Sei sulla pagina 1di 7

3.12.

21

L’isola di Pasqua:

L'Isola di Pasqua è situata sulla dorsale pacifica dalla quale prende origine. La costa si
inabissa quindi rapidamente nei dintorni dell'isola fino a profondità che possono
raggiungere i tremila metri. A causa delle sue origini vulcaniche l'isola si è formata su
una base basaltica tipica per le dorsali oceaniche e non vanta quindi molte spiagge,
perciò, per la maggior parte, è distinta da ripide scogliere.
I moai sono statue che si trovano sull'Isola di Pasqua. Nella maggior parte dei casi si
tratta di statue monolitiche, cioè ricavate e scavate da un unico blocco di tufo
vulcanico.

Raffigurazioni scolpite sia all'interno delle


grotte (considerate, in passato, luoghi di
culto) sia sulle 22 tavolette di legno
(ritrovate tra il 1722 ed il 1868). Si tratta di una scrittura simile
ai geroglifici riproducenti migliaia di simboli. In Pakistan,
nell'antica città di Mohenjodaro sono state ritrovate scritture
pressoché identiche ai “Rongorongo”.

La scrittura Rongorongo, il culto dell'uomo uccello, le cerimonie funebri, i ritrovamenti del muro preincaico
e ... non solo, presentano elementi in comune con la civiltà egizia, celtica, araba e mediorientale.
Altrettanto interessanti sono i petroglifici, immagini scolpite sulla roccia, rappresentanti l'uovo della fertilità
e l'uomo uccello. Il Tapati, la gara che si svolge ogni anno nell'isola, ricalca gli antichi culti pasquensi che
risalirebbero ad epoche anteriori al 1500 d.C.

è situata sulla dorsale pacifica dalla quale prende origine, è dunque un’isola di origine vulcanica, popolata
da un gruppo umano di origini sconosciute che ha caratterizzato con la propria cultura e rappresentazione
questa isola. Innanzitutto, con le grandi statue di roccia di origine vulcanica si da dei guardiani all’isola.
Rappresentazioni della popolazione che ha colonizzato questo territorio nell’oceano Pacifico, che ha
permesso di trasformare l’isola deserta in una porzione di terra abitata. È stata individuata anche una
scrittura, definita Rongorongo, molto simile ai geroglifici ritrovati all’interno di una città pakistana. Questo
può portarci a ipotizzare di un gruppo umano che ha dovuto abbandonare il proprio territorio decidendo di
intraprendere la via del mare. Non si sa niente di come ci siano arrivati effettivamente, ci sono state
variazioni climatiche sul pianeta, hanno sicuramente usato un periodo caldo, in modo da rendere più
semplice lo spostamento sulle imbarcazioni. Altre caratteristiche delle popolazioni e del territorio è il culto
dell’uomo uccello (uomo che arriva da lontano volando  ipotesi degli extraterrestri), incisioni su scogliere
a strapiombo sul mare con riferimenti culturali e una serie di elementi comuni con le culture celtiche, egizie
e mediorientali. Non è quindi così facile capire quale è stato l’itinerario della popolazione che ha seguito
per arrivare fin lì.

Le incisioni rupestri:

costituiscono i primi documenti che ci informano della Necessità degli esseri umani di: (A) Delimitare lo
spazio (B) Rappresentare il loro spazio di vita
Tavolette d’argilla Della Mesopotamia  La Mesopotamia era una regione povera di materiali, i suoi
abitanti hanno utilizzato l’argilla per le loro incisioni ma anche per la scrittura.

In età preistorica avevamo incisioni rupestri, nate come necessità di inventarsi un modo per rappresentare
il proprio territorio, per poterlo definire e difendere. I materiali usati dipendevano dalla disponibilità del
territorio, in Mesopotamia avevamo le tavole di argilla, nei tempi lontani gli uomini si sono inventati la
rappresentazione del mondo in base alle loro culture (eschimesi e il bastone, mondo dei polinesiani che
ricorda il paradiso di dante).

Le carte mentali e cognitive:

Le rappresentazioni sono delle rappresentazioni mentali successivamente incise e disegnate su vari


materiali in modo da poterli rendere perenni e condividere con gli altri esseri umani. Nel momento in cui
cerchiamo di rappresentare il territorio, o uno spazio geografico in generale, spesso disegniamo, come
hanno fatto i gruppi umani preistorici. Disegniamo spontaneamente o rispondiamo a delle richieste
(rappresentare il lontano o il vicino  conoscenze concettuali ed empiriche) per ottenere una carta
spontanea si chiede ad una persona di disegnare a memoria sia su un foglio bianco, sia su una base
cartografica, in cui inserire tutta una serie di informazioni. L’area può essere conosciuta direttamente
(perché fa parte della quotidianità), o concettualmente (continente in cui si vive o paese in cui si vorrebbe
andare e che non ci simo ancora stati).

