Ho scelto di esplorare questo argomento perché il tema dell’immortalità dell’anima è uno
dei problemi filosofici per eccellenza che non ha soluzioni dimostrabili. Io penso che ognuno di noi possa decidere quale teoria condividere. Nella storia del pensiero occidentale, le filosofie dualistiche, che considerano cioè l’anima e il corpo due entità separate, talmente che si può ipotizzare la sopravvivenza dell’anima alla morte del corpo. Questa concezione è addirittura anteriore alla filosofia propriamente intesa, affondando le sue radici nella mitologia greca, in particolare nella tradizione dionisiaca. Secondo la mitologia, Dioniso nacque dalla relazione tra Giove e Semele, figlia del re di Tebe, Cadmo. Era, la moglie di Giove, provocò con un espediente la morte di Semele. Allora Giove salvò il figlio concepito da Semele e se lo cucì all’interno di una coscia per completare la gestazione. Secondo la versione orfica del mito, Era inviò in seguito contro il piccolo Dioniso i Titani, che lo sorpresero mentre giocava in una grotta, lo sbranarono e si cibano del suo corpo. Giove, accortosi dell’accaduto, incenerì i Titani, riportando in vita Dioniso. Dalle ceneri dei Titani nacquero gli uomini, che hanno in sé la scintilla divina (l’anima) e la natura animalesca dei Titani (il corpo). L’anima, come il dio, è immortale, ed è nel corpo come in una prigione, dalla quale si libera durante la vita terrena con la purificazione e, infine, con la morte del corpo. La tradizione orfico-dionisiaca influenza il pensiero di Pitagora e, più tardi, di Platone, che ne ripropone i motivi di fondo. Pitagora riprende quindi la tradizione orfico-dionisiaca, affermando che l’anima può liberarsi dalla prigione del corpo durante la vita terrena con la purificazione e, infine, con la morte del corpo stesso. Se non è completamente purificata l’anima però torna ad incarnarsi nel corpo di un essere tanto più elevato quanto si è purificata nella vita precedente. Democrito afferma un rigido monismo: tutto per lui è materiale, anche l’anima, che è composta da atomi particolarmente sottili, in grado di compenetrare tutto il corpo. La psychè (che costituisce l’uomo insieme al corpo) presiede quindi anche alla sensazione, oltre che al ragionamento, e perciò essa è ovunque si estendano gli organi di senso. Essendo materiale, alla morte del corpo si dissolve e cessa di esistere come anima individuale, mentre i suoi atomi, come tutti gli altri, andranno a costruire altri esseri. I sofisti, invece, considerano il problema dell’immortalità o meno dell’anima uno di quelli che non è possibile conoscere e quindi si dichiarano agnostici. Essi affermano che possiamo conoscere soltanto i fenomeni e l’anima non può essere né osservata né percepita con i sensi, quindi non possiamo sapere neppure se esista o meno. Socrate condivide in parte con i sofisti secondo i quali non possiamo conoscere ciò che va al di là dei nostri sensi, afferma pero l’immortalità dell’anima come esigenza morale e come dimensione spirituale dell’individuo contrapposta al corpo e alle passioni. Platone è il primo sostenitore di una posizione dualistica tra anima e corpo, essi sono due sostanze distinte, indipendenti. In particolare, l’anima è immortale e non solo continua a vivere dopo la morte del corpo, ma è esistita anche prima del corpo al quale è stata incatenata. L’anima è il centro della vita intellettiva ed etica dell’uomo, è l’essenza dell’uomo ed è concepita come immateriale. Aristotele, al contrario, rifiuta il dualismo platonico: pur concentrandosi sul significato di anima come vita, ritiene che essa non possa essere separata dal corpo, ma anzi identifica l’anima con capacità specifiche del corpo, cioè con quelle capacità che consentono all’organismo di vivere. In questo senso non ci può essere distinzione, se non a livello filosofico, tra anima e corpo. Io ritengo che l’anima vada a pari passo con il corpo, proprio come afferma Aristotele. Concordo anche con il pensiero dei sofisti, ovvero che non è possibile conoscere, il problema dell’immortalità dell’anima in quanto non può essere né osservata e né percepita con i sensi.