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l'autismo a scuola
Bibliografia 353
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Introduzione
• Un allievo con bisogni tanto speciali e particolari, come quello affetto da distur
bo autistico, può trovare nella scuola un ambiente idoneo perii suo sviluppo e la
sua integrazione sociale?
• Ha senso perseguire obiettivi di inclusione per un bambino che risulta assolu
tamente poco attrezzato per vivere con gli altri, enfatizzando deficit a livello di inte
razione sociale, comunicazione sociale, comportamento e tipologia di interessi?
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l'autismo a scuola
12
INTRODUZIONE
Il percorso verso l’inclusione effettiva degli allievi con autismo può dirsi
appena avviato, anche se un certo tragitto è stato sviluppato grazie a nume
rose esperienze positive di integrazione scolastica, le quali, di fatto, possono
rappresentare una sorta di volano per favorire forme di generalizzazione
anche nel contesto sociale.
13
l’autismo a scuola
s
INTRODUZIONE
Marco
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l'autìsmo a scuola
molto difficile incrociare lo sguardo di Marco, che, tra l’altro, spesso scuote
velocemente la testa anche per periodi prolungati.
Marco non utilizza il linguaggio verbale, se si eccettuano alcune vocalizza
zioni che vengono pronunciate in maniera ripetitiva. La sua forma principale di
comunicazione avviene in maniera fìsica. Quando vuole qualcosa e non riesce a
prenderla, infatti, afferra la mano dell’adulto che sta vicino e lo guida all’ogget
to desiderato. Se gli oggetti che desidera sono utilizzati dai suoi compagni non
esita a strapparli dalle loro mani, incurante delle reazioni che determina.
Marco manifesta una grossa difficoltà nell’accettazione di attività nuove;
solitamente quando vengono proposte le rifiuta piangendo e urlando.
Richiede con grande insistenza (arrivando anche a gettarsi a terra) attività di
suo interesse o già conosciute.
È molto bravo a realizzare torri ponendo cubetti uno sopra all’altro. È
sorprendente la precisione con cui li sistema fino a creare pile che raggiun
gono la sua altezza. Quando la torre si rovescia perché troppo alta o perché
un cubetto viene sistemato in maniera irregolare, Marco senza alcun gesto o
atteggiamento di disappunto ricomincia la composizione.
Ama molto veder scorrere l’acqua dal rubinetto e porre sotto le sue mani.
Sta imparando a strofinarle autonomamente come si usa fare nel movimen
to di lavarle.
I genitori raccontano che a casa è difficile interagire con luì, se non con
giochi fisici, come fingere di fere la lotta. Ha un rapporto complicato con il
cibo: sono poche, infatti, le cose che gli piacciono (principalmente pane,
formaggio grattugiato, carne di pollo e poco altro) e mangia solo quelle.
Da poco tempo hanno preso un cane a casa con la speranza che Marco
possa affezionarsi a lui. In realfe il bambino accetta che il cane gli vada vicino
e che gli lecchi le mani, anche se le iniziative di avvicinamento da parte sua
sono sporadiche e durano poco tempo. Comunque, le interazioni sembrano
aumentare.
Marco ha iniziato da alcuni mesi una riabilitazione basata su tecniche com
portamentali, dopo vari tentativi fetti con approcci diversi. I genitori sembrano
soddisfatti dei progressi fetti registrare in poco tempo, soprattutto in relazione
allo stare seduto al tavolo di lavoro. Richiedono che lo stesso approccio possa
essere applicato anche a scuola e stanno operando per mettere in contatto il
personale specialistico, che opera in una città diversa, con gli insegnanti.
Malgrado la situazione difficile, i genitori di Marco nutrono buone speran
ze per il futuro del loro figlio.
16
INTRODUZIONE
Luca
Luca, è un bambino di 8 anni che frequenta la seconda classe della scuola prima
ria. È molto carino, con capelli neri a spazzola e occhi grandi di colore verde.
Luca non parla. In alcune occasioni comincia a emettere urla improvvise e
si morsica la mano destra in maniera ossessiva, come fosse assalito da uno stato
d’ansia non controllabile. In altre situazioni, a dire il vero più rare, aggredisce
gli adulti che gli stanno vicino con graffi e pizzichi. Raramente si rivolge in
maniera inadeguata nei confronti dei compagni, ai quali anzi si avvicina spesso,
anche se non si riesce a capire bene con quale finalità. L’intenzione principale,
infatti, soprattutto con le bambine, è quella di annusare loro i capelli.
Spesso sfoglia un libro davanti agli occhi e ride da solo.
Ama molto andare e tornare da scuola con il pulmino. Sale da solo e
occupa il suo posto e anche nelle uscite scolastiche non ha mai dato partico
lari problemi.
A Luca piace molto giocare con le macchinine. Ne ha una vera collezione.
Il suo gioco, però, si limita alla creazione di lunghe file ordinate di macchi
nine messe a rovescio, ìn modo da poter far girare le ruote.
Saltella molto spesso facendo strane oscillazioni del busto. Questi
comportamenti che coinvolgono tutto il corpo si alternano a momenti in cui
batte le mani guardandole di traverso e saltellando sul posto.
Luca non ha abilità di scrittura
*
, i tentativi di fare in modo che copiasse
delle lettere sono risultati infruttuosi. La modalità di impugnare la penna e la
matita è comunque corretta. Quando gli viene dato un foglio e dei colori a
legno passa molto tempo a tracciare linee orizzontali utilizzando quasi
sempre i colori marrone e verde. Gli piace, comunque, effettuare alcuni
giochi che conosce bene al computer, riuscendo a usare il mouse in maniera
adeguata per ripetere i percorsi abituali.
I genitori raccontano che a Luca sembra piacere molto passeggiare con
loro su alcuni itinerari particolari della cittadina nella quale risiede, mentre
non gradisce ambienti troppo affollati o rumorosi. Trascorre molto tempo
in giardino, dove è stata montata un’altalena. Gli aspetti più problematici
che vengono segnalati riguardano l’alimentazione e il sonno. Luca è molto
selettivo e vuole sempre mangiare le stesse cose. In alcune occasioni è succes
so che mettesse imbocca la terra e la sabbia ridendo e guardando Ì genitori.
Durante la notte dorme al massimo per due o tre ore, poi comincia a saltare
sul letto, a gridare, a camminare avanti e indietro per la stanza e ad emettere
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l’autismo a scuola
Filippo
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ÌNTRODUZIONE
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l'autismo a scuola
Roberta
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INTRODUZIONE
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l'autismo a scuola
Giuseppe
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INTRODUZIONE
23
[.‘AUTISMO a scuola
positivo nei confronti di Giuseppe, spesso sono i suoi compagni che vanno
nell’aula individuale per accompagnarlo in quella comune.
Ai genitori di Giuseppe piace fare camminate in montagna o comunque
effettuare gite giornaliere nei giorni di festa, Giuseppe li accompagna sempre
e sembra gradire queste occupazioni. Durante tali uscite, il padre fa delle foto
che consegna agli insegnanti di sostegno. Quelle immagini sono la base per
attività didattiche che partono proprio dal vissuto del ragazzo e servono sia
per ricostruire le scansioni temporali sia per la trattazione di alcuni argomen
ti storici (ad e$. feudalesimo-castelli) che per attività educativo-didattiche
che si riferiscono alla geografìa.
Certo si è ancora lontani da una generalizzazione del suo comportamento
di rispetto delle regole in ambienti diversi da quelli solitamente frequentati.
Succede infatti che alle volte, quando si reca con i familiari in un luogo pubbli
co, quale potrebbe essere una pizzeria, non riesca a stare composto al tavolo e
manifesti comportamenti apparentemente bizzarri; ad esempio, se vede una
macchia o una briciola a terra, vuole assolutamente pulire il pavimento.
I genitori, comunque, sono contenti dell’andamento scolastico di Giusep
pe, che si riflette anche sulla quotidianità e sono fiduciosi per il suo futuro.
Ringraziamenti
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1. Chi è l’allievo con autismo:
conosciamo meglio Marco, Luca, Filippo,
Roberta e Giuseppe
25
l'autismo a scuola
Con la pubblicazione nei 1994 del dsm-iv, il disturbo autistico è stato inse
rito fra i Disturbi generalizzati dello sviluppo, ossiatra quei disturbi caratte
rizzati da una grave e generalizzata compromissione in diverse aree dello
sviluppo. L’inclusione dell’autismo in questa categoria diagnostica e i model
li di riferimento per l’intervento didattico possono essere meglio compresi
ripercorrendo a ritroso l’evoluzione storica degli studi sulla sindrome.
Il termine “autismo” venne utilizzato per la prima volta nel 1908 daBleuler,
psichiatra svizzero sostenitore della teoria psicoanalitica, per riferirsi a una
particolare forma di ritiro dal mondo, causata dalla schizofrenia.
Si deve attendere, comunque, il 1943 per registrare un interesse riferito
all’età evolutiva. In quell’anno, infatti, Kanner parlò di “autismo infantile
precoce” per illustrare un complesso di sintomi presenti in un gruppo di 11
bambini, 9 maschi e 2 femmine.
Come sostengono Barale e Ucelli (2006), l’aggettivo “infantile”, che di
fatto Ìndica l’esordio della patologia, ha contribuito a una forte ambiguità della
nozione. L’autismo, infatti, non è la forma infantile della schizofrenia, come a
lungo si è pensato, né cambia strutturalmente con l’età adulta. Si tratta, al
contrario, di una condizione che perdura per tutta la vita. Queste evidenze
giustificano il fatto che l’aggettivo sia scomparso nelle recenti versioni del DSM.
Tornando al contributo originario di Kanner, i bambini da lui descritti
mostravano una varietà di sintomi e comportamenti unici, tra i quali figura
vano una notevole abitudinarietà (modificazioni anche lievi delle loro routi
ne e del loro ambiente provocavano agitazione e sofferenza); lo sviluppo
anormale del linguaggio, con ritardi nel parlare o produzione linguistica
limitata alla ripetizione di parole altrui; il rifiuto del contatto sociale, con una
tendenza marcata a stare da soli. Kanner osservò che il comportamento di
questi bambini differiva da ogni altra sindrome che era stata in precedenza
riscontrata da psichiatri e psicologi. In quel suo fondamentale articolo, egli
utilizzò la parola “autistico” per descrivere l’incapacità di rapportarsi con gli
altri e il desiderio di essere lasciati soli; inoltre, descrisse i genitori di questi
bambini come freddi ed eccessivamente intellettuali, anche se concludeva il
suo articolo del 1943 affermando che la causa del disturbo era probabilmen
te di natura congenita. L’etichetta di "genitori frigorifero”, coniata proprio
da Kanner, ha pesato per anni sulle spalle di tante madri e padri, ricorrendo
in modo assolutamente infondato anche in tempi recentissimi. Va sottoli
26
1. CHE È L'ALLIEVO CON AUTISMO
27
l'autismo a scuola
Oggi si parla di sindrome di Kanner per definire i casi di autismo più vici
ni alle classiche caratteristiche di isolamento, ripetitività, disturbo della
comunicazione e di sindrome di Asperger per soggetti meno compromessi,
con una buona comunicazione verbale, un soddisfacente livello intellettivo
e un consistente disturbo dell’interazione sociale reciproca. Esiste, a questo
proposito, un dibattito ancora irrisolto circa l’opportunità di considerare la
sindrome di Asperger come specifica e distinguibile dall’autismo ad alta
funzionalità (sulla base delle maggiori competenze linguistiche e cognitive e
del livello più accentuato di disturbo motorio), anche se, come sostiene
Wing (1996), per la progettazione degli interventi educativi tali distinzioni
sono meno importanti di una comprensione generale delle caratteristiche
associate a queste condizioni e di una valutazione individualizzata e comple
ta dei punti di forza, dei deficit e degli interessi degli allievi.
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1. CHI È L’ALLIEVO CON AUTISMO
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l'autismo a scuola
stato Rimland (1964); per questo autore, infatti, l’autismo era causato da
alterazioni morfologiche e funzionali a base organica.
Verso la fine degli anni sessanta cominciarono ad affermarsi le posizioni di
due figure che hanno portato contributi davvero rilevanti, sia per la conoscen
za della sindrome autistica sia, soprattutto, per l’individuazione di modelli di
intervento in grado di superare l’approccio psicoanalitico: si tratta di Lovaas e
di Schopler, dei quali parleremo diffusamente anche nei capitoli successivi.
Si deve a Lovaas e ai suoi collaboratori la delineazione dì un modello di
intervento rivolto a bambini autistici, elaborato secondo i principi delT^n/z-
lisi comportamentale applicata. Tale programma di intervento, pur essendo
andato incontro a una serie di critiche (come, del resto, tutte le applicazioni
educative, riabilitative e terapeutiche del comportamentismo), ha comunque
fornito risultati documentati estremamente significativi, consentendo anche
ad alcuni bambini di arrivare ad avere una vita discretamente adattata.
Secondo rinterpretazione della teoria comportamentista, l’autismo sarebbe
una sindrome su base neurologica, che si oggettivizza in particolari modalità
comportamentali, le quali possono essere soggette a cambiamenti in seguito
a interazioni specifiche con l’ambiente. Il bambino autistico non riesce facil
mente ad apprendere dal proprio ambiente se non vengono predisposte,
almeno all’inizio del trattamento, adeguate modalità di facilitazione promos
se non solo dai terapisti, ma anche da insegnanti e genitori.
Il lavoro di Schopler e dei suoi collaboratori dell’Università della Carolina
del Nord ha consentito di mettere a punto il programma teacch (Treatment
and Education of Autistic and Communication Handicapped Children), il
quale riscuote ancora oggi grande interesse a livello internazionale. Il
programma, che comprende numerose attività di tipo educativo da effettua
re con bambini affetti da autismo, venne sperimentato per un periodo di
cinque anni con l’aiuto dell’ufficio all’educazione e dell’istituto nazionale
della sanità della Carolina del Nord; in considerazione dei risultati estrema-
mente positivi raggiunti, dagli anni settanta venne ufficialmente adottato e
finanziato dallo Stato della Carolina del Nord. Dagli Stati Uniti, il program
ma si è diffuso anche in Europa e in Italia, grazie soprattutto alla traduzione
dei lavori di Schopler e collaboratori, all’attivazione di corsi di formazione e
all’opera di diffusione effettuata dall’ANGSA (Associazione nazionale genito
ri soggetti autistici). U programma teacch persegue la finalità di favorire
l’adattamento della persona con disturbo autistico nel proprio ambiente di
vita, attraverso precise modalità organizzative e specifiche strategie educative
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1. CHI È L'ALLIEVO CON AUTISMO
Dallo studio di questi autori è emerso che disturbi della socializzazione, della
comunicazione e dell’immaginazione hanno tendenza ad apparire insieme
piuttosto che in maniera isolata. Dal momento che questa caratteristica è
particolarmente evidente nell’autismo, da allora si preferì diagnosticarlo in
base a queste tre aree sintomatiche.
E quindi attorno alla fine degli anni settanta che la National Society for
Autistic Children formula una definizione ufficiale, ricavata dai sintomi tipi
ci presenti entro ì primi 30 mesi di vita inerenti a: ritardi o regressioni evolu
tive, disturbi della comunicazione e del linguaggio, condotte inadeguate,
improprie, finalistiche ecc.
Sul finire degli anni ottanta fu proposto anche un modello cognitivo basa
to sulla teoria delia mente, proposta da un gruppo di studiosi inglesi (Lesley,
Frith e Baron-Cohen). Gli autori ipotizzarono che nell’autismo la disfunzio
l'autismo a scuola
Negli ultimi anni è stata sviluppata una serie di studi che ha cominciato a
mettere in discussione il fatto che la carente costruzione di una teoria della
mente nell’autismo sia il risultato di un deficit originariamente di tipo cogni
tivo. È stato messo in evidenza il ruolo giocato dalla simulazione mentale
legata al funzionamento dei cosiddetti neuroni specchio (mirrar neuroni',
Gallese et al., 1996; Rizzolatti et al., 1996), che porta il bambino a riconosce
re e a manifestare gli stati mentali ed emotivi attraverso l’imitazione degli
adulti e la condivisione con loro di pensieri ed emozioni. Questa attivazione
sembrerebbe carente nei bambini con autismo.
Oltre a ciò, è stato messo in risalto come le persone siano naturalmente
orientate a rispondere in maniera preferenziale a stimoli di natura sociale e
che, sulla scorta di questo, la cognizione sociale si costruisce partendo
dall’azione sociale (prospettiva definita mente enattivd), H gruppo di ricerca
che fa riferimento a Klin (Klìn et al., 2004) ha sviluppato varie sperimenta
zioni che sembrano documentare come Ì soggetti autistici tendano a presta
re maggiore attenzione a elementi poco significativi per la decodifica della
situazione sociale.
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1. CHI È L'ALLIEVO CON AUTISMO
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L'AUTISMO a scuola
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1. CHI È L'ALLIEVO CON AUTISMO
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2. Progettare l’integrazione:
questione di alleanze e di metodologia
Quando allievi così speciali come Marco, Luca, Filippo, Roberta e Giuseppe
entrano a scuola nulla può restare com’era: l’organizzazione, la didattica, le
relazioni devono modificarsi, perché ogni forma di adattamento degli allievi
al contesto dipende primariamente da quanto coordinamento e quanta fles
sibilità vengono messi in campo.
In primo luogo va posto in evidenza con grande rilievo come esperienze
qualitative di integrazione si possano costruire solo a partire dallo stabilirsi
dì alleanze e da precise assunzioni di responsabilità. Detto in altre parole, se
a occuparsi degli allievi sono solo gli insegnanti di sostegno e gli assistenti
educativi e se tra scuola, famiglie, servìzi specialìstici ed enti locali non sì atti
vano profìcue interazioni, le prospettive di successi formativi si riducono
drasticamente. “Alleanza” è sicuramente la parola chiave che deve regolare la
collaborazione fra le diverse agenzie che condividono, seppure con ruoli
specifici, la responsabilità di progettare e realizzare l’integrazione dei nostri
allievi. Parlare di progettare l’integrazione in questo contesto vuol dire
mettere in atto da parte della scuola una serie di iniziative che investe il piano
organizzativo, quello delle finalità generali, fino a quello più prettamente
didattico.
A quest’ultimo livello la progettazione, come messo in evidenza nella
presentazione a questa prima parte del lavoro, si concretizza con la prassi
85
L'AUTISMO A SCUOLA
Alla luce di queste premesse, per cercare di rispondere ai quesiti iniziali nel
presente capitolo saranno presi in considerazione sìa Ì rapporti interistituzio
nali necessari per la messa in campo proficua di tutte le risorse, sia le proce
dure prettamente didattiche connesse al momento della programmazione,
della conduzione e della verifica delle attività educative. Nel dettaglio, l’in
teresse sarà concentrato sui seguenti aspetti:
• le alleanze che si devono stabilire fra scuola, famiglia, servizi specialistici e
altri enti e associazioni;
• la programmazione didattica analizzata alla luce dei diversi modelli
esistenti;
• un’esemplificazione di programmazione didattica per un allievo con au-
ismo;
• l’analisi dì uno strumento informatico che può risultare molto importan
te per programmare, condurre e monitorare interventi educativi.
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2. PROGETTARE t'INTEGRAZIONE: QUESTIONE Di ALLEANZE E DI METODOLOGIA
non cenere conto del nucleo educativo primario che è la famiglia, con i biso
gni, ma anche con le potenzialità che essa è in grado di esprimere. La fami
glia, infatti, non può essere considerata né come entità disfunzionale intrap
polata perennemente nella crisi (Favorini, Bocci, 2008; Favorini, 2009), né
in una posizione di subordine e inferiorità. Al contrario, in molte situazioni
si tratta di un “soggetto” che ha affinato la propria capacità di osservazione,
ha sperimentato e validato nella quotidianità dell’esperienza alcune strategie
efficaci di intervento e che ha accumulato saperi e competenze.
Chiediamoci innanzitutto, quindi, in che modo la dialettica scuola-fami
glia possa raggiungere quella positività turt’altro che agevole da conquistare,
necessaria però perché il progetto di integrazione trovi le condizioni miglio
ri per realizzarsi.
L’ostacolo alla proficuità del rapporto è dato dalla radicalizzazione delle
posizioni: da un lato, il non vedere nel progetto della scuola la risposta
competente che ci si attende; dall’altro, il privilegiare un approccio mera
mente normativo-burocratico anziché progettuale.
In concreto, la famiglia rivolge sostanzialmente due tipi di richiesta alla
scuola, che a prima vista potrebbero apparire antitetiche (Sapucci, 1999):
• che la scuola si organizzi perché il proprio figlio sìa accolto in modo tale
da vìvere pienamente l’esperienza di vita nel gruppo con i coetanei;
• che la scuola affronti la situazione specifica del figlio con tecniche e meto
dologie di lavoro tali da consentire di apprendere le competenze tipicamen
te scolastiche.
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l'autismo a scuola
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2. PROGETTARE L’iNTEG RAZIONE: QUESTIONE DI ALLEANZE E DI METODOLOGIA
In. realtà, gli accordi di programma non sono riusciti a decollare nel modo
dovuto e auspicato, bloccati da carenze nei finanziamenti o da ristrettezze di
organico della sanità o dalla mancanza di un organo di reale coordinamen
to, in grado di raccordare i diversi attori del progetto integrato a favore della
persona in situazione di disabilità.
Questa constatazione, però, non può rallentare l’impegno orientato a
tessere e coltivare rapporti e collaborazioni, che vadano oltre gli adempi
menti normativamente sanciti (definizione della diagnosi funzionale, del
profilo dinamico funzionale e del piano educativo individualizzato), per
diventare una reale prassi di lavoro congiunto. SÌ devono prevedere, a
questo proposito, incontri periodici che vedano sempre la presenza dei geni
tori e che consentano di raccordare gli interventi relativi ai diversi contesti
di vita del bambino: casa, scuola, riabilitazione, attività ricreativa, sportiva
ecc., al fine di discutere gli obiettivi educativi, i contenuti, le modalità di
presentazione e di verifica utilizzate, per indirizzare ì diversi interventi verso
mete comuni e per condividere una filosofia progettuale di fondo (Farci,
2005).
La scheda 2.1 riporta alcune azioni preliminari messe in arto dalla scuola
primaria che sarebbe stata frequentata da Luca nell’anno successivo, finaliz
zate al tentativo di attivare le positive collaborazioni di cui si è detto sopra.
Circa sei mesi prima della conclusione dell'anno scolastico che dovrà portare Luca
a lasciare la scuola dell’infanzia per approdare alla primaria si cominciano a piani
ficare le azioni per facilitare una positiva accoglienza. I genitori manifestano molta
preoccupazione perché nel contesto della scuola dell'infanzia si erano create posi
tive sinergie tra insegnanti e familiari, con una collaborazione significativa degli
specialisti. È assolutamente fondamentale che queste positive interazioni si
mantengano, ma la prospettiva di fermare ancora un anno Luca viene scartata, in
quanto è stata già adottata nell'anno precedente e una sua riproposizione farebbe
perdere il contatto con ì compagni e accentuerebbe in maniera eccessiva il divario
di età e di sviluppo fisico fra i bambini.
Bisogna preparare il passaggio alla scuola primaria. Prende l'iniziativa, come è
fondamentale che sia, il dirigente scolastico. Per prima cosa individua in un'inse
gnante di ruolo di sostegno la figura che sarà incaricata di seguire Luca. In questo
modo è certo che pofrà essere assicurata la necessaria continuità didattica, senza
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l'autismo a scuola
quelle nefaste variazioni di docenti specializzati (a volte anche non specializzati} che
si verificano quando l’incarico viene affidato a dei supplenti annuali.
Organizza poi un incontro fra gli insegnanti della scuola primaria (tre insegnanti che
lavoreranno in modulo sulle due classi prime e l’insegnante dì sostegno} e di quella
dell'infanzia nella sede della scuola dell'infanzia. In questo modo i docenti possono
rendersi conto dell'organizzazione didattica che è stata prevista e prendere visione
della documentazione disponibile (valutazioni effettuate, lavori del bambino ecc.}.
Partecipa all’incontro anche il dirigente e un'assistente educativa incaricata dall'ente
locale che continuerà a seguire Luca anche nella scuola primaria. Durante questa
prima interazione gli insegnanti della scuola primaria hanno la possibilità di prende
re contatto con il mondo di Luca e di vederlo anche all’opera (l'incontro infatti, che si
svolge in un pomeriggio nel quale la scuola dell'infanzia è aperta, comincia prima della
conclusione dell’orario per poi continuare dopo l’uscita dei bambini}. Gli insegnanti si
incontrano poi in maniera informale con un esperto del servizio sanitario che ha in cari
co Luca, per confrontarsi su alcune linee programmatiche di fondo. In seguito, gli inse
gnanti avviano uno studio personale e partecipano ad alcuni incontri formativi.
Esaurita questa fase, il dirigente convoca un incontro fra scuola, famiglia, servizi
sanitari ed ente locale. Viene invitato anche un pedagogista dì un servizio speciali
stico che Luca frequenta nel pomeriggio per il potenziamento delle sue capacità
comunicative.
Tutti vengono informati del percorso conoscitivo sviluppato dalla scuola fino a quel
momento e dell'organizzazione che vorrebbe prevedere. Naturalmente la finalità
dell’incontro è quella di condividere una progettazione preliminare, raccogliendo
idee e suggerimenti da parte di tutti. Il dirigente è però molto preciso sull’obietti
vo di fondo che desidera venga da subito perseguito: “Dal primo giorno di scuola
dobbiamo avere ben chiaro che cosa fare con Luca e perché”.
Si sviluppa una discussione molto proficua, che porta alla delineazione di alcune
linee di riferimento dell’azione educativa e a una precisa assunzione di responsa
bilità da parte di tutti. I genitori, entrambi presenti, portano contributi molto impor
tanti perla conoscenza del bambino e alla fine approvano e si riconoscono nel lavo
ro che si ha intenzione di sviluppare. Si prevede un ulteriore incontro prima
dell’inizio dell’anno scolastico per concordare in maniera più precisa il progetto
educativo, che sarà poi monitorato e aggiornato con sistematicità.
Molti lettori si chiederanno a questo punto che cosa è stato fatto di partico
lare, da rimarcare con tanta enfasi. Si tratta, in realtà, di azioni che fanno
parte della routine dei rapporti interistituzionali.