Quando si chiede di disegnare un territorio, otteniamo la carta/mappa cognitiva, conosciuta in geografia


come mappa mentale (cattiva traduzione dall’inglese). È una delle tecniche proiettive più usate in geografia,
diffusa con la geografia della percezione che ha preso piede negli anni 70, in cui si chiedeva alle persone di
rappresentare ciò che percepivano, passando dalla percezione mentale alla rappresentazione su carta. A
partire da questo decennio, la mappa mentale è diventata uno strumento molto usato nelle indagini su
campo per motivazioni diverse, nel campo educativo inerenti alla geografia o al territorio.

Permette di proporre degli interventi di miglioramento del territorio, prima che si parlasse di
partecipazione, si potevano fare indagini nel quartiere per chiedere agli abitanti di indicare dove erano i
problemi e come avrebbero voluto che fosse, con possibilità di diventare degli strumenti importanti nella
gestione e nella progettazione del territorio, dando così la possibilità ai cittadini di essere i protagonisti.

Le informazioni all’interno del disegno possono essere estremamente importanti per ciò che comunica con
la sua rappresentazione: bambino che disegna sempre semaforo rosso, si è scoperto un problema.

Carte mute = basi cartografiche in cui ci si può fare tante domande e scoprire il livello di conoscenza
dell’Europa da parte delle persone
riguardo i paesi rappresentati.

 Carta di base dell’America per


rappresentare riflessioni e
informazioni che si hanno, capire
cosa succede nelle aree
rappresentate. L’insieme delle
informazioni, date da specialisti o
da persone con interessi dal punto
di vista professionale, fanno
riflettere su alcune cose: come, ad
esempio, le aree e gli spostamenti
più importante che si creano.
Reno dalla svizzera ai paesi bassi: area importante, alla base
della megalopoli europea, si possono rappresentare le regioni
più industriali, le megalopoli, regioni minerarie e carbonifere,
aree che si sono sviluppate con
alta tecnologia. Possiamo
rappresentare queste cose per
farle notare e fare riflessioni. Le
funzioni europee nello spazio
renano, serie di capitali
europee ricomprese all’interno
dell’area ci danno delle
informazioni, e fanno inserire
altre informazioni di
conseguenza: aree di
importanza marittima, vie di comunicazioni rapide dell’area (alta velocità ferroviaria).

Interessante come da superficie rappresentata da disegni di persone, varia in funzione dell’età della
condizione sociale, della disoccupazione, diventando man mano che si cambia professione e si aggiunge
persone, la città, l’area della carta aumenta.

Carta di sintesi, basata dalle informazioni raccolte dalle carte mentali.

Rappresentazioni immaginarie, centrate sulla creatività, inventata da


geografo che lavora sulla distribuzione delle principali città europee
nello spazio dell’Europa occidentale

La toponomastica:

La lettura della toponomastica di una carta che rappresenti una parte qualsiasi dell’Italia è solo in
apparenza un’operazione sincronica. I toponimi che si trovano sullo stesso piano l’uno accanto all’altro
hanno in molti casi origini diverse per profondità cronologica e appartenenza culturale: vanno quindi
interpretati secondo una lettura stratigrafica che individui l’epoca storica, la società e l’etnia che li ha fissati.
Nel caso dell’Italia si tratta di un’operazione resa complessa da quasi tre millenni di storia e spesso i
toponimi rappresentano l’unica testimonianza ancora visibile di etnie e culture ormai cancellate dal tempo.
Le testimonianze più remote sono quelle che appartengono ai sostrati precedenti alla diffusione del latino.
Vi sono cospicui resti preromani in Sardegna, la cui
colonizzazione da parte di Roma cominciò nel 238 a. C.,
ma incontrò notevoli resistenze nell’interno dell’isola, nel
Logudoro e in particolare nella Barbagia.

La carta presenta i comuni che circondano il capoluogo


Nùoro: di questi solo un terzo (Anela, Benetutti, Bono,
Bultei, Mamoiada, Orani) hanno un’origine latina più o
meno trasparente, mentre i due terzi (Nùoro, Bitti, Gavoi,
Lula, Oliena, Olzai, Oniferi, Orgosolo, Orotelli, Orune,
Osidda, Ottana, Sarule),
restano privi di spiegazione etimologica e vengono assegnati al sostrato “paleo sardo”.

