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REGIONE VENETO

Assessorato alle Politiche Sociali, Volontariato e Non-Profit


Direzione Regionale per i Servizi Sociali

Azienda ULSS 12 Veneziana


Dipartimento per le Dipendenze
Unità Operativa Prevenzione Dipendenze

ORIENTAMENTI
PER LA PREVENZIONE DELLE DIPENDENZE
IN BASE ALLA RASSEGNA
DELLE EVIDENZE SCIENTIFICHE

Sintesi del Rapporto Tecnico


prodotto dal Progetto Itinerari

Ad uso interno

Daniela Orlandini, Rosa Nardelli, Elena Bottignolo

Luglio 2002
ORIENTAMENTI PER LA PREVENZIONE DELLE DIPENDENZE
IN BASE ALLA RASSEGNA DELLE EVIDENZE SCIENTIFICHE

Daniela Orlandini, Rosa Nardelli, Elena Bottignolo

INTRODUZIONE

Questo breve documento è una sintesi di un ampio rapporto tecnico in corso di pubblicazione
prodotto per conto della Regione Veneto, all’interno del Progetto Itinerari1. Risponde alla necessità di
implementare un approccio alla prevenzione basato sull’evidenza scientifica, che permetta di
implementare pratiche preventive che possano garantire risultati soddisfacenti ed efficaci. La
prevenzione basata sull’evidenza ricorre infatti a programmi analizzati da esperti del settore, sulla base
di criteri prestabiliti dalla ricerca empirica. Essi esplicano inoltre una teoria di riferimento, utilizzano
una chiara metodologia di ricerca e possono affermare che gli effetti ottenuti sono correlati al
programma implementato e non ad altre variabili esterne.
La sintesi riportata è il frutto di un’analisi di autorevoli fonti internazionali ed europee relativa alle
evidenze scientifiche nel campo della prevenzione delle dipendenze. Tutte le fonti consultate
raccomandano che nei programmi di prevenzione ci sia massima coerenza fra obiettivi, modelli teorici
di riferimento ed indicatori utilizzati per la valutazione, nonché tra questi tre elementi e le attività che si
mettono in atto. Un elemento di criticità che va segnalato e che differenzia, in alcuni casi, la nostra
realtà dalle altre è che, in molti contesti, le fonti consultate riportano dati di efficacia più vicini ad una
prevenzione aspecifica che ad una specifica delle dipendenze.
Il Gruppo Pompidou del Consiglio d’Europa2, sottolinea come molto importanti le politiche a sostegno
della prevenzione, il puntare sulla programmazione e sulla valutazione degli interventi preventivi,
nonché sostenere un lavoro preventivo per progetti.
Si riportano di seguito le tre chiavi del successo della prevenzione riportate dal Northeast CAPT del CSAP3,
emerse dalla review di programmi di prevenzione delle dipendenze basati sull’evidenza scientifica:
1. seguire modelli teorici che considerino approcci sia individuali che ambientali. Le molte teorie che
vengono considerate nei programmi presentano ipotesi circa il cambiamento, o il mantenimento
di comportamenti positivi, e circa i fattori che supportano il cambiamento. Nello sviluppare dei
programmi preventivi è importante considerare l’intero spettro di teorie circa i cambiamenti
individuali, organizzativi e sociali.
2. applicare strategie diversificate in setting diversificati. Quando i programmi preventivi utilizzano
strategie diversificate per raggiungere un unico obiettivo la probabilità di successo degli stessi
aumenta.
3. seguire un disegno logico nella progettazione che includa la valutazione. Per ottenere dei risultati
positivi nel processo di pianificazione strategica è necessario effettuare un’analisi dei bisogni,
un’analisi della popolazione coinvolta, definire delle attività chiaramente collegate agli obiettivi
e alle finalità del programma, implementare strategie e modelli basati sulle evidenze scientifiche
e valutare i risultati del programma al fine di ottenere dei feedback per poter ridefinire il
programma stesso.
Anche il NIDA4 ha prodotto una guida che evidenzia importanti principi di base, necessari al fine di
strutturare efficaci programmi di prevenzione delle dipendenze, principi che riportiamo di seguito:

1
Orlandini D., Nardelli R., Bottignolo E. (in corso di pubblicazione). Programmi e modelli di prevenzione primaria
delle dipendenze: i diversi aspetti della valutazione.
2 Jaap van der Stel, Deborah Voordewind (a cura di) – Gruppo Pompidou del Consiglio d’Europa e Jellinek Consultancy (

1998). Handbook prevention. Alcohol, drugs and tabacco. Pieters Grafisch bedrijf BV, Groede.
3 CSAP (Center for Substance Abuse Prevention) del SAMSHA (Substance Abuse and Mental Health Services

Administration) www.samhsa.gov/csap/modelprograms oppure www.northeastcapt.org/science/default.asp .


4 www.nida.nih.gov

2
• I programmi di prevenzione dovrebbero mirare alla prevenzione dell’abuso di tutte le sostanze,
incluse il tabacco, l’alcol, la marijuana e gli inalanti;
• I programmi di prevenzione dovrebbero includere le abilità di rifiuto delle sostanze, rafforzare
l’impegno personale contro il consumo delle stesse e incrementare la competenza sociale (ad
esempio la comunicazione, le relazioni con i pari, l’autoefficacia e l’assertività):
contemporaneamente risulta necessario rinforzare gli atteggiamenti contro il consumo;
• I programmi di prevenzione per gli adolescenti dovrebbero utilizzare metodologie interattive,
come ad esempio la discussione in gruppo, piuttosto che tecniche didattiche di apprendimento;
• I programmi di prevenzione dovrebbero comprendere specifiche attività destinate ai genitori al
fine di rinforzare nei ragazzi l’apprendimento, relativo ad esempio alle informazioni sulle
sostanze e ad i loro effetti negativi, e al fine di creare opportunità di discussione in famiglia sul
consumo di sostanze legali ed illegali, e sulle linee di condotta della famiglia inerenti il consumo;
• I programmi di prevenzione dovrebbero essere a lungo termine, e offrire la possibilità di
rinforzare gli obiettivi originariamente preposti attraverso sessioni supplementari di intervento.
Ad esempio, un intervento diretto a studenti di scuola elementare e media inferiore, dovrebbe
includere sessioni da implementare al momento del passaggio dalla scuola media inferiore a
quella superiore;
• I programmi di prevenzione indirizzati all’intera famiglia sono maggiormente efficaci di quelli
che si focalizzano esclusivamente sui genitori o sui ragazzi;
• I programmi di prevenzione che includono campagne dei media e cambiamenti di politiche
sociali, come ad esempio nuove strategie di regolazione che limitino l’accesso all’alcol, al
tabacco od ad altre sostanze, sono maggiormente efficaci quando sono associati ad interventi in
ambito scolastico e familiare;
• I programmi in ambito comunitario devono rafforzare le norme contro il consumo di sostanze
in tutti gli ambiti preventivi, inclusi quello familiare e scolastico;
• La scuola offre la possibilità di raggiungere tutti i ragazzi, in particolar modo quelli a rischio per
l’abuso di sostanze, come ad esempio ragazzi con problemi comportamentali o difficoltà
d’apprendimento e quelli a potenziale rischio di abbandono scolastico;
• I programmi di prevenzione dovrebbero essere specifici per l’abuso di sostanze ed adattarsi alla
comunità locale;
• Più alto è il livello di rischio nella popolazione target, più intensivo e precoce deve essere lo
sforzo preventivo attuato;
• I programmi di prevenzione devono essere specifici in base all’età del target a cui si riferiscono
ed appropriati al livello di sviluppo e a quello culturale dei destinatari;
• Programmi efficaci di prevenzione vanno considerati anche in termini di costo-beneficio. Ad
esempio, in America, si calcola che per ogni dollaro speso per la prevenzione dell’uso di
sostanze, le comunità risparmiano da 4 a 5 dollari in costi di trattamento e counseling;
• I programmi di prevenzione dovrebbero mirare all’incremento dei “fattori protettivi” ed alla
riduzione dei “fattori di rischio”.
In relazione a quest’ultimo punto, è importante precisare come, negli ultimi vent’anni, si siano potuti
osservare importanti sviluppi nella definizione e comprensione dei fattori di protezione e di rischio, in
quanto considerati elementi fondamentali nella struttura descrittiva e predittiva degli interventi di
prevenzione. I fattori di protezione comprendono atteggiamenti, comportamenti, credenze, situazioni od
azioni che incrementano in un individuo, un gruppo, una organizzazione o comunità, la capacità di
rispondere in modo adeguato ad eventi particolarmente stressanti (ad esempio la morte di un genitore,
il divorzio, l’abuso sessuale, l’essere senza casa o un evento catastrofico) o ad altri tipi di avversità. Al
contrario, i fattori di rischio riguardano atteggiamenti, comportamenti, credenze, situazioni od azioni che
possono porre un individuo, un gruppo, un’organizzazione, o comunità in una condizione di rischio
rispetto al consumo di alcol e di altre sostanze e quindi dei problemi ad esso correlati5.
5
National Center for the Advancement of Prevention – CSAP SAMHSA (2000). 2000 Annual Summary. Effective
prevention principles and programs. www.samhsa.gov/csap .

