organo non solo di giustizia, ma si occupa, anche,
di chiedere l’apertura di un procedimento a tutela sulla base
di segnalazioni, che possono pervenire dai Centri
Antiviolenza o dalle Forze dell’Ordine o dagli ospedali e da
tutti coloro, che devono comunicare le situazioni di
pregiudizio sui minori. Il TM è intervenuto, tantissime volte,
con provvedimenti provvisori urgenti, che limitano la
responsabilità genitoriale del genitore maltrattante,
disponendo, anche in alcune circostanze, l’allontanamento
da casa del genitore maltrattante.
L’Avvocata stessa ha ottenuto uno dei primi
provvedimenti al TM sulla violenza assistita, ovvero di
decadenza della responsabilità genitoriale del padre per la
sola violenza assistita. La prima cosa importante è
riconoscere la violenza assistita, ciò implica, che c’è stata,
prima, una violenza sulla propria madre. Molte volte, la
violenza viene confusa con il conflitto; altre volte c’è sempre
un atteggiamento, da parte delle istituzioni (TM, Servizi
Sociali), di voler recuperare la figura paterna, anche se può
andare a discapito per il minore stesso. Successivamente,
all’applicazione della nuova legge, se contemporaneamente,
al Tribunale Civile pende separazione, divorzio o

58
È entrata in vigore il 1º gennaio 2013 ed elimina la distinzione tra figli legittimi e naturali,
trasferendo la competenza dal Tribunale per i Minorenni al giudice ordinario su una serie
di giudizi che riguardano la tutela dei diritti dei figli, nati nel matrimonio o no. In
particolare, la legge riforma la materia della filiazione naturale e del relativo
riconoscimento, applicando il principio "tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico"; delega
il Governo ad intervenire sulle disposizioni vigenti per eliminare ogni residua
discriminazione tra figli legittimi, naturali e adottivi; ridefinisce le competenze di tribunali
ordinari e tribunali dei minorenni in materia di procedimenti di affidamento e
mantenimento dei figli; detta disposizioni a garanzia del diritto dei figli agli alimenti e al
mantenimento.

69
affidamento, pure, i procedimenti sulla responsabilità
genitoriale si trasferiscono di competenza al Tribunale Civile.
Questo sta creando, dal suo punto di vista, ma, anche, sulla
base della pratica quotidiana dei Tribunali, un vuoto di tutela
per i minori, perché il Tribunale Ordinario al momento non
ritenendosi un Tribunale specializzato non si sta
pronunciando sulla responsabilità, soprattutto sulla
decadenza di responsabilità genitoriale.
Il problema fondamentale è, che mentre la violenza
fisica sui bambini o la violenza sessuale o maltrattamenti o
l’incuria o altro tipologia di vessazioni fisiche sono facilmente
riconoscibili, invece è difficilmente riconosciuta la violenza
assistita.
All’interno del TM, è stato aperto uno sportello
dedicato alle donne vittime di violenza per far emergere, in
particolar modo, la violenza assistita.

2. Parlando di procedimenti sulla responsabilità genitoriale, su


segnalazione, si apre il procedimento a tutela dei minori.
Molto spesso, il TM emette provvedimenti provvisori urgenti;
fornisce, anche, delle prescrizioni o indicazioni; può disporre
gli incontri protetti tra il genitore maltrattante e i figli. Qui si
pone il problema dell’organizzazione degli incontri protetti,
che spetta ai Servizi Sociali, ma, in un momento di crisi di un
welfare, che ha sempre meno risorse e possibilità, si delega
questa funzione a delle cooperative. Di conseguenza, alcune
volte, non viene eseguita nel modo giusto, non c’è
specializzazione. Gli incontri protetti, in alcune occasioni,
vengono usati dai genitori maltrattanti per continuare a
perseguitare e controllare l’ex compagna. Spesso, i bambini
costituiscono uno strumento per colpire ancora la donna. Ci
sono stati casi, in cui il genitore maltrattante, il padre,
approfittando degli incontri protetti, ha continuato, anche,
fisicamente a essere violento con le madri.
A volte, il TM può disporre un approfondimento sulle
condizioni del minore: il/la bambino/a vittima di violenza
assistita rifiuta il padre, ha paura di lui e qui bisogna fare
attenzione. Si necessita di specializzazione, perché non può
essere confuso il rifiuto del/la bambino/a a vedere il padre
come una specie di 4° azione della volontà che la madre
metta in atto sui propri figli. Un rischio enorme, che si corre, lì
dove non c’è competenza e formazione specifica, è una
sorta di ri-vittimizzazione della donna-madre. Ciò si verifica,
perché, è, in qualche modo, ritenuta responsabile di aver

70
lasciato i propri figli in un ambito familiare violento, di non
aver agito prima. Se denuncia, però, è perché vuole
vendicarsi, se non denuncia, è complice, perciò, è sempre
responsabile e colpevolizzata. Un pericolo maggiore è
l’invito, che il Servizio Sociale rivolge alla donna a
intraprendere un percorso di mediazione familiare o una
terapia di coppia in caso di violenza.
Tra l’altro la mediazione è vietata dalla Convenzione di
Istanbul, ma comunque nessun mediatore serio potrebbe
compiere una mediazione in caso di maltrattamenti.

3. L’Avvocato Carrano risponde: ”Assolutamente no.”


La scelta della denuncia deve essere una scelta
consapevole della donna, perché tutte le azioni, che possono
essere rivolte a lei, devono avere alla base una scelta di
libertà. Questo è il punto di partenza per iniziare un percorso
di uscita dalla violenza.
Denunciare il proprio partner o ex partner/marito non
può essere inteso come un fattore negativo, ma è inteso, in
molti provvedimenti, che lei stessa ha ottenuto al TM e al
Tribunale Civile, come presa di consapevolezza e
responsabilità nell’intervenire a tutela dei propri figli.
La signora Carrano come Avvocato e Presidentessa
dell’Associazione D.i.R.e., ha presentato le Linee Guida al
Servizio Sociale, in cui si vuole lavorare riguardo a due
obiettivi fondamentali:

• Il riconoscimento della violenza;

• La costruzione di una rete efficace ed efficiente per tutelare


la donna e i figli.

Alcune volte, il fatto, che la donna abbia denunciato è


sicuramente un indice di responsabilità; altre volte non viene
inteso in questo modo. Anzi, se il Servizio Sociale lavora
male tende, in qualche maniera, a convincere la donna a
colpevolizzarsi verso la figura paterna.
Se si continua a mantenere e a ragionare sulla linea di
un’impronta familistica, non riconoscendo, invece, il danno,
che deriva al figlio dalla violenza, è chiaro, che possono
esserci delle gravi conseguenze.
A volte, accade, che si assumano degli atteggiamenti
giudicanti; altre volte, nelle relazioni, che il Servizio Sociale
invia al Tribunale, vengono espresse delle valutazioni, che

71
non gli competono, perché l’accertamento del fatto, che è
stato denunciato, spetta alle autorità competenti (Tribunale
Penale).
Il lavoro con il Servizio Sociale deve consentire la creazione
di una rete forte tra Centro Antiviolenza e Servizi Sociali,
perché, molte volte, le donne si rivolgono in prima battuta al
Servizio Sociale. Infatti, solo l’assistente sociale, formata e
specializzata, riesce a dare indicazioni sui CAV.

72
4.6 LA PAROLA ALLA PSICOLOGA DEL CENTRO MAREE

L’intervista sottoposta a Valeria D’Angelo (Psicologa, che opera


presso il Centro di Accoglienza per donne in difficoltà “Maree”59, gestito
dall’Associazione Differenza Donna O.N.G., finanziato dall’Istituzione di
genere femminile “Solidea”, della Provincia di Roma) ha lo scopo di
evidenziare aspetti riguardanti la violenza assistita e come viene affrontata
nel Centro.

Domande

 Da quanto tempo ricopre il ruolo di psicologa presso il Centro


“Maree”?

 Secondo lei, esistono degli indicatori della violenza assistita?

 A seguito, della sua esperienza, quali sono le conseguenze della


violenza assistita?

 In merito alla violenza assistita quale tipo d’intervento, è previsto


dalle istituzioni competenti?

 Come si articolano le azioni di sostegno alla genitorialità, volte al


recupero della relazione madre-bambino e quelle di sostegno
psico-sociale per i minori ospitati?

Risposte

1. La dottoressa svolge il ruolo di psicologa dal Febbraio


dell’anno scorso.

2. I bambini, che arrivano nei centri, sono portatori di un


trauma, sono fortemente inibiti, molto aderenti alla figura
materna, hanno difficoltà ad avere relazioni con altre persone
sia adulte che non. Quando intraprendono un percorso
all’interno del centro, si può vedere, subito, una sorta di
miglioramento. Ciò fa capire quanto l’ambiente, quando

59
2000. Nasce il Centro “Maree”, per donne in difficoltà, grazie ad un progetto proposto
da Differenza Donna, vincitrice del bando indetto dalla Provincia di Roma. Dal 2004 il
centro è sotto "l'ombrello" di Solidea, istituzione di genere femminile e solidarietà della
Provincia di Roma.

73
diventa tutelante e protettivo, come può essere quello di un
Centro Antiviolenza, può garantire una sorta di risanamento
fisiologico. Comunque, ogni bambino ha le proprie
caratteristiche fisiche e di personalità, ha una propria
sintomatologia.
Gli indicatori della violenza assistita sono i seguenti:

• Aspetti cognitivi (i bambini, che sono in età scolare possono


avere problematiche nell’apprendimento così come nello
stare attenti a scuola, nel portare avanti un compito. Ciò
significherebbe accedere a delle risorse interne, che, in quel
momento, sono occupate a gestire una fragilità dovuta a tutto
quello che è accaduto e a una nuova condizione, ad esempio
come i bambini che stanno nel centro);

• Aspetti comportamentali (iperattività, aggressività, che è il


primo indice della violenza assistita e si può rivolgere sia nei
confronti della madre che dei pari, perché è l’unico codice
relazionale, che apprendono e quindi si relazionano in questo
modo, frequentemente);

• Problematiche relative all’alimentazione, al sonno


(l’alimentazione è complessa nella gestione, perché il
momento del pasto, nella loro storia di bambini all’interno di
una famiglia con un genitore maltrattante, è uno dei momenti,
in cui la violenza viene agita. Loro, perciò, assistono
molteplici volte, a violenze fisiche o verbali o a una tensione,
nel momento in cui sono tutti a seduti a tavola. Questo fatto
si ripropone, anche, nei centri; c’è un pasto discontinuo,
infatti, non c’è sempre gusto nel portare avanti il pranzo o la
cena. Molto spesso, i bambini non riescono a dormire da soli,
ma solo con la propria mamma, hanno incubi, risvegli
notturni, enuresi notturna ripetuta). Bisogna lavorare molto
nella prevenzione, perché i comportamenti abusanti creano
sia delle problematicità, quando il bambino si relaziona con
l’esterno e all'interno delle proprie fragilità.
Questo, perché, ci sono, anche, bambini, che vengono
denigrati dai papà, quindi c’è una svalutazione delle loro
capacità e nella possibilità di potersi sentirsi forti, capaci di
risolvere un compito, di giocare, di avere una relazione in
autonomia. Ciò, che hanno vissuto li porta a essere fragili.

74
3. Le conseguenze a lungo termine a carico dei bambini, in
quanto vittime di violenza assistita, riguardano il fatto, che il
minore non riesce a trovare più un affidamento e una
protezione sicura dalla figura paterna, in quanto figura
abusante. Spesso, ciò si verifica, anche nei confronti della
figura materna, perché, la stessa è deputata a proteggere e
a tutelare, quando viene agita violenza, e non sempre è in
grado di farlo come si aspetterebbe il bambino. Il bambino si
sente, come se non ci fosse una base sicura sui cui
appoggiarsi rispetto a un affidamento.
Il lavoro, che va fatto, in seguito, all’incapacità di
affidarsi all’altro, è di ricostituire una relazione madre-
bambino, basata sul rafforzamento genitoriale del ruolo della
donna e sulla possibilità, che il figlio si possa fidare di più di
lei e ritrovarla come genitore protettivo. Spesso, i bambini
vittime di violenza sono adultizzati, perché si prendono cura
delle mamme oppure stando in uno status di allarme
continuo, sanno, anche, quali sono le modalità per evitare
determinate situazioni di violenza. Si affiancano alla mamma,
nei momenti clue oppure la invitano a non comportarsi in un
determinato modo. Sono i bambini fortemente
responsabilizzati, che devono assumere, anche, nei confronti
di fratelli o sorelle minori, il ruolo dei grandi. Il lavoro è
cercare di capire e far acquisire loro una dimensione più
infantile.

4. Non ci sono servizi deputati ai bambini vittime di violenza o


perlomeno sono molto pochi. Esistono dei progetti, ad
esempio il SACRAI60, che si occupa dei bambini vittime di
abuso e di maltrattamento (violenza domestica e assistita);
esiste, da un anno, il reparto di neuropsichiatria infantile del
Policlinico, il servizio è stato prorogato per altri 6 mesi.
Le lista d’attesa sono molto lunghe, perché c’è bisogno di
garantire delle psicoterapie o interventi sui bambini a costo

60
Inaugurato in via dei Sabelli 108, presso il Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria
Infantile dell’Università “Sapienza” di Roma, il nuovo servizio per l'assistenza ai minori
vittime di abuso e sfruttamento sessuale, “Servizio di Assistenza, Cura e Ricerca
sull’Abuso all’Infanzia” (in sigla S.A.C.R.A.I). E' il progetto pilota, che sintetizza lo scopo
del nuovo sportello dedicato ai più piccoli. Si occupa di interventi terapeutici sia sulle
vittime di abuso e sfruttamento sessuale sia sui minori autori di reati sessuali,
avvalendosi di una équipe multidisciplinare composta da NPI (neuropsichiatri infantili),
psicologi e avvocati.

75
zero. C’era, anche, il Centro Fregosi61 per i bambini vittime di
violenza, in situazioni inviate dal Tribunale.
C’è un’Associazione, che si chiama “Bambini nel tempo”62,
ed è un centro clinico a cui, molto spesso, il Tribunale affida
delle valutazioni sui bambini in merito alla violenza. Ai servizi
vi si accede tramite altre strutture come i cav. Non sempre, ci
può essere la possibilità di usufruire, subito, di un servizio
specialistico, perché sono molto pochi.

5. Al centro si realizza un percorso di sostegno alla genitorialità,


che è strutturato in dei colloqui specializzati e permette di
lavorare sulle competenze della donna, perché, è stata
svilita. Bisogna lavorare sull’assertività, perché, molto volte,
lei ha la tendenza ad accontentare, in tutto e per tutto, i
bambini. È importante mantenere un'alterità e cercare di
rafforzare le competenze, ottimizzare le risorse, che ogni
donna ha e ritrovare una condivisione tra madre e bambino,
in un ambiente, dove le urla e tutte le altre cose non esistono
più. Anche, l’ambiente stesso fornisce un contenitore, che
può aiutare la donna a riprendere in mano la situazione con il
proprio bambino.
Dopo, i colloqui individuali di sostegno si fanno,
anche, dei laboratori madre-bambino e di gruppo, che
possono essere di ogni tipo, soprattutto per far ritrovare una
dimensione di gioco.
Rispetto ai bambini si fornisce ascolto attraverso delle
osservazioni dei giochi, disegni, con cui loro possono
esprimersi, per creare uno spazio che sia solo loro. In questo
modo possano, come fanno, pure, le madri, dire ciò, che
pensano. In seguito, si fanno altri laboratori ludo-pedagogici
(sostegno a scuola, all'apprendimento, favole, giardinaggio,
cucina, ecc.), che gli permettono di lavorare in gruppo, di
ritrovare il piacere di stare insieme, di potersi sperimentare
senza essere giudicati, di poter condividere tutto.

61
La Provincia di Roma attraverso il Centro Provinciale “Giorgio Fregosi” garantisce un
servizio ad elevata specializzazione e persegue la finalità di intervenire in aiuto di minori
vittime di abuso e maltrattamento, e nel supporto alle famiglie.
62
L'Associazione Bambini nel Tempo è un'associazione non lucrativa di utilità sociale
(ONLUS) che si occupa, attraverso il progetto CABMF (Centro Aiuto al Bambino
Maltrattato e alla Famiglia), su incarico dei Servizi Sociali e del Tribunale, della
valutazione delle competenze genitoriali e dello stato psicologico dei minori.

76
4.7 LA PAROLA ALLA RESPONSABILE DEL CODICE ROSA

L’intervista sottoposta alla Dottoressa Lina Losacco (Responsabile


Centro Antiviolenza “Le Lune”63, Coordinatrice Codice Rosa Integrato Dea
I° Livello S. Giovanni Evangelista, nonché Responsabile Centro
Antiviolenza Itinerante “La Via Lattea” : il centro che “sposta”, si muove
per andare incontro ai bisogni delle donne ed è un ulteriore esempio di
efficace intervento di contrasto alla violenza. In sinergia con gli
interlocutori istituzionali maggiormente coinvolti, ha l’obiettivo di
contrastare il fenomeno e contribuire al contenimento degli elevati costi
sociali ed economici, conseguenti alla violenza, che riguardano non sole le
donne, ma tutta la comunità) si pone l’obiettivo di evidenziare come
funziona l’aspetto sanitario a tutela della donna vittima di violenza.

Domande

 Da quanto tempo lavora nell’ambito della tutela delle donne?

 Com’è nato il progetto Codice Rosa?

 Quali protocolli d’intesa si sono formalizzati e quali sono le


Istituzioni afferenti alla Rete del Codice Rosa?

 Quale valore aggiunto hanno gli sportelli itineranti?

 Di quante risorse umane si avvalgono gli sportelli del Codice Rosa


e quale formazione hanno?

 Di quante risorse umane si avvalgono gli sportelli della Via Lattea


e quale formazione hanno?

63
Si tratta di un servizio aperto tutti i giorni dell’anno, H24, dedicato alle donne italiane e
straniere vittime di maltrattamenti. Lo staff è composto da diversi professionisti: una
psicologa, un’assistente sociale, una pedagogista, una sociologa, un avvocato ed
un’educatrice. Sono offerti numerosi servizi: ”emergenza codice rosa” (una sorta di
pronto soccorso a disposizione immediata di chi ha subito violenze); incontri protetti – alla
presenza di un’osservatrice, su richiesta del tribunale o dei servizi sociali; uno sportello
per le vittime di stalking e il sostegno a donne vittime della tratta; la consulenza per
l’orientamento al lavoro e servizi di formazione-informazione.

77
 Avete elaborato dei dati a seguito delle azioni progettuali degli
Sportelli afferenti al Codice Rosa? Quante donne accedono al
servizio?

 Quali servizi si attivano a protezione delle donne accolte a seguito


di una presa in carico degli sportelli del Codice Rosa?

 Secondo la sua esperienza quali sono gli effetti della violenza


assistita da minore?

Risposte

1. La Dott.ssa ha iniziato la sua attività presso un consultorio,


dal 1983 al 1992. Si è occupata, principalmente, della salute
delle donne per far acquisire loro consapevolezza rispetto al
loro corpo e alla sessualità. In seguito, dal 1996, è entrata a
far parte dell’Associazione Differenza Donna, interessandosi
delle misure a contrasto della violenza sulle donne, in
particolare nel campo della tutela della loro salute.
Nel 2000, la Dott.ssa ha lavorato a un progetto di
ricerca sugli effetti e le conseguenze della violenza in
gravidanza sia sulla madre che sul feto. Nel 2007 ha lavorato
presso il servizio SOS donna del Comune di Roma, che è
stato realizzato, in collaborazione con i presidi sanitari e le
Forze dell’Ordine (squadra mobile di Roma). Inoltre, il
servizio ha lo scopo di fornire accoglienza alle donne, che
subiscono atti di violenza. Nel 2008, venne attivato il servizio
Emergenza Codice Rosa64 grazie a una rete creata in
collaborazione con gli ospedali. Gli interventi di accoglienza
e tutela si effettuano su chiamata sia giornaliera che
notturna. La Dott.ssa si occupa di condurre i colloqui con le

64
Un complesso di interventi integrati di sostegno antiviolenza in parallelo al triage dei
Pronto Soccorso, attivato in forma sperimentale dal 2008 in collaborazione con il Servizio
Sociale e il personale del Pronto Soccorso del Policlinico Umberto I di Roma e del
distretto della ASL RMD, in seguito anche con gli operatori della ASL RMC. L’obiettivo è
quello di fornire l’intervento più idoneo alla gestione del caso, attraverso l’attivazione di
un piano progettuale d’emergenza, che prevede: percorsi celeri e dedicati di diagnosi e
cura; interventi psico-sociali; segnalazione alle forze dell’ordine, Tribunali, Servizi Sociali
territoriali; collocazione in strutture protette; consulenza criminologica; sostegno legale e
psicologico di professioniste specializzate di Differenza Donna e, nei casi in cui si renda
necessario, viene garantita una ospitalità di emergenza a breve termine nei Centri
antiviolenza.

78
donne, che accedono al servizio. Sono stati creati degli
sportelli per permettere la capillarità del servizio: Policlinico
Umberto I; Ospedale G.B. Grassi di Ostia; Ospedale S.
Giovanni Battista di Tivoli; consultori (Villa Adriana, Tivoli,
Castel Madama, Acilia, Fregene, Colia Urti).

2. Un primo protocollo d’intesa è stato realizzato con il


Policlinico Umberto I. Successivamente, è stato realizzato
con l’ASL RMD e l’ASL RMD. Inoltre, è stato creato un
protocollo tra Tribunale, Forze dell’Ordine, Prefettura,
Questura e ASL di Roma (compreso l’Ospedale Bambino
Gesù).
Le Istituzioni afferenti alla Rete del Codice Rosa
includono:

 Servizi Sociali;

 Forze dell’Ordine;

 ASL;

 Ospedali.

3. Gli sportelli itineranti rappresentano la possibilità di


accogliere le donne, con limiti pratici, ostacolate, che abitano
in comuni disseminati, per aiutarle a raggiungere i CAV sulla
provincia di Roma.
“L’itineranza” non concerne solo l’accoglienza, ma, vuole
disseminare una cultura di genere. È fondamentale il ruolo
della rete, così da avere tavoli tecnici con le Forze
dell’Ordine, Ospedali, Servizi Sociali. Gli sportelli
raggiungono, anche, le istituzioni, che s’interfacciano con le
donne vittime di violenza in maniera estesa.

4. Gli Sportelli del Codice Rosa si avvalgono di n°1 operatrice,


n°1 avvocata, n°1 psicologa, n°1 assistente sociale, divise
per ogni sportello sanitario. Sono tutte specializzate sulla
violenza di genere, perché, hanno frequentato il corso di
formazione per operatrici all’interno dei CAV.

5. Gli sportelli della Via Lattea si avvalgono di maggior


personale (operatrici, avvocate, psicologhe, assistenti
sociali), rispetto a quello del Codice Rosa ed è sempre
previsto per loro il corso di formazione.

79
6. Sono in possesso di dati, che ancora devono essere
elaborati. In riferimento all’anno 2013, ad esempio, al
presidio ospedaliero di Tivoli hanno avuto accesso 100
donne; a quello di Grassi 75 donne e al Policlinico 140
donne.

7. Si attivano per la protezione delle donne accolte i seguenti


servizi:

 I Centri Antiviolenza per sostenere le donne nel


percorso di rielaborazione della violenza;

 Le Forze dell’Ordine per effettuare le indagini;

 I Servizi Sociali, nei casi in cui siano presenti dei


minori;

 Tribunale per i Minorenni, nel caso venga fatta


segnalazione di grave pregiudizio nei confronti di
minore;

 Consultori;

 Magistratura.

