A cura di GM Willo
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EDIZIONI WILLOWORLD
www.edizioniwilloworld.co.nr/
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INTRODUZIONE
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5
60 POESIE E PENSIERI
6
DOLL
di Frost
Bambola
Più illusa di un burattino
Ti credi libera
Perché non hai fili
Ti vesti bene
Hai un tuo portamento
Sei bella
Non c’è dubbio
Sei una bambola
Sorridi sempre
Il mondo é la tua ostrica
Ti vanti con le amiche
Piroetti ridendo
Il sole negli occhi
Un passo falso
Un colpo secco
Hai perso la testa
Ma non te ne duoli
Perché altro non sei
Che una bambola.
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SPERO (da Indietro…)
di Trouble
Se cerco ti vedo.
Il silenzio corre e io ci spero.
Se senti mi vedi.
L’amore vero è nascosto agli occhi di chi non guarda oltre, mai.
Se guardo ti vedo.
Il silenzio corre e io ci spero.
Se senti mi vedi.
L’amore vero è nascosto agli occhi di chi non guarda oltre, mai.
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Dimmi cosa c’è, io son qui per te.
Ho un po' di paura sai.
Voglio fare quei sogni. [nuovi sogni]
E poi svegliarmi ogni volta insieme a te.
Se sogno ti vedo.
Il silenzio corre e io ci spero.
Se senti mi vedi.
L’amore vero è nascosto agli occhi di chi non guarda oltre, mai.
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VIVE CAVITÀ
di sVanna
È dopo,
questo livido uterino riassorbito,dopo
questa pozza secca
di amnios
e mummie asciugate di dolore e le bende
che stringono ancora.
È dopo,
questo uovo vuoto
di guscio incrinato che resta,
come di solcatura,
come di ruga,
come di fulmine sulla pelle.
È dopo
che inaspettato ritorna
vivo dare vita
il giusto pianto
il giusto riso
e la eco li espande
nella cavità accogliente
di un ventre felice.
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LE SPECIE ANIMALI
di Morgendurf
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ANONIMO DILUIRSI NELLA FELICITÁ DI TE
di Dario de Giacomo
12
A CUORE APERTO
di Miriam Carnimeo
L’apertura palpita.
Una grossa ferita come occhio si lascia notare,
13
Rinasci innamorato senza averlo mai toccato, con la semplice
attenzione di una curiosità mai sazia, sorriderti tra i movimenti
delle mani che sfiorano volubili l’aria che nell’ora soffia,
su un cuore che pur aperto,
non marcisce.
sorridendo ancora,
14
SPIRALE
di Frost
Spirale d’odio
Flusso d’amore
Mi ero perso
Nel labirinto d’inganni
Di una città volante
Destinata a cadere.
Spirale di morte
Slancio di vita
La mia rinascita
Non cela alcuna rivelazione
La risposta è facile
Prepararsi a riceverla
É lo sforzo più grande.
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SONO SOLO UNA DI PASSAGGIO
di Morgendurf
16
inaspettato ed incontrollato
– la mia unica colpa, il mio solo peccato -
da labbra offerte ed usate
violate ed umiliate
che ora più non parlano
mi sento vinta
anche ieri ho perso
– una volta di troppo –
17
DI UN CUORE AL CARBONIO,
INCEPPATO DA UN SOLILOQUIO
di sVanna
18
Battaglie senza nome né bandiera.
Nel cielo fermo, geometrico terrore.
Resisti cuore,
passerà.
Li vedrai cadere giù
morti,
ad uno
ad uno
belligerando tra loro…
riderai con le iene,
comprendi anche questo.
Conteso
è il rintocco vermiglio,
la forza unica
del tuo slancio iniziale.
Una campana impazzita
che mai stanca
mai doma,
scuote l’alba e la consuma.
Ogni volta un segnale.
Batti, ribatti .
Lasciali fare.
Resisti cuore.
Aspetta giorno aspetta notte
cucciolo di lupo
senza denti né latte,
aspetta giorno
aspetta notte
passerà.
Aspetta giorno
aspetta notte,
batti e ribatti,
batti
e ribatti,
batti
e ribatti…
19
DAL GIORNO ALLA NOTTE
di Trouble
Trepidante di tracciare…
intensi momenti di felicità,
per iniziare a volare…
tra le tue piccole banalità.
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IL VENTO NON URLA
di Dario de Giacomo
La fuori il vento.
Non urla, non ruggisce, il vento soffia soltanto.
Ogni cosa, al contatto, presta la sua voce al vento, ma il vento non
ha voce.
Il vento è tutte le voci che cantano le canzoni del vento: ma il
vento non ha voci, solo tracce.