3
Numerose ricerche hanno dimostrato come la presenza di fattori di rischio nell’esperienza di
adolescenti e giovani, aumenti la probabilità che essi consumino sostanze e debbano affrontare le
conseguenze (Bry & Krinsley, 1990; Newcomb & Felix-Ortiz, 19926).
La presenza di fattori protettivi può salvaguardare il giovane dal consumo di sostanze e da altri
comportamenti a rischio: numerose ricerche hanno infatti dimostrato che nel caso siano presenti fattori
di protezione, l’esposizione a fattori di rischio non porta necessariamente alla manifestazione di
comportamenti rischiosi (Hawkins, Catalano & Miller, 1992; Mrazek & Haggerty, 19947).
Recentemente, alla luce di quanto emerso, NIDA ha proposto una aggiornata lista dei fattori di rischio
e di protezione, durante la Seconda Conferenza Nazionale sulla Prevenzione dell’Abuso di Sostanze che
ha avuto luogo nell’agosto 2001 a Washington8.
Fattori protettivi:
• Legami familiari forti e positivi;
• Monitoraggio da parte dei genitori dei comportamenti dei figli e delle attività che conducono con i
pari;
• Regole di condotta chiare che la famiglia fa rispettare;
• Coinvolgimento dei genitori nella vita dei loro figli;
• Successo scolastico; forte legame con le istituzioni, come ad esempio la scuola e le organizzazioni
religiose;
• Ricorso a norme convenzionali sull'uso di sostanze.
Fattori di rischio:
• Ambiente familiare disordinato, in particolare i familiari che abusano di sostanze o soffrono di
disturbi mentali;
• Genitorialità inefficace, in particolare nei confronti di bambini con difficoltà caratteriali e problemi
comportamentali;
• Mancanza del legame di attaccamento fra genitore e figlio;
• Comportamento in classe inappropriato in quanto timido o aggressivo;
• Fallimento scolastico;
• Scarse abilità sociali;
• Affiliazione con pari caratterizzati da comportamenti devianti;
• Percezione che in ambito familiare, scolastico, dei pari e della comunità vi sia approvazione nei
confronti del consumo di sostanze psicoattive.

6
Bry, B., & Krinsley, K. (1990). Adolescent substance abuse. In E. Feindler and G. Kalfus (Eds.), Adolescent behavior
therapy handbook (pp. 219–232). New York: Springer. & Krinsley.
Newcomb, M. D., & Felix-Ortiz, M. (1992). Multiple protective and risk factors for drug use and abuse: Cross-sectional
and prospective findings. Journal of Personality and Social Psychology, 63(2): 280–296.
7
Hawkins, J. D., Catalano, R. F., Morrison, D. M., O’Donnell, J., Abbott, R. D., & Day, L. E. (1992). The Seattle
Social Development Project: Effects of the first four years on protective factors and problem behaviors. In J. McCord &
R.E. Tremblay (Eds.), Preventing antisocial behavior: Interventions from birth through adolescence (pp. 139–161).
New York: Guilford Press.
Mrazek, P. J., & Haggerty, R. J. (Eds.) (1994). Reducing the risk for mental disorders: Frontiers for preventive
intervention research. Washington, DC: National Academy.
8
NIDA Notes - Drug Abuse Prevention Research Update. Risk and protective factors in drug abuse prevention.
Volume 16, n. 6, febbraio 2002, www.nida.nih.gov/NIDA_Notes/NNVol16N6/Risk.html

4
PRINCIPI DELLA PREVENZIONE DELL’ABUSO DI SOSTANZE BASATI
SULL’EVIDENZA SCIENTIFICA

Presentiamo di seguito una sintetica lista di principi scientificamente difendibili e comprovati, utili per
strutturare programmi di prevenzione delle dipendenze efficaci ed organizzati in sei domini, cioè in sei
specifiche aree di interesse, ognuna delle quali caratterizzata da fattori di rischio e di protezione:
dominio individuale, della famiglia, dei pari, della scuola, della comunità e della società9. Tale lista è stata
elaborata dal CSAP10 del SAMSHA.

Dominio individuale:
I-1. Costruire abilità sociali e personali, in quanto in grado di stimolare comportamenti contrastanti il
consumo di sostanze (Bell, Ellickson & Harrison, 1993; Botvin, Baker, Dusenbury, Botvin & Diaz,
1995; Ellickson, Bell & McGuigan, 1993; Hansen, 1996; Pentz. et al., 1990; Schinke & Cole, 1995;
Tobler, 1986,1992).
I-2. Progettare interventi culturalmente sensibili che considerano variabili quali razza, sesso ed età dei
soggetti al quale è indirizzato (Botvin, Schinke, Epstein, & Diaz, 1994; Center for Substance Abuse
Prevention (CSAP), 1996).
I-3. Enfatizzare le conseguenze a breve termine del consumo di sostanze ( Flay & Sobel, 1993; Flynn et
al., 1997; Paglia & Room, 1998).
I-4. La divulgazione di informazioni e le campagne implementate dai mass-media possono essere
efficaci solo se associate ad interventi di altro tipo (Flynn et al.,1992, 1997; Flynn, Worden, Secker-
Walker, Badger, & Geller, 1995).
I-5. Offrire alternative positive che raggiungano i giovani negli ambienti ad alto rischio e che possano
promuovere lo sviluppo di abilità personali e sociali. (CSAP, 1996; Tobler, 1986).
I-6. Riconoscere le eventuali relazioni esistenti tra uso di sostanze ed altre problematiche adolescenziali
quali la presenza di problemi familiari, disordini mentali, fallimento scolastico, delinquenza. (Compas,
Hinden & Gerhardt, 1995).
I-7. Progettare interventi di prevenzione capaci di identificare e segnalare precocemente gli eventuali
consumatori che necessitano di trattamento (Brounstein & Zweig, 1996; Johnson et al., 1996).
I-8. Garantire il trasporto per i partecipanti più giovani può incoraggiare la loro partecipazione
all'intervento (Brounstein & Zweig, 1996).

Dominio della Famiglia:


F-1. Rivolgere l’intervento all’intera famiglia, cioè sia ai genitori che ai figli (Dent et al., 1995; Dishion,
Andrews, Kavanagh & Soberman, 1996; Hawkins et al., 1992; Kumpfer et al., 1996; Pentz et al., 1989;
Walter, Vaughn & Wynder, 1989).
F-2. Facilitare lo sviluppo di relazioni all'interno del gruppo dei genitori e rispondere ai loro bisogni
personali può promuovere la loro partecipazione al programma (Cohen et Linton, 1995; Creating
Lasting Family Connection, 1998; Resnik et Wojcicki, 1991).
F-3. Considerare la presenza di particolari problematiche culturali e razziali nelle famiglie appartenenti
ad una minoranza, quali ad esempio l’influenza della religione, la presenza di differenze linguistiche e lo
status socio-economico (Kumpfer & Alvarado, 1995; Kumpfer et al., 1997; Szapocznik et al., 1997).