8. Secondo la Dottoressa gli effetti della violenza assistita sono


i seguenti: ansia, paura, attacchi di panico, dislessia,
iperattività, depressione, dispersione scolastica, maggiore
vivacità, disturbi dell’apprendimento, emicrania, enuresi,
encopresi, dermatiti, colite, disturbi di attaccamento,
comportamenti anti sociali (bullismo e devianza minorile),
gastriti, allergie, asma psicosomatico

80
CAPITOLO 5

I COSTI DELLA VIOLENZA

5.1 LA RICERCA DELL'INTERVITA ONLUS

"Quanto costa il silenzio?- Indagine nazionale sui costi economici e


sociali della violenza contro le donne"65. Emerge dalla seguente ricerca,
che il costo economico e sociale della violenza è stimato in quasi 17
miliardi. Di questi, 2,3 sono i costi monetari diretti, concernenti i servizi
(costi sanitari, sociali, giudiziari, ecc.), e oltre 14 miliardi sono quelli non
monetari (costi umani, emotivi, ecc.).
Coloro che sostengono la gravità del costo sono le donne vittime, i
loro figli e la società.

I 2,3 miliardi dei costi includono:

 Le spese sanitarie (Pronto Soccorso, ricovero, cure specialistiche);

 Le cure psicologiche;

 L'acquisto di farmaci;

 L'operato delle Forze dell’Ordine;

 Il lavoro dell’Ordinamento Giudiziario per la gestione delle denunce contro


la violenza;

 Le spese legali;

 Gli interventi realizzati dai servizi socio-sanitari dei comuni;

 I servizi ASL neuropsichiatria infantile;

 Le attività dei Centri Antiviolenza.

65
A CURA DI G. BADALASSI, F. GARREFFA, G. VINGELLI, Ricerca Intervita Onlus "Quanto
costa il silenzio? Indagine nazionale sui costi economici e sociali della violenza contro le
donne", 2013 Roma. È la prima Indagine Nazionale sui costi economici e sociali della
violenza contro le donne in Italia.

81
Invece i 14,3 miliardi includono:

 I danni morali e psicologici;

 L'effetto moltiplicatore sociale.

La rilevazione dei costi è funzionale per poter parlare di


investimenti, in termini di servizi e prevenzione, cosicché affiori
l’estensione del fenomeno e i suoi effetti.
L’indagine è stata pubblicata il 21 novembre 2013, sotto il patrocinio
del Dipartimento per le Pari Opportunità. In Italia sono 14 mln gli episodi di
violenza contro le donne, sono state 130 le vittime di femminicidio66 nel
2013. Oltre il 30%, tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza almeno una volta
nel corso della vita. Solo il 18% l’ha considerato come un reato e poco più
del 7,2% l’ha denunciato.
Secondo i dati dell'Istat, del 2006, dal 4 al 9% delle donne decide di
sporgere denuncia. In Italia una donna su tre, tra i 16 e i 70 anni, è stata
vittima di abusi. Sei milioni 743 mila quelle che hanno subito violenza
fisica e sessuale. Ogni anno rimangono uccise in media 100 donne dal
marito, dal fidanzato o da un ex. Quasi 700 mila donne subiscono violenze
ripetute dal partner e i figli, al momento della violenza erano presenti.
Inoltre, questi dati hanno evidenziato, che nell'anno precedente
all'indagine, il numero delle donne vittime ammontava a 1milione e 150
mila (5,4%), e le giovani dai 16 ai 24 anni (16,3%) e dai 25 ai 24 anni
(7,9%) presentavano i tassi più alti.
Il 3,5% delle donne ha subito violenza sessuale (stupro, anche
tentato, molestia fisica sessuale, rapporti sessuali con terzi, non
desiderati, attività sessuali umilianti), il 2,7% fisica. La violenza domestica
ha colpito il 2,4% delle donne, quella esterna il 3,4%.
I partner sono responsabili della quota più alta di tutte le forme di
violenza fisica specificate, e in misura maggiore anche di alcune tipologie
di violenza sessuale come lo stupro, i rapporti sessuali indesiderati, ecc.
L’indagine Istat, “Violenza e maltrattamenti contro le donne dentro e
fuori la famiglia”, costituisce la fonte di dati principale per la ricerca sui
costi. Le sezioni del Database riguardano il comportamento della vittima in
seguito all’episodio di violenza subito e il suo accesso ai servizi e alle
prestazioni sociali, sanitarie, giudiziarie. Da qui si possono estrapolare
delle stime di costo. Sono state intervistate, da gennaio a ottobre 2006, 25
mila donne tra i 16 e i 70 anni.

66
Dati raccolti dall'UDI (Unione Donne in Italia) e dalla Casa delle donne per non subire
violenza di Bologna.

82
Sono state raccolte le seguenti informazioni, utilizzate, poi, per la
ricerca:

 Le conseguenze della violenza e gli atteggiamenti della vittima (se ha


parlato con qualcuno dell'episodio; con chi e dopo quanto tempo; se ha
riportato ferite e lesioni e richiesto di cure mediche; se ha fatto ricorso a
strutture o servizi specializzati o ad aiuto psicologico/psichiatrico);

 Il costo delle cure mediche e/o psicologiche; l'acquisto di farmaci; le spese


legali;

 Le attività delle Forze dell’Ordine (se è stata sporta, o no denuncia, a chi e


le ragioni per cui l’ha fatto; come sono intervenute le F. O.; se la denuncia
ha portato a una imputazione e una condanna);

 La storia della violenza: quando si sono verificati gli episodi violenza per
mano dello stesso partner; se i figli hanno assistito o sono stati vittime; se
ci sono stati momenti di separazione dal partner violento.

83
5.2 ANALISI DEI COSTI

Figura 1: Grafico sui costi della violenza sulle donne.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara che, “La violenza


contro le donne rappresenta un problema di salute enorme. A livello
mondiale, si stima che la violenza sia una causa di morte o disabilità per le
donne in età riproduttiva altrettanto grave quanto il cancro e una causa di
cattiva salute più importante degli effetti degli incidenti stradali e della
malaria combinati insieme” (WHO OMS 1997).
I costi sanitari includono quelle prestazioni, di cui si fanno carico il
Sistema Sanitario Nazionale e le pazienti, privatamente, per curare le
ferite e le loro ripercussioni. Sono stati stimati in 460,4 milioni di euro,
considerando: ricoveri al Pronto Soccorso delle donne vittime e le cure
successive. Il risarcimento per danni fisici e morali, per quali non è stato
necessario il ricovero, (costo annuo) è di 2,8 miliardi di euro.
I disturbi fisici, che si possono manifestare, anche a distanza di
anni, sono i seguenti:

84
 Disturbi ginecologici, come infiammazioni dell’utero o delle ovaie,
infezioni vaginali, dolore pelvico, irregolarità del ciclo mestruale,
rischio di malattie sessualmente trasmesse, incluso AIDS, ecc.;

 Disturbi gastrointestinali come sindrome dell’intestino irritabile,


disturbi cardiovascolari (ipertensione arteriosa, infarto del
miocardio), asma, malattie della pelle, ecc.;

 Comportamenti autolesivi come l'abuso di sostanze (alcool,


psicofarmaci, ecc.) e sesso non protetto.

Il costo dei farmaci consiste nella spesa sostenuta dalle donne per
la loro assunzione, e si aggira sui 44,5 milioni di euro.
I farmaci andrebbero assunti solo per problemi di salute, ma non
per rimediare ai problemi derivanti dalle violenze subite. Le vittime
spendono in psico-farmaci il 26,3% in più della media della popolazione
femminile. Il 3,3% delle donne ha fatto ricorso a delle cure ospedaliere. Il
restante 96,7% ha comprato dei farmaci.
Analizzare il costo dei farmaci serve a quantificare un ulteriore
aspetto del danno causato dal fenomeno della violenza.

158, 7 milioni sono, complessivamente, i costi psicologici, per


assistere le donne. I possibili disturbi di carattere psicologico sono i
seguenti: scarsa stima di sé, ansia, attacchi di panico, depressione,
suicidio e tentato suicidio, disturbi del comportamento alimentare, disturbi
ossessivi, disturbo post-traumatico da stress, abuso di farmaci.
Gli episodi di violenza possono produrre, a seconda della gravità
del caso, conseguenze sia di breve, sia di medio-lungo termine, perciò si
richiede un’assistenza psicologica di diversa intensità e durata.
Il costo dell’ordine pubblico è la valutazione economica delle
attività, che le Forze dell’Ordine adempiono per la gestione dei casi di
denuncia. Sono comprese le attività di raccolta della denuncia, il supporto
alla vittima, l'attività investigativa per la raccolta delle prove, le
intercettazioni, ecc.
La spesa, contenente le denunce, le investigazioni e la
trasmissione del fascicolo all’autorità giudiziaria, è di 235,7 milioni di euro.
Il costo teorico delle Forze dell’Ordine Pubblico rispetto alla
conduzione dei casi di violenza può essere rappresentato dalle seguenti
categorie di costo:

 Attività legate alla denuncia: il costo della paga per i


dipendenti, che seguono i singoli casi di violenza in rapporto
al numero di ore impiegate;

85
 Attività di coordinamento, istituzionali e di prevenzione: il
costo per lo svolgimento delle attività di organizzazione,
partecipazione a iniziative sul territorio, attività di
prevenzione, ecc., in rapporto al numero di ore impegnate;

 Costo per attività investigative sostenute per la presa in


carico dell'episodio di violenza (intercettazioni, specialisti o
consulenti);

 Costo di formazione dei dipendenti interni, per facilitare


l’accoglienza delle donne vittime;

 Costo generale di struttura (affitti, attrezzature, utenze,


spese generali ecc.).

34.067 donne, sulla base dei dati Istat, hanno denunciato abusi alle
Forze dell’Ordine.

Il costo giudiziario comprende: gli oneri sostenuti dallo Stato per i


procedimenti penali e civili avviati d’ufficio o dopo una denuncia e le spese
per la detenzione carceraria. La stima è di 421,3 milioni di euro.
Il costo teorico dell’amministrazione della Giustizia rispetto alla
gestione dei casi di violenza può essere rappresentato dalle seguenti
categorie di costo:

 Attività riguardanti la gestione dei processi e la detenzione: costo


della retribuzione del personale impiegato nei casi di violenza
contro le donne, in proporzione al numero di ore (specifiche
competenze da parte di sostituti procuratori, procuratori generali,
giudici, cancellieri, secondini, amministratori delle carceri, ecc);

 Attività di coordinamento: costo per le attività di coordinamento,


contabilità, istituzionali e di prevenzione; costo della retribuzione dei
dipendenti dei tribunali, del Ministero o delle carceri per eseguire
azioni di regolazione, partecipazione a iniziative sul territorio, in
rapporto al numero di ore impegnate;

 Costo per attività investigative o incarichi assegnati a periti


(intercettazioni, specialisti o consulenti);

 Costo di formazione dei dipendenti interni per consentire la


gestione adeguata di casi particolarmente sensibili;

86
 Costo generale di struttura e di manutenzione (affitti, attrezzature,
utenze, spese generali, pulizie, vitto, edilizia ecc.).

Per i reati di violenza sono detenuti 6.932 uomini.

Il costo per le spese legali è stato stimato in 289,9 milioni di euro. Si


riferisce alle spese sostenute dalla donna vittima o, nei casi di mancanza
di mezzi, dallo Stato attraverso il cosiddetto patrocinio gratuito67, quando
si faccia causa contro l’autore della violenza in sede penale e/o civile.
Nel caso del processo penale, l’assistenza legale è motivata dalle
cause della denuncia, da parte della vittima (Art. 609bis, reato di violenza
sessuale; Art. 610, reato di violenza privata; Art. 612, minaccia; Art. 581,
percosse; Art. 582, lesione personale; Art. 590 lesioni personali colpose;
Art. 594, ingiuria; Art. 590, diffamazione; Art. 612bis, atti persecutori-
stalking).
Nel caso del processo civile, l’assistenza legale è necessaria per due tipi
di azione concernenti la violenza domestica.
La prima è l'esigenza di risolvere un legame matrimoniale o di
convivenza, inevitabilmente, compromesso dalla violenza domestica. In
questo caso, si possono aprire più procedimenti, che coinvolgono
controversie sull’affidamento dei minori e l’assistenza legale presso il
Tribunale dei Minori.
La seconda riguarda la richiesta di risarcimento da parte del
coniuge, che può avvenire a seguito di un procedimento penale, oppure di
un procedimento civile, nel caso di un giudizio di separazione.
A oggi, nel nostro Paese non esiste alcuna tutela concreta della
donna, durante il procedimento, se non raramente un accompagnamento
da parte di operatrici dei Centri Antiviolenza.

L'assistenza sociale alle vittime e ai loro figli, sostenuta dai Comuni,


è stimata in 154,6 milioni di euro.
I Comuni intervengono sulle problematiche della violenza contro le
donne attraverso un approccio duale:
o Iniziative destinate al problema della violenza contro le
donne: finanziamenti erogati dai Comuni ai Centri
Antiviolenza per le loro attività ordinarie o per le attività delle
case rifugio, iniziative di prevenzione e contrasto (corsi di
prevenzione nelle scuole, campagne di comunicazione e di

67
È un istituto che vale nell’ambito di un processo civile e anche nelle procedure di
volontaria giurisdizione (separazioni consensuali, divorzi congiunti, ecc.), che consente
alla persona non abbiente (o vittima di stalking, di maltrattamenti in famiglia oppure di
mutilazioni genitali) di ottenere la nomina di un avvocato e la sua assistenza a spese
dello Stato, purché le sue pretese non risultino manifestamente infondate.

87
sensibilizzazione, organizzazione di dibattiti e convegni,
opuscoli informativi ecc).

o Prestazioni di tipo sociale a favore di cittadini/e in stato di


bisogno e di difficoltà. Il costo dell’assistenza sociale dei
Comuni è utile per aiutare le donne vittime e i loro figli. In
questi casi, i Servizi Sociali dei Comuni intervengono,
soprattutto, sul nucleo familiare disagiato e sulla tutela dei
minori coinvolti direttamente o come spettatori della violenza
familiare.

La tipologia dei costi delle strutture comunali implica:

 Il costo del lavoro offerto per assistere direttamente le vittime di


violenza e per organizzare attività di prevenzione e contrasto;

 Il costo del lavoro prestato per attività di coordinamento e di


pianificazione generale;

 Il costo per la formazione specifica dei dipendenti;

 Il costo di struttura;

 Il costo del materiale d'impiego e di manutenzione.

7,8 milioni sono i costi attribuiti alle attività dei Centri Antiviolenza.
L’importo è stato determinato sulla base della stima degli accessi ai
Centri Antiviolenza della rete D.i.R.e., proporzionata al numero
complessivo nazionale dei Centri Antiviolenza.
I costi sono relativi a:

 Personale impiegato per l’assistenza alle vittime di violenza;

 Assistenza psicologica specialistica;

 Formazione delle operatrici dipendenti e volontarie;

 Rimborso spese per le donne vittime, che hanno trovato


ospitalità nelle case-rifugio;

 Uso locali e affitti.

88
I Centri Antiviolenza sono finanziati, principalmente, dai Comuni e
dalle Regioni, in base alla normativa e al tipo di finanziamento in oggetto.
In diversi casi possono disporre di fondi provenienti da progetti Europei, di
sovvenzioni da parte di privati cittadini e di Fondazioni Bancarie. Sono
molte le volontarie che prestano la propria attività di assistenza
gratuitamente nei Centri Antiviolenza.

I costi non monetari, sostenuti dalle donne, dai figli e dalle famiglie,
sono stimati in 14,3 miliardi di euro. In questo modo, si palesa una
valutazione oggettiva del costo umano e di sofferenza. Sono inclusi gli
effetti futuri sulla vita delle vittime. Fanno parte di questa categoria di costi:
l’impatto intergenerazionale della violenza sui bambini; la rottura di legami
sociali; la riduzione della qualità della vita e della partecipazione nella vita
democratica.
Tutte queste conseguenze, non sono facili da misurare
quantitativamente e influiscono, cospicuamente, sull'evoluzione sociale ed
economica di un paese.

89
5.3 LA PAROLA ALLE DONNE VITTIME DI VIOLENZA

Lo studio che ho realizzato, all'interno del CAV, ha avuto lo scopo di


conoscere il percorso che le donne ospiti e accolte hanno intrapreso per
uscire dalla spirale della violenza.
Lo strumento utilizzato è stato quello dell’intervista, strutturata in 8
domande, condotta nel mese di giugno 2014.
Attraverso tale indagine, ho cercato di comprendere il vissuto di
ogni donna vittima di violenza e quali servizi e interventi sono stati
funzionali per uscire dalla condizione di violenza e proteggere sia i propri
figli che se stesse.
Nelle conclusioni saranno inseriti i risultati del lavoro realizzato.

Domande

 Quando ha preso coscienza che il suo partner era un uomo


violento? A seguito di quale atto ha preso consapevolezza?

 Quando ha deciso di dire basta alla violenza? Qual è stata la prima


azione che ha intrapreso? Ha deciso di intraprendere un percorso
penale e di conseguenza sporgere denuncia?
È stata aperta una procedura da quale Tribunale? Ci sono state
delle ordinanze?

 A seguito delle aggressioni subite si è rivolta al pronto soccorso per


farsi refertare? Se sì, è venuta a conoscenza del codice rosa?
Com'è stata aiutata?

 Come sono cambiati i suoi rapporti con i figli da quando vi siete


allontanati dalla casa coniugale?

 Ha notato cambiamenti nei suoi figli rispetto alle dinamiche familiari


e rispetto alla loro salute psicofisica dopo che si è allontanata da
casa?

 Si sono attivati dei servizi rivolti ai minori per sostenerli nella fase di
rielaborazione in qualità di vittime di violenza assistita?

 Com'è cambiata la sua qualità di vita dal momento in cui ha preso


le distanze dall'ex partner?

 Come ha riprogettato la sua vita? Quali scelte ha compiuto per


tutelare se stessa e i suoi figli?

90
Risposte delle donne ospiti del Centro Antiviolenza

Donna ospite: Signora A.B.

1. Nel 2008, dopo la nascita di sua figlia. Dopo che lei era
tornata dall'ospedale, lui non ha avuto alcuna accortezza nei
suoi riguardi, anzi ha preteso, che pulisse la casa. La signora
non riusciva ad abbassarsi, perché aveva i punti sul ventre,
allora l’uomo ha iniziato a darle calci.

2. Nel dicembre 2012 la situazione era peggiorata. A seguito


di un episodio in cui lui le ha provocato danni fisici è
scappata di casa. Ha sporto denuncia e intrapreso un
percorso penale. Sono state aperte procedure presso il
Tribunale penale e minorile. Era stata emessa l'ordinanza di
allontanamento, ma attualmente, è scaduta.

3. Si è rivolta, nel 2009, per un episodio di violenza fisica, ma,


nessuno le ha parlato del Codice Rosa e non è stata aiutata.

4. La signora risponde che sono migliorati, che tra lei e i figli


c'è più dialogo, ma è difficile cercare di fargli capire che ciò
che hanno visto non rasenta la normalità.

5. Il figlio maschio appare più responsabile, sembra quasi un


genitore, soprattutto nei confronti delle sorelle minori.
La secondogenita richiede più attenzioni, non parla bene,
invece di fare passi avanti, è come se restasse bloccata
indietro. Quando sono arrivati al cav, la figlia non riusciva a
dormire, perché era come se aspettasse qualcuno e, ogni
tanto, si svegliava di notte. Solo da poche settimane riesce a
dormire serenamente.

6. Risponde di no, anche, se li ha richiesti.

7. È cambiata tanto, perché si è riscoperta in quanto donna, nei


propri valori, nelle proprie qualità ed è padrona della sua vita.

8. Ancora non ha riprogettato la sua vita. Per tutelare se stessa


e i propri figli ha sporto denuncia, si è rivolta al cav, al
Tribunale e all'assistente sociale.

91
Donna ospite: Signora C.D.

1. Nel 2012, dopo essere rimasta incinta. Subiva violenza


fisica, in quanto l'ex partner non desiderava avere un
bambino.

2. Nell'ottobre 2013, dopo essere stata segregata in casa e


aver subito violenza sia fisica che sessuale, è scappata.
Ha denunciato ed è stata aperta una procedura dal Tribunale
penale. Sono in corso delle indagini sull'ex partner, in quanto
accusato di pedofilia e di aver posseduto droghe, che
somministrava alle donne con cui la tradiva. Non ci sono
state delle ordinanze.

3. Si è rivolta, circa 4 mesi fa, ed è venuta a conoscenza del


Codice Rosa. È stata aiutata per quanto concerne le visite e i
controlli ginecologici.

4. Sono migliorati, difatti il bimbo (di quasi 2 anni) appare più


tranquillo, sorridente e non chiede del padre.

5. Con i suoi parenti non s’incontrano, perché non è sicuro per


suo figlio e per lei. Il bambino aveva dei problemi di
nutrizione, perché si rifiutava di mangiare, ma adesso
mangia serenamente.

6. La signora è affiancata da un’educatrice che viene al


Centro 2 volte a settimana per aiutarla nella genitorialità e
sostenere il bambino nella crescita, in modo che impari a
fare le cose in autonomia.

7. Risponde che adesso va tutto bene e che si sente padrona


di se stessa.

8. Attualmente, frequenta un corso di formazione nel settore


della ristorazione. Sta cercando lavoro per riuscire a vivere in
semi-autonomia, all'esterno del Centro.
Per tutelare se stessa e il proprio figlio si è rivolta al cav, ha
sporto denuncia ed evita i luoghi in cui l'ex partner o i suoi
amici possano vederla, in particolare se è insieme al
bambino.

92
Donna ospite: Signora E.F.

1. Nel 2010, dopo la nascita del primo figlio, l'ex partner agiva
violenza fisica e psicologica. Ne ha preso consapevolezza,
quando, lui ha chiuso la madre della signora e il figlio in
un'altra stanza, mentre continuava a usare violenza fisica
contro di lei.

2. Nel momento in cui ha compreso che i suoi figli non


potevano crescere in un contesto familiare simile. Decide di
scappare di casa da sola, perché lui non le ha fatto portare
via i figli. Ha sporto denuncia ed è stata aperta una
procedura presso il Tribunale per i Minorenni. È stata
emessa un’ordinanza per far cadere la potestà genitoriale del
padre.

3. Si è rivolta, nel 2013. E' venuta a conoscenza del Codice


Rosa ed è stata aiutata per quanto riguarda la denuncia e ha
fatto dei colloqui con l'operatrice.

4. La signora risponde che ci sta lavorando e crede che i figli le


diano la colpa, perché li ha allontanati dal padre, in
particolare il figlio.

5. Ha notato che il figlio soffriva di enuresi. Ancora adesso, si


rifiuta di mangiare e la ignora quando si rivolge a lui. In
alcune occasioni, si mostra aggressivo verso la madre e la
sorella più piccola. Quest'ultima imita alcuni atteggiamenti
del fratello. Non ha mantenuto alcun rapporto con i parenti.

6. Sono stati attivati gli incontri protetti con il padre, alla


presenza dello psicologo, una volta a settimana per un'ora.

7. Risponde di aver imparato molte cose, ad apprezzarsi, a


conoscere le proprie capacità, a essere più autonoma e
padrona di se stessa.

8. Sta cercando lavoro, perché desidera essere indipendente e


vivere una vita normale. Per tutelare se stessa e i propri figli
ha sporto denuncia e si è rivolta al cav.

93
Risposte delle donne accolte dal Centro

Donna accolta: Signora F.G.