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2. PROGETTARE L'INTEGRAZIONE: QUESTÌONE Oi ALLEANZE E 01 METODOLOGÌA
Nulla dì speciale, infarti, anche perché non sono richieste azioni sensazio
nali per organizzare opportunamente rincontro con i nostri allievi in situa
zione di disabilità, anche quando i loro bisogni sono molto specifici, come
avviene nel caso dell’autismo.
Alcuni aspetd, comunque, vanno fatti risaltare.
Innanzitutto il coinvolgimento del dirigente scolastico che, quando svol
ge per intero il suo ruolo di coordinamento e di organizzazione, pone le
condizioni per la definizione di un proficuo progetto territoriale. Si tratta dì
ima variabile di grande rilevanza per U successo dell’integrazione, alla quale
non sempre viene data la giusta rilevanza.
In secondo luogo la scuola si documenta preliminarmente e assume tutte
le informazioni necessarie per poter essere preparata e credibile nelle intera
zioni. Troppo spesso rincontro con la famiglia e con i servizi specialistici
viene affrontato con un approccio passivo da parte dell’istituzione scolastica,
ponendosi in un atteggiamento di semplice richiesta agli altri relativamente
al “cosa fare”. È chiaro che in questo modo si viene a essere percepiti come
l’anello debole dell’organizzazione, un mero elemento esecutivo di un
progetto pensato altrove, che ripeta magari quanto già viene sviluppato nel
contesto riabilitativo. Non si può fare a meno dei-contributi di tutti, ma la
didattica è una specifica competenza degli insegnanti e, come tale, deve esse
re da questi esercitata opportunamente. Non va chiaramente solo rivendica
ta, ma costruita quotidianamente attraverso un approccio da “professionista
riflessivo” (Schòn, 1993).
Altro elemento significativo è la disponibilità all’ascolto e al confronto,
attribuendo a tutti, e in particolare alia famiglia, il ruolo importante di cui si
è detto in precedenza. Un progetto condiviso e approvato dai genitori e con
questi monito rato e aggiustato in itinere contiene le migliori prospettive per
potersi generalizzare anche a contesti esterni a quello scolastico.
La ricerca di una significativa interazione con i servizi specialistici e con
quelli sociali, poi, è una condizione di rilevanza tale che non necessita di
essere ulteriormente sottolineata. Un aspetto mi sembra debba essere fatto
risaltare in questa dinamica: la scuola pone un obiettivo subito visibile
(“Dal primo giorno dobbiamo sapere che cosa fare”) e questo orienta il
rapporto in maniera diversa da quanto spesso avviene. Infatti, in tal modo
si pongono le condizioni per poter adottare quell’approccio progettuale di
cui si diceva in precedenza, che deve essere sviluppato senza alcun indugio
dalla scuola, con la disponibilità a fare per intero la propria parte in un
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l’autismo a scuola
92
2. PROGETTARE L’INTEGRAZIONE: QUESTIONE Of ALLEANZE E DI METODOLOGIA
costruito sulla base di obiettivi ritenuti significativi, nel nostro caso, per lo
sviluppo degli allievi con autismo, da implementare considerando anche
l’esigenza di promuovere forme di interazione con i compagni e, più in gene
rale, con il contesto di riferimento.
Agli insegnanti è richiesto di predisporre, secondo una precisa logica, le
varie situazioni di apprendimento, dotandosi anche di strumenti per accerta
re con quale stabilità gli apprendimenti stessi si vanno consolidando negli
allievi. In questo modo, i docenti assumono realmente il ruolo di protagoni
sti, affiancandosi dalla posizione di meri consumatori dì programmi. I risul
tati conseguiti dagli allievi diventano così occasione per ridefinire costante-
mente le lìnee della programmazione e per adattare i curricoli o le fasi di
implementazione degli stessi.
Vista in questi termini la programmazione per obiettivi non è certa
mente accusabile, come da più parti viene fatto, di essere un modello rigi
do e caratterizzato da una serie predeterminata di azioni didattiche che si
succedono in modo lineare. Tale modello di programmazione, infatti, è
sicuramente portatore dell’esigenza di proporre azioni intenzionali e siste
matiche, ma, nello stesso momento, non risulta assolutamente inconcilia
bile con la flessibilità, l’imprevedibilità e la duttilità dei percorsi formativi.
Affermare questo sarebbe ingiusto e irriguardoso nei confronti della spon
taneità e creatività che mettono in evidenza insegnanti e allievi quando la
didattica per obiettivi viene adeguatamente programmata, condotta e mo
nitorata.
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l'autismo a scuola
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2. PROGETTARE l'INTEGRAZIONE: QUESTIONE DI ALLEANZE E DI METODOLOGIA
ficazione della matrice cognitiva dei soggetti a cui è indirizzata l’azione didat
tica. In altre parole, si tratta di accertare quali sono i concetti che gli allievi
hanno spontaneamente sviluppato su certi argomenti, in quanto i concetti
specifici della disciplina, per poter essere assimilati, devono agganciarsi con
quelli già posseduti.
A questo punto l’insegnante dispone, da un lato, della mappa concettua
le che rappresenta ì concetti sistematici che saranno oggetto di insegnamen
to e, dall’altro, della matrice cognitiva degli alunni, ossia la rappresentazione
dei concetti spontanei relativi allo stesso ambito conoscitivo. L’analisi degli
elementi di continuità e di discontinuità tra questi due strumenti permette
di decidere il compito di apprendimento, cioè di definire quali concetti è
necessario costruire, quali ristrutturare, quali relazioni fra i concetti cercare
di stabile e quali riorganizzare ecc.
La costruzione della rete concettuale, ultima fase di questa programma
zione, consiste nell’identificazione del percorso che dovrebbe consentire agli
allievi di cogliere, all’interno della mappa, i concetti e le relazioni connessi al
compito di apprendimento. A ogni unità di apprendimento corrisponde
l’acquisizione di un determinato reticolo concettuale. Per far ciò l’insegnan
te si serve di mediatori didattici capaci di trasferire conoscenze: mediatori
attivi (esplorazioni, esperimenti ecc.), mediatori iconici (disegni, schemi
ecc.), mediatori simbolici (discussioni, narrazioni, riflessioni ecc.).
95
l'autismo a scuola
96
2. PROGETTARE L’iNTEG RAZIONE: QUESTIONE DI ALLEANZE E DI METODOLOGIA
legata all’azione dei singoli allievi. Gli eventi imprevisti non vengono concepi
ti come disturbi) ma come possibilità di dinamizzare il percorso) facendo evol
vere il contesto educativo in modo che il nuovo evento venga integrato e
acquisti significato (Azzali, Cristallini, 1995). Tutto questo, se gestito adegua
tamente, può essere un’occasione anche per favorire la conoscenza da parte
degli altri allievi della particolarità delle esperienze vissute dal compagno con
autismo e penetrare il suo mondo in modo da fornire aiuti significativi.
97
l'autismo a scuola
Nel lavoro sulla programmazione didattica più volte citato (Cottini, zoo8b) ;< ;
sono stati presentati una serie di modelli per programmare a scuola che sono
98
2. PROGETTARE L'INTEGRAZIONE: QUESTIONE DI ALLEANZE E Ot METODOLOGIA
Valutazione predittiva
La valutazione del profilo funzionale effettuata con la scala pep3 (si veda il paragrafo
5.1.1, per una presentazione del profilo) e attraverso l’osservazione in situazione ha
messo in evidenza le aree di abilità raggiunte, quelle emergenti e le competenze anco
ra del tutto deficitarie.
Il punto di forza di Roberta sono sicuramente le abilità relative alla motricità fine e
globale.
Alcune significative abilità emergenti si rilevano nell'area della reciprocità sociale.
Roberta, infatti, resta volentieri in classe e accetta dibuongradoi gesti affettuosi di
alcuni dei suoi compagni, ma non ricerca mai una condivisione di un gioco 0 di un
semplice interesse, neanche se sono gli altri a proporlo. Se qualche volta si tenta di
inserire moderatamente un suo compagno nella sua attività 0 momento ludico,
Roberta lo allontana 0 se ne va lei stessa; se invece il soggetto è un adulto di sua cono
scenza acconsente tale inserimento. Non sono presenti, comunque, comportamenti
problematici di alcun tipo (auto 0 eterodiretti), né stereotipie in grado di rendere
complessi ì processi di apprendimento.
Roberta possiede alcune abilità emergenti anche a livello di imitazione. La sua capaci
tà di attenzione risulta molto limitata e anche la capacità di orientarsi nello spazio risul
ta soddisfacente in riferimento all'ambiente familiare e scolastico, mentre appare del
tutto carente in altri contesti.
Fra le abilità particolarmente compromesse quella che risalta maggiormente è sicura
mente legata al linguaggio verbale, che risulta quasi completamente assente. Rober
ta, infatti, pronuncia solo poche parole senza particolari intenti comunicativi.
99
l'autismo A scuola
Attività didattica
100
2. PROGETTARE L'INTEGRAZIONE: QUESTIONE ojf ALLEANZE E DJ METODOLOGIA
101
l’autismo a scuola i
ì;
102
2. PROGETTARE L’INTEGRAZIONE: QUESTIONE DI ALLEANZE E DI METODOLOGÌA
Si tratta della funzione di base del software, nella quale sono riportati i
nominativi degli allievi con relativi dati anagrafici e anamnesticì. Come
evidenzia la figura 2.1, poi, a ogni singolo allievo sono collegati una serie di
campì che si riferiscono a procedure assolutamente centrali nella politica
dell’integrazione: /
• la diagnosi funzionale ;(df);
• il profilo dinamico funzionale (pdf);
• il piano educativo individualizzato (pei);
• il curriculum scolastico;
• il diario delle attività; ■ ’
• le funzioni valutative;: !
• la programmazione delle unità di apprendimento. !
103
l’autismo a scuola
Per quanto riguarda il pdf, i campi compresi nel Progress riguardano Tinte-
stazione, gli assi e la definizione del profilo in forma conclusiva. Gli assi di
sviluppo, nei quali descrivere in maniera precisa le competenze attuali
104
2. PROGETTARE L’INTEGRAZIONE: QUESTIONE DI ALLEANZE E DI METODOLOGIA
t
ì
dell"allievo e quelle che si ritiene possa acquisire in tempi brevi, rappresenta
no sicuramente l’aspetto centrale del profilo. La figura 2.2 illustra questa
organizzazione; in essa viene mostrata la compilazione dell’asse della comu
nicazione per quanto riguarda Marco. Criccando sui diversi assi si aprono
campi nei quali è possibile digitare tutte le informazioni riferite all’allievo,
che risultano centrali per la pianificazione del piano educativo. Nel momen
to in cui si attiva la funzione di stampa, il software elabora i contenuti dei
diversi assi e li organizza nella modalità prevista dal D.P.R. 24 febbraio 1994
(CAP. 1).
j
2.4.2. la gestione delle valutazioni :
È stata messa in evidenza a più riprese la centralità didattica che deve essere
assegnata alla valutazione nel processo educativo, la quale si articola tenden
zialmente in tre momenti: : ;
* uno di partenza {valutazionepredittiva), finalizzata a ottenere informazio
ni di base per la progettazione degli obiettivi educativi generali e di quelli
specifici od operazionali-, :
• uno intermedio {valutazione formativa), che si identifica con l’accerta
mento in itinere del livello qualitativo raggiunto dagli allievi in relazione agli
obiettivi programmati; ì’
i ■ 105
l'autismo a scuola
Figura 2.4. Schermata relativa alla scala cars selezionata per Luca
I
risultati. Come si può notareiè evidenziata la scala cars (Childhood Autism
Rating Scale; Schopler, Reicfiler, Renner, 1.980), che è stata utilizzata dallo
psicologo referente della scucila, in collaborazione con gli insegnanti e con i
genitori, all’interno del protopollo di valutazione previsto per Luca. La scala
106
2, PROGETTARE L'INTEGRAZIONE: QUESTIONE DI ALLEANZE E DI .METODOLOGIA
CARS è uno strumento sviluppato per identificare bambini con autismo dai 2
anni di età e per distinguerli dai bambini con altri handicap evolutivi, resti
tuendo anche una valutazione sulla gravità. È suddivisa in 15 ìtem relativi alle
principali aree comportamentali, a ciascuno dei quali va assegnato un punteg
gio variabile da 1 a 4 in sette passi: la somma di tutti i punteggi dà un valore
complessivo, con i seguenti significati: da 15 a 30, non autistico; da 30 a 37,
autismo da leggero a medio; da 37 a óo, autismo grave (la scala integrale,
nella sua traduzione in italiano operata dall’équipe di Reggio Emilia coordi
nata da Anna Maria Dalla Vecchia, è reperibile all’indirizzo http://www.angsa
abruzzo.it/New/C.A.R.5..htm). i
Nella figura 2.4 presentiamo Ì riscontri ottenuti attraverso là sommini
strazione della scala cars con Luca. In questo modo può essere illustrata
anche la procedura per condurre la valutazione attraverso il Progress. Dopo
aver selezionato la prova dall’archivio, questa viene automaticamente sposta
Tabella 2.1. Puntéggi ottenuti da Luca nelle aree della scala cars
lo?
(/AUTISMO a scuola
108
2. PROGETTARE L’ì.NTEGRAZIONEI QUESTIONE DìUllEANZE E Dì METODOLOGÌA
109
l'autismo a scuola
La scheda 2.3 riporta, a titolo di esempio, la prima parte del file delle
“proposte didattiche di base” poilegate all’obiettivo “controllare la direzione
delle linee”. Come già sottolineato, l’educatore può aggiornare e ampliare,
sulla base del proprio lavoro quotidiano e del materiale con il quale viene a
contatto, l’elenco degli eserciti e dei sussidi, ottenendo in quésto modo un
archivio di notevole interesse didattico, anche perché direttamente collegato
con l’organizzazione curri co lare.
Difficoltà Descrizione
2 Esercizio Tracciare lina riga nella sabbia, nel fango 0 sulla creta.
Materiali Un piattoìgrande colmo di sabbia 0 creta, bastoncini.
Procedura L’educatore riempie il piatto con sabbia bagnata 0 creta e mette
due segni sugli orli.[Traccia una riga con un bastoncino da un lato all'altro
del piatto per dimostrare all'allieva il procedimento da seguire (modeling).
Chiède all1 alunna di fare la stessa cosa. Se l'allievà'si trova in difficoltà, l'in-
■ segnante prenderà la sua mano e lo assisterà nel tracciare una riga sopra
quella tracciata da lei-ìniziaImente (prompting). Por,cancellerà la riga e chie
derà ail’ailieva di fajrne una uguale, senza l’aiuto dell’adulto. Quando
l’alunna ha acquisito padronanza nei movimenti, l’educatore comincia a
ruotare II piatto in mbdo da creare linee orizzontali, verticali 0 diagonali.
Può anche aggiungere altri segni agli orli del piatto, in modo che l’a II leva
esegua linee sia orizzontali che verticali in forma di croce.
Prima variabile Si fiuò utilizzare come materiale il fango, conducendo
HO [
i
2. PROGETTARE L’INTEGRAZÌONE! QUESTIONE DI ALLEANZE E DI METODOLOGÌA
Descrizione
Esercizio Tracciare una riga diritta o curva tra due linee di confine e
completare una specie di labirinto.
Materiali Schede, matita o pennarelli.
Procedura L’obiettivo che l'educatore intende perseguire è queHo;di aiuta
re l’allieva a controllare la direzione delle linee tracciate. Presenta all'alun-
na una scheda in cui è disegnato una specie di "labirinto". Sono raffigurati
l'autismo a scuola
Difficoltà Descrizione
112
2. PROGETTARE L’INTEGRAZIONE: QUESTIONE Òl ALLEANZE E DI METODOLOGIA
Difficoltà Descrizione
FACILI , i
i
MEDI
DIFFICILI j
Difficoltosi 7 .8 i 9 Estremamente
i __________ 1____________________ _J difficoltosi
113
l’autismo a scuola
risultare elencati secondo l’ordine di digitazione e non per quello che riguar
da la loro complessità. Per ovviare a questo inconveniente, è richiesto di
attribuire un grado di difficoltà alle proposte di contenuto (esercizi, schede e
software didattici), in modo tale che il programma possa sempre ordinarle in
maniera progressiva, dalla più semplice alla più complèssa. L’attribuzione del
livello di difficoltà avviene sù una scala che va da i a 9, secondo le modalità
illustrate nella figura 2.7. <
114
3. Il dentro e il fuori dell’integrazione
• Marco, Luca, Filippo, Roberta e Giuseppe devono restare sempre all’interno della
classe oppure è meglio che svolgano le loro attività nella stanza del sostégno?
115
l’autismo a scuola
116
; 3- IL DENTRO È IL FUOR! DELL'INTEGRAZIONE
Nel caso dei nostri allievi con autismo alcuni eleménti sono immediati da
cogliere. Nella scheda 3.1, in conclusione di capitolo, verrà illustrato un
esempio dettagliato di programmazione congiunta, .sviluppata per la classe
di Filippo relativamente all’àmbito linguistico. ;
Marco nella scuola dell’infanzia può sicuramente condividere con i suoi
compagni obiettivi legati all’autonomia, come lavarsi mani e viso, alla coor
dinazione oculo-manuale necessaria per effettuare giochi di incastro e di
costruzione, ad alcune competenze grafiche dì base (impugnare corretta-
mente matite e colori, tracciare linee, utilizzare vari tipi di colori ecc.). A
queste possono aggiungersi obiettivi legati all’ascoltò, alla comprensione di
segnali di vario tipo, alla conoscenza delle diverse parti del corpo e alla rico
struzione della figura umana.
Per quanto riguarda Luca, che frequenta la seconda classe della primaria,
gli obiettivi che condivide con i suoi compagni sono relativi all’interazione
nei momenti di attività collettive, ricreazione e pranzo, all’orientamento
spaziale nell’ambiente, all’utilizzo del computer per eseguire semplici giochi
didattici, alla riproduzione di ritmi con il corpo e con gli oggetti, allo svilup
po dei prerequisiti funzionali dei movimento. ■
117
L'AUTISMO A SCUOLA j
L’adattamento degli obiettivi non deve tuttavia essere inteso a senso unico,
ciò? come.s_emp.iiceadeguamento clella programmazione in^yidua1i77flta.per
farla, avvi ci narea quella dellajclasse. In alcune occasioni ci possono essere
anche attività appositamente g^ax^adàvore defiafieverin-diffieoltà, alle
116
3. ÌL DENTRO E IL FUORI DELL'INTEGRAZIONE
119
l'autismo a scuola
Un’ulteriore possibilità per far rimanere gli allievi con bisogni speciali insie
me ai compagni il più a lungo possibile, cercando di farli partecipare agli
stessi apprendimenti, è stata discussa da alcuni autori (Rollerò, 1997; Tortel
lo, 1999) distinguendo fra “apprendimento di un compito” e “partecipazio
ne alla cultura di un compito”. In altre parole, anche quando non è possibi
le creare adattamenti degli obiettivi e delle metodologie che possano
consentire apprendiménti significativi su compiti dello stesso tipo di quelli
dei compagni, è comunque utile farli partecipare in alcuni momenti alle atti
vità della loro classe, mettendoli nelle condizioni di cogliere almeno alcuni
elementi per apprezzare l’argomento di cui si sta trattando. In questo modo,
gli ainc.vi percepiscono che le-conscgne destinate.all’intcro gruppo non sono
totalmente estranee a_lórq^4uesto..fecUitasicuramente.^ sentirsi parte.inte
grante della classe e motiva anche l'impegno nei compiti che li vedono
maggiormente protagonisti.
Nel caso dell’allievo con disturbo autistico, questo può essere facilitato
120
3. IL DENTRO E ÌL FUORI DELL'INTEGRAZIONE
j
La mia esperienza mi ha insegnato che ci sono dei momenti in cui imparare ad agire
da normale presenta certamente i suoi vantaggi. L’essere in qualche modo social
mente accettata (sia che potessi elaborare efficientemente l’esperienza, il senso 0
il significato di quella accettazione sociale in modo conscio e nel contesto oppure
no) significava comunque che ero esposta a una gammaipiù ampia di informazio
ni di quanto non sarei stata altrimenti e anche se non avessi potuto elaborare quel
l’informazione in quel momento, potevo comunque immagazzinarla per un’even
tuale elaborazione preconscia 0 subconscia. La conoscenza che nasceva da
quell’elaborazione poteva poi, talvolta, pur se casualmente, essere attivata e solle
citata. L'essere nelle scuole normali significava accumulare moltissime informa
zioni su come la gente si muoveva e parlava e su quanto dicevano, su ciò che a
loro piaceva e che volevano 0 pensavano e come rispondevano a certe cose.
Accumulavo informazioni sulle persone apparentemente come gii altri, in certi
aspetti, quando dicevano 0 facevano cose nello stesso modo dì qualcun altro. [...]
Se mi si chiedeva che cosa mi piacesse, mi interessasse,'pensassi 0 facessi, avevo
informazioni teoriche su quanto a una persona piacesse,,che cosa volesse, le inte
ressasse, pensasse 0 facesse. Se volevo spostarmi attraverso una stanza, per pren
dere qualcosa, avevo accumulato tutte quelle informaziopi su come lo facevano gli
altri e potevo farlo come loro. In assenza di messaggi del corpo 0 di altre connes
sioni, se non avessi accumulato tutte quelle informazioni.’probabilmente non sarei
mai stata socialmente tollerante e tollerabile, abbastanza da andare in tutti i posti
dove sono stata.
Se non avessi imparato ad agire come se potessi far fronte ai linguaggio (ofar
121
ff.-À'SCUOLA
122 ,
3. il DENTRO E IL FUORI DELL'tNTEG RAZIONE
quesito n. 1
Esistono obiettivi comuni?
123
SCUOLA
'■ c) distinguere diversi tipi di testi ascoltati (narra c) raccontare esperienze personali in modo
tivi, descrittivi, poetici, informativi, regolativi, intelligibile;
: argomentativi); d) formulare domande o richieste di chiarimento;
d) adattare e organizzare le informazioni relati- e) recitare filastrocche e brevi testi poetici.
ve al tipo di testo orale più funzionale alla situa
zione comunicativa;
e) comprendere istruzioni per l’esecuzione di
compiti, per pianificare azioni e saperle eseguire;
/) inserirsi in nrypdo adeguato, opportuno ed
efficace in situazioni dì dialogo recando contribu
ti pertinenti e utili;
gì partecipare a discussioni di gruppo indivi
duando il problema discusso e le principali
opinioni espresse, facendo domande per avere
chiarimenti, esprimendo accordo e disaccordo
con altri interventi;
h} riferire il contenuto di un brano ascoltato o
letto, individuandone tutti gli elementi essenzia
li (gli aspetti principali): trama, luoghi, tempo,
personaggi, ambienti, sequenze.
2. Leggere e comprendere testi di diverso tipo: 2. Leggere e comprendere testi di diverso tipo:
o) leggere un testo rispettando la punteggiatura o) leggere fluentemente ad alta voce cercando di
e usando intonazióni di voce tali da rappresenta adeguare, almeno in parte, l'intonazione;
re efficacemente i contenuti; b) comprendere testi narrativi, individuando le
b) leggere silenziosamente un testo dando prova caratteristiche principali di personaggi e am
di averne compreso il contenuto attraverso rispo bienti, le sequenze temporali degli avvenimenti,
ste a domande aperte o a scelta multipla, comple- i nessi logici e saper fare inferenze;
: lamento di frasi, riordino di sequenze, riassunto; c) distinguere fatti ed elementi reali da quelli
c) leggere in modo funzionale al tipo di testo fantastici;
i scelto, sperimentando “stili di lettura" diversi; dì comprendere testi descrittivi, individuando
: d) leggere con espressività testi poetici analiz- l’argomento principale e ì dati descrittivi;
I zandone (alcuni) gli elementi costitutivi: versi, e) comprendere testi regolativi individuando gli
: rime, strofe, figurefetoriche, tipologia; elementi necessari a svolgere le istruzioni e la
I e) individuare le tipologie#! un testo letto (vero- loro sequenza;
! simile, reale, fantastico, fantascientifico, cronaca. /) comprendere testi informativi (interviste,
) fiaba, favola, leggenda, mito, testo poetico, comunicazioni ecc.}, individuando l'argomento
| umoristico, descrittivo, informativo-espositivo, generale,e le informazioni principali;
I regolativo, argomentativo, pubblicitario); gì individuare alcuni elementi di semplici testi
/) comprendere le principali informazioni di un poetici (versi, strofe, rime).
testo (argomento, trama, sequenze, personaggi,
luoghi, tempi, scopo comunicativo sotteso e non);
gì acquisire il gustò e la motivazione a leggere.
124
3. IL DENTRO È IL FUORI DELL'INTEGRAZIONE
4. Riconoscere la struttura della lingua e arricchire 4. Riconoscere la struttura della lingua e arricchire
il lessico: il lessico:
a) rispettare le convenzioni ortografiche; a) usare le regole ortografiche (digrammi, ac
b) riconoscere e usare i principali segni di cento, doppie, apostrofo, uso dell’h);
punteggiatura; b) individuare sinonimi, controri, parole con più
c) riconoscere e classificare le parti variabili e significati anche in relazione al contesto;
invariabili del discorso (articoli, nomi, aggettivi, c) riconoscere ^struttura fondamentale di una
verbi, pronomi, avverbi, preposizioni, congiun frase (soggetto, predicato, espansioni), ricono
zioni, interiezioni); scendo alcuni complementi;
d) distìnguere nel verbo i modi (finiti e indefini d) riconoscere le principali parti del discorso:
ti), i tempi (semplici e composti), il tipo (transiti nomi, verbi, aggettivi, articoli, pronomi persona
vo intransitivo), la forma (attiva, passiva, riflessi li collegati al soggetto e al verbo;
va, impersonale); e) consolidare lé caratteristiche grammaticali
125
l’autismo a scuola
Punti dì contatto
Sono quelli scritti in corsivo nelle due colonne relative alla programmazione individua
lizzata e a quella curricolare. !
,-Vp
Sono gli altri obiettivi non evidenziati che appaiono solo in una delle due-colonne rela
tive alle due programmazioni. ’
! QUESITO N. 2
É possibile avvicinare gli obiettivi?