9
La bibliografia relativa al presente paragrafo è in coda al documento.
10 CSAP (Center for Substance Abuse Prevention) del SAMSHA (Substance Abuse and Mental Health Services
Administration) www.samhsa.gov/csap/modelprograms. Le tre guide alle quali si fa riferimento, reperibili sul sito internet,
sono:
1. Science-based substance abuse prevention: a guide
2. Promising and proven substance abuse prevention programs
3. Principles of substance abuse prevention

5
F-4. Focalizzare l’intervento non solo nel dare informazioni sulle funzioni genitoriali, ma anche
promuovere in essi lo sviluppo di specifiche abilità (Bry & Canby, 1986; Kumpfer et al., 1996;
Szapocznik et al., 1988).
F-5. Enfatizzare i legami familiari (Dishion & McMahon, 1998; Szapocznik et al., 1988).
F-6. Offrire sessioni di intervento dove i genitori ed i figli possano apprendere specifiche abilità ed
esercitarle (Brounstein et al., 1996; DeMarsh & Kumpfer, 1986; Dishion & McMahon, 1998; Kumpfer
& Baxley, 1997).
F-7. Migliorare le capacità di ascolto e di relazione dei genitori (Brounstein & Zweig, 1996; Kumpfer et
al., 1997).
F-8. Promuovere nei genitori l'utilizzo di positive e costanti tecniche di disciplina e il monitoraggio del
comportamento dei propri figli (DeMarsh & Kumpfer, 1986).
F-9. Utilizzare tecniche attive di apprendimento può incrementare lo sviluppo di nuove abilità al fine di
migliorare la comunicazione in famiglia (Dishion & McMahon, 1998; Patterson & Chamberlain, 1994;
Szapocznik et al., 1988; Webster-Stratton & Herbert, 1993).
F-10. Adottare strategie ed utilizzare incentivi per superare le resistenza dei genitori ai programmi di
prevenzione (Kumpfer & Alvarado, 1995).
F-11. Un intervento supportivo di almeno 12 sessioni di counseling può migliorare il comportamento e
le capacità dei genitori che fanno uso di sostanze e può decrementare il loro livello di consumo e quello
dei propri figli (Bry, 1994; Kumpfer et al., 1996; Olds, 1997).
F-12. Migliorare il funzionamento familiare attraverso la terapia familiare quando indicato (DeMarsh &
Kumpfer, 1986; Kumpfer et al.,1996).
F-13. Identificare luoghi alternativi all’ambiente scolastico, quali ad esempio centri ricreativi e religiosi,
al fine di garantire la partecipazione dell’intera famiglia all’intervento (Johnson et al., 1996; Kumpfer et
al., 1996).
F-14. L’utilizzo di video durante le attività di prevenzione può essere uno strumento efficace
nell’apprendimento di abilità da parte dei genitori (Webster-Stratton, 1990; Webster-Stratton &
Herbert, 1993).

Dominio dei Pari: 11


P-1. Strutturare attività ed eventi alternativi al consumo può offrire ai giovani la possibilità di
interazione sociale in ambienti liberi dal consumo di sostanze (CSAP, 1996; Williams & Perry, 1998).
P-2. Attività alternative focalizzate sull’incremento di abilità sociali e personali risultano efficaci per i
giovani negli ambienti ad alto rischio al fine di evitare la manifestazione di comportamenti problematici
(Tobler, 1986).
P-3. Programmi alternativi efficaci richiedono il ricorso a diversi approcci ed un consistente
investimento di tempo da parte dei partecipanti (Schaps, DiBartolo, Moskowitz, Palley & Churgin,
1981; Shaw, Rosati, Salzman, Coles & McGeary, 1997; Tobler, 1986).
P-4. Gli eventi alternativi debbono servire a comunicare le norme dei pari contro l’uso di alcol e di
sostanze illecite ed evidenziare le posizioni della comunità in merito al non consumo (CSAP, 1996;
Rohrbach, Johnson Mansergh, Fishkin & Neumann, 1997).
P-5. Coinvolgere i giovani nello sviluppare programmi alternativi incrementa la loro partecipazione
attiva (Armstrong, 1992; Komro et al., 1996).
P-6. Gli interventi condotti da pari risultano essere maggiormente efficaci di quelli condotti solo da
adulti (Komro et al., 1996; Tobler, 1986,1992).
P-7. Contenere gli effetti di norme e comportamenti devianti creando un ambiente dove giovani con
problemi di comportamento possano interagire con altri giovani non problematici (Dishion et al., 1996;
Dishion & McMahon, 1998).

11 Nel dominio dei pari è possibile individuare alcune indicazioni utili per l’ambito del tempo libero.

6
Dominio della scuola:
S-1. Interventi che mirano a fornire unicamente informazioni sulle conseguenze negative dell’uso di
sostanze sono considerati una strategia preventiva poco efficace, in quanto non in grado di produrre
significativi cambiamenti misurabili nel comportamento e negli atteggiamenti relativi al consumo
(Tobler, 1986).
S-2.Gli interventi atti a modificare le errate opinioni esistenti relativamente alla prevalenza dell’uso di
sostanze risultano modificare gli atteggiamenti verso il consumo delle stesse (Errecart et al., 1991;
Hansen & Graham, 1991) e risultano maggiormente efficaci quando combinati con approcci educativi,
quali ad esempio l’incremento delle abilità sociali (Shope, Kloska, Dielman, & Maharg, 1994).
S-3. Gli interventi condotti dai pari risultano essere maggiormente efficaci di quelli condotti solo dagli
adulti, o nello specifico, solo dagli insegnanti (St. Pierre, Kaltreider, Mark & Aitkin, 1992; Tobler, 1986
1992).
S-4. Utilizzare approcci interattivi permette agli studenti di mettere in pratica le abilità acquisite e di
sentirsi maggiormente coinvolti negli interventi di prevenzione (Botvin et al., 1994, 1995; Brounstein &
Zweig, 1996; Komro et al., 1996; Walter et al., 1989; Williams & Perry, 1998).
S-5. Utilizzare sessioni supplementari di intervento permette di rinforzare e mantenere nel tempo le
abilità acquisite (Botvin., 1994, 1995).
S-6. Coinvolgere i genitori negli interventi attuati in ambito scolastico (Dent et al., 1995; Dishion
et al., 1996; Kumpfer., 1996; Pentz., 1989; Walter et al.,1989).
S-7. Le politiche scolastiche debbono chiaramente esprimere il loro impegno nella prevenzione delle
dipendenze e debbono coinvolgere non solo gli studenti, ma anche il corpo scolastico docente e non
docente (Paglia & Room, 1998).

Dominio della comunità12:


C-1. Sviluppare strategie di prevenzione integrate e complete piuttosto che focalizzate su singoli eventi
(Paglia & Room, 1998; CSAP, 1996).
C-2. Controllare l'ambiente circostante le scuole e le altre aree dove i giovani si raggruppano, aiuta a
rafforzare le norme dettate dalla comunità contro il consumo di sostanze (Davis, Smith, Lurigio &
Skogan, 1991; Eck & Wartell, in stampa; Gruenewald, Ponicki & Holder, 1993).
C-3. Le strategie di mentoring degli adulti sono importanti mezzi per ridurre il consumo di sostanze ed
incrementare nei giovani atteggiamenti positivi verso gli altri, il futuro e la scuola (Brounstein & Zweig,
1996; CSAP, 1996; Lo Sciuto et al., 1996).
C-4. Le agenzie (educative, ricreative, ecc.) presenti nella comunità possono incrementare gli
atteggiamenti positivi dei giovani verso gli altri, il futuro e la comunità stessa (Brounstein et al., 1996;
CSAP, 1996; LoSciuto et al., 1996).
C-5. Mentori maggiormente coinvolti realizzano migliori risultati di quelli coinvolti in misura minore
(Brounstein et al., 1996; Lo Sciuto et al, 1996).
C-6. Enfatizzare ai datori di lavoro i costi dell'uso di sostanze fra i lavoratori, anche in termini di perdita
della produttività, al fine di renderli più attivi nei confronti della prevenzione (Cook, Back & Trudeau,
1996; Frankish, Johnson, Ratner, & Lovato, 1997).
C-7. Comunicare una chiara politica inerente l'abuso di sostanze nei luoghi di lavoro promuove
importanti cambiamenti nelle norme relative allo stesso (Ames & Janes, 1987; Cook et al., 1996).
C-8. Riunire i rappresentanti di ogni organizzazione coinvolta nella prevenzione delle dipendenze per il
raggiungimento di obiettivi comuni (Christenson, Fendley, & Robinson, 1989; Edelman & Springer,
1995; Warren, Rodgers & Evers, 1975; Chavis & Florin, 1990; CSAP, 1997a; 1997b; Warren et al,
1975; CSAP, 1997b).
C-9. Motivare ciascun membro della rete territoriale ad una partecipazione attiva attraverso rinforzi
significativi (Join Together, 1996; Nistler, 1996).
C-10. Definire gli specifici obiettivi ed assegnare specifiche responsabilità per il loro conseguimento ai
diversi punti della rete (Christenson, 1989; Join Together, 1996; Rohrbach et al, 1997).

