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Il nuovo in musica.

estetiche tecnologie linguaggi


il nuovo in musica
estetiche tecnologie linguaggi
a cura di Rossana Dalmonte e Francesco Spampinato

€ 30,00 LIM Libreria Musicale Italiana


Il volume è pubblicato con il contributo ministeriale Progetto di Rilevanza
Nazionale PRIN 2005-2007 e con la collaborazione del Dipartimento di
Filosofia, Storia e Beni Culturali dell’Università di Trento

Immagine di copertina di Francesco Spampinato.

Grafica, layout e copertina di Ugo Giani


Elaborato e preparato per la stampa con OpenOffice.org
© 2008 Libreria Musicale Italiana
Lim srl, via di Arsina 296/f, I-55100 Lucca
lim@lim.it www.lim.it
ISBN 978-88-7096-551-3
IL NUOVO IN MUSICA
ESTETICHE TECNOLOGIE LINGUAGGI

Atti del convegno


(Trento, 18-20 gennaio 2008)

a cura di
Rossana Dalmonte
Francesco Spampinato

Libreria Musicale Italiana


SOMMARIO

IX Premessa

PRIMA PARTE
RIFLESSIONI TEORICHE SUL NUOVO

3 Alessandro Arbo
Il nuovo nel discorso sulla musica nel Novecento
19 Daniele Barbieri
Il nuovo e il differente: un apologo storicista
25 Mario Baroni
Esiste oggi un “nuovo modo” di fare musicologia?
37 Christine Esclapez
Boris de Schloezer (1881-1960), André Souris (1899-1970) e André
Boucourechliev (1925-1997). Un’altra musicologia?
47 Luca Marconi
Il nuovo e i valori in musica e in musicologia
57 Jean Molino
Musique, technique, innovation
85 Giordano Montecchi
Appunti sull’ideologia del Nuovo in musica
95 Francesco Spampinato
Nuovi percorsi fra le memorie del corpo: sugli stilemi gestuali di Debussy
105 Bernard Vecchione
Dolce Stil Novo, Ars Nova, Nova Music. L’idée de «raison musicale trope»
dans le motet de circonstance du Moyen Age tardif
VI

SECONDA PARTE
INTERSEZIONI FRA MUSICOLOGIA E ALTRE SCIENZE

125 Mitsuko Aramaki – Jean Vion-Dury – Daniele Schön –


Céline Marie – Mireille Besson
Une approche interdisciplinaire de la sémiotique des sons
137 Antonio Camurri
Analisi di emozioni e della espressività nella musica e nella danza
153 Giovanni De Poli – Luca Mion
Espressività ed azione nell’esecuzione musicale
161 Goffredo Haus
Un esempio di “nuova” tecnologia musicale
173 Marco Russo
Problemi di organologia contemporanea: gli strumenti virtuali
187 Jean Vion-Dury
Le cerveau est-il musical? Notes sur les plasticités cérébrale et musicale

TERZA PARTE
ASPETTI DI NUOVA MUSICOLOGIA

199 Anna Rita Addessi


Sinergie: cognizione, tecnologia, apprendimento. Esperimenti con i bambini
e il Continuator
213 Roberto Agostini
Shakira dembow. Fare dischi pop, di successo
223 Rossana Dalmonte
Analisi melodica e tecnologia. Un esempio da «Tosca» di Puccini
237 Mariacarla De Giorgi
Gentilucci-Rilke: Il tempo sullo sfondo. Illuminazioni rilkiane sul concetto
estetico-compositivo di «nuova musica» in Armando Gentilucci
VII

247 Elsa De Luca – Valentina Marangi


Rhytmic And Proportional Hidden or Actual Elements in Plainchant.
Computerized census and integral restoration of a neglected musical
repertoire [RAPHAEL project]
253 Mariateresa Dellaborra – Piero Gargiulo
Estratti dal progetto ITMI (1300-1799). Il “nuovo” tra Medioevo e
Settecento
261 Flavia Gervasi
I repertori vocali di tradizione orale nelle recenti espressioni del folk-revival
salentino. Nuove ipotesi di metodo a partire dalle problematiche di
trascrizione del “livello immanente”
267 Marco Gozzi
Codici musicali trentini on line
275 Claude-Chantal Hess
John Zorn. Esquisse d’un compositeur postmoderne
281 Elisabetta Piras – Gianni Zanarini
Aspetti del “suono sferico” nelle improvvisazioni di Giacinto Scelsi
289 Nathalie Ruget
Écoute Nouvelle, Luigi Nono: les influences réciproques en temps réel
du mot et du son
297 Mariateresa Storino – Roberto Caterina
Interpretazione musicale e gestualità
305 Julia Suero
Joëlle Léandre et l’improvisé au regard de la conception du langage: une
nouvelle perspective
311 Cécile Vendramini – Nolwen Caudal – Laurent Séjourné
Captations gestuelles et sonores en milieu scolaire: approche didactique
PREMESSA

