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il nuovo in musica
estetiche tecnologie linguaggi
a cura di Rossana Dalmonte e Francesco Spampinato
a cura di
Rossana Dalmonte
Francesco Spampinato
IX Premessa
PRIMA PARTE
RIFLESSIONI TEORICHE SUL NUOVO
3 Alessandro Arbo
Il nuovo nel discorso sulla musica nel Novecento
19 Daniele Barbieri
Il nuovo e il differente: un apologo storicista
25 Mario Baroni
Esiste oggi un “nuovo modo” di fare musicologia?
37 Christine Esclapez
Boris de Schloezer (1881-1960), André Souris (1899-1970) e André
Boucourechliev (1925-1997). Un’altra musicologia?
47 Luca Marconi
Il nuovo e i valori in musica e in musicologia
57 Jean Molino
Musique, technique, innovation
85 Giordano Montecchi
Appunti sull’ideologia del Nuovo in musica
95 Francesco Spampinato
Nuovi percorsi fra le memorie del corpo: sugli stilemi gestuali di Debussy
105 Bernard Vecchione
Dolce Stil Novo, Ars Nova, Nova Music. L’idée de «raison musicale trope»
dans le motet de circonstance du Moyen Age tardif
VI
SECONDA PARTE
INTERSEZIONI FRA MUSICOLOGIA E ALTRE SCIENZE
TERZA PARTE
ASPETTI DI NUOVA MUSICOLOGIA
Nel volume che qui si presenta due “storie” s’incontrano e si sviluppano con
apporti vicendevoli: quella del Progetto di Rilevanza Nazionale PRIN 2005-2007
delle Università di Trento, Bologna e Milano dal titolo Nuove Musiche e Nuove
Tecnologie e quella del Symposium sur les Sciences du Langage Musical (SLM)
dell’IDEAT (Institut d’Esthétique, d’Arts et Technologie, CNRS/Sorbonne),
giunto alla sua quarta edizione.
Da parte italiana l’approdo all’appuntamento del Convegno (già previsto nel
progetto iniziale) giungeva dopo due anni di attenzione critica su un problema
dibattuto internazionalmente negli ultimi decenni, anche se non tenuto in primo
piano negli ambienti musicologici italiani: la dialettica arte-nuove tecnologie e le
loro possibilità di interazione e scontro. Nel focus della ricerca erano state poste
le “macchine” capaci di produrre musica originale e riprodurre musica già fatta,
di creare pastiches di qualsiasi stile, di inventare suoni inediti e “rubare” suoni già
prodotti e perfino di insegnare ai bambini a comporre. Si era toccata con mano la
capacità delle nuove tecnologie di raggiungere maggiore precisione in alcune
operazioni musicologiche; si era registrata da più parti la tendenza della tecno-
logia a distruggere un’aura divenuta poco credibile, ed anche quella di creare at-
mosfere inaudite. Da questa intricata rete di influssi e interferenze la ricerca svi-
luppatasi nelle tre Università arrivava al Convegno avendo elaborato alcune tra-
iettorie teoriche e proposte pratiche e sperimentali applicate ai problemi della
composizione, dell’insegnamento musicale e dello studio musicologico.
Nei campi della musica elettroacustica e della composizione con live-electro-
nics — i più prossimi al tema musica-tecnologia — le nostre ricerche avevano ap-
purato che il rapidissimo sviluppo di quest’ultima, e in particolare i sorprendenti
progressi dell’informatica, avevano indotto gli utenti a soffermarsi sullo studio
del “mezzo” assai più che sull’individuazione dei “fini”, come è naturale che sia in
X
un approccio sperimentale: eravamo quasi giunti alla conclusione che il pensiero
musicale fosse stato “più forte” quando la tecnologia era “più debole”.