12 Nel dominio della comunità è possibile individuare alcune indicazioni utili per gli ambiti del tempo libero e del lavoro.

7
C-11. Assicurare la pianificazione secondo una comprensione dei problemi alcol-correlati basata
sull’evidenza empirica (Armstrong, 1992; Gabriel, 1997; Join Together, 1996; Reynolds & Fisher, 1997).
C-12. Individuare obiettivi basati sui risultati ed utilizzati per definire strategie ed azioni (Forster,
Hourigan, & McGovern, 1992; Join Together, 1996; Reynolds, Stewart, & Fisher, 1997).
C-13. Sostenere numerose e differenziate attività preventive piuttosto che un singolo intervento (CSAP,
2000).
C-14. Organizzare a seconda delle caratteristiche locali (CSAP, 2000).
C-15. Stimare l'efficacia di un programma attraverso una valutazione dei risultati e apportare delle
modifiche al piano di azione al fine di raggiungere gli obiettivi (CSAP, 1997b, 2000; Forster et al, 1992;
Gabriel, 1997; Join Together 1996; Keay, Woodruff, Wildey & Kenney, 1993).
C-16. Coinvolgere i punti della rete (Join Together, 1996).

Dominio della società/ambiente:


S/E-1 La consapevolezza della comunità e gli sforzi dei media possono essere efficaci strumenti per
incrementare la percezione relativa alla probabilità di sperimentare paure e sanzioni relative al consumo
e per ridurre la non salvaguardia delle norme da parte dei rivenditori di sostanze (Lewit, Coate, &
Grossman, 1981; Schneider, Klein & Murphy, 1981).
S/E-2. Un utilizzo appropriato dei mass-media incrementa la consapevolezza nella comunità ed
influenza in modo significativo le norme della stessa inerenti il consumo di sostanze. Inoltre, le
campagne rivolte ai giovani che vengono attuate attraverso i mass-media devono rispondere alle
caratteristiche di questo specifico target; infatti, le percezioni e le capacità che permettono di cogliere i
messaggi comunicati attraverso i media, variano sulla base del sesso, della cultura e dello sviluppo
cognitivo (Flynn et al., 1992, 1997).
S/E-3. Le campagne dei mass-media devono definire obiettivi chiari per ogni messaggio che deve
essere comunicato (Flynn., et al. 1997).
S/E-4. Evitare l'uso di figure autoritarie nelle campagne dei media indirizzate ai giovani in ambienti ad
alto rischio, ma utilizzare modelli a loro vicini (Flynn et al., 1992).
S/E-5. Messaggi dei mass-media efficaci sono quelli implementati in modo continuativo e frequente nel
tempo (Flynn et al., 1997)
S/E-6. Messaggi dei mass-media efficaci sono quelli trasmessi attraverso molteplici canali e nel
momento in cui è più probabile che il pubblico a cui si indirizzano stia vedendo o ascoltando (Flynn et
al., 1992, 1997).
S/E-7. Dare controinformazione rispetto ai produttori che promuovono il consumo di tabacco riduce
la vendita di sigarette (Chaloupka & Grossman, 1996; Flay, 1987; Flynn et al., 1992; Chaloupka &
Grossman, 1996; Wallack & DeJong, 1995).
S/E-8. La diffusione di informazioni relative alle conseguenze del consumo di alcol, pur influenzando
gli atteggiamenti e le intenzioni in merito al consumo, non sembrano avere particolare riscontro nei
confronti del comportamento (Barlow & Wogalter, 1993; Hilton, 1993; Laughery,Young, Vaubel, &
Brelsford, 1993).
S/E-9. Promuovere restrizioni sull’uso del tabacco nei luoghi di lavoro pubblici e privati influenza la
vendita di sigarette ed il loro consumo da parte di giovani ed adulti (Chaloupka & Saffer, 1992;
Chaloupka, 1992; Chaloupka & Pacula, 1997; Evans, Farrelly & Montgomery, 1996; Ohsfeldt, Boyle &
Capilouto, 1999; Wasserman, Manning, Newhouse & Winkler, 1991).
S/E-10. Le leggi che tutelano l’“aria pulita” in ambienti chiusi riducono l’esposizione al fumo passivo e
contribuiscono a modificare le norme relative all’accettabilità sociale del fumo (DHHS, 1994).
S/E-11. Promuovere la formazione dei gestori degli esercizi che servono bevande alcoliche e
rafforzare le leggi in merito (Williams & Perry, 1998; Altman, Rasenick-Douss,Foster & Tye, 1991;
DiFranza & Brown, 1992; DiFranza, Savageau & Aisquith, 1996; Skretny, Cummings, Sciandra &
Marshall, 1990).
S/E-12. Incrementare la responsabilità legale di chi vende o serve alcolici (Wagenaar & Holder, 1991).
S/E-13. Incrementare il prezzo di alcol e tabacco riduce la prevalenza del loro consumo. In particolare
per quanto riguarda l’alcol, l’incremento del prezzo riduce i problemi alcol-correlati, inclusi ad esempio

8
gli incidenti stradali e la percentuale di patologie alcol-correlate (Cook, 1981; Cook & Moore, 1993;
Cook & Tauchen, 1984; Cook & Tauchen, 1982; Sloan, Reilly & Schenzler, 1994).
S/E-14. Incrementare l’età minima per l’acquisto di alcol a 21 anni decrementa il consumo di alcolici fra
i giovani e i problemi alcol-correlati come gli incidenti stradali (Jones, Pieper, & Robertson, 1992;
Parker & Rebhun, 1995).
S/E-15. Limitare la densità degli esercizi di vendita di alcol (Gruenewald, 1993; Gruenewald & Ponicki,
1995b; Scribner, MacKinnon & Dwyer, 1995; Gruenewald & Ponicki, 1995; Gruenewald, Ponicki &
Mitchell, 1995, Scribner et al., 1995).
S/E-16. Impiegare strategie di cittadinanza attiva per ridurre la vendita di sostanze illegali e la
microcriminalità connessa (Davis et al, 1991; Eck & Wartell, 1998; Green-Mazarolle, Roehl, & Kadleck,
in stampa; Lurigio et al., 1993; Rosenbaum & Lavrakas, 1993; Smith, Davis, Hillenbrand, & Goretsky,
1992).
S/E-17. Applicare le leggi relative all’età minima legale per l’acquisto di alcol e tabacco in modo chiaro
ed efficace (Cummings & Coogan, 1992; Feighery et al., 1991; Forster et al., 1998; Jason, Billows,
Schnop-Wyatt & King, 1996; Jason, Ji, Anes, & Birkhead, 1991; Preusser, Williams, & Weinstein, 1994).
S/E-18. La comunità può influenzare attraverso feedback positivi e negativi i venditori di alcol e
tabacco, al fine di rispettare le norme vigenti (Biglan et al., 1995; Lewis, Huebner, & Yarborough,
1996).
S/E-19. Attuare frequentemente operazioni di controllo riduce la non salvaguardia delle norme da parte
dei rivenditori (Lewis et al., 1996; Preusser et al., 1994).
S/E-20. Perfezionare le leggi definite "consumo e perdo" in relazione alle quali ad esempio vi possa
essere la sospensione della patente di guida in caso di consumo di alcol o di altre sostanze (Preusser,
Ulmer & Preusser, 1992).
S/E-21. Mettere in atto leggi e politiche di prevenzione della guida pericolosa in quanto riducono il
numero di incidenti dovuti al consumo di alcol nella popolazione generale ed in particolare fra i giovani
(Kloeden & McLean, 1994; Hingson, Heeren, & Winter, 1994; Johnson,1995).
S/E-22. Implementare le leggi esistenti in relazione alla guida pericolosa incrementa la percezione del
rischio di essere sanzionato per guida associata a consumo di alcol (Voas, Holder, & Gruenewald,
1997).
S/E-23. Associare ai posti di blocco stradali l’utilizzo dell’etilometro (Ferguson, Wells & Lund, 1995;
Jones & Lund, 1985).
S/E-24. Revocare patenti di guida in caso di guida associata a consumo di alcol (Hingson, 1993; Klein,
1989; Ross & Gilliland, 1991; Zador, Lund, Fields & Weinberg, 1989; Stewart, Gruenewald, & Roth,
1989).
S/E-25. Fermare o sequestrare il veicolo ai soggetti fermati per guida pericolosa e in stato di ebbrezza
(Voas, Tippetts & Taylor, 1997 1998; Voas, Tippetts & Lange, 1997).
S/E-26. Rafforzare politiche e leggi specifiche per la guida associata al consumo di alcol nei conducenti
minorenni (ad esempio ridurre il limite alcolemico rispetto agli adulti) in quanto questo riduce le morti
per incidenti stradali fra i giovani (Blomberg, 1993; Hingson., 1994; Hingson, Heeren, Howland &
Winter, 1993; National Transportation Safety Board, 1993; Sweedler, 1990).