Elenco i ;
i -■
if) prima colonna con ic) della programmazione individualizzata
2b) " " con 2b) " "J
3c) " " con3b)
3d),3e) " “ con3a)
------------------------------- :_________ J._______________________________
126
3. IL DENTRO E IL FUORI DELL'INTEGRAZIONE
Accorgimenti didattici
La lettura silenziosa.della classe verrà spesso proposta su testi diversi, in modo che all'al
lievo sarà possibile sottoporre brani più semplici per controllarne la comprensione.
La produzione di testi fantastici da parte della classe inizierà a volte da immagini o foto
di personaggi e/o ambienti che saranno proposti anche all'alunno per facilitare l’os
servazione degli elementi descrittivi. Sarà proposto un lavoro di gruppo associato al
tutorihg e finalizzato alla produzione di un giornalino di classe. ; .
QUESITO N. 3
I. materiali didattici possono essere adattati?
Modalità di lavoro
Per la produzione scritta verrà utilizzato spesso il computer, con il quale l’àljievo inte
ragisce con notevole padronanza, con riferimento sia a programmi di videoscrittura, che
a ricerche di materiali in Internet. Letture di brani per la comprensione saranno effet
tuate attraverso l'ascolto della lettura dell'insegnante o con l'ascolto di brani registrati
su file sonori con vóci registrate anche degli stessi bambini. t
QUESITO N. A
È proponibile per alcuni obiettivi un approccio rovesciato,-
ovvero ci sono obiettivi della programmazione individualizzata
che possono essere utili anche per la classe?
Elenco
,L
127
l'autismo a scuola
predisporre attività, sotto forma dì gioco e di indovinelli, con tutta la classe. Si ritiene,
infatti, questo esercizio verbale molto più motivante per il bambino se utilizzato con
funzione ludica ed esteso anche ai compagni per i quali può risultare un ottimo eserci
zio di arricchiménto lessicale.
Anche l’obiettivo 2/sarà spesso sviluppato con i compagni, rie la bo ra odo interviste e
altre semplici comunicazioni perla redazione del giornalino. ■
Per esercitarsi sulla correttezza ortografica saranno proposti dettati all'intera classe
dopo aver analizzato con il bambino precise difficoltà ortografiche; tali esercizi servi
ranno a rafforzare l'apprendimento nell’allievo di certe regole, studiate e saranno un
valido ripasso per tutti.
QUESITO N. 5
Sono pensabili e utili dei momenti nei quali promuovere
una cultura del compito?
Attività
Ogni mattina, durante le ore di italiano, si dedicheranno alcune decine di minuti alia
lettura di brani dal libr.o di lettura di quinta. Anche se l’allievo presenta numerose
difficoltà ad analizzare è riflettere sugli aspetti morfologici presenti nel contesto, con
conoscenze metalinguistiche ancora non adeguate e un linguaggio espressivo molto
limitato dal punto di vista lessicale, lo si lascerà partecipare all’ascolto della lettura ad
alta voce dei compagni, mettendolo in condizione di comprendere almeno alcune
parti del contenuto.
Inoltre l’allievo parteciperà all'organizzazione del giornalino di classe. La produzione
di articoli, la decisione di come organizzare gli spazi nelle varie pagine verrà organiz
zata in gruppi nei quali l’allievo svolgerà alcune mansioni semplici (spostare foto e tito
li con il computer, ritagliare lettere da altri giornali letti per la scrittura di titoli) e assi
sterà al lavoro dei compagni su altre più complesse.
128
. i
3- IL DENTRO BIL FUORI DELL’INTEGRAZIONE
I
QUESITO N. 6
L'allievo può svolgere alcune attività individuali
■ all'interno della classe? i
Attività ;
i
i
Organizzazione didattica . 1
Nella classe, di dimensioni molto ampie, è stato previsto un banco con un computer e
uno spazio con un tavolo grande per i lavori in piccoli gruppi. Questa organizzazione,
così come la disposizione dei banchi, non sarà mai modificata. L'allievo, inoltre, avrà
una propria agenda scritta, nella quale saranno elencate le attività da svolgere in clas
se e fuori; sarà previsto nell'agenda anche uno spazio dove riportare eventuali modifi
che che dovessero determinarsi. Alla fine di ogni attività prevista neìl’agenda, l'allievo
potrà effettuare attività a lui gradite per circa 15 minuti. :
QUESITO N.7
Quali attività devono essere promosse al di fuori della classe?
L'allievo svolgerà fuori della classe tutte le attività necessarie alla presentazione di
argomenti nuovi (di tipo didattico, ludico e organizzativo}. Oltre ciò, saranno previste
I
l’autismo a scuola {
i
si argomenti che l’allievo affronterà in classe, gli permetterannp dì conoscere già, anche
se in modo semplificato, i contenuti che l'insegnante tratterà^ aumentando così note
volmente la motivazione e ampliando i tempi dell’attenzione."
Oltre ciò, verranno illustrate nelilavoro individuale le modalità di interazione corretta,
con gli altri, presentando sia situazioni concrete in modo diretto, che facendo riferimen
to a storie sociali figurate. !
i
.1
ì
i
130
Seconda parola chiave: organizzazione
!
Come detto nell’Introduzione, progettare l’integrazione scolastica dell’allie
vo con autismo è un percorso che, per avere successo, non può esaurirsi
nella semplice ricérca di un adattamento dell’allievo al contesto.; Al contra
rio, almeno all’inizio, è necessario che sia proprio l’organizzazione scolasti
ca e gli attori che la popolano a organizzarsi e modificarsi per poter rispon
dere alle sue particolari esigenze e .al suo modo di pensare e di apprendere'.
L'allievo con autismo, infatti, a causa soprattutto dei deficit di'comunica
zione e della sua caratteristica “cecità sociale” (Frith, 1989), ha. bisogno di
una strutturazione dell’ambiente per rassicurarsi; il suo livello dii ansia dimi
nuisce quando sa esattamente che cosa ci si aspetta da lui in un certo
momento e in un certo luogo, che cosa succederà in seguito, come, dove e
con chi interagirà. Eloquenti, a questo proposito le parole diiSchopler
(Schopler et al., 2005, trad. it. p. 72) quando afferma «abbiamo constatato
quanto la strutturazione dell’ambien.te aiuti il bambino a calmarsi e ad
apprendere. La mente del bambino autistico è caotica e l’ambiente ordina
to e strutturato deve aiutarlo a mettere ordine, cosi come una protesi aiuta
a supplire alla mancanza di una struttura anatomica». Questa esigenza è
supportata anche dai resoconti di persone autistiche ad alta funzionalità e
con sindrome di Asperger, come quello di Therese Joliffe (Jqliffe, Lake-
sdown, Robinson, 1992, p. 16, trad. mia): ; ■
La vita per me è una lottaTL'incertezza riguardo cose che gli altri considerano bana
li mi crea un'incredibile angoscia interiore. Per esempio, se qualcunp a casa dice
“Potremmo andare a fare spese'domani" oppure "Vedremo che cosà accadrà",
sembra non rendersi conto-che l'incertezza mi causa tante angosce e';che mi arro
vello costantemente su qu'è.llo che potrà 0 non potrà accadere. La mìa indecisione
riguardo agli eventi si estende anche ad altre cose, per esempio su dóve devono
venire riposti 0 ritrovati gii oggetti e su quello che le persone si aspettano da me.
131*
l'autismo a scuola
Organizzazione didattica
Le attività di preparazione svolte fuori della classe, prevedendo la trattazione degli stes
si argomenti che l'allievo affronterà in classe, gli permetteranno di conoscere già, anche
se in modo semplificato, i contenuti che l’insegnante tratterà, aumentando così note
volmente la motivazione e ampliando i tempi dell'attenzione.
Oltre ciò, verranno illustrate nel lavoro individuale le modalità di interazione corretta
con gli altri, presentando sia situazioni concrete in modo diretto, chefacendo riferimen
to a storie sociali figurate.
130
Seconda parola chiave: organizzazione
La vita per me è una lotta. L’incertezza riguardo cose che gli altri considerano bana
li mi crea un’incredibile angoscia interiore. Per esempio, se qualcuno a casa dice
"Potremmo andare a fare spese domani” oppure “Vedremo che cosa accadrà",
sembra non rendersi conto che l'incertezza mi causa tante angosce e che mi arro
vello costante mente" su quello che potrà 0 non potrà accadere. La mia indecisione
riguardo agli eventi sì estende anche ad altre cose, per esempio su dove devono
venire riposti 0 ritrovati gli oggetti e su quello che le persone si aspettano da me.
131
l’autismo a scuola
Credo che fa causa di tutta ia mia paura sia la confusione che mi provoca il non
essere in grado dì capire il mondo intorno a me. Questa paura mi porta al bisogno
di chiudermi. Qualsiasi cosa aiuti a ridurre la confusione ha come effetto di ridur
re la paura e in definitiva l’isolamento e la disperazione, quindi rende la vita
sopportabile. Se solo potessero sperimentare che cos'è l'autismo, anche solo per
pochi minuti, allora saprebbero come aiutarci.
132
4. Adattare l’ambiente
H)'
Di fronte a quesiti apparentemente così banali, gli allievi con autismo, per le
caratteristiche che abbiamo messo in risalto nei capitolo 1, si trovano soven
te nella condizione di non avere informazioni adeguate e tali incertezze si
connettono con l’innalzamento dell’ansia, con problemi comportamentali e,
più in generale, con una difficoltà di vivere nell’ambiente sociale.
È necessario, come messo già in risalto, fornire indicazioni precise su che
cosa ci si aspetta da loro in un determinato contesto o in una certa situazio
ne, che cosa succederà dopo, con quali compagni o adulti si troveranno a
interagire ecc.
Il contributo principale a questo livello è stato fornito all’interno del
programma teacch da Schopler e dai suoi collaboratori con la proposta
deWinsegnamento strutturato. Si tratta di imuinsieme di strategie che cercano
di rendere evidenti le aspettative e .le opportunità dell’ambiente, attraverso
modalità visive che la persona cnn turismo può capire, imparare e trovare
ancH7e^7acevoIiTperché.diventano-per-lm-piùcomprcnsibili.La modalità
visiva, infatti, fa-riferimento a quello che costituisce solitamente unpuntqdi
forza per il bambino con autismo. Si tratta, in altre parole, di fornire all’allie
vo un quadro temporo-spaziale molto strutturato, nel quale Ì punti di riferi
mento siano visibili, concreti e prevedibili.
La strutturazione, tuttavia, non deve significare rigidità ma, al contrario,
essere assolutamente flessibile, costruita in funzione dei bisogni e dei livelli
133
^2) v\A3>o cS—^
i j
L’AUTISMO A SCUOLA ?:!;< ;
Rendere l’ambiente scuola maggiormente prevedibile per l’allievo con auti- - >
sino rappresenta una condizione importante per facilitargli una migliore ■
presenza e per incrementare le sue possibilità di concentrazione sulle attività, ’■
abbassando nel contempo il livello di ansia. Nel momento in cui gli spazi A
della scuola sono individuati nella loro disposizione e facilmente raggiungi- -
bili, l’allievo dispone eli punti di riferimenr.Q .importanti pcr-sentirsi in un 7
contesto non caotico e sconosciuto... Oltre all’aula della propria classe e a
quella per le attività individualizzate, la strurturazione deve interessaie anche ,.y-;t
gli altri ambienti, come i laboratori, la palestra, la mensa, l’atrio, il giardino,
gbagni. Per quanto riguarda la facilitazione dell’orientamento nell’edifìcio ;v
scolastico, possono essere utilizzate indicazioni di differenti tipologie, come f
frecce o fasce colorate lungo il corridoio per indicare i diversi percorsi per <<
raggiungere i vari spazi (ad es. linea verde conduce alla classe, linea gialla ’A
conduce alla mensa ecc.).
E importante anche che tali spazi siano caratterizzati apprendendo.,nella. ■<
porta d’ingressojm oggetto, una foto o .un’immagine che anticipiFambien- A;
te e le rispettive attività (ad es. il disegno della palla sulla porta della palestra .
ecc.). Non ci si deve sorprendere se lo stesso allievo che dimostra notevoli . A
capacità visuospaziali, sia poi in grande difficoltà a orientarsi spazialmente.
'Filippo, ad esempio, è in grado di disegnare con ricchezza dì particolari / >
oggetti e ambienti visti anche solo per pochi minuti, ma poi incontra rilevan- / A, ■
ti difficoltà a ritrovarsi nei vari ambienti, anche quelli conosciuti, se noni
Lsono presenti indicatori visivi che lo aiutino. "
134
ÓJU IfiùWLLtoA JJlà>
4. ADATTARE L'AMBIENTE
Nella figura 4.1 è illustrato lo schema della scuola di Roberta, appeso nella
sua aula per le attività individualizzate, che l’allieva ha ben memorizzato e
che le consente spostamenti autonomi nella struttura scolastica.
Quando Tallìevo dimostra di familiarizzare con il contesto, le facilitazio
ni visive possono risultare non più necessarie, per cui andranno progressiva
mente eliminate per conferire all’organizzazione una conformazione il più
normale possibile.
E molto importante, inoltre, che ogni luogo sia deputato allo svolgimen
to di una particolare attività irLjnarùeta che, quando l’allievo si trova intro
dotto in tale zona, riesce autonomamente a individuare quale compito deve
eseguire.,Questo principio vale anche per l’organizzazione della classe, all’in
terno della quale dovrebbero essere previsti spazLper lo svolgimento di speci
fiche attività, come ad esempio una zona per la lettura; una per il giocò, <una
per il riposo, una per l’attività in piccoli gruppi ecc., delimitandole se neces
sario con supporti visivi (ad es. contornare con nastro adesivo colorato il
banco dell’allievo, con un nastro di colore diverso lo spazio del lavoro collet
tivo ecc.). In questo modo l’allievo sarà facilmente in grado, dopo un certo
periodo di tempo, di connettere un determinato spazio con quel particolare
compito e potrà aumentare la durata della sua permanenza nel contesto della
classe (si vedano, a questo proposito, le argomentazioni sviluppate nel para
grafo precedente parlando “del dentro e del fuori dell’integrazione”).
135
l’autismo a scuola
SeaEtd't
Nella figura 4.2 viene mostrata l’organizzazione degli spazi nella classe di
Filippo, la quale rappresenta un buon esempio di strutturazione, che si è
comunque andata attenuando in confronto ai primi anni di frequenza della
scuola primaria. Come si può notare sono previsti contesti definiti per l’atti
vità individuale e per i lavori in piccoli gruppi, oltre a un pannello di sughe
ro appèso al muro, nel quale sono collocati gli schemi visivi e altre informa
zioni importanti per l’allievo.
L’organizzazione funzionale dello spazio in relazione alle esigenze dì
molti allievi con autismo può prevedere anche un ridimensionamento di
possibili stimoli distraenti presenti nella classe e negli altri ambienti di lavo-
136
4- adattare L'AMBIENTE
137
l'autismo a scuola
138
4. ADATTARE L’AMBIENTE
oggetti, o immagini o scritte che illustrano all’allievo, con una modalità visi
va, le attività programmate e che deve effettuare. Il ricorso agli schemi visi
vi è estremamente importante con gli allievi affetti da autismo, in quanto gli
stessi hanno poca capacità di memorizzare informazioni trasmesse verbal
mente, mentre la discriminazione e la memoria visiva rappresentano sicura
mente dei punti di forza. Spesso i bambini autistici hanno un orientamen
to temporale così deficitario che possono prevedere un compito spiacevole
di durata infinita, non riuscendo a percepire che esso potrà essere seguito da
un’attività divertente. A questo proposito, i programmi della giornata visi
vamente chiari, offrono diversi tipi di aiuto (Schopler, Mesìbov, Kunce,
2001):
• minimizzano i problemi legati ai disturbi della memoria e dell’attenzione;
• riducono Ì problemi con il tempo e l’organizzazione;
• compensano i problemi del linguaggio recettivo, che rappresentano un
ostacolo anche alla capacità di seguire indicazioni verbali;
• favoriscono l’indipendenza degli allievi, specialmente dall’interazione
negativa con l’insegnante dovuta al bisogno continuo di sapere che cosa
succederà dopo;
• aumentano l’automotivazione, in quanto rendono prontamente disponi
bili promemoria visivi, ì quali ricordano che “ prima viene il lavoro e poi Ì1
gioco”.
Gli schemi visivi variano a seconda del livello di sviluppo del bambino. Le
attività da svolgere possono essere presentate con diverse modalità comuni
cative. Si può andare da una Comunicazione attraverso oggettiìper bambini
(non v^rEaucon
---- - । -I -- .. a—. forme
gravrcarenze, . più simboliche
.. e. astratte che-r-.^prevedo-
- --r .-r ... ’ • V
no luttlizzqdi fotografìe, disegni, numeri, parole. L’individualizzazione è
fondamentale per creare uno strumento facilmente comprensibile per ogni
allievo, in modo che possa muoversi con indipendenza da un’attività all’al
tra, anche nei momenti in cui è più nervoso e agitato. Le variabili da consi
derare quando si crea uno schema per un individuo sono: il tipo, la lunghez
za, in che modo deve essere usato e dove dovrebbe essere posto. Con il
passare del tempo, le caratteristiche dello schema della persona generalmen
te cambiano, in quanto con l’esperienza l’allievo si abitua all’uso e sviluppa
maggiore capacità di gestione, riuscendo anche a farne a meno.
Nelle schede 4.1-4.3 riportiamo gli schemi di organizzazione della giorna
ta previsti per Marco, Luca e Roberta. Come è evidente, l’età e le caratteristi
139
L'AUTISMO A SCUOLA
140
4- ADATTARE L'AMBIENTE
Oltre allo schema visivo della giornata, può essere utile, per alcuni allievi,
prevederne altri relativi a perìodi temporali più ampi, come ad esempio la
settimana. In questo caso io schema assume la valenza di calendario, che deve
diventare sempre più simile alle agende gestite da ogni allievo. Nella scheda
4.4 è illustrato il calendario di una settimana per Giuseppe.
141
l’autismo a scuola
\iwno
Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì . Venerdì Sabato
ora
Laboratorio Laboratorio
8.30-9.30 Matematica Italiano Matematica Storia
artistico artistico
Giuseppe risulta molto facilitato dal calendario settimanale con indicazione anche
dell'ora di inizio e fine dell’attività. Riesce infatti a regolarsi con l'orologio presen
te sia in classe che nella sua aula per le attività individuali. Segna con una croce le
cose fatte. Se sì prevedono novità nel corso della settimana vengono indicate nel
calendario in modo che Giuseppe sia preparato.
142
4- ADATTARE l/AMBiENTE
Consapevolezza indicazione
verbale
di aver finito 0 campanella
143
l'autismo a scuola
II medesimo scopo può essere perseguito anche attraverso clessidre che l’al
lievo stesso può attivare.
Per ultimo, va segnalata l’organizzazione prevista all’interno del program
ma teacch, che si riferisce alla predisposizione di scaffali di lato al banco
dell’allievo. Nello scaffale di sinistra vengono collocati i materiali utili per lo
svolgimento dei compiti, in quello di destra vengono appoggiati gli stessi
materiali una volta completato il compito. L’attività termina quando non ci
sono più cose a sinistra e tutte sono state spostate a destra. Nella figura 4.6 è
illustrata l’organizzazione del lavoro individuale prevista per Marco.
144
Terza parola chiave: didattica speciale
Eccoci giunti alla parte più corposa del lavoro dedicata all’analisi delle meto
dologie di lavoro sviluppabili a scuola per favorire apprendimenti significati
vi, sia di tipo cognitivo che sociale, per allievi con autismo. È stato messo in
evidenza a più riprese come fattività educativa rappresenti l’intervento elet
tivo e come, nel tempo, siano stati proposti numerosi modelli di intervento
per allievi con autismo, anche se non tutti supportati da consistenti ancorag
gi scientifici e valìdati attraverso sperimentazioni controllate.
La gran parte dei programmi specifici per l’autismo, fra l’altro, è stata
sviluppata in ambienti particolari, rappresentati da istituzioni speciali o
ambiti riabilitativi. Certamente vanno conosciuti, ma nello stesso tempo
devono essere adattati al contesto integrato, per poter rispondere anche alle
esigenze inclusive che la scuola fortemente enfatizza.
È questo lo sforzo che si cercherà di fare nei sette capitoli che compongo
no la terza parte, riferendoci sempre ai nostri allievi con autismo. Nello
specifico saranno presi in considerazione i seguenti aspetti:
• il ruolo e le potenzialità dell’educatore nella valutazione dei punti di forza
e di debolezza degli allievi con autismo;
• le caratteristiche e l’applicabilità a scuola dei principali programmi di
intervento per l’autismo sviluppati dalla ricerca internazionale;
• le procedure per facilitare le prime forme di relazione degli allievi con
l’ambiente, con riferimento particolare aU’intersoggettività e al gioco;
• le metodologie per favorire forme significative di comunicazione, sia di
tipo verbale che non verbale;
• le modalità per affrontare gli eventuali problemi comportamentali degli
allievi con autismo, puntando non soltanto su tecniche di contenimento, ma
anche su proposte per sviluppare comportamenti alternativi;
145
l’autismo a scuola
146
s c. Valutare i punti di forza
e di debolezza degli allievi con autismo:
il contributo dell’educatore
• io sono un insegnante non uno psicologo: come posso valutare allievi così strani?
147
l’autismo a scuola
148
5. VALUTARE ) PUNTI Di FORZA E DI DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
150
5- VALUTARE I PUNTI DI FORZA E Di DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
I subtest della scala comportamentale del pep-r sono stati redistribuiti nel
PEP3 in:
• espressione emotiva;
• reciprocità sociale;
• comportamenti motori caratteristici;
• comportamenti verbali caratteristici.
151
l'autismo a scuola
152
5- VALUTARE ì PUNTI D! FORZA E Dì DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
153
l'autismo a scuola
154
5- VALUTARE ! PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
Ciascuna delle tre scale è suddivisa nelle seguenti sei aree di funzionamento:
• attitudine al lavoro;.
• funzionamento autonomo;
• abilità ricreative;
• comportamento lavoradvo;
• comunicazione funzionale;
• comportamento interpersonale.
155
l'autismo a scuola
Molto interessante e utile per l’analisi delle prime fasi di sviluppo di bambi
ni con autismo è la Denver Model Curriculum Checklist (Rogers, Hall,
Osaki, 1998), che viene utilizzata come strumento osservativo all’interno del
programma Denver, sul quale ci soffermeremo nel prossimo capitolo. Si trat
ta dì uno strumento che consente quattro livelli progressivi di osservazione
delle seguenti aree di abilità:
• prerequisiti per l’apprendimento (valutati solo all’interno del livello 1);
• comunicazione (ricettiva, espressiva);
• competenze di interazione sociale (pragmatica);
• imitazione (valutata solo nei livelli 1 e z);
• sviluppo cognitivo;
• capacità di gioco;
• motricità (generale e coordinativa delle mani);
• autonomie di vita quotidiana.
156
5. VALUTARE i PUNTI 01 FORZA E DI DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
157
l'autismo a scuola
158
5- VALUTARE I PUNTI DI FORZA E Dì DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
Sviluppo motorio
Motricità fine
Inserisce le forme nel posto giusto ©
Abilità grosso-motorie
©
Imita almeno 10 movimenti grosso-motori visibili
Si alza, si siede e cammina in risposta alla
©
consegna
Gioca a inseguirsi con un'altra persona © ©
159
l'autismo a scuola
Nel normale svolgimento delle attività all’interno del contesto scolastico molte
situazioni comportamentali e di apprendimento necessitano di essere rilevate,
in quanto possono costituire elementi significativi per regolare l’attività didat
tica, valutarne l’efficacia, adattare le metodologie di insegnamento e le modali
tà relazionali. L’osservazione può essere condotta con diversi livelli di struttura
zione e caratterizzarsi come descrittiva (o narrativa), quando non si prevedono
particolari sistemi di codifica, e strutturata (o sistematica), nel momento in cui
vengono impiegati specìfici protocolli preliminarmente delineati.
Annotare quello che si vede senza far riferimento a schede o ad altri strumen
ti è una modalità molto utilizzata a livello scolastico da parte degli insegnan
ti, che porta sovente alla compilazione di diari e resoconti di vario tipo. Va
160
5. VALUTARE I PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
161
l'autismo a scuola
manifestato da un allievo con autismo nei confronti dei compagni, può esse
re utile concentrare l’osservazione sulle attività di gruppo come i giochi, il
momento dell’entrata in classe, la ricreazione, il pranzo ecc.
Allievo Giuseppe
Osservatore Insegnante di sostegno
Luogo dell‘osservazione Palestra
Attività Lezione di educazione fìsica in gruppo
Data 28 novembre 2009
Durata dell’osservazione 20 minuti
Comportamenti osservati
La classe sta effettuando il riscaldamento correndo sul perimetro del campo dì palla-
canestro ed effettuando alcuni esercizi con le braccia imitando l’insegnante. Giusep
pe è l'ultimo della fila e cammina. Quando l’insegnante prova a richiamarlo per
correre, comincia effettivamente ad aumentare il passo fino a cominciare a correre,
ma non segue la direzione dei compagni e vaga per la palestra. L’insegnante invita
gli allievi a mettersi in coppia per effettuare ulteriori esercizi dì riscaldamento e chie
de a un compagno di unirsi a Giuseppe. L'allievo dà la mano al compagno, ma non
effettua con lui alcun esercizio. Comincia a emettere i suoi suoni vocalici e a procu
rarsi rutti. In seguito, inizia a correre velocemente senza una precisa direzione.
Nessuno dice nulla e la classe continua la sua attività. Giuseppe si ferma lontano da
tutti e rimane immobile per un paio di minuti guardando gli altri. Poi si avvicina di
nuovo e si siede come i compagni, ma non effettua gli ultimi esercizi di riscaldamen
to da terra. Finito il riscaldamento la classe si prepara per la partita di pallavolo.
Giuseppe, su invito dell’insegnante, si porta in un angolo della palestra dove sono
collocati alcuni tappeti che servono per le attività individuali che effettuerà. Mentre
la classe comincia a giocare, Giuseppe svolge ì propri esercìzi sul tappeto e alla spal
liera prima assistito dall’insegnante, poi da solo. Dopo circa dieci minuti mi viene
vicino e si siede nella panchina a guardare i compagni.