Ma siamo veramente sicuri che si tratti di una differenza di grado nella
stessa categoria e non di una diversa qualità di pensiero cresciuta insieme allo
sviluppo della tecnologia? Un certo “feticismo” del mezzo tecnico, laddove
queste esperienze non fossero guidate da intenzioni musicali ferree, era in una
certa misura connaturato alla difficoltà di accedere alle complesse e costose ap-
parecchiature tecniche un tempo necessarie per quel genere di ricerche. Oggi lo
straordinario sviluppo dell’informatica ha eliminato quasi del tutto la sogge-
zione nei confronti della macchina: chiunque può permettersi di utilizzare, o
addirittura di avere in casa, un’attrezzatura minima per un primo approccio
alla composizione elettroacustica, sia nel campo della musica sperimentale sia
in quello della popular music. Dalle indagini condotte nelle tre Università del
PRIN i tempi sembravano maturi per una riflessione allargata ad un Convegno
Internazionale su come le nuove tecnologie avessero modificato la prassi musi-
cale nei tre principali campi della composizione, dell’educazione musicale e
della musicologia.
Si trattava semplicemente di completare la “storia” invitando altri studiosi a
dialogare sui temi che ci avevano occupati per circa due anni.
Al termine del lavoro desideriamo ringraziare Mario Baroni per la vigile as-
sistenza e l’Università di Trento — Dipartimento di Filosofia, Storia e Beni
Culturali — per aver reso possibile la pubblicazione del presente volume.
3. Il saggio di Franco Fabbri, Sonde: la direzione del nuovo, presentato al termine del Conve-
gno, è stato pubblicato in anteprima sul numero 86 (luglio 2008) della rivista «Musica/Real-
tà», 55-72.
Roberto Agostini
Bologna
Latin Grammy Awards: una canzone latin in inglese interpretata con un rapper
haitiano non si sapeva proprio dove metterla.
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! ' )
2. Dembow
Le considerazioni finora sviluppate sono però troppo generiche per spiegare
le ragioni del grande successo di HDL. Volendo approfondire, va anzitutto rile-
vato un aspetto inedito per una canzone mainstream dell’epoca che deve aver
contribuito non poco al suo successo: la presenza di elementi musicali tipici del
reggaeton.
Il reggaeton è un genere musicale, cantato in spagnolo, sviluppatosi in Pa-
nama e in Porto Rico alla fine degli anni ’80 dalla fusione di forme locali di
reggae e dancehall giamaicano, hip hop statunitense e generi locali [Manuel
2006, 110 sgg.; Allatson 2007, 202 sgg.]. Il reggaeton è la prima musica dei gio-
vani ispanici sentita come autenticamente latina, non “d’importazione”. Diffu-
4. Quest’analisi formale trova conferma nel modo in cui HDL è modificata nelle performance
[Shakira 2007, Tingen 2007].
216 ROBERTO AGOSTINI
sosi presto in tutte le comunità ispaniche del Nord e del Sud America, da
qualche anno gode di un ampio riconoscimento internazionale crossover.
Il reggaeton si basa sul riddim system, una tessitura che affonda le sue origini
nel dancehall giamaicano dagli anni ’50 [Manuel–Marshall 2006]. Il riddim sy-
stem è basato sulla sovrapposizione di due strati: (1) il riddim, costituito da una
sezione ritmica elettronica che esplicita un modulo ripetitivo musematico ba-
sato su uno o due accordi, generando così un groove, e (2) il voicing, costituito
da formule vocali di carattere recitativo (rap) o di carattere più spiccatamente
melodico (che spesso riutilizzano melodie note). Voicings e riddims sono auto-
nomi, riconoscibili e, una volta creati, sono utilizzati in più brani. Va però pre-
cisato che, mentre i voicings sono perlopiù lasciati all’improvvisazione e all’e-
stemporaneità, i riddims hanno sempre un nome e un autore, che coincidono
rispettivamente con il titolo del disco dove è apparso la prima volta il riddim e
il nome del produttore di tale disco.
