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Lo stadio è uno dei posti in cui ogni sportivo desidererebbe recarsi almeno una volta nella sua vita.

Lo
stadio non è solo la struttura in sé, che ad oggi acquisisce diverse forme grazie alle tecnologie attuali
differenziando uno stadio da un altro, ma è anche una grande comunità. A volte lo stadio viene visto come
un luogo importante solo per lo scopo secondo il quale nasce, ovvero per uno sport. Invece, all’interno
dello stadio si incontrano tante persone unite, o che almeno dovrebbero esserlo, da una cosa in comune,
cioè la passione. Lo stadio, però, sa essere non solo l’incontro e l’ottenimento di tante, anzi, tantissime cose
positive come i rapporti sociali o la condivisione, ma sa anche essere scenario di violenze e discriminazioni.

Nonostante ciò, io stesso, grande appassionato di calcio, preferisco sorvolare sugli stereotipi e parlare delle
mie esperienze personali. Ho visti diversi stadi importanti, anche se purtroppo visitandone solo l’esterno,
partendo dall’Italia fino alla Spagna e alla Francia: ho visto lo stadio San Nicola di Bari più e più volte, e
aumenta sempre il desiderio di poter vedere una promozione della squadra barese in Serie A per poter
assistere ad una partita contro la mia squadra del cuore; ho avuto l’opportunità di osservare da una zona
sopraelevata della città di Marsiglia lo Stadio Vélodrome, che ospita la squadra dell’Olympique de
Marseille; infine, non ultimo per importanza, ho avuto la grande occasione di visitare l’esterno di uno degli
stadi più famosi al mondo, il Camp Nou di Barcellona.

La mia esperienza, però, non si basa solo sull’esterno di uno stadio, ma anche sull’interno in particolar
modo di uno: lo stadio Olimpico di Roma. All’esterno sembra molto più piccolo dell’interno, ed essendo
colmo, all’interno sembrava ancora più grande. La chance di entrare in uno degli stadi più importanti
d’Italia non fu dovuta ad una partita calcistica, ma ad un evento musicale, a cui assistetti a 12 anni. Ricordo
molto bene come i suoni si distinguessero bene anche sugli spalti più elevati, e soprattutto in quella
situazione, come le voci potessero sovrapporsi e diventare una sola.

Purtroppo, nonostante le diverse volte in cui ho visitato il capoluogo lombardo, non sono mai riuscito a
vedere lo stadio Meazza, conosciuto come San Siro, in particolar modo per la sua collocazione nella
periferia milanese.

Il più importante impianto sportivo di Milano è noto a tutti i milanesi come Stadio di San Siro. Questo nome
deriva da una antica chiesetta, poi incorporata in una successiva villa padronale, che si trovava non distante
all’abitato della frazione di Lampugnano ed ai margini dell’antico comune di Trenno, comune che fu
accorpato all’interno del Comune di Milano con decorrenza dal 1 gennaio 1924 nell’ambito dell’
allargamento del comune principale col territorio di una serie comuni minori limitrofi nell’ambito del
progetto mussoliniano della Grande Milano.

Anche se per i milanesi il nome del loro stadio è e resta San Siro, oggi il suo nome ufficiale è Stadio
Giuseppe Meazza, per ricordare forse la più grande figura di sportivo milanese purosangue di sempre, che
giocò gran parte della sua carriera nell’allora Ambrosiana (il nome imposto dal regime all’Internazionale),
ma anche due stagioni nel Milano (nome italianizzato del Milan) ed una nella Juventus, ed il cui nome è
legato ai successi mondiali della nazionale di Vittorio Pozzo negli anni ’30 del XX secolo. A questo grande
atleta è stato dedicato il 3 marzo 1980 lo stadio in cui egli giocò nei derby di casa rossonera e nelle due
stagioni in cui giocò con il Milan.

La costruzione fu realizzata in un tempo oggi incredibilmente rapido per un opera pubblica: solo 13 mesi e
mezzo fra la posa della prima pietra (1 agosto 1925) e l’inaugurazione, che ebbe luogo il 19 settembre 1926
con l’incontro fra le due squadre più importanti del calcio meneghino: quel derby amichevole si concluse
con un rotondo 6-3 dell’Inter sul Milan. In poco più di un anno, fu eretto un impianto capace di ospitare ben
35.000 spettatori. Dall’origine e fino quasi alla fine degli anni ’40 del XX secolo lo stadio di San Siro fu
utilizzato esclusivamente per le partite casalinghe del F.C. Milan (poi, dal 1936 A.S. Milan, dal 1939 A.C.
Milano ed infine A.C. Milan dopo la Liberazione). L’Inter (rectius Internazionale, poi Ambrosiana, poi
Ambrosiana-Inter ed infine ancora Internazionale) in quel periodo giocava all’Arena Civica di Milano al
Parco Sempione, opera dell’architetto neoclassico Luigi Canonica, un complesso monumentale adattato ad
impianto sportivo polifunzionale inaugurato il 18 agosto 1807 (dal 2002 l’Arena Civica è stata intitolata a
Gianni Brera) in pieno centro di Milano, idoneo ad ospitare incontri di calcio e attività di atletica.

Attualmente lo stadio è costituito da 3 anelli. Ogni anello è diviso in 4 zone di diverso colore (colore dei
seggiolini): arancione e rosso per i rettilinei, verde e blu per le curve. Unica eccezione è il terzo anello
(quello più alto) nel quale manca il rettilineo arancione. La capienza dei 3 anelli è la seguente: 1° anello
28.124 posti, 2° anello 32.412posti, 3° anello 19.529 posti per un totale di 80.065 posti.

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