Nella carta sono messi in evidenza gli idronimi della valle dell’Arno, più precisamente degli affluenti di
sinistra, che continuano le forme ricevute nella preistoria. Qui è
avvenuta la sovrapposizione fra lo strato «tirrenico», affine all’etrusco, e
lo strato indoeuropeo, affine al latino, al punto che in diversi casi resta
difficile assegnare l’idronimo all’uno o all’altro strato. Così «Greve» è
assegnabile al primo col significato di «letto ghiaioso» e «Chiana» si
confronta col nome personale etrusco Clanes, mentre «Arno» è
riconducibile all’indoeuropeo *arnos acqua corrente e «Pesa» al lat.
pensa, ovvero «(acqua) pendente». Ma per «Ambra», «Egola», «Elsa»,
«Era» resta l’incertezza: da un lato si confrontano coi personali etruschi
Amre, Helvula, Helza, Heria e dall’altro colle radici indoeuropee
ricorrenti negli idronimi *emr- , *elbh-, *el-, *eis-.

Riferimento alle culture etrusche, strato etrusco, indoeuropeo e strato


latino. Andando verso i comuni di capolona troviamo ruderi di origine longobarda, ci sono anche resti di
origini etrusche in un area in cui c’è una terra particolare che permetteva la creazione di terracotte e
ceramiche usate in periodo etrusco.

In questo contesto territoriale è testimoniata la


colonizzazione celtica, rappresentata dai Galli, che nel
corso dei sec. V e IV a. C. muovono dalle Alpi occidentali
e giungono all’Adriatico sovrapponendosi a Liguri ed
Etruschi.
Ancora oggi le principali località del Piemonte portano
un nome di origine gallica: «Susa» da Segusium (da
sego- forte), «Torino» da Taurini, (nome di una tribù),
«Ivrea» da Eporedia (da epo- cavallo), «Biella» da
Bugella e «Vercelli» da Vercellae (composti con cella
luogo abitato); a questi va aggiunto l’antico nome di «Casale Monferrato», che era Bodincomagus,
composto di -mago campo e Bodincus, nome celto-ligure del Po.

Nellare di torino c’e evidenza della dominazione celtica, serie di altri toponimi che ci indicano le
dominazioni successive. In origine c’erano i liguri (parte meridionale del piemonte), i celitici cambiorono la
situazione. In questa area non si parla dei saraceni (invasione araba). Torri dei saraceniper lungo tempo ci
sono state invasioni e successioni importanti che hanno lasciato segni visibili all’interno del territorio.

Il percorso della Via Emilia, costruita dal console M. Emilio


Lepido nel 187 a. C., illustra bene la razionalizzazione dello spazio
antropico realizzata dai Romani: su un percorso rettilineo si
alternano colonie dai nomi bene auguranti e mercati (fori) a
regolare distanza e sono inseriti i precedenti insediamenti etruschi
e gallici. Colonizzazione romana imperante, colonizzazioni di centri
fondati da romani lungo il percorso rettilineo della via emilia. Se si
guarda la carta nei dettagli si trova questa successione di culture.
Partendo da « Rimini» e «Cesena» (le etrusche Ariminum e Cesena) incontriamo «Forlimpopoli» (Forum
Popilii), «Forlì» (Forum Livii), «Faenza» (Faventia, la favorevole), «Imola» (nome germanico che ha
sostituito l’originario Forum Cornelii); poi «Bologna» (la gallica Bononia, fondata sull’etrusca Felsina),
«Modena» (l’etrusca Mutina), «Reggio» (Regium Lepidi), «Parma» (la gallica Parma), «Fidenza» (Fidentia, la
fiduciosa) e «Piacenza» (Placentia, la piacente). Alla caduta dell’Impero Romano ed al sopraggiungere delle
popolazioni germaniche gli insediamenti maggiori erano ormai stati fondati da tempo e la presenza dei
nuovi arrivati si manifesta solo nelle località minori.

La colonizzazione greca dal punto di vista della toponomastica


dell’Italia Meridionale, donde ebbe origine la Magna Graecia,
iniziò nell’VIII sec. a. C. e si rinnovò colla dominazione bizantina
fra il VI e il XII sec. d. C. ci sono segni abbastanza chiari nelle
fortezze, castelli, città. Le origini greche saltano di più agli occhi,
nell’area pugliese molti toponimi e cognomi hanno a che fare
con le origini greche. Questa continuità quasi bimillenaria ha
lasciato segni evidenti nella toponomastica, al punto che in
provincia di Lecce un terzo dei comuni ha un nome di origine
greca:
«Calimera» (da kale-méra, buon giorno), «Gallipoli» (da kale-
polis, bella città), «Sternatìa» (da stérna, cisterna), «Otranto» (da
hydrós, sorgente), «Leuca» (da leuká, terre bianche), mentre
«Aradeo», «Galatina» e «Galàtone», «Paràbita», «Ràcale», «Tricase» derivano da nomi personali greci; a
questi si aggiungono i nomi dei due laghetti costieri, Alìmini Grande e Alìmini Piccolo, da limne- lago,
palude.