1. Quando ha iniziato ad andare dalla psichiatra, tra il 2007 e il


2008. L'ex partner la ricattava, agiva violenza psicologica, (le
diceva che era “pazza”) e fisica.

2. Dopo che aveva lasciato il figlio di 2 anni e mezzo con il


padre, al quale aveva chiesto di prendergli un gelato dal
congelatore. La signora aveva lasciato il cancello aperto e
l'ex partner non si era accorto che il bambino era uscito fuori.
Quando è tornata a casa, la vicina le ha raccontato cosa
fosse successo e che aveva chiamato i carabinieri.
La signora ha chiesto spiegazioni e lui le ha dato la
responsabilità dell'accaduto, in quanto aveva lasciato il
cancello aperto.
La signora ha richiesto subito la separazione all'avvocato e
ha denunciato. Inoltre sostiene che le denunce siano state
archiviate e che non sa se è stata aperta una qualche
procedura.

3. Si è rivolta una volta sola. È venuta a conoscenza del Codice


Rosa e si era messa in contatto con il telefono rosa, per
chiedere aiuto dopo la separazione di fatto. Aggiunge che le
hanno assegnato un avvocato e le hanno consigliato di fare
la richiesta di gratuito patrocinio.

4. Non si sono allontanati dalla casa coniugale. A causa dei


ricatti dell'ex, quest’ultimo era riuscito a creare una specie di
muro tra la signora e i figli. Dice, però che adesso hanno un
rapporto profondo.

5. Sono più sereni, ma hanno sofferto la paura di perderla. Non


hanno rapporti con gli altri parenti. Inoltre, la signora sostiene
che stanno benissimo, sono rilassati, dormono serenamente.

6. Si è rivolta a un’educatrice che è riuscita a oltrepassare il


muro che c'era con i figli e che li ha aiutati molto ad aprirsi.
Dice che il cav la sta aiutando ancora tantissimo e che allo
stesso tempo aiuta i figli indirettamente.

7. La signora si sente positiva, serena e desiderosa di trovare


un lavoro.

94
8. Adesso sta frequentando la scuola di geometra. È una
mamma serena e lo sono anche i suoi figli. Si difende da
sola, perché sa che se chiede aiuto a qualcuno arriva troppo
tardi, quindi è prevenuta verso gli altri. È consapevole di
prendere le decisioni giuste per difendere i propri figli (non fa
incontrare i figli al padre).

Donna accolta: Signora L.M.

1. Già all'inizio della loro relazione. È accaduto che il compagno


le ha messo le mani addosso per una scena di gelosia
inventata dallo stesso.

2. Quando lui è diventato violento con il figlio, dopo circa 20


anni (perché è stato in prigione), in quanto agiva nei suoi
confronti prima violenza psicologica e poi fisica. La signora si
è recata al commissariato, dove un’ispettrice le ha consigliato
di rivolgersi al cav, senza fare la denuncia. Ha intrapreso un
percorso penale, sono state aperte delle procedure al
Tribunale penale, civile e minorile. Aggiunge che qualcuno
ha fatto una segnalazione al Tribunale per i Minorenni, ma
non sa chi sia stato. Sono state emesse varie ordinanze:
decadenza della potestà genitoriale del padre, sei anni di
condanna, allontanamento dai luoghi frequentati dalla
signora, 80.000 euro di risarcimento.

3. Non si è mai rivolta, perché aveva paura della reazione


dell’uomo.

4. Dice che sono migliorati, perché lei è più serena. Sia lei che il
figlio, però hanno paura che quando lui uscirà di prigione
verrà a cercarli. Questo succede, perché il padre ha detto al
figlio che desidera stare con loro.

5. Sia lei che il figlio stavano male, soprattutto, perché


ricevevano minacce dal padre. In seguito al suo arresto, il
figlio è come rinato. Solo che, alcune volte, piange, si sente
insicuro e dice che il padre l’ha rovinato.

6. No, perché il figlio si è sempre rifiutato di incontrare il padre


dopo il suo arresto.

95
7. All'inizio, dopo, la denuncia e l'arresto si sentiva in colpa, ma
poi ha provato un senso di libertà.

8. La signora risponde che ha pochi progetti, perché ha vissuto


molti episodi negativi e non ha pensato di più a se stessa.
Le piacerebbe trovare lavoro, ma dice di sentirsi limitata.
Per tutelare se stessa e il figlio si è rivolta al cav e ha chiesto
la separazione.

Donna accolta: Signora N.O.

1. All'inizio del matrimonio, tra il '95 e il 96, dopo la nascita del


primo figlio. Lui agiva violenza psicologica, la svalutava, la
escludeva e la isolava. Lei si sentiva sbagliata e in colpa.
Inoltre, l'ex partner sminuiva anche i due figli.

2. Circa 4 anni fa, in seguito a un episodio violento. La signora


risponde di essersi distaccata mentalmente da lui, perché
non le apparteneva più la situazione. Non ha sporto
denuncia e non ha intrapreso nessun percorso. Si è subito
rivolta al Centro Antiviolenza. Non è stata aperta nessuna
procedura e non sono state emesse ordinanze.

3. Non si è mai rivolta al Pronto Soccorso.

4. La signora risponde che vivono insieme e che la casa è


intestata a lei. Con i figli ci sono dei momenti di dialogo e di
contrasto.

5. I figli si dimostrano più fragili e opportunisti, ma al tempo


stesso maturi.

6. Risponde di no.

7. La signora sostiene che è peggiorata. Ha cambiato lavoro,


non si sente sostenuta e non vede alcun miglioramento.

8. Riferisce soltanto che sta provando a tutelare i propri figli con


un percorso di separazione di fatto.

96
In riferimento alle teorie descritte nel capitolo 1 e alle risposte delle
donne ospiti e accolte del Centro possiamo fare dei collegamenti.
Le teorie sociologiche sostenevano che nella società patriarcale la
donna dipendeva dall’uomo e la gestione delle risorse economiche era
assegnata al capofamiglia. Una tra le donne ospiti è stata costretta a
lavorare per mantenere la famiglia e un’altra invece non aveva il permesso
di lavorare.
Addirittura, maltrattare la propria compagna era visto quasi come
un valore, una prerogativa, per la quale l’uomo che non comandava dentro
casa non era rispettato nella società. Sia le donne ospiti sia quelle accolte
hanno subito violenza fisica, sessuale, economica e psicologica.
Specificatamente, per le donne ospiti, le violenze erano agite durante la
gravidanza e in seguito al parto. I maltrattamenti verso le donne accolte
sono stati compiuti all’inizio della relazione o del matrimonio.
Secondo la criminologa P. Giannetakis la maggior parte delle
donne non riesce a spezzare le catene che le legano al partner perché
non sono in gradi di provvedere a se stesse e ai propri figli. Di
conseguenza le violenze sono diventate parte della quotidianità. Ma, non
sempre accade questo. Infatti, le donne intervistate sono state capaci di
allontanarsi dalla situazione di violenza per proteggere l’incolumità propria
e anche dei figli. Anche quest’ultimi sono stati vittime di violenza fisica,
psicologica e anche assistita.
La teoria della trasmissione intergenerazionale della violenza ha
spiegato che la famiglia ha un ruolo di trasmissione di valori e
atteggiamenti. In base a questo modello, l’esposizione a episodi di
violenza potrebbe comportare all’assimilazione di nozioni comportamentali
violente. Un bambino che ha assistito alle violenza compiute dal padre
verso la madre, potrebbe acquisire questo modello e ritenere che la
violenza faccia parte delle normalità relazionale. Ad esempio, dalle
risposte di una donna ospite è stato evidenziato che il figlio si è mostrato
aggressivo verso la madre stessa e la sorella piccola. Un’altra donna
ospite ha, invece, riferito che il figlio più grande si è dimostrato come
adultizzato nei confronti delle sorelle minori.
Le teorie non sempre possono ritenersi attendibili. Serve una
spiegazione pratica che ne dimostri la veridicità. Anche perché, tutto può
cambiare: la società, le norme, i modelli comportamentali, i valori, le
relazioni, ecc.
La visione della donna, al giorno d’oggi, è mutata grazie alle
battaglie dei movimenti femministi per ottenere la parità dei diritti,
l’emancipazione economica e lavorativa, ma soprattutto per non dover più
dipendere da un uomo che spesso non rispetta la dignità femminile. Non
solo, ma da un uomo che usa la violenza per far rispettare la propria
autorità e dignità personale.

97
CAPITOLO 6

LA NORMATIVA DI SETTORE

In questo capitolo sono stati inseriti commenti in riferimenti a quelle


leggi, a mio parere, che hanno importato elementi considerevoli per il
contrasto alla violenza di genere. È possibile visionare così, i cambiamenti
che sono stati fatti a distanza di periodi più o meno lunghi. Si veda
allegato A

Le norme sono le seguenti:

 Dichiarazione sull'eliminazione della violenza contro le donne


redatta dall'ONU nel 1993;

 Legge 27 giugno 2013, n. 77, Ratifica ed esecuzione della


Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica,
fatta a Istanbul l'11 maggio 2011;

 Legge 15 ottobre 2013, n. 119, Conversione in legge, con


modificazioni del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante
disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto alla
violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di
commissariamento delle province.

 La Carta dei Servizi

98
6.1 DICHIARAZIONE SULL'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA
CONTRO LE DONNE

E' stata realizzata, in seguito alle forti pressioni dei movimenti


femministi e fornisce, per la prima volta, una definizione vasta della
violenza contro le donne: “qualunque atto di violenza sessista che
produca, o possa produrre, danni o sofferenze fisiche, sessuali o
psicologiche, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o
privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita
privata." Questa Dichiarazione, varata nella Conferenza di Vienna del
1993, ha portato all'istituzione di una Relatrice speciale, Radika
Coomaraswamy.
Il documento, nell'Art 2, dichiara, che la violenza sulle donne
comprende: la violenza fisica, psicologica e sessuale, che avviene in
famiglia e nella comunità in generale, incluse le percosse, l’abuso
sessuale sulle bambine, la violenza per questioni di dote, lo stupro
coniugale, le mutilazioni genitali femminili e le altre pratiche tradizionali,
che provocano una lesione alle donne; la violenza connessa allo
sfruttamento, alle molestie e alle intimidazioni sul lavoro, nelle istituzioni
scolastiche e altrove; la tratta di donne; la prostituzione forzata e la
violenza perpetrata o tollerata dallo Stato.
La classificazione proposta precedentemente sui tipi di violenza
non è esaustiva. Nel tempo sono state evidenziate, anche, grazie al
lavoro della Relatrice Speciale e delle associazioni femminili, altre forme di
violenza, non espressamente indicate nella Dichiarazione.
Possiamo annoverare le seguenti: la preferenza per il figlio
maschio, la disuguaglianza fra bambini e bambine nell’accesso al cibo, i
matrimoni precoci, i test di verginità pre-matrimoniali, la pratica dei “sati”
cioè il rogo delle vedove, i crimini passionali, la schiavitù sessuale, le
costrizioni in materia di abbigliamento e tutte quelle forme di violenza
contro le donne a sfondo etnico e razzista o riguardanti i pregiudizi
culturali, l’intolleranza, l’estremismo religioso e anti-religioso.
In base alla Dichiarazione, gli Stati dovranno: "Esercitare la debita
diligenza nel prevenire, indagare e punire, ai sensi della legislazione
nazionale, gli atti di violenza contro le donne, siano essi compiuti dallo
Stato o da soggetti privati."
Si propone, come primo step per poter contrastare il fenomeno
della violenza, la rimozione delle discriminazioni di natura sessista. Infatti,
la violenza contro le donne rappresenta un ostacolo alla parità, allo
sviluppo, alla pace in generale. Non solo, ma, è anche una manifestazione
delle relazioni di potere disuguale fra uomini e donne.
Prima della Dichiarazione, nonostante la violenza fosse in tutti i
trattati internazionali proibita, si riteneva che l’universalità dei diritti umani
fosse solo un principio generale. La sua applicazione, nel diritto

99
comunitario, riguardava l’azione diretta da parte dello Stato e dei suoi
rappresentanti.
La violenza sulle donne, essendo agita per lo più da soggetti privati,
veniva di fatto esclusa dai diritti umani assicurati e difesi dai trattati
internazionali.

6.2 LEGGE 27 GIUGNO 2013, N. 77

Dopo aver ottenuto l’approvazione del Parlamento italiano, la


Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione della violenza
contro le donne e contro gli abusi domestici, siglata ad Istanbul, nel
maggio del 2011, è entrata nell’ordinamento giudiziario del nostro Paese
il 1 agosto 2014.
L’Italia è il quinto Paese, dopo Albania, Portogallo, Turchia e
Montenegro, ad aver ratificato la Convenzione di Istanbul.
Qual è il contenuto della Convenzione di Istanbul e dei suoi 81
articoli?
Si stabilisce che «la violenza contro le donne è una manifestazione
dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato
alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da
parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione», che tale
violenza ha una natura strutturale, poiché si basa sul genere di
appartenenza, e che «è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei
quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli
uomini».
Nell’articolo 3, in particolare, si definiscono varie forme di violenza:

1. Con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si vuole


indicare una violazione dei diritti umani e una forma di
discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di
violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di
provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica
o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la
coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita
pubblica, che nella vita privata;

2. L’espressione “violenza domestica” include tutti quegli atti di


violenza fisica, sessuale, psicologica o economica, commessi
all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o
precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che
l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza
con la vittima;

100
3. Con il termine “genere” s’intendono ruoli, comportamenti, attività e
attributi socialmente costruiti che una determinata società
considera appropriati per donne e uomini;

4. L’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” si


riferisce a qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto
tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato;

5. Per “vittima” s’intende qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o
i comportamenti di cui ai precedenti commi a e b;

6. Con il termine “donne” sono da includere anche le ragazze di meno


di 18 anni.”

Il trattato internazionale pone una serie di obblighi a carico degli Stati, che
aderiscono alla Convenzione. Innanzitutto, bisogna adottare politiche
coordinate contro la violenza sulle donne e predisporre la raccolta dei dati
allo scopo di monitorare il fenomeno. È necessario impegnarsi nella
prevenzione di questi reati terribili, eliminando «pregiudizi, costumi,
tradizioni e qualsiasi pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o
su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini», organizzando
campagne di sensibilizzazione, programmi scolastici adeguati,
incentivando l’informazione e i mass media a diffondere norme di
autoregolamentazione che rafforzino il rispetto della dignità delle donne.
Se la prevenzione non funziona, gli Stati devono adottare una serie di
misure per proteggere e aiutare le vittime delle violenze.
La Convenzione di Istanbul rivolge, per la prima volta, l'attenzione
su una serie di comportamenti violenti nei confronti delle donne e obbliga
gli Stati a punirli, il più delle volte penalmente. Vengono elencati: la
violenza psicologica (Art. 33), lo stalking (Art. 34), la violenza fisica (Art.
35), lo stupro (Art. 36), il matrimonio forzato (Art. 37), le mutilazioni genitali
(Art. 38), l’aborto o la sterilizzazione forzati (Art. 39) e le molestie sessuali
(Art. 40). Gli Stati inoltre devono prevedere il risarcimento delle vittime in
ogni caso (come estrema ratio paga lo Stato) e la possibilità, in caso di
matrimonio forzato, di invalidare l’unione senza oneri eccessivi per chi
denuncia. In base all’articolo 42 si impone agli Stati di vietare, che nei
processi penali, si possano invocare come scusanti, «cultura, usi e
costumi, la religione, le tradizioni o il così detto onore», nonostante,
ancora adesso, questi elementi in alcune culture faticano a scomparire.
È fondamentale la disposizione che prevede che gli Stati impediscano
metodi alternativi di risoluzione dei conflitti, come la conciliazione o la
mediazione, per tutte le forme di violenza elencate nel trattato.

101
La Convenzione dispone che i reati contro le donne, debbano poter
essere perseguiti anche senza la denuncia da parte della vittima. Nel
momento in cui la denuncia viene archiviata e le accuse ritrattate lo Stato
deve far si che il processo possa continuare, al di là del volere della
vittima.
Le parti più rilevanti della Convenzione potrebbero essere quelle di
carattere più “culturale”, quando si chiede di intervenire nelle scuole, nei
mass media, nell’educazione in generale per riuscire a ottenere una
visione non discriminatoria della donna.
L’articolo 62, parla di cooperazione tra gli Stati in materia civile e
penale al fine di “ prevenire, combattere e perseguire tutte le forme di
violenza; proteggere e assistere le vittime; condurre indagini e procedere
penalmente per i reati previsti dalla Convenzione”.
È significativa l’ultima parte del trattato, cioè l’articolo 66, che
prevede che i rappresentanti degli Stati “parti” eleggano, entro un anno
dall’entrata in vigore della Convenzione, un organismo incaricato di
vigilare sull’attuazione della stessa. Si chiama “Grevio”, un meccanismo di
controllo specifico composto di 10-15 personalità di alta moralità e
competenza sulla lotta contro la violenza verso le donne e la violenza
domestica. Al Grevio vengono inviate le relazioni degli Stati, perché valuti
periodicamente lo stato di attuazione delle norme del trattato e generi un
bilancio della Convenzione da parte dei Parlamenti Europei.
Con l'entrata in vigore della Convenzione, e la creazione del Grevio,
l’Italia, così come gli altri Stati, sarà sempre monitorata nei suoi progressi
nella lotta contro il problema della violenza.
Dal punto di vista legislativo gli strumenti esistono già e spetta alla
parte politica concentrarsi sullo sviluppo di un diverso modello culturale
che contribuisca, attraverso una campagna informativa efficace e l’utilizzo
di diverse risorse, nella prevenzione e nel combattere ogni forma di
violenza.

102
6.3 LEGGE 15 OTTOBRE 2013, N. 119

Partendo dalle indicazioni della Convenzione del Consiglio


d’Europa, redatta a Istanbul l’11 maggio 2011, il nuovo decreto vuole
rendere più efficaci gli strumenti della repressione penale verso i fenomeni
di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e atti persecutori (stalking).
Le pene vengono intensificate quando:

• Il delitto di maltrattamenti in famiglia è perpetrato in presenza di


minore di anni diciotto;

• Il delitto di violenza sessuale è compiuto ai danni di donne in stato


di gravidanza;

• Il fatto è consumato ai danni del coniuge, anche divorziato o


separato, o dal partner.

Il successivo gruppo d’interventi è rivolto al reato di stalking:

• Si espande il raggio d’azione delle situazioni aggravanti, che


vengono estese anche ai fatti commessi dal coniuge in costanza del
vincolo matrimoniale, nonché a quelli compiuti da chiunque con strumenti
informatici o telematici;

• Si prevede l’irrevocabilità della querela per il delitto di atti


persecutori nei casi di gravi minacce ripetute (ad esempio con armi).

Inoltre, sono incluse delle norme, che si concentrano sui


maltrattamenti in famiglia:

• Si garantisce un'informazione costante alle parti offese sullo


svolgimento dei relativi procedimenti penali;

• Si estende la possibilità di conseguire testimonianze con modalità


protette, se la vittima sia una persona minorenne o maggiorenne in uno
stato di particolare vulnerabilità;

• Si applica ai delitti di maltrattamenti contro famigliari e conviventi un


elenco d'ipotesi di arresto in flagranza;

E' previsto, che in presenza di forti indizi di colpevolezza di violenza


sulle persone o minaccia grave e di serio pericolo di replica di tali
comportamenti con pesanti rischi per le persone, il Pubblico Ministero – su
informazione della polizia giudiziaria - può richiedere al Giudice di

103
emanare un provvedimento inibitorio urgente, vietando all’indiziato di
presentarsi all'interno della casa familiare e di approssimarsi ai luoghi
abitualmente frequentati dalla persona offesa.
È stabilito, che i reati di maltrattamenti ai danni di familiari o
conviventi e di stalking fanno parte dei delitti, per i quali la vittima può
accedere al gratuito patrocinio, anche in deroga ai limiti di reddito (il
gratuito patrocinio, a prescindere dal reddito, è destinato anche alle vittime
di mutilazioni genitali femminili).
In conclusione, si è deciso di varare un nuovo piano straordinario di
protezione delle vittime di violenza sessuale e di genere, che includa
interventi multidisciplinari, per prevenire il fenomeno, intensificare l'operato
dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza, formare gli operatori.
Il provvedimento contiene anche norme in materia di:

• Tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica - Misure urgenti atte a


incrementare il livello di sicurezza, il contrasto alle rapine, una maggiore
flessibilità dell’impiego del contingente di 1.250 appartenenti alle Forze
armate nel controllo del territorio, un più efficace contrasto al cosiddetto
furto di identità digitale;

• Protezione Civile - Il decreto agisce da una parte ampliando il


periodo dello stato di emergenza (pari a 180 giorni prorogabili per ulteriori
180), dall’altra specificando natura e tipologia degli interventi realizzabili;

• Province - Proroga del commissariamento delle Province al 30


giugno 2014.

104
6.4 LA CARTA DEI SERVIZI

La Carta costituisce uno strumento che permette ai cittadini il


controllo sull'erogazione dei servizi, soprattutto, in termini di qualità.
La normativa di riferimento è composta dalla Direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994, “Principi
sull’erogazione dei servizi pubblici”68 e dalla legge 328/00, che dichiara
all’art. 13, che per tutelare le posizioni degli utenti, ogni Ente erogatore di
servizi deve adottare la Carta dei Servizi Sociali dandone adeguata
pubblicità.
La Carta dei servizi rappresenta l’impegno di Solidea (Istituzione di
genere femminile e di solidarietà), nello specificare meglio i diritti delle
utenti, sulla base di questi 4 principi fondamentali:

• Sicurezza, continuità e regolarità nell’erogazione del servizio;

• Tempestività espletamento delle richieste di prestazione di servizi;

• Accessibilità al servizio e trasparenza nei rapporti con le utenti;

• Correttezza nella misura delle prestazioni erogate.

Rappresenta un'occasione per comunicare con le donne, per creare


con loro un rapporto di conoscenza, di collaborazione e di servizio ed è
una guida per far conoscere le risorse e le opportunità a disposizione,
favorendo l’accesso ai servizi.
Pone al centro la persona donna, i suoi desideri, i suoi diritti, le sue
aspettative, accogliendola con solidarietà. Tale documento indica le
tipologie, gli standard di qualità e i tempi dei servizi, che Solidea si
assicura di erogare alle cittadine e che sono contenuti nella convenzione
stipulata con la Provincia di Roma. La Carta costituisce anche una sorta di
finestra di dialogo fra l’Amministrazione Provinciale, Solidea e la comunità.
In essa sono elencate le strutture, che offrono le diverse tipologie di
prestazioni. Il Centro Antiviolenza di Villa Pamphili, il Centro Maree, il
Centro la Ginestra, il Centro di Ascolto e di Accoglienza- Casa

68
La Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27/01/94, “Principi
sull’erogazione dei servizi pubblici”, individua i principi che devono regolare i rapporti tra
gli enti erogatori di servizi e i cittadini e i relativi strumenti di attuazione: adozione di
standard; semplificazione delle procedure; informazioni agli utenti; rapporti con gli utenti;
dovere di valutazione della qualità dei servizi; reclami e rimborsi. L’insieme di questi
provvedimenti costituisce la “Carta dei servizi”, che, in estrema sintesi, rappresenta un
sistema di garanzia di qualità del servizio, attuato con la partecipazione e il controllo dei
cittadini.

