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dell’uomo e del cosmo. Alcuni antropologi escludono l’idea che il discorso sul genere umano sia il
prodotto soltanto di una determinata cultura ed epoca. L’antropologia “occidentale” sviluppatasi
sarebbe, di conseguenza, solo una delle tante antropologie elaborate in tempi e luoghi diversi.
L’antropologia analizzata qui > contesto preciso: società in grado di esercitare un politico, militare
ed economico su molte altre società del pianeta. L’antropologia culturale > opera criticamente su se
stessa.
BOX 4: Antropologia in Italia > metà ‘800 > Mantegazza, Vignoli, Pitrè.
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3.5 La cultura è differenziata e strati cata All’interno di ogni singola cultura > diversi modi di
percepire il mondo, di rapportarsi agli altri, di comportarsi. Cause > posizione sociale, circostanze,
convinzioni religiose, istruzione… Modelli culturali di riferimento di una società > spesso diversi a
seconda del grado di istruzione, della ricchezza, della religione... In passato > dislivelli interni a una
sola cultura facevano parlare di cultura colta e cultura popolare. Spesso sono gli interessi e la
cultura dei soggetti socialmente più forti a prevalere > “cultura egemonica” e “cultura subalterna”
(Gramsci). Kessing > comportamenti tipici di una cultura derivano dalla classe prevalente >
“controllo culturale”. Egli de nisce la “distribuzione della cultura” il modo in cui il sapere è
ripartito tra i diversi gruppi sociali, tra individui di generazioni diverse e tra categorie sessuali
diverse.
BOX 8: È sbagliato dire che gli animali sono guidati dall’istinto e gli uomini dalla cultura. Anche
gli uomini possono reagire d’istinto e anche alcuni animali hanno
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Grande sviluppo delle ricerche etnogra che > idea di sistemare le conoscenze antropologiche
acquisite secondo delle aree culturali (regioni geogra che che comprendono elementi sociali,
culturali, linguistici relativamente simili) > da considerare non circoscritte e “immobili”. Rischio >
“essenzializzare” aree e società che ne fanno parte. Scegliere degli elementi socio-culturali come
tipici delle società in determinate aree > fa predominare un modello culturale rispetto ad un altro +
attribuisce una caratteristica di staticità.
Il destino di alcune società acquisitive è legato al contesto storico e alle relazioni con altre società.
Pescatori delle isole Maldive > turismo e pesca d’altura hanno trasformato profondamente la loro
economia, oggi industriale.
1. Orticoltori e contadini
Le società acquisitive hanno rappresentato la forma di adattamento dominante a lungo. Ma il
domesticamento di piante e animali aprì scenari alimentari, demogra ci e politici dirompenti per
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quel tipo di società. Prime vere modi che sui processi di crescita e riproduzione di organismi >
modi ca delle condizioni di vita dell’uomo. Orticultura e agricoltura richiedono un investimento
lavorativo > attività a rendimento differito, non immediato. Le due attività sono molto diverse fra
loro. Teoria di alcuni antropologi > le società fondate sull’agricoltura (società contadine)
contengono in sé le premesse per la comparsa dell’autorità politica e della strati cazione sociale,
quelle fondate sull’orticoltura avrebbero forme di organizzazione sociale più egualitarie. Le società
contadine > sempre state parte di sistemi sociali complessi in funzione dei quali si sono sviluppate.
BOX 3: Yanomami > popolo di orticoltori (banane) e cacciatori (indole guerriera e violenta).
BOX 4: Mezzadria > istituzione longeva in Italia e in Europa > famiglie senza patrimonio, spesso in
condizioni di vita dif cili e costretti all’isolamento.
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effetti “omoestatici”: si elimina tutto cioè che non ha interesse per il presente, però vengono perdute
molte conoscenze del passato.
BOX 3: Poche società > conservazione di tracce indecifrabili, signi cato di parole andato perduto >
funzione simbolica-formale > ex: Antemoro.
4. Oralità ed esperienza
Se il rapporto immediato tra parola ed esperienza viene meno > il signi cato della parola tende a
modi carsi o a perdersi. Pensiero fondato sulla comunicazione orale > carattere concreto piuttosto
che astratto. Vygotskij > pensiero come prodotto di processi psichici + sociali; Lurija > dinamica
psichica dipendente dal “contesto d’esperienza” > fondamentale per l’individuazione di un oggetto
e per la sua comprensione. Goody > scrittura come “domesticamento del pensiero”. I soggetti che
hanno interiorizzato la scrittura e soggetti che si muovono in contesti solo orali pensano in maniera
tendenzialmente diversa, ma tutti hanno le stesse potenzialità intellettuali. La scrittura consente
l’acquisizione di un pensiero più “ampio” di quello legato all’oralità > permette di entrare in
contatto con altri mondi, altri punti di vista e di confrontarli in maniera sistematica per elaborare
nuove posizioni.
BOX 4: In molte società a oralità diffusa la scrittura ha una forma di autorevolezza quasi sacrale >
conosciuta da pochi.