Nel volume che qui si presenta due “storie” s’incontrano e si sviluppano con
apporti vicendevoli: quella del Progetto di Rilevanza Nazionale PRIN 2005-2007
delle Università di Trento, Bologna e Milano dal titolo Nuove Musiche e Nuove
Tecnologie e quella del Symposium sur les Sciences du Langage Musical (SLM)
dell’IDEAT (Institut d’Esthétique, d’Arts et Technologie, CNRS/Sorbonne),
giunto alla sua quarta edizione.
Da parte italiana l’approdo all’appuntamento del Convegno (già previsto nel
progetto iniziale) giungeva dopo due anni di attenzione critica su un problema
dibattuto internazionalmente negli ultimi decenni, anche se non tenuto in primo
piano negli ambienti musicologici italiani: la dialettica arte-nuove tecnologie e le
loro possibilità di interazione e scontro. Nel focus della ricerca erano state poste
le “macchine” capaci di produrre musica originale e riprodurre musica già fatta,
di creare pastiches di qualsiasi stile, di inventare suoni inediti e “rubare” suoni già
prodotti e perfino di insegnare ai bambini a comporre. Si era toccata con mano la
capacità delle nuove tecnologie di raggiungere maggiore precisione in alcune
operazioni musicologiche; si era registrata da più parti la tendenza della tecno-
logia a distruggere un’aura divenuta poco credibile, ed anche quella di creare at-
mosfere inaudite. Da questa intricata rete di influssi e interferenze la ricerca svi-
luppatasi nelle tre Università arrivava al Convegno avendo elaborato alcune tra-
iettorie teoriche e proposte pratiche e sperimentali applicate ai problemi della
composizione, dell’insegnamento musicale e dello studio musicologico.
Nei campi della musica elettroacustica e della composizione con live-electro-
nics — i più prossimi al tema musica-tecnologia — le nostre ricerche avevano ap-
purato che il rapidissimo sviluppo di quest’ultima, e in particolare i sorprendenti
progressi dell’informatica, avevano indotto gli utenti a soffermarsi sullo studio
del “mezzo” assai più che sull’individuazione dei “fini”, come è naturale che sia in
X
un approccio sperimentale: eravamo quasi giunti alla conclusione che il pensiero
musicale fosse stato “più forte” quando la tecnologia era “più debole”.
Ma siamo veramente sicuri che si tratti di una differenza di grado nella
stessa categoria e non di una diversa qualità di pensiero cresciuta insieme allo
sviluppo della tecnologia? Un certo “feticismo” del mezzo tecnico, laddove
queste esperienze non fossero guidate da intenzioni musicali ferree, era in una
certa misura connaturato alla difficoltà di accedere alle complesse e costose ap-
parecchiature tecniche un tempo necessarie per quel genere di ricerche. Oggi lo
straordinario sviluppo dell’informatica ha eliminato quasi del tutto la sogge-
zione nei confronti della macchina: chiunque può permettersi di utilizzare, o
addirittura di avere in casa, un’attrezzatura minima per un primo approccio
alla composizione elettroacustica, sia nel campo della musica sperimentale sia
in quello della popular music. Dalle indagini condotte nelle tre Università del
PRIN i tempi sembravano maturi per una riflessione allargata ad un Convegno
Internazionale su come le nuove tecnologie avessero modificato la prassi musi-
cale nei tre principali campi della composizione, dell’educazione musicale e
della musicologia.
Si trattava semplicemente di completare la “storia” invitando altri studiosi a
dialogare sui temi che ci avevano occupati per circa due anni.

Da parte francese, il Convegno rappresenta il quarto degli appuntamenti orga-


nizzati nell’ambito del progetto internazionale di ricerca sulle Scienze del Lin-
guaggio Musicale (SLM). Nato nel 1997 su iniziativa di Bernard Vecchione (Uni-
versità di Aix-en-Provence, Francia), tale progetto mira a promuovere occasioni
di incontro e confronto fra studiosi di tutto il mondo attorno al tema del lin-
guaggio musicale, ovvero le dimensioni di linguaggio specifiche del musicale.
La prima edizione del Simposio si è svolta a Aix-en-Provence nel maggio
1998 (organizzata da B. Vecchione e C. Hauer);1 la seconda, sempre in Francia,
a Saint-Rémy-de-Provence nell’ottobre 2004 (organizzata da B. Vecchione, C.
Dessarts, H. Le Guil e F. Spampinato); la terza edizione si è svolta a Bologna nel
febbraio 2006 (organizzata da D. Barbieri, L. Marconi e F. Spampinato). 2 Nel
2006 nasce il sito internet www.sciences-du-langage-musical.org, organo uffi-
ciale del progetto. Dal 2006 l’SLM gode del supporto istituzionale dell’Institut
d’Esthétique, d’Arts et Technologie, UMR n° 8153 CNRS/Sorbonne (diretto da
Costin Miereanu).
Nel corso di questi incontri, ci si è resi conto che per poter trattare la que-
stione del linguaggio musicale non ci si può accontentare di un’applicazione
pura e semplice dei metodi e dei concetti proposti dalle discipline che studiano