105
Internazionale delle Donne si occupano di offrire: centralino in funzione 24
ore su 24 per 365 giorni l’anno, accoglienza, ascolto e decodifica della
domanda, colloqui di sostegno ed elaborazione del vissuto di violenza,
sostegno al maternage e alla relazione madre-figlio, ospitalità alle donne
italiane ed immigrate con regolare permesso di soggiorno, anche con figli
(età massima 12 anni) o in stato di gravidanza, inserimento scolastico dei
minori, assistenza legale, assistenza sociale e consulenza psicologica,
orientamento e sostegno attivo all’inserimento sociale e lavorativo,
sostegno alle donne in attività lavorativa, sostegno nella ricerca della
casa, gruppi di auto-aiuto per le donne ospitate e accolte, segretariato
sociale, invio ai servizi o ad altri centri delle donne che non possono
essere ospitate, sviluppo della rete territoriale che andrà a integrarsi nella
rete di Solidea, relazioni per i Tribunali, esposti per le Forze dell’Ordine,
spazio bimbi (intervento di tutela e monitoraggio dei minori accolti presso il
Centro) inserimento sociale e scolastico dei minori accolti e ospitati,
incontri protetti (su richiesta del Tribunale per i Minorenni o degli enti
locali), spazio salute (consulenza, monitoraggio e sostegno alla sfera di
benessere psico-fisica, mediazione genitoriale, sostegno alle donne in
attività che possono nel tempo creare i presupposti per la nascita di una
impresa sociale, azioni dirette al recupero della relazione madre-figlio e
all’inserimento sociale e scolastico dei minori accolti; ecc.

106
Conclusioni

La violenza sulle donne è un fenomeno mondiale69 che ha origini


storiche profonde e che si basa sul rapporto di disparità tra l'uomo e la
donna, incardinato sui valori di supremazia e sottomissione, nella società
patriarcale. Di conseguenza, il maschio si sente legittimato a prevaricare
sulla donna, anche, con forza e aggressività, così da dimostrare che è lui
al comando. Ciò dipende dal fatto che non esiste all’interno della coppia
un rispetto per le differenze di genere. All’uomo si attribuisce il potere
politico ed economico, mentre alla donna spettano la gestione della casa e
la cura dei figli. Non dimentichiamoci che, spesso, la donna è obbligata a
soddisfare i desideri di qualsiasi natura espressi dall'uomo, senza potersi
ribellare, perché sarebbe un pericolo.
La donna non viene discriminata solo nella coppia, ma, anche
nell'ambito lavorativo. Ad esempio, a causa della nascita di un figlio è
costretta a lasciare la sua professione per fare la mamma a tempo pieno.
Così facendo, il genere femminile viene privato della possibilità di
sviluppare le proprie capacità e potenzialità, al di fuori di una società, a
volte, discriminante e che non tutela la sua posizione.
Per evitare questi effetti, sarebbe utile valorizzare le differenze tra
uomo e donna e creare una cultura del rispetto e della non violenza.
Bisogna partire da un cambiamento della visione maschile del ruolo
della donna, eliminando gli stereotipi attribuiti dall’uomo.
La prima definizione di violenza di genere a livello mondiale è
riconducibile all'approvazione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
della Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne. Nel
199370, il documento dichiara, che la violenza contro le donne costituisce
una violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Negli ultimi decenni, l'Italia ha iniziato a riconoscere questo
problema, grazie alle molteplici associazioni di donne, che hanno

69
Nella maggior parte degli Stati membri dell'UE, fino a tempi relativamente recenti, la
violenza contro le donne - in particolare la violenza domestica - è stata considerata una
questione privata in cui lo Stato ha svolto solo un ruolo limitato. È solo dal 1990 che la
violenza contro le donne è emersa come un problema di diritti fondamentali, che
garantisce il riconoscimento giuridico e politico al più alto livello e come un'area in cui gli
Stati contraenti hanno l'obbligo di tutelare le vittime.
70
Il primo accordo definito a livello internazionale sulla violenza contro le donne è stato
introdotto nella Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993 sull'eliminazione della violenza
contro le donne (articolo 1), in cui si afferma che :" violenza contro le donne si intende
qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca in , o è suscettibile di provocare , un
danno fisico , sessuale o psicologico o una sofferenza alle donne , incluse le minacce di
tali atti , la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia in pubblico che nella vita
privata."

107
contribuito a favorire l'uscita delle vittime da una prigione di silenzi e
isolamenti. Soprattutto, è stato dato spazio all'apertura di servizi addetti ad
aiutare le donne in situazioni di violenza, anche con i figli minori.
La violenza di genere è un problema culturale e sociale che si
manifesta maggiormente, all'interno della casa, che dovrebbe essere un
posto in cui la donna si sente protetta e amata. La violenza è agita in
maniera improvvisa, anche, per futili motivi, da parte dell'uomo, che, così,
sfoga la sua rabbia contro il soggetto più debole. In questo modo,
terrorizza la donna e la confonde, mettendole in testa, che l'atteggiamento
violento è dipeso da lei e che è lei la responsabile. Sentendosi
svalorizzata e umiliata, non potrà reagire.
Penso che, sulla base di questi fatti, la donna dovrà rendersi conto,
che questa non è la vita che voleva. Potrà, persino, scappare di casa per
chiedere aiuto, perché se non prende coscienza della situazione potrebbe,
anche, essere uccisa dall'uomo, che dice di amarla.
Sono state scritte diverse storie sulla considerazione della donna e
sulle violenze commesse, partendo dalle dominazioni coloniali, passando
per i delitti del Guatemala o della Colombia, fino ad arrivare ai giorni
nostri. Le donne sono, da sempre, oggetto di vessazioni, non solo per
mano di uomini, ma, anche per motivi politici e culturali.
La donna subisce, perché è consentito e legittimato dalle norme.
Durante le guerre, le donne venivano viste come un bottino o come
espressione di una vendetta nei confronti di uomini opposti al regime.
Quando erano le donne stesse a manifestare contro un regime troppo
severo venivano, a maggior ragione, perseguitate e maltrattate.
L'introduzione della Dichiarazione sull'eliminazione della violenza
contro le donne, del 1993, ha apportato dei cambiamenti concernenti la
tutela della donna e dei suoi diritti, essendo una persona con dignità
propria. Oltre a fornire una classificazione dei diversi tipi di violenza, si
occupa di delegare gli Stati alla difesa delle donne contro chiunque
provochi loro un danno, sia che si tratti di uno Stato, sia di soggetti privati.

108
È stata, anche, molto importante la stipulazione della Convenzione
di Istanbul, del 201171, secondo cui la violenza contro le donne si basa sui
rapporti di forza tra i due sessi, è una forma di discriminazione ed è un
modo per sottomettere la donna. Stabilisce che gli Stati facenti parte del
trattato puniscano, pure, penalmente gli autori di diversi reati e che le
donne vittime di maltrattamenti siano protette. Inoltre, è stato introdotto il
Grevio, cioè, uno strumento di controllo specifico, formato da 10-15
personalità di alta moralità e competenza sulla lotta contro la violenza
verso le donne e la violenza domestica. A questa commissione vengono
mandate le relazioni degli Stati, affinché, faccia una valutazione periodica
sulla condizione di attuazione delle norme della Convenzione e produca
un bilancio da parte dei Parlamenti Europei.
La Legge 15 ottobre 2013, n. 119, si pone lo scopo di rendere più
incisivi gli strumenti della repressione penale nei confronti di crimini come
maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e di atti persecutori (stalking).
Con questo decreto, si è realizzato un nuovo piano straordinario di
protezione delle vittime di violenza sessuale e di genere. Tale piano
comprende: azioni d'intervento multidisciplinari per prevenire il fenomeno,
potenziare l'operato dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza, dare
una formazione sulla tematica della violenza di genere agli operatori.
Sono rimasta molto colpita nello scoprire che la regione Lazio, sia
stata collocata al primo posto, nella classifica nazionale per i reati di
violenza fisica e sessuale, accanto all'Emilia Romagna. L'indagine Istat ha
rilevato, che in queste due regioni, le vittime sono oltre il 38 % della
popolazione femminile. Nel 2013, si è verificato un aumento dei
femminicidi rispetto agli anni precedenti, infatti, sono state 134 le donne
vittime della violenza. I pronti soccorsi del Lazio hanno accolto 140
denunce da parte di vittime di violenza, donne di età compresa tra i 15 e i
44 anni. Di queste, l’80% erano italiane. Il dato più allarmante, è stato che
il numero di donne aggredite, rivolte al pronto soccorso, senza sporgere
denuncia, nello stesso anno, è salito a 25.000.

71
La Convenzione di Istanbul definisce insieme la violenza contro le donne e la violenza
domestica ( articolo 3):
(a) " violenza sulle donne" è intesa come una violazione dei diritti umani e una forma di
discriminazione contro le donne e si intendono tutti gli atti di violenza di genere che
provocano o sono suscettibili di provocare un danno fisico , sessualo, psicologico o
economico o una sofferenza alle donne , incluse le minacce di tali atti , la coercizione o la
privazione arbitraria della libertà, sia in pubblico che nella vita privata;
(b) "violenza domestica" si intendono tutti gli atti di violenza fisica , sessuale , psicologica
o economica che si verificano all'interno del nucleo familiare o domestico, o tra coniugi o
ex partner o , se il perpetratore abbia o meno condiviso la stessa residenza con la
vittima..

109
La regione Lazio cerca di contrastare il problema sulla base della
prevenzione. Con la L.R. 64/199372, si vuole garantire opportuna
solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime di maltrattamenti fisici e
psicologici, di stupri e di abusi sessuali extra o intrafamiliari.
Per conseguire questo scopo, sono stati istituiti i Centri Antiviolenza
e le Case Rifugio73. I Centri offrono aiuti pratici e immediati per sottrarre le
donne vittime alle situazioni di pericolo e per sostenerle nella realizzazione
di un percorso di vita autonoma e serena. Inoltre, forniscono ospitalità,
assistenza legale, consulenza psicologica e assistenza sociale,
controllando le donne in tutte le azioni che compiono liberamente.
La regione Lazio cerca di ostacolare i fenomeni di violenza,
maltrattamento, stalking e tratta nei confronti delle donne, anche, grazie
alla realizzazione di campagne informative mirate, unità di strada per il
primo contatto, gestione di un numero verde, assistenza legale e
psicologica, inserimento lavorativo.
Ogni operatore, che lavora a contatto con donne, che sono state
screditate, picchiate in qualsiasi modo, deve possedere tanta sensibilità,
comprensione empatica e forza di volontà nell'aiutarle a rielaborare il loro
vissuto e a dire basta alla violenza, agli insulti e alle minacce.
La donna va accompagnata, passo passo, nel percorso, che
intraprenderà, all'inizio con fatica. Poi, però, riuscirà a rivedersi come la
donna di prima: forte, intelligente, intraprendente, con voglia di vivere e di
riscattarsi. Di conseguenza, avrà bisogno di un aiuto multidimensionale,
intendendo con ciò, che deve avere intorno a se una rete integrata
d’istituzioni e servizi. Sarà fondamentale creare il progetto individualizzato,
partendo dai bisogni della donna e insieme a lei definire ogni singolo
intervento, tutto naturalmente, a suo vantaggio.

72
In attuazione della Legge Regionale 64/1993 "Norme per l'istituzione di centri
antiviolenza o case rifugio per donne maltrattate", nel Lazio sono stati istituiti e sono
finanziati dieci Centri Antiviolenza di ambito provinciale, per il sostegno, soccorso e
ospitalità delle donne, anche straniere, con figli minori, vittime di violenza fisica, sessuale
e maltrattamenti.
73
La casa rifugio è stata concepita per offrire alle donne un luogo sicuro in cui sottrarsi
alla violenza del (ex)partner, che spesso aumenta nel periodo in cui la donna tenta di
separarsi. Essa garantisce ospitalità a donne, anche con minori, che hanno necessità di
allontanarsi da una situazione di pericolo. La casa rifugio per donne è una struttura
residenziale a carattere comunitario che offre ospitalità e assistenza a donne che hanno
subito violenza fisica e/o psicologica, con o senza figli, per le quali si renda necessario il
distacco dal luogo in cui è avvenuta la violenza e l’inserimento in una comunità. E’ un
luogo protetto a indirizzo segreto, in cui intraprendere con tranquillità un percorso di
allontanamento emotivo e materiale dalla relazione violenta e ricostruire con serenità la
propria autonomia.

110
L'assistente sociale, deve essere la prima persona, a trasmettere
alla donna che le si rivolge per un colloquio, sensazioni di serenità,
comprensione e cordialità, evitando di esprimere giudizi e dandole tempo
per sentirsi pronta a raccontare cosa le è successo. Nei centri
antiviolenza, l'assistente sociale, predispone una stanza riservata ai
colloqui, per far tranquillizzare la donna. In seguito, nel caso, in cui non
riuscisse a parlare, potrebbe chiederle con tono pacato se vuole dire
qualcosa di se. Da qui, la donna inizia a raccontare la storia della sua
famiglia, degli studi, del suo lavoro e poi, finalmente spiega il motivo per
cui si è recata al centro. La rivelazione della violenza avviene,
gradualmente, in base, anche, alla gravità della situazione si decide come
intervenire.
Il Centro Antiviolenza è un luogo designato alla protezione,
all’accoglienza e al supporto delle donne italiane e straniere vittime di
violenza e dei loro figli minori. Si occupa di fornire diversi servizi come
ascolto telefonico h24, colloqui con l'assistente sociale, sostegno
psicologico, assistenza legale, inserimento presso l'asilo nido dei figli,
accompagnamento in un percorso di formazione, sportello anti-stalking,
ecc.
Il Centro Antiviolenza "D. Colasanti e R. Lopez", chiamato così in
onore delle due giovani vittime della crudele violenza sessuale, usata
contro di loro, in una villa del Circeo, nel 1975, mi ha permesso di ricevere
una formazione adeguata sulle seguenti tematiche:

• Violenza di genere, intrafamiliare e assistita;

• Stupro in famiglia;

• Stalking.

In particolare mi ha dato la possibilità di comprendere quali sono gli


strumenti funzionali, per agire, nei confronti delle vittime di violenza.
Possiamo elencare i seguenti: i colloqui strutturati per l'elaborazione della
violenza, i colloqui di sostegno alla genitorialità, la redazione di pratiche
legali, la realizzazione dei progetti individualizzati, ecc.
Ho avuto modo di sperimentare le mie capacità di ascolto e rispetto
nella relazione con l’utenza, la mia disponibilità alla collaborazione, al
lavoro d'equipe, il rispetto della segretezza, segreto d'ufficio e
professionale. Inoltre, ho potuto potenziare la mia capacità di riflessione e
la determinazione nel raggiungimento dell'obiettivo, che mi ero preposta,
fin dall'inizio.
Grazie allo stage presso il centro e dopo la lettura della ricerca
dell'Intervita Onlus sui costi della violenza, ho voluto, tramite le interviste

111
effettuate, rendermi conto sia del lavoro svolto dalle istituzioni che del
percorso e dei servizi offerti alle donne vittime.
Lo studio, da me condotto, ha previsto la strutturazione d’interviste,
comprendenti 8 domande ciascuna, presentate alle donne ospiti e accolte
del Centro Antiviolenza.
Dai risultati si evidenzia che solo 4 donne su 6 hanno sporto
denuncia.
Il motivo per cui solo una di loro non l'ha fatto, è che:

 Le è stato consigliato di rivolgersi direttamente a un CAV.

Tutte le donne hanno deciso d'intraprendere un percorso penale


presso il Tribunale Penale, mentre solo 2 donne ospiti e 1 donna accolta
hanno avviato una procedura presso il Tribunale per i Minorenni.
Sono state emesse varie ordinanze, a tutela delle donne e dei
propri figli, quali:

• Allontanamento dai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima;

• Decadenza della potestà genitoriale;

• Sei anni di condanna a carico dell'aggressore;

• 80.000 euro di risarcimento a carico dell'aggressore.

Tutte le donne ospiti si sono rivolte al Pronto Soccorso, per farsi


refertare, mentre solo 1 donna accolta non è andata al Pronto Soccorso.
Due donne ospiti e 1 donna accolta sono venute a conoscenza del Codice
Rosa, grazie al quale sono state aiutate, in merito, alle visite e i controlli
ginecologici.
Sia una donna ospite che una accolta sono state affiancate da una
educatrice, che le ha sostenute nella genitorialita e aiutate nel rapporto
con i propri figli. Per un'altra donna ospite sono stati attivati gli incontri
protetti, coordinati da uno psicologo, tra i figli e il padre. Le restanti donne
non hanno usufruito di alcun servizio per i propri figli.
Le donne ospiti riferiscono che i propri figli hanno risentito molto
della violenza agita contro di loro, di cui sono stati testimoni silenziosi.
Infatti, quest'ultimi, hanno sofferto problemi di nutrizione, disturbi del
sonno ed enuresi. Da quando l'ambiente è tutelante, però, tali
problematiche sono state risolte. Le donne accolte riferiscono, che i figli,
nonostante, provassero paura di perdere la propria madre, si sentono più
tranquilli e sicuri.
Tutte le donne che si sono rivolte al Centro Antiviolenza,
spontaneamente o dietro consiglio, sono riuscite a cambiare vita.

112
Le donne ospiti dichiarano di sentirsi padrone di se stesse, di aver
riscoperto le proprie qualità, capacità, di aver imparato ad apprezzarsi di
più e di volersi sentire maggiormente autonome. Due delle donne accolte
esprimono di sentirsi positive e libere, mentre la terza non si sente per
nulla motivata e appoggiata nelle cose che fa.

Analizzando il percorso delle donne che ho intervistato, si rilevano


le medesime caratteristiche e i costi a loro carico:

• Denuncia con conseguenti spese legali;

• Segnalazione al Tribunale per i Minorenni;

• Assistenza e confronto di personale specializzato, come assistente


sociale ed educatori;

• Spese sanitarie per ricovero, screening, controlli;

• Permanenza e ospitalità nel Centro Antiviolenza e in case famiglia;

• Inserimento presso asilo nido, scuola materna, centri estivi, per i


bambini;

• Organizzazione colloqui con le operatrici formate del Centro e


incontri protetti coordinati dallo psicologo;

• Realizzazione di progetti individualizzati, per aiutare le donne a


riprendere in mano la propria vita;

• Inserimento presso centri di formazione, per le donne in cerca di


un’occupazione.

Queste le donne, grazie alle attività del Centro Antiviolenza, sono


riuscite a cambiare vita e, in qualche modo, a migliorarla. Certo, il costo di
questo cambiamento è molto elevato in termini di sofferenza sia fisica che
psicologica ed è necessaria una buona dose di coraggio e di volontà. In
particolare, la volontà di rielaborare il vissuto di violenza, di voler
riaffermare se stessa, anche come figura genitoriale di riferimento, deve
partire, innanzitutto, da colei che ha sopportato il dolore e subito
pesantemente.
La donna non sarà debole, se mostrerà di aver bisogno di aiuto, se
sarà sostenuta e guidata nel percorso di uscita dalla spirale della violenza,
se avrà il desiderio di vivere una vita piena, serena e in sicurezza, anche
con i propri figli.

113
È fondamentale che qualunque vittima di violenza conosca quali
sono i servizi e le prestazioni di cui può usufruire per affrontare la propria
battaglia personale. Per realizzare ciò, c'è bisogno d'informare, a tutto
campo, le donne dei loro diritti e delle opportunità di aiuto offerte dal
territorio e dai vari Enti. In questo modo, si può creare una rete che
includa le operatrici dei CAV, le Forze dell'Ordine, i presidi ospedalieri, i
Tribunali, i Servizi Sociali dei Comuni, le consulenze legali. Tutte queste
istituzioni e servizi dovranno essere in grado di dialogare e interagire nel
contrastare e nel prevenire la violenza di genere.
Il lavoro svolto ha voluto mostrare come il fenomeno della violenza,
non sia solo una violazione dei diritti di chi ne è vittima, ma porti le donne
a rendersi conto che non sono da sole e che possono uscire dalla spirale
della violenza. Purtroppo alcune donne non riescono a riconoscere di
trovarsi in una situazione di pericolo, pagando ,spesso, con la propria vita
in nome di un amore che non esiste o malato. Tutti abbiamo il dovere di
riflettere e di non dimenticare tutte le vittime innocenti di femminicidio che
ogni giorno appaiono sulle pagine dei giornali o in televisione. Ascoltando
e pensando alle storie di queste donne e alle conseguenze della violenza
subita, ho deciso di mettermi in gioco e riflettere su una tematica così
rilevante e diffusa.
Solo dopo lo stage al Centro, posso immaginare cosa si prova a
essere violate nell'intimità da parte di una persona, di cui credevi di poterti
fidare e, più di tutto, che credevi ti amasse e rispettasse. Questo mi ha
portato ad ammirare le donne che hanno avuto il coraggio di denunciare,
di reagire, di non farsi più trattare come un oggetto. Sicuramente, il
percorso è molto lungo e pieno di ostacoli, ma, non per questo bisogna
fermarsi, anzi, deve essere una spinta in più per ricominciare a vivere.
Ho voluto dedicarmi a questo lavoro facendo tesoro delle
esperienze, tristi e drammatiche che ho ascoltato presso il Centro
Antiviolenza, dove ho operato. Spero, animosamente, che questa
consapevolezza mi aiuti nel mio lavoro di assistente sociale e a migliorare
le mie competenze per riuscire a intervenire in modo proficuo, nei
confronti, di chi si trova in difficoltà e non riesce a superarla..

114
Riferimenti bibliografici

[1] K. Lorenz, “L’agression, une histoire naturelle du mal“, Flammarion,


1969 Paris.

[2] Institute of Reproductive medicine of the University, "I livelli di


testosterone negli uomini sani e la relazione alle caratteristiche
comportamentali e fisiche: fatti e costrutti", 1986 Germania.

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La realtà statunitense, i dati emersi in Italia, le esperienze dirette di
chi fronteggia un fenomeno senza confine", Ed. Scientifiche Magi,
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per i diritti della donna, "L'indagine nazionale sulla violenza nei
confronti delle donne in Francia", 2000.

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[9] M. Killias, M. Simonin, J. De Puy, "Violence Experienced by


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Women: The First Epidemiological Research in Greece”, 2003.

[11] Prof. Dr. U. Müller, Dr. M. Schoettle, Sondaggio "Salute,


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115
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[15] Ministero dell'Interno, Rapporto sulla Criminalità, “Gli omicidi


volontari”, 2007 Roma.

[16] Consiglio Regionale del Lazio, Telefono Rosa, Assessorato alle


Politiche Sociali della Regione Lazio e della Presidenza della
Commissione Sicurezza, “Regione Lazio, la tua sicurezza;
il fenomeno della violenza di genere sulle donne: un
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[17] M. Addis Saba, C. Di San Marzano, E. Doni, P. Gaglianone, C.


Galimberti, E. Gianni Belotti, l. Levi, M.S. Palieri, F. Sancin, M.
Serri, S. Tagliaventi, C. Valentini, “Amorosi assassini. Storie di
violenze sulle donne”, Editore Laterza, 2008 Roma - Bari

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[20] B. Calandra, S. Gallini, F. Martellini, M. Mattiuzzo, M. R. Stabili,


“Storie e memorie nell’America Latina di fine Novecento”, Edizioni
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[21] Consiglio Federale Svizzero, "Rapporto sulla violenza nei rapporti


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[22] Regione Lazio, Associazione Nazionale Volontarie del Telefono


Rosa, Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo,
provincia di Frosinone, “Se un giorno qualcuna… progetto
di ricerca, intervento e formazione per gli operatori socio-sanitari
territoriali che accolgono donne in difficoltà e/o vittime di violenza”,
2009 Roma

116
[23] Associazione Differenza Donna ONLUS- ONG, Regione Lazio,
Provincia di Roma, Solidea-Istituzione di genere femminile e
solidarietà, ASL RMD, Università “La Sapienza” Roma,
Seconda Università degli Studi di Napoli, Dipartimento di
Psicologia, Casa Internazionale delle Donne a Roma, Ufficio
della Consigliera di Parità Provincia di Vibo Valentia,
Associazione “Donna e Politiche Familiari” di Roma,
Associazione” FRIDA, donne che sostengono donne” di San
Miniato (Pi), “Strega. Strumenti Efficaci di Genere Antiviolenza “,
2010.

[24] Institute for the equality of women and men, "Emotional, physical
and sexual abuse – the experiences of women and men", 2010
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[25] D. Cherubini, S. Magaraggia, "Uomini contro le donne? Le radici


della violenza maschile.", ed. UTET, 2013 Novara.