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contesto culturale entro cui il soggetto attiva i processi cognitivi elementari). Le strategie cognitive
funzionali variano da un contesto culturale all’altro e anche da soggetto a soggetto nella stessa
cultura. Stili cognitivi > modo in cui individui di ambienti culturali diversi si rapportano al mondo
sul piano cognitivo > possono oscillare tra due estremi teorici: globale (si parte da una visione
generale del fenomeno e si arriva al particolare) e articolato (si parte dai singoli elementi per
giungere in seguito alla totalità del fenomeno).Un individuo non pensa con un solo stile cognitivo >
varia a seconda delle circostanze.
3. L’etnoscienza
Etnoscienza > studio di come le differenti culture organizzano le loro conoscenze del mondo
naturale. Mondo sico > regolare ma uido > l’uomo ha necessità di categorizzarlo > in relazione a
un prototipo , un oggetto-rappresentazione che rappresenta il punto di riferimento attorno al quale
vengono costruite categorie o classi. Classi cazioni > carattere culturale.
BOX 5: Diverse idee sulla carne a seconda della cultura > animali impuri o sacri, mangiati o non.
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2. Corpi Incorporazion
Gli esseri umani hanno esperienza del mondo attraverso il corpo, mediatore tra gli umani e il mondo
> conoscenza incorporata, non ri essiva o razionale > base dell’habitus, complesso degli
atteggiamenti psico sici mediante cui gli esseri umani “stanno al mondo” (Bourdieu). Questo “stare
al mondo” è di natura sociale e culturale > variabile. Il corpo è “culturalmente disciplinato” > le
tecniche di esso dipendono dai modelli culturali in vigore. Tutte le società “costruiscono” i propri
membri secondo il modello ideale di umanità > antropopoiesi, “fabbricazione dell’umano”
(Remotti). Corpo > veicolo privilegiato per manifestare la propria “identità”, sociale e individuale.
3. Corpi sani e corpi malati, Il corpo può essere strumento di “resistenza” e di “risposta” nei
confronti delle situazioni esterne. Evidente come alcuni individui “incorporano” il disagio sociale >
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vero e proprio “sapere incorporato” che si esprime in forma di patologie. Salute e malattia >
distinzione ben precisa in tutte le culture > ma diverse elaborazioni sociali e culturali, diversa cura e
spiegazione delle cause. Tutte le culture hanno “sistemi medici” > tentativo di spiegare e curare i
disturbi sici e mentali. L’antropologia ha posto in evidenza che non esiste medicina svincolata dal
contesto sociale e culturale nel quale viene praticata. In Occidente prevale il paradigma
“biomedico” > la malattia sica ha solamente cause di tipo organico; l’ef cacia di una cura dipende
solo da farmaci e terapia sulle zone del corpo interessate; “medicalizzazione del paziente”
(inquadramento del malato come soggetto “altro”, separato dalla comunità). In contesti extraeuropei
spesso la concezione occidentale della medicina entra in con itto con le medicine locali.
BOX 2: Esempio di relazione tra disagio sico e sociale. Popolo degli Ndembu > pratica dello
ihamba, rito di cura di gruppo. L’individuo che non ha osservato certe norme sociali viene af itto
dallo spirito di un suo antenato > il rito lo manderà via.
4. La “persona” e il “soggetto” “Bioetica” > studio degli atteggiamenti e delle idee che sono
implicite nel nostro modo di trattare il corpo umano nella sua relazione con la sfera della persona,
della dignità dell’individuo, della sua libertà, del suo diritto alla vita, ecc…
Culture diverse hanno bioetiche diverse. Individuo > ricettacolo di motivazione ed affetti, soggetto
capace di capire e interpretare il mondo. Mauss > sottolinea che l’individuo come soggetto
svincolato dal contesto è un’idea astratta occidentale + in alcune culture è riconosciuta la
dipendenza dell’individuo dalla società. Nozioni di individuo e persona > molto diverse >
individuo: unico, singolo esemplare; persona: rinvia al modo in cui un individuo entra in relazione
con il mondo sociale , “persona” come insieme di elementi costitutivi, di natura materiale e
spirituale, dotati di una certa capacità di “integrazione”.
BOX 3: Samo > essere umano costituito da nove componenti “naturali” (sangue, ombra…) che
possono individuare la presenza di una persona a cui si aggiungono componenti “sociali” (nome…)
> individualità del soggetto.
1. Femminile e maschile
Con ne identitario più netto in tutte le società > tra “maschile” e “femminile”, a cui vengono ridotti
oggetti e fenomeni della realtà. Recentemente in Europa (ma non ovunque) la distinzione netta è
stata contestata > accettazione di omosessualità ecc… > nuovo modo di considerare le differenze
sessuali e di genere. Realtà sempre esistite > solo in alcuni paesi occidentali al centro di discussioni
comuni e di provvedimenti legislativi a sostengo. Alcuni studiosi > differenza tra “maschile” e
“femminile” come “ultimo limite del pensiero”. Héritier > l’opposizione tra maschile femminile
oppone “l’identico al differente” ed è presente in tutti i sistemi di pensiero. L’universalità
dell’opposizione maschile/femminile non implica che in tutte le culture si abbiano rappresentazioni
analoghe delle relazione tra i sessi > risultato di una “costruzione sociale”.
2. Il sesso e il genere l’identità “sessuale” di un individuo può anche non corrispondere al suo sesso
anatomico > fatti socialmente costruiti, riconosciuti e approvati.