162
5- VALUTARE 1 PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
Impressioni e considerazioni
• Giuseppe non riesce a imitare le attività di gruppo. Forse è infastidito dai movi
menti un po’ disordinati dei compagni.
• Le richieste dirette sembrano scatenare una forte ansia che lo porta a emettere
i suoi comportamenti problematici.
• Quando la situazione diventa meno caotica sembra che cerchi di partecipare,
anche se non sa bene cosa deve fare.
• Le attività di routine, come spostarsi sui tappeti quando i compagni cominciano
a giocare o a fare altre esercitazioni sportive, sono effettuate in maniera adeguata. n
di.
163
l’autismo a scuola
164
5. VALUTARE I PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
Allievo Luca
Età 8 anni
Classe Seconda
Comportamenti indicatori
k. Urta
b. Si morsica la mano
c. Aggredisce i compagni
d. Aggredisce gli adulti
Parametro valutato Frequenza dei comporta menti
B XX XXX XX xxxx
C X X
D X XXX X XX
Durata
30 minuti 30 minuti 30 minuti 30 minuti
del compito
165
l’autismo a scuola
te
5. VALUTARE ! PUNTI DI FORZA E Di DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
167
l’autismo a scuola
Ore 10.00 La riassesta leggendo un Luca si alza dal banco,. L'insegnante gli toglie la
in classe brano sul libro. Leggono saltella un po’ e prende macchinina e gli dice che
a turno i diversi bambini. una macchinine dallo prima deve finire di
Luca è nel proprio banco scaffale. disegnare. L'ambiente è
e sta colora rido su u n foglio. tranquillo in quanto
L'insegnante dì sostegno è abituato agli spostamenti
vicina a lui. di Luca.
168
5- VALUTARE | PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DEGLI ALLIEVI CON AUTISMO
169
6. Programmi di intervento sull’autismo:
caratteristiche e livello di applicabilità
a scuola
• A scuola devo proporre le stesse attività che svolge nel servizio riabilitativo?
• A quale programma devo fare riferimento?
È stato sottolineato a più riprese nel corso di questo lavoro come le speri
mentazioni e le esperienze sviluppate negli ultimi decenni abbiano consenti
to di mettere a punto vari programmi dì intervento per allievi con autismo,
Ì quali si sono rivelati assai efficaci per promuovere l’acquisizione di compe
tenze e il contenimento di problemi comportamentali. Faccndo riferimento
soprattutto all’approccio cogniriyo-comportamentale sono state elaborate
metodologie di lavoro molto interessanti, alcune delle quali godono anche di
una significativa validazìone scientifica. L’ambito nel quale è avvenuta l’ap
plicazione di tali modelli di lavoro è stato soprattutto quello riabilitativo, con
generalizzazioni anche a livello familiare e scolastico, sempre prevedendo
comunque un rapporto individualizzato.
171
L'AUTISMO A SCUOLA
sto integrato della nostra scuola richiede di andare oltre la semplice applica
zione del programma terapeutico, dall’altro è evidente come tali proposte
non possano essere trascurate, nella prospettiva di individuare percorsi di
lavoro personalizzati che rispettino anche le esigenze dell’integrazione. Inol
tre, la conoscenza dei diversi approcci metodologici è importante anche per
caricare di contenuti adeguati i momenti di insegnamento uno a uno, quasi
sempre previsti nel piano educativo individualizzato. Quindi, per quanto
riguarda le strategie di intervento educativo e i contenuti da privilegiare per
favorire Tapprendimento dell’allievo con autismo, viene ribadita qui la
necessità di un approccio personalizzato, che coniughi le indicazioni che
provengono dalle più affinate metodologie di intervento con gli accorgimen
ti organizzativi e metodologìco-didattici necessari per la promozione di una
reale integrazione.
A questi dedichiamo una sintetica descrizione nel presente capitolo, che sarà
poi ripresa e ampliata con proposte specifiche anche nel prosieguo del lavoro.
172
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
173
l'autismo a scuola
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6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
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l'autismo a scuola
176
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
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l’autismo a scuola
dolo con un altro meno appariscente (ad es. invece di indicare con l’indice
lo si può fare con io sguardo).
Nei confronti di prompt fìsici possono essere usate le seguenti quattro
strategie (Cottini, 1993):
• ridurre gradualmente l’area del corpo toccata (ad es., se all’inizio l’allievo
veniva toccato con tutta la mano, in un secondo momento lo si tocca solo
con alcune dita, poi con un solo dito e infine con la punta del dito);
• ridurre gradualmente la pressione esercitata sulla parte del corpo dell’al
lievo implicata nella prima fase del prompt;
• spostare gradualmente la presa dalla zona iniziale del corpo dell’allievo a
zone più distanti;
• usare all’inizio del trattamento tutte e tre le diverse categorie di prompt
ed eliminare per primi i prompt fìsici, in quanto quelli verbali e gestuali
risultano più facilmente riducibili.
178
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
Modellaggio (shaping)
179
l'autismo a scuola
Concatenamento (chaìning)
180
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
181
l'autismo a scuola
182
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
Tecniche di rinforzamento
183
L’AUTfSMO A SCUOLA
1. Vengono presentati a Luca, uno alla volta, alcuni alimenti e oggetti che si riten
gono graditi sulla base delle informazioni avute dalla mamma e delle impressioni
I84
6. PROGRAMMI Df INTERVENTO SULL’AUTISMO
derivate dall’osservazione informale, Per ogni possi bile rinforzatore vengono anno
tate sulla scheda le reazioni dell'allievo nel momento della presentazione, mentre
lo manipola, quando si cerca di riprenderlo, quando gli viene fornito di nuovo. La
scheda riporta le principali reazioni dì Luca.
Succo X X X
Cracker X X X X
Patatina X
Grissino X
Macchinìna X X X X
Maracas X
Libro X X X X
Palla X
Pennarelli X
185
l'autismo a scuola
186
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
187
l'autismo a scuola
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6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
189
l'autismo a scuola
Attività
Materiali
Rinforzi
190
6. PROGRAMMI Dì INTERVENTO SULL'AUTISMO
191
l'autismo a scuola
• la conseguenza della risposta (SR), che può variare a seconda che la stessa sia
stata adeguata o meno;
• l’intervallo tra le prove (m), costituito da una breve pausa tra una routine
e l’altra, in modo da informare l’allievo che una prova è stata completata e
che ci si accinge a partire con la successiva. L’intervallo può essere anche
utilizzato dall’educatore per appuntare i risultati della prova.
192
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
Nella scheda 6.4 è riportato un programma di lavoro centrato sul dtt, fina
lizzato a favorire l’acquisizione dell’abilità di riconoscere i colori da parte di
Marco.
L'insegnante presenta a Marco tre blocchi logici della stessa forma, ma di colore
diverso come nella figura. SÌ assicura che l’allievo non sia distratto da altro e che
guardi la situazione stimolo. Quando non lo fa, l'insegnante prende dolcemente la
testa del bambino con le mani e la orienta sul compito dicendo: “Marco guarda!".
L'insegnante tiene in maniera visibile, ma non raggiungibile dall’allievo, un
pacchetto delle patatine preferite da Marco. ‘‘
L’insegnante dice: “Marco tocca il giallo!"
L’allievo non mostra risposta. L’insegnante estende il dito indice del bambino e lo
guida a toccare la forma gialla.
L'insegnante con enfasi loda il bambino: “Bravo Marco. È Giallo!” e consegna una
patatina.
Fine della prima prova. Mentre Marco mangia la patatina l'insegnante segna sulla
sua scheda l’esecuzione avvenuta con aiuto totale.
SÌ continua con una seconda prova, modificando la disposizione dei blocchi logici.
Dopo la richiesta verbale, questa volta l’insegnante aspetta alcuni secondi prima
di fornire l’aiuto. La risposta viene immediatamente rinforzata in maniera sociale
e tangibile.
Ancora una breve interruzione per consentire a Marco di mangiare la patatina e
all’insegnante di segnare il risultato delia prova.
Dopo otto prove condotte con le stesse modalità (solo i tempi di attesa si allungano
un po’) sì verifica una modifica nella risposta di Marco. Dopo la richiesta, mentre
193
L’AUTISMO A SCUOLA
194
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
195
l'autismo a scuola
196
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
197
l’autismo a scuola
gano più dì uno stimolo, al quale l’allievo deve prestare attenzione, L’inse-
gnamento deve prevedere che, sulla base dei diversi stimoli presenti Deil’ain-
biente, l’allievo possa avere diverse opportunità di azione, con la richiesta di-feiS
seguire l’istruzione coordinando input di tipo visivo e verbale. Ad esempio;
può essere chiesto a Marco di collocare i suoi cubi da costruzioni dentro dei
cesti di diversi colori presenti nel contesto di gioco. Nel momento in cui
l’istruzione formulata diventa specifica e si richiede di mettere i giochi prefe- ■
riti nel cestino rosso, il bambino deve operare una differenziazione considc-
rando diversi stimoli e coordinando l’istruzione verbale con la situazione
visiva. J-S
Promuovere la capacità di autogestire il proprio comportamento, anche
solo parzialmente, è sempre molto complesso quando sì interagisce con allie-
vi affetti da autismo, in quanto richiede abilità solitamente non padroneg-
giare di autovalutazione del comportamento e di autorinforzamento di queL
lo adeguato. Adattando e integrando le. indicazioni fornite Koegel, Koegel e p
Surratt (1992), può essere individuato un percorso per allievi con autismo ad
alta funzionalità, centrato sulle strategie dì autoistruzione, automonitorag-
gìo e autorinforzamento (Cottini, 2OO3a). I passi di questa procedura meto-
dologica finalizzata all’autoregolazione saranno descritti con uno specifico :
esempio nel capitolo 11, dedicato agli interventi con allievi ad alto livello di
funzionalità e con sindrome di Asperger.
La quarta area pivotale prende in considerazione la capacità degli allievi
di assumere iniziative in relazione a particolari stimoli presenti nell’ambien
te. Il training a questo livello si caratterizza inizialmente con il tentativo dì
insegnare agli allievi a formulare domande per ottenere informazioni signifi
cative. Partendo da attività gradite ai bambini, si possono creare situazioni di
insegnamento in cui le competenze possedute sono necessarie, ma vanno
integrate con altre conoscenze che l’allievo può ottenere formulando delle
richieste con varie modalità. L’iniziativa degli allievi va rinforzata soprattut
to attraverso la possibilità di portare a termine l’attività gradita, a cui sono
connesse specifiche gratificazioni (rinforzatoti naturali). Possono essere
previsti anche rinforzi esterni in associazione a quelli più naturali, ma gli stes
si vanno poi gradualmente ridotti, in modo da lasciare le competenze sotto il
controllo di contingenze presenti nell’ambiente.
Le esperienze condotte fino a questo momento utilizzando il prt hanno
consentito di evidenziare un profilo delle caratteristiche degli allievi che
tendono a rispondere meglio alla tipologia di intervento. In concreto, posso
198
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL'AUTISMO
199
l'autismo a scuola
e dei deficit, sia per quanto concerne i punti di forza e quelli di debolezza sia
relativamente alle abilità potenziali, le quali vengono definite come emergenti.
Nel capitolo 4, parlando di adattamento dell’ambiente, è già stata sotto
lineata l’importanza che rivestono i principi dell’insegnamento strutturato
per un’adeguata organizzazione del contesto scuola, della sequenza delle atti
vità, dei tempi e dei compiti. Allo stesso modo, nel capitolo j sono stati
descritti i principali strumenti elaborati all’interno del programma teacch
per la valutazione clinica e funzionale (scala cars per la definizione della
gravità dell’autismo, scala pepj e aapep per la delineazione .del profilo
funzionale del bambino e dell’adolescente e adulto con autismo). Nel capito
lo 8 dedicato alla comunicazione, poi, sarà presentata la metodologia di lavo
ro per Io sviluppo della comunicazione spontanea.
In considerazione di ciò, in questo paragrafo ci limitiamo a presentare i
prìncipi di riferimento dei programma.
200
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL’AUTISMO
201
l'autismo a scuola
202
6. PROGRAMMI Di INTERVENTO SULL’AUTISMO
Per allievi con autismo che presentano una buona funzionalità cognitiva è
sicuramente utile inserire nel piano educativo individualizzato obiettivi riferi
ti alla percezione degli stati mentali propri e altrui. Imparare a riconoscere le
emozioni, a comprendere e a prevedere il comportamento di una persona sulla
base dei pensieri o delle azioni che compie, infatti, può facilitare la compren
sione delle situazioni di vita quotidiana e migliorare le competenze relazionali
dei bambini. Oltre a ciò, queste competenze sono estremamente deficitarie
anche negli allievi con autismo a elevata funzionalità. Il programma proposto
da Baron-Cohen e collaboratori (Howlin, Baron-Cohen, Hadwin, 1999), ispi
rato ai principi della teoria della mente, sì indirizza appunto in questa direzio
ne, prevedendo l’insegnamento progressivo degli stati mentali in tre aree:
1. emozioni-,
2. il sistema delle credenze e delle false credenze-,
3. il gioco simbolico, con particolare riferimento al gioco difinzione.
Per quello che riguarda il primo obiettivo del programma, che consiste nel
tentativo di aiutarefii bambini con autismo a discriminare e riconoscere le
203
l'autismo a scuola
Il software presenta un'emozione primaria, nel caso di Roberta con modalità scrit
ta e verbale, con la consegna di individuare la figura che la rappresenta. Se l’allie-
va dieta 0 tocca la figura corrispondente il programma fornisce un feedback verba
le di rinforzo. In caso contrario segnala l’errore e chiede di riprovare eliminando
una faccina, fino ad arrivare alia condizione in cui viene presentata solo quella
204
6. PROGRAMMI D! INTERVENTO SULL’AUTISMO
205
l'autismo a scuola
206
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL’AUTISMO
Nella scheda 6.6 presentiamo una serie di attività previste per Filippo
relativamente al terzo obiettivo sopra descritto. Nella scheda 6.7, invece,
viene riportato un lavoro più sofisticato sulle emozioni, sempre condotto
con Filippo.
Vengono lette varie storie illustrate con situazioni a cui si connettono delle emozio
ni. Filippo viene invitato ad ascoltare, rispondere a domande sulle emozioni dei
personaggi e a raccontare la storia. Nei giorni successivi si prevede di far racconta
re le storie anche ad alcuni compagni di classe. Ecco due esempi riferiti alla felici
tà e alla tristezza.
Emozione 1 Felicità
Emozione 2 Tristezza
1) Marco dà l'invito per la sua festa di
compleanno a Michele.
2) Luca si aspetta che Marco inviti anche
lui, ma invece non viene invitato.
3} Luca è triste perché Marco non l’ha
invitato alla sua festa.
1 „:t]l
1) Lisa e Leo giocano saltando sul letto,
sono felici perchè si stanno divertendo. OBJ
2) Leo cade dal letto.
3} Leo piange perché si è fatto male e
Lisa è triste, le dispiace che Leo si sia
fatto male.
207
l'autismo a scuola
In un quadernone ad anelli vengono collocate una serie di pagine con al centro uri
cartoncino colorato con sopra scrìtta una situazione a cui si collega un’emozione.
Dopo ogni situazione compare la domanda: “Come si sente Luca?". Una volta Ietta
la situazione, Filippo viene invitato a rispondere alla domanda. Una volta data la
risposta, il cartoncino, che è applicato a finestrella, viene aperto e compare il viso
disegnato di Luca, che è raffigurato con l'espressione emozionale adeguata alla
situazione appena letta (ad es. dietro alla finestrella con scritto "I compagni di clas
se di Luca gli fanno i dispetti”, c’è il viso di Luca arrabbiato).
208
6. PROGRAMMI Di INTERVENTO SULL'AUTISMO
209
l'autismo a scuola
presentazione della figura dovrebbe essere variata in modo che a volte l’allie
vo possa vedere la figura dritta e altre volte rovesciata.
3. Comprendere ilprincipio '‘vedereporta a sapere " Il bambino, per arrivare a
capire le credenze e le false credenze, che rappresentano robietdvo finale di
questa parte del programma, deve padroneggiare il principio di base secondo
il quale per conoscere qualcosa bisogna averla osservata o sentita o toccata,
comunque averla sperimentata in maniera diretta o indiretta.
Le esercitazioni previste consistono in attività concretamente vissute dal
bambino, in storie raccontate, in situazioni presentate attraverso vignette o
con l’utilizzo dì bambole e oggetti, nelle quali i protagonisti osservano o non
osservano quello che avviene. La consegna per l’allievo è quella di prevedere
se i personaggi possono essere a conoscenza di quanto accaduto. In ogni atti
vità vi è una sezione di “valutazione su di sé” e una di “valutazione sugli
altri”, nelle quali il bambino deve verificare le possibilità di conoscenza che si
hanno quando si è concretamente osservata una scena e quando invece non
lo si è ferro.
4. Prevedere azioni sulla base di ciò che una persona sa. A questo livello gli
allievi vengono educati a verificare e comprendere le credenze che le altre
persone hanno in relazione a certe situazioni. Le esercitazioni prendono in
esame le credenze esatte circa la collocazione di certi oggetti; in concreto, l’al-
lievo viene invitato a formulare una previsione sulla base di dove un’altra
persona crede che un oggetto si trovi. Il principio generale che si cerca di
insegnare a questo livello è che le persone pensano che le cose si trovino dove
le hanno viste; se non c’è stata esperienza diretta o indiretta (ad es. l’informa
zione ricevuta da qualcuno) allora non sanno dove si trovano.
5. Comprendere lefalse credenze. La capacità di comprendere che le persone
possono avere felse credenze, cioè che sulla base di esperienze o conoscenze
precedenti possano crearsi idee che non corrispondono alla realtà osservabi
le, rappresenta una delle carenze tipiche degli allievi con autismo, anche di
quelli ad alta funzionalità. Il programma (Howtin, Baron-Cohen, Hadwin,
1999) prevede due tipologìe di compiti per aiutare i bambini autistici a
sviluppare questa forma di conoscenza, che apre la strada alle forme più
evolute di ragionamento mentale.
La prima tipologia di esercitazioni prevede lo spostamento inaspettato di
oggetti da una posizione a un’altra, senza che il protagonista dell’attività ne
sia a conoscenza. Si tratta della classica Prova di Sally e Anne (Baron-Cohen,
Lesile, Fritti, 1985), utilizzato in moltissime sperimentazioni (CAP. 1).
210
6. PROGRAMMI DI INTERVENTO SULL’AUTISMO
211
L'AUTISMO a scuola
212
7. L’intervento precoce per stimolare
('intersoggettività e il gioco
213
I.
i ■ . ■ ■ ' ■ ■
l’autismo a SCUOLA !
■ J ' .
j ... 1 •;•
descrive tutto l’insieme coordinato di attività motorie, percettive, cognitive
ed emotive che mettono da subito in connessione il bambino con il proprio ■ 1
ambiente umano di riferimento. Tutte quéste attività serialmente orientate
risultano .drammaticamente carenti nei bambtnicon autismo, anche se spes-;. ■
.so non.ri escono a.esser e, colte con immediatezza dai1 familiari; i quali si lini!- ;
tano ad avvertire una sensazione diffusa che qualcosa non vada per il versò .
giusto, senza riuscire a Capire di cosa sì tratti,
Nel capitolo i è statohnesso in evidenza come nell’autismo si assista àll’as-
sepza o alla comparsa .tardiva e disarmonica, dei correlati comportamentali
dell’intersoggettività: irritaziónet attenzione condivisa, emozione congiunta,
scambio di turni ecc. Tutte.queste componenti sono già attive nel bambino
di i anno e mezzo, in quanto anticipatrici della fondamentale .capacità di
leggere la mente degli altri. Infatti, il percorso che porta il bambino avvilup
pò tipico all’acquisizione di questa competenza ha i suoi fondamenti in. una’,
serie di comportamenti protosociali mólto precoci, .osservabili fin dalle:
prime fasi dello sviluppo. ' ’•/•••
Allo stesso modo e in maniera stréttamente-integrata, anche il gioco nei -
'bambini con autismo tende a.non svilupparsi secondo il modello tipico e •
questo condiziona la-lóro evoluzione sotto il-profilo cognitivo, sociale;.
linguistico, motorio ed.àmozionalé. Il giòco, infatti; pena rbambini a esplo
rare diversi ruoli, é regole sociali e fornisce loro l’opportunità di’gestire'l’an
sia e i conflitti sociali. Inoltre, le interazioni positive con i pari durante il
gioco promuovono l’autòstima e la competenza sociale del bambino. Diver
samente dai loro coetanei, 1 bambini con autismo giocano in un modo che
non sollecita il loro sviluppo.- Infatti, il comportamento di gioco di questi:
allievi appare non soltanto ritardato, ma anche differente in termini di
complessità, limitando, di fatto, la.loro attivitajudica a temi e situazioni
ripetitive e non funzionali. In particolare, ciò che più colpisce e che viene
sistematicamente evidenziato in ogni descrizione sono le carenze nel gioco di
/simbolizzazione e le difficoltà a intraprendere giochi sociali..
Appare dunque evidente la necessità di considerare, nella programmazio
ne educativa per gli aliteli con autismo, l’importanza delle attività .di gioco,
in. grado di favorire il lori sviluppo personale e sociale./L’intervento educati
vo sull’intersoggettività, e soprattutto'sul gioco, è’stato sviluppato in.manic-
ra molto significativa alljiiitemo di tre approcci a cui dedicheremo attenzio
ne in questo capitolo:. ।
* il modello Denver (Rogers et al., 1986); -1
• l'approccio sui grippi di gioco integrati (Wolfberg, 1995,1999);
i .
214
7- l'intervento precoce per stimolare l’intersoggettività e il gioco
• il programma derivato dagli studi sulla teoria.della. mente (Howlin, Baron- '
Cohen, Hadwin, 1999). ■ 1 ■
215
l'autismo a scuòla
Luca vede un compagno che [Tj Assente [Tj Assente! [Tj Assente [Tj Assente
gioca a correre con una 1
macchinino sul pavimento, | 2 | Limitato [Tj Limitato! [X| Limitato 12 | Limitato
partendo da una linea verde
fino alla parete. Prende .| 3 { Buono j 3 | Buono । 1X1 Buono IXI Buono
anche lui una macchinina e 1
comincia a correre. Poi però XI Elevato 1X1 Elevato .[Tj Elevato [Tj Elevato
si ferma e inizia a osservare
la macchinina stendendosi
per terra. i
Una bambina mette degli [T| Assente [Tj Assente Ì[T| Assente [Tj Assente
animaletti di plastica in fila I
sul davanzale. Luca osserva la | 2 | Limitato | 2 | Limitato ;(X1 Limitato [2 j Limitato
compagna, sfarfalla le mani, i
poi prende gli animali uno a |3 j Buono | 3 | Buono i|_3j Buono 1X1 Buono
uno e li distende sul
pavimento mantenendo la [x! Elevato 1X1 Elevato j| 4 | Elevato [A | Elevato
fila. Non vuole metterli via e, 1
quando viene chiesto alla
compagna di metterli a posto,
1
Luca li ammucchia in un
angolo e comincia a urlare. i
!
1 compagni di Luca giocano [Tj Assente [Tj Assente [Tj Assente [Tj Assente
con il treno prima del suo
arrivo. Luca entra e osserva. | 2 | Limitato IX Limitato ij 2 | Limitato | 2 | Limitato
Nel momento in cui non c'è
nessuno nei pressi dei gioco, [3] Buono |J| Buono -.jXl Buono [X Buono
si avvicina e comincia a far
correre il treno sui binari e (Xl Elevata [TI Elevato L [À~j Elevato | A1 Elevato
ad attaccare e staccare più
i
volte i vagoni.
217
l'autismo a scuola
L'insegnante propone a Luca [T| Assente |T| Assente |~i~| Assente |Tj Assente
funge da shampoo, un I :
mattonano piccolo delle
costruzioni da sapone e uno
più grande da spugnetta. ì
218
7- .L'INTERVENTO-PRECOCE PER STIMOLARE L'iNTERSOGGETTlVfTÀ E IL GIOCO
viene interrotto o gii viene tolto materiale, il bambino manifesta segnali di insofferenza (ad
es. urla, si protende verso l'oggetto ecc.).
[41 II bambino si avvicina all’educatore o al compagno che effettua il gioco e prende gli
oggetti utilizzati nel. gioco o comunque cerca di farlo (il comportamento di attenzione viene
valutato positivamente anche se il bambino ha un approccio poco adeguato nei confronti
dell'educatore o del compagno e seìnon utilizza il materiale in maniera consona).
i
Capacità di effettuare il gioco ‘
0 Il bambino non ss effettuare alcuna attività simile a quelle del gioco, neanche quando
si prevedono aiuti molto forti (ad es. la guida fisica). I
0 II bambino è in grado di effettuare solo alcune attività connesse al gioco (ad es. tenere
degli oggetti in mano e muoverli), quando vengono previsti aiuti da parte 'dell'educatore.
Autonomamente non sa svolgere alcuna attività connessa al gioco.
[TI II bambino riesce a effettuare alcune attività connesse al gioco in maniera autonoma,
mentre per altre deve essere aiutato (ad es. nel gioco delle bolle di sapone e in grado di
soffiare in modo adeguato, ma non sa svitare il tappo e aprire da solo il contenitore delle
bolle).
0 Il bambino possiede le capacità per effettuare autonomamente tutte le attività connes
se al gioco.
219
[■'AUTISMO AÌSCUOLA
[71 II bambino gioca in maniera indipendente vicino agli altri. Condivide lo stesso spazio,
anche ristretto (ad es. lo stesso tavolo) e gli stessi materiali,, ma la vicinanza non fa sì che il
gioco diventi comune.
Pd II bambino partecipa a giochi che coinvolgono uno o più coetanei, rispettando il
proprio turno nelle azioni e condividendo i materiali in funzione di attività comuni (ad
es. gioca con le costruzioni condividendo i mattoncini e costruendo insieme un muro,
gioca con ùria bambola passandola anche a un compagno, rispetta il turno in un gioco
motorio ecc.).
220
1. l'intervento precoce per stimolare l’imtersoggettività e il gioco
' I
221
l'autismo a scuola
Scheda 7.2. II. programma eli insegnamento del gioco di interazione sviluppato ‘
con Macco i
Obiettivi . Accettare e rispettare il turno; acquisire giochi nuovi; accettare l'altro nel
gioco. |
Materiale Tamburo con dud bacchette.