1. VECCHIONE B. - HAUER C. (cur.), Sémiosis et Hermenéia: le sens langagier du musical, L’Har-


mattan, Paris, in corso di stampa.
2. BARBIERI D. - MARCONI L. - SPAMPINATO F. (cur.), L’ascolto musicale. Condotte, pratiche, gram-
matiche, LIM, Lucca 2008.
PREMESSA XI
le lingue e i testi linguistici. Il problema del linguaggio musicale richiede l’inte-
razione di più discipline del linguaggio, animate da uno spirito di confronto e
cooperazione. Nel corso di vari anni di ricerca e di scambio, si sono dunque
cercati i punti di convergenza e di articolazione fra analisi, estetica, semiotica,
semantica, estesica e poietica, sintassi, prosodia, stilistica, retorica, pragmatica,
poetica e narratologia, critica, ermeneutica… e si sono individuate, da un lato,
trasversalità di temi di studio e, dall’altro, proficue congiunzioni fra due o più
aree disciplinari (interscienze e reti di discipline). Il progetto SLM nasce e si
sviluppa proprio attorno a questa dialettica fra musicologia e metamusicologia,
fra, da un lato, un modo specifico di osservare la “realtà musicale” nelle sue di-
mensioni di linguaggio e, dall’altro, una visione della “realtà musicologica”, glo-
bale e interattiva rispetto ai paradigmi disciplinari specifici. La convergenza fra
il Convegno sul “Nuovo in musica e in musicologia” e il progetto SLM gravita
dunque attorno alla riflessione sui nuovi modi di interrogarsi sul funziona-
mento specifico della musica come linguaggio e sui nuovi approcci alle dimen-
sioni di linguaggio specifiche del musicale.

Il gruppo costituitosi a Comitato scientifico del Convegno era formato da:


Rossana Dalmonte (Università di Trento), Annarita Addessi e Mario Baroni
(Università di Bologna), Goffredo Haus (Università di Milano), Luca Marconi
(Conservatorio di Como) e Francesco Spampinato (IDEAT e Université d’Aix-
en-Provence). Fin dalla prima riunione apparve chiaro che le premesse da cui il
Convegno prendeva le mosse erano così ricche di spunti d’ampliamento e così
differenziate nel taglio metodologico, da rendere difficile una scelta capace di
dare al Convegno una propria autonoma identità. Anche di ricchezza si può
perire, per soffocamento. La svolta decisiva è venuta con grande naturalezza da
Luca Marconi: «dal momento che tutte le proposte vanno coniugando in vari
modi il concetto di “nuovo”, perché non tematizzare proprio lui, il Nuovo?».
Detto-fatto, si cominciò a lavorare attorno a questo concetto per decidere
quali persone fosse più opportuno invitare a svolgere i diversi aspetti del tema.
Occorreva identificare i termini del conflitto che oppone un’idea, un’opera,
un’espressione linguistica reali al loro contesto d’illusione e da ciò fare emer-
gere la loro potenziale novità. Il nuovo “cronologico” rispetto a ciò che c’era
prima, apriva la porta agli studiosi di storia dando loro diverse prospettive (nel
sociale, nella didattica, nell’analisi); il nuovo “sincronico” offriva il destro a di-
scorsi su questioni di “stile”, di “scuola”, ma anche di “moda” e di “tendenza”.
Il nuovo nel conflitto generazionale di compositori, esecutori, cantautori e mu-
sicologi poteva diventare un modo primitivo, ma comodo, per segmentare il
tempo (della storia). Ci si rese presto conto che gli umori e le preferenze dei
membri del gruppo promotore stavano estendendo i confini del Convegno a
dimensioni difficili da gestire in un tempo assai limitato (quattro mezze gior-
nate), per cui si decise di piantare paletti rigidissimi: poche “relazioni-di base”,
XII
alcuni inviti sul tema “applicazioni” e “dimostrazioni” più la richiesta di parte-
cipazioni libere in forma “iconica” di posters.

Grazie alla buona volontà e alla professionalità di tutti i partecipanti si


giunge ora, a pochi mesi dal Convegno, alla redazione dei suoi Atti e ci si rende
conto con un certo stupore di quanta ricchezza di riflessione e incremento di
conoscenza siano potuti maturare in così poco tempo.
Il volume che qui si presenta non riproduce nella sua distinzione in tre parti
le “categorie” individuate per l’organizzazione del Convegno. Prima di tutto
perché — ovviamente — i posters sono diventati saggi (anche se di dimensioni
più limitate), per cui una delle “categorie” è scomparsa in favore delle altre eti-
chette, e segnatamente delle “applicazioni”; inoltre le inizialmente poche “rela-
zioni-di-base”, a cui era stato affidato il compito di inquadrare teoricamente il
tema del Convegno, si sono moltiplicate, grazie ad una straordinaria prolifera-
zione di idee teoriche sul nuovo provenienti anche dal campo inizialmente in-
dividuato come destinato alla descrizione delle “applicazioni”. Infine, i contri-
buti di alcuni partecipanti al Convegno hanno manifestato un aspetto partico-
larmente segnato da un carattere di interdisciplinarità, con forte accento su
particolari conoscenze scientifiche messe a disposizione della musicologia, per
cui è sembrato opportuno dare loro risalto in una parte distinta del volume.
All’interno delle tre parti in cui viene suddiviso il materiale emerso dal Con-
vegno — Riflessioni teoriche sul Nuovo, Intersezioni fra musicologia ed altre
scienze, Aspetti di nuova musicologia — non è stato possibile identificare criteri
scientifici di successione né filoni caratterizzanti, per cui si è optato per un aset-
tico ordine alfabetico.3