Per distinguere identità sessuale “anatomica” e identità sessuale “socialmente costruita” >
rispettivamente termini sesso e genere. Le differenze sessuali > caratteristiche anatomiche; le
differenze di genere > diverso modo di concepire “culturalmente” la differenza sessuale. Nelle
nostre società > educazione “di genere” differente > si arriva a pensare che il comportamento di
genere appropriato sia una conseguenza diretta della loro identità sessuale. Oggi l’educazione e il
comportamento di genere sono cambiati. Tratti della femminilità o della mascolinità > diversi tre le
culture > “costruiscono” rappresentazioni sociali e culturali dell’identità sessuale.
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Una delle prime rappresentazioni sociali della differenza di genere > donne preposte alla
riproduzione. In realtà > la riproduzione umana non è naturale > partorire, allattare, accudire i gli
sono tutti atti culturalmente determinati. Controllo della capacità riproduttiva delle donne >
elemento cruciale di tutti i sistemi sociali > comparsa di certe forme di potere. Si generano
complesse rappresentazioni sociali, comunicative, educative e di comportamento tra individui di
sesso differente > per lo più implicite, ma anche oggetto di norme giuridiche. La separazione,
l’esclusione, la distinzione tra i sessi > realizzate mediante la messa in opera di simboli, pratiche e
attribuzioni di ruoli, tanto reali quanto immaginari. Molte società insistono su aspetti della
personalità femminile > tutti tratti connessi con l’uso del corpo, specialmente in pubblico. In molte
società si ritiene che donne e uomini abbiamo “personalità” diverse > errore. Margaret Mead >
dimostrazione che in molti popoli il carattere maschile o femminile è determinato più
dall’educazione e dai modelli culturali appresi che da una predisposizione naturale. BOX 4: “Velo
islamico” > traduzione sbagliata della parola hijab, letteralmente “protezione” > in realtà ha
funzioni molto diverse nelle differenti culture > nascondimento, protezione, rivendicazione,
contestazione…
4. Le emozioni Studio delle emozioni > settore di ricerca sviluppato solo recentemente
dall’antropologia > nasce dall’interesse per la costruzione del Sé in relazione al mondo.
Gli stati d’animo fanno parte di una più generale sfera dell’“interiorità” > non è sempre facile
distinguere tra emozioni, sentimenti e sensazioni. Sentimenti > concetti che una cultura possiede di
un determinato stato d’animo. Problemi dello studio antropologico delle emozioni > gli stati
d’animo non sono universali, non sono espressi ovunque alla stessa maniera > sono piuttosto
espressi da “soggetti culturali”, cioè in base ai modelli culturali interiorizzati nell’infanzia e nel
corso della vita. Emozioni > insieme di stati d’animo e sentimenti (termine che in molte culture non
esiste) > in uenzate da una complessa serie di fattori. Studi antropologici > tentativo di mettere in
risalto il rapporto delle emozioni con il sistema delle interazioni personali e delle relazioni sociali.
Emozioni > non irrazionali, ma espressione della dimensione corporea.
1. Le caste
Il termine casta viene oggi utilizzato in maniera generica in riferimento a gruppi sociali ritenuti
superiori o inferiori ad altri che per questo tendono a condurre una vita separata. “Casta” è un
termine portoghese che signi ca “casata”, “stirpe” > applicato in India dai Portoghesi quando vi
arrivarono > entità sociali ripiegate su se stesse, chiuse. Non è consentito ai membri delle caste
superiori entrare in contatto con quelli delle caste inferiori > rigida gerarchia fondata sul criterio di
purezza rituale > per alcuni esempio di un’estrema “strati cazione sociale”. Per alcuni antropologi
> sistema delle caste sarebbe il frutto della tendenza umana alla strati cazione sociale; per altri >
sistema basato su criteri strettamente socio-economici; per altri > stesso principio del totemismo
(tendenza di associare individui a animali o piante). Il sistema castale distingue gli esseri umani
sulla base di un elemento culturale > le differenze tra i vari gruppi occupazionali vengono
assimilate a delle differenze naturali (nascita).
2. Le classi
Nozione di “classe” sociale > strettamente legata alla tradizione della loso a e dell’economia
politica europea.
Marx > analisi della società industriale e delle relazioni tra le classi sociali. Oggi > utile a livello
storico (fenomeni economici e di emarginazione sociale). Le distinzioni di classe si ri ettono sul
piano della “cultura” che ogni classe elabora ed esprime. Subalternità culturale > non sempre
cosciente > si può esprime sotto forma di “folklore di contestazione”.
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“Studi culturali” > questioni sulla divisione in classi tipica della cultura occidentale. Hoggart >
Centre of Contemporary Cultural Studies > necessità di ripensare al rapporto tra identità e cultura.
La cultura venne ripensata come discorso che si costruisce socialmente intorno ai diversi gruppi, e
come rappresentazione della loro esperienza nel mondo. Nozione di agency (“agentività”, Stuart
Hall) > capacità dell’uomo di investire di signi cato eventi e rappresentazioni. L’appartenenza di
classe non è “ascrittiva” > non vieta la possibilità di ascendere socialmente. Le classi non
coincidono con i gruppi occupazionali (caste) > più gruppi occupazionali possono ritrovarsi nella
stessa classe > osmosi. Laddove non esiste coscienza di classe (forma di autopercezione nata dalla
contrapposizione con altri gruppi sociali) non sarebbe legittimo parlare di classi sociali.