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Il vento non ha pensieri, solo i soffi scandiscono il ritmo della sua
vita.
Un uomo segue le tracce, per imparare ad essere vento.
Sono solo un uomo, reso folle dalle voci, che prova una
struggente nostalgia del vento.
A volte sosto, assorto come in preghiera, ma non prego mai. Mi
assopisce il margine erboso del bosco, incerto se andare o tornare:
allora rimango immobile, sospeso nelle voci.
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GIARDINO D’INFANZIA
di Frost
Giardino d’infanzia
Infanzia perduta
In oscillazioni convulse
Di un’altalena instabile.
Giorni assolati
Di un’estate innocente
Scivolano via
Nella sabbia e nel vento.
Il cielo greve
L’inverno alle porte
Sul giardino dei giochi
Si depositano gli umori
Del sonno letargico
Morte che non permane
Ma addolora il cuore.
È un uomo adesso
Che ha finito di giocare
L’altalena oscilla
Ma è un triste strumento
Il pendolo di Cronos.
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STORIA D’AMORE E DI FIORI
di Miriam Carnimeo
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cuore accettando una sana passeggiata, lasciare passare il vento
dove l’aria smuove ogni certezza, svela l’imprevedibile del mio
essere viva.
Lo confesso.
La vita per me vale quanto un fiore,
o l’anima contorta di un albero che di tanti anni ne fa una
canzone.
Sceglierei di vivere anche solo, per rivederli ancora,
Guardando i fiori vivere di se stessi.
Esistenze senza resistenza e senza paradossi.
Ne guardo uno rosso, è bellissimo, sembra non chiedere
nient’altro se non essere solo bellissimo.
Spesso assisto alla loro fine d’amore, guardo un uomo regalarli
alla sua donna.
Senza radici imbavagliati nella carta, li vedo cadaveri spacciati
per regali.
Lo confesso.
Sarebbe bastato un invito a guardarne un campo intero, tutti
bellissimi attaccati alla loro voglia di vivere,
e noi due in tutto questo…
a guardarci.
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COME FIBRA CHE SI SQUAMA
di Morgendurf
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MENTRE IL MONDO DORME
di sVanna
Alveoli catramati
da insonnie reiterate,
prestabilite impotenze
gelificate.
Maligne congetture verniciano
la notte dilatando
l’ignoto ed io,
ricamo suture
annodo,
il filo del silenzio.
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BLUES
di “Il Mostro ”
Eccomi qua,
di nuovo…
strane sensazioni
e
chiare voglie
mentre il vecchio negro suona il blues.
Quanta gente…
Visti dall’alto
sembrano piccole,
frenetiche, formiche.
Strane sensazioni,
chiare, invece,
troppo chiare le voglie.
Bevono e pensano,
fino a star male.
Bevono e pensano,
mentre il vecchio negro,
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OGGETTI SENZA SOGGETTI
di Dario de Giacomo
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Ora ci fronteggiamo esausti.
Ma se io sono solo il suo oggetto e lui è il mio, chi è l’essere
umano tra noi due?
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ACQUA
di Frost
Acqua
Che scorri addosso
Che lavi il mio corpo
Scolpito nel tempo
Scalfito di dentro
E cerchi di entrarmi
Come luce mi bagni
Io potrei abbandonarmi
Di te saziarmi
Abbassare la testa
Chiudere gli occhi…
…e basta.
Lavarmi l’anima
Non puoi
Ti lascio fuori
Lo sai
Siamo giare ermetiche
In cui dimorano anime
Votate al dio fuoco.
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L'ESPRIT DE L'ESCALIER
di Morgendurf
32
NEI MIEI VUOTI DI TE
di Miriam Carnimeo
timidi,
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Manca l’amore,
di quel molto,
34
QUELLO CHE RESTA
di sVanna
Svanisce la tensione
la sfera collassa,
asfissia atelectasica.
Siamo trauma già troppo antico
tralasciato dogma cromosomico.
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OPERA BUFFA
di Morgendurf
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sulla bilancia della tua vita…
provi una pena infinita…
odi un suono
no, un tuono
senti il cuore che stantuffa,
che ansima, che sbuffa
deluso e stanco di questa tua vita…
un’opera buffa, la cui recita è finita.
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RIASILLA PER LE PERIFERIE DELL’ANIMA
di Dario de Giacomo
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IL MAESTRO E MARGHERITA
di "Il Mostro"
Brucia l’incenso,
si scioglie la cera,
calda,
cola come sangue puro.