Per definire un brano reggaeton, deve essere presente il “dembow”, un
riddim dancehall creato nel 1990 in Dem Bow di Shabba Ranks, prodotto da
Bobby “Digital” Dixon. Il dembow è un modulo ritmico musematico hemiola
generato da una base di batteria elettronica (Es. 1) a cui si sovrappongono altri
elementi musicali variabili utili per enfatizzare l’accentuazione 3+3+2.5
Hi Hat
Rullante
Cassa
> > > > > >
3 3 2 3 3 2
Es. 1. Dembow
3. Tradizioni elettroniche
È interessante rilevare che il dembow riutilizza il riddim dancehall “poco”, le
cui origini sono da ritrovare in Poco Man Jam di Gregory Peck, prodotto da
Steelie & Clivie nel 1990, e sembra far riferimento addirittura al “bam bam”,
5. Gli andamenti ritmici hemiola sono molto diffusi nelle musiche africane americane e ispani-
che.
SHAKIRA DEMBOW. FARE DISCHI POP, DI SUCCESSO 217
creato nel 1966 nell’omonima canzone del gruppo giamaicano Toots & The
Maytals prodotta da Byron Lee e Ronnie Nasralla, e attualmente noto nella
forma in cui è stato ripreso, sempre nel 1990, in Murder She Wrote di Chaka
Demus & Pliers, prodotto da Sly Dunbar e Robbie Shakespeare. Nella diffu-
sione del dembow in Panama, poi, ha certo giocato un ruolo chiave la sua ri-
presa in Son Bow di El General (1991), figura chiave del reggae panamense.6
È evidente che dancehall e reggaeton, come i molto più studiati hip hop ed
electronica,7 si basano sul riutilizzo costante di materiali pre-esistenti, che ven-
gono ripresi, decontestualizzati, variati, rielaborati, trattati all’infinito, in un
gioco di rimandi in cui è facile perdersi. In effetti, qualsiasi musica fa riferi-
mento a un corpus di materiali pre-esistenti, vuoi per cercare forme di conti-
nuità con la tradizione, vuoi per cercare differenze o rotture. Il cambiamento e
l’innovazione rispetto a tale corpus sono però concepiti in modi diversi nelle
varie tradizioni musicali. Ad esempio, nella tradizione della musica d’arte occi-
dentale, basata sulla scrittura, si ricerca l’originalità e la sperimentazione sui
linguaggi fine a se stessa, rifuggendo dalle formule e dai cliché. Nelle culture
popolari, dove il cambiamento è strettamente legato ai contesti socioculturali, si
apprezza invece un grado maggiore di ridondanza e di continuità con la tradi-
zione, ed anzi si fa normalmente ricorso a formule e a “frasi fatte”.
Oggi molte forme di espressione musicale popolari hanno trasformato le
pratiche della tradizione orale integrandole con l’uso delle tecnologie elettro-
niche. Ora, se nelle pratiche orali i suoni della tradizione sono costantemente
interpretati e ricreati nella performance, nelle pratiche elettroniche i suoni della
tradizione sono invece interpretati e ricreati in studio di registrazione, dove
sono affidati non più alla memoria umana, ma a quella elettronica: sono cioè
fissati su supporti fonografici pronti per i successivi riutilizzi, che non di rado li
riprendono addirittura nella loro materialità. Sono dunque state sviluppate tec-
niche ad hoc per favorire queste pratiche tra le quali quella più studiata è il
campionamento. Quest’ultimo, però, rappresenta solo il caso più evidente del
costante riutilizzo di materiali che caratterizza la produzione di molta popular
music odierna, dove il montaggio e il trattamento di materiali musicali pre-esi-
stenti — non solo campionati, ma anche ri-creati — è la regola e avviene attra-
verso varie tecniche.
Queste pratiche popolari elettroniche hanno dato origine ad una forte ten-
sione fra autorialità e appropriazione, fra proprietà e condivisione, tra diritto
d’autore e dominio pubblico. Si tratta di una tensione difficilmente risolvibile
in quanto connaturata al contesto socioeconomico e tecnologico moderno, che
è da tempo al centro di un ampio dibattitto che tocca anche le questioni del va-
lore e dell’innovazione.