Applicazione del concetto di classe > trova limiti nella presenza di altri fattori, simbolici,
determinanti nella de nizione dei rapporti tra gruppi e comunità > ex: l’etnicità.
4. Le etnie e le etnicità
Antropologia > termine “etnia” per indicare un gruppo umano che condivide la stessa cultura,
lingua, tradizione e territorio.
4.1 I signi cati del termine “etnia”
Durante il ‘900 > tendenza a rivedere l’uso del termine “etnia”. Barth e altri > forte critica
dell’equazione cultura=lingua=territorio perché troppo legata all’idea di un’origine comune
(comunità di sangue, di stirpe) > sentimento identitario che dà per scontato un carattere assoluto,
statico, eterno del gruppo di riferimento. Etnicità > sentimento di appartenenza a un gruppo
culturalmente, linguisticamente e territorialmente de nito in modo rigido > ma non esistono gruppi
così in senso assoluto. Gruppi umani > prodotto di un processo di interazione con altri.
4.2 L’uso politico dell’etnicità
Contrapposizione etnica > volontà di enfatizzare gli elementi differenziali. Scopo dello scontro
etnico > negazione dell’altro e annullamento sico. Il fattore etnico > anche utilizzato per ottenere
vantaggi economici per alcuni gruppi di interesse. Cohen > due gruppi che entrano in contatto in
situazioni “dif cili” > due situazioni possibili: 1. se il divario economico è troppo presente in
entrambi i gruppi, la comparsa del fattore etnico è impedita > si crea una società fondata sulle
differenze di classe; 2. se invece lo scontro avviene su base etnica, l’etnicità dei due gruppi si
rafforza e impedisce la creazione delle differenze di classe > si svilupperanno identità molto forti su
base etnica. Etnicità e coscienza di classe si escludono a vicenda > ma il sentimento di etnicità può
prevalere anche all’interno di società strati cate, divise in classi.
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preferenziale, non obbligatorio. Endogamia del lignaggio > può controllare la funzione riproduttiva
delle donne o annullare potenziali con ittualità. BOX 5: Probabile origine della diffusione del
matrimonio endogamico nel mondo musulmano > antiche comunità nomadi beduine > necessità di
unione per la difesa del gruppo.
2. I tre assunti di Morgan Lewis Henry Morgan > studio della terminologia di parentela del popolo
degli indiani Irochesi > fondata su principi di coerenza logica e razionalità assoluta.
Elaborazione di tre assunti che stanno alla base della natura delle terminologie di parentela: 1.
“Legge di coerenza interna dei reciproci”: le terminologie di parentela costituiscono dei sistemi in a
ogni termine usato da un individuo verso un parente ne esiste uno opposto che il parente usa verso
l’individuo > sistemi di parentela; 2. I sistemi di parentela rientrano in poche categorie
fondamentali; 3. Sistemi molto diversi possono trovarsi in regioni geogra camente vicine mentre
sistemi molto simili possono trovarsi lontanissimi.
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Gruppi di discendenza unilineari > vantaggio di stabilire con facilità i membri passati, presenti e
futuri del gruppo o lignaggio + spesso possesso collettivo di risorse. Sul piano pratico > notevoli
differenze tra le società patrilineari e matrilineari. 2.1 Gruppi patrilineari Gruppi studiati più
frequentemente dall’antropologia. Ipotesi > gruppi di discendenza patrilineare nati soprattutto a
causa della prevalente residenza patrilocale e dell’esogamia femminile (donne cedute in
matrimonio, allontanate). Necessità di formare gruppi corporati > garantire lo sfruttamento
collettivo di risorse e la trasmissione di queste (impossibile quindi per cacciatori-raccoglitori).
Alcuni vedono la patrilinearità come prodotto della divisione del lavoro in una comunità. Più i
principi di patrilinearità e patrilocalità si sovrappongono più il gruppo di discendenza svolge un
ruolo importante nella vita pratica degli individui > funzione “avvolgente”
BOX 6: Tibetani del Nepal > varie forme di unione. La più diffusa > una donna che sposa tanti
fratelli > poliandria “adel ca”. Ragioni > economico-ambientali > possibilità di trasmettere la
proprietà a un gruppo di gli che sposeranno tutti la stessa donna.
2.2 Il controllo della progenitura
Avere gli maschi che assicurino la discendenza > preoccupazione centrale per ogni gruppo di
discendenza patrilineare. Molte culture enfatizzano la gura maschile, esaltando la sua superiorità
sulla donna > tratto tipico delle società a discendenza patrilineare (non tutte però). Accentuato stile
“patriarcale” Le società patrilineari hanno istituzioni e regole nalizzate all’acquisizione di prole
maschile > necessità di controllo delle facoltà riproduttive delle donne > levirato e sororato.
Levirato > scopo di conservare l’appartenenza della progenitura di un uomo defunto al gruppo di
discendenza di questi; Sororato > scopo di rimpiazzare la fertilità di una donna defunta mediante
l’unione della sorella di quest’ultima al vedovo.