ASPETTI SPECIFICI DELL’EFFICACIA DELLA PREVENZIONE IN CAMPO


ALCOLOGICO

A completamento di quanto sopracitato, segnaliamo inoltre che il PEPS13 ha valutato, in base


all’evidenza scientifica, sei modalità di approccio ambientale rispetto alla prevenzione in ambito
alcologico con particolare riferimento ai giovani.

13Si tratta di tre guide del Prevention Enhancement Protocols System (PEPS), documenti scientifici prodotti dal Center for
Substance Abuse Prevention (CSAP) del Substance Abuse and Mental Health Services Administration (SAMHSA).
Nello specifico, la guida a cui si fa riferimento è la terza intitolata “Preventing Problems Related to Alcol Availability:
Environmental Approaches”. www.samhsa.gov/centers/csap

9
I sei approcci vengono di seguito riportati, secondo il relativo livello di evidenza scientifica assegnato
sulla base dei seguenti criteri:
• Forte livello di evidenza: l’approccio produce l’effetto specificato.
• Medio livello di evidenza: nonostante il numero od il rigore delle ricerche a cui ci si può riferire sia
limitato, si può affermare che l’approccio produce l’effetto specificato.
• Livello di evidenza importante ma non sufficiente: l’approccio potrebbe produrre gli effetti desiderati,
ma ciò non è stato ancora chiaramente dimostrato.
• Livello di evidenza di inefficacia: l’approccio non ha ottenuto i risultati desiderati.

1. Disponibilità di alcol ai minorenni


a) Esiste forte evidenza che aumentando il limite legale d’età per il consumo di alcol diminuiscono
gli incidenti stradali;
b) Esiste media evidenza che aumentando il limite legale d’età diminuisce il consumo di alcol ed i
conseguenti problemi correlati all’alcol, diversi dagli incidenti stradali;
c) Esiste forte evidenza che è presente una forte vendita ai minori e che è possibile decrementarla;
d) Esiste media evidenza che il livello di applicazione delle leggi influenza la percentuale di acquisti
da parte dei minori.

2. Aumento di tasse e prezzi degli alcolici


a) Esiste forte evidenza che aumentando le tasse relative all’alcol si assista ad un moderato
decremento del consumo di alcol;
b) Esiste forte evidenza che aumentando le tasse relative all’alcol si assista ad un moderato
decremento dei problemi alcol correlati, come incidenti stradali, gravi forme di cirrosi e guida in
stato di ebbrezza;
c) Esiste media evidenza che aumentando le tasse relative all’alcol si assista ad un’equivalente
riduzione nel consumo di bevande alcoliche fra tutti i bevitori;
d) Esiste evidenza importante, ma non sufficiente, che l’aumento delle tasse relative all’alcol abbia
un forte effetto sull’iniziazione al bere fra i giovani adolescenti;
e) Esiste evidenza importante, ma non sufficiente, che le promozioni con oggetto alcolici
aumentino il consumo di alcol.

3. Interventi indirizzati ai gestori di esercizi che vendono e servono alcolici


a) Esiste forte evidenza che gli interventi focalizzati sul personale che lavora negli esercizi dove si
vende alcol e le politiche d’intervento in questo ambito sono mezzi efficaci per frenare le
vendite ai clienti ubriachi ed ai minori;
b) Esiste media evidenza che gli interventi focalizzati sul personale che lavora negli esercizi dove si
vende alcol e le politiche d’intervento in questo ambito sono mezzi efficaci per migliorare il
comportamento di chi serve alcolici, almeno a breve termine.
c) Esiste media evidenza che gli interventi focalizzati sul personale che lavora negli esercizi dove si
vende alcol possono portare allo sviluppo di esercizi di vendita e strategie di gestione
responsabili.

4. Disponibilità di alcol all’intera comunità


a) Esiste media evidenza che un incremento nel numero delle rivendite pro capite (cioè in base alla
popolazione residente in una certa area) aumenta la percentuale di consumo di alcol ed i
problemi alcol correlati;
b) Esiste evidenza importante ma non sufficiente che il controllo della disponibilità di alcol e di chi
lo serve in occasione di eventi sportivi ed occasioni speciali riduce il numero di persone
ubriache e la percentuale degli incidenti che le coinvolgono.

10
5. Azioni dirette all’orario ed ai giorni di vendita
a) Esiste media evidenza che un incremento delle ore o dei giorni in cui viene venduto alcol
aumenta la percentuale di consumo di alcol ed i problemi alcol-correlati.

6. Interventi di prevenzione di comunità atti a regolare, modificare e migliorare le leggi e le


politiche che riguardano il consumo di alcol
a) Esiste forte evidenza che gli interventi di prevenzione di comunità decrementano il consumo di
alcol;
b) Esiste evidenza importante ma non sufficiente che questi interventi possano ridurre la guida
associata al consumo di alcol, le morti associati agli incidenti stradali e all’alta velocità.

Si vogliono inoltre sottolineare alcune importanti conclusioni che possono essere tratte dalla ricerca e
dall’evidenza scientifica inerente a quest’ultimo approccio:
I. Gli interventi di prevenzione di comunità, atti a controllare la disponibilità di alcol, portano allo
sviluppo di concomitanti attività preventive focalizzate sullo stesso;
II. Gli interventi di prevenzione di comunità, atti a controllare la disponibilità di alcol, possono
essere utilizzati al fine di incrementare l’efficacia di programmi di prevenzione che mirano alla
riduzione del consumo di alcol;
III. Le iniziative organizzate dalla comunità possono essere associate alle campagne promosse dai
mass-media, al fine di incrementare la diffusione e la discussione inerenti le problematiche
relative alla disponibilità di alcol ed i necessari cambiamenti nelle leggi locali e nelle politiche;
IV. Lo sviluppo dei punti della rete permette il mantenimento dei cambiamenti relativi le politiche
sulla disponibilità dell’alcol e la promozione di ulteriori attività di prevenzione.

ASPETTI SPECIFICI DELL’EFFICACIA DELLA PREVENZIONE NELL’AMBITO


LAVORO

Il mondo del lavoro non è esente dal fenomeno del consumo di sostanze e dalle sue conseguenze e
richiede sempre con maggiore enfasi la presenza di interventi efficaci di prevenzione basati su principi
scientificamente difendibili. Nonostante ciò, non esiste ancora una letteratura esaustiva che possa
definire in modo chiaro, come invece è possibile per gli altri ambiti, questi criteri di riferimento.
Riconoscendone l'importanza, si riportano comunque alcune indicazioni provenienti dalle ricerche
esistenti in ambito internazionale che mettono in luce le variabili rilevanti da considerare in un
programma di prevenzione delle dipendenze in ambito lavorativo e che sono state presentate all’interno
del “2000 Annual Summary” del Northeast CAPT del CSAP14.
• Lo studio di Valois, Dunham, Jackson & Waller (1999) ha riportato che gli adolescenti che lavorano
più di 15 ore alla settimana sono esposti a maggior rischio di consumo di sostanze15.
• Un'indagine americana del 1997 ha indicato che il 7.6% dei lavoratori a tempo pieno sono forti
bevitori e che il 7.7% consuma sostanze illegali (Zhang, Huang & Brittingham, 199916).

