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CAPITOLO 17

LA MONARCHIA DI LUIGI XIV


Luigi XIV pretendeva di assumere il ruolo, a cui sino a non molto tempo prima
aspiravano gli imperatori germanici, di monarca “paneuropeo”
La moglie di Luigi XIV, Maria Teresa di Spagna (1638-1683), figlia di Filippo IV, aveva rinunciato ai
diritti sull'eredità spagnola in cambio della cospicua dote da consegnare alla data del
suo matrimonio, che però doveva ancora essere pagata.
Quando Filippo morì nel 1665, gli avvocati di Luigi giustificarono le possibili rivendicazioni del
monarca francese asserendo che, mentre per la legge di successione spagnola il trono doveva
passare al figlio di Filippo, Carlo II, le antiche leggi del Brabante sancivano che i Paesi
Bassi Spagnoli dovevano essere "devoluti" in base all'emendamento (ius devolutionis / diritto di
devoluzione), solo ai figli di primo letto di Filippo, la cui unica superstite rimaneva Maria Teresa. 
 I successi francesi allarmarono però l'Olanda creò una vasta alleanza antifrancese con
la Svezia e la stessa Inghilterra, costringendo così Luigi XIV alla pace di Aquisgrana
(1668), che lasciava alla Francia alcune delle piazzeforti conquistate, come Lilla e
Charleroy, ma obbligava i Francesi ad abbandonare la Franca Contea già occupata.
Al quale si assommava la volontà di impadronirsi delle colonie e dei fiorenti traffici marittimi che facevano
della piccola nazione uno dei paesi più ricchi ed evoluti dell’intera Europa, portarono alla Guerra d’Olanda
(1672-1678). Il Governo francese riuscì ad assicurasi la neutralità dell’Inghilterra e della Svezia. Quando le
truppe del re di Francia varcarono i confini, gli Olandesi aprirono le dighe, causando l’allagamento dei
territori invasi, costringendo gli avversari ad una precipitosa ritirata.
De Witt Postosi alla guida della resistenza ai francesi proprio nel momento di maggior pericolo egli
riuscì, nel 1673, a stringere in coalizione i principali paesi che erano minacciati dalla politica estera
di Luigi XIV: Spagna, impero, Danimarca e vari principi tedeschi, mentre nel 1674 l’Inghilterra
abbandonò la guerra contro le Province Unite. La pace di Nimega (1678) pose termine al conflitto:
le Province Unite preservavano la loro integrità territoriale ottenendo la revoca della legislazione
doganale protezionistica messa in atto da Colbert contro di esse mentre la Spagna, loro alleata,
perdeva la Franca Contea e varie fortezze nei Paesi Bassi.

Negli anni successivi Luigi XIV, per ampliare il territorio nazionale, cominciò a
pretendere l’Italia settentrionale e la corona dell’imperatore germanico. Sfruttando il
fatto che l’imperatore Leopoldo I era impegnato nella lotta contro la Turchia, il Re
Sole, senza incontrare ostacoli, spadroneggiava nella Germania occidentale: speciali
"camere di riunione", con ogni sorta di cavilli giuridici, proclamavano i diritti del re
francese su varie località e interi territori.

Nel 1668, il re fece bombardare duramente Genova da una sua flotta per piegarla all’alleanza con la
Francia. In quello stesso anno, Luigi XIV dovette affrontare una nuova coalizione di Stati preoccupati dalla
crescente potenza francese: della Lega di Augusta facevano parte l’Olanda, l’Inghilterra, la Spagna,
l’Impero, la Svezia, il Ducato di Savoia e numerosi principi tedeschi.

Luigi XIV ebbe anche il merito di dare origine grazie al suo ministro del
tesoro Colbert al mercantilismo, alla base anche della politica degli stati prima
assolutisti e poi moderni, fino all'avvento del capitalismo. 

Il principale artefice della politica economica di Luigi XIV fu il ministro delle Finanze,
Jean-Baptiste Colbert. Con il termine “mercantilismo” si indica il complesso di principi in materia
politico-economica, corrispondente alla prassi seguita dalle grandi monarchie assolute, che con il
loro intervento nell’economia miravano a dare più solide basi all’unità statale e a fare
dell’incremento della ricchezza nazionale strumento per accrescere la forza dello Stato nei suoi
rapporti con l’estero  Come indirizzo di politica economica il mercantilismo ha avuto invece assai
maggiore importanza e attraverso successive evoluzioni ha dominato tutta l’età moderna,
raggiungendo il suo culmine verso la metà del sec. XVII nell’Inghilterra di Cromwell e nella Francia
di Coulbert, dove si trasformò in un vero sistema protettore dell’industria nazionale e fu detto
colbertismo.  Infatti, dato che si credeva che la ricchezza dello Stato si fondasse sulla quantità di
moneta pregiata accumulata nelle casse dello Stato e circolante nel territorio nazionale, ne
derivava la necessità di promuovere le esportazioni e limitare al massimo le importazioni in modo
tale che la quantità di moneta pregiata che entrava nel paese fosse nettamente superiore a quella
che ne usciva. venivano limitate con l’imposizione di pesanti dogane sui prodotti stranieri e anche
con il divieto di importazione di certi prodotti non indispensabili; analogamente veniva frenata o
impedita l’esportazione di materie prime, la cui lavorazione era invece incoraggiata entro i confini
nazionali (le pure e semplici “materie prime” valgono infatti assai meno del “prodotto finito”,
arricchito dal valore aggiunto del lavoro). Si trattava, come si vede, di un vero e proprio sistema
protezionistico. Nascono allora le grandi “manifatture” di proprietà dello Stato, come la fabbrica di
tappeti e di mobili dei Gobelins, o comunque sovvenzionate dallo stato anche se appartenenti a
privati, come le grandi vetrate di Saint-Gobain.  Un’organizzazione rigorosa fissa i processi tecnici
ed economici ed è personalmente seguita da Colbert attraverso gli ispettori delle manifatture: essa
sorregge lo sforzo gigantesco inteso a dare alla Francia i mezzi per sostenere l’ambiziosa politica
estera del sovrano.