2.3 La compensazione matrimoniale
Il controllo della progenitura e della fertilità delle donne ha comportato la nascita di vari sistemi di
scambio matrimoniale > sviluppo di “stabilizzare” il sistema per rendere gli scambi prevedibili e
non casuali. Tra queste istituzioni > “prezzo della sposa” o “compensazione matrimoniale” >
quantità di beni che il gruppo del futuro sposo cede al gruppo della futura sposa. Non vero e proprio
acquisto > il gruppo della donna conserva la possibilità di intervenire in caso di contrasti o di
maltrattamenti ai danni della donna o della prole. Il principio dell’endogamia funziona da
ammortizzatore contro la perdita dei diritti della donna nei confronti del marito.
BOX 7: Con lo svilupparsi dell’economia globale > la compensazione matrimoniale in alcuni casi è
cambiata (ex: nomadi d’Arabia); in altri casi no > elaborazione di meccanismi “bloccanti” (ex:
Nuer).
2.4 Gruppi matrilineari
Gruppi di discendenza matrilineari > non speculari a quelli patrilineari > potere e autorità non delle
donne. La discendenza è trasmessa per via femminile e l’autorità per via maschile. Spesso la
discendenza patrilineare è associata alla residenza avuncolocale (nei pressi del fratello della madre
dello sposo).
BOX 8: Le prime culture matrilineari scoperte > teorie su un’evoluzione dell’umanità avvenuta
nella storia > da una dominanza femminile a una maschile. Sostenitore delle teorie > Bachofen > “Il
Matriarcato”.
2.5 L’avuncolato
Complesso di elementi culturali (residenza, autorità, eredità...) che caratterizzano la relazione tra un
individuo e il glio di sua sorella. Malinowski > attenzione all’avuncolato > comunità delle isole
Troiland > lo zio materno provvede al sostentamento della famiglia della sorella e esercita l’autorità
sui suoi gli maschi ai quali trasmette i beni, le conoscenze e le eventuali cariche.
2.6 Residenza o discendenza?
Il dilemma delle società matrilineari Uno dei maggiori problemi delle società a discendenza
matrilineare > come risolvere la tensione tra potere e discendenza. Centro della tensione > fratello
della donna VS marito > si contendono il controllo sulla prole della donna stessa. Tale tensione si
manifesta soprattutto in relazione alla scelta del modello di residenza.
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BOX 9: Lévi-Strauss > de nizione di “atomo di parentela” > con gurazione di quattro individui
(marito, moglie, fratello di lei e glio) > unità minima parentale. Il fratello è simbolo della parentela
come alleanza tra gruppi.
2.7 Il destino delle società matrilineari
Nel tempo > progressiva riduzione delle società matrilineari > la causa sembra essere l’espansione
coloniale. Le società matrilineari si trovano quasi tutte nelle aree del mondo che hanno subito di più
la colonizzazione > i problemi già presenti sono stati acutizzati (dilemma autorità-discendenza) +
particolarmente danneggiate sul piano demogra co + imposizione del diritto europeo.
2.8 La condizione delle donne nelle società matrilineari
Matrilinearità non signi ca matriarcato. Non esiste una posizione della donna ricorrente in tutte le
società matrilineari > si può valutare la sua posizione in base all’autorità esercitata su di lei dal
marito e dal fratello. Sembra che la condizione della donna sia migliore quando l’autorità del marito
e del fratello sono pari > si bilanciano consentendo alla donna di appoggiarsi ora all’uno ora
all’altro.
5. Nuove prospettive
Nel tempo la considerazione degli antropologi del concetto di parentela è cambiato > attenzione
spostata dalla struttura socialmente riconosciuta alle forme di relazione non istituzionalizzate. Per
molte società infatti non è la discendenza biologica a dominare.
1. Cos’è la religione
La nozione di religione può sembrare scontata > sembra riferirsi a un complesso di credenze che si
fondano su dogmi (le verità della fede) e su riti, cerimonie e liturgie > scopo di avvicinare i fedeli a
delle entità soprannaturali. Si pensa subito anche a “specialisti” e a luoghi sacri particolari. Tuttavia
è facile trovare popoli che non condividono uno o più di questi elementi > ma si trovano sempre
esseri umani che immaginano una vita dopo la morte, che pensano il corpo come “animato” da una
forza vitale ecc... Alcuni studiosi > sottolineato che l’idea di religione formata da credenze, divinità,
templi e sacerdoti > volontà degli europei di “ritrovare” qualcosa di simile alla loro idea anche
altrove. Una religione non è comprensibile al di fuori della considerazione del rapporto tra potere e
verità (rapporto tra coloro che possono proclamare il “vero” e coloro che devono rispettare tale
autorità). Potere, autorità e verità > strutture e concetti relativi, non possono essere tutti ricondotti
ad un unico denominatore valido ovunque e in qualunque epoca. Spostando l’attenzione
dell’antropologia sugli aspetti motivazionali della religione > visione unitaria possibile. Linea
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generale > religione come un complesso più o meno coerente di pratiche e di rappresentazioni che
riguardano i ni ultimi e le preoccupazioni estreme di una società > trova un garante in una forza
superiore all’essere umano. De nizione che tocca due dimensioni > del signi cato (nei valori che
esprimono i “ ni ultimi” e le “preoccupazioni estreme”) e del potere (idea di un’autorità superiore
che giudica). La religione deve spiegare l’importanza indiscutibile di quei valori, affermarli e
ribadirli > duplice funzione: 1. funzione integrativa (difende la bontà e la verità di quei valori e
protegge gli individui dalle loro incertezza);
2. funzione normativa (tiene sotto controllo chi non si attiene ai principi che essa indica
appropriati).