Al termine del lavoro desideriamo ringraziare Mario Baroni per la vigile as-
sistenza e l’Università di Trento — Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni
Culturali — per aver reso possibile la pubblicazione del presente volume.

Rossana Dalmonte – Francesco Spampinato


novembre 2008

3. Il saggio di Franco Fabbri, Sonde: la direzione del nuovo, presentato al termine del Conve-
gno, è stato pubblicato in anteprima sul numero 86 (luglio 2008) della rivista «Musica/Real-
tà», 55-72.
Roberto Agostini
Bologna

SHAKIRA DEMBOW. FARE DISCHI POP, DI SUCCESSO

1. Una canzone di successo


Se c’è un ambito musicale in cui si assume che di nuovo accada ben poco,
questo è certo il mainstream pop, ossia la musica più diffusa nella nostra società
industrializzata indirizzata a soddisfare le esigenze del pubblico ampio ed ete-
rogeneo dell’intrattenimento mediatico. Il mainstream è infatti comunemente
considerato un flusso sonoro indifferenziato e conservatore a proposito del
quale si danno per scontati elementi quali la standardizzazione delle forme, la
passività dei consumatori, e l’assenza di cambiamento ed innovazione. Vari
studi hanno però mostrato che le pratiche del consumo quotidiano, musicale e
non, sono anche occasione di attività di produzione di senso che contraddi-
cono tali luoghi comuni, ed è in questa prospettiva che recentemente mi sono
occupato delle forme del cambiamento e dell’innovazione nel mainstream1.
Questo convegno mi ha dunque spinto ad approfondire le mie riflessioni in
questa direzione, cosa che farò sviluppando un’analisi di Hips don’t lie di Sha-
kira (Tab. 1).
Hips don’t lie (HDL) è uno dei maggiori successi discografici mai pubblicati,
il maggiore di quest’ultimo decennio.2 In particolare, è un successo crossover
senza precedenti: è il primo singolo latin ad essersi piazzato in testa sia alla clas-
sifica latin che a quella pop, facendo di Shakira la prima cantante latino ameri-
cana ad aver raggiunto tale posizione. È curioso notare che il mondo ispanico
ha preferito la versione inglese del brano, non quella in spagnolo, come consue-
tudine. Shakira, abituata a far man bassa di Grammy, si è così dovuta acconten-
tare di una sola candidatura nei Grammy Awards e nessun riconoscimento nei
1. Per il quadro teorico-metodologico in cui si colloca questo studio, cfr. Agostini 2004; 2007a
e 2007b.
2. Cfr. la voce Wikipedia Hips don’t lie (2008).
214 ROBERTO AGOSTINI

Latin Grammy Awards: una canzone latin in inglese interpretata con un rapper
haitiano non si sapeva proprio dove metterla.

Titolo Hips don’t lie


Interpreti Shakira featuring Wyclef Jean
Parole Shakira, Wyclef Jean
Musica Wyclef Jean, Jerry Dupless, Shakira, Omar Alfanno, LaTavia Parker
Produttori Shakira, Wyclef Jean, Jerry Dupless
Anno 2006
Editore Sony/ATV Tunes LLC, Huss-Zwingli Publishing; EMI Blackwood Music; Te-Bass
Music; Carmel House Music; Ensign Music; Lanfranco Music/Samalea Songs/Nelia
Music; JNR Music Publishing

Tab. 1. Informazioni su HDL

Dunque, un successo discografico dalle proporzioni enormi non ha trovato


chiara collocazione all’interno delle categorie di mercato. L’ipotesi è che il
brano sia stato in grado di raccogliere istanze di rinnovamento sentite diffusa-
mente, non previste dagli apparati industriali e, credo, insperate dagli stessi
produttori del disco. Sorge spontaneo chiedersi quali siano queste istanze e se
ad esse corrispondano aspetti inediti nella musica.3

 
         

                 

 

       

   


  
   

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Fig. 1. Schema analitico di HDL

= giro armonico | i IV | VII v | Vi VII | i |


= pedale-riff (Si7)