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FILMOLOGIA
di Morgendurf
nessun romanticismo
solo gesti di plastica e parole di vetro mentre guidi
con lei seduta al tuo fianco
conducendola nel solito motel a ore
dove paghi in contanti
dove non si lasciano le proprie generalità
una terra sconsacrata
dove benedire una storia che per te è solo sesso
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SUSSURRI E FRAMMENTI
di Miriam Carnimeo
Terra saccheggiata,
battuta dal vento,
incoraggiata dalla marea che con occhi secolari ama sotto cumuli
di sabbia.
Nello stesso lamento, trascinatore e trascinata.
Frammenti colorati che si sfamano tra riflessi spigolosi che si
accostano nel loro diverso infrangersi, dentro tante vite.
Terra che offre all’anima l’odore della sua stessa carne e per
riuscire a parlare si mette a fare forme con le nuvole.
Le sue ombre hanno preferito la folla, nel giorno bianco che
all’improvviso in lontananza si fa rumore.
Ma qui, non c’è nessuno,
solo il mare,
con un’ unghia taglio il buio, svelo il suo mistero nella luce che
adesso accolgo.
Sono nel prolungamento delle sue braccia,
gesto semplice,
come un morso tirato ad un frutto che matura nella bocca,
assaporo del vivo finalmente le nozze.
Sulla pelle i suoi giorni che di me sono la voce,
quella più nascosta ,
dietro quel fisso bisbiglio,
che mi illumina la testa.
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RISVEGLIO
di Frost
Nell’abbraccio
Di una solitudine amica
Avvolto in trapunte
Di sicurezza
Soffice il cuscino
Dell’abbandono
Io dormo il sonno
Del sognatore.
Ma la notte è finita
La luce già abbaglia
Qualcuno ha scostato le tende
E odo il brusio
Del macinino elettrico
Giù dabbasso
E il profumo del caffè
È la sveglia più dolce.
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NONOSTANTE
di sVanna
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31 GENNAIO 2010
di Dario de Giacomo
Gennaio di sera
brunita da pioggia d’acciaio,
rapidi scrosci sparsi
su fini lenzuola di primavera,
leggere agli schiaffi del freddo,
ma gomitoli colorati per giocare in due,
sotto il cielo che trascolora a Occidente.
Blu notte lunghissima,
di limoni gialli rubati e narghilè d’ottone,
fumando baci spossati
dal calore di una stanza d’angolo.
Scheggiata di solido pietrisco,
memorie che si sfidano
a disfarsi senza segnare i cammini,
dalla terra bruna
sale il sapore di anime
a smarrire il senso,
per cercare solo l’odore blu
nel giallo dei limoni.
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IL TUTTO
di Lupus Infybula
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PECCATO DI GOLA
di Morgendurf
46
SINFONIA DELLE BALENE
di Miriam Carnimeo
Il senso è ovunque.
ed in quel sospiro,
il racconto dei nostri corpi,
un bacio raccolto tra i denti,
tra ricordi che sorprendono anche mani,
già gravide d’acqua..
mentre l’anima,
libera,
avanza.
47
VENTO UBRIACO
di sVanna
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VIA D’AMORE
di Rebecca
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GIOCHI DI RUOLO
di Morgendurf
50
EQUINO
di Frost
Successo evolutivo
Come nella favola di Swift
Mi guardi imbrigliato
Libero come mai io sarò
Nonostante le cinghie…
Immobile
Inchiodato all’asfalto
Abbasso lo sguardo
Incapace…
Di ricambiare il tuo.
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I FIGLI DELLA FOLLIA
di Dario de Giacomo
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invocate ancora divinità oscure e chimeriche,
per non sentirvi solo delle
G R A V I D A N Z E I S T E RI C H E.
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IN UNA SERA
di Morgendurf
54
LA MARCIA DEL MORTO
di "Il Mostro"
Suona la banda…
Suona…
Pensieri cannibali
divorano l’Italia dei fratelli
Meravigliosi corpi
straziati da pagine di storia.
False testimonianze
dalla sfera dei profani
Suona la banda…
Suona…
55
ORA IL SILENZIO
di Rebecca
…e ora il silenzio
è un drappo scolorito
dall’usura del tempo
che prendo in prestito
ancora per coprire
un dolore mai vissuto
che viene da lontano
nato nel nulla della vita
cresciuto nel fragore
di un mondo inventato
dalla nostra follia.
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SBOCCIA COME UN FARO
di Miriam Carnimeo
57
CRISALIDE
di sVanna
58
CONNESSIONI
di Frost
Non la tecnologia
Non la scienza
Non la modernità…
Un piccione viaggiatore
Può’ bastare…
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PLAYING
di Morgendurf
60
NELLA SALA FREDDA
di sVanna
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MIO AMATO
di Rebecca
Accendi il lume
stanotte
mio amato
e al suo chiarore
respira nel mio respiro,
quando cercherai
le risposte
tra le fiamme
dei miei occhi
raccogli
con dita di cristallo,
mio amato,
le perle rare
che solcheranno
superbe
lasciami bere
alla fonte
del tuo pianto,
mio amato
e intreccia
ghirlande di sospiri
tra i miei.