Attività Questo gioco rappresenta una novità per Marco. Dapprima l’insegnante
mostra come sì utilizza lo strumento e poi gli chiede di imitare i suoi movimenti.
’ Dopo aver appreso questo, l^i prende il bastoncino, lo percuote per poi consegnar-.
lo a Marco in modo che riproponga il suono e così vìa, alternando così il turno
(“Prima a me e poi a tei").
Risultati dopo tre mesi Quando è stato presentato perla prima volta il gioco, Marco
222 ■
7. L’INTERVENTO PRECOCE PER STIMOLARE L'iNTERSOGGETTiyiTÀ E IL GIOCO
223
l'autismo a scuola
224
Z l'intervento precoce per stimolare LÌ NTERS OGGETTIVITÀ e IL Gioco
1
7 ! '
mente con semplici istruzioni o messaggi ripetuti !(ad es. "Vuoi giocare?”,
“Prendi un cubo!’1, “Ora è il tuo turno!” ecc.), abituandosi con il tempo a
interpretare e a rispondere ai segnali e alle iniziative del bambino con autismo.
Le strategie per facilitare esperienze di gioco sempre più interattive fra il
bambino_cpn autismo e compagni a sviluppo tipico prevedono livelli df
aiuto e supporto, molto diversi. A questo livello possono essere previste:
'A) strategie orientative per i bambini con autismo che non riescono a tollera
re il contatto ravvicinato con gli altri e sono semplicemente invitati a osser
vare da distante gli altri bambini che giocano; ;
(P giochi a specchio, nei quali i bambini a sviluppo tipico tendono a effettua
re le stesse, attività ripetitive del compagno con autismo, allo scopo di inte
ressarlo e coinvolgerlo in situazioni interattive; !
gioco parallelo, in cui i bambini giocano vicini con gli stessi materiali, ma
senza particolari interazioni, cercando di attivare centri di interesse comune
che possano essere la base di partenza per l’inizio di attività di gioco condivi
se (ad es. in un gioco di costruzioni possono inizialmente scambiarsi dei
pezzi, fino ad arrivare a mettere i mattoncini a turno);
0 interpretazione di ruoli nel gioco, che rappresenta l’inizio del gioco di
finzione (ad es. dare da mangiare a una bambola, mettere una pentola
giocattolo sul fornellino ecc.). I bambini con autismo che non hanno anco
ra raggiunto ló stadio della< finzione avanzata possono interpretare dei ruoli
semplici in un contesto di situazioni simboliche che non capiscono nel loro
significato; !
giachi ^ che si estendono oltre i semplici atti di finzione.
Tutti i bambini assumono ruoli di finzione e utilizzano,oggetti.!11 modo
^immaginario mentre mettono in atto temi e copioni complessi. Un bambi
no che sta dando da mangiare a una bambola può essere invitato e aiutato a
passare alternativamente dal ruolo di mamma a quello di bambino, assu
mendo i comportamenti relativi (Wolfberg, 1995). ;
225
L’AUTISMO A SCUOLA
Scheda 7.3. Gioco in gruppo integrato sviluppato da luca con alcuni compagni
226
7. l'intervento precoce per stimolare l’intersqggettività e il gioco
Un altro compagno: “Facciamo finta che questo righello sia una trave!". La prende
e, sincerandosi che Luca stia osservando, la pone sopra I muri. La compagna pren
de Luca per mano cercando dì portarlo dove sono sistemati i righelli. Luca si irrigi
disce un po’ e indugia ad annusarle i capelli. L'insistenza della compagna fa sì che
si lasci condurre nel luogo doverono i righelli. “Prendiamo questa riga e facciamo
finta che sia una trave!’’, dice la compagna mentre con Luca la colloca sul muro.
Vengono collocati anche gli altri righelli.
Si tratta poi di predisporre il tetto. La stessa operazione con ('utilizzo dei quader
no™, accompagnata da verbalizzaziónì del tipo: "Facciamo fìnta che siano il tetto!",
"Oh che bel tetto!”, "Finalmente abbiamo fatto la casa per il cavallo con un bel
tetto!”, dà gratificazioni a Luca quando dimostra qualche forma di collaborazione.
Una volta completata la costruzione, l’insegnante dice agli allievi dì méttere al ripa
ro il cavallo perché sta per piovere. La compagna introduce un cavallino di plastica
nella costruzione dicendo: "Qui stai bene. Non ci piove!”. Poi lo tira fuori-e dice a
Luca di metterlo aH'ìnterno perché sta per piovere. Luca ripete l’operazione, prima
aiutato dai compagni e poi da solo. L’insegnante loda con enfasi tut|i i partecipan
ti al gioco e li invita'a rientrare in classe. Luca dando la mano ai compagni torna in
classe senza esitazioni.
227
L’AUTISMO A SCUOLA
Le attività proposte sono indirizzate soprattutto agli ultimi due tipi di gioco,
che vengono sollecitati attraverso esempi di interazione ludica in ambiente
naturale (a casa, a scuola ecc.). Pur essendo finalizzate ad acquisire gli
elementi tipici del gioco simbolico, le attività previste contengono spesso
anche le altre forme dì gioco (sensomotorio e funzionale).
Ricordo che permeo sensomotorio si intendono le attività che il bambino
compie quando si limita a manipolare i giocattoli, sbattendoli, muovendoli
nell'aria o succhiandoli. Sono compresi a questo livello anche alcune attività
ripetitive tipiche, come allineare oggetti o suddividerli ossessivamente per
forma e colore.
Il gioco funzionale, invece, si riferisce alla sostituzione di oggetti con altri
dello stesso tipo e funzione (ad es. quando una macchinina viene usata come
un’auto).-A questo livello il gioco non può essere considerato di finzione, in
quanto non èicerto che il bambino faccia riferimento a capacità simboliche e
non percepisca invece l'oggetto come reale, anche se più piccolo (Leslie, 1987).
li gioco delfarfinta comprende due elementi: la sostituzione di oggetti, in
cui un oggetto svolge il ruolo di un altro nel gioco e l’attribuzione di caratte
ristiche fittizie agli oggetti con cui sta giocando, come nel caso in cui, ad
esempio, il bambino finge di dare il cibo a un animaletto che ritiene affama
to. A questo livello l’insegnante cerca sempre di rimarcare all’allievo la distin
zione fra attività reali e finzione, cioè se si sta effettivamente compiendo una
certa azione o;se si gioca a far fìnta di farla.
L’ultimo livello del programma, il gioco del fan finta acquisito, viene
raggiunto quando il bambino riesce spontaneamente a giocare in modo
simbolico, senza necessità di sollecitazione o supporto.
In sintesi, tutte le esercitazioni prevedono aU’inizio delle interazioni fra
bambino ed educatore fortemente regolate da quest’ultimo, alle quali seguo
no situazioni dove l’allievo è maggiormente protagonista, fino a strutturare
la capacità di trasferire gli apprendimenti acquisiti nel gioco spontaneo.
Di seguito (SCHEDA7.4) viene descritto un esempio di gioco condotto con
Luca, con Tobiettivo dì stimolare l’attività ludica relativa a un aspetto essen
ziale del gioco di finzione: la sostituzione di oggetti con altri non assimilabili a
livello funzionale.
228
■ ■ : i '
7. l'intervento, precoce per stimolare lì’mtersoggettività e il gioco
i
______________________________________ !__________________
Scheda 7.4. Stimolazione dei gioco simbolico con Luca (sostituzione di oggetti)
i
i
229
8. Facilitare le possibilità comunicative
231
l'autismo a scuola
232
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
- 1
i
Con la pubblicazione nel .1957 del lavoro di Skinjner sul Verbal Behavior
i
8.1.1. Il comportamento ecóico
- ! ;
i I
8.1.2. Il mand j |
235
l'autismo a scuola
8.13. H tact ì
ne fra tact e mand che faciliti la comparsa dell’operante che non è stato inse
gnato (Moderato, Copelli, 2010). ‘
Venendo alle procedure di insegnamento di questo operante con allievi
che presentano disturbo Autistico, il richiamo è sèmpre alle strategie compor
tamentali descritte nel capitolo 6, come il Discrete Trial Training (dtt).
Quello che è importante sottolineare è che il training deve avvenire quando
I’eo per lo stimolo è bassa, cioè quando il bambino non è interessato a rice
vere l’oggetto nominato come rinforzatore (quando non si trova in uno stato
di privazione, per usare una terminologia tipica eli Skinner, che più volte è
stata oggetto di fraintendimenti). Questo è esattamente l’opposto, come
abbiamo visto in precedenza, di quanto avviene per l’insegnamento del
mand. Per rinforzare un tact, infatti, non si deve concedere la cosa nomina
ta dal bambino, perché un tact non è rinforzante! di per sé stesso, come lo è
un mand. Vanno previsti rinforzi generalizzati, che essenzialmentesignìfica
qualsiasi cosa differente da ciò che viene nominato dal bambino. Chiara
mente, nel momento in cui questi rinforzi possono essere naturali, come
avviene per quelli sociali (ad es. lodare il bambino’), tutto il processo diventa
più facilmente generalizzabile e resistente all1 estinzione (si veda il capitolo 6
per approfondimenti su questi aspetti). f
Un aspetto, per concludere, va sottolineato con enfasi per evitare frainten
dimenti sulle procedure operative. Quando si dice-: che nell’insegnamento del
tact non c’è eo per lo stimolo obiettivo, non significa che il bambino non
dovrà avere una forte motivazione per il rinforzo che gli verrà dato. Così, I’eo
ha ancora un’importanza critica nell’insegnaménto del tact, benché sia
connessa a una tipologia di rinforzo diversa dallo stimolo predisposto.
237
l'autismo a scuola
za con gli stimoli verbali ch!e le provocano: è il caso della risposta quattro con lo
stimolo due più due, o Parigi con capitale della Francia Possiamo chiamare intra-
verbale un comportamento controllato da stimoli del genere.
Fra i rinforzatoti particolarmente graditi per Marco ci sono le bolle.di sapone, che il
bambino ama tenere in mano e far rotolare sul tavolo; Gli piace anche giocarci a
soffiare e ottenere le bolle, ma non riesce a farlo in maniera autonoma: c'è biso
gno che gli educatori o i genitori svitino il tappo e tengano in mano l'oggetto vicino
a Marco, che a quel punto soffia.
Per facilitare il mand è stato Sviluppato anche un programma insegnando l’utilizzo
dì uno specifico gesto non convenzionale, che consiste nel portare il dito indice alla
238
8, FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
bocca e soffiare.! gesti sono stati introdotti con Marco come degli strumenti aumen
tativi a sostegno del linguaggio e non sostitutivi. ;
Vengono create delle situazioni.nell'ambiente, sia scolastico che familiare, nelle quali
il bambino vede le bolle di sapone, ma non riesce a raggiungerle da scio; In questo
modo viene sollecitata una forte eo. Marco ha imparato a effettuare II gesto e solitamen
te gli viene subito dato ih conte nitore delle bolle pronunciando il nomeiverbalmente.
Adesso gli insegnanti e i genitori, dietro suggerimento delio specialista, adottano
una procedura più articolata. Quando si verifica Feo e l'allievo emette anche il gesto,
non viene subito concesso il rinforzatore (il contenitore delle bolle), ma pronun
ciato un promptecoico per tre volte. Se non c’è imitazione verbale si attendono circa
cinque secondi poi si consegnano le bolle. SÌ lascia il bambino a far rotolare il tubet
to per una decina di secondi, poi le bolle vengono riprese esìmesse al loro posto.
Se si verifica una nuova eo, si ripete la situazione.
Dopo circa tre settimane di lavoro coordinato e molto intenso in questa direzione si
è verificata una risposta verbale, anche se non precisa. Marco è;stato rinforzato
prontamente con le bolle socialmente e lo si è lasciato giocare per'un tempo sensi
bilmente più lungo. i ■
A questo punto si è attenuato il prompt eroico, fino a eliminarlo quando la verba-
lizzazione di Marco è stata ritenuta adeguata. Il mand, infatti, è un operante che non
richiede un antecedente verbale per essere emesso. ì
A questo punto si è ritenuto di effettuare un fading sull'efficacia del gesto, rinfor
zando Marco con l’oggetto solo quando si verificava anche la richièsta verbale.
239
l'autismo a scuola
240
' 8. FACILITALE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVI
ì
sull’altro, l’insegnante dice “muro” prima dì dare il cubetto per la costru
zione, aspettando la risposta verbale dell’allievo. Se non avviene ripete la
parola e, dopo un’ulteriore attesa, consegna il cubetto. Il gioco può conti
nuare cercando di rendere sempre più stimolante la situazione e, conse
guentemente, motivando l’allievo a emettere yocalizzazioni adeguate, È
importante, comunque! prevenire la saturazione di una particolare situazio
ne od oggetto continuando eccessivamente conimi gioco o una attività che
non riscuote più interesse, perché il bambino deve essere sempre motivato a
rispondere. Per questo rnotivo la valutazione dei rinforzatoti deve essere
riproposta frequentemente. |
Il net, come il nel,'privilegia il contesto naturale per l’insegnamento
di risposte verbali e il rinforzamento non è solo scelto dal bambino, ma
rappresenta l’elemento stesso su cui viene costruito tutto il training. Nel
momento in cui l’ambiente presenta vari oggetti che interessano fortemen
te il bambino, questi è motivato a fare richieste, che l’insegnante deve
cercare di modellare in maniera-sempre più intelligibile. Roberta, ad esem
pio, manifesta sovente il desiderio di ascoltare la ^ua musica preferita quan
do si trova nell’aula di sostegno. Indica lo stereó con la chiara intenzione
di ottenere che l’educatore inserisca il suo CD. L’educatore da qualche
tempo ha iniziato a non esaudire il desiderio di Roberta così prontamente
come avveniva in passato. Il cd è bene in vista njel contenitore, ma l’allie-
va non è in grado di prenderlo e di inserirlo da sòia. Quando è evidente la
richiesta di Roberta manifestata indicando e gridando, l’educatore cerca di
modellare la risposta verbale fornendo un prompt ecoico (dicendo “musi
ca”). Ogni émissione verbale che va in quella direzione, anche parziale,
viene rinforzata con il soddisfacimento del desiderio. Sj tratta, in concre
to, dell’insegnamento di mand verbali effettuato sullo spunto di attività
che si verificano nel contesto di vita in maniera non rigorosamente
programmata. I
Nelle situazioni successive l’insegnante cercherà di modellare sempre più
la richiesta verbale in maniera corretta, aggiungendo anche ulteriori elemen
ti alla frase (ad es. "Voglio musica”, poi “Voglio ascoltare la musica”).
I vantaggi che possono derivare da un insegnamento naturalistico condot
to con le modalità sopra descritte sono i seguenti (Moderato, Copelli, 2010):
8 l’apprendimento è più divertente rispetto all’insegnamento del linguag
gio con il dtt, che spesso viene sviluppato in ambienti asettici con l’ausilio
di rinforzatoti del tutto sganciati dall’ambiente;
i
i
241
I ■ ■
l'autismo a scuola ;
! f
? !
* il mantenimento e la generalizzazione sono insiti nell’insegnamento natu
ralistico, in quanto l’insegnamento avviene durante le attività.quoti diane e il
rinforzo è naturalmente jpresente nell’ambiente; .
• in queste condizioni jdi apprendimento l’allievo non sperimenta il fallir
mento, ma è motivato ad apprendere.
2^2 .
8. FACILiTARE LE POSS!B!LJTÀ COMUNICATIVE
243
l'autismo a scuola
L’obiettivo finale della prima fase è quello di fare in modo che l’allievo,
vedendo un oggetto gradito, prenda l’immagine di tale oggetto, si allunghi
.verso f interlocutore che stadi fronte [partnercomunicativo) e rilasci l’imma-
gine nella sua mangiai u.ratp, in questo movimento daun secondo adulto che
sta dietro e che funge da prompterfisjccn
2^
' ' ' i- ■ . ■ i ■
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
‘ 1
In questa fase l’allievo apprende la natura della. comunicazione, vale a dire
come rivolgersi^ un'altra persona per ottenere quanto, desiderato. Non è
troppo importante, per'questo fine, che venga scelta l’immagine giusta (se ce
ne sono varie disponibili), ma che si stabilisca là funzione comunicativa. In
altre parole, come avviene per i bambini a sviluppo tipico che imparano a
comunicare in maniera significativa con il loro àmbiénte prima di conoscere
le parole, anche l’allievo con autismo deve essere orientato in questa direzio
ne sollecitando inizialmente il fare richieste per;ottenere rinforzatoci graditi
e significativi. I
Per facilitare Peliminazione dell’aiuto fornitojdal prompter fìsico è impor-
tante che lo stesso mantenga la sua posizione dietro l’.allieyp (o di lato) ed
eviti di interagire con esso attraverso scambi comunicativi che potrebbero
assumere il valore di rinforzi (ad es. lodandolo per lo svolgimento adeguato
di alcune azioni). Deve solo fornire l’aiuto necessario a consentire.lo scam- '
bio, senza eccedere in questo e ritraendosi non appena possibile. Un strategia
utile per la riduzione dell’aiìito„del_promp ter fisico può essere quella del
concatenamento retrogrado (CAP. 6). In concreto, !dopo che l’allievo ha mani
festato un’iniziativa rivolta a ottenere un oggetto, l'adulto che funge da
prompter fìsico inizialmente aiuta il bambino a. prendere l’immagine, ad
allungarsi in direzione del partner comunicativlo e a rilasciare l’immagine
nella sua mano. In seguito il supporto viene attenuato per quello che riguar
da l’ultima, fase,. facendo sì che la consegna della carta avvenga spontanea
mente e successivamente per le fasi precedenti. ;
I compiti riservati in questa fase all’insegnànte che svolge il ruolo di
partner comunicativo sono quelli di attirare^!’attenzione dell’allievo su un
oggetto gradito, stimolando la sua motivazione (creando di fatto, come detto
nel paragrafo precedente, un’Establishing Operation), di aprire la mano per
ricevere la carta al momento opportuno, di rinforzare lo scambio con la
consegna deirpggetw desiderato e di lodare il|bambino per la sequenza
messa in atto. ■
Nella figura 8.1 sono riportati i momenti dell’insegnamento sviluppato
con Marco in riferimento a questa prima fase della procedura, con la visione
dell’oggetto desiderato (la macchinina), il movimento di allungare la carta
verso il partner comunicativo attraverso l’aiuto fisico del prompter, il rilascio
dell’immagine nella mano del partner comunicativo e la conseguente conse
gna del rinforzatore. ' i
(
I
;
! 245
l'autismo a scuola I ■ , ' ■
i 2 . 3
246
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
\ 247
l'autismo a scuola
La costruzione di frasi
248
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
I
i
cosa vuoi?” attraverso una frase che, come per la fase precedente, prevede il
simbolo "io,voglio” seguito da quello di un oggetto. La metodologia per
favorire l’insegnamento può essere quella di far.ella_doman.da indi.cando.Jl
simbolo “io voglio” sul quaderno dell’allievo. S:e compone la frase viene
Ìmmediatamente.rin£ox;atplj;jRn.J’.o.gg^q:o;.richiesto, e con la lode sociale; in
caso contrario si preveded’aiuto fisico per staccati il simbolo “io voglio” e
comporre la frase, avendbcuradi ridurre gli aiuti nelle esecuzioni successive.
Anche a questo livello, come previsto nella fase precedente, le richieste devo
no assumere nel tempo, quando le competenze dell’allievo lo permettono,
249
l'autismo a scuola
Fare commenti
_____ .— ------ j
ì
In quest’ultimo momento Idell’insegnamento del pecs, l’orizzonte può ulte
riormente allargarsi per richiedere all’allievo di fare commenti, nel senso di
rispondere non solo alla domanda: "Che cosa vuoTfVma anche "Che cosa
vedi?”, “Che cos’hai?”, JChe cosa senti?” e "Che cos’è?”, oltre a fare
commenti spontanei. |
La procedura didattica ricalca quanto previsto nella fase precedente, con
un ampliamento nella datazione di immagini, che devono comprendere
anche simboli: “Io vedo”, “Io sento”, “E/Sono”, oltre ad altri verbi di inizio
frase e ulteriori attributi, i
In conclusione di questa presentazione sotto Uniamo come le fasi indicate
con precisione e ricchezza -di suggerimenti operativi da Bondy e Frost (2005)
rappresentino sicuramente un percorso strutturato a cui riferirsi. Sono molto
numerose, ormai, anche lé sperimentazioni e le esperienze che ne documen
tano l’efficacia in ogni dontesto (per. una rassegna si veda Jones, 2004;
Howlin et al., 2007). Riteniamo importante, però, raccomandare una buona
dose di flessibilità nell’appjicazione della procedura in relazione alle esigenze
ai ogni singolo allievo co'p~autismo, evitando^Tdiventare eccessivamente
rigidi e poco propensi ad apportare modifiche quando le condizioni lo
richiedono. Oltre ciò, per jun corretto ed efficace utilizzo del pecs a scuola è
fondamentale che la metodologia sia conosciuta da tutti gli attori e non solo.
dall’allievo, dall’insegnant’e di sostegno e dall’eventuale assistente educativo.
Nel momento in cui anche i compagni, gli insegnanti curricolari, il persona-
le ausiliario e tecnico-amqiinistrativo sollecitano l’allievo ad adottare questa
forma di comunicazione intelligibile per interagire, le possibilità di un suo
uso funzionale e generalizzato aumentano notevolmente, così come le
prospettive inclusive. I
In particolare ritengo epe, anche a questo livello, i compagni rivestano un
1 ■
J ! ‘ ’
250 ! ■
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
& ■
Come già sottolineato, l’utilizzo dei gesti come forma aumentativa di comu
nicazione può essere un elemento importante nel trattamento, in grado di
fornire uno strumentò ulteriore al bambino con autismo per promuovere
comunicazioni spontanee. Pur non esistendo molte ricerche in proposito, i
riscontri disponibili sembrano avvalorare questa prospettiva .(Sundberg,
Partington, 1998; Goldstein, 2002; Tincani, 2004) e soprattutto;individuare
nell’associazione del training all’utilizzo dei segni a quello^ prettamente
verbale la modalità più favorevole per promuovere un ampliamento del
vocabolario, sia di tipo ricettivo, che espressivo. ; '■
Pur esistendo, in generale, delle difficoltà abbastanza generalizzate negli
allievi con autismo a livello di imitazione, i segni possono in qualche modo
lenire le problematiche a livello di imitazione verbale. Presentano, infatti,
alcuni vantaggi legati alla somiglianza fra il segno e la cosa rappresentata e la
facilità superiore nell'insegnamento, I segni, inoltre, non richièdono, come
avviene per il pecs, la disponibilità di strumenti o materiali e pertanto posso
no essere insegnati in ogni momento o contesto. :
Per contro, in alcuni allievi con autismo possono essere presenti grosse
problematiche a livellò di motricità fine in grado di condizionare negativa-
mente l’insegnaménto. Inóltre i segni, come le parole, non si mantengono
una volta emessi e pertanto non offrono quelle condizioni percettive garan
tite dalle immagini, ì
Alla luce dì tutto questo,'sì può concludere che il linguaggio dei segni
rappresenta sicuramente un’opportunità ulteriore per facilitare forme di
comunicazione spontanea, ma va regolato in relazione alle caratteristiche dei
singoli allievi. ,
Per quanto riguarda le modalità di insegnamento, il riferimento è alle
strategie comportamentali, con particolare attenzione al modeling, all’aiuto
(anche fisico nei casi di maggiore difficoltà) e riduzione dell’aiuto e al rìnfor-
zamento. La tipologia dei segni impiegati può in alcuni casi riferirsi a quella
codificata (Lingua italiana dei segni, Lis), mentre in altre condizioni può
■/
251
l’autismo a scuola
rimanere a livèlli molto più. bassi, con utilizzo di segni non convenzionali,
ma più vicini al repertorio motorio e cognitivo del bambino. Anche il nume
ro dei segni può variare in maniera abbastanza ampia in relazione alle carat
teristiche individuali.
Nella scheda 8.2 è descritto sinteticamente un intervento di stimolazione
di un mand attraverso i gestì, che è stato pianificato e implementato insieme
al training sul 'mand verbale descritto nella scheda 8.1.
Attende una eventuale risposta che non arriva. Allora prende la mano del bambi
no, estende l’indice e lentamente porta la mano alla bocca dell’allievo soffiando e
verbalizzando "Bolle”. Completato il movimento, l’insegnante loda il bambino:
"Bravo! Vuoi le bolle?" e fornisce il gioco desiderato. Nelle esercitazioni successive
vengono progressivamente ridotti gli aiuti fisici, diminuendo la forza del contatto e
non prendendo, più la mano del bambino, ma prima il pólso e poi il gomito solo
perstimolare il movimento (una sorta di start). Anche il soffio dell’insegnante viene
attenuato quando l’allievo manifesta alcune esecuzioni a questo livello. Vengono
chiaramente mantenuti sempre la verbalizzazione e il rinforzo.
Quando il gesto è acquisito, l'insegnante non lo stimola più, ma si limita a determi
nare una forte motivazione (eo) e ad aspettare che il bambino lo emetta come mand.
Quando il bambino fa il gesto, l'educatore verbalizza sempre il nome dell’oggetto
per cercare di stimolare anche un comportamento ecoico. Qualche volta è necessa
rio sollecitare remissione de! gesto verbalmente con la domanda: “Che cosa vuoi?”.
252
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
La procedura di insegnamento viene ripetuta anche con ulteriori gesti. Marco ora ne
conosce altri quattro oltre a quello delle bolle {sono illustrati e descritti sotto) che
utilizza ancora limitatamente e non sempre con una precisa distinzione della loro
valenza comunicativa. !
Costruzioni I
Mettere una mano sopra all'altra come nell’effettuare Un muro con le costruzioni o
i cubetti. '
Macchinino j
Strisciare la mano aperta sul tavolo o sul pavimento (Se si trova a terra) come per
indicare la macchinina che va avanti e indietro.
rV ’
Caramella i
I) segno doveva prevedere la rotazione nel senso opposto delle due mani, come se
si scartasse la caramella, ma Marco non riesce ad andare oltre l’avvicinamento
dell'indice e medio delle due mani. ì
253
l'autismo a scuola
-l ■ .