3. Per l’impianto teorico-metodologico di riferimento per l’analisi, cfr. Agostini-Marconi 2002.


SHAKIRA DEMBOW. FARE DISCHI POP, DI SUCCESSO 215

* = presenza dello hook ai fiati


St = strofa – 4 bb.
Rt = ritornello – 4 bb.)
Pt = ponte – 8 bb.
Br = break – 1 = 4 bb., 2 = 2 bb.
Intermezzo latin – 3+4 bb.
Intermezzo hip hop – 8 bb.
S = Shakira
W = Wyclef Jean
Tr = Tromba solista

HDL è una canzone basata sulla forma strofa-ritornello e su un impianto


melodico-armonico modale eolio (in sib) dal sapore spagnolo (Fig. 14). Il brano
colpisce soprattutto per il suo hook salsa esposto da una sezione fiati. Antici-
pato nell’introduzione e ripreso come coda senza accompagnamento, esso è
presente in tutti i ritornelli e nelle due ultime strofe. Il suo giro armonico carat-
terizza comunque anche le strofe dove non compare. Completano il brano al-
cune sezioni contrastanti basate su pedale di tonica e alcuni break vocali. In
particolare, va segnalata la presenza di un intermezzo rap nella parte finale,
come è tipico in molte canzoni dance e R&B d’oggi. Le parole, in inglese, ma
con frequenti passaggi in spagnolo, trattano della relazione tra due persone che,
nel contesto di festa tra immigrati negli Stati Uniti, si seducono l’uno con
l’altra. Fanno da cornice alla scena vari riferimenti alla condizione degli immi-
grati e alla biografia dei due interpreti (Shakira è colombiana e Wyclef Jean è di
origini haitiane).
In breve, HDL è una tipica canzone ballabile con uno hook ben riuscito, una
melodia orecchiabile e una sezione rap. Il suo ampio successo crossover è certo
dovuto alla ben equilibrata miscela tra elementi latin, dance, pop e R&B.

2. Dembow
Le considerazioni finora sviluppate sono però troppo generiche per spiegare
le ragioni del grande successo di HDL. Volendo approfondire, va anzitutto rile-
vato un aspetto inedito per una canzone mainstream dell’epoca che deve aver
contribuito non poco al suo successo: la presenza di elementi musicali tipici del
reggaeton.
Il reggaeton è un genere musicale, cantato in spagnolo, sviluppatosi in Pa-
nama e in Porto Rico alla fine degli anni ’80 dalla fusione di forme locali di
reggae e dancehall giamaicano, hip hop statunitense e generi locali [Manuel
2006, 110 sgg.; Allatson 2007, 202 sgg.]. Il reggaeton è la prima musica dei gio-
vani ispanici sentita come autenticamente latina, non “d’importazione”. Diffu-

4. Quest’analisi formale trova conferma nel modo in cui HDL è modificata nelle performance
[Shakira 2007, Tingen 2007].
216 ROBERTO AGOSTINI

sosi presto in tutte le comunità ispaniche del Nord e del Sud America, da
qualche anno gode di un ampio riconoscimento internazionale crossover.
Il reggaeton si basa sul riddim system, una tessitura che affonda le sue origini
nel dancehall giamaicano dagli anni ’50 [Manuel–Marshall 2006]. Il riddim sy-
stem è basato sulla sovrapposizione di due strati: (1) il riddim, costituito da una
sezione ritmica elettronica che esplicita un modulo ripetitivo musematico ba-
sato su uno o due accordi, generando così un groove, e (2) il voicing, costituito
da formule vocali di carattere recitativo (rap) o di carattere più spiccatamente
melodico (che spesso riutilizzano melodie note). Voicings e riddims sono auto-
nomi, riconoscibili e, una volta creati, sono utilizzati in più brani. Va però pre-
cisato che, mentre i voicings sono perlopiù lasciati all’improvvisazione e all’e-
stemporaneità, i riddims hanno sempre un nome e un autore, che coincidono
rispettivamente con il titolo del disco dove è apparso la prima volta il riddim e
il nome del produttore di tale disco.
Per definire un brano reggaeton, deve essere presente il “dembow”, un
riddim dancehall creato nel 1990 in Dem Bow di Shabba Ranks, prodotto da
Bobby “Digital” Dixon. Il dembow è un modulo ritmico musematico hemiola
generato da una base di batteria elettronica (Es. 1) a cui si sovrappongono altri
elementi musicali variabili utili per enfatizzare l’accentuazione 3+3+2.5

           
          
Hi Hat
Rullante
Cassa
> > > > > >

3 3 2 3 3 2

Es. 1. Dembow

Il dembow è chiaramente percepibile nella sezione ritmica di HDL, dove ri-


sulta però assorbito all’interno della struttura tipica della canzone mainstream,
che è molto diversa dal riddim system. HDL si basa infatti sulla forma strofa-ri-
tornello e sulla relazione tra una melodia e un accompagnamento dove un
canto orecchiabile è inserito in un percorso melodico-armonico coerente e re-
lativamente ampio. Dunque HDL è una tipica canzone ipotattica a incassa-
mento delle parti, mentre il reggaeton risponde alla logica del flusso paratattico
basato sulla libera giustapposizione delle parti [Marconi 2004; Agostini 2002].