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SUADADE
di Morgendurf
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e ti fa compagnia anche se non vuoi
è entrata nella tua vita
e fa parte di te
quell'idea che ti fa dire che niente è più uguale a prima
e che mai lo sarà…
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COCCODÈ
di Silvia Petrianni
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FIORI DI PIETRAGLIA
di Dario de Giacomo
“Videte ergo quomodo audiatis: qui enim habet, dabitur illi; et,
quicumque non habet, etiam quod putat se habere,
auferetur ab illo“.
Dimmelo, dammelo!
Con tante filastrocche di parole di pongo,
costruisco ogni giorno scenari sotto vetro,
modello la magia per sgretolare l’impotenza.
Dammelo, dimmelo,
anche se non lo so il perché,
ma ripetendo, ripetendo a memoria forse lo capirò.
Dimmela
la vera parola che apre i passaggi segreti nella pancia delle
montagne.
Dammelo
un sapore che sia acre o dolce, ma che in bocca non puzzi di
plastica.
Dimmelo, dammela
una luccicanza che non sia il riflesso di una luce artificiale.
La parola diretta
non distratta
che vibri di pelle e carne animale
quella che costa un niente e non fa mai male.
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INFINE L'INFINITO
di Morgendurf
Soltanto parole
infine
ingabbiate dentro ad un foglio per tenere ancorato il tempo
annodarlo attorno a quella manciata d'ore
che mi raccontano di com’ero
di chi mi parlava
manciate di parole
in cerca di un amore che non atterrisce
che non atterra
lanciate come sassolini per essere cercata
trovata con l’anima in disordine
parole asimmetriche
d’un itinerario obliquo che sa d’abbandono
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NAUFRAGHI
di sVanna
Un astro antico
cade
dalla sua orbita, la costellazione
incompiuta
fuorvia vascelli già senza rotta. Risucchiati
dai gorghi del mare. Meduse
minacciose
girano a spirale
avvelenano
ventre e futuro.
espulsi fuori
dal blu oltremare,
oltre misura,
con le vele gonfie di venti
incerti
e la prua puntata
verso il cielo
che arriva
a solo uno sputo di distanza
ma non lo sfiora.
Scaraventati frantumano.
Galleggiano
tavole rotte e marinai di pelle raschiata.
vulnerabilità diffusa
totale.
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EMBOLO
di Silvia Petrianni
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DOVE COMINCI TU, INIZIO IO
di Dario de Giacomo e Miriam Carnimeo
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tua carezza leggera
tra i miei capelli neri.
Cercavo solo questo:
strappare al cielo
il cielo blu del colore di notte,
per il tuo bacio di un istante.
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TACE IL MONDO
di Rebecca
Ha mani tremanti
sulla mia pelle sconosciuta
il mio amore
e voce muta
e cuore impazzito,
il mio amore.
Ha riso e pianto
nel singulto
e mille sospiri
da donarmi
e nastri di seta colorati
per legarmi i polsi,
il mio amore.
Ha negli occhi
l’infinito
e le parole perse
di una lingua antica,
il mio amore.
Si placa il vento,
arre… sta il suo respiro
l’oceano immenso
e la luna la sua giostra.
Tace il mondo.
Perché il mio amore
è qui.
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LA BIBLIOTECARIA NON SA PIÙ LEGGERE
di Morgendurf
un periodo di stasi
una sosta lunga un anno – o forse più –
polvere accumulata sui dorsi e sulle brossure
tomi intonsi
abbandonati sulle tavole di legno
nel tentativo di bendare la memoria
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RIMORSI
di sVanna
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CARNI E ACCIAIO
di Dario de Giacomo
Qui. Da sola.
Mi isola il contagio
del tuo cuore irrancidito.
Nella carcassa dei miei pensieri
che attira gli sciacalli.
Li spinge a rovistarmi fino
all’osso.
Esperta di carezze
accolgo la canna del revolver,
lascio che mi penetri
la bocca.
75
FACT OR FICTION
di Morgendurf
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anelo che per noi vi sia un ritorno
di quell’eccitazione che dà il tormento.
77
A MIO FIGLIO,
NATO MENTRE CADEVA IL MURO DI BERLINO
di sVanna
78
PETTINAMI LE CIOCCHE DOLCE MADRE
di Dario de Giacomo
Tu pettinami le ciocche
che sfioriranno per altre mani di madri.
Lapida le illusioni,
Dolce Madre,
con sogni rotondi,
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TI RICORDI DI MARIA MAGDALA?
di Morgendurf
Di notte scrivo.