8.3. J L’insegnamento delie abilità per la comunicazione^fmniàlies
*•"
** m à.l...----- ■ I —— ——, .
254
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
stessa parola può significare concetti diversi in frasi differenti. 'Ad esempio,
nella frase “Marco gioca con l’acqua” la parola "acqua” rappresenta un
oggetto agito da patte di Marco, mentre nella frase “Marco ha omesso le pape-
relle nell'acqua”, la stessa parola descrive il luogo dove sottostati posti i
giocattoli del bambino; ‘ ;
* le parole, usate per significare una dimensione più ampia dèlie semplici
parole pronunciate, includendo anche Ì segni, le parole scritte, le figure, i
gesti e qualsiasi altro elemento usato per comunicare; !
* forma o struttura della comunicazione, che si riferisce sia al sistema ■
comunicativo utilizzato (atti motori, gesti, parole scrìtte, lingdaggio ecc.),
che alla complessità espressa con i diversi sistemi. I
! !
Gli allievi con autismo, come è stato messo in evidenza nel primo capitolo,
incontrano soverchie difficoltà in tutte le cinque dimensioni della comunica'
zione. Il programma educativo, pertanto, si prefìgge di analizzare le modali
tà comunicative che il bambino usa nella vita di tutti i giorni e di’potenziare
quelle dimensioni che possono rendere la sua comunicazione più significati
va e intelligibile. ■
255
L'AUTiSMO a scuola
256
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
ì
ì
t
ì
Allievo Roberta i
Osservatore Insegnante di sostegno" 1
Dato 15.0t|.2010 ; Categorie serti antiche
257
l'autismo a scuola
258
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ CÒ’MUNICATIVE
259
l’autismo a scuola
260
8. FACILITARE LE POSSIBILITÀ COMUNICATIVE
261
i
l’autismo a scuola j
262
9. Affrontare i problemi comportamentali
263
L'AUTISMO a scuola
264
Ad esempio, possono afferrare o portare via ciò che desiderano e_spgsso posso
no esprimere tensinne-eatteggiamen.d4iutb..o .eteroaggressivi se le loro esigen
ze non sono immediatamente soddisfatte. Tutto ciòlnon va semplicemente
catalogato come indicatore di rabbia o di volontà di procurare danno agli
altri, in quanto potrebbe essere determinato dall’incapacità di comprendere
la natura dei rapporti sociali,- anche di quelli più semplici. In questo ambito
vanno comprese anche le pesanti carenze che i bambihi con autismo manife
stano nel gioco fin dalle sue prime forme.
Agli allievi con autismo,!quindi, mancano i mezzi per essere socialmen
te autosufficienti, fin dalle prime manifestazioni rappresentate dall’attenzio
ne condivisa, dall’intenzionalità comunicativa, dalla .'capacità imitativa e dal
gioco simbolico. Tutto questo rende paiticolarmente complesso acquisire
competenze per vivere-adeguatamente nel contesto' sociale, interessandosi
alle persone, alle cose nuove, alle attività collettive. La riduzione degli inte
ressi e dei contatti può determinare l’adozione di comportamenti problema
tici che non tengono in alcun conto le altre persole e la situazione con
testuale. j
I deficit nei processi comunicativi o addirittura l’assenza della consapevo-
265
l'autismo a scuola
sfiorata, potevo sentire come una scossa elettrica'. Poteva diventare insopportabi
le e, a volte, mordere' qualcosa mi aiutava. Mi era utile .mordere qualcosa di non
troppo duro, in modo che la pressione potesse contrastare il dolore. Trovavo che la
carne delle persone fosse la cosa migliore da mordere; Volevo poter affondare i
266
9- AFFRONTARE i PROBLEMI COMPORTAMENTALI
Anche Grandm (1992, p: 57) inette in risalto come la percezione tattile abbia
sempre rappresentato per lei una fonte di problematiche e di diffcoltà:
Lievi pruriti 0 sfregamenti a cui la maggior parte della gente non fa alcun caso
erano per me una tortura.'Una gonna che mi grattava la pelle mi sembrava carta
vetrata che mi scorticava. Anche lavarmi i capelli era penoso. Quando mia madre
mi strofinava i capelli, sentivo male al cuoio capelluto. Era un problema anche
adattarmi agli abiti nuovi. ; . । '
Preferivo portare i pantaloni lunghi perché non mi piaceva la percezione delle mie
cosce che si toccavano. |
267
L’AUTISMO A SCUOLA
268
9- AFFRONTARE I PROBLEMI COMPORTAMENTALI
■ ■ ' .■ ' i
- / : 1
fai. Linee perr.ìnter'tferrto-.educaiivo |
9-2.1., Va luta re e cerca re dj i nte rpreta re i p rob lem i dom po rta m e ntalj . /
j
Il primo momento, assolutamente non banale all’interno del processo valuta
tivo,^ quello di identificare Ì comportamenti inadegùati dell’allievo e descrh
verli con un linguaggio che non dia adltoaconfiisioni 0 fraintendimenti.'"'’
“LTdefinizio'iKr'uperativa dei comportamenti di Liica ha portato a indivi
duare le seguenti azioni ritenute maggiormente problemàtiche:
I
269
L'AUTISMO A SCUOLA . | <
l ,
a niofsicarsijaxnano; j
* aggredire ìjzompagru; I
• aggredire graduiti; |
• urlare. ■' I *' . • -
------ , | • .
Quando, come nei nostro cajso e.come avviene molto di frequente, i proble
mi comportamentali manifestati dall’allievo sono piu di uno, è utile e signi
ficativo attribuire un ordine'di priorità agli stessi, in modo da orientare l’in
tervento educativo che non sempre può prendere in considerazione
simultaneamente tutti i comportamenti. Nella scheda 9.1 sono riportati
alcuni quesiti che è necessari^ porsi per decidere le priorità operative. Quan
do anche una sola risposta alle prime tre domande risulta positiva, per quei
comportamenti è necessario prevedere un intervento immediato. SÌ tratta,
infarti, di situazioni che possd.no provocare danni consistenti all’allievo e agli
altri (Demchak, Bossert, 1996). Nel caso di Luca i primi tre comportamenti
rientrano in questa categoria.
Alla luce delle domande riportare nella scheda, attraverso le quali è possibile
attribuire una priorità ai comportamenti inadeguati degli allievi, è interes-
9. AFFRONTARE 1 PROBLEMI COMPORTAMENTALI
4. Il comportamento problematico □ sì □ No
dell’allievo viene messo in atto
quando gli si chiede di interrompere
Commento Quando gli si chiede di smettere di fare
un'attività gradita 0 quando gli ven
le sue attività, cerca di aggredire'0 comincia a
gono tolti oggetti? morsicarsi la mano. •
271
l’autismo a scuola
6. il comportamento problematico □ No
dell’allievo si manifesta quando si
trova da solo? ■ Commento Anche quando lavoriamo da soli
nell'aula di sostegno, si manifestano i comporta
menti problematici, seppure più raramente.
sante interrogarsi sul ruolo che possono rivestire alcune stereotipie non auto
lesive nella progettazione dell’intervento (Luca ne presenta alcune, come
battere le mani guardandole di traverso e saltellare sul posto). In questo caso,
quando di fatto i’comportamenti stereotipati non interferiscono con il lavo
ro progettato in funzione dell’apprendimento dell’allievo, possono rappre-
272
, '' ■ ' 9- AFFRONTARE J PROBLEMI COMPORTAMENTALI
ì
sentire un obiettivo marginale del programma educativo ed essere oggetto di
attenzione solo indiretta (semplice verifica se si attenuano in presenza dì un
lavoro strutturato e significativo). 1
Un’ulteriore operazione preliminare per inquakrare opportunamente la
situazione è quella di invitare tutte le persone che interagiscono con Luca a
rispondere alle domande contenute in una specifica check list. E molto
importante che le risposte vengano fornite autonomamente senza consulta
zione fra le varie figure, in modo da ricavare un quadro più completo. Nella
scheda 9.z sono riportate le indicazioni fornite dalli insegnante di sostegno di
Luca, che si riferiscono chiaramente al contesto scolastico.
Mettendo insieme le risposte fornite dall’insegnante di sostegno, con
quelle delle altri insegnanti, della mamma, della pìsicomotricista dalla quale
Luca si reca tre volte alla settimana e dell’assistente educativa che io segue
a scuola e nel pomeriggio, sono scaturite'alcune ipotesi preliminari da veri
ficare attraverso il protocollo di osservazione diretta. Queste ipotesi si rife
riscono al fatto che i comportamenti problematici di Luca possono essere
connessi alla presenza di ambienti caotici e, soprattutto, alle variazioni nelle
routine, oltre che alle interruzioni quando fa le sue attività preferite. Incerta
è la situazione circa la possibile incidenza di problemi di natura organica.
i
<■ / t 4 1
Q fo5ssrvazione sistematica. j
273
l'autismo a scuola i,
;
mento_è più o meno-presente. A tale rappresentazione gli autori hanno dato
il nome di scatterplot: ।
Nella scheda 9.3 viene riportato lo scatterplot elaborato per valutare la
concentrazione dei comportamenti-problema di Luca netcorsó della giornata,
(i comportamenti sono stati rilevati con la scheda di osservazione sistematica
(si veda SCHEDA 5-2). La figura si riferisce a una settimana di osservazione.
ì ■ 1
!:
P^Scheda 9.3. La valutazione dei problemi comportamentalildi Luca: scatterplot
^Scatterplot ■
Allievo: Luca Classe: il’ Data inizio: 19 gennaio 2009 Data fine: 23 gennaio 2009
Orario Giorni !
Uh
9. AFFRONTARE 1 PROBLEMI COMPORTAMENTALI
^1
che risulta di primaria importanza per l’allievo. In concreto, anche se in
maniera non. consapevole, può comunicarci il desiderio dì ricevere stimoli
positivi, siano essi sociali o di altro tipo, o di evitare situazioni sgradite.
Un’importante modalità per indagare e cercare di individuare le motiva
zioni che sostengono i comportamenti inadeguaci è Y anAli^ju^zionalè,
. Come abbiamo già descritto nel capìtolo 5; si tratta dì una procedura attra-
verso la quale si cerca di evidenziare i rapporti fra il comportamento oggetto
di osservazione e Tambiente, - i .
■ L’interpretazione'di tali dati osservativi può essere tentata collegando. L
• comportamenti con le situazioni-stimolo e con le conseguenze. Se’, le ossei-
‘ . vazioni riescono a evidenziare un qualche tipo di regolarità, di schema tipico
di interazione, si possono' ipotizzare cause specifiche che sostengono il
comportamento. ;
-Rei caso di Luca le condizioni evidenziate dall’analisi funzionale (si veda
■ SCHEDA 5-3) portano a collegare ì suoi comportamenti con le prime due
funzioni comunicative: quella della richiesta di stimoli positivi (fare le cose
gradite) e quella dì allontanamento da situazioni caotiche o di reazione di
fronte a variazioni non previste delle routine. :
Anche la tendenza dell’allievo a stancarsi dopo circa 10-15 minuti dì lavo
ro al tavolo è una motivazione per mettere in atto comportamenti ihadegua-
ti, ai quali solitamente consegue l’interruzione del compito. \
275
l'autismo a scuola
È stato sottolineato a più riprese come ogni intervento educativo che voglia
determinare modifìcazioni-stahdLnella condotta di allievi con autismo che
presentano problemi comportamentali non possa semplicemente fondarsi su
metodologie di contenimento delle manifestazioni inadeguate, ma debba
indirizzarsi anche a promuovere competenze, soprattutto di tipo comunica-,
tivo, che possano sostituire funzionalmente i comportamenti-problema.
'Questi, infatti, hanno spesso uno scopo per l’individuo che li mette in atto,
di cui Io stesso può non essere consapevole. Ne consegue, pertanto, che inse
gnare nuovi modi per influenzare le persone e ottenere'quanto desiderato
può risultare determinante per far sì che i comportamenti inadeguati si ridu
cano, in quanto non più necessari.
Da tutto questo deriva che gip obiettivi da fissare non possono limitarsi
alla riduzione p eliminazione dei compprtamenti prtelematici, ma è nèces;
sarip...che„prendano in consi derazione, anche. lo-sviluppo-el’..uiilizzo da parte
dell’allievo di comportamenti e strategie adeguate,.accettabili,_che vadano a
sostituire i comportamenti-problema e possano consentire di comunicare
esigenze e di agire a un più alto livello di adattamento e competenza^
Qualche educatore con esperienza di lavoro con allievi gravemente
compromessi nel' loro comportamento potrebbe obiettare opportunamen
te che la prospettiva dell’insegnamento di abilità positive è sicuramente da
perseguirsi, ma non deve far dimenticare le crisi che caratterizzano soven
te gli allievi con autismo, le quali possono portare a episodi anche molto
gravi di aggressività, autolesionismo e distruttività. Il piano di lavoro non
può certo trascurare il tema della gestione delle crisi, che quando vengono
affrontate senza un approccio condiviso e strategico da parte di tutti colo
ro che interagiscono con l’allievo, non solo non riescono a essere contenu
te, ma portano a . un logoramento degli operatori estremamente elevato,
soprattutto dal punto di vista emozionale. Pur non esistendo tecniche stan
dardizzate in grado di risultare sempre valide (le tanto ricercate “ricette”),
si può arrivare a delineare un approccio metodologico condiviso e flessibi
le. Carr e collaboratori (1994, pp. 37-8) elencano una serie di procedure
276
J 9. AFFRONTARE 1 p'rOBLSMI COMPORTAMENTALI
I
«basare sostanzialmente sul buonsenso», che possono essere utili nel
momento ih cui si presenta una crisi con comportamenti fortemente pro
blematici: i
* quando è possibile ignorare jl comporpamentpjjpoblematico;
* proteggere Falli evo o gli altri presentimeli3 ambiente dalle conseguenze
fisiche del comportamento problematico; !
• fermare (o bloccare) momentaneamente Fallievo durante gli episodi di
comportamento problematico. Questa procedura può andare da un tentativo
di interruzione del comportamento stilla base di un energico richiamo verbale
(del tipo: “No!”, “Stop!”, “Basta!”) a vere e proprie forme di blocco fisico;
8 spostare dalle vicinanze del luogo nel quale si verifichino le crisi chiunque
sia in pericolo a causa del comportamento problematico;
0 introdurre suggerimenti o stimoli per facilitare comportamenti non
problematici. ““ ! —
277
l’autismo a scuola
Conduzione dell’intervento
■' i
(Matson et al. , 1996; Meazziki, 1997; Jensen, Sinclair, 2002; Cottini, 1993,
aooab). * ■ ■
Venendo alla situazione {li Luca, a cui ci siamo costantemente riferiti,
l’intervento educativo concordato con tutti gli operatori scolastici e con la
famiglia si è articolato su una serie dì azioni che hanno investito sj,a il piano
organizzativo, che^quello piu prettamente didattico. In concreto, facendo
riferimento alle ipotesi formulate circa le motivazioni ritenute alla- base dei
comportamenti-problema dall’allievo, si è proceduto a:
» preveder una forte strutturazione dell’ambiente e delle attività pej
contenere i problemi connèssi alla modifica delle routine o a situazioni
inaspettate; 1
8 collocare le attività gradite^ nei momenti finali della' mattinata e del pome
ri ggìo, quando i comportamenti problematici tendono ad aumentare a
seguito della stanchezza; ! ..
8 adoctare le strategie’di esti?izione^hifiìrzameiit^di^t£.ì2zìale ^.taken econo-.
my per la gestione delle crisi è,per il contenimento dèi problemi comporta
mentali. In concreto, l’estinzione prevede che non vengano forniti i rìnforza-
278 । ". . d
i :
9- AFFRONTARE l PRO0LEM! COMPORTAMENTALI
Nella scheda 9.4 si riportano alcune azioni legate all’applicazione delle stra
tegie di estinzione, rinforzamento differenziale e token economy, in consi
derazione del fatto che abbiamo già parlato in precedenza delle modalità di
strutturazione tipiche del programma teacch e del training comunicativo,
attraverso il pecs e che del coinvolgimento dei compagni avremo modo di
dibattere nel capitolo 12.. ; i
Quando Luca manifesta i suoi problemi comportamentali, chi sj troya vicino (inse
gnante cuticolare 0 di sostegno, assistente educativa) si avvicina e con calma e
decisione dice: “Noi Basta! Bisogna finire il compito!". Se i comportamenti sonori
tipo auto 0 eteroaggressivo L’adulto lo blocca fisicamente con calma, sènza portar-
■ lo fuori dalla classe. La classe deve cercare, nei limiti del possibile, di continuare la
propria attività, avendo cura di ridurre al massimo rumore e confusione.
‘ Quando Luca ritorna a uno stato di tranquillità gli viene mostrata l'immagine che
lo invita a non mettere in atto quej comportamenti (ad es. “Non devi morsicarti",
-- "Non aggredire", “Non urlare"). Le immagini sono state realizzate facendo riferi-
279
l'autismo a scuola !
280
i ■ ■
• 9. AFFRONTARE ! PROBLEMI COMPORTAMENTALI
I
'____________ _____________ !
Figura 9.3. L'evoluzione dell’intervento educativo sui problemi
I valori si riferiscono alla media settimanale dei problemi comportamentali registrati con le modalità
descritte (si veda p. 165). La prima settimana è stata solo di osservazione, mentre dalla seconda è
iniziato l'intervento educativo. ;
: t
11
i
ì
1
I
i
I
I 281
I
J
10. Insegnare abilità curricolari :
■ . . i
Nei precedenti capìtoli dì questa parte del lavoro dedicata all’analisi dei
programmi di intervento per allievi con autismo, sono stati presi in conside
razione vari approcci finalizzati all’insegnamento di abilità di base, fonda
mentali per ogni apprendimento funzionale.
In questo capitolo descriviamo alcuni interventi più specificamente
orientati alle competenze previste nei curricoli scolastici, con le quali gli inse
gnanti devono fare necessariamente i conti. Le abilità di lettura e di scrittura
sia strumentali che funzionali, l’area logico-matematica (anche soltanto
orientata sul concreto come nell’uso del denaro), i contenuti riferiti aì diver
si ambiti disciplinari sono!sicuramente terreni non preclusi a molti allievi
con autismo. Nella maggior parte dei casi sono necessari forti adattamenti,
ma quando le condizioni lo consentono è sicuramente di grande significato
lavorare su contenuti simili a quelli della classe (si veda, a questo proposito,
il capìtolo 3). • 1 .
Dal punto di vista metodologico, l’approccio didattico deve fondarsi sui
principi già ampiamente discussi nei capitoli precedenti, con una valutazio
ne precisa dei punti di forza e di debolezza, una grande attenzione alla strut
turazione delle situazioni e dei contesti, un riferimento a strategie di’, conso
lidata efficacia, una forte enfasi sulla motivazione,. sulle strategie di
visualizzazione e sulle modalità relazionali e comunicative adeguate
* ai singo
li allievi. |
Senza ritornare su questi-principi, ci limitiamo a presentare tre interven
ti per Ì nostri allievi, finalizzati rispettivamente a: !
t -
283
l’autismo a scuola
Gli insegnanti sono riusciti a fare un ottimo lavoro con Luca per quanto
riguarda la sua capacità di stare in classe. Adesso riesce a restarvi per periodi
anche prolungati (fino a un’ora circa), anche se risulta, praticamente nella
totalità delle situazioni, impegnato in compiti diversi da quelli degli altri o
nelle sue attività, preferite, come giocare con le macchinine nella sua posta
zione del tempo libero.
Nella riunione alla presenza di tutte le figure che lo seguono e della fami
glia si è deciso di fare un passo ulteriore nella direzione inclusiva, cercando
un’attività che sia collegata con il lavoro dei compagni. La decisione è stata
quella di adottare un “avvicinamento degli obiettivi” (CAP. 3) relativamente
alla lettura. In concreto, mentre i compagni lavorano in classe sulla lettura
personale (non ad alta voce), Luca sarà coinvolto in un programma di lettu
ra funzionale, utilizzando materiali scritti, quando possibile, con gli stessi
caratteri dei titoli dei brani del libro dei compagni. .
Sarebbe chiaramente impossibile, allo stato attuale, pensare a un
programma di lettura strumentale per l’allievo, ma considerando le sue
competenze in compiti discriminativi, la lettura funzionale appare come un
obiettivo perseguibile e molto utile, anche se dovesse rimanere limitata a
poche parole. -
La lettura funzionale si riferisce alla capacità di decifrare correttamente
parole ad alto valóre ecologico, la cui comprensione costituisce un amplia
mento di autonomia per le persone che, a causa dei loro deficit, non riesco
no ad apprendetela lettura strumentale. Comprendere il significato di paro
le scritte come alt, avanti, pericolo, entrata, uscita ecc. facilita
sicuramente la conquista di autonomia per la persona e la possibilità di inte
grazione nell’ambiente comunitario. SÌ pensi, ad esempio, alla situazione in
cui una persona con disabilità si trovi in un particolare contesto (scuola,
284 r
10. INSEGNARE ABILITÀ CURRÌCOLARÌ
I1
supermercato, stazione, cinema ecc.) e abbia la necessità reale di leggere le
SClittC-ÙSCITA, ENTRATA, TIRARE, SPINGERE, QRARl’p, PALESTRA, TOILET
TE ecc. La possibilità che ognuna di queste scritte attivi una rappresentazio
ne mentale e che a questa venga associata, ad esempio,' un'azione conseguen
te (uscita = poter andar fuòri) corrisponde perfettamente a ciò di cui ha
no per fruire, il più a deguatamente possibile, del proprio ambiente
sociale.
Nel caso di Luca, in aggiùnta a queste motivazioni vi è anche quella di
consentire un lavoro all’interno della classe con materiale grafico da decodi
ficare in parte simile a quello utilizzato dai compagni, i
Il programma educativo è stato costruito facendo riferimento al currico
lo per l’insegnamento della lettura funzionale (Cottirii, 2006) e alla valuta
zione delle competenze specifiche deU’allievo. ì
La tabella 10.1 illustra il curricolo con la distinzione 'degli obiettivi genera
li e di quelli specifici. Lucasi è.dimostrato competente sui primi due livelli di
obiettivi generali, manifestando competenze discriminative riferite sia a
sagome e forme geometriche che a sìngole lettere. ì
Il lavoro didattico si è sviluppato sugli obiettivi generali 3 e 4. In partico
lare sono state scritte e ritagliate varie parole funzionali utilizzando gli stessi
caratteri dei titoli dei brani che l’insegnante richiedevajai compagni di legge
re a voce bassa per poi riferirli. I titoli dei brani erano presentati anche in una
diapositiva proiettata dall’insegnante. Le esercitazioni per Luca consistevano
nell’individuare la parola uguale al modello presentato (dall’insegnante in un
gruppo di due, poi tre, poi quattro parole diverse. !
Con il progredire dell’attività la richiesta è stata formulata prevedendo
distrattoti (parole diverse d,aJ campione) sempre più simili alla parola da
associare. j
In seguito si è passati alla presentazione della parola campione per alcuni
secondi soltanto, con la consegna di trovare la parolai corrispondente senza
poter più fare riferimento ai modello. L’insegnante Verbalizzava sempre le
parole, sia a livello di consegna (ad es. “Trova la parolaIalt”) sia nei momen
to in cui rinforzava l’allievo (ad es. “Bravissimo Luca.] Hai trovato la parola
ALT”). ;
A questo punto a Luca è stato chiesto di associare la parola al disegno
che ne illustrava il significato, per essere certi della discriminazione della
stessa non solo dal punto di vista figurale. Le parole alle quali non riusciva
ad associare l’immagine sono state ripresentate in una nuova scheda con il
> ì
j 285
l’autismo a scuola
2. Discriminare lettere 2.1. Presentando una sequenza di lettere uguali e una chiaramente
diversa, su richièsta l’allievo deve indicare la lettera diversa.
2.2. Presentando un insieme di lettere diverse e un modello
campione, ^u richiesta l’allievo deve appaiare (toccare) quella
lettera dell'insieme che è uguale al campione.
2.3. Presentando un insieme di lettere diverse fra loro, l'allievo
deve essere in grado di identificare (toccare) fra queste la lettera
uguale al modello campione visto precedentemente.
2.4. Presentando una serie di lettere, l'allievo deve essere in grado
di ricordare l'ordine di queste. ’
2.5. Presentando una serie di lettere, su’richiestad’allievo^deve
essere in grado di discriminare (toccare) la prima e l'ultima della
serie. |
r (
3. Discriminare parole 3.1. Presentando una sequenza di parole, su richiesta l’allievo deve
ecologicamente identificare (toccare) la parola diversa dalie altre.
funzionali 3.2.Presentando un insieme dì parole diverse e un mddello
campione, Su richiesta l'allievo deve appaiare (toccare) quella
parola presente nell'insieme che è uguale al campione presen
tato. j
286
IO. INSEGNARE ABILITÀ CjjRRICOLARI
4. Generalizzare 4.1. Presentando una parola campione e varie altre paróle, l'allie
la capacità di lettura vo deve identificare la parola uguale al campione anche quando è
funzionale e adottare scritta con caratteri diversi. i
i comportamenti 4.2. Durante uscite 0 attività in ambiente naturale, l'allievo deve
richiesti dalla parola essere in grado dì riconoscere parole funzionali nominandole 0
associando la parola al disegno presenterei proprio libro di illu
strazioni. . . i
4-3- L'alljevo deve essere in grado di assumere comporta menti
pertinenti alla parola quando viene rilevata nell'ambiente consue-
to di vita-[casa, scuola, ambienti familiari).
ti-4. L’allievo deve essere in grado di assumere comportamenti
pertinenti alla parola quando viene rilevata nell'ambiente non
familiare. !
disegno sopra, che poi, con il procedere delle esercitazioni, veniva progres
sivamente attenuato come intensità fino a farlo scomparire (come sì può
osservare nella figura 10.1, è stata utilizzata la strategia del fading fui tratto
del disegno). '
■ Va messo in evidenza ché i compagni dì Luca, che dichiaravano di aver
letto a sufficienza il loto brano e di essere in grado di riferirlo, utilizzavano il
tempo di attesa andando vicino a Luca e sostituendo l’insegnante in alcune
esercitazioni. ’ .