3. Tradizioni elettroniche
È interessante rilevare che il dembow riutilizza il riddim dancehall “poco”, le
cui origini sono da ritrovare in Poco Man Jam di Gregory Peck, prodotto da
Steelie & Clivie nel 1990, e sembra far riferimento addirittura al “bam bam”,
5. Gli andamenti ritmici hemiola sono molto diffusi nelle musiche africane americane e ispani-
che.
SHAKIRA DEMBOW. FARE DISCHI POP, DI SUCCESSO 217

creato nel 1966 nell’omonima canzone del gruppo giamaicano Toots & The
Maytals prodotta da Byron Lee e Ronnie Nasralla, e attualmente noto nella
forma in cui è stato ripreso, sempre nel 1990, in Murder She Wrote di Chaka
Demus & Pliers, prodotto da Sly Dunbar e Robbie Shakespeare. Nella diffu-
sione del dembow in Panama, poi, ha certo giocato un ruolo chiave la sua ri-
presa in Son Bow di El General (1991), figura chiave del reggae panamense.6
È evidente che dancehall e reggaeton, come i molto più studiati hip hop ed
electronica,7 si basano sul riutilizzo costante di materiali pre-esistenti, che ven-
gono ripresi, decontestualizzati, variati, rielaborati, trattati all’infinito, in un
gioco di rimandi in cui è facile perdersi. In effetti, qualsiasi musica fa riferi-
mento a un corpus di materiali pre-esistenti, vuoi per cercare forme di conti-
nuità con la tradizione, vuoi per cercare differenze o rotture. Il cambiamento e
l’innovazione rispetto a tale corpus sono però concepiti in modi diversi nelle
varie tradizioni musicali. Ad esempio, nella tradizione della musica d’arte occi-
dentale, basata sulla scrittura, si ricerca l’originalità e la sperimentazione sui
linguaggi fine a se stessa, rifuggendo dalle formule e dai cliché. Nelle culture
popolari, dove il cambiamento è strettamente legato ai contesti socioculturali, si
apprezza invece un grado maggiore di ridondanza e di continuità con la tradi-
zione, ed anzi si fa normalmente ricorso a formule e a “frasi fatte”.
Oggi molte forme di espressione musicale popolari hanno trasformato le
pratiche della tradizione orale integrandole con l’uso delle tecnologie elettro-
niche. Ora, se nelle pratiche orali i suoni della tradizione sono costantemente
interpretati e ricreati nella performance, nelle pratiche elettroniche i suoni della
tradizione sono invece interpretati e ricreati in studio di registrazione, dove
sono affidati non più alla memoria umana, ma a quella elettronica: sono cioè
fissati su supporti fonografici pronti per i successivi riutilizzi, che non di rado li
riprendono addirittura nella loro materialità. Sono dunque state sviluppate tec-
niche ad hoc per favorire queste pratiche tra le quali quella più studiata è il
campionamento. Quest’ultimo, però, rappresenta solo il caso più evidente del
costante riutilizzo di materiali che caratterizza la produzione di molta popular
music odierna, dove il montaggio e il trattamento di materiali musicali pre-esi-
stenti — non solo campionati, ma anche ri-creati — è la regola e avviene attra-
verso varie tecniche.
Queste pratiche popolari elettroniche hanno dato origine ad una forte ten-
sione fra autorialità e appropriazione, fra proprietà e condivisione, tra diritto
d’autore e dominio pubblico. Si tratta di una tensione difficilmente risolvibile
in quanto connaturata al contesto socioeconomico e tecnologico moderno, che
è da tempo al centro di un ampio dibattitto che tocca anche le questioni del va-
lore e dell’innovazione.

6. Cfr. Wayne & Wax 2006 e i siti che catalogano i riddims, come ad esempio Jamrid.
7. Etichetta inglese che si riferisce a quei generi di popular music realizzati prevalentemente
con strumenti elettronici.
218 ROBERTO AGOSTINI

A questo proposito, possiamo notare che, mentre in generi di nicchia quali


dancehall, hip hop, electronica e reggaeton tali pratiche sono spesso considerate
con interesse e studiate nelle loro potenzialità creative, quando si viene alle
prese con il mainstream i pareri sono unanimi: il riuso dei materiali è sintomo
di scarsa creatività, standardizzazione e plagio. Così, la presenza del dembow
nel reggaeton rappresenta un caso di appropriazione creativa, mentre in HDL
indica lo sfruttamento di un elemento tipico di un genere di nicchia per inse-
rire elementi di novità nel mainstream stagnante al fine di allargare il pubblico
latin alle nuove generazioni e di sedurre quello pop attraverso facili esotismi.
Ora, non che non esistano differenze tra musiche ai margini e mainstream,
ma considero un pregiudizio il pensare a priori che il cambiamento, l’innova-
zione e la creatività abbiano sede nel cosiddetto underground e la stagnazione e
le logiche commerciali nel mainstream. Piuttosto, è interessante osservare come
HDL articoli l’identità del pubblico mainstream secondo modalità comuni con
i generi di nicchia, ma con significati diversi. Prova ne sia che il dembow non è
l’unico materiale riutilizzato in HDL; anzi, approfondendo altri aspetti sonori
di HDL ci si trova proiettati in una fitta rete di riferimenti intertestuali generati
dal riutilizzo di materiali di varia provenienza non certo meno significativi del
dembow.