[26] A cura di F. Mura, Rivista mensile «Delitti e misteri. Storie di


omicidi, giustizia e malagiustizia», Libera Informazione Cooperativa,
2013 Bologna.

[27] Associazione Nazionale Comuni Italiani, Associazione


Nazionale D.i.Re Donne in Rete contro la Violenza, “Linee Guida
per l'intervento e la costruzione di rete tra i Servizi Sociali dei
Comuni e i Centri Antiviolenza” 2013.

[28] Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, Assessore


alle Politiche Sociali Rita Visini, Assessore Pari Opportunità
Concettina Ciminiello, "Vinci sulla violenza- Verso una Rete
regionale per il contrasto alla violenza di genere", 2013.

[29] Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Lazio, in


sinergia con la Cabina di Regia, "Bozze per la costruzione delle
linee guida regionali. Servizi di contrasto alla violenza di genere
(centri antiviolenza, case rifugio, case di semiautonomia)", 2014
Lazio.

117
Sitografia

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[31] http://www.uilromalazio.com

[32] http://unipd-centrodirittiumani.it

[33] http://www.unive.it

119
Allegato A

 Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne


(1993)
Articolo 1.
Ai fini della presente Dichiarazione l'espressione "violenza contro le
donne" significa ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come
risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una
sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce
di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che
avvenga nella vita pubblica o privata.
Articolo 2.
La violenza contro le donne dovrà comprendere, ma non limitarsi a,
quanto segue:
a) La violenza fisica, sessuale e psicologica che avviene in famiglia,
incluse le percosse, l'abuso sessuale delle bambine nel luogo domestico,
la violenza legata alla dote, lo stupro da parte del marito, le mutilazioni
genitali femminili e altre pratiche tradizionali dannose per le donne, la
violenza non maritale e la violenza legata allo sfruttamento;
b) La violenza fisica, sessuale e psicologica che avviene all'interno della
comunità nel suo complesso, incluso lo stupro, l'abuso sessuale, la
molestia sessuale e l'intimidazione sul posto di lavoro, negli istituti
educativi e altrove, il traffico delle donne e la prostituzione forzata;
c) La violenza fisica, sessuale e psicologica perpetrata o condotta dallo
Stato, ovunque essa accada.
Articolo 3.
Le donne hanno il diritto ad un uguale godimento e garanzia di tutti i diritti
umani e le libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale,
culturale, civile o in ogni altro campo.
Questi diritti includono tra l'altro:
a) il diritto alla vita;
b) il diritto all'uguaglianza;
c) il diritto alla libertà e alla sicurezza della persona;
d) il diritto a un’uguale protezione di fronte alla legge;
e) il diritto di essere libere da tutte le forme di discriminazione;
f) il diritto al più alto standard raggiungibile di salute fisica e mentale;
g) il diritto a condizioni di lavoro giuste e favorevoli;
h) il diritto a non essere sottoposte a tortura, o ad altri trattamenti o
punizioni crudeli, inumane o degradanti.
Articolo 4.
Gli Stati dovrebbero condannare la violenza contro le donne e non
dovrebbero appellarsi ad alcuna consuetudine, tradizione o
considerazione religiosa al fine di non ottemperare alle loro obbligazioni

120
quanto alla sua eliminazione. Gli Stati dovrebbero perseguire con tutti i
mezzi appropriati e senza indugio una politica di eliminazione della
violenza contro le donne e, a questo fine, dovrebbero:
a) Considerare, nel caso in cui non l'abbiano già fatto, di ratificare o
aderire alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione
contro le donne o di ritirare le riserve alla convenzione;
b) Astenersi dall'usare violenza contro le donne;
c) Esercitare la dovuta attenzione per prevenire, indagare e,
conformemente alla legislazione nazionale, punire gli atti di violenza
contro le donne, sia che tali atti siano perpetrati dallo Stato che da
persone private;
d) Sviluppare sanzioni penali, civili, di diritto del lavoro e amministrative
nell'ordinamento nazionale per punire e riparare agli illeciti causati alle
donne che sono sottoposte a violenza; alle donne che sono sottoposte a
violenza dovrebbe essere fornito l'accesso ai meccanismi della giustizia e,
come previsto dalla legislazione nazionale, a giusti ed efficaci rimedi per il
danno che hanno sofferto; gli Stati dovrebbero inoltre informare le donne
dei loro diritti nel cercare una riparazione attraverso tali meccanismi;
e) Considerare la possibilità di sviluppare piani nazionali per promuovere
la protezione delle donne contro ogni forma di violenza, o di includere
disposizioni rivolte a questo scopo nei piani già esistenti, tenendo conto,
nei modi appropriati, della cooperazione che possa essere fornita dalle
organizzazioni non governative, particolarmente da quelle impegnate sulla
questione della violenza contro le donne;
f) Sviluppare, in modo ampio, approcci preventivi e tutte quelle misure di
natura legale, politica, amministrativa e culturale atte a promuovere la
protezione delle donne contro ogni forma di violenza, e ad assicurare che
non avvenga la doppia vittimizzazione delle donne a causa di leggi,
pratiche attuative o altri interventi non sensibili al genere;
g) Lavorare per assicurare, nel massimo grado possibile alla luce delle
risorse disponibili e, dove necessario, nell'ambito del sistema della
cooperazione internazionale, che le donne sottoposte a violenza e, dove
appropriato, i loro figli abbiano un’assistenza specializzata, come la
riabilitazione, l'assistenza nella cura e nel mantenimento dei bambini, i
trattamenti sanitari, la consulenza, i servizi sanitari e sociali, le
agevolazioni e i programmi, così come le strutture di sostegno, e prendere
ogni altra misura appropriata per promuovere la loro sicurezza e
riabilitazione psicologica;
h) Includere nei bilanci di governo risorse adeguate per le attività relative
all'eliminazione della violenza contro le donne;
i) Prendere misure per assicurare che i membri della magistratura e i
funzionari pubblici responsabili dell'attuazione delle attività di prevenzione,
indagine e punizione della violenza contro le donne ricevano una
formazione per sensibilizzarli alla violenza contro le donne;

121
j) Adottare tutte le misure appropriate, specialmente nel campo
dell'educazione, per modificare i modelli di comportamento sociali e
culturali degli uomini e delle donne e per eliminare i pregiudizi, le pratiche
consuetudinarie e ogni altra pratica basata sull'idea dell'inferiorità o della
superiorità di uno dei due sessi e su ruoli stereotipati per gli uomini e per
le donne;
k) Promuovere la ricerca, raccogliere dati e compilare statistiche,
concernenti in particolar modo la violenza domestica, riguardanti
l'incidenza delle diverse forme di violenza contro le donne e incoraggiare
la ricerca sulle cause, la natura, la gravità e le conseguenze della violenza
contro le donne e sull'efficacia delle misure adottate per prevenire e
riparare alla violenza contro le donne; queste statistiche e gli esiti delle
ricerche saranno resi pubblici;
l) Adottare misure volte all'eliminazione della violenza contro le donne
particolarmente esposte alla violenza;
m) Includere, nel sottoporre i rapporti richiesti in virtù dei pertinenti
strumenti sui diritti umani delle Nazioni Unite, informazioni concernenti la
violenza contro le donne e le misure prese per attuare la seguente
dichiarazione;
n) Incoraggiare lo sviluppo di adeguate linee guida per assistere
nell'applicazione dei principi enunciati nella presente Dichiarazione;
o) Riconoscere l'importante ruolo svolto dal movimento delle donne e delle
organizzazioni non governative di tutto il mondo nell'accrescere la
consapevolezza e nell'alleviare il problema della violenza contro le donne;
p) Facilitare e aumentare il lavoro del movimento delle donne e delle
organizzazioni non governative e cooperare con esse ai livelli locale,
nazionale e regionale;
q) Incoraggiare le organizzazioni regionali intergovernative di cui sono
membri a includere l'eliminazione della violenza contro le donne nei loro
programmi, nei modi appropriati.
Articolo 5.
Gli organismi e le agenzie specializzate nel sistema delle Nazioni Unite
dovrebbero contribuire, nei loro rispettivi ambiti di competenza, al
riconoscimento e alla realizzazione dei diritti e dei principi enunciati nella
presente Dichiarazione, e a questo fine, tra l'altro, dovrebbero:
a) Incoraggiare la cooperazione internazionale e regionale allo scopo di
definire strategie regionali per combattere la violenza, scambiando
esperienze e finanziando programmi relativi all'eliminazione della violenza
contro le donne;
b) Promuovere riunioni e seminari allo scopo di creare e aumentare la
consapevolezza tra tutte le persone riguardo alla questione
dell'eliminazione della violenza contro le donne;

122
c) Incoraggiare il coordinamento e gli scambi all'interno del sistema delle
Nazioni Unite, tra gli organismi pattizi sui diritti umani per affrontare in
modo efficace la questione della violenza contro le donne;
d) Includere nelle analisi sulle tendenze e i problemi sociali preparate dalle
organizzazioni e dagli organismi del sistema delle Nazioni Unite, come i
rapporti periodici sulla situazione sociale mondiale, ricerche sulle
tendenze della violenza contro le donne;
e) Incoraggiare il coordinamento tra le organizzazioni e gli organismi delle
Nazioni Unite al fine di includere la questione della violenza contro le
donne nei programmi in corso, soprattutto con riferimento ai gruppi di
donne particolarmente vulnerabili;
f) Promuovere la formulazione di linee guida o di manuali relativi alla
violenza contro le donne, tenendo conto delle misure menzionate nella
presente Dichiarazione;
g) Considerare la questione dell'eliminazione della violenza contro le
donne, nei modi appropriati, durante l'adempimento dei loro obblighi di
attuazione degli strumenti sui diritti umani;
h) Cooperare con le organizzazioni non governative nell'affrontare la
questione della violenza contro le donne.
Articolo 6.
Nessuna disposizione della presente Dichiarazione pregiudicherà le
disposizioni più efficaci nell'eliminazione della violenza contro le donne
che possono essere contenute nella legislazione di uno Stato o in ogni
convenzione internazionale, trattato e altro strumento in vigore in uno
Stato.

Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta


contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica
Istanbul, 11 maggio 2011

Capitolo I – Obiettivi, definizioni, uguaglianza e non discriminazione,


obblighi generali

123
Articolo 1 – Obiettivi della Convenzione
1 La presente Convenzione ha l’obiettivo di:
a proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire
ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica;
b contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e
promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando
l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne;
c predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di
assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di
violenza domestica;
d promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la
violenza contro le donne e la violenza domestica;
e sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate
dell’applicazione della legge in modo che possano collaborare
efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione
della violenza contro le donne e la violenza domestica.
2 Allo scopo di garantire un’efficace attuazione delle sue disposizioni da
parte delle Parti contraenti, la presente Convenzione istituisce uno
specifico meccanismo di controllo.
Articolo 2 – Campo di applicazione della Convenzione
1 La presente Convenzione si applica a tutte le forme di violenza contro le
donne, compresa la violenza domestica, che colpisce le donne in modo
sproporzionato.
2 Le Parti contraenti sono incoraggiate ad applicare le disposizioni della
presente Convenzione a tutte le vittime di violenza domestica.
Nell’applicazione delle disposizioni della presente Convenzione, le Parti
presteranno particolare attenzione alla protezione delle donne vittime di
violenza di genere.
3 La presente Convenzione si applica in tempo di pace e nelle situazioni di
conflitto armato.
Articolo 3 – Definizioni
Ai fini della presente Convenzione:
a con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende
designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione
contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere
che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di
natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di
compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia
nella vita pubblica, che nella vita privata;
b l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica,
sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della
famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner,
indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia
condiviso la stessa residenza con la vittima;

124
c con il termine “genere” ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e
attributi socialmente costruiti che una determinata società considera
appropriati per donne e uomini;
d l’espressione “violenza contro le donne basata sul genere” designa
qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce
le donne in modo sproporzionato;
e per “vittima” si intende qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i
comportamenti di cui ai precedenti commi a e b;
f con il termine “donne” sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18
anni.
Articolo 4 – Diritti fondamentali, uguaglianza e non discriminazione
1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
promuovere e tutelare il diritto di tutti gli individui, e segnatamente delle
donne, di vivere liberi dalla violenza, sia nella vita pubblica che privata.
2 Le Parti condannano ogni forma di discriminazione nei confronti delle
donne e adottano senza indugio le misure legislative e di altro tipo
necessarie per prevenirla, in particolare:
– inserendo nelle loro costituzioni nazionali o in qualsiasi altra
disposizione legislativa appropriata il principio della parità tra i sessi e
garantendo l'effettiva applicazione di tale principio;
– vietando la discriminazione nei confronti delle donne, ivi compreso
procedendo, se del caso, all’applicazione di sanzioni;
– abrogando le leggi e le pratiche che discriminano le donne.
3 L'attuazione delle disposizioni della presente Convenzione da parte delle
Parti contraenti, in particolare le misure destinate a tutelare i diritti delle
vittime, deve essere garantita senza alcuna discriminazione fondata sul
sesso, sul genere, sulla razza, sul colore, sulla lingua, sulla religione, sulle
opinioni politiche o di qualsiasi altro tipo, sull’origine nazionale o sociale,
sull’appartenenza a una minoranza nazionale, sul censo, sulla nascita,
sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere, sull'età, sulle condizioni
di salute, sulla disabilità, sullo status matrimoniale, sullo status di migrante
o di rifugiato o su qualunque altra condizione.
4 Le misure specifiche necessarie per prevenire la violenza e proteggere
le donne contro la violenza di genere non saranno considerate
discriminatorie ai sensi della presente Convenzione.
Articolo 5 – Obblighi degli Stati e dovuta diligenza
1 Gli Stati si astengono da qualsiasi atto che costituisca una violenza nei
confronti delle donne e garantiscono che le autorità, i funzionari, i
rappresentanti statali, le istituzioni e ogni altro soggetto pubblico che
agisca in nome dello Stato si comportino in conformità con tale obbligo.
2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
esercitare la debita diligenza nel prevenire, indagare, punire i responsabili
e risarcire le vittime di atti di violenza commessi da soggetti non statali che
rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione.

125
Articolo 6 – Politiche sensibili al genere
Le Parti si impegnano a inserire una prospettiva di genere
nell’applicazione e nella valutazione dell'impatto delle disposizioni della
presente Convenzione e a promuovere ed attuare politiche efficaci volte a
favorire la parità tra le donne e gli uomini e l’emancipazione e
l’autodeterminazione delle donne.
Capitolo II – Politiche integrate e raccolta dei dati
Articolo 7 – Politiche globali e coordinate
1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
predisporre e attuare politiche nazionali efficaci, globali e coordinate,
comprendenti tutte le misure adeguate destinate a prevenire e combattere
ogni forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della
presente Convenzione e fornire una risposta globale alla violenza contro
le donne.
2 Le Parti si accertano che le politiche di cui al paragrafo 1 pongano i diritti
della vittima al centro di tutte le misure e siano attuate attraverso una
collaborazione efficace tra tutti gli enti, le istituzioni e le organizzazioni
pertinenti.
3 Le misure adottate in virtù del presente articolo devono coinvolgere, ove
necessario, tutti i soggetti pertinenti, quali le agenzie governative, i
parlamenti e le autorità nazionali, regionali e locali, le istituzioni nazionali
deputate alla tutela dei diritti umani e le organizzazioni della società civile.
Articolo 8 – Risorse finanziarie
La Parti stanziano le risorse finanziarie e umane appropriate per
un’adeguata attuazione di politiche integrate, di misure e di programmi
destinati a prevenire e combattere ogni forma di violenza rientrante nel
campo di applicazione della presente Convenzione, ivi compresi quelli
realizzati dalle ONG e dalla società civile.
Articolo 9 – Organizzazioni non governative e società civile
Le Parti riconoscono, incoraggiano e sostengono a tutti i livelli il lavoro
delle ONG pertinenti e delle associazioni della società civile attive nella
lotta alla violenza contro le donne e instaurano un’efficace cooperazione
con tali organizzazioni.
Articolo 10 – Organismo di coordinamento
1 Le Parti designano o istituiscono uno o più organismi ufficiali
responsabili del coordinamento, dell’attuazione, del monitoraggio e della
valutazione delle politiche e delle misure destinate a prevenire e
contrastare ogni forma di violenza oggetto della presente Convenzione.
Tali organismi hanno il compito di coordinare la raccolta dei dati di cui
all’Articolo 11 e di analizzarne e diffonderne i risultati.
2 Le Parti si accertano che gli organismi designati o istituiti ai sensi del
presente articolo ricevano informazioni di carattere generale sulle misure
adottate conformemente al capitolo VIII.
3 Le Parti si accertano che gli organismi designati o istituiti ai sensi del

126
presente articolo dispongano della capacità di comunicare direttamente e
di incoraggiare i rapporti con i loro omologhi delle altre Parti.
Articolo 11 – Raccolta dei dati e ricerca
1 Ai fini dell’applicazione della presente Convenzione, le Parti si
impegnano a:
a raccogliere a intervalli regolari i dati statistici disaggregati pertinenti su
questioni relative a qualsiasi forma di violenza che rientra nel campo di
applicazione della presente Convenzione;
b sostenere la ricerca su tutte le forme di violenza che rientrano nel campo
di applicazione della presente Convenzione, al fine di studiarne le cause
profonde e gli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne, come
pure l’efficacia delle misure adottate ai fini dell’applicazione della presente
Convenzione.
2 Le Parti si adoperano per realizzare indagini sulla popolazione, a
intervalli regolari, allo scopo di determinare la prevalenza e le tendenze di
ogni forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della
presente Convenzione.
3 Le Parti forniscono al Gruppo di esperti menzionato all'articolo 66 della
presente Convenzione le informazioni raccolte conformemente al presente
articolo, per stimolare la cooperazione e permettere un confronto a livello
internazionale.
4 Le Parti vigilano affinché le informazioni raccolte conformemente al
presente articolo siano messe a disposizione del pubblico.
Capitolo III – Prevenzione
Articolo 12 – Obblighi generali
1 Le Parti adottano le misure necessarie per promuovere i cambiamenti
nei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini, al fine di
eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata
sull'idea dell'inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle
donne e degli uomini.
2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
impedire ogni forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della
presente Convenzione commessa da qualsiasi persona fisica o giuridica.
3 Tutte le misure adottate ai sensi del presente capitolo devono prendere
in considerazione e soddisfare i bisogni specifici delle persone in
circostanze di particolare vulnerabilità, e concentrarsi sui diritti umani di
tutte le vittime.
4 Le Parti adottano le misure necessarie per incoraggiare tutti i membri
della società, e in particolar modo gli uomini e i ragazzi, a contribuire
attivamente alla prevenzione di ogni forma di violenza che rientra nel
campo di applicazione della presente Convenzione.
5 Le Parti vigilano affinché la cultura, gli usi e i costumi, la religione, la
tradizione o il cosiddetto "onore" non possano essere in alcun modo
utilizzati per giustificare nessuno degli atti di violenza che rientrano nel

127
campo di applicazione della presente Convenzione.
6 Le Parti adottano le misure necessarie per promuovere programmi e
attività destinati ad aumentare il livello di autonomia e di emancipazione
delle donne.
Articolo 13 – Sensibilizzazione
1 Le Parti promuovono o mettono in atto, regolarmente e a ogni livello,
delle campagne o dei programmi di sensibilizzazione, ivi compreso in
cooperazione con le istituzioni nazionali per i diritti umani e gli organismi
competenti in materia di uguaglianza, la società civile e le ONG, tra cui in
particolare le organizzazioni femminili, se necessario, per aumentare la
consapevolezza e la comprensione da parte del vasto pubblico delle varie
manifestazioni di tutte le forme di violenza oggetto della presente
Convenzione e delle loro conseguenze sui bambini, nonché della
necessità di prevenirle.
2 Le Parti garantiscono un'ampia diffusione presso il vasto pubblico delle
informazioni riguardanti le misure disponibili per prevenire gli atti di
violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente
Convenzione.
Articolo 14 – Educazione
1 Le Parti intraprendono, se del caso, le azioni necessarie per includere
nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su
temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco
rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la
violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all'integrità
personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi.
2 Le Parti intraprendono le azioni necessarie per promuovere i principi
enunciati al precedente paragrafo 1 nelle strutture di istruzione non
formale, nonché nei centri sportivi, culturali e di svago e nei mass media.
Articolo 15 – Formazione delle figure professionali
1 Le Parti forniscono o rafforzano un'adeguata formazione delle figure
professionali che si occupano delle vittime o degli autori di tutti gli atti di
violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente
Convenzione in materia di prevenzione e individuazione di tale violenza,
uguaglianza tra le donne e gli uomini, bisogni e diritti delle vittime, e su
come prevenire la vittimizzazione secondaria.
2 Le Parti incoraggiano a inserire nella formazione di cui al paragrafo 1 dei
corsi di formazione in materia di cooperazione coordinata
interistituzionale, al fine di consentire una gestione globale e adeguata
degli orientamenti da seguire nei casi di violenza che rientrano nel campo
di applicazione della presente Convenzione.
Articolo 16 – Programmi di intervento di carattere preventivo e di
trattamento
1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza

128
domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle
relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i
modelli comportamentali violenti.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
istituire o sostenere programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in
particolare per i reati di natura sessuale.
3 Nell’adottare le misure di cui ai paragrafi 1 e 2, le Parti si accertano che
la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle vittime siano una priorità e
che tali programmi, se del caso, siano stabiliti ed attuati in stretto
coordinamento con i servizi specializzati di sostegno alle vittime.
Articolo 17 – Partecipazione del settore privato e dei mass media
1 Le Parti incoraggiano il settore privato, il settore delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione e i mass media, nel rispetto della
loro indipendenza e libertà di espressione, a partecipare all’elaborazione e
all'attuazione di politiche e alla definizione di linee guida e di norme di
autoregolazione per prevenire la violenza contro le donne e rafforzare il
rispetto della loro dignità.
2 Le Parti sviluppano e promuovono, in collaborazione con i soggetti del
settore privato, la capacità dei bambini, dei genitori e degli insegnanti di
affrontare un contesto dell'informazione e della comunicazione che
permette l’accesso a contenuti degradanti potenzialmente nocivi a
carattere sessuale o violento.
Capitolo IV – Protezione e sostegno
Articolo 18 – Obblighi generali
1 Le Parti adottano le necessarie misure legislative o di altro tipo per
proteggere tutte le vittime da nuovi atti di violenza.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie,
conformemente al loro diritto interno, per garantire che esistano adeguati
meccanismi di cooperazione efficace tra tutti gli organismi statali
competenti, comprese le autorità giudiziarie, i pubblici ministeri, le autorità
incaricate dell’applicazione della legge, le autorità locali e regionali, le
organizzazioni non governative e le altre organizzazioni o entità
competenti, al fine di proteggere e sostenere le vittime e i testimoni di ogni
forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente
Convenzione, ivi compreso riferendosi ai servizi di supporto generali e
specializzati di cui agli articoli 20 e 22 della presente Convenzione.
3 Le Parti si accertano che le misure adottate in virtù del presente
capitolo:
– siano basate su una comprensione della violenza di genere contro le
donne e della violenza domestica e si concentrino sui diritti umani e sulla
sicurezza della vittima;
– siano basate su un approccio integrato che prenda in considerazione il
rapporto tra vittime, autori, bambini e il loro più ampio contesto sociale;
– mirino ad evitare la vittimizzazione secondaria;