Questo aspetto ha dì fatto introdotto l’obiettivo della generalizzazione,
che si è sviluppata con un primo momento di presentazione delle parole
287
l'autismo a scuola
Figura 10.2. Schermata del software "Il computer insegna" per favorire
il riconoscimento delle parole funzionali anche quando sono scritte
con caratteri e colorì diversi dal campione
scritte con caratteri e colori diversi da quello campione. Per questo tipo di
lavoro è stato creato anche un apposto applicativo utilizzando il software “Il
computer insegna”, di cui si è già parlato nel capitolo 6, Nella figura 10.2 è
riportata una schermata del software, die consente l’esecuzione autonoma
delle esercitazióni da parte dell’allievo, con presentazione di parole modello
. 288
10. INSEGNARE ABILITÀ CURRICOLARI
i
e stimoli distrattoti sempre diversi per carattere e colore. Se l’allievo indivi
dua correttamente la parola richiesta il software! fornisce un feedback di
rinforzo e cambia la schermata, in caso contrario riduce il numero di distrat
toti fino a eliminarli. ;
L’ultima fase di lavoro è stata quella di generalizzare le competenze in
ambiente esterno a quello della classe e di mettere !in atto le azioni richieste
dalle parole funzionali (ad es. alla vista di "alt” fermarsi). Per far questo
sono state organizzate uscite con l’insegnante di sostegno e sono stati girati
dei video con i compagni come protagonisti eh? effettuavano le azioni
connesse alle parole individuate. Quest’ultima strategia, di cui parleremo
anche nel prossimo capitolo, è nota come videomodeling (Bellini, Akullian,
2007; DardemBrunson et al., 2008; Alien stai., zoid) e consiste nell’osserva
re numerose volte il video in modo da riuscire a imitare le azioni presentate.
In questo caso, sono stati utilizzati anche aiuti e dimostrazioni per guidare le
prime esperienze. i
Il risultato di questa attività con Luca è stato molto interessante: nei primi
due mesi di lavoro è riuscito a discriminare 5 parole, che risulta capace di
riconoscere anche in ambiente naturale. Per quanto'riguarda le parole “alt,
spingere, tirare" è anche in grado di associare le azioni corrispondenti.
L’importanza del lavoro, che sta attualmente continuando, è anche legata al
fatto che si è svolto quasi interamente in classe, mentre Ì compagni effettua
vano attività didattiche con contenuti per qualche aspetto simili, anche se,
chiaramente, perseguivano obiettivi totalmente differenti.
1
. i
10.2. La matematica dì Roberta è funzionale: il programma per usare
il denaro *
i 289
l’autismo a scuola
i
3. Attribuire il valore a 3.1. Individuare tra due monete 0 banconote quella che vale di più.
monete e banconote 3.2. Individuare le monete 0 banconotedi'maggiorvalore presen
tandole tutte.
33. Disporrà due monete 0 banconote in ordine crescente.
3.4. Disporre tutte le monete 0 banconote in ordine crescente.
5. Effettuare acquisti 5.1. Effettuare l'acquisto pagando con la cifra giusta, quapdo costi-
senza resto tuita da una sola moneta 0 banconota (ad es. 1 euro, 50 centesimi,
■5 euro ecc.).
5.3. Effettuare t’acquisto pagando con la cifra giusta, quando costi
tuita da più monete 0 banconote uguali (ad es. 3 euro, qo euro
ecc.). '
5.4. Effettuare l'acquisto pagando con la cifra giusta, quando costi
tuita da più di una moneta 0 banconota diverse (ad es. lieuro e 50
centesimi, 6 euro ecc.).
5.4. Acquistare più articoli pagando con la cifra giusta,
6. Effettuare acquisti g.i. Contare te monete e banconote disponibili per valutare se sono
con il resto . sufficienti per effettuare l'acquisto di un articolo.
6.2. Contare le monete e banconote disponibili per valutare se
■ sono sufficienti per effettuare l'acquisto di più articoli. , :
6,3. Effettuare l’acquisto dì un articolo controllando il resto.
6,q. Effettuare l’acquisto di più articoli controllando il resto.
291
l’autismo a scuola
292
10. INSEGNARE ABILITÀ CURRICOLARI
i
i
293
l'autismo à SCUOLA (
i ■ ‘
t
zìone dì condotte prosociali. Di questi aspetti parleremo in maniera più
diffusa nel capitolo 12. • '.
■ ' 1
।
La forte motivazione che sì è determinata consente di sostenere il lavoro .
didattico al tavolo, che gli-irisegnand hanno intenzióne di ampliatèiinche su-..-
idteriori obiettivi del curricolo non considerati in questa primafase, allo -
scopo di rendere Roberta sempre più autonoma. SÌ tenterà di pianificare'
esercitazioni didattiche sul concetto di valore di monete e banconote e qual
che forma iniziale di conteggio.
A breve saranno programmati anche momenti di uscita in negozi vicini, per
fare acquisti in contesti nuovi. A questa attività parteciperà anche la mamma,
che poi tenterà di generalizzate ulteriormente le competenze di Roberta.
294
10. INSEGNARE ABILITÀ CURR1C0LAR!
295
l’autismo a scuola
specifico evocato'dal testo. Sono stati presi in considerazione, per citare alcu
ni esempi, il grado, di parentela, il legno come materiale di arredo, il ricono
scimento delle emozioni.
Sotto ogni immagine, era scritto il significato portante della stessa.
Successivamente, unendo le parole, veniva presentata la frase completa e vi
era lo spazio affinché lo studente potesse scrivere ed essere facilitato nella
memorizzazione di parole e concetti nuovi. Il cavallo di Troia, ad esempio,
è stato spunto per 'elaborare le fasi della lavorazione del legno e per far capi
re che molti oggetti, soprattutto il mobilio, sono costruiti con questo mate-
296
IO, INSEGNARE ABILITÀ CURRJCOLARI
1 297
l'autismo a scuola
298 ’
10. INSEGNARE ABILITÀ CURRICOLAR1
’ ■ - • - 299
l’autismo a scuola
300
10. INSEGNARE ABILITÀ CURRICOLARI
ì
I
! ' -
La verifica sommativi, preparata dai docente .per le attività di sostegno in
base agli argomenti svolti, hk messo in evidenza una buona acquisizione dei
contenuti sviluppati, unita a;riscontri positivi anche per quello che ha riguar
dato l’impegno, la motivazióne e il livello di interazione con i compagni,
I i ■
ì
I
i
302
11. Metodologie di lavoro per allièvi
con sindrome di Asperger
.■ ■ . ’ ' , I
: ■ ■ ■ J ■■ ■ - . ■ ■
■ r
• Come è possibile che sia così bravo su certe cose che lo interessano^ tanto inge
nuo su altre piu concrete e utili per la sua vita? ì
• Lo faccio lavorare sempre sulle sue attività preferite?
* Come posso'colmare'le sue lacune soprattutto in ambito sociale?! .
303
L'ÀUTISMÓ A SCÙO’LA
rare le particolari esigenze di questi allievi così speciali, con tante abilità che,
nella maggioranza delle situazioni, non riescono a trasformarsi in competen
ze funzionali in'grado di favorire un livello elevato di adattamento sociale.
In questo capitolo, a integrazione di quanto già presentato e discusso, illu
striamo una serie di strategie didattiche che hanno dimostrato interessanti
possibilità di facilitazione degli apprendimenti, sia di tipo cognitivo che socia
le e die, pertanto, risultano sicuramente centrali nella prospettiva dell’inclu
sione che stianioì sviluppando. In concreto prendiamo in considerazione:
• le strategie visive e l’uso delle agende figurate e scritte;
“ le modalità per rendere esplicite le regole sociali;
• le strategie di; autoregolazione per facilitare la pianificazione di azioni in
funzione di obiettivi particolari.
. Senza ribadire argomentazioni già affrontate nel corso del lavoro, mi sembra
comunque fondamentale richiamare sinteticamente alcune questioni di
metodo che, pur essendo comuni, almeno in parte, anche ad allievi con livel
li di funzionalità più bassa, assumono in questo caso una valenza del tutto
specifica. In concreto, ritengo che l’approccio educativo con allievi che
presentano sa debba considerare queste esigenze particolari:
• dare stabilità;
• comunicare e’rapportarsi adeguatamente;
• rendere esplicite le regole sociali;
• insegnare lejstrategie di pianificazione e problem solving.
Anche l’allievo con sa, come accade per tutti i bambini che rientrano nello
spettro autistico, ha bisogno di stabilità e prevedibilità, sia nell’ambiente che
nelle attività. ।
304
11. metodologie di lavoro per allievi con sindrome di asperger
I
Di fronte a una situazione percepita come caotica appare quasi una logica
conseguenza che i’individuo ricerchi punti di riferimento chiari e definiti. A
conferma di questa tensione verso la stabilità e prevedibilità, riporto alcuni
resoconti derivati rispettivamente dalle autobiografìe di persone con sa: Jolif-
fe (Joliffe, Lakesdown, Robinson, 1992, p. 15), Gerland (1999, p. 49) e Barron
(Barron, Barron, 1994, p. 21), che appaiono molto significativi al riguardo:
Ho passato gran parte della mia vita da sola nella mia stanza ed ero felice quando
la porta era chiusa e restavo da sola. Mi mettevo, e lo faccio ancora, un grande
lenzuolo scuro sulla testa. Questo desiderio aumenta quando sono con estranei e
in un ambiente non familiare. Farlo mi fa sentire molto più al sicuro. [...] Gli esse
ri umani sono complicati da capire, perché non si deve affrontare solo il problema
di vederli. Si muovono quando meno te l’aspetti, fanno rumori di tutti i generi e,
in più, fanno un sacco di domande sul tuo conto, assolutamente impossibili da
capire. Non appena cominci a pensare che stai capendo come funziona, ecco che
succede qualcosa che cambia tutto.
Non mi piacevano le sorprese, mai. Non volevo essere presa di sorpresa. Se vole
vo avere la possibilità di risolvere una situazione, non dovevo incontrare gli
imprevisti. Potevo essere felice dì ricevere dei regali, jtna non sopportavo di non
sapere in cosa consistessero. Per questo motivo il mio regalo preferito era quel
lo che ricevevo ogni Natale.e che potevo riconoscere facilmente dal pacchetto.
Riconoscevo da lontano il pacchetto quando stava sotto l’albero, la forma non
poteva ingannarmi. Inoltre, dato che il contenuto mijpiaceva, sicuramente quel
regalo stava lì Natale dopo Natale. Era un grande barattolo di ananas. Se avessi
potuto avrei vissuto solo di ananas e ogni Natale ne ricevevo un barattolo intero
tutto per me. '
'4
305
l'autismo a scuola ■
Quando ero molto giovane, ni) ricordo che il linguaggio sembrava non avere
maggiore importanza degli aljtri suoni. Ho cominciato a comprendere qualche
parola isolata quando ho potuto vederle scritte. Il suono delle parole era così confu
so e la gente si aspettava che io comprendessi il linguaggio. Talvolta io so nella
mia testa quali sono le parole, quello che voglio dire, ma finisco per confondere
sempre i nomi di oggetti vicini; come "sandali" e "scarpe”, “coltello" e “forchet
ta", "vestito" e "gonna". Mi è difficile ripetere le parole con suoni similari. Le perso
ne non sembrano affatto rendersi conto che quando parlano ci sono in ogni frase
delle parole’che faccio fatica a comprendere. Ma con un certo sforzo, posso arriva
re a indovinare queste parole, aiutandomi con il contesto della frase.
j i
Questo brano, tratto da una lettera dì una giovane autistica che non si firma
riportato dalla rivista “ Co mimmi cation” (Schopler, Mesibov, i995a), mette
in evidenza le difficoltà fonologiche cui sovente vanno incontro gli individui
con autismo, anche di alto livello.
Le persone con SA, inoltre- tendono a interpretare letteralmente tutto ciò
che dicono gli altri, senza filtrare le parole udite alla luce delle intenzioni
comunicative dell’interlocutore. Gerland (1999, p. 72) descrive in maniera
molto eloquente questa caratteristica che ha portato Uta Frith (1989) a
306
I
11. METODOLOGIE 01 LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME Di ASPERGER
Mamma diceva che la facevo impazzire; il mio rifiuto di mangiare e Ife mie idee la
facevano impazzire. Potevo dire di volere qualcosa e.poi rifiutare di mangiarla. Però
non capivo, lo potevo rispóndere “sì" a una domanda senza pensare a Ile conse
guenze. Le mie risposte erano concrete. "Puoi...?" rispondevo cori un "sì" che
voleva dire "sì, posso...".^Che quel “sì" potesse significare anche ‘/sì, voglio..?’
oppure "sì, devo..?', mi sembrava’strano. Dicendo “sì, posso" intendevo dire quel
lo e nient’altro. Quindi, gli effetti del mìo “sì, posso” alla domanda ‘‘puoi mettere
in ordine la tua stanza?" non erano quelli sperati. Non capivo assolutamente
perché si arrabbiassero tanto; era come se avessi dovuto capire qualcosa che inve
ce non avevo afferrato.
Negli ultimi due anni ho iniziato a rendermi conto di una specie di elettricità che.
passa tra le persone. Ho osservato che quando alcune persone si trovano insieme
e stanno bene, i loro discorsi e le risate seguono un ritmo. Ridono tutti insieme e
poi parlano tranquillamente fino al ciclo successivo di risate, lo ho serppre trovato
molto difficile inserirmi in questo ritmo e in genere finisco per interrompere le
conversazioni senza rendermi conto dell'errore che sto facendo. Il problema è che
non riesco a seguire il ritmo. ;
Va anche considerato che per l’allievo con SA può essere molto difficile dire
precisamente quando qualcuno sta scherzando, specialmente nel momento
307
l’autismo a scuola
■ !
in cui alcuni gesti, come ad esempio sorridere, ruotare gli occhi o alzare le
spalle, possono essere difficili da capire. Ai suoi occhi può sembrare che tutti
attorno sappiano come interpretare le cose e cosa dim quando qualcuno sta
scherzando, mentre lui non riesce a fare altrettanto; a vòlte questo conduce a
grandi malintesi e possibili reazioni comportamentali inadeguate. Esiste
nell’allievo coni sa una particolare debolezza nel percepire e comprendere
informazioni sociali, un’incapacità a coordinare ciò che indicano le espres
sioni facciali, il -linguaggio del corpo, il tono della voce ecc. Spesso sono in
grado di ricordare quello che accade in situazioni osservate o nelle interazio
ni da persona a-persona, ma sono invece incapaci di riconoscere quello che
le persone sentono o perché le stesse reagiscono in un determinato modo.
Per quanto riguarda l’approccio educativo, va sottolineata l’inutilità di
molte posizioni aprioristicamente inflessibili, che gli insegnanti possono
assumere per affermare il proprio ruolo. Gli allievi con sa spesso non
: comprendono, le manifestazioni rigide di autorità e di rabbia e possono essi
stessi diventare rigidi e testardi se affrontati con la forza. II loro comporta
mento può rapidamente degenerare e, se questo succede, è sicuramente
meglio per gli educatori distaccarsi e lasciar raffreddare le cose. E sempre
preferibile, quando possibile, anticipare le situazioni e agire in modo preven
tivo per evitare lo scontro attraverso la calma e la negoziazione, presentando
; scelte alternative o distrazioni.
308
il. METODOLOGIE DI LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME D! ASPERGER
I
I
i
dove applicare le regole, perché il contesto, che è sempre diverso da quello in cui
le ho imparate, mi confonde.
La vita è sconcertante, una confusa interazione fra’ una massa di persone, fatti,
cose e luoghi senza alcun confine; La vita sociale è difficile perché non sembra
seguire uno schema. Quando mi sembra dì aver cominciato a capire un'idea, se le
circostanze cambiano anche solo leggermente, all'improvviso quell'idea non
sembra più seguire lo stesso modello. Mi sembra che disia sempre troppo da impa
rare. Gli autistici si arrabbiano moltissimo perché la frustrazione di non riuscire a
capire correttamente il mondo è terribile. A volte è veramente troppo!
Urlavo ogni volta che la logopedista puntava l’indice verso di me. Avevo paura
perché a casa mi avevano insegnato che non bisognaìmai rivolgere un oggetto a
punta contro qualcuno. Avevo paura che la logopedista mi cavasse un occhio.
i
Che i miei problemi di comunicazione e interazione risultino da mìe scelte, consce
0 inconsce; che se io fallisco è perché non ho vogliaci riuscire; che se riesco è
perché infatti avrei potuto farlo fin dall’inizio, rappresentano idee preconcette che
possono fare molti danni. Ho letto parecchie cose sul modo in cui le teorie psico
dinamiche fanno ricadere la colpa sui genitori e li feriscono attribuendo l'autismo
a delle turbe emotive. Esse non riescono ancora a fare tanto male ai genitori, quan
to ne fanno alla vittima allorquando dicono che un bambino sceglie di diventare
autistico. =
309
l'autismo a SCUOLA j
;L j . ■. ,
Quando si avvicinano all’adolescenza sperimentano spesso, ]5er i motivi
evidenziati,, una tendenzajallo scoraggiamento, al negativismo e, qualche .
volta, alla depressione, come risultato della sempre maggiore consapevolezza
del deficit personale rispetto alle situazioni sociali e delle ripetute esperienze
di fallimento nelTinstamaiìe e/o mantenere rapporti.
Un aspetto importante jjer affrontare queste situazioni è rappresentato sicu
ramente dal coinvolgimento attivo dei compagni nel processo educativo. La
conoscenza del deficit sviluppata in classe, ad esempio, può rappresentare un’ot
tima modalità per comprendere le intenzioni sociali del compagno e soprattut
to per evitare atteggiamenti errati nei confronti di comportamenti che fanno
parte del disturbo: sfuggire al contatto oculare, parlare da solo, mancare di
rispetto agli altri, ripetere parole e frasi, innervosirsi per il rumore, perseverare su
interessi particolari, arrabbiarsi per ogni cambiamento e cosi via. Quando
queste azioni non sono messe adeguatamente In campo, non sono infrequenti,
purtroppo, situazioni di scherno e derisione che possono essere fonte dì ansia e
compromettere ulteriormente le prospettive di interazione sociale.
310 ì .... ■■
I ■ ■ ;
li. METODOLOGIE D! LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME DI ASPERGER
soluzione dei problemi che caratterizza gli individui con SA incide nelle
prestazioni scolastiche, anche quando la motivazione e le abilità cognitive
sono elevate. Williams, (1996, p. 222) ricorda che non riusciva a comprende
re i procedimenti della matematica fino a quando non aveva visto il profes
sore scrivere ogni passaggio alla lavagna: «Se manca anche solo un passaggio
poco importante, il pensiero si interrompe». i
Tali difficoltà, che si manifestano frequentemente anche a;casa e in altri
ambienti, compromettono pesantemente la possibilità di -adattamento
nell’ambiente e richiedono interventi .specifici.peumigllorare.la flessibilità
cogmriva e apprendere specifiche strategie di_problern.solying.l Va tenuto in
considerazione, nell’impostazione dei programmi educativi, che molti allievi
con sa sembrano privilegiare modalità di pensiero visivo e che quindi posso
no trovarsi a disagio con una organizzazione della didattica centrata sulla
tradizionale modalità trasmissiva di tipo verbale. Grandin (1995^ P..148), a
questo proposito, ha chiarito In modo assolutamente preciso questa tenden
za che caratterizza totalmente il suo modo di pensare e rapportarsi ai compi
ti cognitivi:
• i
■I ■ 311
i ■ ' ■ ' i
■ I .
!
. l'autismo a scuòla
312
11. METODOLOGÌE Dì LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME DI ASPERGER
frf1 ÌB8
Ore ii.oo Tutti insieme nella Sto 5 minuti con gli altri
Ricreazione classe poi posso sfogliare lè mie
riviste. ;
Ore 11.30 Maestra Marta ' Non mi devo alzare da! Oggi viene la
Matematica Maestra Paola banco senza chiederlo. supplente di
matematica
Ore 12.30 Maria viene con me. Dare la mano a Maria per
Si torna a casa salire sul pulmino. ,
con i! pulmino
313
(.'AUTISMO a scuola !
1 '
Nella scheda 11.1 è riportata l’agenda settimanale di Filippo, che presenta
appunto queste caratteristiche. Il livello elevato di funzionalità dell’allievo
rende possibile associare immagini e scritte e prevedere anche delle?regole
comportamentali. <
Oltre alle agende e.ai calendari che danno informazioni all’allievo sulle
attività da eseguire e sulle modalità corrette per portarle a termine, le strate
gie visive possono rappresentare un veicolo interessante anche per ottenere
' informazioni.- Molto spesso si incontrano difficoltà ad avere notizie sulla vita
personale dell’allievo, sulle sue esperienze, sulle cose che gradisce particolar
mente ecc. Una metodologia efficace a questo fine è rappresentata dai cpsjfl-
jletti (Hodgdon^ 199 j), utili per insegnare agli allievi a fornire
informazioni su sé stessi e sulle esperienze vissute.,‘Possono rappresentare
anche dei veicoli per stimolare forme di scelta in funzione delTautodetermi-
ì
nazione. v i
i
Figura 11.1. I ponti visivi per aiutare Filippo a raccontare la sua domenica
DoMEfJIC/i ’
3U
11. METODOLOGIE DI LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME DI ASPERGER
i
(I
11.3. Rendere esplicite le regole sociali ‘
* ! M**. b*** >
ì
Insegnare abilità sociali che consentano agli allievi con disturbo autistico di
destreggiarsi adeguatamente nelle situazioni interattive è estremamente
complesso, anche quando gli stessi presentano un elevato livello di funzionali
tà. Si tratta, infatti, di una serie di competenze che nello sviluppo tipico vengo
no apprese in larga parte in maniera intuitiva,..attraverso il co.ihvolgimento
diretto in attività duali. ,q di.gruppo e l’analisi dei feedback e delle gratificazio
ni associate a certi comportamenti.che sf^sumono. Con gli allievi con sa,
invece, non sì può far riferimento al curricolo implicito e le situazioni sociali
vanno adeguatamente progettatelemonirpratg,.al fine di consentire loro di
acquisire delle.abilità dr autogestione,. Presentiamo di'segdìtKtm'modàKtà
didattiche per cercare di rendere al massimo esplicite le regole sociali:
• le storie sociali; ' - - • ■ ’ y/
• le conversazioni con i fumetti; ■
• il quaderno delle regole. ।
Le storie sociali * ;
1
Le storie sociali proposte da Ggag (1998, 2000, 2006) cercano di .portare un
aiuto per comprendere le situazioni sociali, attraverso l'adozione di un
approccio metodologico centrato sulPapprendimento visivo,
In concreto, una storia sociale è una breve storia scritta in un formato
specifico per l’allievo, che descrive una situazione sociale, una persona,
un'abilità, un. eventqo un concerto in termini di guide rilevanti o di risposte
sociali adeguate. Ogni stòria sociale Ka il fine di insegnare agli allievi a gesti-
; ' 315
i ■.
l'autismo a scuoia
316
METODOLOGIE DI LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME DI ASPERGER
11.
'---------------------
Scheda 11.2. Una storia sociale per Filippo: come comportarsi quando
si tagliano le unghie . 1
3X7
l'AUTISMO A SCUOLA j
?
318 ?
11. METODOLOGIE DI LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME DI-ASPERGER
i 1
, 1
// quaderno delie regole । .
Come detto a più riprese, per gli allievi con sa il mondo sociale q per larga
parte imprevedibile; essi inoltre possono avere difficoltà ad applicare nelle
interazioni quotidiane della vita reale la loro comprensione intellettuale del
comportamento sociale appropriato. Non sorprende, quindi, ch'e per loro
possa essere, utile e rassicurante disporre di indicazioni esplicite riguardo alle
aspettative degli altri. !
319
l'autismo a scuola
Mi chiamo Filippo,
frequento la quarta classe della scuola primaria.
fc
Devo fare i lavori che l'insegnante mi affida
320
11, METODOLOGIE DI.LAVORO PER ALLIEVI itON SINDROME DI ASPERGER
321
L'AUTiSMO A SCUOLA !
1
i
deficit a livello delle funzioni esecutive, di fatto, lì priva della struttura inter-.
na necessaria per fi organizzazione, la pianificazione e l’autoregolazione o
perlomeno ne rende problematico il funzionamento.
Per ovviare a questa càrenza sono state proposte varie metodologie di
lavoro educativo. Alcune dì queste fanno riferimento all’utilizzo di agende o
calendari per pianificare le sequenze e le attività. Come abbiamo già sottoli
neato, la strutturazione visiva può facilitare un funzionamento più indipen
dente sotto il profilo dei processi cognitivi superiori, in quanto fornisce una
struttura esterna che può in qualche misura vicariare i deficit di pianificazio
ne autonoma. |
Un altro intervento molto interessante è il videornodelinp (Bellini, Akullian,
2007; Darden-BrunsoneM/., 2008; Alien, Wallace, Renes, 2010), che consiste
nella predis.posizione di filmati nei quali i protagonisti affrontano situazioni
che richiedono una specifica pianificazione, elencando e dimostrando le diver
se azioni necessarie. Gli allievi con sa chiamati a ripetere le azioni risultano
facilitati dalla visione ripetuta dei filmati e dalle.verbalizzazioni,chej.personag.-
gi mettono, in atcq. Molto jutili a livello scolastico risultano essere le situazioni
che vedono ì compagni di|classe fungere da modelli nei video.
Il tentativo di passaggio da una forma di controllo esterno, come quello
che si ha con le agende 0 il videomodeling, a modalità di controllo autonomo
è sempre da stimolare con}allievi ad alta funzionalità e con sa. A questo livel
lo assume una rilevanza denteale la strategia cognitivo-comportamentale di
autoregolazione- Vari studi hanno dimostrato che con questi programmi le
persone con autismo possono effettivamente moni co rare il proprio funzio
namento, riducendo. i comportamenti .indesideraci e aumentando le "abilità
(per una rassegnasi veda Kunce, Mesibov, 1998). I programmi di autorego
lazione possono essere particolarmente utili perjnsegnare ad applicarsi e a
mantenere il comportamento sul compito. Darsi delle autoistruzioni prima
di iniziàrefiTn compito del tipo:' "Ho tutto il. materiale che mi serve?”, “Ho
bisogno di altro?”, può migliorare le abilità di organizzazione e di soluzione
dei problemi. |
Presentiamo ora un percorso sperimentato a suo tempo con allievi affetti
da disabilità intellettiva (Cotxini, 2003a) è riadattato per rispondere alle
esigenze di allievi con sa. jale percorso, finalizzato a favorire fórme di auto
regolazione autonoma, è centrato sulle strategie autoistruzione, automoni
toraggio e atttorinforzamenio. I passi su cui si articola questa procedura meto
dologica sono quelli indicati di seguito.