14 CSAP (Center for Substance Abuse Prevention) del SAMSHA (Substance Abuse and Mental Health Services
Administration) www.samhsa.gov/csap oppure www.northeastcapt.org
15 Valois, R. F., Dunham, A. C., Jackson, K. L., & Waller, J. (1999). Association between employment and substance abuse

behaviors among public high school adolescents. Journal of Adolescent Health. 25(4):256–263.
16
Zhang, Z., Huang, L. & Brittingham, A. M. (1999). Worker Drug Use and Workplace
Policies and Programs: Results
from the 1994 and 1997 NHSDA. Washington, DC: Office of Applied Studies, Substance Abuse
and Mental Health
Services Administration, Department of Health and Human Services.

11
• Numerosi studi hanno rivelato associazioni significative, anche se relativamente basse, fra lo stress
nel luogo di lavoro ed elevati livelli di consumo di alcol (Bennett & Lehman, 1998; Lehman,
Farabee, Holcom & Simpson, 1995; Martin & Roman, 1996)17.
• Due studi hanno riportato forti associazioni fra il sentirsi alienati dal lavoro ed il consumo di alcol
nei lavoratori stessi (Lehman & Simpsom, 1992; Rosenbaum, Lehman, Olson & Holcom, 1992)18,
nonostante altri ricercatori ne abbiamo fortemente contestato la metodologia (Parker & Farmer,
1990; Rosenberg, 1999)19. Si è rilevato inoltre che questo tipo di alienazione o estraniazione dal
lavoro risultava essere associata al consumo di sostanze da parte dei lavoratori (Lehman et al.,
1995)20.
• Ogni tipo di professione ha le proprie norme relative al consumo di alcol associate alla cultura di
riferimento e i lavoratori si avvicinano all'alcol sulla base della professione (National Opinion
Research Center, 1996)21. Questa ricerca è sostenuta dalla teoria per cui professioni caratterizzate da
elevato consumo di alcol attirano persone in cerca di lavoro inclini a questi comportamenti,
suggerendo come per esempio siano state riscontrate alte percentuali di consumo fra barman e
ristoratori (Hoffman, Larison & Sanderson, 1997)22.
• Alcune ricerche hanno suggerito che, quando i lavoratori comunicano la loro disapprovazione nei
confronti delle politiche relative al consumo ed all'abuso di sostanze implementate dall’azienda per
cui lavorano, è maggiormente probabile che le norme del luogo di lavoro vengano modificate
(Ames & Janes, 1992; Cook, Back & Trudeau, 1996)23. In base ad uno studio, il consumo di alcol
alla pausa pranzo nel luogo di lavoro è di gran lunga più diffuso di quanto generalmente si creda
(Mangione et al., 1999)24.
• Il test sulle urine è stato validato come metodologia efficace per l'identificazione del consumo
recente di sostanze illecite da parte di chi richiede lavoro (Macdonald & Roman, 1995)25. In base ai
dati raccolti a livello americano, il 25% dei luoghi di lavoro hanno utilizzato saltuariamente nel 1997
test per valutare il consumo di sostanze in loco, rispetto al 20% nel 1994 (Zhang et al., 1999).
Indagini su campioni rappresentativi di lavoratori dimostrano come vi sia un favorevole supporto
pubblico nei confronti dei test atti a valutare il consumo di sostanze, basato sull'assunzione che la

17 Bennett, I., & Lehman, W. E. K. (1998). Workplace drinking climate, stress, and problem indicators: Assessing the

influence of teamwork (group cohesion). Journal of Studies on Alcohol, 59(5), 608–618.


Lehman, W. E., Farabee, D., Holcom, M. & Simpson, D. D. (1995). Prediction of substance abuse in the workplace: Unique
contributions of personal background and work environment variables. Journal of Drug Issues, 25, 253–274.
Martin, J. K., & Roman, P. (1996). Job satisfaction and drinking among employed persons. Work and Occupations, 23, 115–
142.
18 Lehman, W. & Simpson, D. (1992). Employee substance use and on-the-job behaviors. Journal of Applied Psychology, 77,

309–321.
Rosenbaum, A. L., Lehman, W. E. K., Olson, K. E., & Holcom, M. L. (1992). Prevalence of substance use and its association with
performance among municipal workers in a southwestern city. Unpublished manuscript. Institute of Behavioral Research, Texas
Christian University, Fort Worth, TX.
19 Parker, D. A., & Farmer, G. C. (1990.) Employed adults at risk for diminished self-control over alcohol use: The

alienated, the burned out, and the unchallenged. In Roman, P.M. (Ed.), Alcohol problem intervention in the workplace: employee
assistance programs and strategic strategies. New York: Quorum Books; 213–222.
Rosenberg, R. (1999). The workplace on the verge of the 21st century. Journal of Business Ethics, 22(1), 3–14.
20 Lehman, W. E., Farabee, D., Holcom, M. & Simpson, D. D. (1995). Prediction of substance abuse in the workplace:

Unique contributions of personal background and work environment variables. Journal of Drug Issues, 25, 253–274.
21 National Opinion Research Center, Substance Abuse and Mental Health Services Administration (1996). Drug use among

US. workers: Prevalence and trends by occupation and industry categories. DHHS Pub. No. (SMA)96-3089. Rockville, MD: SAMHSA.
22 Hoffman, J., Larison, C., & Sanderson, A. (1997). An analysis of worker drug use and workplace policies and programs. Substance

Abuse and Mental Health Services Administration-OAS.


23 Ames, G. M. & Janes, C. A. (1992). A cultural approach to conceptualizing alcohol and the workplace. Alcohol, Health &

Research World, 16, 112–119.


Cook, R., Back, A., & Trudeau, J. (1996). Substance abuse prevention in the workplace: Recent findings and an expanded
conceptual model. Journal of Primary Prevention, 16, 319–339.
24 Mangione, T. W., Howland, J., Amick, B., Cote, J., Lee, M., Bell, N., & Levine, S. (1999). Employee drinking practices and

workplace performance. Journal of Studies on Alcohol, 60, 261–270.


25 Macdonald, S., & Roman, P. (Eds.) (1995). Drug testing in the workplace: Research findings and perspectives. New York: Plenum

Press.

12
presenza di consumatori di sostanze sul luogo di lavoro sia pericolosa e non accettabile (Roman &
Blum, 1999)26.
• Le ricerche confermano che i postumi delle ubriacature influenzano in modo rilevante le funzioni
motorie e cognitive, creando rischi di cattiva comprensione, conflitto interpersonale ed incidenti
(Moore, 1998)27. Almeno due studi dimostrano che i postumi delle ubriacature contribuiscono
inoltre significativamente ai problemi di performance lavorativa (Ames, Grube & Moore, 1997;
Mangione et al., 1999)28.

ASPETTI SPECIFICI DELLA PREVENZIONE IN AMBITO SCOLASTICO

Il NIDA riporta che i programmi di prevenzione delle dipendenze in ambito scolastico si debbano
focalizzare anche sul miglioramento della performance scolastica degli studenti e sull’incremento del
loro legame con l’istituzione scolastica, in quanto questo permette ai giovani di identificarsi con la stessa
e di portare a termine gli studi, riducendo la probabilità di abbandono scolastico. Molti programmi
mirano inoltre a supportare le relazioni positive con i pari e a fornire un’adeguata educazione
normativa, che, ad esempio, permetta di modificare le errate opinioni esistenti relativamente alla
prevalenza dell’uso di sostanze. Numerose ricerche hanno inoltre dimostrato che i ragazzi
comprendono gli effetti negativi delle sostanze (fisici, psicologici e sociali) e tendono ad evitarne il
consumo quando percepiscono che i pari ed i familiari non lo approvano.
Si ritiene utile riportare una lista di domande proposte dal NIDA, per la strutturazione di programmi
scolastici di prevenzione delle dipendenze basati su principi di evidenza scientifica:
• I programmi preventivi sono di natura continuativa, cioè si rivolgono ai ragazzi dal momento
in cui cominciano la scuola materna alla loro uscita dalla scuola media superiore? Se non è così,
raggiungono almeno i ragazzi durante il difficile momento che caratterizza gli ultimi anni delle
scuole medie inferiori ed i primi delle scuole superiori?
• I programmi preventivi sono strutturati lungo più anni di intervento (dalla scuola media
inferiore a quella superiore)?
• I programmi preventivi utilizzano interventi verificati e standardizzati, caratterizzati dalla
presenza di specifico materiale per gli studenti e strutturati su un piano d’azione
precedentemente identificato?
• I programmi preventivi, al fine di incrementare nei ragazzi le abilità di rifiuto delle sostanze,
utilizzano metodologie attive (modeling, role playing, discussione, feedback di gruppo,
rinforzo, generalizzazione, ecc.?)
• I programmi preventivi incrementano il legame sociale dei ragazzi con la scuola e la comunità?
• I programmi preventivi si focalizzano:
1. sull’incremento della competenza sociale (comunicazione, auto-efficacia, assertività) e
sullo sviluppo di abilità di rifiuto delle sostanze adeguate alla cultura ed al livello di
sviluppo del target?
2. promuovono l’influenza positiva da parte dei pari?
3. promuovono le norme sociali contro il consumo di sostanze?
4. evidenziano metodologie atte ad incrementare abilità?
5. utilizzano un adeguato numero di sessioni d’intervento (da 10 a 15 nel primo anno di
intervento e da 10 a 15 nella successiva annualità come rinforzo)?
• Al fine di massimizzare i benefici, i programmi preventivi assicurano il ricorso ad un disegno
d’intervento efficace?

