Sei sulla pagina 1di 2

IDEE DI PENSIERO

Da sempre l’uomo di interroga sul perché della peste, e nella letteratura molti hanno espresso la propria
opinione.

Omero nell’’ Iliade narra della peste degli Achei come giusta punizione di Dio per le malefatte dell’uomo,
una punizione. La morte è il male più grande, ma comunque l’unico destino certo di ognuno, come il
riscatto della vita, e deve essere celebrato, come fecero gli Achei attraverso i banchetti funebri.

Lucrezio nel De Rerum Natura esprime invece il concetto di natura difettosa, piena di non sensi e di
mancate spiegazioni razionali degli eventi, e la peste è la migliore spiegazione di questo concetto.

La Genesi, fonda le proprie espressioni sulla religiosità come Omero, e afferma che l’uomo, deve accettare i
mali tra cui la peste in quanto detiene il male, il peccato originale e deve espiarlo nel percorso della vita,
tutti pagano per tutti, per una sorta di liberazione dal male precostituito.

Anassimandro invece afferma che l’uomo, come tale, rappresentante di apertura e infinito, comprende i
suoi limiti, ossia il non essere e dunque la morte.

Sileno afferma beato chi muore giovane, infatti il tempo è l’unita di misura che stabilisce il prezzo del conto
che la vita pone, in base a come e quanto si è vissuti tanto si paga, infatti il Re Edipo afferma di essere egli
stesso la peste, proprio per esprimere il fatto che l’uomo stesso è il male e questo viene accresciuto
vivendo.

Manzoni nella storia della colonna infame afferma invece che la peste non è solo natura e fisico, ma prima
di tutto malattia dell’animo, menzogna e colpa. Per il poeta scrivere della peste è un’esigenza da cristiano,
egli non mette in dubbio che la peste sia un’arma dell’ira divina, ma vuole comunque cercarne le cause
naturali. Egli non visse la peste in prima persona giudicandone gli avvenimenti 200 anni dopo, affidandosi
all’oggettività storica, che gli resero il delirio delle masse incapaci di affrontare la realtà

Leopardi torna a concepire la peste attraverso la natura, egli torna a parlare della peste a Napoli non come
colpa, ma come fatalità. La peste è un castigo che si sconta solo per essere nati. Tutto è male per il poeta.
Ne lo Zibaldone egli avvolto dal celebre pessimismo definisce il male di cui la peste è insita nella natura e
nell’esistenza. La malattia del poeta è intesa come male comune a tutta l’umanità proprio come la peste,
che svela all’uomo la sua precarietà di cui l’uomo non accetta l’esistenza.

Boccaccio si esprime sulla peste tramite il Decameron. Da un lato chi crede nel divino e nelle gerarchie
ecclesiastiche, dall’altro che arriva fino all’eresia. Nell’introduzione Boccaccio dice che la peste è causata o
da uno sfavore delle stelle o dalla giusta ira di Dio verso gli uomini. L’epidemia è una grande tragedia
collettiva attraverso la quale vengono a mancare ogni regola del vivere sociale. La peste per Boccaccio è
una sciagura collettiva, egli sottolinea che la perdita della moralità si manifesta attraverso l’ignoranza che
porta la gente a rivolgersi a maghi e indovini. La brigata del Decameron tenta un’ascesa verso la ricerca di
una nuova identità.

Petrarca fa della peste un contesto personale, che non si sofferma su una sciagura o su una punizione
divina, egli ha una visione del singolo e non della comunità, bensì ciò che egli dice è universale perché tutti
provano la sua stessa straziante emozione nella perdita delle persone care. Attraverso il Canzoniere l’autore
racconta l’epidemia attraverso la morte dei suoi cari, principalmente di Laura e di Giovanni Colonna, per cui
lavorava. Il poeta si sente inermi rispetto al destino e alla morte che tutto spazza via e che lascia sentimenti
di dolore per la morte di chi si amava, e la letizia della vita di Laura.

La peste viene anche vista con una questione metafisica, un flagello che sovverte ogni ordine etico e civile,
la malattia uccide il fisico ma anche ciò che di civile c’è nell’uomo. La malattia mortale che giunge
all’improvviso, dice Givone che è male dell’uomo non della natura. Inoltre lo sconforto causato dalla peste
lascia un alone che ammala l’animo che tende a colpevolizzarsi e punirsi, come gli uomini che tra nel Basso
medioevo erano convinti di vivere in una realtà negativa e durissima, un topos che gli conduceva verso il
castigo e la condanna di sé stessi. La peste, assieme alla religione e alla violenza erano le entità che
maggiormente esercitavano pressione sugli animi, inoltre tutte le calamità che si abbatterono in quegli anni
sui cristiani non erano altro che il frutto delle malefatte dell’uomo che Dio puniva.

STORIA DELLA PESTE

La peste ha una storia molto antica, è una malattia infettiva batterica trasmessa dal Yersinia pestis, batterio
ospitato dalle pulci dei ratti, dei roditori, degli scoiattoli e dei cani di prateria. Normalmente l’infezione si
ferma a queste specie, quando però causa la morte di troppi animali, cerca nuove prede, tra cui l’uomo. Il
principale veicolo di infezione fu il topo comune assieme alla scarsa igiene. Nel 19 secolo di scoprì
l’esistenza di tre tipi di malattia, quella bubbonica, quella polmonare e quella setticemica. Il contagio fu
facilitato dalle condizioni precarie di larghe fette di popolazione, ciò quindi avviene da sempre, infatti già gli
egizi parlano di epidemie, tra cui quella degli Ittiti. Poi nella Bibbia si racconta che Dio mandò una pestilenza
ai Filistei per aver rubato l’arca dell’alleanza. Non si ha la certezza che queste infezioni sino legate però alo
Yersinia pestis. Il primo storico a descrivere in maniera dettagliata il morbo, fu Tucidide, egli racconta che la
peste sia partita dell’Etiopia, passata per la Persia e l’Egitto per poi giungere nel Peloponneso in Grecia, ma
gli storici moderni non trovano che si tratti di una peste, bensì di un virus influenzale, non si può dunque
parlare con certezza di peste fino a quella “di Giustiniano” 6 secolo dopo cristo, che devastò il
mediterraneo. Inoltre è importate ricordare la grande peste del 1350, che flagellò il mediterraneo, fino alla
Russia, che nel giro di 5 anni uccide un quarto della popolazione, e fu causata dalla follia di porre dei soldati
morti come mura della città, catapultandoli nel mare di Caffa, i marinai che scapparono dalla città infetta
portarono il morbo nel resto dell’Europa, affliggendola per 3 secoli.

Potrebbero piacerti anche