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SCOPERTA AMERICA E IMPERI COLONIALI CAP 3

i. Una fase economica avversa dovuta alle conseguenze negative della Peste Nera, al
periodo di carestie che ne era seguito e alla conseguente crisi monetaria già descritta.

ii. . La caduta di Costantinopoli nelle mani dei turchi ottomani nel 1435 era stata, oltre che
uno choc psicologico per la cristianità, un disastro dal punto di vista commerciale in
quanto chiudeva alle navi cristiane importanti vie marittime attraverso cui le preziose
merci dell’Oriente giungevano nel Mediterraneo e poi in tutta Europa. La ricerca di
soluzioni alternative per ottenere quelle merci diventava sempre più pressante.
Contemporaneamente ai processi di formazione ed affermazione delle grandi entità
statali europee, si verificò quello dell'Impero Ottomano, evento che determinò uno
"sbarramento dei traffici tra Oriente e Occidente", consistente nel monopolio del
commercio di spezie detenuto da Venezia ––, che veniva ad aggiungersi a quello arabo
dell'oro e degli schiavi dell'Africa sub sahariana. Fu la necessità di aggirare queste
situazioni che "spinse gli europei a cercare nuove vie di comunicazione, a verificare la
possibilità di circumnavigare l'Africa e di raggiungere l'Oceano Indiano, e di lì l'Asia,
unicamente per via di mare", creando così nuove rotte commerciali sull'Atlantico che,
inizialmente "battute prevalentemente dai convogli genovesi e, in misura ridotta,
veneziani, cominciarono a essere frequentate sempre più intensamente anche dai
mercanti portoghesi, i quali riuscirono ad inserirsi nella rete commerciale fra
Mediterraneo e Atlantico. Le prime esplorazioni atlantiche furono
appannaggio dei portoghesi e vanno ascritte all'impulso dato alla
navigazione dal principe Enrico d'Aviz, detto "Enrico il Navigatore”: che
"promosse una serie di viaggi di esplorazione in direzione dell'Africa settentrionale”.
All'origine della successiva esplorazione delle coste dell'Africa occidentale ci sarebbe stata
anzitutto la necessità di schiavi per le nuove piantagioni madeiresi e quindi l'intenzione di
impadronirsi direttamente dell'oro prodotto nell'Africa sub-sahariana, nelle regioni del Senegal e
del Niger, "saltando la mediazione del commercio con i musulmani". Parallelamente alla conquista
delle città mediterranee marocchine e al controllo del traffico mercantile musulmano e cristiano
nel Marocco atlantico, fu organizzato un programma di viaggi a largo raggio il cui obbiettivo fu
esplorare il litorale dell’Africa Occidentale. Il patrocinio e il finanziamento di questo progetto
esplorativo furono supportati dalla casa reale, ma fu il Principe Enrico ad avere un ruolo
fondamentale nell’ideazione e nell’organizzazione delle esplorazioni che avrebbero dovuto
discendere le coste africane oltre Capo Bojador, punto dellla costa di difficile navigazione, oltre il
quale si apriva un mondo sconosciuto.
Nell'Atlantico settentrionale - al ritorno dalle coste africane equatoriali - avevano scoperto
di essere obbligati a allontanarsi dalla tradizionale rotta sotto costa e a avventurarsi in
mare aperto.
La decisione di garantire una presenza duratura in India fu presa nel 1505 e trovò la sua
espressione nella nomina a viceré del comandante della flotta Francisco de Almeida. Non fu,
quindi, una politica di conquiste territoriali, ma di penetrazione commerciale alla prudente,
politica del de Almeida, sostanzialmente legata alla tradizionale linea di sviluppo
dell’espansionismo coloniale portoghese, si contrappose quella di Alfonso de Albuquerque.
Qualunque occupazione territoriale diretta delle aree interne è un’impresa inutile e
costosa, mentre si deve sempre privilegiare l’installazione di basi fortificate sulle coste e in
corrispondenza delle città portuali di maggiore interesse commerciale per il Portogallo”.
L’insinuarsi dei portoghesi in questo contesto suscitò reazioni da parte dei potentati che gestivano
l’ultimo tratto delle rotte commerciali lungo le quali le spezie venivano distribuite in Europa: i
mamelucchi d’Egitto e i veneziani.