26 Roman, P. M., & Blum, T. C. (1999). Employee Assistance Programs and other workplace interventions. In Galanter, M.,
& Kleber, H.D. (Eds.), Textbook of substance abuse treatment. Washington, DC: American Psychiatric Press, Inc.; 94–113.
27 Moore, R. S. (1998). Hangover: An ambiguous concept in workplace alcohol policy. Contemporary Drug Problems, 25, 49–64.
28 Ames, G. M., Grube, J. W., & Moore, R. S. (1997). Relationship of drinking and hangovers to workplace problems: An

empirical study. Journal of Studies on Alcohol, 58, 37–47.

13
• Viene utilizzata una periodica valutazione al fine di determinare se il programma risulta
efficace?

Sintetizziamo ora alcuni elementi tratti da importanti meta-analisi condotte in ambito scolastico.
La meta-analisi di Durlak e Wells (1997)29 riguardante programmi di prevenzione primaria aspecifica
rivolti a minori di 18 anni, mette in luce che:
1. per quanto riguarda i programmi di cambiamento a livello ambientale, funzionano quelli che
intervengono sul setting scolastico (su aspetti psico-sociali quali la formazione degli insegnanti,
la promozione di nuovi modi di rapportarsi fra insegnanti e studenti, la modificazione delle
modalità di valutazione degli studenti e dei curricula formativi, coinvolgendo i genitori in
attività scolastiche, ecc.). Non funzionano i programmi di parent training.
2. Nel confronto fra programmi di riduzione dei problemi (tradizionale approccio preventivo) e
programmi di incremento di competenze (approccio centrato sulla promozione) non ci sono
differenze significative rispetto all’efficacia. Solo se si considera l’ambito scolastico i
programmi per lo sviluppo di competenze risultano più efficaci di quelli orientati alla riduzione
dei problemi.
Lo studio meta-analitico di Tobler e Stratton del 199730 sulla prevenzione dell’abuso di sostanze a
scuola, ha dimostrato che i programmi che funzionano meglio sono quelli che utilizzano strategie di
tipo interattivo e che pongono l’accento sul coinvolgimento e lo scambio di idee tra studenti rispetto a
quelli che non utilizzano strategie interattive (es. lezione frontale, intervento con il singolo senza
interazione fra pari). Le strategie interattive comprendono, ad esempio, attività in piccoli gruppi con
partecipazione attiva, discussione e sperimentazione di nuove abilità e comportamenti.
Fornire informazioni aumenta le conoscenze e la consapevolezza degli effetti negativi delle sostanze, ma
non modifica i comportamenti legati all’uso di queste (Botvin, 1995; Tobler, 1992)31. Conclusioni simili
sono traibili anche dalle meta-analisi sugli interventi di prevenzione del fumo di tabacco (Murray,
Johnson, Luepker e Mittelmark, 1984; Glasgow e McCaul, 1985; Botvin e Dusenbury, 198732). Secondo
queste ricerche l’approccio di tipo informativo produce cambiamenti nelle conoscenze, ma gli interventi di
tipo partecipativo hanno un impatto maggiore sugli atteggiamenti e sul comportamento. Ad esempio, la
meta-analisi di Bruvold33 sui programmi scolastici per la prevenzione del fumo da tabacco, ha
dimostrato che funzionano i programmi che utilizzano un approccio orientato all’educazione affettiva
(incremento dell’autostima, delle abilità di decision making, delle abilità sociali, ecc.), alla proposta di
alternative di comportamento e alla resistenza al rinforzo sociale modificano significativamente le
conoscenze, gli atteggiamenti e anche il comportamento; i programmi informativi, invece,
contribuiscono solo all’incremento delle conoscenze.
Anche il Centro Olandese per la Promozione e l’Educazione alla Salute34 riporta alcune indicazioni
relative allo studio di efficacia dell’educazione e dell’informazione alla salute in campo scolastico:

29 Durlak J.A. e Wells A.M. (1997). Primary prevention mental health programs for children and adolescents: a meta-analytic

review. American Journal of community psychology, 25, 115-152.


30 Tobler N.S., Stratton H.H. (1997). Effectiveness of school-based drug prevention programs: a meta-analysis of the

research. Journal of primary prevention, 18(1), 71-128.


31 Botvin G.J. (1995). Principles of prevention. In R.H. Coombs e D. Ziedonis (a cura di), Handbook on drug abuse

prevention: a comprehensive strategy to prevent the abuse of alcohol and other drugs. Boston MA, Allyn and Bacon, 19-44.
Tobler N.S. (1992). Drug prevention programs can work: research findings. Journal of addictive diseases, 11, 1-28.
32 Murray D.M., Johnson C.A., Luepker R.V. , Mittelmark M.B. (1984). The prevention of cigarette smoking in children: a

comparison of four strategies. Journal of applied social Psychology, 14, 274-288.


Glasgow R.E., McCaul K.D. (1985) Life skills training programs for smoking prevention: critique and directions for future
research. In C. ell e R. Battjes (a cura di), Prevention research: deterring drug abuse among children and adolescents.
Washington, D.C., NIDA Research Monograph, 50-66.
Botvin G.J., Dusenbury L, (1987). Life skills training: a psycho-educational approach to substance abuse prevention In C.A.
Maher e J.E. Zins (a cura di), Psycho-educationals interventions in schools: methods and procedures for enhancing student
competence. New York pergamon Press, 46-65.
33 Bruvold W.H (1993). A meta-analysis of adolescent smoking prevention programs. American Journal of Public Health,

83, 872-881.
34 L.W.H. Peters, T.G.W.M. Paulussen (1994). School health, a review of the effectiveness of health education and health

promotion, Utrecht.