Rapporto molto stretto tra religione e cultura > spesso i valori della religione sono “congrui” con
quelli della società. BOX 1: L’antropologia culturale mostrò subito interesse per la religione >
contesto storico preciso > scontro tra positivismo scienti co e dogmi biblici della creazione. Due
prospettive adottate dall’antropologia > “intellettualista” (esame della religione come frutto della
ri essione umana sul mondo – Tylor) e “sociologica” (religione come fattore socialmente coesivo,
esistente per la conservazione e il benessere della società – Smith). 2. Alcune nozioni
antropologiche relative alla religione Esistono diversi termini e nozioni speci ci dello studio
antropologico della religione.
2.1 I culti individuali
Culti praticati dal singolo individuo ma sempre all’interno di un codice culturalmente e socialmente
condiviso (preghiere, offerte…).
2.2 I culti sciamanici
Culti tipici delle società in cui il contatto con le potenze invisibili è assicurato da una gura
particolare, lo sciamano > personaggio con un ruolo religioso particolare, dotato della facoltà di
avere visioni del mondo soprannaturale. Solo occasionalmente riveste questo ruolo. Ha la facoltà di
entrare in trance e di entrare in contatto con i poteri soprannaturali.
2.3 Possessione
Possessione > idea diffusa in molte culture ma con manifestazioni diverse > inde nite forse
sovrumane che prendono il controllo di un individuo per parlare e agire attraverso esso. Individui
posseduti > predisposti, spesso “instabili” > diventano ponti tra il mondo umano e il mondo
soprannaturale. Casi di possessione studiati dagli antropologi > culti vudu; morso della tarantola…
Esistono anche casi di possessione istituzionalizzata > individui con un’identità sociale speci ca
danno luogo a manifestazioni socialmente approvate.
2.4 Mana
Nelle culture malesiane e polinesiane > sostanza, medium invisibile che gli uomini cercano di
procurarsi presso gli antenati morti, gli spiriti e gli dèi. Nella lingua dell’Oceania > verbo che
signi ca “essere ef cace”, frutto di una benedizione.
2.5 I culti comunitari
Pratiche religiose a cui partecipano gruppi di individui riuniti temporaneamente > organizzati per
età, rango... Spesso ni terapeutici. Processo favorito dai media > diffusione immediata di immagini
e rappresentazioni culturali > rischio di identi care una cultura con una religione.
4. Il fondamentalismo religioso
Fondamentalismo religioso > stile di pensiero e di comportamento religioso che prospetta un
“ritorno” ai fondamenti di una certa religione > testi sacri, letti e interpretati in maniera letterale e
dogmatica. Contraddistinto per un’interpretazione rigida e ideologica della tradizione religiosa +
atteggiamento intollerante verso chi ha idee religiose differenti. Ultimamente si sono diffusi
fondamentalismi ovunque > minaccia alla libertà di pensiero, di espressione e di scelta > origine del
terrorismo.
BOX 10: Mondo contemporaneo > proliferazione della religione mediatica > radio/tele-chiesa.
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8) PARTE OTTAVA – CREATIVITÀ CULTURALE ED ESPRESSIONE ESTETICA CAPITOLO
1 LA CREATIVITÀ CULTURALE
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cultura in cui è stata prodotta. L’arte > mai disgiunta dal contesto sociale, politico, culturale ed
economico in cui viene prodotta > importanza fondamentale. L’atteggiamento verso l’arte può
cambiare con le epoche.
BOX 3: Esempio dei problemi di interpretazione dell’espressione estetica nelle altre culture >
pitture rupestri. Numerose ipotesi sulla motivazione alla base di questa arte > scopo rituale-
propiziatorio, scopo celebrativo, riti iniziatici… Indubbio > i soggetti raf gurati hanno un legame
stretto con lo stile di vita di quelle popolazioni.
2.1 “Arti”, pratiche sociali e signi cati culturali
Nelle culture preistoriche > varie forme d’arte (gra ca e plastica) > particolarmente affascinanti
sono le pitture parietali. Non tutte le culture sviluppano allo stesso modo le arti > l’espressione
estetica può concentrarsi su una o alcune di esse e ignorare completamente le altre > “selezione
estetica”. L’arte di un determinato luogo può essere molto varia a seconda della varietà di motivi
culturali presenti (ex: la così chiamata “arte africana”). I Kalabari della Nigeria vedono le loro
sculture come dimore degli spiriti > una scultura è considerata buona o cattiva, in base alla sua
capacità di “attrarre gli spiriti” a stabilirvisi. Gli Yoruba producono due tipi di maschere, uno sacro
e uno profano > stessa attività, diverse nalità. I Lega > stesse sculture dei Kalabari ma signi cati
culturali diversi. Deduzione > non esistono canoni estetici universali. Più esatto > è universale la
capacità di esprimersi esteticamente, ma la forma di espressione estetica nelle diverse culture
dipende da molti fattori > la funzione del prodotto, i valori a cui esso rinvia, l’uso che se ne fa, il
destinatario, la motivazione e l’ispirazione dell’artista.