■ ì
322
11. METODOLOGIE DI LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME DI ASPERGER
i
• Identificare il comportamento desiderato. L’insegnante e l’allievo individua
no congiuntamente il comportamento-meta, che può essere rappresentato
da un comportamento socialmente adeguato da promuovere o da uno
problematico dà contenere. Il comportamento, comunque, deve essere osser
vabile e misurabile. i
• Individuare i rinforzi. L’insegnante aiuta l’allievo a scegliere le gratifica
zioni che egli stesso assocerà al progressivo controllo del proprio comporta
mento. È importante che i rinforzi siano prioritariamente di tipo naturale, ai
quali possono aggiungersi anche altre forme di rinforzo esternò, soprattutto
nei primi periodi di apprendimento. j :
• Definire la modalità di autovalutazione. L’insegnante insieme all’allievo
decidono le procedure grazie alle quali controllare il comportamento.
• Delincare le autoistruzioni. L’insegnante e l’allievo definiscono le autoi
struzioni che dovranno guidare il controllo del comportamento. Queste
possono essere di tipo verbale, scritto o figurato. ■ ■
Insegnare ad autovdlutarsi. L’insegnante guida l’allievo ad automonitora-
re il proprio comportamento attraverso la modalità di raccolta dati decisa e
ad autorinforzare i propri progressi; ' :
• Generalizzare. L’insegnante controlla il percorso messo in atto dall’allie
vo, allo scopo di verificare se lo stesso risulta capace di trasferitele modalità
di autovalutazione e di.autorinforzamento a situazioni di vita reale.
323
Per circa un mese l'insegnante sviluppa un insegnamento sulla modalità di valuta
zione della rabbia controllando alcuni indicatori (“lavoro tranquillamente”, “sudo”,
“mitremano le. rpani", “sento caldo”, “urlo",“colpiscoqualcuno") e collegandoli ai
livelli indicati nel termometro: "Sono calmo", “Sono teso”, “Sono nervoso", "Sono
arrabbiato".
Decidono insieme che quando la valutazione supera il livello di guardia identifica
to con “Sono nervoso" ed entra nella dimensione del pericoloso, Filippo legge ad
alta voce l’autoistruzione scritta sul quaderno delie regole: “Quando sono nervoso
o arrabbiato sospendo l’attività, prendo una mia rivista e comincio a sfogliarla. Non
devo aggredirei miei compagni".
Se riesce a tornale alla calma senza aver aggredito nessuno, Filippo può continua-
; re a fare le sue attività preferite per 15 minuti. Deve comunque segnare su un’appo
sita scheda il numero di episodi di aggressività.
■ Tutte queste prodedure sono scritte in un foglio attaccato sul pannello murale vici
no al suo banco, dove è collocato anche lo schema visivo.
. L’insegnante inizialmente guida e supporta la procedura, con indicazioni verbali e
inviti a leggere le procedure e le autoistruzioni a metterle in pratica; Progressiva
mente riduce il àuo aiuto controllando la capacità di Filippo di mettere in atto le
varie fasi della strategia. Anche gli insegnanti currìcolari e i compagni conoscono il
programma e danno indicazioni a Filippo quando necessario.
324
11. METODOLOGIE Di LAVORO PER ALLIEVI CON SINDROME DI ASPERGER
Quello che è normale per altre persone non è normale per me e quello che io riten
go normale non lo è per gli altri. In un certo senso sono mal equipaggiato per
sopravvivere in questo mondo, come un extraterrestre che si sia perso senza un
manuale per sapere come, orientarsi. Ma la mia personalità è rimasta intatta. La
mia individualità non è danneggiata. Ritrovo un grande valore e significato nella
vita e non desidero essere guarito da me stesso, i
Concedetemi la dignità di ritrovare me stesso nei modi che desidero; riconoscete
che siamo diversi l’uno dall’altro, che il mio modo di essere non è soltanto una
versione guasta del vostro. Interrogatevi sulle vostre convinzioni, definite le vostre
posizioni. Lavorate con me per costruire ponti tra noi: [...] Ciò'di cui ho bisogno è
di un manuale di orientamento per extraterrestri. •
Quarta parola chiave: compagni ;
!
/ ' — -J 1
■ ; r
I
■ i
Pensando al titolo da date :al capitolo che affronta i temi di questa quarta
parola chiave è venuto in mente “Un compagno per amico”, perché sembra
sottolineare due elementi che riteniamo di fondamentale rilevanza.Infatti,
da un Iato enfatizza il ruolo davvero rilevante che ì coetanei debbono rivesti
re nel processo di reale inclusione degli allievi con autismo nella scuola e nel
contesto sociale; dall’altro, rimarca come- questa risorsa abbia bisógno di
essere adeguatamente sollecitata per esprimere tutta la sua potenzialità. In
altre parole, non basta far parte semplicemente della stessa classe (tessere un
compagno di classe), ma è necessario diventare capaci di promuovere
concrete iniziative orientate in ambito assertivo e prosociale (assumere atteg
giamenti da amico).
Per favorire tutto questo gli insegnanti sono chiamati a mettere in campo
specifiche procedure didattiche che concorrano a creare un clima realmente
inclusivo all’interno della classe, nel quale possano concretizzarsi condotte di
rispetto; considerazione positiva e aiuto nei confronti degli altri.
Di queste azioni metodologiche e didattiche si parlerà nel capitolo, facen
do rimarcare come le stesse vengano di fatto ad assumere un ruolo rilevante
non solo per favorire l’integrazione dell’allievo con autismo o con qualsiasi
altra situazione di disabilità, ma anche per educare tutti aU’accettazióne della
diversità come valore, in qualsiasi forma la stessa si manifesti. E con la diver
sità siamo chiamati a fare i conti tutti ogni giorno. I
! 327
j i
12. Un “compagno per amico”:
ovvero il percorso obbligato!
per l’integrazione ;
329
L’AUTISMO A SCUOLA
Per quanto riguarda le procedure didattiche che possono risultare utili per
facilitare l’attivazione della risorsa compagni, riteniamo prioritarie le seguen
ti azioni: ■ {.
* promuovere un clima inclusivo nella classe;.
• favorire la conoscenza del deficit per avvicinare i compagni all'allievo cori -■
autismo; I • -.
* attivare percorsi di aifabejtizzazione emozionale;
J prevedere un approccio {metodologico attento al potenziamento delle
abilità assertive e prosociali,J
a utilizzare strategie didatijiche in grado di’ favorire l’interazione positiva,
come il tucoring e l'apprendimento cooperativo.
I ‘-
Nel capitolo prendiamo inconsiderazione queste metodologie di lavoro
didattico finalizzate a promuovere un reale coinvolgimento dei compagni
nella prospettiva dell’inclusione dell’allievo con autismo. In conclusione
verrà messo in evidenza come questo processo, quando ben pianificato e
condotto, possa risultare utile e profìcuo per tutti gli allievi e non solo per
quelli con bisogni speciali, i
330 . {
t '■ ■
v . .
12, UN “COMPAGNO PER AMICO"; OVVERO IL PERCORSO OBBLIGATO PER U'tWTEGRAZlONE
•_ i ,
i
Come già sottolineato, una delle principali chiavi di successo, del proces
so di integrazione scolastica risiede nello stimolare rapporti di amicizia e
aiuto da parte dei compagni. Su questo aspetto, oltre alla testimonianza
convinta degli insegnanti impegnati quotidianamente, sonò state anche
condotte numerose ricerche. Certamente, come, affermano-Stainback e
Stainback (19.90), i rapporti di amicizia e di sostegno sono estremamente
individuali, flùidi e dinamici, diversi asseconda dell’età e basati/per lo più su
una libera scelta, derivante da preferenze del tutto personali. Tuttavia,
questo non significa che essi non possano essere facilitati e sostenuti da azio
ni messe in atto da insegnanti e genitori e da un clima favorevole all’interno
della classe. !
Andando sul concreto, ritengo che possano essere individuate quattro linee
operative per migliorare il clima inclusivo delle classi e creare le condizioni
per.l’attivazione della risorsa compagni: ;
0 abbassare i livelli di competitività;
• stimolare il senso di appartenenza al gruppo;
’ creare occasioni di vicinanza e di lavoro comune; i
• lavorare direttamente sulle competenze prosociali e sulla valorizzazione
positiva degli altri. . i -
.. "L 331
A."' . ■ i
L’Autismo a scuola^
pienamente parte; una comunità che si prende cura di ciascuno e dove ogni
allievo può dare un contributo apprezzato a favore di compagni in difficoltà.
Un altro aspetto sul quale è possibile lavorare per migliorare il.clima della
classe relativamente all’inclusività è quello di stimolare un reale senso di
appartenenza di tutti gli allievi al gruppo. Festeggiare insieme alcune occa
sioni, non solo quelle classiche come Ì compleanni ma anche più informali,
come un successo-scolastico o sportivo, la riuscita in un determinato compi
to, un aspetto che provoca felicità e soddisfazione in un allievo, .può creare
delle condizioni di reale vicinanza e rafforzare il senso di appartenenza e di
identità dei compónenti del gruppo classe.
Facilitare delie situazioni che possono portare a rafforzare rapporti di vici
nanza e di amicizia fra gli allievi è un’altra linea di lavoro molto interessante.
Questo può avvenire sia a livello scolastico, con stimolazione di esperienze di
apprendimento cooperativo e di tutoring, sia extrascolastico, con l’organiz
zazione di piccoli gruppi che si devono incontrare il pomeriggio per effettua
re dei lavori o anche semplici attività comuni.
332 1 ■
f-, 12. UN “COMPAGNO PER AMICO”: OVVERO IL PERCORSO OBBLIGATO PER L’INTEGRAZIONE
i
!
Prima attività ।
t 1
Gli allievi sono Stati invitati a identificare le azioni che fatino stare male o sfociano
ìn conflitti e a trovare comportamenti alternativi, pensando alla loro esperienza in
classe o nei giochi, ognuno ha scritto su un foglio due ó tre atteggiamenti che lo
infastidiscono senza però indicare chi solitamente lì co'pipie; l’attenzione infatti
doveva essere rivolta al comportamento, non all’autore. Le frasi sono state lette e
si è discusso in aula su questi atteggiamenti e sulle reazioni che provocano, metten
dosi anche nei panni di chi li subisce. Gli allievi hanno pój cercato i comportamen
ti alternativi da adottare per evitare conflitti e dispiaceri. Ecco alcuni esempi di
quanto emerso. t
Comportamenti che fanno star male Prepotenza; non rispettare il materiale altrui;-
prendere in giro; non aiutare i compagni che hanno bisógno, allontanarsi da un
compagno senza motivo; vantarsi di sapere sempre tutto; fare scherzi sciocchi; non
restituire ciò che viene prestato.; parlare male di qualcuno; fare boccacce; fare la
spia; fare dispetti. i
Soluzioni Parlare per chiarire le cose; non reagire con violenza; chiedere scusa; trat
tenersi; aiutare quando si vede il bisogno e non solo quando lo chiede l’insegnante;
dare buoni consigli; fare notare le cose senza offendere; prendersi le proprie respon
sabilità; avere il coraggio di dire "ho sbagliato"; rispettare le regole del gioco.
i
Seconda attività i
gno deve essere disinteressato"; altri più concrete come, ad esempio, "È utile rista
bilire l’amicizia con un regalo"; altri ancora, invece, sono giunti a conclusioni più
impegnative e profonde del tipo ‘^Bisogna avere il coraggio di dire: ho sbagliato!”.
! - ■
Portare in primo piano le diversità costituisce, nel contesto nel quale viviamo,
una condizione assolutamente! imprescindibile dell’educazione al rispetto e
alla convivenza sociale. Anche per quanto riguarda il déficit il discorso non
cambia; nel momento in cui lò stesso diventa oggetto dì studio scientifico,
stimolando la discussione e F approfondimento dei compagni, le paure e le
incertezze diminuiscono e la diversità assume sempre più la valenza di condi
zione presente che non inficia la dignità e l’originalità della persona, anzi le
esalta. La conoscenza ^facilita anche la comprehsiope di quelle che possono
esserMerispostemigliori epìu^afùfalijiffiisognbspedfici-hegKr^llieYL-
La seconda domanda con cui si apre questo capitolo presenta l’atteggia
mento abbastanza ricorrente che assumono molti insegnanti, Ì quali temono
che portare in primo piano la diversità equivalga a stigmatizzare l’allievo. Al
contrario, riteniamo che l’esigenza di Marco, Luca, Filippo, Roberta,
Giuseppe e di tutù gli allievi con bisogni speciali non sia certo quella di evita
re di parlare alla classe della loro condizione anche quando sono presenti,
quanto piuttosto di fare in modo che alla stessa non si associno soltanto
connotazioni che enfatizzano- le carenze. E questo solitamente avviene nel
momento in cui su tali argoménti si stende un velo, anche se sostenuto dalle
migliori intenzioni. |
12. UN "COMPAGNO PER AMICO": OVVERO IL PERCORSO OBBLIGATO PER L’FNTEGRAZIONE
Nella scheda iz.2 è riportata un’attività finalizzata alla conoscenza del deficit
di Luca e del suo sistemarli comunicazione (pecs). | j
i
i : 335
L'AUTiSMÓ a scuola
parlare e non saper neanche fare gestì per comunicare. Si sviluppa una discussio
ne su questo. ;
Viene impostato il lavoro nel modo seguente:
1. ogni bambino creaiun “Quaderno della comunicazione" (si vedano pp. 248-9}:
2. vengono fatte esercitazioni su tutte le fasi;
3. si realizza un cartellone da esporre in aula per avere sempre un riferimento.
A questo punto tutto è pronto per comunicare con Luca attraverso il pecs.
1. Vengono organizzate situazioni di tutoring guidato, in cui ì compagni comuni
cano con Luca assistiti: dall’insegnante di sostegno. La consegna, è: "Se non vi dà
la carta, prendetelo per mano e aiutatelo a farlo prima di assecondare le sue
richieste".
2. SÌ passa poi all'interazione libera, che permette anche dì generalizzare le
competenze di Luca ed evitare rigidità, dato che ogni bambino utilizza il pecs in
modo un po’ diverso. La situazione viene monitorata dall’insegnante di sostegno e
dall’assistente educativa, le quali tengono sempre informati i compagni su quale
fase comunicativa Luca ha raggiunto nel lavoro specifico con loro.
336
12. UN "COMPAGNO PER AMICÒ”: OVVERO IL PERCORSO OBSÙGATO PER t'iNTEG RAZIONE
! 337
l’autismo a scuola
Tutti e cinque i domini di cui sii compone l’intelligenza emotiva, sia quelli di
natura sociale, sia quelli più spiccatamente soggettivi, secondo Goleman
possono essere insegnati ai-bambini» così da metterli nelle migliori condizio
ni per far fruttare qualsiasi tipo' di intelligenza/talento loro abbiano, diven
tando adulti emotivamente intelligenti, capaci di stabilire relazioni positive
con gli altri ed essere costruttóri di una società civile emotivamente più
evoluta. E questo, come si può pen capire, risulta un elemento di grande rile V
vanza anche ai fini della prospettiva inclusiva dei nostri allievi con autismo.
Partendo da questo assunto di educabilità, sono stati proposti vari percor
si per l’educazione dell’intelligenza emotiva, definiti anche d?alfabetizzazio
ne emozionale. Nel contesto ahglosassone il lavoro di. Qoleman ha portato
allo sviluppo e tdlajfiffusiqne nel contesto scolastico dèi Social andEmptip- .
Learning che mira avviluppare negli studenti abilità di varia natu- ..
'. raTcKe includo rióTe• capacità di. riconoscere? es p rimere e gestire - emozioni,
. sviluppare atteggiamenti di cura verso gli altri, prèndère..décisÌonLrésponsa-- ■
bili, stabilire relazionipositive. AH1 interno della scùolaùl SELisi- propone ■
come-un’^imparcatùra.necessSià afiapreyenziorieiliisituazioniproblemadche
e alla promozione del benessere e "del succéss'o’degli studenti (petàpprqfón-'’ : .;
. dimenti si veda Morganti, in jstampa).
In Italia le applicazioni di programmi di-alfabetizzazione .emozionale J-:
■ «rappresentano unarealrà ancora in fase di ricerca e sperimentazione» (Corso;;. ; ?
Menesini, 2009, p. 16), anche se vanno segnalate iniziative di- educazione,’. '
emotiva sviluppate nelle scuoce, prima ha tutte feducàzione razioriale-emoti- <-
va promossa da Di Pietro (1992,1999) stilla scorta dell’approccio di Eilis (1973; . ;
Ellis, Harper, 1975). Al nostri fini mi sembra particolarmente interessante la .
proposta didattica di Fedeli (2006}, denominata, AR^À^ulla base dei quattro ., '
obiettivi principali del suo programma di alfabetizzazione emozionale:
338
12. UN "COMPAGNO PER AMICO”; OVVERO IL PERCORSO OBBLIGATO PER L'INTEGRAZIONE
Obiettivi Azioni ■
339
l’autismo a scuola i . '
Gli insegnanti, che hanno già sviluppato molti lavori sulle fasi precedenti del
programma arca, presentano la situazione sulla quale si concentrerà l'attività.
Mettono in evidenza Che le emozioni non sono situazioni del tipo "tutto 0 nulla", ma
sÌ sviIuppano progressivamente, alimentate sia da fattori esteroi (ad es. una corte- '
sia fatta da un compagno □, al contrario, una provocazione), che interni (un dolore
fisico, la paura di non riuscire ecc.).
Viene consegnato a ogni allievo un_vul.caaa-£m£itivo, chiedendogli di ripensare a
un episodio emotivo-particolarmente intenso legato a una situazione interattiva,
come potrebbe essere unlitìgio,con un compagno. Partendo dalla basqdel vulca
no, ogni allievo deve indicare tutti i fattori (interni ed esterni) che a suo parere
340
12- UH "COMPAGNO PER AMICO": OVVERO !L PERCORSO OBBLIGATO PER L'INTEGRAZIONE
!
hanno contribuito all’escalation emotiva, fino all’eruzione finale. Le produzioni di
ogni allievo, sulle quali si mantiene l’anonimato, vengono collocate in un conte
nitore. ;
Quando tutti gli allievi hanno consegnato il lavoro individuale, si da avvio a una
discussiorjg_d.Lg.i:upRo.su ogni vulcano emotivo, finalizzata a mettere in evidenza i
fattori che hanno portato all' espio s ion e e m otiva e.suognunodiessi, cisiconcen-
tra per individuare modalità di contenimento e di controllo. Si cercano di elabora
re le possibili procedure d j_ autorego/oz/one emoziona ijb, che, ancheseri ferìtea
episodi che hanno coinvolto singoli allievi, possono risultare utili pertugi.
Completato il lavoro, gli insegnanti invitano gli allievi a compilare un nqp.vo vulca-
no emotivo in riferimento a una situazione che ha coinvolto Luca, chiedendo di indi
viduare i fattori che lo hanno portato a comportamenti problematici. Il lavoro si
collega a quanto sviluppato relativamente alla conoscenza del deficit di Luca e la
discussione successiva si concentra su come è possibiie;aiutarlq^per ,evitare che la
condizione emozionale del compagno monti fino a esplòdere.
341
l’autismo a scuola
Definizione ]■ Effetti’
-, ■: . -- ' ■
■ -■ ■■■■■ -ó ■■ ' . .1 ■ A;-’--
Passività Co m porta m e ntodkinù n eia a P ’ ~ - ••■Disistima^penPaltro.-< < ;
raggiungimento di un obiettivo * Senso di colpa 0 di rabbia
e di sottomissione alari ■ Disagio
interlocutore 0 ad.una situazione • AlLQUiattàmenio
342 !
12. UN "COMPAGNO PER AMICO": OVVERO IL PERCORSO OBBLIGATO PER L'INTEGRAZIONE
Obiettivi prosodali perseguiti Saper individuare i corri porta menti prosociali messi
in atto dalle persone, in confronto a quelli neutri e di rifiuto.
Modalità di partecipazione Lavoro individuale e a classe intera.
Attività proposte: commentare e discutere i comportamenti prosodali dei personaggi
dei film GH allievi vengono invitati a guardare il film Rain man e L'ottavo giorno
insieme ai genitori, cercando di evidenziare una serie di comportamenti che i diver
si personaggi hanno hei confronti del protagonista (il fratello, la fidanzata del fratel
lo, gli assistenti in Rain man; la sorella, il cognato, l’amico nell’Ottavo giorno). Tali
344
1 ■ ■ ■ .
: 12.-UN "compagno per amico": ovvero il percorso obbligato per l’integrazione
■ 'ì
345
L’AUTfSMO A SCUOLA
j , 1 ■'
abilità parzialmente acquisite nel momento ih cui le illustrano a un compa
gno, facilitando in questo mot o il processo di consolidamento e quello di
Nella scheda 12.5 che segue si possono leggere alcune note sulla'iftodalità di
conduzione di un’esperienza di tutoring a favore di Roberta, impegnata nel
programma di apprendimento della conoscenza e uso del denaro di cui si è
parlato nel capitolo io. Gli obiettivi perseguiti dagli insegnanti sono quelli dì
consentire un aumento dei tempo di lavoro individualizzato, una generaliz
zazione delle competenze e una promozione di condotte prosociali.
Per Roberta è stato programmato l’insegnamento della conoscenza e uso del dena
ro. Gii insegnanti ritengono che il processo possa essere facilitato dall’aiuto di alcu
ni compagni con funzione di tutor. Il curricolo educativo (iliustrato nel dettaglio
nella tabella 10.2) prevede che, nella prima fase di lavoro, vengano perseguiti obiet
tivi finalizzati alla discriminazione di monete e banconote e all'uso del denaro per
fare acquisti a ricreazione per sé e per alcuni compagni.
Le fasi di applicazione del tutoring sono le seguenti:
1. vengono individuate tre compagne con le quali Roberta interagisce più di
frequente, le quali si dichiarano contente di partecipare al programma;
2. vengono formate le tutor attraverso un affiancamento all’insegnante di soste
gno e al l’assiste nte--edu estiva impegnate nelle fasi di insegnamento;
3. le prime applicazioni del,programma da parte delle compagne avvengono con
la supervisione dei docenti, per poi diventare autonome. La durata degli.interven
ti, nei quali le tutor si alternano, è di circa 15 minuti durante le lezioni di matema
tica. L’attività avviene all'interno della classe, in uno spazio posto in fondo all’aula
che viene usato con Roberta per lavori individualizzati 0 in piccolo gruppo (sono due
banchi avvicinati); t ;
4. Le compagne, sempre a turno, supportano Roberta anche nell'uthizzo della
"Lista delle ordinazioni" durante la ricreazione. La loro presenza atte’nua molto
l’ansia di Roberta, ma di fatto non sostituisce le funzioni che devono essere svolte
dall'allieva. Per valutare insieme l'aiuto che viene fornito neile prime fasi, il tecni
co della scuola applica una telecamera fissa che riprende il corridoio dove, duran
te la-ricreazione, vengono vendute le merende.
&
347
L’AUTJSMO A SCUOLA’;
DeH’evoluzione de! programma viene tenuta informata tutta la classe, in modo che
anche gli altri compagni possano essere di aiuto in maniera più informale. Dopo
due mesi si prevede di ampliare e progressivamente sostituire ì tutor. L’obiettivo che
si vuole perseguire .nel tempo è anche quello della generalizzazione dell'abilità
nei contesti extrascplastici, sempre con l'ausilio e il supporto anche dei compagni.
:3tj8
12. UN “COMPAGNO PER AMICO”: OVVERO IL PERCORSO ÒBSLIGATQ PER l'ìNTEGRAZlOMt
349
L'AUTISMO A SCUOIA
i ■ , ■ ...
!
i
I
13- Conclusioni
Il lavorò si era aperto con lina serie di quesiti relativi alla possibilità di pensa
re a forme di integrazione scolastica per allievi tanto particolari cóme quelli.
affetti da autismo. 1 ■
Il lungo percorso sviluppato pensiamo abbia confermato questa prospet
tiva, individuando delle linee d'azione in grado di rendere l’esperienza scola
stica un’opportunità straordinaria per questi allievi. t
Certàmente-ii progetto inclusivo riveste grande complessità è richiede
un’alleanza significativa fra tutti gli attori chiamati a intervenire: non solo il
personale educativo, ma anche le famiglie, i servizi specialistici, gli enti loca
li, le associazioni.
Dal punto dì vista metodologico sono state individuate quattro linee di
lavoro,.identifìcateìcon'altrettante parole chiave, che riguardano là necessità
di pianificare congiuntamente il progetto, di organizzare l’ambiente per
rispondere alle caratteristiche molto speciali degli allievi, di far riferimento a
metodologie didattiche affinate e .sperimentate, di considerare e sfruttare la
risorsa rappresentata dai compagni di classe. Nei vari capitoli sono state
presentate numerose esemplificazioni di azioni didattiche riferite'a'cinque
allievi con autismo: Marco, Luca, Filippo, Roberta e Giuseppe. Lai riflessio
ne sulla loro situazione-ci ha consentito di mettere in evidenza modelli di
lavoro sviluppabili in tutti: i contesti, dalla scuola dell’infanzia'fino alla
secondaria di secondò grado è .con livelli di funzionalità differenti,- dal defi
cit molto consistente alla sindrome di Asperger. ì
La dimensione che emerge è quella del difficile, ma possibile, Perché il
possibile non rimanga sporadico, ma divenga prassi consolidata e generaliz-
L'AUTISMO a SCUOLA i
zatà è necessario fare i conti con le idee che gli insegnanti hanno sull’integra
zione degli allievi c$n autismo nella scuola di tutti; alcune sono perdenti e
certamente non ci aiutano, altre invece sono vincenti (TAB. 13.1).
La speranza è che la lettura di questo lavoro possa contribuire a spostare
alcune convinzioni negative verso la dimensione del possibile. Se così fosse,
potremmo dire di aver fatto davvero un passo avanti importante per la quali
tà dell’integrazione scolastica dei nostri allievi con autismo e, più in genera
le, per la qualità stessa dell’intera istituzione scolastica.
352
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