129
– mirino ad accrescere l’autonomia e l’indipendenza economica delle
donne vittime di violenze;
– consentano, se del caso, di disporre negli stessi locali di una serie di
servizi di protezione e di supporto;
– soddisfino i bisogni specifici delle persone vulnerabili, compresi i minori
vittime di violenze e siano loro accessibili.
4 La messa a disposizione dei servizi non deve essere subordinata alla
volontà della vittima di intentare un procedimento penale o di testimoniare
contro ogni autore di tali reati.
5 Le Parti adottano misure adeguate per garantire protezione consolare o
di altro tipo e sostegno ai loro cittadini e alle altre vittime che hanno diritto
a tale protezione, conformemente ai loro obblighi derivanti dal diritto
internazionale.
Articolo 19 – Informazione
Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo che consentano alle
vittime di ottenere un’informazione adeguata e tempestiva sui servizi di
sostegno e le misure legali disponibili in una lingua che comprendono.
Articolo 20 – Servizi di supporto generali
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le vittime abbiano accesso ai servizi destinati a facilitare il
loro recupero. Tali misure includeranno, se necessario, dei servizi quali le
consulenze legali e un sostegno psicologico, un’assistenza finanziaria,
alloggio, istruzione, formazione e assistenza nella ricerca di un lavoro.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le vittime abbiano accesso ai servizi sanitari e sociali, che
tali servizi dispongano di risorse adeguate e di figure professionali
adeguatamente formate per fornire assistenza alle vittime e indirizzarle
verso i servizi appropriati.
Articolo 21 – Assistenza in materia di denunce individuali/collettive
Le Parti vigilano affinché le vittime possano usufruire di informazioni sui
meccanismi regionali e internazionali disponibili per le denunce individuali
o collettive e vi abbiano accesso. Le Parti promuovono la messa a
disposizione delle vittime di un supporto sensibile e ben informato per
aiutarle a sporgere denuncia.
Articolo 22 – Servizi di supporto specializzati
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
fornire o, se del caso, predisporre, secondo una ripartizione geografica
appropriata, dei servizi di supporto immediato specializzati, nel breve e
lungo periodo, per ogni vittima di un qualsiasi atto di violenza che rientra
nel campo di applicazione della presente Convenzione.
2 Le Parti forniscono o predispongono dei servizi di supporto specializzati
per tutte le donne vittime di violenza e i loro bambini.
Articolo 23 – Case rifugio
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per

130
consentire la creazione di rifugi adeguati, facilmente accessibili e in
numero sufficiente per offrire un alloggio sicuro alle vittime, in particolare
le donne e i loro bambini, e per aiutarle in modo proattivo.
Articolo 24 – Linee telefoniche di sostegno
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per istituire
a livello nazionale apposite linee telefoniche gratuite di assistenza
continua, operanti 24 ore su 24, sette giorni alla settimana, destinate a
fornire alle persone che telefonano, in modo riservato o nel rispetto del
loro anonimato, delle consulenze su tutte le forme di violenza oggetto
della presente Convenzione.
Articolo 25 – Supporto alle vittime di violenza sessuale
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
consentire la creazione di centri di prima assistenza adeguati, facilmente
accessibili e in numero sufficiente, per le vittime di stupri e di violenze
sessuali, che possano proporre una visita medica e una consulenza
medico-legale, un supporto per superare il trauma e dei consigli.
Articolo 26 – Protezione e supporto ai bambini testimoni di violenza
1 Le Parti adottano le misure legislative e di ogni altro tipo necessarie per
garantire che siano debitamente presi in considerazione, nell’ambito dei
servizi di protezione e di supporto alle vittime, i diritti e i bisogni dei
bambini testimoni di ogni forma di violenza rientrante nel campo di
applicazione della presente Convenzione.
2 Le misure adottate conformemente al presente articolo comprendono le
consulenze psico-sociali adattate all'età dei bambini testimoni di ogni
forma di violenza rientrante nel campo di applicazione della presente
Convenzione e tengono debitamente conto dell’interesse superiore del
minore.
Articolo 27 – Segnalazioni
Le Parti adottano le misure necessarie per incoraggiare qualsiasi persona
che sia stata testimone di un qualsiasi atto di violenza che rientra nel
campo di applicazione della presente Convenzione, o che abbia
ragionevoli motivi per ritenere che tale atto potrebbe essere commesso, o
che si possano temere nuovi atti di violenza, a segnalarlo alle
organizzazioni o autorità competenti.
Articolo 28 – Segnalazioni da parte delle figure professionali
Le Parti adottano le misure necessarie per garantire che le norme sulla
riservatezza imposte dalla loro legislazione nazionale a certe figure
professionali non costituiscano un ostacolo alla loro possibilità, in
opportune condizioni, di fare una segnalazione alle organizzazioni o
autorità competenti, qualora abbiano ragionevoli motivi per ritenere che
sia stato commesso un grave atto di violenza che rientra nel campo di
applicazione della presente Convenzione o che si possano temere nuovi
gravi atti di violenza.
Capitolo V – Diritto sostanziale

131
Articolo 29 – Procedimenti e vie di ricorso in materia civile
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
fornire alle vittime adeguati mezzi di ricorso civili nei confronti dell'autore
del reato.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie,
conformemente ai principi generali del diritto internazionale, per fornire
alle vittime adeguati risarcimenti civili nei confronti delle autorità statali che
abbiano mancato al loro dovere di adottare le necessarie misure di
prevenzione o di protezione nell’ambito delle loro competenze.
Articolo 30 – Risarcimenti
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le vittime abbiano il diritto di richiedere un risarcimento agli
autori di qualsiasi reato previsto dalla presente Convenzione.
2 Un adeguato risarcimento da parte dello Stato è accordato a coloro che
abbiano subito gravi pregiudizi all'integrità fisica o alla salute, se la
riparazione del danno non è garantita da altre fonti, in particolare
dall'autore del reato, da un’assicurazione o dai servizi medici e sociali
finanziati dallo Stato. Ciò non preclude alle Parti la possibilità di richiedere
all'autore del reato il rimborso del risarcimento concesso, a condizione che
la sicurezza della vittima sia pienamente presa in considerazione.
3 Le misure adottate conformemente al paragrafo 2 devono garantire che
il risarcimento sia concesso entro un termine ragionevole.
Articolo 31 – Custodia dei figli, diritti di visita e sicurezza
1 Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei
figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel
campo di applicazione della presente Convenzione.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non
comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini.
Articolo 32 – Conseguenze civili dei matrimoni forzati
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che i matrimoni contratti con la forza possano essere invalidabili,
annullati o sciolti senza rappresentare un onere finanziario o
amministrativo eccessivo per la vittima.
Articolo 33 – Violenza psicologica
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
penalizzare un comportamento intenzionale mirante a compromettere
seriamente l'integrità psicologica di una persona con la coercizione o le
minacce.
Articolo 34 – Atti persecutori (Stalking)
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
penalizzare un comportamento intenzionalmente e ripetutamente
minaccioso nei confronti di un'altra persona, portandola a temere per la

132
propria incolumità.
Articolo 35 – Violenza fisica
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
penalizzare il comportamento intenzionale di chi commette atti di violenza
fisica nei confronti di un'altra persona.
Articolo 36 – Violenza sessuale, compreso lo stupro
1 Le Parti adottano misure legislative o di altro tipo necessarie per
perseguire penalmente i responsabili dei seguenti comportamenti
intenzionali:
a atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale
compiuto su un’altra persona con qualsiasi parte del corpo o con un
oggetto;
b altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso;
c il fatto di costringere un’altra persona a compiere atti sessuali non
consensuali con un terzo. 14
2 Il consenso deve essere dato volontariamente, quale libera
manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato
tenendo conto della situazione e del contesto.
3 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo per garantire che le
disposizioni del paragrafo 1 si applichino anche agli atti commessi contro
l’ex o l’attuale coniuge o partner, quale riconosciuto dalla legislazione
nazionale.
Articolo 37 – Matrimonio forzato
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
penalizzare l’atto intenzionale di costringere un adulto o un bambino a
contrarre matrimonio.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
penalizzare il fatto di attirare intenzionalmente con l’inganno un adulto o
un bambino sul territorio di una Parte o di uno Stato diverso da quello in
cui risiede, allo scopo di costringerlo a contrarre matrimonio.
Articolo 38 – Mutilazioni genitali femminili
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
perseguire penalmente i seguenti atti intenzionali:
a l’escissione, l’infibulazione o qualsiasi altra mutilazione della totalità o di
una parte delle grandi labbra vaginali, delle piccole labbra o asportazione
del clitoride;
b costringere una donna a subire qualsiasi atto indicato al punto a, o
fornirle i mezzi a tale fine;
c indurre, costringere o fornire a una ragazza i mezzi per subire qualsiasi
atto enunciato al punto a.
Articolo 39 – Aborto forzato e sterilizzazione forzata
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
perseguire penalmente i seguenti atti intenzionali:
a praticare un aborto su una donna senza il suo preliminare consenso

133
informato;
b praticare un intervento chirurgico che abbia lo scopo e l’effetto di
interrompere definitivamente la capacità riproduttiva di una donna senza il
suo preliminare consenso informato o la sua comprensione della
procedura praticata.
Articolo 40 – Molestie sessuali
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che qualsiasi forma di comportamento indesiderato, verbale, non
verbale o fisico, di natura sessuale, con lo scopo o l'effetto di violare la
dignità di una persona, segnatamente quando tale comportamento crea
un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo, sia
sottoposto a sanzioni penali o ad altre sanzioni legali.
Articolo 41 – Favoreggiamento o complicità e tentativo
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
perseguire penalmente il favoreggiamento o la complicità intenzionali in
ordine alla commissione dei reati di cui agli articoli 33, 34, 35, 36, 37, 38.a
e 39 della presente Convenzione.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
perseguire penalmente i tentativi intenzionali di commissione dei reati di
cui agli articoli 35, 36, 37, 38.a e 39 della presente Convenzione.
Articolo 42 – Giustificazione inaccettabile dei reati, compresi quelli
commessi in nome del cosiddetto “onore”
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che nei procedimenti penali intentati a seguito della commissione
di qualsiasi atto di violenza che rientra nel campo di applicazione della
presente Convenzione, la cultura, gli usi e costumi, la religione, le
tradizioni o il cosiddetto "onore" non possano essere addotti come scusa
per giustificare tali atti. Rientrano in tale ambito, in particolare, le accuse
secondo le quali la vittima avrebbe trasgredito norme o costumi culturali,
religiosi, sociali o tradizionali riguardanti un comportamento appropriato.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che, qualora un bambino sia stato istigato da una persona a
compiere un atto di cui al paragrafo 1, non sia per questo diminuita la
responsabilità penale della suddetta persona per gli atti commessi.
Articolo 43 – Applicazione dei reati
I reati previsti ai sensi della presente Convenzione si applicano a
prescindere dalla natura del rapporto tra la vittima e l’autore del reato.
Articolo 44 – Giurisdizione
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
determinare la giurisdizione competente per qualsiasi reato previsto ai
sensi della presente Convenzione quando il reato è commesso:
a sul loro territorio; o
b a bordo di una nave battente la loro bandiera; o
c a bordo di un velivolo immatricolato secondo le loro disposizioni di legge;

134
o
d da uno loro cittadino; o
e da una persona avente la propria residenza abituale sul loro territorio.
2 Le Parti adottano tutte le misure legislative o di altro tipo appropriate per
determinare la giurisdizione con riferimento a tutti i reati di cui alla
presente Convenzione quando il reato è commesso contro un loro
cittadino o contro una persona avente la propria residenza abituale sul
loro territorio.
3 Per perseguire i reati stabiliti conformemente agli Articoli 36, 37, 38 e 39
della presente Convenzione, le Parti adottano le misure legislative o di
altro tipo necessarie affinché la loro competenza non sia subordinata alla
condizione che i fatti siano perseguibili penalmente sul territorio in cui
sono stati commessi.
4 Per perseguire i reati stabiliti conformemente agli Articoli 36, 37, 38 e 39
della presente Convenzione, le Parti adottano le misure legislative o di
altro tipo necessarie affinché la loro competenza riguardante i commi d. ed
e. del precedente paragrafo 1 non sia subordinata alla condizione che il
procedimento penale possa unicamente essere avviato a seguito della
denuncia della vittima del reato, o di un’azione intentata dallo Stato del
luogo dove è stato commesso il reato.
5 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
determinare la giurisdizione con riferimento a tutti i reati di cui alla
presente Convenzione, nei casi in cui il presunto autore del reato si trovi
sul loro territorio e non possa essere estradato verso un’altra Parte
unicamente in base alla sua nazionalità.
6 Quando più Parti rivendicano la loro competenza riguardo a un reato
che si presume stabilito conformemente alla presente Convenzione, le
Parti interessate si concertano, se lo ritengono opportuno, per determinare
quale sia la giurisdizione più appropriata per procedere penalmente.
7 Fatte salve le disposizioni generali di diritto internazionale, la presente
Convenzione non esclude alcuna competenza penale esercitata da una
delle Parti conformente al proprio diritto interno.
Articolo 45 – Sanzioni e misure repressive
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che i reati stabiliti conformemente alla presente Convenzione
siano punibili con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, che
tengano conto della loro gravità. Tali sanzioni includono, se del caso, pene
privative della libertà e che possono comportare l'estradizione.
2 Le Parti possono adottare altre misure nei confronti degli autori dei reati,
quali:
– il monitoraggio, o la sorveglianza della persona condannata;
4. la privazione della patria podestà, se l’interesse superiore del
bambino, che può comprendere la sicurezza della vittima, non può essere
garantito in nessun altro modo.

135
Articolo 46 – Circostanze aggravanti
Le Parti adottano le misure legislative e di ogni altro tipo necessarie per
garantire che le seguenti circostanze, purché non siano già gli elementi
costitutivi del reato, possano, conformemente alle disposizioni pertinenti
del loro diritto nazionale, essere considerate come circostanze aggravanti
nel determinare la pena per i reati stabiliti conformemente alla presente
Convenzione:
a il reato è stato commesso contro l’attuale o l’ex coniuge o partner, come
riconosciuto dal diritto nazionale, da un membro della famiglia, dal
convivente della vittima, o da una persona che ha abusato della propria
autorità;
b il reato, o i reati connessi, sono stati commessi ripetutamente;
c il reato è stato commesso contro una persona in circostanze di
particolare vulnerabilità;
d il reato è stato commesso su un bambino o in presenza di un bambino;
e il reato è stato commesso da due o più persone che hanno agito
insieme;
f il reato è stato preceduto o accompagnato da una violenza di estrema
gravità; 17
g il reato è stato commesso con l’uso o con la minaccia di un’arma;
h il reato ha provocato gravi danni fisici o psicologici alla vittima;
i l’autore era stato precedentemente condannato per reati di natura
analoga.
Articolo 47 – Condanne pronunciate sul territorio di un’altra Parte
contraente
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
prevedere la possibilità di prendere in considerazione, al momento della
decisione relativa alla pena, le condanne definitive pronunciate da un'altra
Parte contraente in relazione ai reati previsti in base alla presente
Convenzione.
Articolo 48 – Divieto di metodi alternativi di risoluzione dei conflitti o di
misure alternative alle pene obbligatorie
1 Le parti devono adottare le necessarie misure legislative o di altro tipo
per vietare il ricorso obbligatorio a procedimenti di soluzione alternativa
delle controversie, incluse la mediazione e la conciliazione, in relazione a
tutte le forme di violenza che rientrano nel campo di applicazione della
presente Convenzione".
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo destinate a garantire
che, se viene inflitto il pagamento di una multa, sia debitamente presa in
considerazione la capacità del condannato di adempiere ai propri obblighi
finanziari nei confronti della vittima.
Capitolo VI – Indagini, procedimenti penali, diritto procedurale e misure
protettive
Articolo 49 – Obblighi generali

136
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le indagini e i procedimenti penali relativi a tutte le forme di
violenza che rientrano nel campo di applicazione della presente
Convenzione siano avviati senza indugio ingiustificato, prendendo in
considerazione i diritti della vittima in tutte le fasi del procedimento penale.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo, in conformità con i
principi fondamentali in materia di diritti umani e tenendo conto della
comprensione della violenza di genere, per garantire indagini e
procedimenti efficaci nei confronti dei reati stabiliti conformemente alla
presente Convenzione.
Articolo 50 – Risposta immediata, prevenzione e protezione
1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
garantire che le autorità incaricate dell’applicazione della legge affrontino
in modo tempestivo e appropriato tutte le forme di violenza che rientrano
nel campo di applicazione della presente Convenzione, offrendo una
protezione adeguata e immediata alle vittime.
2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo per garantire che le
autorità incaricate dell’applicazione della legge operino in modo
tempestivo e adeguato in materia di prevenzione e protezione contro ogni
forma di violenza che rientra nel campo di applicazione della presente
Convenzione, ivi compreso utilizzando misure operative di prevenzione e
la raccolta delle prove.
Articolo 51 – Valutazione e gestione dei rischi
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
consentire alle autorità competenti di valutare il rischio di letalità, la gravità
della situazione e il rischio di reiterazione dei comportamenti violenti, al
fine di gestire i rischi e garantire, se necessario, un quadro coordinato di
sicurezza e di sostegno.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che la valutazione di cui al parafrafo 1 prenda in considerazione,
in tutte le fasi dell’indagine e dell’applicazione delle misure di protezione, il
fatto che l'autore di atti di violenza che rientrano nel campo di applicazione
della presente Convenzione possieda, o abbia accesso ad armi da fuoco.
Articolo 52 – Misure urgenti di allontanamento imposte dal giudice
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le autorità competenti si vedano riconosciuta la facoltà di
ordinare all’autore della violenza domestica, in situazioni di pericolo
immediato, di lasciare la residenza della vittima o della persona in pericolo
per un periodo di tempo sufficiente e di vietargli l’accesso al domicilio della
vittima o della persona in pericolo o di impedirgli di avvicinarsi alla vittima.
Le misure adottate in virtù del presente articolo devono dare priorità alla
sicurezza delle vittime o delle persone in pericolo.
Articolo 53 – Ordinanze di ingiunzione o di protezione
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per

137
garantire che le ordinanze di ingiunzione o di protezione possano essere
ottenute dalle vittime di ogni forma di violenza che rientra nel campo di
applicazione della presente Convenzione.
2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
garantire che le ordinanze di ingiunzione o di protezione di cui al paragrafo
1 siano:
– concesse per una protezione immediata e senza oneri amministrativi o
finanziari eccessivi per la vittima;
– emesse per un periodo specificato o fino alla loro modifica o revoca;
– ove necessario, decise ex parte con effetto immediato;
– disponibili indipendentemente, o contestualmente ad altri procedimenti
giudiziari;
– possano essere introdotte nei procedimenti giudiziari successivi.
3 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che la violazione delle ordinanze di ingiunzione o di protezione
emesse ai sensi del paragrafo 1 sia oggetto di sanzioni penali o di altre
sanzioni legali efficaci, proporzionate e dissuasive.
Articolo 54 – Indagini e prove
Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che in qualsiasi procedimento civile o penale, le prove relative
agli antecedenti sessuale e alla condotta della vittima siano ammissibili
unicamente quando sono pertinenti e necessarie.
Articolo 55 – Procedimenti d’ufficio e ex parte 19
1 Le Parti si accertano che le indagini e i procedimenti penali per i reati
stabiliti ai sensi degli articoli 35, 36, 37, 38 e 39 della presente
Convenzione non dipendano interamente da una segnalazione o da una
denuncia da parte della vittima quando il reato è stato commesso in parte
o in totalità sul loro territorio, e che il procedimento possa continuare
anche se la vittima dovesse ritrattare l’accusa o ritirare la denuncia.
2 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
garantire, conformemente alle condizioni previste dal loro diritto interno, la
possibilità per le organizzazioni governative e non governative e per i
consulenti specializzati nella lotta alla violenza domestica di assistere e/o
di sostenere le vittime, su loro richiesta, nel corso delle indagini e dei
procedimenti giudiziari relativi ai reati stabiliti conformemente alla presente
Convenzione.
Articolo 56 – Misure di protezione
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo destinate a
proteggere i diritti e gli interessi delle vittime, compresi i loro particolari
bisogni in quanto testimoni in tutte le fasi delle indagini e dei procedimenti
giudiziari, in particolare:
a garantendo che siano protette, insieme alle loro famiglie e ai testimoni,
dal rischio di intimidazioni, rappresaglie e ulteriori vittimizzazioni;
b garantendo che le vittime siano informate, almeno nei casi in cui esse

138
stesse e la loro famiglia potrebbero essere in pericolo, quando l’autore del
reato dovesse evadere o essere rimesso in libertà in via temporanea o
definitiva;
c informandole, nelle condizioni previste dal diritto interno, dei loro diritti e
dei servizi a loro disposizione e dell'esito della loro denuncia, dei capi di
accusa, dell'andamento generale delle indagini o del procedimento,
nonché del loro ruolo nell’ambito del procedimento e dell’esito del giudizio;
d offrendo alle vittime, in conformità con le procedure del loro diritto
nazionale, la possibilità di essere ascoltate, di fornire elementi di prova e
presentare le loro opinioni, esigenze e preoccupazioni, direttamente o
tramite un intermediario, e garantendo che i loro pareri siano esaminati e
presi in considerazione;
e fornendo alle vittime un'adeguata assistenza, in modo che i loro diritti e
interessi siano adeguatamente rappresentati e presi in considerazione;
f garantendo che possano essere adottate delle misure per proteggere la
vita privata e l'immagine della vittima;
g assicurando, ove possibile, che siano evitati i contatti tra le vittime e gli
autori dei reati all’interno dei tribunali e degli uffici delle forze dell'ordine;
h fornendo alle vittime, quando sono parti del processo o forniscono delle
prove, i servizi di interpreti indipendenti e competenti;
i consentendo alle vittime di testimoniare in aula, secondo le norme
previste dal diritto interno, senza essere fisicamente presenti, o almeno
senza la presenza del presunto autore del reato, grazie in particolare al
ricorso a tecnologie di comunicazione adeguate, se sono disponibili. 20
2 Un bambino vittima e testimone di violenza contro le donne e di violenza
domestica, deve, se necessario, usufruire di misure di protezione
specifiche, che prendano in considerazione il suo interesse superiore.
Articolo 57 – Gratuito patrocinio
Le Parti garantiscono che le vittime abbiano diritto all'assistenza legale e
al gratuito patrocinio alle condizioni previste dal diritto interno.
Articolo 58 – Prescrizione
Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per
garantire che il termine di prescrizione per intentare un'azione penale
relativa ai reati di cui agli articoli 36, 37, 38 e 39 della presente
Convenzione sia prolungato per un tempo sufficiente e proporzionale alla
gravità del reato, per consentire alla vittima minore di vedere perseguito il
reato dopo avere raggiunto la maggiore età.
Capitolo VII – Migrazione e asilo
Articolo 59 – Status di residente
1 Le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo per garantire che le
vittime, il cui status di residente dipende da quello del coniuge o del
partner, conformemente al loro diritto interno, possano ottenere, su
richiesta, in caso di scioglimento del matrimonio o della relazione, in
situazioni particolarmente difficili, un titolo autonomo di soggiorno,