BOX 4: Esempio attuale del signi cato dell’espressione “motivazione e ispirazione dell’artista” >
writing, arte gra ca simile ai murales, incentrata sulle scritte. “Arte povera” e forma di “ribellione”
> protesta e denuncia del malessere, del disagio.
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3. Arte e politiche dell’identità
Oggi > contrasti intorno alla gestione delle opere e del patrimonio culturale. Musei occidentali e
popoli nativi; orgoglio di popoli locali in un unico paese; motivi identitari.
4. Il patrimonio culturale Patrimonio culturale oggi > tutto ciò che appartiene alla cultura materiale,
artistica e culturale in senso antropologico a cui un certo gruppo o società guarda come a elementi
del proprio passato, della propria “identità”. In ogni paese possono coesistere molte tradizioni
culturali (ex: Italia). Sempre più spesso gli Stati tentano di ottenere un riconoscimento uf ciale (da
organismi internazionali come l’Unesco) > inserimento nella lista dei beni “patrimonio
dell’umanità”. Molti interessi ruotano intorno a questo riconoscimento > economico (turismo);
rafforzamento del senso identitario; aumento del prestigio del Paese ecc… Nel corso del ‘900 >
corsa alla patrimonializzazione. Il patrimonio culturale può anche non essere “materiale” > beni
“intangibili” (ex: festa, canto, ricetta di cucina…).
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2.2 Le società tribali
L’etichetta “tribale” è stata assegnata a quasi tutte le società studiate in passato da antropologi ed
etnologi. Tribù > preciso tipo di organizzazione socio-politica presso popolazioni prevalentemente
agricole e/o pastorali > presenza di più gruppi di discendenza. L’organizzazione politica deve essere
priva di un potere centrale permanente. Società “tribale” > grande enfasi sull’uguaglianza dei
gruppi che la compongono, sulla parità degli individui. Società instabili > suscettibili alla
formazione di una differenziazione sociale interna.
2.3 Lignaggi segmentari
Gruppi di discendenza unilineari costitutivi di una tribù > gruppi corporati che prendono il nome di
segmentari perché suscettibili al frazionarsi o aggregarsi in “segmenti”. I componenti del lignaggio
si riconoscono idealmente discendenti da uno stesso antenato > enfasi sulla parentela consanguinea.
Evocazione di idee di solidarietà e comunanza > ideologia egualitaria. Nella pratica > vi sono
lignaggi politicamente preminenti, specialmente se più numerosi, più ricchi, ritualmente più
importanti > tendenza a alleanze e/o scontri.
2.4 Strati cazione rituale
In molte società “tribali” > distinzione importante tra lignaggi > ri ette una funzione politico-
religiosa svolta da alcuni di essi. Alcuni individui possono incarnare un’autorità rispettata e
ascoltata senza che siano specializzati nelle funzioni politiche > considerati ricettacoli di potere
soprannaturale, elemento di “santità” > funzione di mediazione tra gruppi tribali.
2.5 Consigli di villaggio
Nelle popolazioni tribali insediate in villaggi permanenti ogni gruppo di discendenza ha propri
rappresentanti. Riunioni periodiche > “consigli di villaggio”: assemblee ristrette con potere
decisionale, consultivo e amministrativo (relazioni con altri villaggi o tribù).
2.6 Sodalizi, classi d’età, società segrete
Legami di parentela > principale criterio di regolazione dei rapporti politici > ma esistono anche
forme associative basate sul sesso e sull’età. Membri di diversi gruppi di discendenza possono far
parte di sodalizi > forme associative con la funzione di organizzare una parte della popolazione
secondo progetti speci ci (ex: sodalizi di guerrieri). Altra forma associativa che comprende diversi
gruppi > classi d’età > popolazione raggruppata per “fasce d’età”. Ripartisce diritti e doveri in base
al criterio dell’età “sociale” più che biologica. Società segrete > costituite da individui af liati
tramite riti di iniziazione > potenti centri di aggregazione e di potere > mantengono solidi i legami
tra comunità e la stessa cultura separate dalla creazione degli Stati nazionali.
2.7 Il “Big Man”
Capi di comunità prive di istituzioni politiche centralizzate > costante opera di ridistribuzione di
beni e di bene ci > supporto e assistenza nei confronti del proprio lignaggio. Figure politiche di
primo piano > “Big Man”. In società prive di lignaggi segmentari (non classi cabili come “tribali”)
> “grandi uomini” sono gure un po’ anomale. Il titolo e il seguito di cui godono sono il risultato
dell’abilità e dell’iniziativa personale > costretti a ridistribuire periodicamente le ricchezze
accumulate per mantenere il potere.
BOX 10: Nelle società “tribali” il potere può variare in maniera notevole > la gura del capo può
variare da tribù a tribù (più o meno generoso, più o meno ricco, certe qualità piuttosto che altre…).
3. Sistemi centralizzati
Tutto il terreno terrestre oggi è suddiviso in Stati Nazionali, istituzione nata in epoca moderna
diffusa ormai ovunque.