4. Frammenti di mainstream
Anzitutto, HDL è un rifacimento di Dance like this (DLT), brano interpre-
tato da Wyclef Jean in coppia con la cantante statunitense di origine portorti-
cana Claudette Ortiz: ponti e strofe di HDL riutilizzano la strofa ed il ritornello
di DLT modificando alcune parole, mentre ritornello, sezione rap e alcuni
break sono inediti. Insomma, la maggior parte del materiale musicale di HDL è
tratto da DLT. Se aggiungiamo la Ortiz tra gli interpreti, ed escludiamo Shakira
e gli editori Carmel House ed Ensign, anche il personale che ha lavorato alla
produzione dei due brani è identico (Tab. 1).
DLT fa parte della colonna sonora di Dirty Dancing: Havana Nights (2004), a
sua volta un remake di Dirty Dancing (1987) ambientato a Cuba, la cui colonna
sonora conta solo musicisti ispanici o neri. Emerge dunque con forza non solo
una relazione diretta tra HDL è l’immaginario centrato su di un film le cui te-
matiche sono fortemente richiamate in HDL (ballo, immigrazione, mondo
ispanico, seduzione e via dicendo), ma anche quella indiretta al più ampio im-
maginario legato a Dirty dancing, che è ancora ben radicato nel pubblico del-
l’intrattenimento mediatico.8

8. Dirty dancing ha ispirato due serie televisive (1988 e 2006) e due musical teatrali (1988 e
2004). Inoltre, oltre ad Havana nights, è indirettamente legato ad altri film, come ad esempio
One last dance, dove l’attore protagonista di Dirty dancing, Patrick Swayze, veste i panni di
un attempato danzatore.
SHAKIRA DEMBOW. FARE DISCHI POP, DI SUCCESSO 219

Lo hook salsa di HDL e di DLT, che fornisce il materiale musicale dell’ac-


compagnamento dei due brani, è un campione di Amores como el nuestro, un
classico salsa di Omar Alfanno pubblicato nel 1992 in un album di Jerry Ri-
vera.9 La presenza di questo frammento rimanda dunque al mondo musicale
salsa latino. Ma non solo: rimanda anche al mondo hip hop newyorkese: lo
stesso campione era già stato utilizzato nel 1997 dal duo Lord Tariq & Peter
Gunz in apertura del loro primo e unico successo Deja Vu (Uptown Baby),
brano a sua volta assai ricco di rimandi ad altri brani hip hop, R&B e pop su cui
non posso dilungarmi ora. È evidente che con il campionamento il gioco dei ri-
mandi potrebbe proseguire all’infinito.
Va infine segnalata la presenza di un altro elemento significativo riutilizzato
in DLT e in HDL, un elemento difficile da cogliere per l’ascoltatore europeo, ma
così evidente alle orecchie del pubblico latino americano che Luis Días, decano
del rock dominicano famoso e celebrato in tutta l’America Latina, ha deciso di
intentare una causa di plagio (solo contro HDL), sostenendo che i due versi
“Baila en la calle de noche / baila en la calle de día” (cfr. Break 1) sono un riferi-
mento diretto al testo della sua Baila en la calle, dove si incontrano gli stessi
due versi.10 Nonostante le due canzoni non abbiamo alcunché in comune oltre
a questi due versi, tra l’altro d’uso comune, Días ha avuto ragione, e non è certo
difficile capirne il motivo: Baila en la calle è un brano talmente famoso in Ame-
rica Latina — è una sorta di inno dei famosi Carnevali sudamericani — che tra i
due versi incriminati e il brano si è ormai venuto a creare un rapporto inscindi-
bile, per cui il semplice pronunciare quelle parole genera un riferimento diretto
ed inevitabile alla canzone stessa. Se poi consideriamo che nel video di HDL ri-
conosciamo i costumi, le danze (cumbia) e le maschere (marimondas) tipiche
del carnevale di Barranquilla — il carnevale più importante dell’America Latina
dopo quello di Rio che si svolge proprio nella città dove, come le parole del
brano ci informano, è nata Shakira —, il riferimento al brano di Dìas appare
ancora più evidente.
In sintesi, HDL è un remake11 di DLT pensato per Shakira che a sua volta è
un remake di Amores como el nuestro pensato per Havana nights. In entrambi i
casi si nota la ricerca di consenso crossover a partire da elementi latin mescolati
ad elementi tratti dalla popular music nera nord americana e dalla dance.