139
indipendentemente dalla durata del matrimonio o della relazione. Le
condizioni per il rilascio e la durata del titolo autonomo di soggiorno sono
stabilite conformemente al diritto nazionale.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le vittime possano ottenere la sospensione delle procedure
di espulsione avviate perché il loro status di residente dipendeva da quello
del coniuge o del partner, conformemente al loro diritto interno, al fine di
consentire loro di chiedere un titolo autonomo di soggiorno.
3 Le Parti rilasciano un titolo di soggiorno rinnovabile alle vittime, in una o
in entrambe le seguenti situazioni:
a quando l'autorità competente ritiene che il loro soggiorno sia necessario
in considerazione della loro situazione personale;
b quando l'autorità competente ritene che il loro soggiorno sia necessario
per la loro collaborazione con le autorità competenti nell’ambito di
un’indagine o di procedimenti penali.
4 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le vittime di un matrimonio forzato condotte in un altro paese
al fine di contrarre matrimonio, e che abbiano perso di conseguenza il loro
status di residente del paese in cui risiedono normalmente, possano
recuperare tale status.
Articolo 60 – Richieste di asilo basate sul genere 21
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che la violenza contro le donne basata sul genere possa essere
riconosciuta come una forma di persecuzione ai sensi dell'articolo 1, A (2)
della Convenzione relativa allo status dei rifugiati del 1951 e come una
forma di grave pregiudizio che dia luogo a una protezione complementare
/ sussidiaria.
2 Le Parti si accertano che un’interpretazione sensibile al genere sia
applicata a ciascuno dei motivi della Convenzione, e che nei casi in cui sia
stabilito che il timore di persecuzione è basato su uno o più di tali motivi,
sia concesso ai richiedenti asilo lo status di rifugiato, in funzione degli
strumenti pertinenti applicabili.
3 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
sviluppare procedure di accoglienza sensibili al genere e servizi di
supporto per i richiedenti asilo, nonché linee guida basate sul genere e
procedure di asilo sensibili alle questioni di genere, compreso in materia di
concessione dello status di rifugiato e di richiesta di protezione
internazionale.
Articolo 61 – Diritto di non-respingimento
1 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per il
rispetto del principio di non-respingimento, conformemente agli obblighi
esistenti derivanti dal diritto internazionale.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le vittime della violenza contro le donne bisognose di una

140
protezione, indipendentemente dal loro status o dal loro luogo di
residenza, non possano in nessun caso essere espulse verso un paese
dove la loro vita potrebbe essere in pericolo o dove potrebbero essere
esposte al rischio di tortura o di pene o trattamenti inumani o degradanti.
Capitolo VIII – Cooperazione internazionale
Articolo 62 – Principi generali
1 Le Parti cooperano, in conformità con le disposizioni della presente
Convenzione, e nel rispetto dell’applicazione degli strumenti internazionali
e regionali relativi alla cooperazione in materia civile e penale, nonché
degli accordi stipulati sulla base di disposizioni legislative uniformi o di
reciprocità e della propria legislazione nazionale, nel modo più ampio
possibile, al fine di:
a prevenire, combattere e perseguire tutte le forme di violenza che
rientrano nel campo di applicazione della presente Convenzione;
b proteggere e assistere le vittime;
c condurre indagini o procedere penalmente per i reati previsti sulla base
della presente Convenzione;
d applicare le pertinenti sentenze civili e penali pronunciate dalle autorità
giudiziarie delle Parti, ivi comprese le ordinanze di protezione.
2 Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per
garantire che le vittime di un reato determinato ai sensi della presente
Convenzione e commesso sul territorio di 22
una Parte diversa da quella in cui risiedono possano presentare denuncia
presso le autorità competenti del loro Stato di residenza.
3 Se una Parte che subordina all’esistenza di un trattato la mutua
assistenza giudiziaria in materia penale, l’estradizione o l’esecuzione delle
sentenze civili o penali pronunciate da un’altra Parte contraente alla
presente Convenzione riceve una richiesta di cooperazione in materia
giudiziaria da una Parte con la quale non ha ancora concluso tale trattato,
può considerare la presente Convenzione come la base giuridica per la
mutua assistenza in materia penale, di estradizione, di esecuzione delle
sentenze civili o penali pronunciate dall’altra Parte riguardanti i reati
stabiliti conformemente alla presente Convenzione.
4 Le Parti si sforzano di integrare, se del caso, la prevenzione e la lotta
contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica nei
programmi di assistenza allo sviluppo condotti a favore di paesi terzi,
compresa la conclusione di accordi bilaterali e multilaterali con paesi terzi,
al fine di facilitare la protezione delle vittime, conformemente all’articolo
18, paragrafo 5.
Articolo 63 – Misure relative alle persone in pericolo
Quando una Parte, sulla base delle informazioni a sua disposizione, ha
seri motivi di pensare che una persona possa essere esposta in modo
immediato al rischio di subire uno degli atti di violenza di cui agli Articoli
36, 37, 38 e 39 della presente Convenzione sul territorio di un’altra Parte,

141
la Parte che dispone di tale informazione è incoraggiata a trasmetterla
senza indugio all’altra Parte, al fine di garantire che siano prese le misure
di protezione adeguate. Tale informazione deve includere, se del caso,
delle indicazioni sulle disposizioni di protezione esistenti a vantaggio della
persona in pericolo.
Articolo 64 – Informazioni
1 La Parte richiesta deve rapidamente informare la Parte richiedente
dell'esito finale dell’azione intrapresa ai sensi del presente capitolo. La
Parte richiesta deve inoltre informare senza indugio la Parte richiedente di
qualsiasi circostanza che renda impossibile l'esecuzione dell’azione
ipotizzata o che possa ritardarla in modo significativo.
2 Una Parte può, nei limiti delle disposizioni del suo diritto interno, senza
richiesta preliminare, trasferire a un’altra Parte le informazioni ottenute
nell’ambito delle proprie indagini, qualora ritenga che la divulgazione di tali
informazioni possa aiutare la Parte che le riceve a prevenire i reati penali
stabiliti ai sensi della presente Convenzione o ad avviare o proseguire le
indagini o i procedimenti relativi a tali reati penali, o che tale divulgazione
possa suscitare una richiesta di collaborazione formulata da tale Parte,
conformemente al presente capitolo.
3 Una Parte che riceve delle informazioni conformemente al precedente
paragrafo 2 deve comunicarle alle proprie autorità competenti, in modo
che possano essere avviati dei procedimenti se sono considerati
appropriati, o che tale informazione possa essere presa in considerazione
nei procedimenti civili o penali pertinenti.
Articolo 65 – Protezione dei dati
I dati personali sono conservati e utilizzati conformemente agli obblighi
assunti dalle Parti alla Convenzione sulla protezione delle persone rispetto
al trattamento automatizzato dei dati a carattere personale (STE n° 108).
23
Capitolo IX – Meccanismo di controllo
Articolo 66 – Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti
delle donne e la violenza domestica
1 Il Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne
e la violenza domestica (di seguito "GREVIO") è incaricato di vigilare
sull'attuazione della presente Convenzione da parte delle Parti contraenti.
2 Il GREVIO è composto da un minimo di 10 membri a un massimo di 15
membri, nel rispetto del criterio dell’equilibrio tra i sessi e di un’equa
ripartizione geografica e dell’esigenza di competenze multidisciplinari. I
suoi membri sono eletti dal Comitato delle Parti tra i candidati designati
dalle Parti con un mandato di quattro anni, rinnovabile una volta, e sono
scelti tra i cittadini delle Parti.
3 L’elezione iniziale di 10 membri deve aver luogo entro un anno dalla
data dell’entrata in vigore della presente Convenzione. L'elezione dei
cinque membri supplementari si svolge dopo la venticinquesima ratifica o

142
adesione.
4 L’elezione dei membri del GREVIO deve essere basata sui seguenti
principi:
a. devono essere selezionati mediante una procedura trasparente tra
personalità di elevata moralità, note per la loro competenza in materia di
diritti umani, uguaglianza tra i sessi, contrasto alla violenza sulle donne e
alla violenza domestica o assistenza e protezione alle vittime, o devono
essere in possesso di una riconosciuta esperienza professionale nei
settori oggetto della presente Convenzione;

b. il GREVIO non può comprendere più di un cittadino del medesimo


Stato;
c. devono rappresentare i principali sistemi giuridici;
d. devono rappresentare gli organi e i soggetti competenti nel campo della
violenza contro le donne e la violenza domestica;
e. devono partecipare a titolo individuale e devono essere indipendenti e
imparziali nell’esercizio delle loro funzioni, e devono rendersi disponibili ad
adempiere ai loro compiti in maniera efficace.
5 La procedura per l'elezione dei membri del GREVIO è determinata dal
Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, previa consultazione e
unanime consenso delle Parti entro sei mesi dall'entrata in vigore della
presente Convenzione.
6 Il GREVIO adotta il proprio regolamento interno.
7 I membri del GREVIO e gli altri membri delle delegazioni incaricate di
compiere le visite nei paesi, come stabilito all'articolo 68, paragrafi 9 e 14,
godono dei privilegi e immunità previsti nell’allegato alla presente
Convenzione.
Articolo 67 – Comitato delle Parti
1 Il Comitato delle Parti è composto dai rappresentanti delle Parti alla
Convenzione.
2 Il Comitato delle Parti è convocato dal Segretario Generale del Consiglio
d'Europa. La sua prima riunione deve avere luogo entro un anno
dall'entrata in vigore della presente Convenzione, allo scopo di eleggere i
membri del GREVIO. Si riunisce successivamente su richiesta di almeno
un terzo delle Parti, del Presidente del Comitato delle Parti o del
Segretario Generale.
3 Il Comitato delle Parti adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 68 – Procedura
1 Le Parti presentano al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, sulla
base di un questionario preparato dal GREVIO, un rapporto sulle misure
legislative e di altro tipo destinate a dare attuazione alle disposizioni della
presente Convenzione, che dovrà essere esaminato da parte del
GREVIO.
2 Il GREVIO esamina il rapporto presentato conformemente al paragrafo 1

143
con i rappresentanti della Parte interessata.
3 La procedura di valutazione ulteriore sarà divisa in cicli, la cui durata è
determinata dal GREVIO. All’inizio di ogni ciclo, il GREVIO seleziona le
disposizioni specifiche sulle quali sarà basata la procedura di valutazione
e invia all’uopo un questionario.
4 Il GREVIO definisce i mezzi adeguati per procedere a tale valutazione.
Può in particolare adottare un questionario per ciascuno dei cicli, che
serve da base per la valutazione dell’applicazione della Convenzione da
parte delle Parti contraenti. Il suddetto questionario è inviato a tutte le
Parti. Le Parti rispondono al suddetto questionario e a qualsiasi altra
eventuale richiesta di informazioni da parte del GREVIO.
5 Il GREVIO può ricevere informazioni riguardanti l'attuazione della
Convenzione da parte delle ONG e della società civile, nonché dalle
istituzioni nazionali di protezione dei diritti umani.
6 Il GREVIO tiene debitamente conto delle informazioni esistenti
disponibili in altri strumenti e organizzazioni internazionali e regionali nei
settori che rientrano nel campo di applicazione della presente
Convenzione.
7 Nell’adottare il questionario per ogni ciclo di valutazione, il GREVIO
prende in debita considerazione la raccolta dei dati e le ricerche esistenti
presso le Parti, quali enunciate all'articolo 11 della presente Convenzione.
8 Il GREVIO può ricevere informazioni relative all'applicazione della
Convenzione da parte del Commissario per i diritti umani del Consiglio
d'Europa, dell’Assemblea parlamentare e di altri organi competenti
specializzati del Consiglio Europa, nonché da quelli stabiliti nel quadro di
altri strumenti internazionali. Le denunce presentate dinanzi a tali organi e
il seguito che viene loro dato sono messi a disposizione del GREVIO.
9 Il GREVIO può inoltre organizzare, in collaborazione con le autorità
nazionali e con l'assistenza di esperti nazionali indipendenti, delle visite
nei paesi interessati, se le informazioni ricevute sono insufficienti o nei
casi previsti al paragrafo 14. Nel corso di queste visite, il GREVIO può
farsi assistere da specialisti in settori specifici.
10 Il GREVIO elabora una bozza di rapporto contenente la propria analisi
sull’applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce la procedura di
valutazione, nonché i suoi suggerimenti e le sue proposte riguardanti il
modo in cui la Parte interessata può trattare i problemi individuati. Tale
bozza di rapporto è trasmessa alla Parte oggetto della valutazione perché
formuli i propri commenti, che sono presi in considerazione dal GREVIO
quando adotta il suo rapporto.
11 Sulla base di tutte le informazioni e dei commenti delle Parti, il GREVIO
adotta il proprio rapporto e le proprie conclusioni in merito alle misure
adottate dalla Parte interessata per attuare le disposizioni della presente
Convenzione. Questo rapporto e le conclusioni sono inviati alla Parte
interessata e al Comitato delle Parti. Il rapporto e le conclusioni del

144
GREVIO sono resi pubblici non appena adottati, accompagnati dagli
eventuali commenti della Parte interessata.
12 Fatte salve le procedure di cui ai precedenti paragrafi da 1 a 8, il
Comitato delle Parti può adottare, sulla base del rapporto e delle
conclusioni del GREVIO, delle raccomandazioni rivolte alla suddetta Parte
(a) riguardanti le misure da adottare per dare attuazione alle conclusioni
del GREVIO, se necessario fissando una data per la presentazione delle
informazioni sulla loro attuazione, e (b) miranti a promuovere la
cooperazione con la suddetta Parte per un’adeguata applicazione della
presente Convenzione.
13 Se il GREVIO riceve informazioni attendibili indicanti una situazione in
cui i problemi rilevati richiedono un'attenzione immediata per prevenire o
limitare la portata o il numero di gravi violazioni della Convenzione, può
domandare la presentazione urgente di un rapporto speciale sulle misure
adottate per prevenire una forma di violenza sulle donne grave, diffusa o
ricorrente.
14 Il GREVIO può, tenendo conto delle informazioni presentate dalla Parte
interessata e di ogni altra informazione attendibile, designare uno o più
membri incaricati di condurre un’indagine e di presentargli con urgenza un
rapporto. Se necessario, e con il consenso della Parte, tale indagine può
includere una visita sul suo territorio.
15 Dopo avere esaminato le conclusioni relative all’indagine di cui al
paragrafo 14, il GREVIO trasmette tali risultati alla Parte interessata e, se
del caso, al Comitato delle Parti e al Comitato dei Ministri del Consiglio
d'Europa, accompagnati da qualsiasi altra osservazione e
raccomandazione.
Articolo 69 – Raccomandazioni generali
Il GREVIO può adottare, ove opportuno, raccomandazioni di carattere
generale sull'applicazione della presente Convenzione.
Articolo 70 – Partecipazione dei Parlamenti al controllo
1 I parlamenti nazionali sono invitati a partecipare al controllo delle misure
adottate per l'attuazione della presente Convenzione.
2 Le Parti presentano i rapporti del GREVIO ai loro Parlamenti nazionali.
26
3 L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa è invitata a fare
regolarmente un bilancio dell’applicazione della presente Convenzione.
Capitolo X – Relazioni con altri strumenti internazionali
Articolo 71 – Relazioni con altri strumenti internazionali
1 La presente Convenzione non pregiudica gli obblighi derivanti dalle
disposizioni di altri strumenti internazionali di cui le Parti alla presente
Convenzione sono parte contraente o lo diventeranno in futuro e che
contengono disposizioni relative alle questioni disciplinate dalla presente
Convenzione.
2 Le Parti alla presente Convenzione possono concludere tra loro accordi

145
bilaterali o multilaterali relativi alle questioni disciplinate dalla presente
Convenzione, al fine di integrarne o rafforzarne le disposizioni o di
facilitare l’applicazione dei principi in essa sanciti.
Capitolo XI – Emendamenti alla Convenzione
Articolo 72 – Emendamenti
1 Ogni emendamento alla presente Convenzione, proposto da una Parte,
deve essere comunicato al Segretario Generale del Consiglio d'Europa e
trasmesso da quest’ultimo agli Stati membri del Consiglio d'Europa, a ogni
Stato firmatario, a ogni Parte, all’Unione europea, a ogni Stato invitato a
firmare la presente Convenzione, conformemente alle disposizioni
dell'articolo 75, nonché a ogni Stato invitato ad aderire alla presente
Convenzione, conformemente alle disposizioni dell'articolo 76.
2 Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa esamina l’emendamento
proposto e, dopo avere consultato le Parti alla Convenzione che non sono
membri del Consiglio d’Europa, può adottare l’emendamento con la
maggioranza prevista all’Articolo 20.d dello statuto del Consiglio d’Europa.
3 Il testo di ogni emendamento adottato dal Comitato dei Ministri
conformemente al paragrafo 2 del presente articolo è trasmesso alle Parti
per accettazione.
4 Ogni emendamento adottato conformemente al paragrafo 2 entra in
vigore il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di
un mese dopo la data in cui tutte le Parti hanno informato il Segretario
Generale della loro accettazione.
Capitolo XII – Clausole finali
Articolo 73 – Effetti della Convenzione
Le disposizioni della presente Convenzione non pregiudicano le
disposizioni di diritto interno e di altri strumenti internazionali vincolanti già
in vigore o che possono entrare in vigore, in base ai quali sono o
sarebbero riconosciuti dei diritti più favorevoli per la prevenzione e la lotta
contro la violenza sulle donne e la violenza domestica.
Articolo 74 – Composizione delle controversie
1 In caso di controversia tra le Parti circa l'applicazione o l'interpretazione
delle disposizioni della presente Convenzione, le Parti si adopereranno
anzitutto per trovare una soluzione mediante negoziato, conciliazione,
arbitrato, o qualsiasi altro mezzo pacifico di loro scelta.
2 Il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa può stabilire delle
procedure per la composizione delle controversie che potranno essere
utilizzate dalle Parti, se vi consentono.
Articolo 75 – Firma ed entrata in vigore
1 La presente Convenzione è aperta alla firma degli Stati membri del
Consiglio d'Europa, degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua
elaborazione e dell'Unione europea.
2 La presente Convenzione è soggetta a ratifica, accettazione o
approvazione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione

146
saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.
3 La presente Convenzione entrerà in vigore il primo giorno del mese
successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dopo la data in cui 10
firmatari, di cui almeno otto Stati membri del Consiglio d'Europa, avranno
espresso il loro consenso a essere vincolati dalla Convenzione,
conformemente alle disposizioni del precedente paragrafo 2.
4 Se uno Stato di cui al paragrafo 1 o l'Unione europea esprime
ulteriormente il proprio consenso a essere vincolato dalla Convenzione,
quest’ultima entrerà in vigore, nei suoi confronti, il primo giorno del mese
successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dopo la data del
deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione.
Articolo 76 – Adesione alla Convenzione
1 Dopo l'entrata in vigore della presente Convenzione, il Comitato dei
Ministri del Consiglio d'Europa, dopo avere consultato le Parti alla
presente Convenzione e averne ottenuto l’unanime consenso, può invitare
qualsiasi Stato non membro del Consiglio d'Europa che non abbia
partecipato all’elaborazione della convenzione ad aderire alla presente
Convenzione con una decisione presa con la maggioranza prevista
all'articolo 20.d dello Statuto del Consiglio d'Europa, e all’unanimità dei
rappresentanti delle Parti contraenti con diritto di sedere in seno al
Comitato dei Ministri.
2 Nei confronti di ogni Stato aderente, la Convenzione entrerà in vigore il
primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi
dopo la data del deposito dello strumento di adesione presso il Segretario
Generale del Consiglio d'Europa.
Articolo 77 – Applicazione territoriale
1 Ogni Stato o l'Unione europea, al momento della firma o del deposito del
proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di
adesione, potrà indicare il territorio o i territori cui si applicherà la presente
Convenzione.
2 Ciascuna Parte potrà, in qualsiasi momento successivo e mediante
dichiarazione inviata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa,
estendere l'applicazione della presente Convenzione a ogni altro territorio
specificato in tale dichiarazione, di cui curi le relazioni internazionali o in
nome del quale sia autorizzata ad assumere impegni. La Convenzione 28
entrerà in vigore nei confronti di questo territorio il primo giorno del mese
successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data di
ricevimento della dichiarazione da parte del Segretario Generale.
3 Ogni dichiarazione fatta ai sensi dei due paragrafi precedenti potrà
essere ritirata nei confronti di ogni territorio specificato nella suddetta
dichiarazione mediante notifica indirizzata al Segretario Generale del
Consiglio d'Europa. Il ritiro avrà effetto il primo giorno del mese successivo
alla scadenza di un periodo di tre mesi dalla data del ricevimento di tale
notifica da parte del Segretario Generale.

147
Articolo 78 – Riserve
1 Non è ammessa alcuna riserva alle disposizioni della presente
Convenzione, salvo quelle previste ai successivi paragrafi 2 e 3.
2 Ogni Stato o l'Unione europea può, al momento della firma o del
deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione
o di adesione, mediante dichiarazione inviata al Segretario Generale del
Consiglio d'Europa, precisare che si riserva il diritto di non applicare o di
applicare solo in particolari casi o circostanze le disposizioni enunciate nei
seguenti articoli:
– Articolo 30, paragrafo 2;
– Articolo 44, paragrafi 1.e, 3 e 4;
– Articolo 55, paragrafo 1 esaminato insieme all’Articolo 35 per quanto
riguarda i reati minori;
– Articolo 58 esaminato insieme agli Articoli 37, 38 e 39;
– Articolo 59.
3 Ogni Stato o l'Unione europea può, al momento della firma o del
deposito dello strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di
adesione, mediante dichiarazione inviata al Segretario Generale del
Consiglio d'Europa, precisare che si riserva il diritto di prevedere sanzioni
non penali, invece di imporre sanzioni penali, per i comportamenti di cui
agli articoli 33 e 34.
4 Ogni Parte può ritirare in tutto o in parte una riserva mediante notifica
indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa. Il ritiro avrà
effetto a partire dalla data del suo ricevimento da parte del Segretario
Generale.
Articolo 79 – Validità ed esame delle riserve
1 Le riserve previste all'articolo 78, paragrafi 2 e 3 sono valide per un
periodo di cinque anni a partire dal primo giorno dell’entrata in vigore della
Convenzione per la Parte interessata. Tali riserve possono tuttavia essere
rinnovate per periodi di uguale durata.
2 Diciotto mesi prima della scadenza della riserva, il Segretario Generale
del Consiglio d'Europa notifica tale scadenza alla Parte interessata. Tre
mesi prima della data della scadenza, la Parte deve comunicare al
Segretario Generale la sua intenzione di mantenere, modificare o ritirare
la riserva. In assenza di tale comunicazione, il Segretario Generale 29
informa la Parte che la sua riserva si intende automaticamente prorogata
per un periodo di sei mesi. Se la Parte interessata non notifica prima della
scadenza di tale termine la sua intenzione di mantenere o modificare la
propria riserva, questa è considerata sciolta.
3 La Parte che ha formulato una riserva conformemente all’Articolo 78,
paragrafi 2 e 3, deve fornire, prima di rinnovarla, o su richiesta, delle
spiegazioni al GREVIO in merito ai motivi che ne giustificano il
mantenimento.
Articolo 80 – Denuncia

148
1 Ogni Parte può, in qualsiasi momento, denunciare la presente
Convenzione mediante notifica inviata al Segretario Generale del
Consiglio d'Europa.
2 Tale denuncia ha effetto il primo giorno del mese successivo alla
scadenza di un periodo di tre mesi dalla data di ricevimento della notifica
da parte del Segretario Generale.
Articolo 81 – Notifica
Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa notificherà agli Stati membri
del Consiglio d'Europa, agli Stati non membri del Consiglio d'Europa che
abbiano partecipato all'elaborazione della presente Convenzione, a ogni
firmatario, a ogni Parte, all’Unione europea e a ogni Stato invitato ad
aderire alla presente Convenzione:
a ogni firma;
b il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione
o di adesione;
c ogni data di entrata in vigore della presente Convenzione,
conformemente agli Articoli 75 e 76;
d ogni emendamento adottato conformemente all’Articolo 72 e la data
della sua entrata in vigore;
e ogni riserva e ritiro di riserva formulati conformemente all’Articolo 78;
f ogni denuncia presentata conformemente all’Articolo 80;
g ogni altro atto, notifica o comunicazione concernente la presente
Convenzione.
In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato
la presente Convenzione.
Fatto a Istanbul, l’11 maggio 2011, in inglese e in francese, entrambi i testi
facenti ugualmente fede, in un unico esemplare che sarà depositato negli
archivi del Consiglio d'Europa. Il Segretario Generale del Consiglio
d'Europa ne trasmetterà una copia certificata conforme a ogni Stato
membro del Consiglio d'Europa, agli Stati non membri che hanno
partecipato all'elaborazione della presente Convenzione, all'Unione
europea e a ogni Stato invitato ad aderirvi.