3.1 Un mondo di stati
L’organizzazione della vita delle popolazioni del pianeta avviene in riferimento agli Stati nazionali
> pretesa di legittimare la sovranità in base all’omogeneità delle popolazioni sotto la loro
giurisdizione > falso. Molti Stati nazionali comprendono società totalmente eterogenee (lingua,
religione, origini, cultura…) > soprattutto gli Stati Africani > con ni attuali come i con ni arti ciali
stabiliti in epoca coloniale. Inoltre in molti Stati > amministrazioni centrali che non hanno alcun
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controllo sulle aree che comprendono. In ne > numerose aree contese tra Stati. Lo Stato rimane
l’istituzione di governo uf cialmente riconosciuta > non in passato e forse in futuro cambierà.
3.2 Prima degli Stati: i potentati
Antropologia > interesse per le trasformazioni sociali e culturali > collegate alle trasformazioni
dell’organizzazione politica. Antropologi > forme di organizzazione politica precedente allo Stato >
chieftainship in inglese o chefferie in francese > “potentato” in italiano (traduzione vaga). Potentato
> sorta di condizione politica “ intermedia” tra tribù e Stato: esercizio del potere > più formale che
in una tribù; autorità del capo > non più basata sul consenso; funzioni politiche > cariche più o
meno stabili e ereditarie. Insieme di più insediamenti o segmenti > uno o più gruppi di discendenza
(di vario tipo). Potentato intratribale > origine in una tribù, perdita di coesione; potentato
sovratribale > struttura che ingloba comunità segmentarie e non, tribù o bande. Fattore comune tra
tribù e potentati > legami di parentela e anzianità come fattori regolativi dei rapporti sociali.
Differenze: 1. netto accesso differenziale alle risorse; 2. principio della ridistribuzione delle risorse;
3. evoluzione del capo da gura a vera e propria carica. [nello speci co nei prossimi paragra ]
3.3 Accesso differenziale alle risorse e strati cazione sociale
Nelle società “a potentato” > processo di differenziazione tra i gruppi di discendenza > la carica di
capo tende a essere trasmessa all’interno di uno stesso gruppo o lignaggio > comparsa dei lignaggi
aristocratici. I lignaggi tendono a disporsi in una gerarchia di rango a seconda della distanza con
l’antenato fondatore (ex: il gruppo di discendenza hapu polinesiano). Differenza di rango > diverso
controllo sulle risorse a seconda di esso.
3.4 Ridistribuzione
Nei potentati la circolazione dei beni è regolata dall’autorità centrale > due fasi: 1. parte dei beni
prodotti dai gruppi vengono dati al capo; 2. il capo li ridistribuisce quasi tutti attraverso feste,
banchetti ecc… > “ridistribuzione”. Vero e proprio “dovere morale” del capo verso i sottoposti e
viceversa > ideologia della solidarietà. Conclusione: con ni labili tra potentato e tribù.
BOX 11: Esempio di accesso differenziato alle risorse > caso degli Shahsevan (Azerbaigian) >
formazione graduale di una sorta di potentati > regolano l’equilibrio tra pastorizia e agricoltura.
3.5 Gli Stati Stato > forma di organizzazione politica dominante oggi.
Caratteristiche peculiari: 1. autorità altamente centralizzata; 2. apparato burocratico-amministrativo
sviluppato; 3. diritto esclusivo di emanare leggi; 4. monopolio della forza militare. Le società: 1.
accesso alle risorse molto differenziato; 2. strati cazione sociale accentuata; 3. criterio regolatore
dei rapporti sociali > non più parentela ma rapporti “impersonali” (religione, territorio,
economia…). Diverse interpretazioni di Stato nazionale > una si fonda sull’idea di omogeneità
linguistico-etnico-culturale della popolazione che vi abita > idea “nazionalistica”; un’altra si fonda
sull’idea di uno Stato nato da un “patto” tra diverse componenti culturali in cerca di una politica di
uguaglianza; altre interpretazioni stanno tra queste due idee. Un elemento le accomuna tutte > non
deve esistere alcuna autorità che si contrapponga allo Stato stesso (teoria, spesso in pratica non è
così > ex: ma a).
3.6 Lo Stato e le altre forme di organizzazione politica
Nello Stato > possibile incorporazione di potentati, tribù e bande. Molteplicità di situazioni che non
possono rientrare in categorie nette e ben de nite. Southall > studi sugli Alur (Uganda) >
espressione “Stato segmentario”: le varie dinastie riproducevano localmente la struttura del centro
politico > amministrazione delle zone periferiche lasciata ai “segmenti” (componenti delle dinastie
stesse). Oggi a molti Stati nazionali sfugge il controllo su parte del loro territorio > controllo
assunto da altri Stati o da “signori della guerra” locali (ex: forse militari di narcotraf canti in
Sudamerica).
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mito. Ri ette la lucida consapevolezza degli Yanomami a proposito del rapporto tra l’uso delle
risorse e il potere che le controlla. Storia dello spirito-vapore Xawara rilasciato dal sottosuolo
durante la ricerca di minerali. I “bianchi” fondendo i minerali (oro soprattutto) creano del fumo >
distruzione per tutta l’umanità, la natura, gli animali, il cielo stesso.
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