9. L’uso del campione è dichiarato. Cfr. la presenza di Omar Alfanno tra gli autori di DLT e
HDL, e della Lanfranco/Samalea Songs/Nelia tra gli editori.
10. Nota anche come Carnaval, Baila en la calle è stata dapprima incisa dall’autore in coppia
con Sonia Silvestre nel 1983 con il titolo Carnaval & Asfalto. È stata poi lanciata nel 1984 da
Fernando Villalona con l’attuale titolo [Peguero 2008].
11. L’uso del termine cinematografico remake non è casuale: oggi le pratiche di replicabilità
sono diffuse in tutti i media e presentano significative affinità [Dusi–Spaziante 2006].
220 ROBERTO AGOSTINI

5. Flussi mainstream e globalizzazione


Dal punto di vista legale HDL è un rifacimento di DLT che presenta un cam-
pionamento di Amores come el nuestro e una citazione del testo di Baila en la
calle. In questo brano c’è dunque ben poco materiale inedito. Dal punto di vista
della pratica musicale, HDL è un pezzo di musica che riutilizza vari materiali
musicali pre-esistenti ponendosi al centro di una fittissima trama di riferimenti
musicali ed extramusicali che si amplierebbe a dismisura se si tenesse conto
anche degli innumerevoli rimissaggi del brano, degli altri formati con cui è
stato distribuito (video, DVD, album, EP) e delle performance in cui è stato
presentato (concerti, eventi speciali, apparizioni TV).
HDL è dunque un significativo esempio di quella tensione fra proprietà e
dominio pubblico di cui abbiamo detto. Possiamo dire che HDL “congela” in
un “fonogramma” un momento del “flusso mainstream”, ovvero di quel pro-
cesso di continua trasformazione e osmosi dei materiali musicali che caratte-
rizza il mainstream, un processo basato sul costante riutilizzo e sull’appropria-
zione di materiali preesistenti che è assai comune nelle pratiche popolari della
società moderna. Spesso, infatti, in un disco non è difficile accorgersi della pre-
senza di un riferimento sotto forma di campionamento, parodia, citazione,
riuso e via dicendo: quello che è difficile è stabilire qual è il disco che può essere
considerato la fonte originale di tale riferimento. Questo, però, è un problema
la cui soluzione interessa i legali degli editori più che gli artisti e il loro pub-
blico. Di fatto, sono i concetti di “originale” e di “opera” ad essere messi in crisi
dalle pratiche elettroniche popolari.
È possibile parlare di innovazione nel HDL e, più in generale, nelle pratiche
musicali popolari moderne? Il primo dato che possiamo considerare è che nelle
pratiche musicali popolari non troviamo rotture traumatiche della tradizione,
ma cambiamenti più o meno profondi nella continuità. Qui l’innovazione non
è costituita dall’introduzione di qualcosa di radicalmente nuovo e inaudito.
Non sovverte i linguaggi, non sperimenta soluzioni inedite in modo fine a se
stesso, ma è mossa da esigenze diffuse in una collettività. Anzi, l’innovazione
stessa parte in prima istanza dalla collettività, non da un ristretto nucleo di ar-
tisti che si fa interprete di istanze avanguardistiche. L’innovazione si presenta
quando una collettività esprime l’esigenza di una radicale riorganizzazione dei
materiali musicali tale da rendere necessaria la creazione di nuove categorie e
una conseguente riorganizzazione del mondo musicale. È questo il caso del reg-
gaeton, nato in un momento in cui la comunità dei giovani latino americani
sentiva un’esigenza di distinzione inedita, che ha ricontestualizzato il dembow
all’interno di pratiche musicali che sono state chiamate in vari modi prima di
essere state denominate definitivamente reggaeton. La nascita del reggaeton ha
poi avuto ripercussioni in vari ambiti, persino nel mainstrem pop. HDL non ha
reso necessario l’emergere di nuove categorie, né voleva farlo. Anzi! Il main-
SHAKIRA DEMBOW. FARE DISCHI POP, DI SUCCESSO 221

stream è il luogo dove più si manifesta l’esigenza di profondi e costanti legami


con il vecchio e il passato. Qui i cambiamenti avvengono lentamente, con con-
tinuità. L’ipotesi è che HDL abbia soddisfatto aspettative legate all’attualità e ai
contesti del consumo quotidiano, aspettative volte a valorizzare la popular
music latino americana nel mainstream pop internazionale, ma non certo
orientate a modificare il sistema mainstream consolidato. Tale movimento
rientra in un più ampio processo, di carattere generale, che da qualche de-
cennio sta modificando lentamente ma inesorabilemente il maistream pop (e
non solo quello): l’esaurimento del predominio dei generi nord americani e in-
glesi causato dagli scenari mondiali attuali, caratterizzati da fenomeni di globa-
lizzazione, diaspora e deterritorializzazone.

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Riferimenti audiovisivi

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SHAKIRA FEATURING WYCLEF JEAN (2006b), Hips don’t lie, Sophie Muller (video consultabile
alla pagina “Videos” in Shakira Official Site e in Shakira 2007).
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