ale politica, assunse in quel periodo il nome di colbertismo derivato dal suo


propugnatore, il controllore generale delle finanze, Colbert. Questa politica nasceva
dal presupposto che la prosperità di una nazione dipendeva dalla quantità di metalli
preziosi dei quali essa disponeva. Fu proprio per ridurre la fuoriuscita di questi metalli
preziosi che il Colbert si impegnò in una politica tutta tesa a ridurre le importazioni di
prodotti stranieri. Per ragiungere il suo scopo, egli ideò un sistema doganale
proibitivo, che aveva lo scopo di ridurre le importazioni di prodotti stranieri, colpendoli
con alti dazi.  Scopo principale del ministro, non era solo quello di riuscire a rifornire il
mercato interno di prodotti esclusivamente nazionali, ma soprattutto quello di riuscire
ad esportare all’estero i prodotti francesi, in modo tale da arricchire il Paese di metalli
preziosi.
, il g. vero e proprio cominciò a delinearsi sotto Filippo IV il Bello e si svolse sotto i papi d’Avignone e
durante lo scisma d’Occidente. Tali concetti trovano la loro espressione concreta nella Prammatica
sanzione di Bourges (1438), Nel suo primo articolo dichiara la supremazia del Concilio generale sulla
Santa Sede e limita i poteri del papa. Così viene ristabilita la libera elezione di vescovi e abati per i
capitoli e i monasteri, sopprimendo le nomine della Santa Sede e il suo diritto di riserva su queste.
La regalità ottiene il potere di "raccomandare" i suoi candidati alle elezioni vescovili e abbaziali
presso i capitoli.

"regalìa", cioè il diritto del sovrano di percepire le rendite di ogni singola diocesi in
caso di "vacanza" della sede episcopale, fino alla nomina del nuovo vescovo.
Tali princìpi vennero ripresi in quattro articoli da Bossuet nella Declaratio Cleri gallicani (1682),
approvata da Luigi XIV e riguardavano in particolare: l’indipendenza dal papa di prìncipi e sovrani
nelle questioni temporali; l’efficacia vincolante e inattaccabile delle regole, usanze ed istituti del
regno di Francia; la prevalenza dei concili ecumenici sull’autorità della Sede Apostolica. ) il papa
può legiferare, ma se pretende che i suoi decreti siano universalmente validi, deve
prima ottenere il consenso della chiesa universale. Questo sostiene una certa autonomia-
non scissione- della Chiesa francese e dell'episcopato francese dalla Chiesa di Roma e la
superiorità del concilio sul papa; in effetti si può dire che il gallicanesimo assomiglia un po'
all’anglicanesimo. Solo dopo una decina d’anni, con la salita al soglio pontificio di Innocenzo XII, i
rapporti con il papato migliorarono. La persecuzione contro gli ugonotti, iniziata nel 1661,
fu sistematica e si concluse con l'editto di Fontainebleau del 1685, che annullò gli
effetti del precedente editto di Nantes (1598), inducendo 200-300 mila calvinisti a
emigrare in Inghilterra, Olanda, Svizzera, Germania..., nonostante vigesse il divieto di
espatrio. Si trattò di un esodo oneroso per l'economia del paese, in quanto
generalmente si trattava di famiglie borghesi dedite ad attività finanziarie,
commerciali e artigianali.

La persecuzione contro gli ugonotti, iniziata nel 1661, fu sistematica e si concluse con
l'editto di Fontainebleau del 1685, che annullò gli effetti del precedente editto di
Nantes (1598), inducendo 200-300 mila calvinisti a emigrare in Inghilterra, Olanda,
Svizzera, Germania..., nonostante vigesse il divieto di espatrio. Si trattò di un esodo
oneroso per l'economia del paese, in quanto generalmente si trattava di famiglie
borghesi dedite ad attività finanziarie, commerciali e artigianali.
Nello spiegare il rapporto tra l'uomo e la grazia, tentava di salvare l'assoluta indipendenza
dell'onniscienza di Dio e la sua necessaria e universale azione di Causa prima
L'impianto di base del giansenismo si fonda sull'idea che l'essere umano nasca
essenzialmente corrotto e, quindi, inevitabilmente destinato a commettere il male. Senza la grazia
divina l'uomo non può far altro che peccare e disobbedire alla volontà di Dio; ciononostante alcuni
esseri umani sono predestinati alla salvezza (mentre altri non lo sono)
Con tale teologia Giansenio intendeva ricondurre il cattolicesimo a quella che egli riteneva la
dottrina originaria di Agostino d'Ippona, in contrapposizione
al molinismo (dal gesuita spagnolo Luis de Molina) allora prevalente, che concepiva la salvezza
come sempre possibile per l'uomo dotato di buona volontà.
La Chiesa cattolico-romana condannò il giansenismo come eretico e vicino al protestantesimo, per
il suo teorizzare la negazione del libero arbitrio di fronte alla grazia divina e suggerire l'idea di una
salvezza predestinata. Il giansenismo fu quindi condannato dapprima dalla Congregazione
dell'Indice nel 1641, poi con successive lettere pontificie, tra cui Unigenitus Dei Filius (1713) papa
Clemente XI per condannare l'eresia del giansenismo.

Proseguendo una linea già intrapresa da Richelieu, egli si appoggiò agli intendenti, funzionari
statali, appartenenti alla nobiltà di toga, e in tutto dipendenti da lui. 

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