Con la mia penna traccio il disegno di un osso, di una siringa
immersa nell’acqua sterile, di un giglio nero, di una rosa
appassita.
Scrivo di quando ho visto il melograno marcire e riflettersi nelle
tue pupille.
Scrivo di quando intonai una canzone in una casa disabitata.
Scrivo di quando ho annusato l’odore di canfora, di naftalina, di
formaldeide.
Scrivo di quando hai gettato sul pavimento un batuffolo di cotone
insanguinato.
Brividi mi attraversano – ho freddo – se penso a quando sono
caduta giù dal mondo ed ho preso una legnata sui denti.
Ricordo ancora il dolore.
Ho rischiato di perdere il mio domani.
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Oggi riesci a sentire un palpito perché ammetti di esserti mosso
tra i deserti.
Erano il tuo regno indiscusso.
Ecco a voi, signore e signori, vi presento il re del deserto, il
signore delle piaghe, il maestro senza cattedra.
Guardi le tue mani, odorano ancora di absinthe e di laudano.
Prosegui il tuo viaggio, anche se adesso vorresti fermarti in quel
luogo per riposare.
Ma non puoi, non c’è tempo.
E non c’è più nessuno.
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C A R A M E L LA
di Mastro Tensione
C. Bukowski
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C – Chewingum
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A – Cicche
R – Ossa
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stetoscopio ascoltare i tic tic della combinazione giusta. E’ così
che mi vedo io. Un lavoro duro che richiede pazienza e dedizione.
Io che spacco tutto per una stronzata qualsiasi, sono disposto a
trascorrere ore a cercare la combinazione giusta per aprirti.
Riuscire a guardarti dentro è appagante. E’ come stendersi sul
letto dopo una giornata in fabbrica, come bere acqua a volontà
quando sei assetato dal sole di Agosto. Tu mi stanchi, mi sazi, mi
sfinisci. Mi riempi e mi svuoti. Ho fame e sete. La tua stessa
fame, la tua stessa sete. La fame e la sete sono bisogni primari e
io sono disposto a tutto pur di appagarli. La fame e la sete non
conoscono ragioni. Non guardano in faccia a niente e a nessuno:
convenzioni sociali, giudizi, anelli, morali, principi. La fame e la
sete non guardano in faccia alla paura di farsi del male, né alla
paura di fare del male. Soddisfare un bisogno primario è un
diritto. Infilarti la lingua in bocca, farla scivolare sulla tua,
succhiarti le labbra, misurare con le mie mani ogni singolo
millimetro del tuo corpo, afferrarti le anche, entrarti dentro e
spingere finché ce n’è, piegarti in due, tenerti i polsi, morderti,
spingerti con la faccia nel cuscino, spingere e spingere e spingere
ancora fino a toccarti la punta dell’anima è un mio diritto.
Sottrarmi alla morte attraverso la tua carne è un mio diritto. Un
tuo splendido regalo. Tu sei la mia fame e io farò di tutto per
saziarla. Per saziarti. Voglio spezzarti la schiena a furia d’amore.
Lo desidero più della mia vita. Spezzarti la schiena a furia
d’amore. Non vivrò che per questo. Per sentire il crack delle tue
ossa sotto le mie.
A – Lacci
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grazia divina, è follia, è perdersi. Fare l’amore con te è avere
voglia di stare bene, di non desiderare di essere sei metri sotto
terra. E’ passare davanti allo specchio e non avere voglia di
spaccarlo. Fare l’amore con te è scordarsi di chi si è. Fare l’amore
con te è andare oltre, è spaccarsi le gambe, la schiena e sudare e
sudare e sudare. E’ darsi senza riserve, nutrirsi. E’ guardarti
attraverso lo specchio mentre ti sono dentro e non credere a
quello che vedo. Fare l’amore con te è avvicinarsi a Dio, toccargli
la barba con la punta del cazzo e tornare indietro. Stanco.
M – Buco
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secondo della mia vita, il mio è ribellarmi. Ti legherò ad una sedia
e non ti darò da bere, né da mangiare. Ti guarderò dimagrire a
vista d’occhio e scoperò davanti a te con tutte le persone che più
ami: tua sorella, le tue amiche, tua madre. Ti lascerò al buio, così
che non potrai vedermi piangere.
Se non posso averti, ti ucciderò. Ti ucciderò perché ti amo come
nessuno ha mai fatto prima. Tu sei La verità, tu sei Dio… ma io
non so se sarò in grado di reggere tutto questo a lungo.
Davanti a te non sono niente, davanti a te sono un uomo che si
ribella a Dio. Per questa elementare ragione, io ti ucciderò.