149
Testo del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 (in Gazzetta Ufficiale -
serie generale - n. 191 del 16 agosto 2013), coordinato con la legge di
conversione 15 ottobre 2013, n.119(in questa stessa Gazzetta
Ufficiale alla pag. 36), recante: «Disposizioni urgenti in materia di
sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonche' in tema
di protezione civile e di commissariamento delle province.».
Capo I
PREVENZIONE E CONTRASTO DELLA VIOLENZA DI GENERE
Art. 1
Norme in materia di maltrattamenti, violenza sessuale e atti
persecutori
(( 1. All'articolo 61 del codice penale e' aggiunto, in fine, il seguente
numero:
"11-quinquies) l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumita'
individuale, contro la liberta' personale nonche' nel delitto di cui all'articolo
572, commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto
ovvero in danno di persona in stato di gravidanza.".
1-bis. Il secondo comma dell'articolo 572 del codice penale e' abrogato.
1-ter. All'articolo 609-ter, primo comma, del codice penale, il numero 5) e'
sostituito dal seguente:
"5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto della
quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore.". ))
2. All'articolo 609-ter, primo comma, del codice penale, dopo il numero 5-
bis) sono aggiunti i seguenti:
"5-ter) nei confronti di donna in stato di gravidanza;
5-quater) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge,
anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona e' o e'
stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza.".
(( 2-bis. All'articolo 609-decies del codice penale sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) al primo comma, dopo le parole: "per il delitto previsto dall'articolo 609-
quater" sono inserite le seguenti: "o per i delitti previsti dagli articoli 572 e
612-bis, se commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un
minorenne in danno dell'altro genitore";
b) dopo il primo comma e' inserito il seguente:
"Qualora riguardi taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-ter e 612-
bis, commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un
minorenne in danno dell'altro genitore, la comunicazione di cui al primo
comma si considera effettuata anche ai fini dell'adozione dei
provvedimenti di cui agli articoli 155 e seguenti, nonche' 330 e 333 del
codice civile.".
2-ter. All'articolo 612, primo comma, del codice penale, le parole: "fino a
euro 51" sono sostituite dalle seguenti: "fino a euro 1.032.". ))

150
3. All'articolo 612-bis del codice penale, sono apportate le seguenti
modificazioni:
(( a) il secondo comma e' sostituito dal seguente:
"La pena e' aumentata se il fatto e' commesso dal coniuge, anche
separato o divorziato, o da persona che e' o e' stata legata da relazione
alla persona offesa ovvero se il fatto e' commesso attraverso strumenti
informatici o telematici";
b) al quarto comma, dopo il secondo periodo sono inseriti i seguenti: "La
remissione della querela puo' essere soltanto processuale. La querela e'
comunque irrevocabile se il fatto e' stato commesso mediante minacce
reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma.". ))
(( 4. All'articolo 8, comma 2, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, le parole:
"valuta l'eventuale adozione di provvedimenti" sono sostituite dalle
seguenti: "adotta i provvedimenti".
4-bis. All'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11,
convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, le parole:
"di atti persecutori, di cui all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto
dall'articolo 7" sono sostituite dalle seguenti: "di cui agli articoli 572, 600,
600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui
all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-
quater, 609-quinquies, 609-octies o 612-bis del codice penale, introdotto
dall'articolo 7.". ))
Art. 2
Modifiche al codice di procedura penale e disposizioni concernenti i
procedimenti penali per i delitti contro la persona
1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
(( 0a) all'articolo 101, comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:
"Al momento dell'acquisizione della notizia di reato il pubblico ministero e
la polizia giudiziaria informano la persona offesa dal reato di tale facolta'.
La persona offesa e' altresi' informata della possibilita' dell'accesso al
patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell'articolo 76 del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e
successive modificazioni.";
0b) all'articolo 266, comma 1, dopo la lettera f-ter) e' aggiunta la seguente:
"f-quater) delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale"; ))
a) all'articolo 282-bis, comma 6, dopo la parola "571," (( sono inserite le
seguenti: "582, limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque
aggravate," )), le parole "e 609-octies" sono sostituite dalle seguenti: " ((
,609-octies e 612, secondo comma," e sono aggiunte, in fine, le seguenti
parole: ", anche con le modalita' di controllo previste all'articolo 275-bis"; ))
(( a-bis) all'articolo 282-quater, comma 1, e' aggiunto, in fine, il seguente
periodo: "Quando l'imputato si sottopone positivamente ad un programma

151
di prevenzione della violenza organizzato dai servizi socio-assistenziali del
territorio, il responsabile del servizio ne da' comunicazione al pubblico
ministero e al giudice ai fini della valutazione ai sensi dell'articolo 299,
comma 2"; ))
b) all'articolo 299:
1) dopo il comma 2, e' inserito il seguente: "2-bis. I provvedimenti di cui ai
commi 1 e 2 relativi alle misure previste dagli articoli 282-bis, (( 282-ter,
283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti aventi ad oggetto delitti
commessi con violenza alla persona, devono essere immediatamente
comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socio-assistenziali e ))
al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona
offesa."; 2) al comma 3, dopo il primo periodo, e' inserito il seguente: "La
richiesta di revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli ((
282-bis, 282-ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al
comma 2-bis del presente articolo, che non sia stata proposta in sede di
interrogatorio di garanzia, deve essere contestualmente notificata, a cura
della parte richiedente ed a pena di inammissibilita', presso il difensore
della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo
che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o
eleggere domicilio. Il difensore e la persona offesa possono, nei due giorni
successivi alla notifica, presentare memorie ai sensi dell'articolo 121.
Decorso il predetto termine il giudice procede."; ))
3) al comma 4-bis, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "La richiesta di
revoca o di sostituzione delle misure previste dagli articoli (( 282-bis, 282-
ter, 283, 284, 285 e 286, applicate nei procedimenti di cui al comma 2-bis
del presente articolo, deve essere contestualmente notificata, a cura della
parte richiedente ed a pena di inammissibilita', presso il difensore della
persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in
quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere
domicilio";
b-bis) all'articolo 350, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:
", e nei casi di cui all'articolo 384-bis";
b-ter) all'articolo 351, comma 1-ter, dopo le parole: "previsti dagli articoli"
e' inserita la seguente: "572," e le parole: "e 609-undecies" sono sostituite
dalle seguenti: ", 609-undecies e 612-bis"; ))
c) all'articolo 380, comma 2, dopo la lettera l-bis) e' aggiunta la seguente:
"l-ter) delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti
persecutori, previsti dall'articolo 572 e dall'articolo 612-bis del codice
penale;";
d) dopo l'articolo 384, e' inserito il seguente: "Art. 384-bis (Allontanamento
d'urgenza dalla casa familiare) - 1. Gli ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria hanno facolta' di disporre, previa autorizzazione del pubblico
ministero, (( scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, o per
via telematica, ))

152
l'allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai
luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi e'
colto in flagranza dei delitti di cui all'articolo 282-bis, comma 6, ove
sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano
essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l'integrita'
fisica o psichica della persona offesa. (( La polizia giudiziaria provvede
senza ritardo all'adempimento degli obblighi di informazione previsti
dall'articolo 11 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive
modificazioni.". ))
2. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni di cui dagli articoli 385
e seguenti del presente titolo. (( Si osservano le disposizioni di cui
all'articolo 381, comma 3. Della dichiarazione orale di querela si da' atto
nel verbale delle operazioni di allontanamento";
e) all'articolo 398, comma 5-bis, dopo le parole "dagli articoli" e' inserita la
seguente: "572,";
f) all'articolo 406, comma 2-ter, dopo le parole "di cui agli articoli" e'
inserita la seguente "572," e le parole: "e 590, terzo comma," sono
sostituite dalle seguenti: ", 590, terzo comma, e 612-bis"; ))
g) all'articolo 408, dopo il comma 3, e' aggiunto il seguente: "(( 3-bis. Per i
delitti commessi con violenza alla persona )), l'avviso della richiesta di
archiviazione e' in ogni caso notificato, a cura del pubblico ministero, alla
persona offesa ed il termine di cui al comma 3 e' elevato a venti giorni.";
(( h) all'articolo 415-bis, comma 1, dopo le parole "e al difensore", sono
inserite le seguenti: "nonche', quando si procede per i reati di cui agli
articoli 572 e 612-bis del codice penale, anche al difensore della persona
offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa";
h-bis) all'articolo 449, comma 5, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:
"Quando una persona e' stata allontanata d'urgenza dalla casa familiare ai
sensi dell'articolo 384-bis, la polizia giudiziaria puo' provvedere, su
disposizione del pubblico ministero, alla sua citazione per il giudizio
direttissimo e per la contestuale convalida dell'arresto entro le successive
quarantotto ore, salvo che cio' pregiudichi gravemente le indagini. In tal
caso la polizia giudiziaria provvede comunque, entro il medesimo termine,
alla citazione per l'udienza di convalida indicata dal pubblico ministero." ))
i) all'articolo 498:
1) al comma 4-ter, dopo le parole "agli articoli" e' inserita la seguente:
"572,";
2) dopo il comma 4-ter e' aggiunto il seguente: "4-quater. Quando si
procede per i reati previsti dal comma 4-ter, se la persona offesa e'
maggiorenne il giudice assicura che l'esame venga condotto anche
tenendo conto della particolare vulnerabilita' della stessa persona offesa,
desunta anche dal tipo di reato per cui si procede, e ove ritenuto

153
opportuno, dispone, a richiesta della persona offesa o del suo difensore,
l'adozione di modalita' protette.".
2. Dopo l'articolo 132-bis, comma 1, lettera a), delle norme di attuazione,
di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al
decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e' inserita la seguente: "a-bis) ai
delitti previsti dagli articoli 572 e da 609-bis a 609-octies e 612-bis del
codice penale;".
3. Al comma 4-ter dell'articolo 76 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, dopo le parole
"La persona offesa dai reati di cui agli articoli" sono inserite le seguenti:
"572, 583-bis, 609-octies e 612-bis". Ai relativi oneri pari a 1 milione di
euro per l'anno 2013 e a 2,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014 si
provvede, quanto a 1 milione di euro per l'anno 2013 e 400.000 euro per
l'anno 2014, mediante corrispondente riduzione, per i medesimi anni, dello
stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del
bilancio triennale 2013-2015, nell'ambito del programma «Fondi di riserva
e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del
Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2013, allo scopo
parzialmente utilizzando, quanto a 1 milione di euro per l'anno 2013,
l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e
quanto a 400.000 euro per l'anno 2014, l'accantonamento relativo al
Ministero degli affari esteri, e quanto a 2,3 milioni di euro per l'anno 2014 e
a 2,7 milioni di euro a decorrere dal 2015 mediante corrispondente
riduzione delle risorse del Fondo di cui all'articolo 15, comma 5, della
legge 6 luglio 2012, n. 96. Il Ministro dell'economia e delle finanze e'
autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di
bilancio.
4. La disposizione di cui al comma 1, lettera c), entra in vigore dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
(( 4-bis All'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto
2000, n. 274, e successive modificazioni, dopo le parole: «alle fattispecie
di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte» sono inserite le
seguenti: «, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti
elencati dall'articolo 577, secondo comma, ovvero contro il convivente.». ))
Art. 3
Misura di prevenzione per condotte di violenza domestica
1. Nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato, (( in forma non
anonima )), un fatto che debba ritenersi riconducibile (( ai reati di cui agli
articoli 581, nonche' 582, secondo comma, consumato o tentato, del
codice penale, )) nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in
assenza di querela, puo' procedere, assunte le informazioni necessarie da
parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti,
all'ammonimento dell'autore del fatto. Ai fini del presente articolo si

154
intendono per violenza domestica (( uno o piu' atti, gravi ovvero non
episodici, )) di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si
verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare (( o tra persone
legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una
relazione affettiva, )) indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti
condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima.
2. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 8, commi
1 e 2, del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, (( come modificato dal
presente decreto )). Il questore puo' richiedere al prefetto del luogo di
residenza del destinatario dell'ammonimento l'applicazione della misura
della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi.
Il prefetto dispone la sospensione della patente di guida ai sensi
dell'articolo 218 del (( codice della strada, di cui )) al decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285. Il prefetto non da' luogo alla sospensione della patente
di guida qualora, tenuto conto delle condizioni economiche del nucleo
familiare, risulti che le esigenze lavorative dell'interessato non possono
essere garantite con il rilascio del permesso di cui all'articolo 218, ((
comma 2, )) del citato decreto legislativo n. 285 del 1992.
3. Il Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, anche
attraverso i dati contenuti nel Centro elaborazione dati di cui all'articolo 8
della legge 1° aprile 1981, n. 121, elabora annualmente un'analisi
criminologica della violenza di genere che costituisce un'autonoma
sezione della relazione annuale al Parlamento di cui all'articolo 113 della
predetta legge n. 121 del 1981.
4. In ogni atto del procedimento per l'adozione dell'ammonimento di cui al
comma 1 devono essere omesse le generalita' del segnalante, (( salvo
che la segnalazione risulti manifestamente infondata. La segnalazione e'
utilizzabile soltanto ai fini dell'avvio del procedimento. ))
5. Le misure di cui al comma 1 dell'articolo 11 del decreto-legge 23
febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile
2009, n. 38, trovano altresi' applicazione nei casi in cui le forze dell'ordine,
i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche ricevono dalla vittima notizia ((
dei reati di cui agli articoli 581 e 582 del codice penale nell'ambito della
violenza domestica di cui al comma 1 del presente articolo.
5-bis. Quando il questore procede all'ammonimento ai sensi dell'articolo 8
del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni,
dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, come modificato dal presente decreto, e
del presente articolo, informa senza indugio l'autore del fatto circa i servizi
disponibili sul territorio, inclusi i consultori familiari, i servizi di salute
mentale e i servizi per le dipendenze, come individuati dal Piano di cui
all'articolo 5, finalizzati ad intervenire nei confronti degli autori di violenza
domestica o di genere. ))

155
Art. 4
Tutela per gli stranieri vittime di violenza domestica
1. Dopo l'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui
al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e' (( inserito )) il seguente:
"Art. 18-bis
(Permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica)
"1. Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un
procedimento per taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 582, 583, 583-
bis, 605, 609-bis e 612-bis del codice penale o per uno dei delitti previsti
dall'articolo 380 del codice di procedura penale, commessi sul territorio
nazionale in ambito di violenza domestica, siano accertate situazioni di
violenza o abuso nei confronti di uno straniero ed emerga un concreto ed
attuale pericolo per la sua incolumita', come conseguenza della scelta di
sottrarsi alla medesima violenza o per effetto delle dichiarazioni rese nel
corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, (( con il parere
favorevole dell'autorita' giudiziaria procedente ovvero su proposta di
quest'ultima, )) rilascia un permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5,
comma 6, per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza. Ai fini del
presente articolo, si intendono per violenza domestica (( uno o piu' atti,
gravi ovvero non episodici, )) di violenza fisica, sessuale, psicologica o
economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare
o (( tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di
matrimonio o da una relazione affettiva, )) indipendentemente dal fatto che
l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la
vittima.
2. Con la proposta o il parere di cui al comma 1, sono comunicati al
questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi
indicate, con particolare riferimento alla gravita' ed attualita' del pericolo
per l'incolumita' personale.
3. Il medesimo permesso di soggiorno puo' essere rilasciato dal questore
quando le situazioni di violenza o abuso emergano nel corso di interventi
assistenziali (( dei centri antiviolenza, dei servizi sociali territoriali o )) dei
servizi sociali specializzati nell'assistenza delle vittime di violenza. In tal
caso la sussistenza degli elementi e delle condizioni di cui al comma 2 e'
valutata dal questore sulla base della relazione redatta dai medesimi
servizi sociali. (( Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno e' comunque
richiesto il parere dell'autorita' giudiziaria competente ai sensi del comma
1. ))
4. Il permesso di soggiorno di cui ai commi 1 e 3 e' revocato in caso di
condotta incompatibile con le finalita' dello stesso, segnalata dal
procuratore della Repubblica o, per quanto di competenza, dai servizi
sociali di cui al comma 3, o comunque accertata dal questore, ovvero
quando vengono meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio.

156
(( 4-bis. Nei confronti dello straniero condannato, anche con sentenza non
definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena
su richiesta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per
uno dei delitti di cui al comma 1 del presente articolo, commessi in ambito
di violenza domestica, possono essere disposte la revoca del permesso di
soggiorno e l'espulsione ai sensi dell'articolo 13 del presente testo unico.
))
5. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili,
anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea e ai loro familiari.".
Art. 5
(( Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di
genere
1. Il Ministro delegato per le pari opportunita', anche avvalendosi del
Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunita', di cui
all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, elabora,
con il contributo delle amministrazioni interessate, delle associazioni di
donne impegnate nella lotta contro la violenza e dei centri antiviolenza, e
adotta, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi del decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un «Piano d'azione straordinario contro
la violenza sessuale e di genere», di seguito denominato «Piano», che
deve essere predisposto in sinergia con la nuova programmazione
dell'Unione europea per il periodo 2014-2020.
2. Il Piano, con l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio
nazionale, persegue le seguenti finalita':
a) prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso
l'informazione e la sensibilizzazione della collettivita', rafforzando la
consapevolezza degli uomini e dei ragazzi nel processo di eliminazione
della violenza contro le donne e nella soluzione dei conflitti nei rapporti
interpersonali;
b) sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di
una comunicazione e informazione, anche commerciale, rispettosa della
rappresentazione di genere e, in particolare, della figura femminile anche
attraverso l'adozione di codici di autoregolamentazione da parte degli
operatori medesimi;
c) promuovere un'adeguata formazione del personale della scuola alla
relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere e
promuovere, nell'ambito delle indicazioni nazionali per il curricolo della
scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, delle indicazioni
nazionali per i licei e delle linee guida per gli istituti tecnici e professionali,
nella programmazione didattica curricolare ed extra-curricolare delle
scuole di ogni ordine e grado, la sensibilizzazione, l'informazione e la
formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle

157
donne e la discriminazione di genere, anche attraverso un'adeguata
valorizzazione della tematica nei libri di testo;
d) potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di
violenza e ai loro figli attraverso modalita' omogenee di rafforzamento
della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di
assistenza alle donne vittime di violenza;
e) garantire la formazione di tutte le professionalita' che entrano in
contatto con fatti di violenza di genere o di stalking;
f) accrescere la protezione delle vittime attraverso il rafforzamento della
collaborazione tra tutte le istituzioni coinvolte;
g) promuovere lo sviluppo e l'attivazione, in tutto il territorio nazionale, di
azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida
appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei
soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di
favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva;
h) prevedere una raccolta strutturata e periodicamente aggiornata, con
cadenza almeno annuale, dei dati del fenomeno, ivi compreso il
censimento dei centri antiviolenza, anche attraverso il coordinamento delle
banche di dati gia' esistenti;
i) prevedere specifiche azioni positive che tengano anche conto delle
competenze delle amministrazioni impegnate nella prevenzione, nel
contrasto e nel sostegno delle vittime di violenza di genere e di stalking e
delle esperienze delle associazioni che svolgono assistenza nel settore;
l) definire un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo,
che si basi anche sulle diverse esperienze e sulle buone pratiche gia'
realizzate nelle reti locali e sul territorio.
3. Il Ministro delegato per le pari opportunita' trasmette annualmente alle
Camere una relazione sull'attuazione del Piano.
4. Per il finanziamento del Piano, il Fondo per le politiche relative ai diritti e
alle pari opportunita' e' incrementato di 10 milioni di euro per l'anno 2013.
Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione
dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 61, comma 22, del decreto-
legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6
agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni.
5. All'attuazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, fatto
salvo quanto previsto dal comma 4 del medesimo articolo e dall'articolo 5-
bis, si provvede mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri
a carico della finanza pubblica. ))
(( Art. 5 bis
Azioni per i centri antiviolenza e le case-rifugio
1. Al fine di dare attuazione a quanto previsto dall'articolo 5, comma 2,
lettera d), del presente decreto, il Fondo per le politiche relative ai diritti e
alle pari opportunita', di cui all'articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4

158
luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto
2006, n. 248, e' incrementato di 10 milioni di euro per l'anno 2013, di 7
milioni di euro per l'anno 2014 e di 10 milioni di euro annui a decorrere
dall'anno 2015. Al relativo onere si provvede, quanto a 10 milioni di euro
per l'anno 2013, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di
spesa di cui all'articolo 61, comma 22, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e
successive modificazioni, e, quanto a 7 milioni di euro per l'anno 2014 e a
10 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015, mediante corrispon-
dente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5,
del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per
interventi strutturali di politica economica. Il Ministro dell'economia e delle
finanze e' autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti
variazioni di bilancio.
2. Il Ministro delegato per le pari opportunita', previa intesa in sede di
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, provvede annual-mente a ripartire tra le
regioni le risorse di cui al comma 1 tenendo conto:
a) della programmazione regionale e degli interventi gia' operativi per
contrastare la violenza nei confronti delle donne;
b) del numero dei centri antiviolenza pubblici e privati gia' esistenti in ogni
regione;
c) del numero delle case-rifugio pubbliche e private gia' esistenti in ogni
regione;
d) della necessita' di riequilibrare la presenza dei centri anti-violenza e
delle case-rifugio in ogni regione, riservando un terzo dei fondi disponibili
all'istituzione di nuovi centri e di nuove case-rifugio al fine di raggiungere
l'obiettivo previsto dalla raccomanda-zione Expert Meeting sulla violenza
contro le donne - Finlandia, 8- 10 novembre 1999.
3. I centri antiviolenza e le case-rifugio, alle quali e' garantito l'anonimato,
sono promossi da:
a) enti locali, in forma singola o associata;
b) associazioni e organizzazioni operanti nel settore del sostegno e
dell'aiuto alle donne vittime di violenza, che abbiano maturato esperienze
e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne, che
utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne,
con personale specificamente formato;
c) soggetti di cui alle lettere a) e b), di concerto, d'intesa o in forma
consorziata.
4. I centri antiviolenza e le case-rifugio operano in maniera integrata con la
rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali, tenendo conto delle
necessita' fondamentali per la protezione delle persone che subiscono
violenza, anche qualora svolgano funzioni di servizi specialistici.

159
5. Indipendentemente dalle metodologie di intervento adottate e dagli
specifici profili professionali degli operatori coinvolti, la formazione delle
figure professionali dei centri antiviolenza e delle case-rifugio promuove
un approccio integrato alle fenomenologie della violenza, al fine di
garantire il riconoscimento delle diverse dimensioni della violenza subita
dalle persone, a livello relazionale, fisico, psicologico, sociale, culturale ed
economico. Fa altresi' parte della formazione degli operatori dei centri
antiviolenza e delle case-rifugio il riconoscimento delle dimensioni della
violenza riconducibili alle diseguaglianze di genere.
6. Le regioni destinatarie delle risorse oggetto di riparto presentano al
Ministro delegato per le pari opportunita', entro il 30 marzo di ogni anno,
una relazione concernente le iniziative adottate nell'anno precedente a
valere sulle risorse medesime.
7. Sulla base delle informazioni fornite dalle regioni, il Ministro delegato
per le pari opportunita' presenta alle Camere, entro il 30 giugno di ogni
anno, una relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate ai sensi
del presente articolo. ))
Art. 13
Entrata in vigore
 Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara'
presentato alle Camere per la conversione in legge.

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