Nel 1493 papa Alessandro VI rispose emanando una serie di bolle che diedero una soluzione
pacifica alla vertenza geografica e politica. Il grande evento atlantico delle scoperte trovò in papa
Alessandro VI un grande interprete. Le bolle alessandrine, infatti, sanzionarono giuridicamente la
nascita del colonialismo occidentale nel Nuovo Mondo. La legittimità dell’evangelizzazione
sostenne l’esclusivismo commerciale retto dalla potenza coloniale. Presentandosi come sacra
missione di civiltà, legittimò la conquista e poi l’asservimento dei popoli indigeni del continente.
L’ambizione pontificia di distribuire territori ancora sconosciuti si richiamava all’autorità
apostolica sulle terre occidentali dell’ex Impero Romano, esercitata in forza delle prerogative
attribuite ai papi dalla falsa donazione di Costantino, ed era legata alla convinzione del tempo che
il papa, vicario di Pietro e rappresentante del Cristo sulla terra, era Signore di ogni cosa
La prima Inter coetera. Nella prima bolla Inter coetera, Alessandro VI, dopo aver lodato lo zelo
apostolico di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, donò e concesse -con la «pienezza
dell’autorità apostolica»- le terre recentemente scoperte o da scoprire, purché non fossero
appartenute a nessun principe cristiano e a condizione di portare la sacra parola del Cristo.
Alessandro impose contemporaneamente l’obbligo dell’evangelizzazione.
La lettera Eximiae devotionis, assieme alla seconda Inter coetera, costituì la base giuridica per
giustificare l’occupazione dei territori americani e la sottomissione dei suoi abitanti:La Eximiae
devotionis, fu il terzo documento di Alessandro, con cui concesse ai re di Castiglia e d’Aragona gli
stessi privilegi pontifici riconosciuti anteriormente al Portogallo per i territori scoperti in Africa.
Concesse ai re di Castiglia e León e ai loro successori gli stessi privilegi nella terra appena
scoperta che erano stati concessi ai re del Portogallo nelle regioni dell'Africa e della
Guinea.
Dudum siquidem, con cui estese e ampliò la bolla di spartizione stabilendo che gli spagnoli
potevano occupare e conquistare i nuovi territori navigando ad ovest, mentre i portoghesi
avrebbero dovuto fare rotta ad est per raggiungere questi possedimenti.

Il trattato Tordesillas divise il mondo al di fuori dell'Europa in un duopolio esclusivo tra