E – Sabbia
Odio la tua vita, odio le persone che ti sono accanto. Odio le tue
risate lontane da me e oggi odierò il mare in cui ti bagnerai.
Odierò ogni singolo sbuffo che farai per via del caldo, odierò ogni
gesto che farai per scrollarti la sabbia dalle gambe. Odierò ogni
volta che inspirerai dal flacone di abbronzante e penserai che ha
un buon odore. Odierò la birra che berrai. Odierò ogni volta che ti
scosterai i capelli dal viso per guardare verso un posto che non sia
io. Odierò il vento che ti asciugherà quando uscirai dall’acqua.
Odierò l’asciugamano sul quale ti sdraierai e che ti lascerà segni
asimmetrici addosso. Odierò l’attimo in cui, scorgendo la
spiaggia, dirai “ecco, siamo arrivati”, l’attimo in cui porgerai
l’accendino che ti ho regalato al coglione di turno, che farà finta
di non averne uno. Odierò il fumo delle tue sigarette che non
potrò osservare svanire nel nulla. Odierò il modo in cui
conserverai gli occhiali per non farli graffiare dalla sabbia. Odierò
tutte le volte che volgerai lo sguardo alla tua pelle, per controllare
che si sia scurita un po’. Odierò ogni volta che penserai a me,
ogni volta che sospirerai. Odierò la telefonata che desidererai
farmi e che invece non farai. Odierò ogni volta che squillerà il tuo
cazzo di cellulare e non sarò io a chiamare. Odierò ogni sms che
riceverai e che ti farà sorridere. Odierò il mare che ami, quello
stupido mare in cui ti bagnerai. Quel mare che, senza chiedere,
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senza sofferenza, potrà averti, bagnarti interamente, senza
sentirne il privilegio, senza sentirne la responsabilità. Odierò il
sudore che colerà sulla tua fronte, come sangue dalla fronte
Cristo. Odierò l’acqua che berrai per dissetarti, il pane che
morderai per sfamarti. Odierò tutte le malinconie che ti
attraverseranno, tutti i respiri che farai, tutte le orme che lascerai
sulla sabbia. Odierò la tua ombra che si allungherà e accorcerà
assecondando la distorsione che il sole vorrà regalarle. Odierò il
soffio di vento che ti farà chiudere gli occhi e girare la testa
all’indietro, come se fossi in uno spot di una crociera sul
Mediterraneo. Odierò ogni volta che dirai che il mare in cui ti
bagni è sporco, che la sabbia che calpesti scotta, che la gente
intorno a te ti fa schifo. Odierò ogni volta che incrocerai lo
sguardo di un’altra donna e ti sentirai superiore a lei. Odierò ogni
volta che infilerai le dita nel costume per sistemartelo addosso,
ogni volta che guarderai l’orologio, ogni volta che scoprirai che il
sole si fa sempre più basso sul mare. Odierò ogni volta che
sentirai una canzone e penserai che è stupida, ogni volta che
ricorderai con nostalgia quando al mare ci andavi con i tuoi.
Odierò ogni granello di sabbia che non ti parlerà di me. Odierò
l’acqua, il sole, il vento, l’ombra che ti riparerà dai raggi del sole.
Odierò la medusa che non si attaccherà alla tua gamba. Ti odierò
con tutto me stesso e ancora di più. Ti odierò mentre ti aspetto.
Mentre aspetto di poterti guardare negli occhi, per dirti che non è
te che odio, ma la tua assenza. Un cancro al culo l’avrei
sopportato meglio. Intanto aspetto. Imperterrito.
L – Asfalto
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finestra di un palazzo qualsiasi, chiamarti ed essere sicuro che tu
possa sentirmi. Ed essere sicuro che tu possa sentirmi dovunque
tu sia, qualsiasi cosa stia facendo. Se è vero che fare l’amore,
scopare, fottere – dillo come ti pare – è colmare distanze, perché
se ti chiamo non rispondi? Se è quello che vuoi anche tu , a d e s
s o, perché da qui non riesco a vederti? Perché la mia mente deve
rincorrere l’ultima volta che ho potuto guardarti negli occhi, per
ricordarsi della piega delle tue palpebre?
Perché, perché, perché?
Perché se allungo le braccia non tocco che un fottuto monitor e
quattro tasti rotti? Perché? Dimmelo tu. E dimmi perché, se
guardo fuori, non vedo che persone che non camminano come
cammini tu, che non parlano la tua stessa lingua, che non si
toccano i capelli come fai tu? Perché? Perché lasci che questa
maledetta distanza non si colmi? Perché, anche se spalanco le
orecchie, non sento un sibilo, che sia uno, della tua voce?