14
1. gli effetti degli interventi fondati sul mettere a disposizione informazioni sono in funzione del
comportamento che si vuole influenzare;
2. gli interventi di tipo informativo risultano efficaci solo a livello delle scuole elementari;
3. gli interventi anti-tabacco che mirano ad una presa di coscienza, allo sviluppo di abilità
decisionali e ad un autocontrollo rispetto alla pressione dei pari si rivelano più efficaci degli
interventi esclusivamente informativi.
Da più parti viene ribadito che i programmi di tipo esclusivamente informativo ed i programmi brevi di
tipo didattico sono inefficaci (Durlak, 1997)35. La diffusione di tali programmi è dovuta alla loro relativa
economicità, alla facilità di implementazione e alla brevità dell’intervento. I programmi che prevedono
aspetti di tipo informativo sono più efficaci se comprendono anche un intervento di rete, se modificano
anche l’ambiente sociale intervenendo sui coetanei, sui genitori, coinvolgendo gruppi e associazioni e
puntando, anche, ad introdurre norme sociali che possono esercitare un effetto protettivo.
A queste indicazioni di evidenza scientifica si possono aggiungere degli elementi di “buone prassi” tratte
da EDDRA, l’archivio europeo dei programmi di prevenzione dell’EMCDDA. L’analisi dei programmi
di prevenzione in ambito scolastico presenti in EDDRA (G. Burhkart, L. Crusellas, in corso di
pubblicazione) offre la possibilità di tre classificazioni (per obiettivi, per modelli e per indicatori della
valutazione).
Per quanto riguarda la classificazione per obiettivi, l'obiettivo generale di tutti i programmi di
prevenzione in EDDRA è la riduzione di uso e abuso di droghe e la riduzione dei rischi associati al
consumo. Gli obiettivi specifici dei programmi EDDRA possono, invece, essere classificati come segue:
- Informazione/Consapevolezza (come riconoscere ed agire di fronte ad un problema di droghe,
informazioni su droghe e rischi associati, ecc.).
- Sviluppo di abilità personali e sociali (abilità sociali, resistere alla pressione del gruppo, ecc.) è l'obiettivo
più comune fra i programmi di prevenzione scolastici.
- Alternative all’uso di droghe (lo sport, la cultura, l’arte, ecc.).
- Struttura e misure normative (politica delle droghe a scuola, sanzioni, ecc.).
- Promozione della Salute.
- Coinvolgimento della comunità (training per insegnanti, famiglie, mediatori sociali, creazione di reti locali).
Nella maggior parte dei programmi è utilizzata una combinazione di più obiettivi: la triade più diffusa è
formata da Informazioni e Consapevolezza – Sviluppo delle Abilità Personali e Sociali –
Coinvolgimento della Comunità.
Relativamente alla classificazione per modelli teorici, i programmi d’intervento a scuola considerati in
EDDRA possono così essere raggruppati:
- Promozione della salute.
- Approccio con i pari.
- Modello delle Life Skills.
- Modello evolutivo.
- Influenza sociale.
- Comportamenti a rischio.
- Conoscenza delle droghe.
- Ecologico-ambientale.
In linea generale, il Modello delle Life Skills è il più usato nei programmi di prevenzione a scuola di
EDDRA, seguito dall’Approccio con i pari, dalla Conoscenza sulle droghe e dal Modello
Ecologico - Ambientale.
Per quanto riguarda la valutazione dell’efficacia, EDDRA fornisce alcuni esempi di indicatori che
possono essere tenuti in considerazione nelle fasi di progettazione (vedasi tabella in allegato). Tali
indicatori di valutazione dei programmi forniscono interessanti indicazioni sullo stato dell'arte della
valutazione della prevenzione in Europa.. Si tratta di Fattori intermedi/Variabili di mediazione, Variabili
di processo, Variabili di outcome e Varibiabili correlate. Gli indicatori più utilizzati in Europa sembrano
essere quelli di processo.

35 Durlak, J.A. (1997).Successful prevention programs for children and adolescents. New York, Plenum Press.

15
16
CONCLUSIONE
Alla luce di quanto finora riportato, appare evidente come sia sempre più necessario, nel campo della
prevenzione delle dipendenze, attuare interventi che siano basati su una chiara teoria di riferimento ed
un’adeguata metodologia di ricerca e che consentano di affermare che gli effetti ottenuti sono correlati
al programma implementato e non ad altre variabili esterne. Al fine di massimizzare i benefici che si
vogliono ottenere, i programmi di prevenzione devono quindi essere basati su principi di evidenza
scientifica ed assicurare il ricorso ad un disegno d’intervento efficace.
Allo scopo di evidenziare e ribadire quanto emerso nelle pagine precedenti, si riporta una ulteriore
sintesi dei contenuti e degli specifici principi preventivi propri di ogni area di intervento, utili al fine di
strutturare programmi di prevenzione delle dipendenze efficaci.
Individuo:
! incrementare gli atteggiamenti contrari al consumo di sostanze è necessario, ma non sufficiente;
! incrementare le abilità sociali e personali;
! utilizzare approcci interattivi;
! divulgare informazioni è necessario, ma non sufficiente;
! focalizzare l’intervento in base al target (ad es. razza, età, sesso);
! coinvolgere i pari.
Famiglia:
! rivolgere l’intervento all’intera famiglia;
! coinvolgere in particolare le famiglie dove i genitori consumano sostanze;
! migliorare il legame familiare;
! focalizzare l’intervento sull’incremento delle abilità comunicative;
! utilizzare tecniche interattive;
! incrementare il coinvolgimento familiare;
! attuare interventi sensibili alla cultura di riferimento del target.
Comunità:
! coinvolgere l’intera rete delle agenzie presenti nel territorio;
! coinvolgere i giovani, sia direttamente che indirettamente;
! agire sulle norme favorevoli al consumo;
! limitare l’accesso alle sostanze attraverso la legislazione;
! rinforzare gli interventi/le azioni negli altri domini.
Scuola:
! agire sul fallimento scolastico;
! coinvolgere tutti i livelli (studenti, insegnanti, genitori, ecc.)
! migliorare la formazione degli insegnanti;
! valutare il clima a scuola;
! promuovere l’impegno della scuola nei confronti della prevenzione.
Pari:
! coinvolgere i pari;
! agire sulle norme favorevoli al consumo;
! proporre alternative positive al consumo;
! costruire nei pari abilità di resistenza al consumo;
! incrementare il legame fra i pari.
Società:
! modificare le norme ambientali;
! incrementare le tasse sull’alcol e sul tabacco;
! incrementare l’età minima legale per l’acquisto di alcol e tabacco;
! applicare le leggi relative all’età minima legale per l’acquisto di alcol e tabacco;
! perfezionare le leggi definite "consumo e perdo";
! limitare il consumo di tabacco e di alcol nei luoghi di lavoro pubblici e privati;
! attuare interventi di formazione indirizzati a chi gestisce i locali.

17
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23
Allegato
ESEMPIO DI POSSIBILI INDICATORI UTILIZZATI DA EDDRA.

FATTORI INTERMEDI / VARIABILI DI MEDIAZIONE


1. Incremento delle conoscenze e cambiamento di atteggiamenti verso prevenzione e cause di dipendenza
2. Incremento dell’autostima
3. Incremento delle abilità psico-sociali / life skills
4. Modifica delle opinioni degli studenti su uso di sostanze e politica delle droghe a scuola / regolamentazioni
5. Misurazione delle conoscenze e del cambiamento di atteggiamento
6. Valutazione, da parte degli insegnanti, dei cambiamenti nella dimensione della Sicurezza di sé
7. Incremento dell’atteggiamento assertivo (sia in generale, sia in relazione al consumo di sostanze)
8. Miglioramento della comunicazione in famiglia

VARIABILI DI PROCESSO
1. Grado di soddisfazione e accettazione (valutazione e realizzazione del progetto)
2. Intensità della partecipazione al progetto e agli eventi previsti dallo stesso
3. Numero di domande durante il training e la supervisione del gruppo di lavoro
4. Numero di genitori coinvolti nel progetto
5. Grado di partecipazione degli insegnanti
6. Numero di attività programmate nelle scuole
7. Interesse verso le informazioni personalizzate
8. Giudizio che gli insegnanti hanno del progetto
9. Conoscenza degli obiettivi di promozione della salute
10. Valutazione dello sviluppo di rete / Implicazione delle istituzioni locali
11. Livello di cooperazione con studenti, genitori e colleghi
12. La realizzazione del lavoro di gruppo
13. Le richieste per il training
15. Valutazione di comunicazione e contenuti / struttura di gruppo e atmosfera
16. Numero di pari - educatori
17. Contatti effettuati e registrati dai pari - educatori
18. Accessibilità dell'informazione
19. Continuità e proposte per il miglioramento
20. Analisi del processo nel lavoro

VARIABILI DI OUTCOME
1. Percentuale di prevalenza dell’uso di alcol, tabacco, farmaci e droghe / prima e dopo
2. Intenzione di cambiare i propri comportamenti a rischio
3. Intenzione di usare droghe in futuro
4. Numero di sigarette fumate per settimana
5. Numero di ubriacature nell’ultimo anno
6. Effetti nella classe / scuola (prima e dopo)
7. Praticabilità della peer education

VARIABILI CORRELATE
2. Percentuale di tentativi di suicidio
3. Percezione del benessere nella scuola e negli ambienti di famiglia
4. Comportamento aggressivo, furti, e vandalismo nell'ultimo anno
5. Ammontare dei soldi spesi in bar e discoteche ogni settimana
6. Calo dello stress scolastico degli studente
7. Numero di studenti che menzionano cambiamenti personali

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