In Sicilia allo strato greco si è sovrapposto quello arabo in seguito alla dominazione che durò due secoli e
mezzo fra il IX e l’XI sec. d. C.
Come si vede dalla carta, i porti principali e le
località sulla costa sono in predominanza di
origine greca: «Palermo» (da pánormos, tutto
approdo), «Trapani» (da drépanon, falce),
«Custonaci» (da kastanákion, castagna),
«Partinico» (da parthe-nikós, artemisia (erba)); le
località di origine araba sono invece prevalenti
nell’interno: «Salemi» (da salam, pace), «Calatafimi» (da qal.at, cittadella), «Alcamo» (dal personale
Alqamah), «Bagheria» (da ba-qar, stalla), «Misilmeri» (da manzil-el-emir, casa dell’emiro). Dominazione
arabaspagnolaitaliana. Influenza greca ancora evidente e più influente delle altre.
In Alto Adige (Sud Tirolo) la toponomastica è in larga
prevalenza di origine neolatina e la germanizzazione è un
evento tardivo, come dimostrano i nomi delle località
principali. Area che pensiamo e percepiamo germanofona, in
realtà la presenza germanofona (germanizzazione dell’area) è
un evento tardivo rispetto l’origine neolatina di questa area.
Vediamo un’alternanza tra origine neolatina soppiantata da
una germanizzazione dell’area anche dal punto di vita
toponomastico.
Così «Bolzano»/ Bozen e «Merano»/ Meran sono nomi di
proprietà fondiarie derivati dai nomi personali Baudius e Marius, come «Appiano» da Appius, «Barbiano»
da Barbius, «Gargazzone» da Garganthius, «Lana» da Lucanius, «Laiòn»/ Lajen da Laius e «Terlano» da
Terellius; «Chiusa»/ Klausen deriva da clausa, e «Bressanone»/ Brixen rappresenta un avamposto celtico
dalla stessa base briga “altura” da cui deriva «Brescia».

Al confine orientale troviamo invece toponimi di origine


slovena italianizzati anche per gli insediamenti maggiori:
«Gorizia» da gorizza “collinetta”, «Capriva del Friuli» da
kopriva ortica, «Doberdò del Lago» da dober buono e dob
quercia, «Dolegna del Collio» da dolenj luogo basso,
«Ialmicco» da jamna fossa, grotta, «Gradisca d’Isonzo» da
gradisÿcÿe cittadella e «Redipuglia» da sredi mezzo e polje
campo.

Infine, un intervento recente di pianificazione del territorio


e conseguente denominazione programmata dei nuovi
insediamenti si è avuto negli anni Trenta del secolo scorso
in seguito alla bonifica dell’agro Pontino. Oltre al capoluogo
«Latina», che si è chiamata «Littoria» fino al 1945, all’ovvio
«Pontinia» e a «Sabaudia» in onore della casa Savoia, i numerosi
borghi, popolati in larga misura da coloni provenienti dalle Tre
Venezie, hanno ricevuto nomi che rievocano, fanno riferimento ai
luoghi che furono teatro della I Guerra Mondiale: «Fiume»,
«Isonzo», «Montello», «Montenero», «Piave», «Podgora»,
«Sabotino», «S. Donato», «S. Michele».

Bonifica integrale nel periodo fascista, area paludosa del paese.


Non l’unica bonificata in questo periodo. L’agro pontino ha una
serie di centri e città di fondazione. Urbanizzazione della fondazione della città creati da architetti e artisti.
Area bonificata e offerti i possedimenti a famiglie venete che non avevano terra che hanno popolato così
queste aree personalizzando il territorio nuovo utilizzando toponimi delle loro origini, che fanno riferimenti
a luoghi della Seconda guerra mondiale.

Saint-Malò:
Le fasi «evolutive» dell’insularità-ileite maluine

-La fase «minerale», dalla sua fondazione fino al Medioevo: isola


scoglio, isola-fortezza imprendibile sono all’origine della «frattura»
terra-mare che perdura nel tempo e nella memoria locale;
-La fase « corsara », dal XV secolo alla Restaurazione: è la fase del
grande sviluppo economico, urbano e demografico di Saint-Malo.
Gli atteggiamenti e le rivendicazioni di îléité costituiscono una
risorsa, una difesa contro le istituzioni reali (l’Hotel des Monnaies!)
sempre in agguato per ogni successo e ogni guadagno dei malouins;
-La fase «vernacolare», dalla fine del XIX secolo ad oggi: la
«frattura» dovuta all’îléité non è più che un elemento stereotipato
integrato alla memoria locale. L’îléité come la fama «corsara» sono
utilizzate soprattutto nelle campagne di marketing territoriale e
culturale della città.

Potrebbero piacerti anche