l'Impero spagnolo e l'Impero portoghese lungo il meridiano nord-sud, 370 leghe) ad ovest
delle Isole di Capo Verde 
Amerigo Vespucci che le nuove terre recentemente scoperte ad occidente dell'Oceano
Atlantico non erano l'estrema propaggine dell'Asia orientale, come si credeva inizialmente,
ma una parte di un continente ignoto che lui chiamò nuovo mondo.
Ma le due imprese che determinarono in modo decisivo la configurazione dei vasti domini
coloniali spagnoli nelle Americhe furono quella del conquistador Hernan Cortés che dal
1519 al 1521 riuscì a conquistare il Messico (la Nueva España) distruggendo l’impero azteco
e quella del conquistador Francisco Pizarro che dal 1531 al 1534 riuscì a conquistare Perù,
Bolivia e Cile (la Nueva Castilla) distruggendo l’impero inca.
Fu soprattutto con Cortés, che un impero e una civiltà, vennero distrutti: stiamo parlando
dell'impero Azteca Con i Maya e gli Incas rappresentano le più avanzate civiltà precolombiane. La
fase di espansione, continuò con Pizarro, il quale, diresse verso il Perù.
anche la superiorità degli spagnoli in materia di armi, giacché gli aztechi non conoscono la
lavorazione dei metalli, e dunque le loro spade e le loro corazze sono poco efficaci, così come non
conoscono archibugi e cannoni; essi poi sono sempre più lenti, a terra perché gli spagnoli hanno i
cavalli, e sull’acqua perché hanno i brigantini; senza saperlo poi, gli spagnoli conducono una sorta
di guerra batteriologica, diffondendo tra gli indiani il vaiolo, che compie nelle file nemiche delle
stragi enormi.
Un ruolo essenziale nell’assoggettamento delle popolazioni amerindiane lo svolge la Chiesa che con
gli ordini domenicani, francescani, agostiniani e geronimiti impone l’adesione al cristianesimo a
popolazioni battezzate e indottrinate per sradicare apostasia e “idolatria”.
In polemica contro la tesi, sostenuta sulla base del pensiero di Aristotele da Ginés de Sepulveda,
successiva evangelizzazione, dell'esistenza di uomini "schiavi per natura”, elaborato nel libro
della Politica.

I primi tempi dell’avventura coloniale spagnola furono caratterizzati dalla creazione di un


sistema politico-economico di tipo feudale, la cosiddetta encomienda.
La rapida e totale sottomissione dei popoli conquistati dagli spagnoli in America fu assicurata da
una specifica istituzione che rivestì un’importanza fondamentale nell’organizzazione della
conquista: l’«encomienda» (dal verbo encomendar, «affidare»). * l’ENCOMIENDA (commenda),
consisteva nell’assegnazione ad un conquistador o colono spagnolo di una circoscrizione
territoriale al cui interno, pur non essendo proprietari, avevano il diritto di esigere determinati
tributi e prestazioni di lavoro dagli indigeni; Sotto il profilo giuridico, le encomiendas non
comportavano nessuna cessione definitiva di terra dalla corona agli assegnatari; Essi erano
autorizzati dal re a mantenere se stessi e il proprio seguito prelevando tributi dai villaggi loro
affidati; questi tributi consistevano in pagamenti in natura e in prestazioni di lavoro non retribuite.
L’encomiendero aveva il compito di cristianizzare gli indiani che gli erano
stati affidati e di prestare servizio militare; in cambio avrebbe potuto
usufruire di prestazioni lavorative da parte degli indios. Si istituiva così un
duplice rapporto come nell'omaggio-vassallaggio dell'età feudale:
l'encomendero doveva nutrire, vestire gli indios e preoccuparsi della loro
educazione alla fede cristiana; in cambio l'indio doveva lavorare per
l'encomendero. Con il passare del tempo aumentarono tuttavia le perplessità: per un verso il
potere centrale temeva il costituirsi di poteri feudali forti e la nascita di spinte autonomistiche; Nel
1542, con le cosiddette «Nuove Leggi», Carlo V che proibirono la schiavizzazione
degli indigeni e abolirono l'ereditarietà dell'encomienda.  Ribadirono la priorità teorica della
finalità cristiana dell’imperialismo spagnolo e la proibizione della riduzione in schiavitù degli
indigeni, riaffermando soprattutto la centralità del potere regio: si proibiva la concessione di nuove
e., l’ereditarietà della funzione di encomenderos, e inoltre se ne vietava l’esercizio ai funzionari
della corona. Questa istituzione declinò soltanto nel XVII secolo a causa del continuo decrescere
della popolazione decimata dalle malattie: i villaggi si spopolavano e gli encomenderos non
avevano più esseri umani cui richiedere tributi e lavoro. Nel secolo successivo l’esaurimento delle
risorse umane portò all’abolizione di questa istituzione che era stata tipica della conquista
spagnola.

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