6. Cfr. Wayne & Wax 2006 e i siti che catalogano i riddims, come ad esempio Jamrid.
7. Etichetta inglese che si riferisce a quei generi di popular music realizzati prevalentemente
con strumenti elettronici.
218 ROBERTO AGOSTINI
4. Frammenti di mainstream
Anzitutto, HDL è un rifacimento di Dance like this (DLT), brano interpre-
tato da Wyclef Jean in coppia con la cantante statunitense di origine portorti-
cana Claudette Ortiz: ponti e strofe di HDL riutilizzano la strofa ed il ritornello
di DLT modificando alcune parole, mentre ritornello, sezione rap e alcuni
break sono inediti. Insomma, la maggior parte del materiale musicale di HDL è
tratto da DLT. Se aggiungiamo la Ortiz tra gli interpreti, ed escludiamo Shakira
e gli editori Carmel House ed Ensign, anche il personale che ha lavorato alla
produzione dei due brani è identico (Tab. 1).
DLT fa parte della colonna sonora di Dirty Dancing: Havana Nights (2004), a
sua volta un remake di Dirty Dancing (1987) ambientato a Cuba, la cui colonna
sonora conta solo musicisti ispanici o neri. Emerge dunque con forza non solo
una relazione diretta tra HDL è l’immaginario centrato su di un film le cui te-
matiche sono fortemente richiamate in HDL (ballo, immigrazione, mondo
ispanico, seduzione e via dicendo), ma anche quella indiretta al più ampio im-
maginario legato a Dirty dancing, che è ancora ben radicato nel pubblico del-
l’intrattenimento mediatico.8
8. Dirty dancing ha ispirato due serie televisive (1988 e 2006) e due musical teatrali (1988 e
2004). Inoltre, oltre ad Havana nights, è indirettamente legato ad altri film, come ad esempio
One last dance, dove l’attore protagonista di Dirty dancing, Patrick Swayze, veste i panni di
un attempato danzatore.
SHAKIRA DEMBOW. FARE DISCHI POP, DI SUCCESSO 219
9. L’uso del campione è dichiarato. Cfr. la presenza di Omar Alfanno tra gli autori di DLT e
HDL, e della Lanfranco/Samalea Songs/Nelia tra gli editori.
10. Nota anche come Carnaval, Baila en la calle è stata dapprima incisa dall’autore in coppia
con Sonia Silvestre nel 1983 con il titolo Carnaval & Asfalto. È stata poi lanciata nel 1984 da
Fernando Villalona con l’attuale titolo [Peguero 2008].
11. L’uso del termine cinematografico remake non è casuale: oggi le pratiche di replicabilità
sono diffuse in tutti i media e presentano significative affinità [Dusi–Spaziante 2006].
220 ROBERTO AGOSTINI
Riferimenti bibliografici
Riferimenti fonografici
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EL GENERAL (1991), Son Bow, in Muevelo con El General, RCA 53190.
FERNANDO VILLALONA, Baila en la calle (Carnaval), Kubaney, 1984; ora in El gran May-
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GREGORY PECK, Poco Man Jam, in Steely & Clevie, Poco in the East, VP Records VPRL
1096, s.d. (1990).
LORD TARIQ & PETER GUNZ, Deja Vu (Uptown Baby), Columbia-Codeine 78755, 1997.
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SHABBA RANKS, Dem Bow, in Just reality, VP Records VPCD 1117, s.d. (1990).
SHAKIRA FEATURING WYCLEF JEAN (2006a), Hips don’t lie, Sony/BMG – Epic 82876 81739 2.
SONIA SILVESTRE Y LUIS DÍAS, Baila en la calle (Carnaval), 1983; ora in AAVV, Carnaval
Dominicano, A1A Records 5, 2001.
TOOTS & THE MAYTALS, Bam Bam, BMN WIRL RN 1491, 1966.
WYCLEF JEAN FEATURING CLAUDETTE ORTIZ, Dance like this, in AAVV, Dirty Dancing 2:
Havana Nights Original Soundtrack, J Records 57758, 2004.
Riferimenti audiovisivi