Immagino la strada che ci divide accartocciarsi come un foglio di
carta stagnola. Un foglio d’asfalto che semplicemente smette di
esistere. Questo è quello che desidero, nient’altro che questo.
Lascia che mi riconcili con la puttana madre terra. Se ti chiedo
acqua, smettila di darmi aceto. Non ho nessuna croce alla quale
farmi inchiodare, né un padre infinitamente buono e degno a cui
rivolgere preghiere e offrire sofferenze. A me, se m’inchiodano, al
massimo mi mangiano i corvi.
L – Bestemmia
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mi passi davanti distratta, l’attimo in cui le tue labbra non cercano
le mie. Tu non hai fame di me, io non avrò mai più fame di te.
Mangerò, m’ingozzerò, ma non di te. La mia fame non porterà più
il tuo nome. La mia fame è muta. Grida forte, ma è muta. Una
fame mutilata dal tuo sorriso distante. La tua bellezza non ti
salverà. Se non hai fame di me, se non chiedi di mordere la mia
carne, se non la brami, allora diventi pure carne da macello. La
prenda chi la vuole, ma non più tu. Perché da oggi la mia carne
non è più la tua carne e la tua carne non è più la mia. Mi accorgo
che non lo è mai stata. Mi accorgo adesso che è stato solo un
bellissimo sogno. Riguardati piccina.
A – Ulivo
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avidamente dal fondo del tuo ombelico. Sogno il pavimento
allagato dal tuo sangue. Degenero nel desiderio degenere del tuo
battito fievole. Corde stringono i polsi, lividi concentrici
rimandano a movimenti sconnessi, disperati. La mia lingua
schiocca sul palato, un sapore pungente di ruggine invade la mia
bocca. Le tue piastrine adesso si agitano nel mio stomaco. Tu fai
parte di me e io non ne ho ancora abbastanza. Se seguissi il mio
istinto, dovrei scollarti le retini dagli occhi, infilarti un tubo nel
naso, fin dentro i polmoni, e pisciarti nel culo. Infibularti mi
renderebbe sereno, mutilarti nel piacere placherebbe la mia ansia.
Ti ho uccisa dentro di me, in un punto preciso sotto il costato, che
non è il cuore ma molto più dentro, ed ho piantato un ulivo sulla
tua tomba. Non ne è nato niente, se non un ramo secco, senza
vita. Dal niente non può che nascere il niente. Ho piantato un
ulivo dentro di me e non ne è nato niente, se non un misero
silenzio. Non c’è luce che nasca dal buio e dal buio non può che
nascere silenzio. Non ho spezzato quel ramo, ne ho strappato via
le radici. Quello che rimane è una buca dai contorni irregolari e
puzza di umido. Ombre al posto della luce e una musica che non
viene più dalla tua playlist, ma da un posto distante mille anni
luce. Io distante mille anni luce da me. Lasciarmi cadere senza
opporre resistenza, assecondando la caduta, inerme, stanco, ferito,
deluso, è tutto ciò che farò.
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PICCOLE LETTURE
CON CARNE DI CUORE TRITATA
di GM Willo
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Puoi fare quello che vuoi. Puoi essere quello che desideri essere.
Puoi dire quello che ti senti di dire. A me importa poco…
A me quello che interessa è esserti accanto, ascoltarti, magari
anche prendere uno schiaffo o un cazzotto, ma esserci, comunque.
E l’unica cosa che voglio in cambio è che ci sia anche tu.
Esserci significa essere pronti a ricevere.
Anche uno schiaffo può trasformarsi in oro ed arricchirti.
Ma se vorrai venire da me solo per dare, ti prego, non farlo.
Lo scambio è l’essenza del rapporto.
Le strade che ci uniscono devono essere sempre e solo a doppio
senso di marcia.
Per questo motivo ti prego di tendermi le mani e di accettare
queste mie parole. Se ti fanno male, fai come diceva mia nonna;
mettile accanto al bene.
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occhi e saltare…
L’aquilone è solo un puntino nel cielo ormai. Le prime gocce
cominciano a cadere, la carta si bagna ma lui resiste ancora.
Un‘ultima virata prima che, appesantito dall’acqua, si lasci
precipitare.
Amare è intrepido e bellissimo.
È come volare senza filo.
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Ciò che tu immagini esiste già e le cose in cui credi sono più reali
di quelle che ti vengono raccontate.
Un pensiero che si evolve da un universo delimitato porta a
conclusioni circoscritte. Quello libero e privo di confini, che si
basa sulla percezione dell’infinito, si sostiene attraverso un
equilibrio assoluto, determinato da infinite variabili, infinite
possibilità, infinite realtà.
Per questo motivo ciò che tu immagini esiste già, e la morte è
esattamente come tu te l’aspetti.
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cadere, ma tanto cadrai lo stesso e allora meglio cadere da soli
che essere spinti a terra dal gioco del domino.
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Spara fucile, spara, che altro non sei che l’estensione d’acciaio del
mio braccio, e per quanto cerchi di essere tutt’uno insieme a te,
una comoda sensazione di distacco ci separa. Il mio dito fa solo il
suo lavoro, il tuo grilletto è solo un ingranaggio, e anche la
pallottola che esplode nel corpo del bersaglio altro non è che un
oggetto innocuo, un gingillo di metallo e polvere nera. Tutte
queste cose insieme danno esito a un evento di morte, ma è un
risultato soggetto a troppe variabili, una catena infinita di
comandi, responsabilità e conseguenze che, una volta davanti al
fatto di sangue compiuto, perde significato. Le responsabilità si
assottigliano. Le regole del sistema sussurrano le parole al
politico che le rigira alla TV, vengono riprese poi dai miei diretti
comandanti, che fanno la voce grossa per stemperare le mie
emozioni. Il mio dito è il loro dito. Il grilletto del mio fucile
reagisce all’occhio della cinepresa dell’ultimo telegiornale. La
pallottola è l’indice del politico, e il sangue che sgorga dal petto
squarciato del mio nemico è l’inchiostro con cui si stampa la
moneta corrente.
Ecco perché non oso abbassare la mira e voltare le spalle.
È un gioco troppo più grande di me.
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TAUTOGRAMMI
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MALEDIZIONE MORTALE
di Dario de Giacomo
Maledetti mascalzoni!
Mentre mi malmenavano malamente,
menavo malrovesci minacciosi.
Ma morii miseramente,
molto malato,
manifestando malesseri meschini.
Mi meritavo male?
Mistero!
Muoio meditando:
manderò molti mali.
Malnati maledetti,
moriranno
mentre mangeranno,
masticando malattia:
morso mortale.
Merda!
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CARLOTTA
di Gano (Poeta Ubriacone)
Conobbi Carlotta
Candida come cocco
Cicala campestre
Cantava con clamore
Chiedendo cazzo,
Che cavalcandola
Cercai con cura clito.
Coito costretto
Cantai colmandola
Caddi così contento
Contro culo
Clarinetto contro contrabbasso.
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SUPPLICA
di Morgendurf
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PULZELLA
di Morgendurf
passi piacevoli
proporzionati per porgerti presenti
104
AMAMI AMORE
di Morgendurf
105
MUOIO MATURANDO
di Miriam Carmineo
106
SENZA TITOLO
di Dario de Giacomo
Chiamami cara,
credimi,
certamente
costruirò canti
che caleranno caldissimi.
107
VOLTO VIRGINALE
di Morgendurf
108
DESIGNAZIONE DANNATA
di Jonathan Macini
Designazione dannata
Destituitami dal diavolo
Dono dolente
Debosciato
Deleterio
Degradante
Destino dissacrante
Disegno diffamatorio
Disincanterò diplomaticamente
Deriderò duramente
Disarmerò devotamente
Destinazione deforme…
Defluiranno dazi…
109
CELATE CONCITAZIONI
di Morgendurf
Cerco colonne
con cui costruire costrizioni
circumnavigo case
concettualmente curiose
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TRE SENZA TITOLO DI DARIO
di Dario de Giacomo
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Meravigliosa Miriam
mi mancavi.
Maneggio magnifiche malefatte,
ma misteriose malinconie
metafisicamente montano,
minacciando: mudù, mudù!
Migliorerò ma mi mancavi,
Miriam, mare mio magno.
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SENZA TITOLO
di GM
Zittisco zelante
Zampillando zaffiri
Zingaro zotico
Zoppicante zimbello
Zzzzzzzzzz.
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SENZA TITOLO
di Miriam Carnimeo
Trovandomi tesa
tra tendini trafitti,
ti traduco…
tutto te:
ti tocco.
Tu,
tumefacendomi taci!
Ti temo torpore,
tralasciandoti tramo…
terribile taglio,
tastando tesse.
Tuo teorema.
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SENZA TITOLO
di Dario de Giacomo
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TESORO TENTATORE
di Dario de Giacomo
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AUTORITRATTO
di Morgendurf
Attendo approvazioni
assisa accanto all’anima
accomodata
aggomitolata
attonita
anelo accoglienze
accertando accanite accuse.
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SENZA TITOLO
di Massimo Mangani
Mamma mia
mai mi misi maglie
marroni, meglio morire manco
mancasse materiale.
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MALEDETTA MIGNOTTA
di Morgnedurf
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Finito di pubblicare nell'aprile del 2010
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